mercoledì 29 settembre 2010

QUANTE PATACCHE! (E QUI Sì CHE CI SONO I SERVIZI…) - IL GENERALE MORI, IMPUTATO PER FAVOREGGIAMENTO DI PROVENZANO, CONTRATTACCA: “ALMENO DUE DELLE LETTERE DI CIANCIMINO A BERLUSCONI SONO FALSI CREATI DAL FIGLIO MASSIMO” - E L’ACCUSA FA UN MEZZO BUCO NELL’ACQUA: LILIANA FERRARO, SUCCESSORE DI BORSELLINO AL MINISTERO, TESTIMONIA MA NON FORNISCE LA “PISTOLA FUMANTE” DELLA TRATTATIVA STATO-MAFIA

Riccardo Arena per "La Stampa"


Don Vito e Massimo Ciancimino Ricorre al powerpoint, presenta simulazioni al computer per dimostrare che in almeno un caso Massimo Ciancimino avrebbe sostanzialmente sdoppiato una delle lettere del padre per crearne due. In testa a una di queste il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo avrebbe aggiunto il nome del destinatario: «Il presidente del Consiglio dei ministri, on. Silvio Berlusconi».


MARIO MORI
Mario Mori, ex comandante del Ros, è anche l'ex direttore del Sisde: nella partita giocata contro l'accusa e contro il superteste dell'inchiesta sulla trattativa, il generale fa scendere in campo un'èquipe di esperti a lui vicini. Che hanno esaminato molte delle lettere di don Vito, giungendo alla conclusione che un paio sarebbero «inconfutabilmente false».


Bernardo provenzano arrestato
Se ne riparlerà il 12 ottobre, con la deposizione degli esperti della polizia scientifica che hanno esaminato i documenti prodotti nel tempo da Ciancimino jr, ma intanto il contrattacco dell'ex generale dei carabinieri, imputato, col colonnello Mauro Obinu, di favoreggiamento aggravato nei confronti di Bernardo Provenzano, è deciso e va a segno, nell'aula della quarta sezione del Tribunale di Palermo, gremita, come al solito, di cronisti e cameramen.


borsellino
Mori riesce a far passare in secondo piano la deposizione di Liliana Ferraro, chiamata dall'accusa a confermare che Paolo Borsellino, dopo la strage di Capaci, seppe che il Ros aveva intenzione di sondare la disponibilità di Vito Ciancimino a collaborare. L'accusa sostiene che Borsellino, il 28 giugno del 1992, avrebbe capito che era in corso la trattativa, che vi si sarebbe opposto e che per questo sarebbe stato eliminato, con il contributo di apparati deviati dello Stato.


Strage via d'Amelio
Ma questa ricostruzione non viene del tutto confortata dalle dichiarazioni della Ferraro, ex direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, successore di Giovanni Falcone in questo ruolo: «Lo dissero a me perché, data la caratura del personaggio Ciancimino, volevano un conforto politico prima di allacciare i contatti. Io lo raccontai al ministro Claudio Martelli, che mi rispose che dovevano dirlo ai magistrati, e a Paolo Borsellino, che non diede peso alla cosa: "Poi me ne occupo io", disse, e cambiò discorso».


cuffaro
Il pm Nino Di Matteo produce il fascicolo personale di don Vito, ritrovato nella sede del Ros: i carabinieri non avevano annotato da nessuna parte che l'ex sindaco aveva affrontato colloqui con loro. E poi la Procura punta anche su un'altra lettera, ritrovata dalla vedova di don Vito, Epifania Silvia Scardino, e girata ai pm, il 13 settembre, dallo stesso Massimo Ciancimino, che in questi mesi non ha affatto lesinato le consegne a rate. Il documento è dattiloscritto e in calce reca tre righe di pugno dell'ex sindaco mafioso: contiene una serie di riscontri precisi e puntuali, forse «troppo perfetti» all'esistenza della trattativa fra le due stragi di Capaci e via D'Amelio. Ma è autentica?


Marcello Dell Utri
Il dubbio si insinua dopo che Mori mostra a tutti la «d» e la «t» scritte da don Vito e a cui manca un gambo in alto, e quando fa notare lo «sbuffo» su un'altra parola, virgolette senza senso in quella posizione e in quel contesto. «Una sovrapposizione con un taglia, incolla e fotocopia», afferma il generale, «che si può realizzare con il Photoshop». E per dimostrare quanto sia facile riuscirci, lo stesso generale presenta due «falsi d'autore», da lui realizzati incollando pezzi di lettere, contenenti «espressioni di Ciancimino padre che sono sì autografe, ma non autentiche».


Strage Capaci
Agli atti del processo, ieri è entrata ufficialmente la consulenza su biglietti e documenti prodotti da Ciancimino jr. Molti sono fotocopie ed è difficile datarli con precisione. In uno c'è però un'evidente anomalia: è il «pizzino» in cui Provenzano, nel 2001, avrebbe parlato .di un «sen» (Marcello Dell'Utri) e di un «nuovo pres» (Totò Cuffaro), da poco insediatosi.



ciancimino berlusconi papello L'«analisi merceologica» ha fatto emergere che la carta su cui è stata fatta la fotocopia è stata prodotta tra l'aprile 1982 e l'agosto del 1986. Decisamente strano, che vi fosse carta così antica in una fotocopiatrice. Cosa che crea ulteriori dubbi: perché in astratto Ciancimino potrebbe avere avuto a disposizione carta di epoca remota, per dimostrare che i documenti in suo possesso sono «compatibili» con l'epoca delle sue ricostruzioni.

by dagospia

martedì 28 settembre 2010

ALL’INDOMANI DELLA PUNTATA DE "LA STORIA SIAMO NOI" DI MINOLI SCOPPIA IL FINIMONDO - "ADESSO SI METTONO A CONFUTARE ANCHE LE POCHE COSE SICURE. E TRA QUESTE CE N’É UNA CHE NESSUNO PUÒ E POTRÀ MAI CONTESTARE: L’AUTOPSIA SUL CORPO DI - EDOARDO AGNELLI NON VENNE ESEGUITA. NEL VERBALE SI PARLA DI “ESAME ESTERNO” - 2- TUTTI ERANO CONVINTI DEL SUICIDIO E NON SI PRESERO IN CONSIDERAZIONE ALTRE IPOTESI. "IL CORPO ERA APPARENTEMENTE INTATTO, A PARTE UNA FERITA ALLA NUCA" ED È STRANO PER UN CORPO DI CIRCA 120 KG DOPO UN VOLO DI 80 METRI. IL MEDICO AGGIUNGE DI AVER NOTATO UNA SOLA “STRANEZZA”: "FU DATA L’AUTORIZZAZIONE ALLA SEPOLTURA IMMEDIATAMENTE" - 3- NON ESISTE LA PROVA CHE SIA STATO GIANNI AGNELLI A “PREGARE” CHE L’AUTOPSIA NON VENISSE FATTA PROPRIO PER EVITARE DI AVERE LA CONFERMA UFFICIALE E PUBBLICA CHE SUO FIGLIO ERA UN TOSSICO-DIPENDENTE E CHE FORSE QUELLA MATTINA ERA IN PREDA ALLA DROGA

Gigi Moncalvo per "Libero"


Edoardo e Gianni Agnelli
«Adesso si mettono a confutare anche le poche cose sicure. E tra queste ce n'é una che nessuno può e potrà mai contestare: l'autopsia sul corpo di Edoardo Agnelli non venne eseguita. Misteriosamente, incredibilmente, assurdamente. Ci fu solo un sommario esame medico esterno, durato poco più di un'ora. Ed eseguito da un medico che venne chiamato dal Procuratore della Repubblica nonostante in servizio quella tragica mattina ci fosse un altro medico legale».

E, altrettanto inspiegabilmente, da parte di qualcuno c'era molta fretta per avere il nulla osta per la sepoltura in modo da poter portare via al più presto il cadavere. Fonti vicine alla famiglia - "quella vera di Edoardo e di Gianni Agnelli, e non quelle che si sono "infilate" in questa storia senza averne alcun titolo e che sono state intervistate dalla Rai" che sembra aver volutamente trascurato e ignorato chi sa echi potrebbe parlare - rispondono con indignazione a una nota dell'Ansa diffusa nel pomeriggio di ieri.

Nel dispaccio, che cita anonime «fonti investigative» - che qualcuno fa risalire a chi quel giorno coordinava e guidava le prime indagini «soprattutto dall'esterno e che in seguito ha fatto una sfolgorante carriera...» - si affermano tre cose: l'autopsia venne effettuata, lo fu «per espressa volontà dell'Avvocato Agnelli», durò «oltre tre ore», fu un'autopsia accurata «proprio in considerazione del fatto che nulla doveva essere trascurato», all'esame autoptico era presente il Procuratore della Repubblica di Mondovì. È difficile trovare una serie di false affermazioni come in quelle poche righe. Tutto è facilmente confutabile. Vediamo, attraverso gli atti come andarono veramente le cose.


edoardo gianni agnelli
NIENTE AUTOPSIA - Il 23 novembre 2000, otto giorni dopo la morte di Edoardo, il dottor Mario Ellena, genovese che oggi ha 53 anni, medico presso la ASL 17 di Savigliano (Cuneo), viene convocato dal Procuratore Bausone per essere interrogato. Si limita a presentare una breve memoria "a integrazione del verbale dell'esame esterno del cadavere di Edoardo Agnelli". Nel verbale dunque si parla di "esame esterno" e non di autopsia. Il medico nella sua breve memoria, scrive di aver effettuato un primo sopralluogo a Fossano sotto il viadotto della morte «alle ore 14,30 circa».

«Terminati gli accertamenti sul posto, disponevo il trasferimento della salma presso l'obitorio comunale di Fossano al fine di effettuare l'esame esterno del cadavere, conclusosi alle 16,30». La memoria è composta di appena 17 righe: solo tre dedicate alle cause della morte, altre quattro il medico le dedica a spiegare che cosa avrebbe "visto" dentro il corpo di Edoardo se avesse eseguito l'autopsia: «L'eventuale esame autoptico avrebbe sicuramente evidenziato lesioni viscerali solo ipotizzabili dall'esame esterno, ma non avrebbe apportato nessun ulteriore elemento circa l'individuazione della causa di morte che, come già verbalizzato, è da ricondurre ad un grave trauma cranio-facciale e toracico in grande precipitato».


edoardo agnelli
Quindi in due precise circostanze, di suo pugno, sotto giuramento e in una memoria scritta il Dr. Ellena afferma di aver eseguito un semplice "esame esterno". Non gli importavano altre analisi, altre prove, il prelievo di campioni, l'accertamento di eventuali sostanze nel sangue.

UN'ORA INVECE DI TRE - Il sorprendente dispaccio dell'Ansa parla, addirittura nel titolo, di un'autopsia durata "oltre tre ore". Non è vero. Lo stesso Dr. Ellena in un altro documento, stilato il 15 novembre (giorno della morte di Edoardo) - documento che fa parte del fascicolo della ASL 17 - firma l'"esito della visita necroscopica eseguita sul cadavere appartenuto in vita a Agnelli Edoardo". Il medico scrive che «l'esame esterno del corpo di Edoardo è cominciato alle 15,15 nella camera mortuaria del cimitero. La morte si ritiene risalga alle ore 11,00 e fu conseguenza di trauma cranio-facciale e toracico da grande precipitazione».

Dunque alle 14,30 il dr. Ellena ha compiuto il primo sopralluogo sotto il viadotto, poi è andato alla camera mortuaria, alle 15,15 ha cominciato l'esame esterno del cadavere, alle 16,30 - come ha scritto otto giorni dopo nella memoria consegnata in Procura - afferma di aver terminato. Ha impiegato solo un'ora e un quarto. E non "oltre tre ore". È davvero portentoso come il dr. Ellena sia riuscito nel breve lasso di tempo fra le 14,30 e le 15,15 a esaminare il corpo sotto il viadotto, stilare un primo referto, parlare con gli inquirenti, dare or- dine di trasferire il cadavere alla "morgue", salire in auto, arrivare nella camera mortuaria cominciare l'esame necroscopico.


edoardo agnelli
Tutto è possibile ma tra il luogo della morte e il cimitero di Fossano ci vogliono almeno venti minuti di auto e i necrofori delle pompe funebri locali hanno certo corso non poco per raccogliere il cadavere con tutte le cautele del caso, caricarlo sul furgone, trasportarlo senza troppe scosse (vista la strada di campagna), scaricarlo al cimitero, portarlo nella camera mortuaria, stenderlo sul marmo e spogliarlo. Il tutto in tre quarti d'ora dal viadotto alla morgue. Il dr. Ellena non chiarisce un altro mistero.

Nel primo esame del cadavere, stilato dal medico del 118, l'altezza di Edoardo è indicata in 1,75 metri (anziché 1,90) e il peso in 80 kg (anziché 120). Ellena conferma anche in un'altra sede che non fu eseguita l'autopsia. Nell'intervista a Giuseppe Puppo, autore del libro "Ottanta metri di mistero" (Koinè Edizioni, febbraio 2009), il medico racconta che venne chiamato molto tardi («dopo l'ora di pranzo», mentre Edoardo era stato trovato prima delle undici), e arrivò sul posto verso le 15, anche se nel referto aveva scritto alle 14,30. «Gli inquirenti della Polizia mi dissero che per loro non c'erano problemi, era tutto chiaro».


edoardo agnelli
LE STRANEZZE - Insomma tutti erano convinti del suicidio e non si presero in considerazione altre ipotesi. «Il corpo era apparentemente intatto, a parte una ferita alla nuca». Ed è strano per un corpo di circa 120 kg dopo un volo di 80 metri. Il medico aggiunge di aver notato una sola "stranezza": «Fu data l'autorizzazione alla sepoltura immediatamente». Ma l'autopsia venne eseguita o no? «Questo lo deve chiedere al Magistrato. Il mio compito era quello di eseguire un esame esterno sul cadavere e di fornire, se possibile, una diagnosi di morte». Già, ma lei avrebbe potuto consigliare l'autopsia: perché non lo fece?

«Perché gli inquirenti mi sembrarono concordi e sicuri sul suicidio e perché io non trovai proprio niente di strano, o di contrario». Il giornalista sottolinea che Edoardo era alto 1,90 ma sul referto c'era scritto 1,75 e quindi il cadavere non è stato neanche misurato: «Beh, mi sembra ininfluente. È più che probabile che si sia trattato di una stima ad occhio... È possibile che mi sia sbagliato... Ma non c'entra niente con tutto il resto, che è invece importante». Dal libro di Puppo emerge un altro particolare. Il medico legale in servizio quella mattina era Carlo Boscardini, 48 anni, specialista in medicina legale, psichiatra forense, dottore in giurisprudenza.


agnelli figlio edoardo trapattoni
«Io non ho eseguito nessun esame e non ho visto il cadavere di Edoardo Agnelli - dice il medico -. Ero in servizio, il medico di turno viene chiamato dal magi- strato, il quale, ne può chiamare anche un altro di sua fiducia. Ero a Fossano, impegnato in colloqui sociosanitari per delle adozioni. Seppi l'accaduto da alcune telefonate, all'ora di pranzo e in cuor mio mi preparai ad essere convocato. Invece nessuno mi chiamò».

E il dottor Ellena? «Era il mio superiore gerarchico all'ASL di Savigliano. Fu lui a firmare il certificato di morte, l'esame medico legale. Avendo evidentemente saputo prima di me dell'accaduto, si precipitò sul posto e furono affidate a lui le incombenze professionali. Io ho intravisto quel certificato di morte. Qualche giorno dopo il dottor Ellena venne da me e mi sventolò i fogli che aveva preparato, chiedendomi se potevo darci un'occhiata. Mi rifiutai di farlo, dal momento che non ritenevo opportuno correggere o modificare la relazione di un'ispezione cadaverica mai eseguita".

Ma perché non fu eseguita l'autopsia? "Per ché si trattava di Edoardo Agnelli. Lo chieda al magistrato...». È l'unico che può deciderla. «In casi simili viene quasi sempre decisa, magari anche per una semplice precauzione, come a coprirsi le spalle, da parte del magistrato. Ricordo un caso in cui trovammo un suicida con la pistola in mano, dopo che si era sparato un colpo in bocca e il magistrato decise lo stesso che doveva essere eseguita l'autopsia.... Il medico legale non può decidere l'autopsia, al massimo può suggerirla, altrimenti si deve attenere a quanto il magistrato dispone».


Gianni Agnelli Edoardo stringe- va tra le mani della terra: è possibile dopo un simile volo che ci siano ancora funzioni vitali tali da muovere le dita? «Lo escludo nella maniera più assoluta. Quel luogo, fangoso, può al massimo attutire i segni evidenti dell'impatto, ma dopo un impatto da una simile altezza la morte è immediata». Il corpo di Edoardo aveva anche i mocassini ancora ai piedi? È possibile? «È piuttosto raro. Un paio di volte ho esaminato cadaveri di persone precipitate in montagna, ebbene le abbiamo ritrovate senza scarponi nei piedi».

Il procuratore Bausone, che ha 77 anni ed è in pensione dal giugno 2008, ha sempre respinto ogni richiesta dei giornalisti di esaminare il fascicolo sulla morte di Edoardo. In una lettera scrive che «gli atti non possono essere pubblicati» poiché ancor oggi coperti dal segreto istruttorio. Noi abbiamo esaminato il fascicolo e il mistero sulla morte e sulle indagini si infittisce ancora di più...

L'AVVOCATO - Chi, dunque, ha informato l'ANSA che l'autopsia venne eseguita «per espressa volontà dell'Avvocato Agnelli», ha inventato tutto. Se l'autopsia non c'è stata - e lo abbiamo provato - evidentemente non c'era nemmeno una "espressa volontà", o un "ordine" del papà del defunto, affinché ciò avvenisse. Se l'Avvocato avesse chiesto un simile "favore" non è difficile prevedere che sarebbe stato ascoltato. Ma il problema, in questi casi, non è la volontà o meno del padre del defunto: è la volontà o meno di fare chiarezza. E c'è da ritenere che non si volessero aprire i poveri resti di Edoardo ed esaminarne le viscere, non per un rispetto per quel povero corpo non così martoriato come un simile volo farebbe pensare, ma per evitare di scoprire quali sostanze ci fossero nel suo corpo o nel suo sangue.


Umberto e Gianni Agnelli
Non esiste la prova che sia stato Gianni Agnelli a "pregare" che l'autopsia non venisse fatta proprio per evitare di avere la conferma ufficiale e pubblica che suo figlio era un tossico-dipendente e che forse quella mattina era in preda alla droga. Ma le esigenze di un padre e quelle della giustizia spesso divergono e queste ultime devono, o dovrebbero, sempre prevalere. Altrimenti dieci anni dopo, «anche se John Elkann ci ha aperto tutte le porte» - come ha detto Giovanni Minoli nel presentare la puntata de "la Storia siamo noi" realizzata non da lui ma da due bravi giornalisti - si rischia di far cadere sul Nonno qualche atroce sospetto postumo, invece di onorarne la memoria.



by dagospia

sabato 25 settembre 2010

UNICREDIT, MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE - GERONZI NEGA LA FUSIONE MEDIOBANCA-GENERALI MA NON GLI DISPIACEREBBE PER NIENTE UNA FUSIONE MEDIOBANCA-UNICREDIT - UNA VOLTA CHE GERONZI RIUSCIRà METTERE UN SUO AD A PIAZZA CORDUSIO, SAREBBE un’aggregazione tutta bancaria a differenza di quella ibrida banco-assicurativa - MA Nagel PUNTA I PIEDI - Per non parlare di qualche malumore che Geronzi ha espresso di recente sulla volontà personale di Pagliaro su una dismissione della quota RCS di Mediobanca...

Il Foglio"

Genetica e bioingegneria, oltre che economia: di questo Cesare Geronzi s'è occupato ieri nella prima riunione del consiglio generale delle Generali, riunito all'isola di San Giorgio a Venezia. Ordine del giorno che è sembrato studiato da una mente preveggente e maliziosa, visto il fallout della defenestrazione di Alessandro Profumo, nel quale il presidente del Leone si è dato l'imprevisto ruolo di esternatore
Due interviste in 24 ore - a Repubblica e Corriere della Sera - per smentire di avere avuto qualsiasi ruolo di killer, in particolare quello, descritto con dovizia di teoremi da Repubblica, di complice di Silvio Berlusconi. Secondo il mai simpatizzante quotidiano debenedettiano, il duo avrebbe indotto in trappola l'ex Mr. Arrogance, con tanto di colloquio segreto tra Arcore e Palazzo Grazioli sullo sfondo delle danze berbere per Gheddafi a Roma.


GERONZI profumo
Il teorema repubblicano ha fatto infuriare il presidente di Generali, che in verità a favore di Profumo e della bontà degli azionisti libici aveva speso più di una parola. E che da quando è salito alla presidenza del Leone ha deciso di darsi un profilo ancor più da banchiere istituzionale e "di sistema".

Così Geronzi punta il dito non sui libici né sui tedeschi, ma sul provincialismo delle fondazioni "che si muovono come le vecchie camere di commercio"; tanto che ieri ha replicato al presidente di Cassamarca, Dino De Poli, che lo aveva criticato, ricordando i "rischi di una visione del localismo non correttamente inteso".


Nagel Geronzi
Nel frattempo Angelo De Mattia, l'ex segretario particolare di Antonio Fazio che Geronzi ha voluto come capo ufficio studi, non cessa di criticare le motivazioni di corto respiro del cda Unicredit e sul quotidiano Mf ha detto che la banca non può permettersi settimane di vacatio.

Ma per la comunità finanziaria, il passaggio più sensibile è però nell'intervista di Geronzi ieri al Corriere. Da un lato smentisce il teorema della fusione Generali- Mediobanca, di fatto stigmatizzando chi, anche nel top management di Piazzetta Cuccia, gli attribuisce questo progetto.

Dall'altro lato attacca "l'altra fantascientifica idea che riguarderebbe un'aggregazione tra Unicredit e Mediobanca". E all'obiezione che si tratterebbe di un'aggregazione tutta bancaria a differenza di quella ibrida banco-assicurativa di Generali-Mediobanca, Geronzi ribatte con un sibillino "Lo dica a Nagel...".


Renato Pagliaro Mediobanca e Cesare Geronzi Generali Al presidente di Generali la genetica e le biotecnologie bancarie non piacciono, le maxiaggregazioni sono "una moda in via di revisione a livello internazionale", "e ognuno dovrebbe rafforzare il core business e coltivare le specializzazioni".

Ma Geronzi fa balenare la sensazione che una fusione Mediobanca-Unicredit non spiacerebbe proprio ad Alberto Nagel, ceo di Mediobanca e vicepresidente di Generali. Anche Nagel smentisce in modo assoluto fusioni con il gruppo triestino: ma questo è normale, visto che Mediobanca sarebbe la preda, e non il cacciatore. Resta, invece, il sasso lanciato sull'altra commistione molecolare, quella tra Piazzetta Cuccia e Piazza Cordusio.

Per non parlare di qualche malumore che Geronzi ha espresso di recente sulla volontà personale di Pagliaro - riportata in un'analisi del Corsera - su una dismissione della quota di Mediobanca detenuta in Rcs. Un monaco a Trieste Geronzi ha un sito internet, curato e aggiornatissimo, nel quale annota tutti i fatti e le interviste che lo riguardano, e così si racconta in terza persona: "L'attività svolta per vent'anni in Banca d'Italia gli mette addosso un saio e come succede per un monaco, se lo sentirà suo per il resto della vita".

Ma non proprio monacale è la ricostruzione, che traspare nelle ultime e sempre più frequenti interviste, che segnano una sorta di metamorfosi mediatica. Esaltata anche dal consiglio generale di ieri, in cui non s'è parlato solo di genetica: "Con i conti pubblici al sicuro, adesso la priorità è la crescita", ha detto Geronzi in maniera sempre meno morigerata.





by dagospia

la trascrizione del l'intevento su internet di gianfranco fini

Ecco il testo del videomessaggio del presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Purtroppo da qualche tempo lo spettacolo offerto dalla politica è semplicemente deprimente. Da settimane non si parla dei tanti problemi degli italiani, ma quasi unicamente della furibonda lotta interna al centrodestra. Da quando il 29 luglio sono stato di fatto espulso dal Popolo della libertà con accuse risibili, tra cui spicca quella di essere in combutta con le procure per far cadere il governo Berlusconi, è partita una ossessiva campagna politico giornalistica per costringermi alle dimissioni da Presidente della Camera, essendo a tutti noto che non è possibile alcuna forma di sfiducia parlamentare. Evidentemente a qualcuno dà fastidio che da destra si parli di cultura della legalità, di legge uguale per tutti, di garantismo che non può essere impunità, di riforma della giustizia per i cittadini e non per risolvere problemi personali. In 27 anni di Parlamento e 20 alla guida del mio partito non sono mai stato sfiorato da sospetti di illeciti e non ho mai ricevuto nemmeno un semplice avviso di garanzia. Credo di essere tra i pochi, se non l'unico, visto le tante bufere giudiziarie che hanno investito la politica in questi anni». Fini continua: «È evidente che se fossi stato coinvolto in un bello scandalo mi sarebbe stato più difficile chiedere alla politica di darsi un codice etico e sarebbe stato più credibile chiedere le mie dimissioni. Così deve averla pensata qualcuno, ad esempio chi auspicava il metodo Boffo nei miei confronti, oppure chi mi consigliava dalle colonne del giornale della famiglia Berlusconi di rientrare nei ranghi se non volevo che spuntasse qualche dossier - testuale - anche su di me, »perchè oggi tocca al Premier, domani potrebbe toccare al Presidente della Camera«. Profezia o minaccia? Puntualmente, dopo un pò, è scoppiato l'affare Montecarlo. So di dovere agli italiani, e non solo a chi mi ha sempre dato fiducia, la massima chiarezza e trasparenza al riguardo».

«I fatti: An, nel tempo, ha ereditato una serie di immobili. Tra questi, nel 1999, la famosa casa di Montecarlo, che non è una reggia anche se sta in un Principato, 50-55 metri quadrati, valore stimato circa 230 mila euro. Essendo in condizioni quasi fatiscenti e del tutto inutilizzabile per l'attività del Partito, l'11 luglio 2008 è stata venduta alla Società Printemps, segnalatami da Giancarlo Tulliani. L'atto è stato firmato dal Segretario amministrativo, senatore Pontone da me delegato, un autentico galantuomo che per 20 anni ha gestito impeccabilmente il patrimonio del partito, e dai signori Izelaar e Walfenzao. Il prezzo della vendita, 300 mila euro, è stato oggetto di buona parte del tormentone estivo. Dai miei uffici fu considerato adeguato perchè superava del 30 per cento il valore stimato dalla società immobiliare monegasca che amministra l'intero condominio. Si poteva spuntare un prezzo più alto? È possibile. È stata una leggerezza? Forse. In ogni caso, poichè la Procura di Roma ha doverosamente aperto una indagine contro ignoti, a seguito di una denunzia di due avversari politici e poichè, a differenza di altri, non strillo contro la magistratura, attendo con fiducia l'esito delle indagini. Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il Signor Giancarlo Tulliani. Il fatto mi ha provocato un'arrabbiatura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d'affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione. Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel'ho chiesto e con toni tutt'altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un pò di serenità alla mia famiglia. È stato scritto: ma perchè venderla ad una società off shore, cioè residente a Santa Lucia, un cosiddetto paradiso fiscale? Obiezione sensata, ma a Montecarlo le off shore sono la regola e non l'eccezione. E sia ben chiaro, personalmente non ho nè denaro, nè barche nè ville intestate a società off shore, a differenza di altri che hanno usato, e usano, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse». Fini afferma ancora: «Ho sbagliato? Con il senno di poi mi devo rimproverare una certa ingenuità. Ma, sia ben chiaro: non è stato commesso alcun tipo di reato, non è stato arrecato alcun danno a nessuno. E, sia ancor più chiaro, in questa vicenda non è coinvolta l'amministrazione della cosa pubblica o il denaro del contribuente. Non ci sono appalti o tangenti, non c'è corruzione nè concussione. Tutto qui? Per quel che ne so tutto qui. Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il putiferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo? È Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel'ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche a me. E se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera. Non per personali responsabilità - che non ci sono - bensì perchè la mia etica pubblica me lo imporrebbe».

«Di certo, in questa brutta storia di pagine oscure ce ne sono tante, troppe. Un affare privato è diventato un affare di Stato per la ossessiva campagna politico-mediatica di delegittimazione della mia persona: la campagna si è avvalsa di illazioni, insinuazioni, calunnie propalate da giornali di centrodestra e alimentate da personaggi torbidi e squalificati. Non penso ai nostri servizi di intelligence, la cui lealtà istituzionale è fuori discussione, al pari della stima che nutro nei confronti del Sottosegretario Letta e del Prefetto De Gennaro. Penso alla trama da film giallo di terz'ordine che ha visto spuntare su siti dominicani la lettera di un Ministro di Santa Lucia, diffusa da un giornalista ecuadoregno, rilanciata in Italia da un sito di gossip a seguito delle improbabili segnalazioni di attenti lettori. Penso a faccendieri professionisti, a spasso nel Centro America da settimane (a proposito, chi paga le spese?) per trovare la prova regina della mia presunta colpa. Penso alla lettera che riservatamente, salvo finire in mondovisione, il Ministro della Giustizia di Santa Lucia ha scritto al suo Premier perchè preoccupato del buon nome del paese per la presenza di società off shore coinvolte non in traffici d'armi, di droga, di valuta, ma di una pericolosissima compravendita di un piccolo appartamento a Montecarlo».

«Ma, detto con amarezza tutto questo, torniamo alle cose serie. La libertà di informazione è il caposaldo di una società aperta e democratica. Ma proprio per questo, giornali e televisioni non possono diventare strumenti di parte, usati non per dare notizie e fornire commenti, ma per colpire a qualunque costo l'avversario politico. Quando si scivola su questa china, le notizie non sono più il fine ma il mezzo, il manganello. E quando le notizie non ci sono, le si inventano a proprio uso e consumo. Così, con le insinuazioni, con le calunnie, con i dossier, con la politica ridotta ad una lotta senza esclusione di colpi per eliminare l'avversario si distrugge la democrazia. Si mette a repentaglio il futuro della libertà. Chi ha irresponsabilmente alimentato questo gioco al massacro si fermi, fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi. Fermiamoci pensando al futuro del paese. Riprendiamo il confronto: duro, come è giusto che sia, ma civile e corretto. Gli italiani si attendano che la legislatura continui per affrontare i problemi e rendere migliore la loro vita. Mi auguro che tutti, a partire dal Presidente del Consiglio, siano dello stesso avviso. Se così non sarà gli italiani sapranno giudicare. E per quel che mi riguarda ho certamente la coscienza a posto».


25 settembre 2010

by corriere.it

finiamola! - I MAGISTRATI HANNO IN MANO UNA LETTERA DI 10 ANNI FA CON L’OFFERTA DI UN ALTRO ACQUIRENTE - AN NEI BILANCI ABBASSÒ IL VALORE DELLA CASA - DOPO PONTONE, UN ALTRO EX FEDELISSIMO SCHIANTA GIANMENEFREGO - APOLLONJ GHETTI: “FINI SAPEVA CHE LA CASA VALEVA ALMENO 1,2 MILIONI” - “NEL 2002 MI FECE VEDERE LA PIANTINA, CHE IO VALUTAI (IN QUANTO AGENTE IMMOBILIARE, AMICO E DIRIGENTE DI AN). UN ALTRO ESPERTO DIEDE LA STESSA VALUTAZIONE”…

Stefano Zurlo per "il Giornale"


Filippo Apolloni Ghetti
Quando ha letto il Giornale è rimasto di stucco: «Ma guarda un po' che fine ha fatto la casa di Montecarlo: l'hanno svenduta per 300 mila euro. Un prezzo ridicolo». Quando, invece, ha ascoltato la reazione di Fini si è sentito preso per i fondelli: «Ma come fa a definire congruo quel prezzo? Ma Gianfranco chi vuole prendere in giro? Me no di certo».

Filippo Apolloni Ghetti, 59 anni, importante agente immobiliare romano di simpatie fasciste e poi aennine, guardò insieme a Gianfranco Fini la piantina dell'appartamento di boulevard Princesse Charlotte 14 e lo valutò, grossomodo, 1 milione e duecentomila, un milione e trecentomila euro. «Non ricordo il giorno esatto, ma ricordo bene che c'era l'euro da poco. Quindi direi che eravamo nel 2002».

Otto anni fa, un'epoca in cui la saga dei Tulliani era ancora di là da venire. Oggi Apolloni Ghetti, che intanto ha seguito Francesco Storace ed è uno dei dirigenti de La Destra, racconta al Giornale per la prima volta la storia di quella perizia e del colloquio avuto con Fini sull'appartamento di Montecarlo.

Come mai Fini la chiamò?
«Devo premettere che sono stato in gioventù dirigente del Fuan e all'epoca ero membro dell'assemblea nazionale di An. Con Gianfranco ci conosciamo da quaranta anni e fra di noi c'è sempre stato un buon rapporto personale».

Dunque?
«Dunque era abbastanza normale che Fini mi consultasse per valutare un immobile. È successo anche alte volte, magari passando attraverso la sua segreteria e gli amministratori del partito».


FRANCESCO STORACE Quella volta come andò?
«Fini mi chiamò in via della Scrofa, nel suo ufficio. Lì mi mostrò una piantina e mi disse più o meno queste parole: "Sai, la contessa Colleoni, che io manco conoscevo, ci ha lasciato in eredità questo appartamento a Montecarlo". Devo dire che l'uomo era o pareva stupito; mi feci intendere che dopo il passaggio dal Msi ad An i lasciti erano drasticamente calati, questo regalo l'aveva sorpreso. Non se l'aspettava».

Lei?
Gli dissi: "Gianfranco, cosa faccio, vado a Montecarlo a vederlo?" "No, non ti voglio disturbare, guarda un po' la mappa". Mi spiegò che erano 75 metri quadri commerciali. Io cominciai a fare le mie considerazioni, lui prendeva diligentemente appunti. E via via spiegava: mi accennò al fatto che il quartierino doveva essere ristrutturato».

Ma le disse più esplicitamente che era in pessimo stato?
«No, per niente. Mi disse che doveva esser ristrutturato. Andammo avanti a discutere a lungo. Venti minuti, mezz'ora, di più, non lo so. Io alla fine espressi la mia valutazione: "Gianfranco l'appartamento vale almeno 1,2-1,3 milioni di euro"».


fini montecarlo Fini commentò la sua analisi?
«Se ne uscì con un sonoro "però". Poi aggiunse: "I miei mi avevano parlato di ottocentomila euro", e lo disse con il disprezzo che un leader può avere per i suoi funzionari che considera incompetenti».

Ottocentomila euro?
«Ottocentomila; questa la valutazione data a Fini dai suoi tecnici. Ma non finì lì».

Che altro successe?
«Per essere più sicuro organizzai un consulto telefonico volante. Chiamai Giorgio Viganò, un grande agente immobiliare oggi purtroppo scomparso, e chiese lumi a lui».

Scusi, lei chiamò un altro immobiliarista davanti a Fini?
«Certo, mi rendevo conto che la perizia era confidenziale, non approfondita, e volevo irrobustire il mio parere. Anche se ero sicuro del fatto mio per due ragioni: perché avevo visto la piantina e perché quella via di Montecarlo, boulevard Princesse Charlotte, la conosco benissimo».

Dunque telefonò a Viganò.
«Che confermò a grandi linee il mio expertise. "L'appartamento - mi disse - vale fra un milione e cento e un milione trecentomila euro". Poi aggiunse una considerazione interessante: "Guarda che se hai la fortuna di pescare il cliente giusto, quello che vuole a tutti i costi la residenza a Montecarlo, il prezzo sale. Puoi guadagnare altri centomila, duecentomila euro"».


Italo Bocchino e Gianfranco Fini Lei?
«Riferii a Fini che chiamò qualcuno sulla linea telefonica interna del partito e scandì queste parole: "Guarda che Filippo dice che l'appartamento di Montecarlo vale più di un milione di euro"».

Chi era questo interlocutore?
«Non lo so. Io aggiunsi una sorta di postilla: "Gianfranco, piuttosto che rivenderlo a meno di un milione, tiello lì che tanto si rivaluta". Lui mi ascoltava e cercava di capire. Però si intuiva che riteneva quella donazione una specie di rogna, forse perché si trovava a Montecarlo, all'estero, era difficile da gestire, poneva evidentemente problemi di vario genere. Dunque, feci la mia controproposta».

Quale?
«"Gianfranco - buttai lì - se me lo dai a un milione secco, te lo compro io". Io avrei fatto un investimento, lui si sarebbe tolto quel problema. "Filippo- mi rispose - ma ti interessa veramente?" "No, per niente, però ti voglio venire incontro". "No, meglio di no - replicò lui - tu sei membro dell'assemblea di An. Qualcuno potrebbe avere da ridire"». E Apolloni Ghetti s'interrompe e sorride sarcastico: «A Apolloni Ghetti no, al cognato sì. Pazienza, è andata così».


Gianfranco Fini esultante
Conclusione?
«Gli suggerii di metterlo sul mercato con una sorta di asta a salire in busta chiusa, dando l'annuncio sui giornali e partendo da non meno di un milione. Lui ascoltò e chiosò: "Buona idea".

Poi?
«Di quell'appartamento non ho più saputo nulla. Finché questa estate ho aperto il Giornale e sono rimasto a bocca aperta nel leggere che era stato ceduto a trecentomila euro. Capisce? Trecentomila euro. Non può capire il mio stato d'animo, la mia rabbia, la mia umiliazione, nel vedere poi le incredibili dichiarazioni di Fini che sosteneva e sostiene ancora che quella cifra fosse congrua. Offendeva così la mia intelligenza e quella di chiunque mastichi un minimo, ma proprio un minimo, queste tematiche. Per fortuna me ne sono andato tre anni fa, ho seguito Storace, come presidente dell'associazione Ludovisi lavoro per tenere unito il centrodestra, tutto il centrodestra».

Insomma, quanto vale secondo lei oggi l'appartamento di boulevard Princesse Charlotte?
«Almeno un milione e mezzo di euro».


TULLIANI-MONTECARLO
2. AN NEI BILANCI ABBASSÒ IL VALORE DELL'ALLOGGIO
Francesco Grignetti per "La Stampa"

Dopo l'acquisizione dei nuovi atti presso l'amministrazione di Alleanza nazionale, ossia gli allegati alla successione Colleoni del 1999, è ora chiaro ai magistrati romani che il partito che fu guidato da Gianfranco Fini aveva stimato già dieci anni fa che l'appartamento di Montecarlo aveva un valore elevato. Risulta infatti dalle dichiarazioni fiscali dell'epoca che An denunciò di essere entrata in possesso di una casa dal valore di 1 milione e 800 mila franchi, pari all'epoca a 540 milioni di lire.


casa montecarlo
Ragionando in moneta unica sono circa 270mila euro. Un valore più elevato rispetto a quanto fu poi iscritto a bilancio. Ovvero, come dichiarò ad agosto il presidente della Camera: «L'appartamento fu valutato, quando venne in possesso di An, circa 450 milioni di lire». Una certa discrepanza tra il valore fiscale e quello patrimoniale non stupisce. E' prassi che si dichiari un valore basso per pagare il minimo di tasse, salvo poi pagare quanto dovuto al momento di un'eventuale vendita.


Antonio Caruso
Ma alla procura salta anche agli occhi che se An dichiarò al fisco un valore effettivo di 270mila euro nel 1999 e poi è stato venduto a 300mila nel 2008 ciò vuol dire che praticamente non è stata applicata alcuna rivalutazione. L'appartamento di boulevard Princesse Charlotte è stato venduto al prezzo più basso possibile.

Fissare quale fosse il valore dichiarato al fisco era un punto importante per l'inchiesta. Dato che si procede per l'ipotesi di truffa aggravata, e tutto ruota attorno alla questione del prezzo di vendita, scoprire che di fatto il valore del 1999 non è stato rivalutato, nonostante l'arrivo dell'euro e la crescita esponenziale del mercato immobiliare di Montecarlo, questo è il primo dato sicuro.


Francesco Pontone Tutta la documentazione acquisita fino è all'esame del procuratore capo Giovanni Ferrara e dall'aggiunto Pierfilippo Laviani, i quali hanno avanzato anche un supplemento di rogatoria chiedendo all'autorità monegasca altri documenti e soprattutto se il valore di 300 mila euro per la compravendita del 2008 sia stato ritenuto congruo dalla stessa autorità del Principato.

Tra gli altri documenti, c'è anche una lettera di dieci anni fa - consegnata agli investigatori dal senatore Pdl Antonino Caruso - in cui un ignoto cittadino di Montecarlo avanzava un'offerta di acquisto. «Si fa chiaro riferimento alla possibilità di vendita dell'immobile», dice Caruso. Agli investigatori, Caruso ha consegnato anche una minuta che gli era pervenuta dal notaio monegasco Aureglia e che fissava in 2 milioni e mezzo di franchi il valore da dichiarare. «Questa - dice il senatore Caruso - era la cifra che all'epoca il notaio indicava come congrua. E si badi che quei 2 milioni e mezzo di franchi sarebbero 380mila euro d'oggi, ottantamila più del prezzo di vendita».



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SABRINA MINARDI RICORDA: LE MIE SCOPATE CON ROBERTO CALVI E MONSIGNOR MARCINKUS - LA COMPAGNA DEL BOSS DELLA MAGLIANA RENATINO DE PEDIS RACCONTA IN UN LIBRO LA ROMA DEI FESTINI E DELLE TRAME, VATICANO E COCAINA, OSSO SACRO E PROFANO - "CALVI ARRIVò CON LA LIMOUSINE, QUELLA CON IL TERZO SCOMPARTIMENTO, PER CAPIRCI. E IO SONO SALITA CON LA VESTAGLIETTA, LE CIABATTINE. LUI MI HA REGALATO UNA VILLA A MONTECARLO. MI RIEMPIVA DI GIOIELLI E COSE COSÌ. COSE BELLE, MA È DURATA POCO. A DISTANZA DI QUALCHE MESE, NEMMENO UN ANNO, È STATO TROVATO MORTO" - "MONSIGNOR MARCINKUS? NON SO SE GLI AVEVANO DETTO O MENO CHE ERO UNA TIPA ALLEGRA E CARINA CON CHI ERA GENEROSO, PERCHÉ LUI, IL PRETACCIO, FU MOLTO DIRETTO. NON USÒ PREAMBOLI INSOMMA, MA LUI VOLEVA STARE CON ME... E IO CI SONO STATA"

Gianluca Di Feo per "L'espresso"



Trent'anni fa era la ragazza che la Roma del potere sognava di portarsi a letto. Giovanissima, di una bellezza particolare che non tradiva volgarità; aveva sposato il calciatore più famoso, il campione laziale Bruno Giordano, prima di darsi alla vita e diventare la compagna del boss più ricco, Renato De Pedis, il "Dandi" di "Romanzo Criminale".


sabrina minardi bruno giordano rep3Tra il 1981 e il 1983 Sabrina Minardi è passata dai salotti e dalle camere da letto dove si confondevano sacro e profano, banchieri e mafiosi, cardinali e faccendieri, in un delirio di soldi facili, cocaina e violenza che scandivano l'Italia delle trame: dalla Banda della Magliana al Banco Ambrosiano, dalla P2 ai misteri dello Ior. Lei faceva perdere la testa ai protagonisti di questa capitale immorale, fino a diventare una stella nel sistema di piaceri, favori e ricatti: una leggenda delle notti romane, interpretata sullo schermo dal fascino malizioso di Anna Mouglalis.


sabrina minardi bruno giordano rep4Adesso Sabrina Minardi mostra tutti i segni di una vita bruciata, tra droga e sfruttamento: lo sguardo che seduceva padrini e padroni si è spento da tempo. Ma lei è convinta di custodire tanti altri ricordi di un passato che ancora pesa: memorie che tira fuori a fatica, spesso in modo frammentario o contraddittorio; altre volte invece offrendo dettagli e riscontri che trasformano le sue parole in indagini penali. È stata lei, ad esempio, a fornire una nuova pista per la scomparsa di Manuela Orlandi, la figlia quindicenne di un funzionario vaticano sparita nel 1983, accusando proprio Renatino De Pedis.


sabrina minardi bruno giordano stampa1
Adesso in un libro-intervista con la giornalista Rai Raffaella Notariale ("Segreto Criminale" edizioni Newton Compton) apre altri capitoli del suo personale romanzo criminale. Descrive una relazione con Roberto Calvi, il banchiere milanese dagli occhi di ghiaccio, tanto a suo agio tra i libri contabili quanto incauto nei rapporti romani, che lei sostiene di avere conquistato con una scena da racconto erotico in stile Emanuelle: "Mi telefonò e mi disse: "Senti, ti posso vedere un attimo?".


MARCINKUS Gli rispondo: "No, guarda, sto a casa, non esco". E lui che non mollava: "Ma vengo sotto casa! Puoi scendere due minuti?". "Vabbè..." Nel giro di poco lui era già sotto casa mia. Ho preso e sono scesa con la vestaglia: in quel periodo io non sapevo che cosa fosse il senso del pudore. Comunque, questo si è presentato con la Limousine, quella con il terzo scompartimento, per capirci. E io sono salita con la vestaglietta, le ciabattine. E niente...".

I due si erano conosciuti la sera prima. Sabrina Minardi spiega che l'incontro era avvenuto a casa di Flavio Carboni, da trent'anni il faccendiere per antonomasia, che ha sempre negato qualunque rapporto con la donna. Lei però vuole rendersi credibile e al registratore di Raffaella Notariale sciorina dettagli sugli appartamenti e sulle garçonniere di Carboni.

Per tornare a parlare di Calvi: "Avevamo una relazione. Ma non standard. Era veramente molto cerebrale. Non c'è quasi mai stato sesso. C'è stato una volta durante i nostri momenti di perdizione. Non mi va di dire cosa succedeva, davvero... Roberto per me era una figura bella, chiara, pulita".

Che la Magliana abbia giocato pesante nelle sorti dell'Ambrosiano è storia provata. Un commando romano tentò di assassinare Roberto Rosone, il numero due del Banco che si opponeva a Calvi, ma la reazione di un vigilante fece fallire l'agguato lasciando sul pavè milanese il corpo di Danilo Abbruciati. Che Sabrina abbia conosciuto il banchiere invece non è provato. Nel processo per la fine di Calvi sotto il ponte londinese dei Frati Neri era prevista la sua deposizione, ma la Corte ha poi preferito soprassedere.


Roberto Calvi Lei però ricorda: "Lui mi ha regalato una villa a Montecarlo. Gli serviva una prestanome, sia chiaro, ma poi la villa è rimasta a me, per questo dico che me l'ha regalata. E mi ha prestato l'aereo per portare mamma a Parigi dove faceva chemioterapia. E poi mi riempiva di gioielli e cose così. Cose belle, ma è durata poco perché per lui era un periodaccio. A distanza di qualche mese, nemmeno un anno, è stato trovato morto".

Sabrina Minardi non accetta la definizione di prostituta: "Una prostituta sta sul marciapiede o in una casa e ti fa il lavoro per pochi spiccioli. Io mi divertivo, facevo la bella vita, vestivo Coco Chanel, Armani, mica ero l'ultima delle femmine. Uscivo tutte le sere o giù di lì. Uscivo tutte le volte che mi andava, frequentavo i migliori ristoranti e i più esclusivi night di Roma, in cambio del mio corpo ricevevo soldi a palate, vacanze, auto, gioielli, case. Calvi mi regalò una villa a Montecarlo. Quale prostituta può vantare le stesse cose? Loro sì che fanno una brutta vita, poverette. La mia era meno brutta, tutto sommato".

Oggi la donna del Dandi è appena uscita da un periodo di detenzione, scontato in una comunità di recupero. E torna a parlare dell'altro fronte del suo mondo di intrallazzi: quello vaticano."Monsignor Marcinkus? Certo che l'ho conosciuto... Non so che cosa gli avessero detto al monsignore, se gli avevano detto o meno che ero una tipa allegra e carina con chi era generoso, insomma, ma lui voleva stare con me... E io ci sono stata. Però, evidentemente, Flavio (Carboni, ndr.) gli aveva parlato di me, gli avrà forse detto che ero di facile reputazione, perché lui, il pretaccio, fu molto diretto. Non usò preamboli". È l'inizio di un'altra frequentazione. In cambio di cosa? "Ha fatto entrare un cugino di mia madre a lavorare in Vaticano. Dalla sera che gliel'ho chiesto, la mattina già era assunto. E... soldi, soldi, soldi, soldi, soldi, soldi... Ma tanti, eh!".


DEPEDIS AMMAZZATO
Quattrini che intascava e altri che consegnava al numero uno dello Ior per conto di De Pedis. "Renato mi dava borsoni di soldi per Marcinkus. Metteva sempre tutti i soldi nelle borse Louis Vuitton. Era fissato più di una donnina tutta fashion con le Vuitton. E io andavo da Marcinkus a presentargli un'amica e a portargli il borsone. Ma glielo svuotavo, sai? Mica sono scema. Gli lasciavo i soldi, ma la borsa me la tenevo. Pensa a quant'ero piccola e scema. Invece di prendermi una manciata di soldi, che nessuno se ne sarebbe accorto tanti erano, mi prendevo il borsone firmato". A che servivano tutti quei soldi?"A farne altri...".

Nelle frasi della Minardi ci sono altri prelati, i più alti dell'epoca: i cardinali Agostino Casaroli e Ugo Poletti. Il loro ruolo appare però sfocato, confuso in un vortice di festini dove alla fine sembra essere la cocaina a dominare anche i ricordi. Solo su Poletti c'è una scena dettagliata: "Il cardinale stava molto, molto, molto in confidenza con Renato. Grandi sorrisi, chiacchieravano amabilmente. Si misero a chiacchierare pure in disparte, mi ricordo ancora le mosse di Renato: si metteva le mani in faccia, a coprire la bocca, mentre parlava. Quando doveva parlare di cose serie e c'era gente faceva così: non si fidava neanche dei muri". Un racconto incredibile? In questa storia assurdo e reale si sovrappongono spesso: Renato De Pedis fu assassinato nel 1990 e sepolto in una cripta della Basilica di Sant'Apollinare, grazie al nulla osta del cardinale Poletti.



by dagospia

fusione fredda

La fusione nucleare fredda, detta comunemente fusione fredda e fusione a freddo (in inglese Cold Fusion, "CF", ma indicata anche come Low Energy Nuclear Reactions, LENR, "reazioni nucleari a bassa energia", o Chemically Assisted Nuclear Reactions, CANR, "reazioni nucleari assistite chimicamente"), è un nome generico attribuito a reazioni di presunta natura nucleare, che si produrrebbero a pressioni e a temperature molto minori di quelle necessarie per ottenere la fusione nucleare "calda", per la quale sono necessarie temperature dell'ordine del milione di kelvin e densità del plasma molto elevate. Alcuni studiosi ritengono che il termine fusione fredda sia da sostituire con il termine LENR, in quanto tutti i fenomeni qui di seguito descritti appartengono alla famiglia delle reazioni nucleari a bassa energia.

Dopo il clamore provocato nel 1989 dagli esperimenti di Martin Fleischmann e Stanley Pons (Università di Salt Lake City - Utah), poi ripetuti in diversi laboratori, sono seguiti studi teorici tra i quali quelli di Giuliano Preparata, docente di Fisica Nucleare all'Università di Milano, che elaborò la sua "teoria coerente sulla fusione fredda". Nel maggio 2008 Yoshiaki Arata, uno dei padri della fusione nucleare calda nipponica, insieme alla collega Yue-Chang Zhang, ha mostrato pubblicamente ad Osaka un reattore funzionante con pochi grammi di palladio. Se il successo di questo esperimento sia dovuto alla fusione fredda o piuttosto ad una forma ancora non conosciuta di sviluppo di energia è tuttora oggetto di controversie.

Indice [nascondi]
1 Metodi per produrre reazioni di fusione nucleare fredda
1.1 Catalizzazione da muoni
1.2 Confinamento chimico
1.2.1 Cella elettrolitica
1.2.2 Cella al plasma elettrolitico
1.2.3 Cella a gas di deuterio o idrogeno
2 I primi lavori
3 Fusione Fredda a confinamento chimico
3.1 L'annuncio di Fleischmann e Pons
3.2 La cella utilizzata per i primi esperimenti
3.3 Comunicazione alla stampa ed inizio del dibattito
4 Difficoltà nella riproducibilità del fenomeno
5 Critiche
5.1 Le ricerche di Morrison
6 Storia dello sviluppo della ricerca
6.1 Le prime polemiche
6.2 I dubbi sulla realtà fisica del fenomeno
7 La ricerca sulla fusione fredda a confinamento chimico
7.1 1990: il titanio in sostituzione del palladio
7.2 1993: possibile presenza di trizio
7.3 1998-2003: Ohmori e Mizuno sull'elettrolisi al plasma
7.3.1 Critiche sull'esecuzione delle misure
7.4 2002: il Technical Report 1862 della Marina USA
7.5 2004: analisi dello US Department of Energy (DoE)
7.5.1 Organizzazione del peer-review
7.5.2 Conclusioni da parte della commissione
7.5.3 La Energy Efficiency and Renewable Energy secondo il Doe
7.6 1994-2008: esperimenti di Yoshiaki Arata
7.6.1 1998: fusione fredda dalla DS Cell
7.6.2 2008: la cella a gas di deuterio
7.6.2.1 2008: dimostrazione a Osaka
8 Lo studio della fusione fredda in Italia
8.1 1989: relazione di Scaramuzzi
8.2 1989-2000: gli studi teorici di Preparata
8.3 1991: la querela a La Repubblica
8.3.1 2001: condanna in appello
8.4 1994: la fusione fredda Nichel-Idrogeno (Ni-H)
8.4.1 Tentativi di replica
8.4.1.1 1996: tentativo di replica presso il CERN
8.4.1.2 1999: tentativo di replica a Pavia
8.5 2001-2002: rapporto tecnico ENEA RT2002/41 (Rapporto 41)
8.5.1 Il documentario di Rainews24
8.6 2007: ENEA e SRI dichiarano una riproducibilità dal 65% al 75%
8.7 2008: INFN, annuncio di Celani
9 Conferenze internazionali
9.1 ICCF (International Conference on Cold Fusion)
10 Note
11 Bibliografia
12 Altri progetti
13 Voci correlate
14 Collegamenti esterni


Metodi per produrre reazioni di fusione nucleare fredda [modifica]
Così come per la fusione nucleare calda (fusione termonucleare), anche per ottenere la fusione nucleare fredda è necessario avvicinare i nuclei atomici di deuterio e trizio a distanze tali da vincere la reciproca forza coulombiana di repulsione dei nuclei carichi positivamente[1], solo che, diversamente dalle reazioni di fusione termonucleare, i sostenitori dell'esistenza di quelle di fusione nucleare fredda affermano che si può ottenere lo stesso risultato spendendo molta meno energia grazie allo sfruttamento di una poco chiarita azione da parte di un catalizzatore quale ad esempio il palladio[2].

A seconda del tipo di catalisi utilizzata, si possono avere varie tipologie di fusione nucleare fredda:

Catalizzazione da muoni [modifica]
Il muone è una particella che ha la possibilità di sostituirsi all'elettrone dell'atomo. Avendo all'atto della sostituzione una massa assai maggiore (circa 200 volte) di quella dell'elettrone, per il principio di conservazione del momento angolare i muoni dovranno orbitare a distanze molto più prossime al nucleo, schermando quindi maggiormente la repulsione elettrica, e questo permetterà l'avvicinamento tra quei nuclei che hanno sostituito i propri elettroni con muoni, a tale vicinanza da poterli portare in condizioni utili per innescare la reazione di fusione nucleare, con conseguente emissione di energia[3].

I muoni, una volta che hanno innescato la fusione tra due nuclei possono sopravviverne e quindi andare ad agire come catalizzatori per nuove reazioni. Oramai tutti i fisici concordano sulla capacità dei muoni di poter essere utilizzati come catalizzatori per generare reazioni di fusione nucleare, ma vi è l'oggettiva impossibilità, allo stato attuale della tecnologia, di rendere tali reazioni energeticamente convenienti.

Per approfondire, vedi la voce Fusione catalizzata da muoni.

Confinamento chimico [modifica]
Il metodo detto del confinamento chimico si basa sulla possibilità di utilizzare la proprietà del palladio (o di altri catalizzatori) di caricare all'interno del proprio reticolo cristallino atomi di idrogeno o dei suoi isotopi come il deuterio, formando deuterio oppure idruro di palladio[4].

Una condizione necessaria, ma non sufficiente, è che tale caricamento deve essere assai elevato e raggiungere una percentuale di H/Pd o D/Pd, detta anche di caricamento[5], che abbia un valore di almeno il 95%, ovvero per ogni atomo di palladio ci deve essere quasi un atomo di idrogeno o deuterio; una simile condizione è difficile da ottenere in tempi brevi se non con particolari procedimenti di natura fisica e/o chimica[6].

Vi sono tre tipologie di dispositivi a confinamento chimico:

Cella elettrolitica [modifica]
È un dispositivo composto da un contenitore di materiale isolante, riempito con deuterio in soluzione ad un elettrolita, con al suo interno due elettrodi conduttivi metallici.

Il primo elettrodo, chiamato catodo, è in genere in palladio o altro metallo capace di assorbire gli atomi di idrogeno o deuterio ed è collegato al polo negativo di un apposito alimentatore a corrente continua.

Il secondo elettrodo, chiamato anodo, è composto da un materiale resistente alla corrosione elettrolitica, come ad esempio il platino, ed è collegato al polo positivo dell'alimentatore.

In questo tipo di cella, in particolari e non ancora chiarite condizioni fisiche, viene osservata una emissione di calore, in quantità superiore a quella che potrebbe generarsi secondo le classiche leggi della fisica[4].

Esempi di celle elettrolitiche:

Cella di Fleischmann e Pons
Esperimenti della SRI (USA) e Vittorio Violante (ENEA)
Cella al plasma elettrolitico [modifica]
La cella al plasma elettrolitico, o cella di T. Ohmori e T. Mizuno, è un dispositivo concettualmente simile alla Cella Elettrolitica, ma funzionante in un regime completamente differente.

Il catodo è normalmente composto da una barra di tungsteno, o altro materiale metallico, capace di sopportare le elevatissime temperature prodotte da una bolla di plasma che si forma, a causa delle particolari condizioni di funzionamento, intorno all'elettrodo stesso.

Esempi di celle al plasma elettrolitico:

Cella di T. Ohmori e T. Mizuno
Cella a gas di deuterio o idrogeno [modifica]
Alcuni scienziati, ad esempio Yoshiaki Arata, Francesco Piantelli e Francesco Celani, hanno realizzato delle celle dette asciutte, nelle quali al posto di un elettrolita liquido vi è un gas come il deuterio o l'idrogeno, mentre il catodo è in palladio o nichel; in tali catodi, con opportune tecniche, può essere accumulato un grosso quantitativo di gas.

La quantità di gas accumulabile all'interno del reticolo cristallino del metallo può arrivare a circa un atomo di gas per ogni atomo di metallo, ed un tanto elevato accumulo, a certe condizioni non ancora del tutto note, può innescare fenomeni di generazione anomala di calore.

Il vantaggio di tali celle, rispetto a quelle elettrolitiche, è nella possibilità di svolgere esperimenti in condizioni controllate e di conseguenza facilmente riproducibili.

Esempi di celle a gas:

Cella nichel-idrogeno di Sergio Focardi e Francesco Piantelli
Cella a nanoparticelle di palladio e gas di deuterio di Oshiaki Arata
I primi lavori [modifica]
La speciale capacità del palladio di assorbire idrogeno fu riconosciuta verso la fine del diciannovesimo secolo da Thomas Graham.[7]. Nel 1926 due radiochimici, Friedrich Adolf Paneth[8] e K. Peters, pubblicarono un lavoro sulla presunta trasformazione spontanea di idrogeno in elio per effetto di catalisi nucleare, quando l'idrogeno è assorbito dal palladio a temperatura ambiente[7][9]. Successivamente questi autori ammisero che la quantità di elio da loro misurata era alterata da un inquinamento di elio, presente in modo naturale nell'aria.

Nel 1927 lo scienziato svedese J. Tandberg affermò di aver ottenuto una miscela di idrogeno in elio all'interno di una cella elettrolitica con elettrodi in palladio[7]. Sulla base di questo lavoro richiese nel suo paese un brevetto dal titolo: "Metodo che produce elio ed utili reazioni energetiche". Dopo la scoperta del deuterio, nel 1932, Tandberg continuò i suoi esperimenti con l'acqua pesante. A causa però della precedente scoperta della reazione di Paneth e Peters, seguita poi dalla sua ritrattazione, il brevetto di Tandberg sarebbe comunque risultato non valido[7].

Il termine fusione fredda ("cold fusion") fu coniato nel 1986 da Paul Palmer, della Brigham Young University, durante una ricerca di geo fusione (geo-fusion) sulla possibilità di esistenza di fenomeni di fusione all'interno dei nuclei planetari[10].

Fusione Fredda a confinamento chimico [modifica]
L'annuncio di Fleischmann e Pons [modifica]
Fleischmann disse negli anni sessanta che stava iniziando ad investigare la possibilità che le reazioni chimiche potessero influenzare i processi nucleari[11].

Predisse che gli effetti collettivi da lui esplorati, avrebbero potuto richiedere l'elettrodinamica quantistica per essere calcolati, potendo condurre a risultati più significativi rispetto agli effetti indicati dalla meccanica quantistica[12][13]. Disse inoltre che nel 1983 aveva raggiunto un'evidenza sperimentale che lo portava a credere che nella fase condensata i sistemi sviluppassero strutture coerenti piuttosto evidenti, con dimensioni dell'ordine dei 10-7m (1/10.000 mm)[12].

Nel 1984, come conseguenza di questi studi, Fleischmann e Pons iniziarono i loro esperimenti sulla fusione fredda.

La cella utilizzata per i primi esperimenti [modifica]
Cella elettrolitica di Fleischmann & Pons, nella versione del 1989La configurazione iniziale della cella di Fleischmann e Pons utilizzava un vaso di Dewar (un vaso di vetro a doppia parete al cui interno era stato fatto del vuoto) riempito di acqua pesante per svolgere l'elettrolisi, in modo che fosse minima la dispersione termica (meno del 5% durante la durata di un tipico esperimento). La cella era poi immersa in un bagno termostatato a temperatura costante in modo da eliminare gli effetti di sorgenti esterne di calore.

I due scienziati utilizzarono una cella aperta, in modo da eliminare la pericolosa formazione di sacche di deuterio e ossigeno risultanti dalle reazioni di elettrolisi, anche se ciò avrebbe favorito qualche perdita termica e comportava quindi il ricalcolo della minore potenza prodotta dalla cella stessa a causa della perdita. Questa configurazione, a causa dell'evaporazione del liquido, rendeva necessario rabboccare di tanto in tanto il vaso con nuova acqua pesante. I due scienziati fecero poi notare che se la cella era alta e stretta, le bolle di gas prodotte dalla elettrolisi potevano mescolare e portare ad una temperatura uniforme l'acqua pesante contenuta.

Una particolare attenzione era poi stata riposta nell'utilizzo di un catodo di palladio e di un elettrolita di grande purezza, in modo da prevenire la possibilità di formazione di residui sulla superficie; questo specialmente per gli esperimenti più lunghi.

La cella era corredata di un termistore per la misura della temperatura dell'elettrolita, e di un riscaldatore elettrico per la generazione degli impulsi di calore necessari a compensare le perdite di calore dovute alla evaporazione del gas. Dopo la compensazione (calibratura) era possibile ottenere con relativa facilità il valore del calore generato dalla reazione[14].

Una corrente costante fu applicata alla cella per un periodo di diverse settimane, quindi fu via via necessario rabboccare la cella di nuova acqua pesante. Per la maggior parte del tempo la potenza elettrica immessa nella cella rimase praticamente uguale a quella dispersa dalla cella stessa, evidenziando un funzionamento della cella consueto secondo le consuete leggi dell'elettrochimica. In queste condizioni la temperatura della cella era di circa 30 °C. In certi momenti, però, e solo per alcuni esperimenti, la temperatura aumentava improvvisamente, sino a circa 50 °C, senza che fosse variata la potenza elettrica in ingresso; questo repentino fenomeno poteva durare due o più giorni. In questi particolari momenti la potenza generata poteva essere superiore a 20 volte la potenza elettrica applicata in ingresso alla cella. In altri casi questi repentini innalzamenti di temperatura non venivano riscontrati per molto tempo e quindi la cella veniva spenta.

La temperatura della cella era misurata con un termistore, mentre un altro termistore era posto direttamente sul catodo, in modo da poterne misurare la temperatura durante gli eventi di surriscaldamento.

L'efficacia di quel metodo di rilevamento è stata spesso elemento di contestazione[15]. L'esperimento, nel suo insieme, è stato poi criticato da Wilson[16]

Altri esperimenti basati sull'utilizzo di celle aperte sono stati criticati da Shkedi[17] e Jones[18]. Molti ricercatori che hanno fatto sperimentazione sulla fusione fredda hanno trovato tali critiche non convincenti e comunque non applicabili in altre tipologie di esperimenti[18][19][20].

Comunicazione alla stampa ed inizio del dibattito [modifica]
La fusione fredda venne improvvisamente alla ribalta il 23 marzo 1989 quando i chimici Martin Fleischmann, dell'Università di Southampton in Inghilterra, e Stanley Pons, dell'Università dello Utah, annunciarono alla stampa di essere riusciti a realizzarla.

La dichiarazione fu resa alla stampa il 10 marzo 1989, in un clima internazionale assai ricettivo nei confronti di proposte di metodi alternativi di produzione energetica, essendo ancora incandescente il dibattito sul nucleare acutizzato dal disastro di Chernobyl il 26 aprile 1986 e dal disastro ecologico della petroliera Exxon Valdez avvenuto qualche mese prima.

Per cause non del tutto chiare, i due ricercatori rilasciarono la conferenza stampa prima che apparisse la pubblicazione su di una rivista scientifica, pubblicazione che avvenne il successivo 10 aprile con un breve articolo[21] scritto per il Journal of Electroanalytical Chemistry; l'articolo, a giudizio di molti esponenti del mondo scientifico, era stato scritto in modo affrettato, incompleto e conteneva alcuni errori sostanziali sulla misura dell'emissione di raggi gamma[22].

Nella conferenza stampa Fleischmann e Pons avevano affermato di aver ricavato una considerevole quantità di energia termica da una particolare cella elettrolitica fatta di due elettrodi di cui l'anodo era realizzato da un elemento di platino mentre il catodo era realizzato da un elemento in palladio, il tutto immerso in un elettrolita a base di acqua pesante (2H2O). Inoltre i due ricercatori avevano affermato che oltre alla notevole quantità di energia termica prodotta, la cella produceva anche un raro isotopo stabile dell'elio (3He), la cui presenza poteva essere spiegata come la cenere prodotta da una particolare reazione nucleare di fusione secondo la reazione:

2H + 2H → 3He (0.82 MeV) + n (2.45 MeV)
A conferma e prova dell'avvenuta reazione nucleare, i due chimici portavano le misure calorimetriche dell'energia rilasciata dalla reazione e le misure di irraggiamento neutronico, dovute ai neutroni ad alta energia rilasciati dalla reazione dei nuclei di deuterio.

Il 12 aprile Stanley Pons fece una presentazione trionfale dei risultati ottenuti al congresso annuale della Società Americana di Chimica (ACS), mentre l'Università dello Utah chiedeva al Congresso degli Stati Uniti un finanziamento di 25 milioni di dollari per proseguire le ricerche. Lo stesso Pons, al congresso della ACS, aveva dichiarato che la fusione fredda avrebbe fornito energia in eccesso con un dispositivo che si poteva definire "tascabile" se confrontato con gli apparati ben più complessi necessari per la fusione nucleare "calda".[23] Per questo motivo, Pons ricevette un invito a incontrarsi con i rappresentanti del presidente Bush all'inizio di maggio dello stesso anno.

Difficoltà nella riproducibilità del fenomeno [modifica]
Una della caratteristiche che hanno creato fin dall'inizio critiche da una parte della comunità scientifica (nonché accese polemiche) è stata la scarsa riproducibilità degli esperimenti lamentata dai ricercatori.

Fin da quando Fleischmann e Pons il 13 marzo 1989 inviarono al Journal of Electroanalytical Chemistry la pubblicazione con le loro ricerche[24], decine di laboratori fecero centinaia di febbrili tentativi di replicazione, ma purtroppo la grande parte di questi non diede esiti sicuramente positivi; risultava perciò evidente che le condizioni alle quali il fenomeno si poteva produrre erano molto particolari e quasi del tutto ignote anche ai due ricercatori, oppure questi si basavano su effetti non reali o spiegabili solo con particolari fenomeni di origine elettrochimica.

Questa difficoltà nella dimostrazione oggettiva del fenomeno, unita ad una particolare situazione di grande attesa da parte del pubblico (pompata da un atteggiamento sensazionalistico dei media[25]) fecero sì che alla fine si gettasse discredito sull'intero argomento.

Di contro, vari ricercatori che operano nel campo della fusione fredda avanzarono varie spiegazioni a giustificazione di questa difficoltà: essi sostengono che il protocollo da seguire redatto dai ricercatori Fleischmann, Martin & Pons non includeva una condizione assolutamente necessaria affinché il fenomeno stesso potesse svilupparsi, ovvero che fosse raggiunto un rapporto di caricamento[26] da parte del deuterio nella matrice di palladio estremamente elevato, rapporto che doveva essere, come poi fu teoricamente dimostrato dai lavori di Giuliano Preparata, uguale o superiore a 0,95. Senza la conoscenza e successiva applicazione di questa informazione[27], non era possibile ottenere una sufficiente costanza nei risultati da parte di chi tentò di riprodurre l'esperimento[6].

Critiche [modifica]
Le ricerche di Morrison [modifica]
Il fisico Douglas R.O. Morrison[28] ha scritto nel 1991 un articolo di critica sulla Fusione Fredda[29], prendendo spunto dai vari esperimenti fatti nei due anni precedenti. Nell'abstract dell'articolo vengono fatte diverse considerazioni, tra le quali:

Non vi è produzione di calore di eccesso.
È evidente che il bilancio finale è fortemente contro la presenza di prodotti di fusione.
È stata osservata una curiosa regionalizzazione dei risultati.
L'articolo si conclude con la seguente considerazione: La Fusione fredda si spiega meglio come un esempio di "Scienza patologica".

Storia dello sviluppo della ricerca [modifica]
Le prime polemiche [modifica]
Le polemiche cominciarono a montare alla successiva conferenza della Società Americana di Fisica (APS), il 1º maggio 1989, a Baltimora. Furono riportati i risultati di una collaborazione fra un gruppo dei Laboratori Nazionali di Brookhaven e l'Università Yale che, riproducendo il dispositivo utilizzato da Fleischmann e Pons, non ottenevano né energia in eccesso, né soprattutto produzione di neutroni.[30] Simili risultati furono poi riportati anche da ricercatori dei Laboratori di Harwell, vicino a Oxford, nel Regno Unito.[31]

In novembre, uno speciale gruppo di scienziati incaricati dal Dipartimento dell'Energia statunitense (DOE) si pronunciò in modo negativo sulla fusione fredda,[32] mentre già alla fine del 1989 negli Stati Uniti la fusione fredda veniva identificata come un fenomeno di pseudoscienza. Negli anni novanta negli Stati Uniti la ricerca sulla fusione fredda fu scarsa, mentre cominciavano ad emergere gruppi che se ne occupavano in Europa e Asia. Nel luglio 1990 Fleischmann e Pons correggevano il loro articolo iniziale con un ponderoso lavoro di oltre 50 pagine nel quale spiegavano i dettagli del loro esperimento.[33] Cominciavano anche ad emergere i retroscena della vicenda del 1989. Nel 1991 Eugene Mallove, che era capo redattore scientifico dell'ufficio stampa del MIT, ammise che l'importante relazione scritta dal Centro Ricerche sui Plasmi del MIT nel 1989, e che aveva avuto un'influenza non piccola nelle polemiche sulla fusione fredda, contenesse dei grafici in cui i dati erano stati modificati senza alcuna spiegazione.[34][35] Secondo Mallove, questo avrebbe precluso qualsiasi tentativo di ottenere calore da dispositivi a fusione fredda al MIT, in modo da evitare possibili cali nei finanziamenti della fusione "calda".[36]

Una voce ancora più autorevole fu quella del premio Nobel Julian Schwinger che nel 1990 ammetteva che molte redazioni di riviste scientifiche si fossero adeguate alle pressioni negative degli ambienti accademici contro la fusione fredda.[37]

I dubbi sulla realtà fisica del fenomeno [modifica]
Una consistente parte della comunità scientifica internazionale ha accolto con scetticismo e sfiducia i risultati sperimentali, risultati che spesso hanno suscitato grosse polemiche. Uno degli argomenti più citati dai detrattori sulla realtà delle caratteristiche nucleari del fenomeno della fusione fredda, è quello secondo cui in essa si produce un numero di particelle nucleari troppo basso per poter giustificare il calore prodotto. Inoltre esistono ancora moltissime controversie (principalmente di tipo teorico) sulla natura e sui meccanismi della fusione fredda.

A posteriori, Fleischmann e Pons riconobbero alcuni errori nella misura dell'energia rilasciata dalla cella elettrolitica, e soprattutto nella misura del flusso di neutroni che sarebbero stati prodotti dalla reazione; tuttavia non smentirono mai di avere effettivamente misurato una contaminazione di elio negli elettrodi, adducendo questo fatto a prova dell'eventuale presenza di una reazione di natura nucleare. Sulla natura nucleare di quest'energia nel corso degli anni furono effettuati vari test ed esperimenti, ad esempio quello compiuto nel 2002 sotto la supervisione di Carlo Rubbia dai laboratori italiani dell'ENEA di Frascati, vicino a Roma[38].

Secondo alcuni studiosi, i molti risultati negativi ottenuti da vari laboratori nel tentativo di replicare il fenomeno, diedero fiato, specie negli Stati Uniti, ad una reazione accademica piuttosto negativa che in certi casi fu più simile ad un'azione di censura che non ad una legittima critica scientifica ai risultati sperimentali[39][40].

A distanza di più di 10 anni dall'episodio, come ha indicato il premio Nobel Carlo Rubbia in un convegno nel 2000 in ricordo di Giuliano Preparata,[41] si può affermare che la fusione fredda sia stata presentata nel 1989 in modo affrettato, creando eccessive aspettative: ciò fu in parte dovuto al fatto che Fleischmann e Pons erano chimici, e non avevano diretta esperienza del tipo di misure necessarie per provare che un'effettiva reazione di fusione fosse avvenuta.

La ricerca sulla fusione fredda a confinamento chimico [modifica]
Negli anni che seguirono l'annuncio di Fleischmann e Pons, le ricerche sulla Fusione Fredda andarono in tutto il mondo via via scemando, rimanendo sempre più un argomento di nicchia, con un numero ufficiale di ricercatori attivi tra le 100 e 200 unità e pochi laboratori. In queste condizioni i progressi nell'approfondimento delle ricerche sono stati abbastanza lenti ed hanno portato a risultati non sempre chiari, anche perché, a causa di un certo disinteresse per l'argomento da parte delle principali riviste del settore, spesso non è stato possibile attivare quell'importantissimo meccanismo di verifica che è il peer review[42].

La fusione fredda continua ad essere oggetto di ricerca in alcuni Paesi, tra cui l'Italia. Qui di seguito una sintesi dei principali esperimenti e dei risultati che ne sono stati dichiarati dai rispettivi autori.

1990: il titanio in sostituzione del palladio [modifica]
Il gruppo italiano Antonella De Ninno, guidato dal professor Francesco Scaramuzzi, ha realizzato presso l'ENEA di Frascati un esperimento utilizzando il titanio al posto del palladio[43].

L'esperimento ha evidenziato che quando il titanio assorbe del gas deuterio a bassa temperatura, si verifica un surplus di energia con conseguente emissione di neutroni.

1993: possibile presenza di trizio [modifica]
Le prime critiche sulla realtà del fenomeno della Fusione Fredda riguardavano la presunta assenza di ceneri, conseguenza prevedibile di una qualche reazione di natura nucleare; nel caso specifico, essendo il fenomeno ipotizzabile come un particolare tipo di reazione di fusione nucleare, i vari gruppi di ricerca hanno immediatamente iniziato a cercare tali ceneri nella forma di un qualche isotopo dell'elio.

Il gruppo di ricercatori capitanati da Fritz G. Will del Department of Chemical and Fuels Engineering, Università di Salt Lake City, nello Utah, ha osservato una correlazione tra la produzione di trizio ed il caricamento di un filo di palladio con un caricamento pari o superiore all'unità[44][45]

1998-2003: Ohmori e Mizuno sull'elettrolisi al plasma [modifica]
Schema della cella elettrolitica al plasma di Ohmori e MizunoAlla fine degli anni novanta, i ricercatori giapponesi T. Ohmori e Tadahiko Mizuno[46] hanno annunciato la possibilità di ottenere reazioni di fusione fredda, con riproducibilità del 100%[47][48], senza utilizzare il costoso e raro palladio né l'acqua pesante (D2O), ma solo attraverso una particolare elettrolisi realizzata con elettrodi di tungsteno, sommersi in una soluzione di comune acqua (H2O) e Carbonato di potassio (K2CO3) tra i quali era stata fatta passare una corrente con differenza di potenziale di circa 160-300 V[49]. A tali condizioni, quando la temperatura della soluzione supera i 70-80 °C, intorno alla parte immersa dell'elettrodo di tungsteno si ottiene la formazione di una bolla di plasma, che porta rapidamente all'ebollizione dell'elettrolita; allora, dissero i due ricercatori, si può produrre un bilancio energetico positivo, composto da una emissione termica dal 20-100% superiore all'energia elettrica spesa per sostenere la reazione, più una certa quantità di idrogeno gassoso. Quest'ultimo, secondo quanto affermato dagli stessi ricercatori, può portare il COP (coefficient of performance) complessivo del sistema ad oltre il 500%[50].

Essendo il protocollo sperimentale assai semplice ed alla portata di qualsiasi laboratorio di elettrochimica, immediatamente parecchi ricercatori pubblici e privati eseguirono moltissime repliche dell'esperimento, ottenendo risultati non sempre positivi[49]; spesso vi applicarono alcune varianti[51][52], quasi tutte dichiarate dagli autori aventi esito positivo, ovvero con la formazione della bolla di plasma e la fusione dell'elettrodo di tungsteno, ed una emissione termica dal 20 al 100% superiore all'energia spesa per sostenere la reazione.

Le misurazioni di assorbimento, necessarie per determinare l'efficienza complessiva, sono per loro natura affette da un notevole rumore elettrico dovuto alla presenza della scarica di plasma; ciò può causare serie difficoltà di rilevamento e quindi incrinare la certezza di aver determinato l'effettiva quantità di corrente assorbita dalla cella; per questo, diversi autori, hanno utilizzato contemporaneamente vari metodi di misura dell'assorbimento elettrico, in modo da verificare la reale convergenza delle misure.

Attualmente il principale problema di questo tipo di processo è l'elevata temperatura che raggiunge l'elettrodo di tungsteno, sicuramente superiore ai 3.422 °C, comportante il raggiungimento del punto di fusione e quindi lo scioglimento di questo nella soluzione. A queste condizioni, per una cella con un assorbimento medio di 200-500W, vi è un consumo di qualche cm di elettrodo per ogni ora di funzionamento, il che rende il processo energeticamente non conveniente nel suo complesso.

Un secondo problema, non meno importante, è la presunta deposizione, sia in soluzione che sull'elettrodo di tungsteno, di atomi di elementi prima non presenti nella soluzione nel metallo, ma comunque prossimi al tungsteno nella tavola periodica[53], inducendo quindi vari autori ad ipotizzare che sulla superficie dell'elettrodo di tungsteno possano avvenire processi di trasmutazione[54].

Critiche sull'esecuzione delle misure [modifica]
La società EarthTech International Inc. (ETI)[49] tra l'inizio del 1998 ed il dicembre 1999, ha svolto tre cicli di test con il protocollo di Ohmori e T. Mizuno; nonostante la stretta collaborazione con gli autori giapponesi e l'oggettiva qualità del lavoro svolto, non è riuscita ad ottenere nessun risultato di guadagno energetico. Questo fatto, secondo i ricercatori dell'ETI può solo dipendere dall'oggettiva difficoltà nello svolgere corrette misurazioni sui dispositivi elettrolitici che operano in particolari condizioni, come quelle riscontrate nel protocollo testato. Ad esempio, a causa del forte rumore elettrico indotto dal plasma, non è semplice valutare con sufficiente correttezza l'effettiva energia utilizzata dal dispositivo per lo svolgimento della reazione. Non solo: non è neanche facilmente determinabile se l'errore sulla determinazione dell'energia sia in sovrastima o sottostima rispetto a quella realmente impiegata. Questa difficoltà si ripercuote direttamente nella determinazione del corretto rapporto tra energia spesa per la reazione e quella da essa prodotta in calore (COP).

Nonostante queste difficoltà, durante tutto il corso della sperimentazione, i ricercatori dell'ETI sono sempre stati certi della bontà dei criteri di misura da essi adottati e quindi della validità delle loro misurazioni. A valorizzare tale certezza, i ricercatori dell'ETI hanno anche fatto notare che il COP misurato con i loro criteri lungo tutto l'arco temporale degli esperimenti era sempre rimasto prossimo al valore unitario, quindi del tutto insensibile alle profonde variazioni delle configurazioni sperimentali nel tempo da essi adottate.

Anche la determinazione della presenza di elementi trasmutati sulla superficie dell'elettrodo di tungsteno è stata completamente confutata dai ricercatori dell'ETI, escludendo quindi, secondo le loro ricerche, eventuali processi di trasmutazione sulla superficie dell'elettrodo di tungsteno.

2002: il Technical Report 1862 della Marina USA [modifica]
Nel febbraio del 2002, un laboratorio della marina degli Stati Uniti rilasciò un lavoro nel quale veniva confermato il fenomeno della fusione fredda come concreto.[55]

È un rapporto di 132 pagine che cerca di fare il punto sullo stato dell'arte delle ricerche sulla fusione fredda fatte dalla U.S. Navy dal 1989 al 2002. Gli esperimenti svolti sono stati in particolar modo descritti nel capitolo 3 (pp. 19), dal titolo "Excess heat and helium production in palladium and palladium alloys"; in esso sono riportate le analisi calorimetriche svolte nel 1989 (con tolleranze dell'ordine del 4%) che rilevano nei vari esperimenti condotti un evidente eccesso di calore e la produzione di 4He (Elio 4) come conseguenza di presumibili effetti di natura nucleare all'interno della cella[56].

Nel 1992 sono stati fatti esperimenti con leghe di palladio-boro (Pd-B) che, con sorpresa degli stessi ricercatori, hanno dato tutti esito positivo (pp. 21). Nel 1995 l'esperimento è stato poi riprodotto in Giappone con gli stessi risultati[57].

Successivamente sono stati fatti esperimenti per verificare emissione di neutroni, esperimenti che hanno dato sempre esito negativo.

2004: analisi dello US Department of Energy (DoE) [modifica]
Organizzazione del peer-review [modifica]
Durante la conferenze internazionale sulla fusione fredda (ICCF-10), tenutasi a Boston nell'Agosto del 2003, alcuni ricercatori presentarono risultati positivi[58] che convinsero alcuni accademici americani a proporre di riesaminare la questione da parte del Department of Energy (DoE).

A questo punto partì un'ampia analisi della letteratura ed un ufficio del DoE (Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti), contattò un gruppo di scienziati che operavano nel campo della Fusione Fredda in modo da poter riesaminare la questione dell'evidenza scientifica delle reazioni nucleari a bassa energia (LERN) ovvero la Fusione Fredda. Agli scienziati contattati fu chiesto di presentare il materiale che ritenevano più interessante, su questo materiale fu redatto un lavoro riassuntivo dal titolo "New Physical Effects in Metal Deuterides"[59]. Tutto il materiale così ottenuto venne poi valutato secondo un complesso protocollo di peer review[60], al termine, sulla base dei 18 commenti realizzati dagli esperti del DoE[61] è stato redatto il rapporto definitivo[60].

Conclusioni da parte della commissione [modifica]
Al termine del lavoro sono stati formulati 3 elementi su cui effettuare la valutazione, tradotti in quesiti peritali ai quali i recensori hanno dato delle risposte, qui di seguito riportate[62]:

Esaminare e valutare l'evidenza sperimentale di episodi di reazioni nucleari nella materia condensata a bassa energia.
...due terzi dei recensori non sentono che le evidenze (descritte dai lavori presentati) siano conclusive per (rendere certa) la presenza di reazioni nucleari a bassa energia; un recensore trovò invece che l'evidenza era convincente, il resto non completamente convinti. Molti recensori notarono un progetto sperimentale povero, la documentazione, il sistema di controllo, e vari altri problemi simili, hanno impedito la comprensione ed interpretazione dei risultati a loro presentati.
Determinare se comunque l'evidenza è sufficientemente conclusiva per dimostrare l'esistenza di una qualche reazione nucleare.
...La preponderante maggioranza delle valutazione dei recensori ha indicato che non è dimostrata, in modo conclusivo, la presenza di reazioni nucleari a bassa energia. Un recensore ha creduto che l'evidenza sia stata dimostrata, e molti recensori non hanno risposto alla domanda.
Determinare se c'è un caso scientifico per continuare gli sforzi su questi studi, se si individuare le aree più promettenti da perseguire.
...Nessun recensore ha raccomandato un programma finanziato con fondi federali per le reazioni a bassa energia.
La commissione così conclude la sua relazione:

...Mentre vi è stato un progresso significativo nella qualità dei calorimetri, dall'ultima indagine del 1989 ad oggi, le conclusioni raggiunte dai recensori sono oggi simili a quelle riscontrate nella indagine del 1989[62][63]
La Energy Efficiency and Renewable Energy secondo il Doe [modifica]
Se da un lato il parere della commissione sulla realtà del fenomeno sembra del tutto negativo, la sezione del DoE Energy Efficiency and Renewable Energy[64], raccomanda di proseguire gli studi per un maggior approfondimento del fenomeno:

Rivedendo l'evidenza per la produzione di calore di eccesso e prodotti di fusione, due terzi dei recensori del DoE non si sentono di ammettere, in modo certo, l'evidenza del fenomeno. La maggior parte dei recensori ha indicato che le evidenze riscontrate non dimostrano, in modo conclusivo, la presenza di fenomeni di fusione fredda. Come analisi finale, i recensori sono stati inconcludenti sull'esistenza di fusione fredda e quindi raccomandano di individuare nuovi metodi di ricerca per risolvere le incertezze nei risultati prima riscontrati.[65]
1994-2008: esperimenti di Yoshiaki Arata [modifica]
1998: fusione fredda dalla DS Cell [modifica]
Nel 1998, dopo un lavoro durato diversi anni, Yoshiaki Arata e Zhang hanno confermato[66] il riscontro di un notevole eccesso di energia, proveniente da una cella immersa in acqua pesante (deuterio) (D2O) e superiore agli 80 watt (1,8 volte maggiore dell'energia utilizzata per sostenere tale reazione) per 12 giorni. I due ricercatori hanno poi affermato che l'energia emessa durante tali esperimenti era troppo grande rispetto alla piccola massa dei materiali utilizzati dentro la cella, perché il risultato potesse essere giustificato come conseguenza di un'eventuale reazione di tipo chimico.

La cella ideata da Arata, diversamente da altre utilizzate nella fusione fredda Palladio-Deuterio, è molto particolare in quanto opera con elevatissime pressioni[67].

Successivamente, nel 2006, il ricercatore Francesco Celani[68] dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati, ha ripetuto una parte dell'esperimento di Arata, confermando la presenza di un forte aumento di pressione all'interno di un tubo, immerso in una particolare soluzione liquida, tramite il passaggio di una corrente faradica.

2008: la cella a gas di deuterio [modifica]
Successivamente Arata osservava che una notevole quantità di energia utilizzata per attivare la reazione veniva dissipata dall'elettrolita sotto forma di semplice riscaldamento. Perciò successivamente ha sviluppato una particolare cella senza elettrolita e senza alimentazione elettrica, la quale, anche se apparentemente molto differente dalle precedenti celle, in pratica non se ne discosta molto per principio base di funzionamento[69][70].

Arata, nel maggio 2008[71], ha comunicato alla comunità scientifica internazionale di aver terminato di perfezionare un protocollo di produzione di energia da fusione fredda, potenzialmente capace di produrre quantità rilevanti di energia. Questo protocollo[72] utilizza un sistema originale composto da particolari nano-particelle di Palladio disperse in una matrice di zirconio. Con complesse procedure di metallurgia, viene ossidato lo zirconio, ma non il palladio, in modo che quest'ultimo sia disperso all'interno di una matrice amorfa di ossido di zirconio che, se da un lato risulta permeabile al deuterio, dall'altro impedisce alle nanoparticelle di palladio di raggrupparsi.

L'esperimento di Arata inizia saturando l'atmosfera della cella con deuterio, il quale attraversa velocemente la matrice di zirconio venendo quindi assorbito dalle nanoparticelle di palladio, caricandole e quindi portandole alle condizioni critiche per le quali si innescano probabili fenomeni di fusione nucleare. Secondo Arata, una volta avviato il processo di fusione il sistema così realizzato è capace di azionare un motore termico, senza alcun altro apporto di energia[73][74].

2008: dimostrazione a Osaka [modifica]
Il primo esperimento pubblico, cui erano presenti circa 60 persone tra scienziati e giornalisti[75], aveva come fine quello di dimostrare la riproducibilità del 100% dei fenomeni di produzione di calore da parte della cella a gas di deuterio in pressione, sviluppata da Arata e dal suo collaboratore Yue-Chang.

L'evento ha avuto luogo il 22 maggio 2008, all'Università di Osaka[76], con una dimostrazione completamente in lingua giapponese. La cella è stata caricata con 7 grammi di speciali nanoparticelle e messa in pressione con deuterio a 50 atmosfere: iniziava immediatamente a produrre energia termica, senza nessun tipo di alimentazione elettrica. L'energia termica prodotta, qualche decina di watt, era sufficiente a mettere in moto un motore termico a ciclo di Stirling. Al termine dell'esperimento i presenti hanno voluto nominare tale fenomeno con il nome di Arata Phenomena[77]

L'esperimento è stato eseguito con questo protocollo:

In un apposito contenitore a pressione, posto all'interno di un calorimetro e collegato per mezzo di una tubazione ad uno spettrometro di massa ad altissima risoluzione[78], sono stati inseriti 7 grammi di nano-particelle di Palladio disperse in una matrice di Ossido di Zirconio appositamente preparate dal laboratorio di Arata.
Nella prima fase del test, nel recipiente è stato inserito idrogeno a 50 atmosfere, generando così un breve picco termico dovuto all'idratazione delle stesse, seguito poi da un lento raffreddamento, dimostrando così che in tale situazione non vi è né emissione di calore, né presenza di 4He.
Il recipiente è stato poi svuotato, degasato e nuovamente riempito, ma questa volta con deuterio a 50 atmosfere. A questo punto vi è stato di nuovo il picco termico dovuto alla idratazione[79], ma questa volta il calore non è andato via via scemando, è invece continuato in modo costante, tanto da permettere il funzionamento di un motore termico a ciclo di Stirling. Il funzionamento è proseguito per diverso tempo, in modo da poter accumulare nel sistema una sufficiente quantità di elio; successivamente è stata fatta una nuova misura del gas presente nel contenitore e questa volta lo spettrometro di massa ha rilevato nettamente la presenza di elio mescolato con deuterio, segno evidente che il calore prodotto era dovuto ad una reazione termonucleare. Durante la reazione gli appositi rilevatori di radiazioni non hanno rilevato nessuna emissione radioattiva.
Arata ha fatto notare, durante la conferenza che aveva preceduto l'esperimento, che tale esperimento dimostra la possibilità di produzione di elevate quantità di calore attraverso una reazione di fusione fredda, ma che comunque rimangono ancora aperti numerosi problemi per lo sfruttamento commerciale di tale tecnologia. I problemi più importanti da superare sono quelli legati al mancato degasaggio dell'elio che si è formato all'interno delle nano-particelle, che con il tempo porta ad un suo costante accumulo che di fatto avvelena la reazione[80], ed alla necessità di ricercare un materiale meno costoso e più abbondante del palladio utilizzato per l'esperimento.

Alcuni ricercatori[81] hanno criticato la validità della dimostrazione di Arata soprattutto in relazione al fatto che Arata non ha pubblicato i risultati su nessuna rivista scientifica soggetta a revisione paritaria.

Lo studio della fusione fredda in Italia [modifica]
Fin dal suo annuncio, la Fusione Fredda in Italia, è stata studiata da vari gruppi di lavoro ed industrie. Al fine di una migliore interpretazione del fenomeno e dell'attuale stato di percezione di questo all'interno del mondo scientifico, è utile riportare alcuni riferimenti ai lavori svolti dal 1989 ad oggi.

1989: relazione di Scaramuzzi [modifica]
A poco più di un mese dalla pubblicazione del lavoro sulla Fusione Fredda di Fleishman e Pons, il fisico italiano Francesco Scaramuzzi, dell'ENEA di Frascati, presentò una relazione in cui mostrò l'emissione di neutroni da parte di una cella deuterio-titanio sottoposta ad elevatissime pressioni, che potevano raggiungere oltre un megabar[82]. Scaramuzzi fu successivamente convocato per un'audizione parlamentare.[83]

1989-2000: gli studi teorici di Preparata [modifica]
Uno dei teorici sui possibili meccanismi che possono spiegare la Fusione Fredda è stato il Prof. Giuliano Preparata, docente di Fisica Nucleare all'Università di Milano, il quale subito dopo l'annuncio del 1989 (e fino al 2000, anno della sua morte), ha studiato il fenomeno in chiave teorica e parallelamente ne ha promosso varie attività di ricerca presso l'Università di Milano e l'ENEA.

Nel 1989 insieme ai fisici Emilio Del Giudice e Tullio Bressani pubblicò sulla rivista Il Nuovo Cimento un articolo prettamente teorico[84] nel quale intendeva gettate le basi per una teoria predittiva della fusione fredda basando il fenomeno su alcune estensioni della teoria dell'elettrodinamica quantistica (QED) nella materia condensata. La teoria faceva emergere la possibile esistenza di una soglia nel rapporto tra il numero di atomi di deuterio assorbiti ed il numero di atomi di palladio, il cosiddetto fattore di caricamento[85], che non doveva essere inferiore ad 1[86].

L'immediata conseguenza della teoria è la definizione di una soglia minima al di sotto della quale il fenomeno di Fusione Fredda, secondo il protocollo utilizzato da Fleischmann e Pons, non può avvenire; questo potrebbe dimostrare che il fenomeno di Fusione Fredda, a certe condizioni, può essere visto come una conseguenza prevedibile dalla estensione di una teoria ben accettata dalla fisica quale è quella dell'elettrodinamica quantistica[87]. Una qualsiasi replica, anche se di esito negativo, per essere presa in considerazione deve essere quindi accompagnata dal valore del caricamento che ha subito il palladio con il deuterio, ovvero il rapporto tra gli atomi di deuterio e quelli di palladio presenti sugli elettrodi. Non solo: essendo il rapporto di caricamento assai elevato, un sufficiente caricamento del palladio può richiedere tempi estremamente lunghi (settimane o addirittura mesi).

1991: la querela a La Repubblica [modifica]
I ricercatori Fleischmann, Pons, Bressani, Preparata e Del Giudice denunciarono il giornalista Giovanni Maria Pace a causa di un articolo giudicato diffamatorio apparso su La Repubblica del 21 ottobre 1991[88].

Il giudizio in prima istanza del tribunale di Roma, dopo aver qualificato la Fusione Fredda come un'ipotesi che attende conferme, fu di assoluzione e condannò pertanto tutti e 5 i ricercatori in solido al pagamento delle spese processuali[89].

2001: condanna in appello [modifica]
Successivamente, sul ricorso in appello dei 5 ricercatori, a quasi 10 anni ormai dalla comparsa dell'articolo, la Corte d'Appello di Roma decise ribaltando la prima sentenza[90]: condannò Repubblica, nella figura del suo direttore ed editore, ed il giornalista Giovanni Maria Pace ad un risarcimento monetario nei confronti dei due ricercatori M. Fleischmann, S. Pons[91]. La motivazione, antitetica a quella di primo grado, si fondò sulla constatazione che la precedente sentenza ignorava ..le informazioni pubblicate, non solo in atti scientifici, ma anche dalla stampa e segnatamente dal quotidiano "La Repubblica" sul positivo andamento della ricerca nel settore "de quo", affermando anzi il contrario[92]. La sentenza passò in giudicato senza che nessuna delle parti abbia appellato[93].

1994: la fusione fredda Nichel-Idrogeno (Ni-H) [modifica]
Schema del reattore nichel-idrogeno ideato da Piantelli e Focardi per la misura dell'eventuale calore in eccesso[94]Nel 1989 il biofisico Francesco Piantelli, dell'Università degli Studi di Siena, mentre stava effettuando studi su campioni di materiale organico[95], si accorse della presenza di un'anomala produzione di calore[96]. Comunicò il fenomeno da lui osservato a Focardi, fisico della Università di Bologna, ed i due decisero di creare un gruppo di lavoro cui si aggiunse Habel, di Cagliari, al fine di approfondire la causa di quell'anomalia termica.[97].

Dopo circa tre anni, gli studi approdarono a significativi risultati permettendo la costruzione di un reattore Nichel-Idrogeno sufficientemente efficiente. Passarono altri due anni di sperimentazioni e finalmente il 20 febbraio 1994, in una conferenza stampa presso l'aula magna dell'università di Siena, viene annunciata la messa a punto di un differente processo di produzione di energia per mezzo di Reazioni Nucleari a Bassa Energia (LENR)[98], profondamente differente da quello fatto da Fleischmann e Pons[99][100].

Il loro processo si basava sull'uso di una barra di nichel, mantenuta per mezzo di una resistenza elettrica ad una temperatura di circa 200-400 °C e caricata con idrogeno attraverso un particolare processo[101][102].

Quando la reazione è innescata, ovvero la barretta di nichel emette più energia di quanta sia necessaria per il riscaldamento della stessa, vi può essere anche una debole e discontinua emissione di radiazione gamma che potrebbe testimoniare una possibile origine nucleare di tale fenomeno[103][104].

Secondo quanto affermato dagli autori, attualmente gli esperimenti sono indirizzati nel tentativo di portare ad un miglioramento dell'efficienza complessiva del sistema, al fine di poter realizzare un generatore di energia termica ed elettrica completamente autonomo[105].

Tentativi di replica [modifica]
1996: tentativo di replica presso il CERN [modifica]
Nel 1996 un gruppo del CERN di Ginevra diretto da Antonino Zichichi ha tentato una replica dell'esperimento di Piantelli-Focardi[106]; l'attività di studio è durata quasi un anno, ma alla fine non ha dato un risultato favorevole all'ipotesi di una spiegazione di natura nucleare del fenomeno[107][108].

1999: tentativo di replica a Pavia [modifica]
Piantelli e Focardi hanno più volte dichiarato che la cella è stata costruita e positivamente testata presso i rispettivi laboratori, sia all'Università degli Studi di Siena che all'Università di Bologna. Comunque fino ad ora non vi sono stati altri riscontri sperimentali positivi da parte di gruppi indipendenti di ricercatori. Ad esempio, un tentativo di verifica indipendente, è stato svolto verso la fine degli anni novanta, dal ricercatore Luigi Nosenzo (Università di Pavia) in collaborazione con Luigi Cattaneo (CNR), presso l'Università di Pavia[109].

I frutti di questo lavoro sono stati, nel loro complesso, negativi in quanto non hanno raggiunto l'obiettivo di riprodurre il fenomeno[110].

2001-2002: rapporto tecnico ENEA RT2002/41 (Rapporto 41) [modifica]
Nel 1999 il Premio Nobel Carlo Rubbia, allora presidente dell'ENEA, essendo a conoscenza di una serie di lavori sulla Fusione Fredda svolti nei precedenti anni presso lo stesso ente ed essendo anche a conoscenza delle varie critiche pervenute dal mondo scientifico che mettono in dubbio la realtà stessa del fenomeno[111], decise di commissionare una ricerca organica ad un gruppo di ricercatori dell'ENEA di Frascati, fra i quali Emilio Del Giudice, Antonella De Ninno e Antonio Frattolillo.

Diagramma che sintetizza la correlazione tra l'aumento di l'elio 4 (in verde) presente nella cella ed il calore da essa prodotto (in rosso)[112]Per questa ricerca furono stanziati quasi 600.000 euro e concessi 36 mesi di tempo per portare a termine il lavoro. L'esperimento è stato concepito, in modo da accertare se vi fosse una correlazione diretta tra la produzione di 4He (Elio 4) e gli eventuali eccessi di calore osservati durante il funzionamento delle celle a Fusione Fredda, e se la quantità di 4He potesse giustificare l'energia prodotta sempre da tali eccessi. Se tale correlazione fosse stata evidente, questa avrebbe dato un forte contributo alla interpretazione della origine nucleare di tali eccessi e parallelamente dare una chiave di interpretazione più chiara di tale fenomeno.

Nel aprile del 2002, dopo circa tre anni di ricerca, il gruppo di lavoro diretto da Antonella De Ninno, terminò il proprio lavoro rilasciando il Rapporto Tecnico ENEA RT2002/41/FUS[113], noto come Rapporto 41, che conferma la correlazione tra la produzione 4He e l'eccesso di calore.

Per gli autori del rapporto, come di prassi al termine di un'indagine scientifica che ha dato presumibili esiti positivi, risulta evidente l'importanza di una sua rapida pubblicazione attraverso le riviste scientifiche di settore, in modo da permettere ad altri gruppi di ricerca di confutare o confermare i risultati da essi pubblicati.

Il rapporto non è stato pubblicato sulle principali riviste di settore, come ad esempio Science[42]. Successivamente il gruppo di Antonella Del Ninno ha richiesto un ulteriore finanziamento per portare avanti il lavoro, ma da parte di ENEA non c'è stata risposta; successivamente le dimissioni di Carlo Rubbia dalla presidenza di ENEA hanno messo la parola fine all'iniziativa.

Il documentario di Rainews24 [modifica]
In riferimento a quegli avvenimenti, il 19 ottobre 2006 Rainews24 a cura del giornalista Angelo Saso, ha mandato in onda un'inchiesta sul documento ENEA chiamato Rapporto 41[112][114]. L'inchiesta inizia con la lettura della lettera che l'elettrochimico Martin Fleischmann il 10 aprile 2002 inviò a Rubbia:

Caro professor Rubbia, sono molto lieto che il programma di ricerca intrapreso da Giuliano Preparata abbia conseguito il suo scopo ... I risultati ottenuti dai ricercatori italiani sono veramente impressionanti, e non esagero.
L'inchiesta analizza in particolar modo le difficoltà incontrate dai ricercatori nell'ottenere la pubblicazione su riviste con alto livello di visibilità scientifica.[115].

2007: ENEA e SRI dichiarano una riproducibilità dal 65% al 75% [modifica]
Vittorio Violante dell'ENEA di Frascati, insieme a suoi collaboratori e ad alcuni istituti di ricerca internazionali, pubblica un lavoro dal titolo "Joint Scientific Advances in Condensed Matter Nuclear Science"[116], che riporta i risultati di un esperimento svoltosi all'interno di più laboratori tra il 2006 ed il 2007 al fine di dimostrare l'affidabilità di un particolare metodo di caricamento del palladio, studiato dallo stesso Violante. Nella pubblicazione si dichiara che questo metodo permette di avere un eccesso di produzione di calore piuttosto elevato, con una riproducibilità media del 70% (65% per gli esperimenti svolti presso l'ENEA di Frascati e 75% presso l'SRI a Menlo Park, USA.).

Il lavoro è pubblicato all'interno dell'8º International Workshop on Anomalies in Hydrogen / Deuterium Loaded Metals svoltosi a Catania dal 13 al 18 ottobre del 2007[117].

2008: INFN, annuncio di Celani [modifica]
In occasione dell'ICCF-14[118] Il ricercatore del INFN Francesco Celani comunica di aver ottenuto emissioni anomale di calore da una particolare cella in gas di deuterio con il catodo realizzato per mezzo di un sottile (50 µm) filo di palladio lungo 60 cm a sua volta ricoperto di un sottile strato 2-5 µm di nanoparticelle in palladio ed altri elementi[119].

Conferenze internazionali [modifica]
ICCF (International Conference on Cold Fusion) [modifica]
Dal 1989 ad oggi, col titolo di "ICCF" (International Conference on Cold Fusion), si sono tenute una serie di conferenze internazionali nelle quali non si è parlato soltanto di fusione fredda in senso stretto, ma anche di nuove energie. Elenco delle conferenze svolte[120]:

ICCF-1 Salt Lake City, marzo 1990
ICCF-2 Como, Villa Olmo, giugno-luglio 1991
ICCF-3 Nagoya, ottobre 1992
ICCF-4 Hawaii, dicembre 1993
ICCF-5 Monte Carlo, aprile 1995
ICCF-6 Sapporo, ottobre 1996
ICCF-7 Vancouver, aprile 1998
ICCF-8 Lerici, maggio 2000
ICCF-9 Pechino
ICCF-10 Cambridge (USA), agosto 2003
ICCF-11 Marsiglia[121], ottobre-novembre 2004
ICCF-12 Yokohama[122], novembre 2005
ICCF-13 Mosca[123], giugno 2007
ICCF-14 Washington ICCF-14 Washington, 10-15 agosto 2008[124][118].
ICCF-15 Roma, 5-9 ottobre 2009 [125].
ICCF-16 Chennai, India, 6-11 febbraio 2011[126]
Note [modifica]
^ Seata, Peter N.; Schaffer, Michael J.; Morrison, Douglas R.O.; Heeter, Robert F. "What is the current scientific thinking on cold fusion? Is there any possible validity to this phenomenon?", Scientific American (21 ottobre, 1999).
^ F. Scaramuzzi, “"Ten Years of Cold Fusion: an Eye-witness Account"”. Accountability in Research, 8, 77 (2000); una versione in italiano è stata pubblicata su Energia, Ambiente e Innovazione, 5,21 (2001)
^ Jones, Steven Earl. "Muon-catalysed fusion revisited". Nature. Nature Publishing Group, 1986.
^ a b Fleischmann, M., S. Pons, and M. Hawkins. "Electrochemically induced nuclear fusion of deuterium". J. Electroanal. Chem., 1989. 261: p. 301 and errata in Vol. 263.
^ Si definisce Caricamento il rapporto tra il numero di atomi di idrogeno diffusi all'interno di una matrice cristallina rispetto agli atomi che costituiscono tal matrice.
^ a b F. Celani, A. Spallone et al.”Evidence of anomalous tritium excess in D/Pd overloading. experiments”. LNF-02/013 (P), 2 Luglio 2002.
^ a b c d U.S. Department of Energy (1989). "A Report of the Energy Research Advisory Board to the United States Department of Energy", Washington US (25 May 2008)
^ Britannico di nascita austriaca
^ Paneth, F., and K. Peters (1926), Nature, 118, 526.
^ Kowalski, Ludwik (2004), "Jones’s manuscript on History of Cold Fusion at BYU", Montclair, NJ: csam.montclair.edu.
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^ Fleischmann, Martin e Pons, Stanley (1989), “Electrochemically induced nuclear fusion of deuterium'”, Journal of Electroanalytical Chemistry 261 (2A): 301–308.
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^ Wilson, R. H. (1992), “Analysis of experiments on the calorimetry of LiOD-D2O electrochemical cells”, Journal of Electroanalytical Chemistry 332: 1–31.
^ Shkedi, Zvi; McDonald, R.C.; Breen, J.J.; Maguire, S.J. & Veranth, J. (1995), “Calorimetry, Excess Heat, and Faraday Efficiency in Ni-H2O Electrolytic Cells.”, Fusion Technology 28 (4): 1720-1731.
^ a b Jones, J. E.; Hansen, L. D.; Jones, S. E.; Shelton, D. S. & Thorne, J. M. (1995), “Faradaic efficiencies less than 100% during electrolysis of water can account for reports of excess heat in "cold fusion" cells”, Journal of Physical Chemistry 99 (18): 6973-6979
^ Will, F. G. (1997), “Hydrogen + oxygen recombination and related heat generation in undivided electrolysis cells”, Journal of Electroanalytical Chemistry 426 (1): 177–184.
^ Storms, Edmund (2007), Science of Low Energy Nuclear Reaction: “A Comprehensive Compilation of Evidence and Explanations”, Singapore: World Scientific, ISBN 981-270-620-8.
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^ (EN) Steven Krivit, "MIT Attack on Fleischmann and Pons".
^ (EN) Robert L. Park, Voodoo Science: The Road from Foolishness to Fraud, Oxford University Press; Reprint edition (Oct 2001). ISBN 0-19-514710-3.
^ Fleischmann, Martin & Pons, Stanley, Journal of Electroanalytical Chemistry 261 (2A), 1989. pp. 301-308.
^ Dopo il 1989 i media iniziarono a presentare seri dubbi sulla realtà del fenomeno; vedi ad esempio l'articolo in data 20 ottobre 1991 uscito sul giornale La Repubblica dal titolo Signori scienziati perché ci truffate? Lo scandalo dei ricercatori che contrabbandano autentici bidoni per grandi scoperte. Si approfondì sul rapporto tra la responsabilità dello scienziato che genera informazione scientifica ed i media che la devono divulgare verso il grande pubblico. Questa responsabilità, specie per temi molto caldi come l'energia, la salute, le conseguenze della manipolazione genetica e tanto altro, non sempre viene posta davanti alla necessità dello scienziato di pubblicare quanto prima i suoi lavori al fine di poterne trarre i massimi benefici di carriera ed economici. Benefici che spesso si legano anche agli interessi economici della istituzione alla quale lo scienziato appartiene. Simili considerazioni sono state approfondite ad esempio dalla giornalista Francesca Gatti nell'articolo del 18 dicembre 2002, Il flop della fusione fredda pubblicato sulla rivista dell'ENEL Emporion. In questo articolo vengono riportate alcune considerazioni sul comportamento dei ricercatori Fleischmann, Martin & Pons, Stanley: L'aver convocato un'improvvisa conferenza stampa anziché aver diffuso ed analizzato le teorie attraverso i canali tradizionali delle riviste e dei congressi, ad esempio. A questo, si aggiungeva una certa ritrosia nel divulgare i dettagli degli esperimenti, sembra a causa di alcuni problemi legati agli sponsor e ai brevetti. E, soprattutto, venne meno una delle basi della ricerca scientifica: la riproducibilità di un fenomeno. Per essere considerato valido, un esperimento deve ripetersi – nelle stesse condizioni – con regolarità. Le sperimentazioni delle teorie di Pons e Fleischmann, al contrario, non diedero mai risultati coerenti. Nessuno dei molti laboratori che, in tutto il mondo, cercarono di mettere in pratica le teorie riuscì a raggiungere una stabilità sperimentale accettabile
^ Il rapporto di caricamento è un valore numerico dato dalla quantità di atomi di idrogeno o deuterio presenti all'interno di un certo volume rispetto gli atomi di un metallo, come ad esempio il palladio presenti nello stesso volume. Ad esempio se in un certo volume vi sono 100 atomi di palladio e 90 atomi di deuterio, il rapporto di caricamento è pari a 0,90. La determinazione analitica di questo rapporto non è una impresa facile e ciò è dimostrato da molti lavori che si concentrano solo sulla determinazione di tale parametro, ad esempio: E.Del Giudice, A.De Ninno, M.Fleischmann, A.Frattolillo, G.Mengoli. "Loading of H(D) in a Pd lattice". Proc. of 9th International Conference on Cold Fusion, ICCF9 Bejing (Cina), 19-24 maggio, 2002
^ Se il rapporto di caricamento deve essere elevato, è necessario, per il palladio, dedicare un tempo di preparazione piuttosto lungo (giorni o settimane) e non solo, ma un rapporto così alto produce anche gravi stress nella struttura del metallo e, in generale, lo danneggia al punto da far ricadere ben presto la concentrazione di deuterio al di sotto di quel livello. Finché non verrà trovata una tecnologia efficace per mantenere il rapporto di caricamento a livelli utili, i successi resteranno dunque del tutto sporadici.
^ Dalla biografia inserita nella rivista cerncourier.com e scritta dai due colleghi, Peter Schmid e Gottfried Kellner, viene descritto il suo atteggiamento verso il fenomeno della Fusione Fredda: L'analisi della affermazioni fatte da alcuni suoi colleghi della comunità scientifica che avevano asserito di aver scoperto l'evidenza della fusione fredda, occupò le facoltà di critica di Morrison nel corso di molti anni. Anche se lui fu inizialmente assai entusiasmato da questo fenomeno, trovò poi rapidamente molti punti deboli e contraddizioni negli argomenti dei suoi colleghi e quindi divenne pronto ad esprimere la propria opinione, dedicandosi all'opposizione di tali affermazioni. Un altro paragrafo della sua biografia fa riferimento al fatto che Morrison fu citato come testimone della difesa per un processo di diffamazione a causa di un articolo scritto sul quotidiano La Repubblica: I suoi forti sentimenti sulla questione, portarono Morrison a testimoniare in un caso giudiziario che era stato avviato da parte di un gruppo di fisici contro il giornale italiano La Repubblica. Prendendo la Fusione fredda come esempio chiave, Morrison sviluppò poi una sua formulazione di "scienza patologica" tramite una serie di articoli e presentazioni.
^ Douglas R.O. Morrison. "Review of cold fusion". Sov. Phys. Usp. 34 1055-1060 (1991). Abstract dell'articolo: I Risultati sperimentali sulla Fusione Fredda sono stati passati in rassegna. La maggior parte degli esperimenti non rilevano nessun effetto ed i limiti superiori sono apprezzabilmente più bassi degli effetti positivi annunciati in alcuni esperimenti. È possibile concludere che: (a) Non vi è produzione di calore di eccesso e (b) è evidente che il bilancio finale è fortemente contro la presenza di prodotti di fusione. È stata osservata una curiosa regionalizzazione dei risultati, in alcune parti del mondo sono stati trovati solo risultati negativi, e solo risultati positivi in altre parti. Inoltre il rapporto dei risultati positivi rispetto i negativi varia con il tempo. Studi precedenti sul palladio indicano che la fusione non dovrebbe accadere nel metallo. La Fusione fredda si spiega meglio come un esempio di Scienza Patologica
^ M. Gai, S. L. Rugari, R. H. France, B. J. Lund, Z. Zhao, A. J. Davenport, H. S. Isaacs and K. G. Lynn, "Upper limits on neutron and γ-ray emission from cold fusion", Nature (6 July 1989), 340, 29.
^ D. E. Williams, D. J. S. Findlay, D. H. Craston, M. R. Sené, M. Bailey, S. Croft, B. W. Hooton, C. P. Jones, A. R. J. Kucernak, J. A. Mason and R. I. Taylor, "Upper bounds on 'cold fusion' in electrolytic cells", Nature (23 November 1989), 342, 375.
^ (EN) "Cold Fusion Research", A Report of the Energy Research Advisory Board to the United States Department of Energy, November 1989.
^ M. Fleischmann, S. Pons, M. W. Anderson, Lian-Jun Li, and M. Hawkins, "Calorimetry of the palladium-deuterium-heavy water system", Journal of Electroanalytical Chemistry and Interfacial Electrochemistry (25 July 1990), 287, 293.
^ Steven Krivit, "Controversial M.I.T. Cold Fusion Graphs"
^ Eugene Mallove. Fire From Ice. Infinite Energy Press, 1999. ISBN 1-892925-02-8. Il libro sostiene che il gruppo di lavoro composto da Stanley Pons e Martin Fleischmann presso l'università dello Utah abbia realmente prodotto una quantità di energia superiore all'unità con un esperimento replicato in diverse occasioni, ma che i risultati siano stati soppressi attraverso l'organizzazione di una campagna di ridicolizzazione da gruppi di potere accademici, compresi quelli che studiano la fusione termonucleare controllata, al fine di cercare di proteggere le loro attività di ricerca e di finanziamento.
^ E. Mallove, "MIT and cold fusion: a special report", 1999.
^ "The pressure for conformity is enormous. I have experienced it in editors' rejection of submitted papers, based on venomous criticism of anonymous referees. The replacement of impartial reviewing by censorship will be the death of science." Schwinger, J.,"Cold fusion: Does it have a future?", Evol. Trends Phys. Sci., Proc. Yoshio Nishina Centen. Symp., Tokyo 1990, 1991. 57: p. 171.
^ Antonella del Ninno, Antonio Frattolillo, Antonietta Rizzo
Rapporto Tecnico ENEA RT2002/41/FUS
ENEA - Unità Tecnico Scientifica Fusione;Centro Ricerche Frascati, Roma, 2002
^ Roberto Germano, "Fusione fredda. Moderna storia d'inquisizione e d'alchimia", Bibliopolis, 2003. ISBN 88-7088-436-8.
^ Camillo Franchini. "Che fine ha fatto la fusione fredda ?". Scienza & paranormale (Rivista del CICAP), marzo-Aprile 2008, pp. 26-42. L'articolo, a pag. 41, si conclude con questi paragrafi: "..Insomma la strana vicenda della fusione fredda ha dimostrato che l'esistenza di un fenomeno non è un impedimento per continuare la ricerca. Finché saranno disponibili fondi, la ricerca continuerà. I finanziamenti saranno sempre trovati, perché i ricercatori sono poco incentivati a presentare risultati risultati scarsi o negativi, per non perdere i finanziamenti. La chiusura della ricerca sulla fusione nell'Università dello Utah non è servita per accelerare il declino asintotico della fusione fredda. La ricerca è semplicemente continuata da altre parti."
^ Seminario L’energia “fredda” e le fonti rinnovabili - In ricordo di Giuliano Preparata, 24 ottobre 2000, Roma.
^ a b Lettera di risposta della rivista Science che giustifica il rifiuto di pubblicazione del Rapporto 41 a suo tempo richiesta dal gruppo di Antonella Del Ninno. La lettera inizia con la frase "Poiché il suo manoscritto non ha ricevuto un alto punteggio di priorità durante il processo iniziale di valutazione, non possiamo rinviarlo per una analisi approfondita (in-depth review)".
^ A. De Ninno, A. Frattolillo, G. Lollobattista, L. Martinis, M. Martone, L. Mori, S. Podda, F. Scaramuzzi. "Emissione di neutroni da un sistema Deuterio-Titanio". Nota presentata nella seduta del 22 aprile 1989 del socio U. Colombo, Atti Acc. Lincei Rend. fis., (8) LXXXIII (1989), 221 (1990)
A. De Ninno, A. Frattolillo, F. Scaramuzzi, da "Understanding Cold Fusion Phenomena". "Neutron emission from a Titanium-Deuterium System" ed. by R. A. Ricci, F. De Marco, E. Sindoni, Conference Proc. (Varenna, 15-16 Sept. 1989) Italian Phys. Soc., 41 (1990)
A. De Ninno, A. Frattolillo, F. Lanza, S. Migliori, C. Pontorieri, S. Scaglione, F. Scaramuzzi, P. Zeppa. "The production of Neutron and Tritium in the Deuterium gas-Titanium interaction" da "The Science of Cold Fusion ", Proc. of II Int. Conf. on Cold Fusion, Como, June 29-July 4, 1991, ed. T. Bressani, E. Del Giudice, G. Preparata, Società Italiana di Fisica, 445 (1991)
^ Caricamento maggiore o uguale al 100%
^ [Fritz G. Will, Krystyna Cedzynska, Denton C. Linton, Tritium generation in palladium cathodes with hight deuterium loading. The Fourth International Conference on Cold Fusion (ICCF-4), Lahaina, Maui, 6-9 dicembre 1993. La pubblicazione riporta alcuni esperimenti di caricamento di deuterio su celle elettrolitiche composte da un filo di palladio immerso in una soluzione di 1N D2SO4 (Soluzione 1 Normale di Acido solforico per il quale al posto dell'atomo di idrogeno vi è del deuterio) rispetto ad un gruppo di controllo costituito dalle stesse celle con acido solforico comune 1N H2SO4. Nel primo caso si ha una chiara emissione di trizio mentre per il gruppo di controllo non ne viene rilevata nessuna emissione. Da notare poi che per la prima cella, l'emissione di trizio è possibile solo per valori di caricamento, del deuterio rispetto al palladio, uguali o maggiori all'unità.. Va anche notato che l'autore dell'articolo, si dichiari comunque contrario all'ipotesi che nella cella possa avvenire una fusione nucleare, in quanto non è riuscito a rilevare un flusso neutronico generato da quella che definisce: la reazione sconosciuta, ossia quella reazione che produrrebbe il trizio.
^ Ricercatori presso la Hokkaido University, Sapporo (Giappone).
^ E. Mallove. "Ohmori Mizuno experiment replicated". New Energy News (NEN), luglio1998, vol. 6, No. 3, pp. 1-2.
T. Ohmori and T. Mizuno. "Excess Energy Evolution and Transmutation...". Infinite Energy Magazine, giugno-Luglio 1998, No. 20, pp. 14-17.
^ Ohmori, T. and T. Mizuno. "Strong Excess Energy Evolution, New Element Production, and Electromagnetic Wave and/or Neutron Emission in the Light Water Electrolysis with a Tungsten Cathode". The Seventh International Conference on Cold Fusion (ICCF-7). Vancouver (Canada), 1998.
^ a b c Scott R. Little, H. E. Puthoff Ph.D, Marissa Little. "The Incandescent W Experiment". ErthTech International Inc. (ETI), August 1998. Nella prima serie di prove, nonostante l'esecuzione di ben 10 esperimenti, con gli elettrodi di tungsteno puro forniti direttamente dai ricercatori giapponesi Ohmori e Mizuno, non fu riscontrato nessun eccesso di produzione di calore. Successivamente i ricercatori ricontattarono Mizuno al fine di poter avere maggiori informazioni sul processo e proprio grazie a tali informazioni i ricercatori si accorsero di un errore da essi commesso legato al fatto che avevano mal interpretato la configurazione sperimentale pubblicata dai due ricercatori giapponesi, invertendo quindi la polarità delle celle. Corressero immediatamente il problema e svolsero quindi una nuova tornata sperimentale, questo lavoro andò avanti fino al gennaio del 2000, ma nonostante tutti i loro sforzi dovettero con loro grande costernazione riscontrare che nessun chiaro eccesso di calore era stato da loro riscontrato. Perciò interruppero gli esperimenti ed asserirono, con ragionevole certezza, che l'elettrolisi al plasma, nelle condizioni proposte da Ohmori e Mizuno non era capace di produrre un misurabile eccesso di calore e che quindi i due ricercatori giapponesi avevano commesso errori nella misura della effettiva energia elettrica impiegata dalla cella durante la reazione.
^ Mizuno, T., T. Akimoto, and T. Ohmori. "Confirmation of anomalous hydrogen generation by plasma electrolysis". 4th Meeting of Japan CF Research Society. 2003. Iwate, Japan: Iwate University.
^ La variante più comune, dell'esperimento di Ohmori e Mizuno, è quella di modificare la composizione della soluzione elettrolitica con altri composti
^ J.F. Fauvarque, P.P. Clauzon, G.J-M. Lalleve (CNAM di Parigi). "Abnormal excess heat observed during MIZUNO-type experiments". Documento presentato al ICCF12 Conference (Yokohama, Giappone), novembre 2005.
P. Clauzon- J.F. Fauvarque- G. Lallevé (CNAM Electrochimie Industrielle) e G. Le Buzit (CNAM, Laboratoire de Sciences Nucléaires). "A boiling - water calorimeter for the study of the abnormal excess heat observed during MIZUNO-like experiments". 13th International Conference on Condensed Matter Nuclear Science (ICCF-13) at Dagomys, Sochi (Russia), 25 giugno - 1 luglio, 2007.
^ T Ohmori, T Mizuno. "Strong Excess Energy Evolution, New Element Production, and Electromagnetic Wave and/or Neutron...". The Seventh International Conference on Cold Fusion, 1998
^ D. Cirillo, A.Dattilo, V. Iorio, "Trasmutation of metal to low energy in confined plasma in the water", aprile 2004
^ U.S. Navy, Technical Report 1862. "Thermal and Nuclear Aspects of the Pd-D2O System". S. Szpak, P.A. Mosier-Boss (editor), SSC San Diego CA (USA), Febbraio 2002.
^ Nella relazione si pone l'accento sul fatto che molti critici hanno affermato che l'elio 4 possa essere entrato attraverso le pareti di vetro della cella, il relatore afferma che ciò non è possibile in quanto l'esperimento è stato fatto in parallelo ad un'altra cella del tutto uguale alla prima e posta nelle medesime condizioni fisiche, ma nella quale non avvenivano reazioni di fusione fredda. In questa seconda cella non è stata mai rilevata la presenza di elio 4.
^ Nella relazione viene ipotizzato che questi inaspettati successi, sono stati spiegati, con l'ipotesi che il boro ritardi la possibilità del deuterio di uscire dal palladio durante la reazione.
^ Dalla Intervista del ricercatore ENEA Vittorio Violante, paragrafo A che punto siete quindi? del documento ENEA "Che fine ha fatto la fusione fredda": ...A cambiare le carte in tavola è stato l'evento scientifico dell'agosto 2003, la Conferenza internazionale sulla fusione fredda tenutasi a Boston. Io e altri ricercatori di istituti stranieri, tra questi alcuni che avevano utilizzato i materiali messi a punto dall'ENEA, presentammo i risultati positivi, che convinsero alcuni accademici americani a sottoporre nuovamente la questione al DoE...
^ Peter L. Hagelstein, Michael C. H. McKubre, David J. Nagel, Talbot A. Chubb, Randall J. Hekman. "New Physical Effects in Metal Deuterides". Department of Energy (DoE), 2004. Documento che riporta lo stato dell'arte sugli studi della fusione fredda, al 2003, redatto tra alcuni dei più qualificati ricercatori, selezionati dal DoE in funzione di ottenere una chiara valutazione scientifica del fenomeno.
^ a b U.S. Department of Energy (2004) (PDF), "Report of the Review of Low Energy Nuclear Reactions". Washington, DC: U.S. Department of Energy, retrieved on 19 July 2008. Il protocollo prevedeva di far commentare, nel tempo di un mese, da parte di 9 ricercatori selezionati dal DoE la documentazione raccolta; il 23 agosto 2004 altri 9 ricercatori avrebbero letto la documentazione anonimamente inviata dagli altri 9 esaminatori e quindi ascoltato 6 presentazioni di un'ora fatte da altrettanti gruppi di ricercatori, in modo da ottenere 18 commenti che avrebbero permesso di redigerne il rapporto definitivo.
^ Il DoE non ha mai ufficialmente rilasciato i 18 commenti sui lavori presentati.
^ a b U.S. Department of Energy (2004) (PDF), "Report of the Review of Low Energy Nuclear Reactions,". Washington, DC: U.S. Department of Energy, retrieved on 19 July 2008.
Questo rapporto del U.S. Department of Energy (DOE) ha sollevato ampie critiche da parte della comunità dei ricercatori che operano nel settore delle reazioni LENR, critiche ampiamente riportate nel documento The U.S. Department of Energy 1989 Cold Fusion and 2004 LENR Reviews scritto nella rivista internet di settore www.newenergytimes.com
^ Vittorio Violante, ricercatore europeo che ha partecipato alla presentazione verbale con i membri della commissione del DoE, nella intervista: "Che fine ha fatto la Fusione Fredda" alla domanda: Insomma un ripensamento, nel quale il DOE ha ammesso lo sbaglio del passato?, così interpreta le conclusioni della commissione:
..Non proprio, piuttosto l'approvazione di un processo di revisione. Ossia la presa d'atto che la situazione è oggi diversa da quella iniziale del 1989, e che il lavoro fatto nei quindici anni successivi dai vari laboratori di ricerca, come quello dell'ENEA, ha cambiato i termini della questione.
^ Energy Efficiency and Renewable Energy
Sezione del DoE specializzata allo studio di metodi per il risparmio energetico ed alla promozione di energia rinnovabili.
^ EERE Network News. "DOE Report on "Cold Fusion" Studies Recommends More Research". 8 dicembre 2004. Vittorio Violante. "Che fine ha fatto la Fusione Fredda". Ufficio Stampa ENEA, ENEA Frascati (Roma). Vittorio Violante, come del resto altri ricercatori che studiano i fenomeni legati alla fusione fredda, hanno sempre lamentato l'interpretazione completamente negativa che molti media hanno riportato sulla valutazione fatta dal DoE nel 2004. In realtà, fanno notare, la maggioranza dei recensori ha solo ammesso di non avere in mano prove certe sulla esistenza di tali fenomeni e che quindi vi è la necessità di avviare nuove e più approfondite attività di ricerca, sulla base delle quali poi procedere ad un nuovo ciclo di analisi.
^ Arata, Yoshiaki, Zhang Yue-Chang. "Anomalous difference between reaction energies generated within D20-cell and H20 Cell", Japanese Journal of Applied Physics 37 (11A): L1274-L1276. 1998.
L'esperimento è stato realizzato con una coppia di particolari celle ad altissima pressione, dette DS Cell (“Double-Structures Cathode”), alimentate in serie, di cui una cella era posta in una soluzione di deuterio, l'altra in una soluzione a base di acqua. Le misure sono state fatte come confronto tra le emissioni di calore delle due celle, considerando la cella posta nella soluzione a base di acqua, la cella di riferimento, ovvero quella con assenza di fenomeni di fusione fredda (Comunque vi è da notare che Arata, nella pubblicazione "Critical condition to induce "excess-energy" within DS-H20 cell" del 12 aprile 1999, evidenzia che in condizioni critiche, anche nella cella posta nella soluzione a base di acqua, possono avvenire dei fenomeni di fusione fredda di una certa intensità). Il metodo per confronto utilizzato da Arata, dovrebbe permettere di semplificare la dimostrazione di un eventuale fenomeno di riscaldamento anomalo per semplice confronto, senza dover introdurre complicati calcoli termodinamici.
^ La cella di Arata (DS Cell) era stata concepita tra il 1954 ed il 1955 per ottenere deuterio o idrogeno ad altissima pressione, utilizzabile per gli esperimenti di fusione calda, intrapresi in quegli anni dal Giappone. La cella, tramite lo sfruttamento di microcavità e difetti reticolari normalmente presenti negli elettrodi di palladio, per mezzo di particolari fenomeni elettro-fisici può portare il deuterio inglobato a raggiungere pressioni enormi, tali da favorire le migliori condizioni per l'innesco di reazioni di fusione fredda
^ Francesco Celani, A. Spallone, P. Marini, V. Di Stefano, M. Nakamura. "Electrochemical compression of hydrogen inside a Pd-Ag thin wall tube, by alcohol-water electrolyte". LNF 06/20 (P), 17 luglio 2006.
^ Yoshiaki Arata, M.J.A. Yue-Chang Zhang. "Development of Compact Nuclear Fusion Reactor Using Solid Pycnodeuterium as Nuclear Fuel". 10° International Conference on Cold Fusion (ICCF-10), Cambridge (USA), agosto 2003.
^ Yoshiaki Arata, M.J.A. Yue-Chang Zhang. "Development of "DS-Reactor" as a practical reactor of "Cold Fusion" based on the "DS-cell" with "DS-Cathode". 12° International Conference on Cold Fusion (ICCF-12), Yokohama, Giappone, 27 novembre - 2 dicembre 2005
^ Ludovica Manusardi Carlesi, Fusione fredda alla riscossa, Sole 24 Ore On Line, 15 maggio 2008.
Giuseppe Caravita, Fusione fredda: è vicina la soluzione del mistero?, Sole 24 Ore On Line, 15 maggio 2008.
^ Il protocollo utilizzato da Yoshiaki Arata è stato brevettato il 10 ottobre 2003, con un brevetto europeo EP1551032 dal titolo Hydrogen Condensate and Method of Generating Heat Therewith.
^ Il gruppo di Francesco Celani, dei Laboratori Nazionali di Frascati (LNF), sulla traccia degli esperimenti di Arata, ha realizzato nel 2006-2007, un protocollo più semplice per la fabbricazione di tali nano-particelle, utilizzando una tecnologia simile a quella necessaria per la fabbricazione delle marmitte catalitiche, questa tecnologia si basa su del materiale nano-poroso (gamma-allumina) che viene riempito con sali solubili di Palladio. Tutto il dispositivo viene poi sottoposto ad vari cicli ad alta temperatura (500-600 °C) di calcinazione e riduzione del composito.
^ Francesco Celani. "Esperimento DIAFF". Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Frascati (Roma), 2006.
^ La copertura giornalistica dell'evento è stata prevalentemente Giapponese, questo ha impedito, in un primo momento, di ottenere notizie precise sui giornali occidentali. Comunque Steven B. Krivit di New Energy Times era uno dei pochi occidentali presenti all'avvenimento lo ha descritto in un articolo uscito il giorno successivo ed ha inserito anche un elenco di tutti gli articoli che hanno parlato dell'evento, tra i quali quello di uno dei principali giornali economici giapponesi, Nikkan Kogyo Shimbun.
^ Steven B. Krivit. "Arata-Zhang LENR Demonstration", New Energy Times, 2008. L'articolo riporta la testimonianza diretta dell'autore che era presente alla conferenza di Arata del 22 maggio 2008.
^ Ludovica Manusardi Carlesi. "Nucleare, la fusione fredda funziona", Sole 24 Ore On Line, 22 maggio 2008.
Giuseppe Caravita. "La rivincita del Samurai", Sole 24 Ore On Line, 22 maggio 2008.
^ Necessario per dimostrare la presenza di 4He (Elio 4), come eventuale residuo della reazione di fusione
^ Il deuterio, essendo un isotopo dell'idrogeno, si comporta chimicamente allo stesso modo
^ Secondo Arata l'avvelenamento della sua reazione avviene in quanto la reazione di origine termonucleare che trasforma il deuterio in elio si svolge all'interno delle nano particelle utilizzate, l'elio prodotto, dopo un certo tempo, tende a diffondersi all'interno del reticolo metallico di palladio occupando in questo modo le aree in cui prima era presente il deuterio, abbassando in questo modo il rapporto tra atomi di deuterio ed atomi di palladio (caricamento) e quindi riducendo in modo progressivamente crescente la capacità del sistema nel produrre ulteriori reazioni di fusione.
^ Camillo Franchini. "La fusione fredda di Arata". Scienza & Paranormale N. 80 (14 Ottobre 2008).
^ Un megabar è equivalente a circa un milione di atmosfere.
^ Steven B. Krivit e Nadine Winocur, Psy.D. . Prefazione Alla Versione Italiana, in (Trad. italiana a cura di Antonella De Ninno, Antonio Frattolillo, Antonietta Rizzo) "Rapporto Sulla Fusione Fredda". Los Angeles (USA), New Energy Times, 2004. p. 4. Continuando la lettura del capitolo, ad un certo punto, viene spiegato il proseguo della vicenda. La testimonianza riassume alcuni aspetti del dibattito che si aprì successivamente all'annuncio ed alle prime difficoltà nella replicazione dei risultati, difficoltà che portarono ad una accesa divisione tra gli scienziati, generando due distinti gruppi:
Il primo gruppo che affermava la realtà del fenomeno, anche se era costretto ad ammettere che sussisteva una evidente difficoltà di replica e quindi della oggettiva impossibilità di ottenere, in tempi brevi, una dimostrazione scientificamente valida.
Il secondo gruppo, invece, ne negava l'assoluta esistenza e che quindi qualsiasi studio su di esso non meritava un approfondito scientifico.
Poche volte nella scienza si sono avuti due partiti così nettamente divisi su questioni scientifiche tanto fondamentali, ma ciò fu quello che capitò in quei particolari momenti del 1989:
... Il seguito della vicenda italiana, ricalca fedelmente quello che successe negli Stati Uniti, dopo alcuni mesi di ispezioni al laboratorio dell'ENEA da parte di organismi scientifici internazionali e di società private come la British Petroleum, venne decretato che si era in realtà trattato di una “bufala” e che era meglio non parlarne più. Anche l'ENEA fece marcia indietro, al Prof. Scaramuzzi venne sì concessa la dirigenza, ma al suo gruppo non vennero assegnati che pochi fondi per l'anno in corso e più nulla nei successivi. Molti ricercatori che avevano tentato di salire sul carro dei trionfatori, si affrettarono a scenderne vista la “mala parata” e ritrattarono i loro risultati, unendosi immediatamente dopo al coro dei detrattori.
Questo rapido cambiamento di fronte si realizzò in soli 6 mesi. Già nell'autunno del 1989 era fortemente sconsigliato in ENEA e nel resto della comunità scientifica dire di avere qualcosa a che fare con la fusione fredda.
Da questo momento in poi le notizie che sono filtrate sulla fusione fredda sono state molto scarse e questo ha contribuito al nascere di una leggenda: molti si chiedono se si è trattato davvero di una bufala o se è all'opera una congiura per tenere nascosta una ricerca scomoda.
La gente, si sa, ama le leggende e la scarsità di informazioni ha paradossalmente aiutato la fusione fredda a rimanere viva nell'immaginario collettivo.
Pochi sanno, ad esempio, che già nella primavera del 1989, tre fisici italiani: Giuliano Preparata, Emilio Del Giudice e Tullio Bressani, pubblicarono un articolo sulla rivista Il Nuovo Cimento in cui venivano gettate le basi per una teoria predittiva della fusione fredda.
^ T. Bressani, E. Del Giudice, G. Preparata. "First steps Toward Understanding Cold Fusion". Il Nuovo Cimento, 101A, pp. 845-849, 1989
^ La relazione che c'è tra il "caricamento" e la probabilità che si registrino effetti riconducibili alla fusione fredda, è comunemente nota come "Effetto Preparata" o più formalmente come effetto "Cöhn-Aharonov"
^ Steven B. Krivit e Nadine Winocur, Psy.D. . Prefazione Alla Versione Italiana, in (Trad. italiana a cura di Antonella De Ninno, Antonio Frattolillo, Antonietta Rizzo) Rapporto Sulla Fusione Fredda. Los Angeles (USA), New Energy Times, 2004. p. 5
Perché il fenomeno avvenisse e la completa deformazione del noto schema dei canali di decadimento della reazione nucleare studiata, una reazione di fusione d+d, che non prevedeva più la massiccia produzione di neutroni e particelle cariche, ma doveva avere un forte sbilanciamento verso la produzione dell'4He (elio-4).
Il capitolo poi prosegue affermando che la conoscenza di una efficace teoria, alla base del fenomeno, impediva, da parte degli sperimentatori, di riprodurre in modo corretto gli esperimenti di Fleischmann e Pons:
Queste previsioni erano disponibili per la comunità scientifica già nel maggio del 1989. Tutte le relazioni tecniche che confutavano la realtà dell'effetto Fleischmann e Pons, pubblicate entro l'autunno dello stesso anno non contengono nessuna indicazione sul caricamento raggiunto ed utilizzano la circostanza della totale mancanza di neutroni e particelle cariche come prova della fraudolenza delle affermazioni di Fleischmann, Pons e di tutta la banda di coloro che, da allora vengono chiamati i “believers” i credenti.
Le previsioni della teoria di Preparata, Del Giudice e Bressani furono confermate, nel giro di alcuni mesi, dai laboratori in cui si erano “rintanati” coloro che continuavano a credere più alle loro osservazioni che ai sacri testi del moderno aristotelismo.
^ I detrattori delle teorie di Preparata fanno però notare che tutta la sua teoria si fonda su equazioni con un numero elevatissimo di variabili, equazioni quindi assolutamente difficili, se non impossibili, da risolvere. Mentre la semplificazioni introdotte da Preparata, per risolvere tali equazioni, sono spesso aleatorie e praticamente impossibili dimostrare.
^ Giovanni Maria Pace. «Signori scienziati, perché ci truffate?». la Repubblica, 21-10-1991. URL consultato in data 2/1/2009.
^ S.Casillo F. Di Trocchio. Falsi scoop e scienza spettacolo nei quotidiani, in Falsi Giornalistici, Alfredo Guidi Editore, 1997. pp 153-154. ISBN 88-7188-142-7
Il giudizio espresso dal tribunale di Roma aggiunge poi:
lo stesso comportamento tenuto da Fleischmann Martin e Pons Stanley, che in più occasioni fornirono dati tra loro contrastanti, l'omessa citazione del contributo fornito dal professore Jones a quegli stessi studi; le dichiarazioni rilasciate agli organi di informazione sulle prospettive e gli sviluppi della ricerca, assolutamente privi di qualsiasi riscontro nella realtà, suscitano non poche perplessità circa la correttezza dei due scienziati. Si deve quindi ritenere che le espressioni di severa critica usate negli articoli da Giovanni Maria Pace nei confronti dei fautori della Fusione Fredda sono giustificate dall'esistenza di una rilevante contestazione da parte della stessa comunità scientifica non soltanto nei riguardi dell'impostazione teorica della ricerca, ma anche per il modo in cui sono stati condotti gli esperimenti, sono stati divulgati dati relativi, sono state trattate le conclusioni sui futuri sviluppi della ricerca...
^ Sentenza n. 3864/01 del 23 ottobre 2001 da parte della Corte d'Appello di Roma Prima sezione Civile.in quanto aveva accertato l'illecito commesso dall'autore dell'articolo (in relazione all'art. 595 c.p.).
^ Sul risarcimento la sentenza così dispose:
Condanna la Società Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.a., Eugenio Scalfari e Giovanni Maria Pace, in solido tra loro, al risarcimento del danno nei confronti dei detti appellanti, che liquida il L. 100.000.000 in favore di ciascuno di essi, nonché al rimborso delle spese etc..
^ Il perito del tribunale di Roma, Professor Giovanni Lichieri, ordinario di chimica fisica Università di Stato, è autore della Consulenza Tecnica d'ufficio (Sentenza 3864/01 della Corte d'Appello di Roma, 2001, pp. 5.): ..tra l'aprile 1989 e il settembre 1992 sono stati dedicati, sulle riviste scientifiche, 743 articoli, dei quali 332 a carattere sperimentale, di questi 115 si sono espressi favorevolmente, 147 in modo negativo, 70 non hanno descritto risultati decisivi in un senso o nell'altro; dei 183 articoli a contenuto teorico, 76 hanno espresso opinioni favorevoli, 32 contrari, 75 non hanno preso posizione; dei 104 lavori di rassegna e discussione, 20 hanno dato giudizio positivo, 35 negativi, 49 hanno concluso nel dubbio.. Di fatto il tribunale, con il riesame degli atti, ha rivalutato la consulenza tecnica di ufficio redatta dal Professor Giovanni Lichieri e depositata il 3 marzo 1994. Sullo stato di avanzamento delle ricerche nel settore della fusione fredda tra il 1989 al 1992, negando che ..vi fossero elementi sufficienti per riconoscere il fallimento della ricerca.. negava pure che nelle successive precisazioni-correzioni fornite da M. Fleischmann, S. Pons, ..vi fossero manipolazioni, da cui inferire un loro tentativo di sottile inganno verso la comunità degli scienziati e verso la società.
^ Roberto Germano. "Aqua. L'acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure", Bibliopolis, 2007. ISBN 978-88-7088-517-0
Nel libro è riportata delle testimonianze e la valutazione della sentenza che conclude con questa frase:
..l'articolo è stato giudicato diffamatorio, Fleischmann e Pons hanno ricevuto un risarcimento che ha coperto anche le nostre spese legali. La Corte, però, ecco perché è una sentenza di compromesso, non ha obbligato il giornale a pubblicare il testo della sentenza..
^ Focardi, F. Piantelli. "Produzione di energia e reazioni nucleari in sistemi Ni-H a 400 C". Università di Bologna, Conferenza nazionale sulla politica energetica in Italia, Bologna (18-19 aprile 2005).
^ Gangliosidi) posti in atmosfera d'idrogeno e su di un supporto di nichel
^ Foresta Martin Franco. "La fusione fredda alla senese accende di nuovo la speranza". Corriere della Sera (19 febbraio 1994)
^ Piantelli ha sempre fatto notare che il merito di tale scoperta, è dovuto principalmente alla fortunata coincidenza di aver svolto il suo lavoro di ricerca biofisica sui gangliosidi, proprio durante il periodo di grande dibattito mediatico successivo all'annuncio di Fleischmann e Pons, periodo nel quale il termine fusione fredda diventa di uso comune e giustifica un più attento studio dei fenomeni anomali di emissione di calore, come quelli da lui riscontrati.
^ I due principali ricercatori, S. Focardi (Università di Bologna) e F. Piantelli (Università degli Studi di Siena), hanno sempre rifiutato di etichettare il loro processo con il termine Fusione Fredda, in quanto ritengono che, nel processo da loro studiato, avvengano reazioni di tipo nucleare sconosciute, le quali potrebbero non avere elementi in comune con quelle che si presume essere presenti all'interno delle celle elettrolitiche deuterio-palladio ideate da Fleischmann e Pons.
^ Foresta Martin Franco. "Siena scopre l'energia pulita Fusione fredda all'italiana?",Corriere Della Sera, Milano, 19 febbraio 1994.
Sottotitolo: Francesco Piantelli, Roberto Habel e Sergio Focardi: "Il nostro esperimento è perfettamente controllabile"
L'articolo inizia con questa frase:
Si riaccende il sogno dell'energia pulita, illimitata e a buon prezzo. Da un cilindretto d'acciaio lungo appena 10 centimetri e largo 5 scaturiscono tanta energia e calore da tenere accesa per giorni e giorni una lampadina da 50 watt: a prezzi irrisori e con rendimenti che nessun'altra pila conosciuta è in grado di assicurare. È una nuova, grande illusione o la lampada di Aladino del 2000?..
Già da come inizia l'articolo vi sono diverse inesattezze, ad esempio i ricercatori dichiarano circa 50W di energia emessa, ma i watt sono termici, non elettrici e perciò non utilizzabili per accendere una lampadina se non con una bassissima efficienza, potenza del tutto insufficiente per auto sostenere la reazione di fusione.
L'articolo continua:
..E se il rettore Luigi Berlinguer decide di convocare una conferenza oggi alle 12, chiamando a raccolta giornalisti da tutta Italia, deve avere un asso nella manica. Sprizzano gioia ma hanno la bocca cucita, o quasi, i tre ricercatori padri del nuovo marchingegno: sono Francesco Piantelli, Roberto Habel e Sergio Focardi..
Vi sono anche alcune descrizioni sul fenomeno:
..Dentro al cilindretto d'acciaio ci sono un gas, l'idrogeno, e una barretta di metallo, il nichel. Ad una temperatura di circa 180 gradi il nichel si carica di idrogeno e all'interno del metallo succede un fenomeno di cui parleremo meglio in conferenza stampa. Per ora posso dirle solo che ha luogo una reazione che sviluppa un'energia almeno 1.000 volte superiore a quella di una reazione chimica. Una sola piccola cella produce una potenza di 50 watt..
L'articolo chiude con questa frase del rettore del'Università di Siena Luigi Berlinguer:
..E lo stesso Berlinguer, pur raccomandando il massimo della prudenza, commenta soddisfatto: "La ricerca, anche se sostenuta da mezzi poveri, può produrre grandi risultati"..
^ S. Focardi, F. Piantelli, S. Veronesi. "Processi di caricamento del Nichel, di ferromagnetici ed altri metalli". IV Convegno sullo stato della fusione fredda in Italia, 24-25 marzo Certosa di Pontignano - Siena (1995)
^ Per eseguire il processo è necessario utilizzare una barretta di nichel che abbia prima subito un particolare processo di trattamento superficiale, successivamente è possibile inserire la barretta all'interno della camera di prova e da li procedere ad un processo di caricamento. Prima dell'esecuzione di tale processo è necessario provvedere a una degassatura della barretta di nichel mantenendola, per un certo periodo di tempo, in un vuoto molto spinto ed ad una temperatura che sia comunque inferiore alla temperatura di Debye del materiale, circa 167 °C. Dopo un tempo di parecchie ore, il materiale dovrebbe essere sufficientemente degassato e quindi può essere immessa nella camera un quantità di idrogeno tale da produrre una pressione di 100-1000 millesimi di Bar. L'avvenuto ingresso di idrogeno, all'interno del nichel, viene evidenziato dalla diminuzione della pressione dell'idrogeno causata dal suo assorbimento all'interno del nichel. Parallelamente, la barretta di nichel, viene mantenuta ad una temperatura che va dai 150 °C fino a 450 °C. Quando il nichel risulta ben caricato, si può procedere a delle rapide variazioni di pressione, che, in certi casi, possono portare allo spontaneo innesco di un intenso fenomeno di produzione di calore, che sembra avere molti punti in comune con una reazione di natura nucleare.
^ Il protocollo viene descritto in varie pubblicazioni, principalmente scritte da S. Focardi e F. Piantelli, come ad esempio:
S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, S. Veronesi. "Large excess heat production in Ni-H systems". Il Nuovo Cimento Vol. 111 A, N.11 pp. 1233, novembre 1998
^ A dimostrazione della probabile natura atomica del fenomeno, gli autori hanno redatto vari studi sulla analisi di una eventuale emissione neutronica proveniente, dalla cella:
Battaglia, L. Daddi, S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, P.G. Sona, S. Veronesi. "Neutron emission in Ni-H Systems". Nuovo Cimento 112A, pp. 921, 1999.
E. Campari, S. Focardi, V. Gabbani, V. Montalbano, F. Piantelli, E. Sali, S. Veronesi. "Some properties of Ni-H system, ICCF8, 8th International Conference on Cold Fusion". Lerici (La Spezia) 21 - 26 maggio 2000. Conference Proceedings in press.
^ Gli autori hanno anche osservato che l'idrogeno presente nella cella, con il tempo, si carica di elio-3 (3He), mentre l'analisi microscopica della superficie di nichel fa apparire questa devastata da micro crateri dovuti a fenomeni di fusione del metallo. L'analisi SEM della superficie mostra la presenza di una serie di nuovi elementi atomici che hanno in comune il fatto di essere tutti più leggeri del nichel.
^ S. Focardia, V. Gabbanib, V. Montalbano b, F. Piantelli e S. Veronesi. "Evidence of electromagnetic radiation from Ni-H Systems", Eleventh International Conference on Condensed Matter Nuclear Science (ICCF-11). Marsillia France. 2004.
^ Cerron-Zeballos, E., Crotty, I., Hatzifotiadou, D., Lamas Valverde, J., Williams, M.C.S., and Zichichi, A., "Investigation of Anomalous Heat Production in Ni-H Systems". Nuovo Cimento, Vol. 109A, p. 1645-1654, (1996).
^ Gli autori dell'articolo, nell'abstract, così affermano:
Noi abbiamo trovato gli stessi risultati del gruppo di Piantelli-Focardi, risultati in linea con le nostre osservazioni; vale a dire noi misurammo temperature più alte rispetto al contributo di calore immesso, quando l'idrogeno è assorbito durante un ciclo di riscaldamento. Nonostante questo aumento di temperatura non sembra corrispondere un aumento in produzione di calore. Noi abbiamo aggiunto un sensore di temperatura al contenitore dell'esperimento...
In pratica essi affermano che hanno registrato un certo assorbimento dell'idrogeno da parte del nichel nell'intervallo di temperature segnalato da Pinatelli-Focardi, hanno pure rilevato un aumento di temperatura all'interno del campione di nichel, ma, ed è questo il punto considerato più determinante dagli autori del lavoro, non hanno rilevato un apprezzabile aumento di temperatura sul contenitore esterno. Questo ultimo fatto rende quindi plausibile una spiegazione di natura elettrochimica del fenomeno di riscaldamento del campione di nichel, senza dover mettere in gioco fenomeni di natura nucleare.
A seguito di questo risultato negativo, i ricercatori del CERN non hanno ritenuto di dover fare una analisi della superficie dei campioni di nichel per la ricerca di eventuali ceneri di origine nucleare, ne hanno mai verificato con opportuna strumentazione, nel corso degli esperimenti, l'eventuale emissione di raggi gamma o neutroni da parte dei campioni sottoposti a test.
^ Piantelli ha criticato le conclusioni negative del gruppo del CERN (vedi: Steven B. Krivit. "Piantelli-Focardi Publication and Replication Path". New Energy Times (2008)) accusando i ricercatori di non aver eseguito in modo corretto il ciclo di caricamento dell'idrogeno nel nichel, citando in particolare un passo del documento del CERN:
..On some occasions we observed absorption of hydrogen: The gas pressure started to decrease while the temperature of both the coil and the rod increased..
Trad: ..In qualche occasione abbiamo osservato un assorbimento di idrogneo: La pressione del gas iniziava a scendere mentre la temperatura del riscaldatore (coil) e del cilindro (di nichel) aumentavano...
^ Nel 1999, il ricercatore Luigi Nosenzo (Università di Pavia) in collaborazione con Luigi Cattaneo (CNR), presso il Dipartimento di Fisica "A. Volta" dell'Università di Pavia, hanno elaborato l'esperimento di Piantelli-Focardi sul caricamento del nichel con l'idrogeno, riportando quanto segue:
Ultimamente è stato riportato in letteratura che un campione di nichel, caricato in particolari condizioni con idrogeno (e deuterio nella concentrazione naturale) e mantenuto a temperatura superiore alla temperatura di transizione ferromagnetica, sarebbe in grado di liberare una quantità di energia non giustificabile in termini di normali reazioni chimiche e/o transizioni strutturali. Il fenomeno si accompagnerebbe anche all'irraggiamento di gamma e di neutroni. Alcuni gruppi sperimentali di Università e Istituti di ricerca italiani, uno dei quali è il presente, si sono accordati al fine di riprodurre e discutere indipendentemente l'esperimento originale.
Nel corso del '98/'99 sono stati studiati tre differenti campioni di nichel. Essi sono stati trattati in atmosfera di idrogeno naturale. I risultati ottenuti, oggetto di una tesi di laurea, hanno mostrato, in un caso, un debole assorbimento anomalo di gas da parte del Nichel; in nessun caso è stato possibile osservare alcun significativo sviluppo anomalo di calore o emissione gamma o comparsa di nuovi elementi, originariamente non presenti (trasmutazione).
^ Adalberto Piazzoli. "Fusione Fredda? Una ricerca italiana". Scienza & Paranormale N. 78 (maggio 2008). L'articolo, nella sua parte finale, così riporta i risultati dell'esperimento di Pavia:
Negli ultimi anni novanta un gruppo di ricercatori e tecnici dei Dipartimenti Fisici dell'Università di Pavia, grazie a un modesto ma sufficiente finanziamento FAR, ha voluto ripetere acriticamente le misure dei colleghi di Firenze e Siena accogliendone tutti i suggerimenti (anche quelli dettati solamente dallo scrupolo di voler mantenere invariate tutte le condizioni) e con una strumentazione quasi identica e comunque con loro concordata.
Le misure, quasi completamente automatizzate, sono durate mesi e hanno prodotto anche un'apprezzata tesi di laurea. Purtroppo non siamo stati in grado di riprodurre alcun risultato dei citati colleghi ma, si sa, nello studio di fenomeni sconosciuti, ancorché esistenti, le conferme e le smentite non hanno lo stesso valore veritativo.
La nostra stima nei colleghi di Firenze e di Siena è rimasta naturalmente immutata.
^ Carlo Rubbia, tra le sue varie cariche, è anche membro onorario del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale. Nel 2006, il CICAP ha sintetizzato, nella rubrica Il CICAP Risponde, la propria posizione riguardo i fenomeni di fusione fredda, riassunta in una risposta ad una domanda fatta da un lettore su tale argomento: Attualmente la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene che si sia trattato essenzialmente di un episodio di scienza patologica. Il fenomeno presenta tuttavia alcuni aspetti elettrochimici che forse vale la pena studiare ulteriormente.
^ a b Antonella del Ninno, Antonio Frattolillo, Antonietta Rizzo. "Rapporto Tecnico ENEA RT2002/41/FUS". ENEA - Unità Tecnico Scientifica Fusione, Centro Ricerche Frascati, Roma (2002)
^ A proposito di questo rapporto è utile analizzare il metodo di determinazione della quantità di 4He (elio 4) utilizzato dal gruppo della del Ninno:
A.Frattolillo,A.De Ninno,A.Rizzo. “Experimental techniques for detecting small quantities of 4He gas: problems and solutions”. Proc. of 9th International Conference on Cold Fusion, ICCF9 Bejing (China), 19-24 May, 2002
^ Rai News 24, Inchiesta sul rapporto ENEA n.41
^ Sul tema delle difficoltà incontrate, dagli autori del Rapporto 41, per la pubblicazione su alcune principali riviste scientifiche del settore, l'inchiesta si sofferma in un approfondimento:
...Nell'estate del 2002 il Rapporto 41 fu inviato a diverse riviste scientifiche. Le prime due furono le statunitensi Science e Nature, quelle che "hanno un impact factor più alto", come si dice. Nel senso che una pubblicazione su queste riviste "vale" molto di più per la carriera scientifica di un ricercatore. "Nel giro di qualche giorno - ricorda Antonella De Ninno - a stretto giro di posta elettronica, Science ha risposto che non avevano spazio per pubblicare questo lavoro. Non sono entrati nel merito, non ci hanno neanche consentito l'accesso al processo di "review", che si usa di solito nel mondo scientifico, per cui un lavoro viene mandato ad altri colleghi che ne valutano l'attendibilità ed eventualmente chiedono chiarimenti. In questo caso siamo stati espulsi subito. Ci hanno detto che non c'era spazio, motivi editoriali". "Questa fu la risposta di Science", aggiunge Emilio Del Giudice. "Altri fecero delle osservazioni piuttosto peregrine. Per esempio uno dice: "Come è possibile raggiungere temperature così elevate sott'acqua, nell'acqua della cella elettrolitica?" Evidentemente questo signore non sapeva che esistono i vulcani sottomarini, o che è possibile fare le saldature sott'acqua se c'è una sorgente di energia sufficiente...".
^ V. Violante, F. Sarto, E.Castagna, M. McKubre, F. Tanzella, G.Hubler, D. Knies, K.Grabowski, T. Zilov, I. Dardik, C. Sibilia. "Joint Scientific Advances in Condensed Matter Nuclear Science". 8th International Workshop on Anomalies in Hydrogen / Deuterium Loaded Metals. 2007. Sicily, Italy.
^ Qui di seguito è riportato l'elenco degli autori del lavoro:
V. Violante, F. Sarto, E.Castagna di ENEA,Frascati, Italia
M. McKubre, F. Tanzella dello SRI International. Menlo Park, California, USA.
G.K. Hubler, D.L. Knies, K.S. Grabowski del Naval Research Laboratory Washington DC, USA
T. Zilov dell'Energetics Technologies Inc., Omer, Israel,
I. Dardik dell'Energetics LLC., New Jersey, USA.
C. Sibilia del Dip. Energetica Univ. La Sapienza Rome, Italy.
^ a b Il sito www.newenergytimes.com riporta una ricca serie di documenti e immagini riprese durante lo svolgimento del congresso.
^ F. Celani, P Marini, V Di Stefano, A. Spallone. Deuterion electromigration in thin Pd wires coated with nano-particles: evidence for ultra-fast deuterium loading and anomalous, large thermal effects. INFN Laboratori Nazionali di Frascati, SIS Pubblicazioni, Frascati 15 Gennaio 2009.
^ http://www.iccf-14.org/ICCF_History.html
Elenco delle conferenze internazionali che hanno come campo di interesse quello legato ad emissioni anomale di calore dette comunemente reazioni di Fusione Fredda.
^ Il sito ICCF-11 riporta il programma ed alcuni lavori presentati durante il congresso, svoltosi tra il 31 ottobre al 5 novembre del 2004, in questo congresso sono stati presentati 73 lavori.
Link al sito ufficiale del congresso e gli abstract dei lavori.
^ Il sito ICCF-12 riporta il programma ed alcuni lavori presentati durante il congresso, svoltosi tra il 27 novembre al 2 dicembre del 2005, in questo congresso sono stati presentati 80 lavori.
Link al sito ufficiale del congresso e gli abstract dei lavori.
^ Il sito ICCF-13 riporta il programma ed alcuni lavori presentati durante il congresso, svoltosi tra il 25 giugno al 1 luglio del 2007, in questo congresso sono stati presentati 93 lavori.
^ ICCF-14 Washington
^ ICCF-15 Roma
^ http://www.iscmns.org/iccf16/
Bibliografia [modifica]
(IT) Roberto Germano. Fusione fredda. Moderna storia d'inquisizione e d'alchimia. Napoli, Bibliopolis (collana "Edizioni di filosofia e scienze"), 2000. ISBN 88-7088-397-3.
(IT) Steven B. Krivit e Nadine Winocur. Rapporto sulla fusione fredda. Los Angeles, New Energy Times, 2004. (testo in formato PDF)
(IT) Sergio Martellucci; Angela Rosati; Francesco Scaramuzzi; Vittorio Violante. Fusione fredda. Storia della ricerca in Italia. Roma, ENEA, 2008. ISBN 88-8286-162-7. (testo in formato PDF)
(IT) Guido Milano. Elementi di energetica nucleare. Genova, Università di Genova, 2008. pp. 264-270.
(EN) E. Del Giudice; A. De Ninno; A. Frattolillo; M. Porcu; A. Rizzo. Production of excess enthalpy in the electrolysis of D2O on Pd cathodes. Roma, ENEA – Centro Ricerche Frascati, 2001. (testo)
(EN) Antonella De Ninno; Antonio Frattolillo; Antonietta Rizzo. Experimental Evidence Of 4He Production in Cold Fusion Experiment. Roma, ENEA - Centro Ricerche Frascati, 2002. (testo in formato PDF)
(EN) Edmund Storms. A student's guide to cold fusion. LENR-CANR.org, 2003. (testo in formato PDF)
(EN) Edmund Storms. Science of Low Energy Nuclear Reaction. A Comprehensive Compilation of Evidence and Explanations. Singapore, World Scientific, 2007. ISBN 981-270-620-8.
(EN) Jean Paul Biberian. Experiments and Methods in Cold Fusion, Journal Of Condensed Matter Nuclear Science, 2007. (testo in formato PDF)
(EN) Brian D. Josephson. Pathological Disbelief, Lecture given at the Nobel Laureates. Atti del congresso di Lindau 30 giugno 2004, pp. 26-29. (testo dell'intervento in formato PDF)
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