martedì 25 gennaio 2011

QUANTO MANCA AL GOVERNO TREMONTI-LETTA? GIULIETTO HA L’APPOGGIO DELLA LEGA, DELL’EUROPA, DELLE BANCHE ED È PRONTO A RICEVERE IL NULLA OSTA PIÙ OSTICO, QUELLO DEL VATICANO. DALL’OPUS DEI A CL, DALLO IOR DI (LIN)GOTTI TEDESCHI AL CARDINALE SCOLA PASSANDO PER ’’L’OSSERVATORE ROMANO’’ DI VIAN, LA TELA DEL "COMMECIARLISTA DEGLI EVASORI FISCALI" (COPY D’ALEMA) ARRIVA FINO A PAPA RATZINGER - 2- SILENZIOSO E RISERVATO, LETTA-LETTA HA INIZIATO LA MANOVRA DI SMARCAMENTO DAL SULTANO CON LA POMPETTA, CHE SE N’è FREGATO DI TUTTI I SUOI CONSIGLI: DALL’ABBANDONO DELLE SERATE ZOCCOLECCE ALLA TUTELA DELL’ASSE COL QUIRINALE, ALL’ACCORDO CON L’UDC. E QUALCUNO NEL PDL SOSPETTA DELLA SUA MANINA DIETRO I SERVIZI… - 3- LETTA PORTA IN DOTE AL NUOVO GOVERNO IL SOSTEGNO DEL TERZO POLO FINI-CASINI-RUTELLI E PUÒ RASSICURARE ANCHE “LIBERAMENTE” (FRATTINI, GELMINI, BONDI, PRESTIGIACOMO) - 4- GARANTE DEL MESCOLONE, IL QUIRINALE DI NONNO NAPOLITANO, CHE CONCEDEREBBE SUBITO LA POLIZZA ASSICURATIVA AL NUOVO GOVERNO: UN BEL SALVACONDOTTO GIUDIZIARIO AL CAVALIERE DEL CULO DI RUBY CON LA NOMINA A SENATORE A VITA... - 5- EMMA MARCEGAGLIA VA DA FAZIO: AFFONDA BERLUSCONI E APRE A TREMENDINO PREMIER -

- DAGOREPORT - LETTA-LETTA SI SGANCIA DAL CAVALIERE E SI PREPARA PER IL NUOVO GOVERNO
Lo ha scritto "Il Riformista" giovedì scorso, lo ha ribadito il "Secolo XIX" il giorno dopo: l'idillio tra Silvio Berlusconi e il suo braccio destro di sempre, Gianni Letta, si è rotto. Complici gli scandali (ma non solo), che fiaccano l'immagine pubblica del premier e inevitabilmente rischiano di portarsi dietro anche l'eminenza azzurrina, il rapporto pare compromesso.


Letta Tremonti Alemanno
Ecco come veniva titolato lo scorso 20 gennaio un articolo di Alessandro De Angelis sul quotidiano arancione ora diretto dal sorprendente Stefano Cappellini: "Per evitare Letta premier, Berlusconi torna falco. Il premier sospetta dei servizi. I fedelissimi: ‘Hanno giocato di sponda con i loro referenti politici'. L`incubo che il sottosegretario non li controlli o che sia il terminale dei fautori del governo di transizione. E allora sceglie la controffensiva mediatica".


Tremonti e Gianni Letta Dal Riformista Il concetto viene ribadito il 21 gennaio da Angelo Bocconetti sul "Secolo XIX", con ulteriori particolari: Letta aveva messo in guardia il Cavaliere dalla vicenda della minorenne, non ascoltato. Scriveva Bocconetti: "Il ‘ciclone Ruby' sta scavando un solco tra Silvio Berlusconi e Gianni Letta, tra i pochissimi esponenti della maggioranza ancora in grado di interloquire con le istituzioni.

Voci allarmatissime si rincorrono tra Palazzo Chigi e Montecitorio: Letta sarebbe pronto a fare lui il ‘passo indietro' che Berlusconi si rifiuta di compiere; si sente stanco e imbarazzato; ha voglia di staccare la spi9na. Lui, da lunedì, ha quasi interrotto i rapporti con il presidente del Consiglio, se si eccettua il colloquio che entrambi hanno avuto con Napolitano".


Giulio Tremonti ed Enrico Letta
Scrive Amedeo La Mattina su "La Stampa" di sabato 22 gennaio: "'Il cerchio si stringe e Berlusconi, che non si rassegna mai, non sembra rendersene conto. E` convinto di poter raddrizzare il piano inclinato in cui lui e noi tutti stiamo scivolando'.


HIULIO TREMONTI ENRICO LETTA PERLUIGI BERSANI - copyright Pizzi
Un ministro, che mai e poi mai abbandonerà la nave berlusconiana, confida questi sentimenti di scoramento che sono comuni a Gianni Letta, il «Grande Mediatore» che non ha più nulla su cui mediare. Bruciati i ponti con Casini; telefoni spenti con il Quirinale dove il Capo dello Stato è furibondo perché il premier non ha seguito i suoi consigli di difendersi davanti ai giudici di Milano: anzi si prepara a sollevare il conflitto di attribuzione e a scendere in piazza. No, la scimitarra non è l`arma di un Ciambellano abituato a sottigliezze e sfumature, ai passi felpati quando bisogna fare i conti con il Colle e la Chiesa.

Il gentiluomo di Sua Santità ha cercato di capire il senso profondo delle parole pronunciate dal cardinal Bertone e dal Papa. Ha telefonato al segretario di Stato vaticano e si è reso conto che dentro le cosiddette sacre mura la candela dell`inquilino di Palazzo Chigi si va spegnendo. Rimane invece sempre più acceso il cero di Giulio Tremonti, uno dei pochissimi ministri che il Santo Padre conosce e apprezza. Ne ammira le doti intellettuali. Lo chiama il «professor Tremonti»".


gianni letta giu tremonti LaStampa
Fini Casini Rutelli Nel nuovo governo Tremonti-Letta, l'Eminenza Azzurrina garantirebbe tutti quei settori che con Giulietto non hanno nessun dialogo. Innanzitutto il Terzo polo di Fini-Casini-Rutelli: tutti e tre con un rapporto personale forte con il sottosegretario, tanto che lo hanno proposto più volte come premier. Anche il mondo forzista di "Liberamente" (Frattini, Gelmini, Bondi, Prestigiacomo), che dal Tesoro si è visto tagliare tutti i fondi possibili ai propri ministeri, si sentirebbe garantito.


IL CRANIO DELLO IOR ETTORE GOTTI TEDESCHI
Da parte sua il titolare di Via XX Settembre si porta dietro l'appoggio incondizionato della Lega, dell'Europa, delle banche e fondazioni bancarie varie, ora anche del Vaticano. Il tutto sotto l'ala protettrice del Quirinale di Napolitano, che concederebbe subito la polizza assicurativa al nuovo esecutivo: il salvacondotto giudiziario per il premier con la nomina a senatore a vita.


2- IL VATICANO PRONTO A SOSTENERE GIULIETTO TREMONTI: DA CL ALL'OPUS DEI, DA GOTTI TEDESCHI AL CARDINALE SCOLA, LA CHIESA SI PREPARA AL SUCCESSORE DI SILVIO
Giacomo Galeazzi per "La Stampa"

Niente elezioni anticipate e sganciamento «soft» dal presidente del Consiglio. La prospettiva più accreditata Oltretevere è un altro anno di Berlusconi a Palazzo Chigi (con l'approvazione del ddl Calabrò anti-eutanasia e di altri provvedimenti a difesa di vita, famiglia, libera istruzione) poi, scongiurando il ricorso alle urne, il passaggio di mano ad «altro esponente del centrodestra», in primis Giulio Tremonti.


Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti insieme a papa Ratzinger (FOTO ANSA)
NELLE BRACCIA DI MORFEO ETTORE GOTTI TEDESCHI
«Meglio terminare la legislatura che scegliere tra un Berlusconi sempre più isolato e una sinistra vendoliana-zapaterista - spiegano in Segreteria di Stato -. La governabilità a rischio espone l'Italia all'attacco della speculazione finanziaria internazionale, una fase di instabilità è una minaccia per il sistema Paese. Il conflitto permanente nuoce a tutti».

Oggi il Papa discuterà della situazione italiana nell'udienza al presidente Cei, Angelo Bagnasco (titolare delle relazioni con la politica nazionale) alla vigilia del Consiglio permanente in programma da lunedì ad Ancona. «Che il premier lasci subito è improbabile, perciò sono pienamente condivisibili le preoccupazioni di Napolitano», ragionano al Palazzo Apostolico, dove si teme «un salto nel buio» e si ritengono «pericolose» le elezioni «in piena crisi economica».


SILVIO BERLUSCONI GIANNI LETTA La ricerca vaticana di un «nuovo referente» è condivisa e sostenuta nella Chiesa a vari livelli Affiorano, infatti, malumori verso il premier in Cei (Mogavero, Pennisi, Forte, Bregantini), in Curia (Girotti e settori della diplomazia pontificia), nell'associazionismo (Acli, Libera), negli ordini religiosi (Paolini, Comboniani, Saveriani).


Cardinale Scola
Un ruolo di «interlocutore privilegiato» è riconosciuto al ministro dell'Economia, che può contare su sponsor d'eccellenza come il patriarca ciellino Angelo Scola (al quale, subito dopo la vittoria elettorale di Zaia in Veneto, ha presentato Bossi) e il banchiere del Papa, Ettore Gotti Tedeschi. Sono stati loro a intercedere negli ultimi mesi per alcuni incontri riservati tra Benedetto XVI e Tremonti, editorialista dell'Osservatore Romano che pochi giorni fa ha scritto sul quotidiano vaticano una riflessione-manifesto sulla politica economica.

Il caso-Ruby ha accresciuto nei Sacri Palazzi l'attenzione verso «soluzioni alternative» a Berlusconi. In Curia si apprezza la «capacità di mediazione» sulla quale garantiscono per Tremonti il vecchio amico Ravasi e il neo-banchiere centrale Nicora, con il quale creò l'8 per mille. Ma soprattutto è Bertone che individua nel ministro dell'Economia (e nel suo patto d'acciaio con la Lega) una promettente sponda per la Santa Sede.


marcegaglia tremonti
Il segretario di Stato ha pubblicamente riconosciuto ai leghisti un presidio di territorio paragonabile a quello della Chiesa negli anni Cinquanta e il ministro vaticano della Bioetica, Fisichella, ha elogiato il «cattolico Cota» per le critiche alla pillola abortiva Ru486.

L'apertura di credito della Santa Sede per Tremonti nel «dopo Berlusconi» corrisponde al crescente ruolo della Lega nella maggioranza. Al consueto ponte tra le sponde del Tevere assicurato dal gentiluomo di Sua Santità, Gianni Letta, si è affiancato da tempo un nuovo «ambasciatore» Oltretevere del governo.


Letta e Berlusconi
Benedetto XVI ha una particolare stima per Tremonti, uomo-cerniera tra Pdl e Lega e possibile leader per assicurare governabilità all'Italia senza il ricorso alle urne. A fare da «trait d'union» è stata la comune riflessione sulla globalizzazione che ha portato Joseph Ratzinger a scrivere l'enciclica sociale «Caritas in veritate» e Tremonti «La paura e la speranza».


ENRICO LETTA GIULIO TREMONTI - copyright Pizzi
Una conoscenza rafforzata durante le vacanze in Cadore e a Bressanone. Tra le montagne il Papa accademico è rimasto ben impressionato dall'economista, tanto che al team di teologi coinvolti nella redazione dell'enciclica sociale i testi di Tremonti erano stati segnalati da Ratzinger in persona.



by dagospia

mercoledì 19 gennaio 2011

QUANDO A SINISTRA IL POLITICO ARRAPATO NON ERA UN PROBLEMA - “TEMPI” RISPOLVERA L’affettuosa INTERVISTA DI EZIO MAURO A GIANNI AGNELLI SUL CASO CLINTON-lewinski - FRASI CHE RILETTE ALLA LUCE DEL BUNGA BUNGA FANNO SORRIDERE: “QUESTA STORIA HA MANDATO IN PEZZI PER SEMPRE IL CONCETTO DI PRIVACY...È un meccanismo più adatto a una dittatura che a una democrazia" - IMPAREGGIABILE EZIOLO: “AVVOCATO, TUTTO CIÒ IN EUROPA NON SUCCEDE. SIAMO PIÙ SAGGI O PIÙ IPOCRITI?” (POI SI LAMENTANO SE OGGI LA GENTE NON SI SCANDALIZZA PIÙ DI TANTO)…

Emanuele Boffi per "Tempi" (www.tempi.it)


stile10 ezio mauro
«Volete forse un eunuco alla Casa Bianca?», così disse l'avvocato Gianni Agnelli, presidente onorario Fiat, ad un adorante Ezio Mauro in un'intervista apparsa su Repubblica il 16 settembre 1998 (Agnelli sul Sexgate "Clinton resterà", pagina 7).

Allora, come oggi, si discuteva di leader politici e delle loro debolezze, o - per dirla con le parole che usò allora Mauro nell'intervista - di una vicenda che si sviluppava in un «momento di confusione e disorientamento in cui la morale e la democrazia si mescolano in uno scandalo sessuale che si è ormai trasformato in un dramma politico».

Solo che, allora, nel centro del mirino mediatico-giudiziario non si trovava Silvio Berlusconi, ma il presidente democratico degli Stati Uniti. E la sua Ruby si chiamava Monica Lewinsky. Riletto oggi, quel dialogo risulta assai interessante. Agnelli spiegava di vedere «un'America mortificata e la cosa riguarda anche noi. Perché Clinton è il leader del mondo. Può piacerci oppure no, e probabilmente è un male che ci sia oggi un leader solo per tutto il pianeta. Ma le cose stanno così. E quel leader oggi è fatto a pezzi da questo scandalo. Ecco il problema».


Gianni Agnelli Una constatazione che faceva sorgere in Mauro una domanda spontanea: «Ma non le sembra assurdo che l'America distrugga la sua leadership per uno scandalo sessuale, in un momento di forte consenso per il presidente, con l'economia che va bene?». E poi, ad un altro interrogativo del direttore («Cosa doveva fare il presidente davanti ad un'accusa come quella che gli muoveva Starr - il giudice, ndr -?»), Agnelli rispondeva caustico: «Non lo so. So però quel che fece Jefferson, quando mise tutti a tacere domandando: volete forse un eunuco alla Casa Bianca?».

Da ritagliare le ultime battute della conversazione che, qui di seguito, riproponiamo ai nostri lettori.


Monica Lewinsky
Agnelli: «Le giornate che ha appena vissuto e che sta vivendo sono state per lui umilianti. Veramente umilianti. E ci dovrebbero far riflettere, tutti».

Mauro: «A che cosa pensa?».
Agnelli: «Al momento in cui è stato reso pubblico il rapporto Starr, più di quattrocento pagine in pasto alla gente. Ero davanti alla Cnn, quella notte. Vedevo scorrere brani di quel rapporto, sentivo avvocati che li commentavano in diretta. Mi sono fermato a pensare a quel che stava succedendo: un rapporto giudiziario e politico finisce su Internet, rimbalza in diretta sulle televisioni, si carica di opinioni e accuse, cento o duecento milioni di persone guardano tutto questo e premono sul Congresso con le loro emozioni prima e più ancora che con le loro opinioni. Un circuito infernale. Anzi, un cortocircuito tra democrazia, morale, politica, assemblearismo, populismo».


Monica Lewinsky e Bill Clinton
berlusconi ruby f d a d fde bd d b b c Mauro: «Qualcosa che serve ad emozionare la gente più che a informare i cittadini?».

Agnelli: «Sì, con l'aggravante che attraverso Internet e il circuito mediatico tutto finisce per scaricarsi sul Congresso, influenzandolo in diretta. È un meccanismo più adatto - se ci pensa bene - a una dittatura che a una democrazia. Ancora un passo, e si potrebbe far assistere la gente ad un processo via Internet, per poi farle decretare in diretta l'impiccagione, con sentenza universale, sommaria e spaventosa».


Bocassini Berlusconi RubyMauro: «Avvocato, tutto ciò in Europa non succede. Siamo più saggi o più ipocriti?».
Agnelli: «Senza dubbio siamo diversi, anche se in Inghilterra ci sono stati scandali politico-sessuali. Ma è vero, la Francia non si è affatto scandalizzata per la figlia naturale di Mitterrand. Ed è certo meglio così. Vede, tutti dicono che Clinton aveva il dovere di comportarsi diversamente, ed è vero, o almeno di essere più prudente, ed è vero anche questo. Lui ne sta pagando il prezzo, che è salato. Ma questa storia, attraverso Clinton, ha mandato in pezzi per sempre il concetto di privacy e questo riguarda tutti noi. Perché, alla fine, dovremo farci una brutta domanda: che vita sarà mai, questa nostra vita sorvegliata, controllata e prudente?».






[19-01-2011]


by dagospia

martedì 18 gennaio 2011

«Berlusconi dietro le stragi del '93»

Un'immagine di repertorio della devastazione causata da una bomba in via dei Georgofili, a Firenze (Ansa)
FIRENZE - «Francesco Giuliano mi disse che erano stati dei politici a dirgli questi obiettivi, questi suggerimenti», per le stragi del 1993 «e in un'altra occasione mi fece il nome di Berlusconi». Lo ha detto il pentito Giovanni Ciaramitaro, deponendo a Firenze al processo sulle stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano che vede imputato Francesco Tagliavia.

LE LEGGI SPECIALI - «La ragione delle stragi - ha aggiunto - era l'abolizione del 41 bis, l'abolizione delle leggi sulla mafia. Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato. C'erano politici che indicavano quali obiettivi colpire con le bombe: andate a metterle alle opere d'arte». In un'altra circostanza, durante una latitanza, «chiesi a Giuliano - ha detto Ciaramitaro - perché dovevamo colpire i monumenti e le cose di valore fuori dalla Sicilia. Lui mi disse che ci stava questo politico, che ancora non era un politico, ma che quando sarebbe diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito queste leggi. Poi mi disse che era Berlusconi».

INDICAZIONI DI VOTO - «Da quando avevo 20 anni - ha detto poi un altro pentito, Pasquale Di Filippo - mi hanno sempre detto cosa dovevo votare politicamente, io e tutti gli altri. Nel '94, quando ci sono state le elezioni in Sicilia, abbiamo votato tutti per Berlusconi, perché Berlusconi ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis». Ciaramitaro ha detto che poi parlò con Bagarella, che «dopo l'arresto di Riina, secondo me, era il numero uno di cosa nostra». «Berlusconi ci doveva aiutare - ha spiegato - doveva far levare il 41 bis, cosa che in quel periodo non è successa. Io mi sono lamentato con Bagarella personalmente, dicendogli che là» (nelle carceri) «ci stanno ammazzando a tutti. Perché ancora non ha fatto niente? Lui mi ha risposto in siciliano: in questo momento lascialo stare perché non può fare niente. Mi ha fatto capire che c'erano altri politici che gli giravano attorno, nel senso di vedere quello che lui faceva, e quindi lui non si poteva esporre più di tanto. Comunque appena c'è la possibilità lui ci aiuterà. Questo è stato il dialogo che io ho avuto con Bagarella».

«BASTA MENZOGNE» - «Basta con le menzogne e le farneticazioni di pentiti alla Spatuzza. La verità sulla revoca del 41 bis nel '93 è che avvenne durante un governo di centrosinistra», ha commentato il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri. «Il provvedimento fu firmato dall'allora ministro della Giustizia, Conso, il quale si è intestato la totale responsabilità della revoca del carcere duro per fermare l'ondata stragista. Se una trattativa tra lo Stato e la mafia ci fu all'epoca, essa avvenne sotto il governo Ciampi». «In queste ore, potevano forse mancare anche le accuse di mafia, fino ai deliri sulle stragi? Le "spatuzzate" sono già fallite una volta, ma si ritenta di mettere in circolo follie e veleni», è stato il commento di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. «Le accuse del pentito Ciaramitaro sono gravissime e inquietanti», ha detto invece il portavoce di Italia dei valori, Leoluca Orlando. «Il presidente del Consiglio dovrebbe sentire il dovere morale e civile di chiarire immediatamente di fronte ai giudici la sua posizione».

Redazione online
18 gennaio 2011
© RIPRODUZIONE RISERVATA

by corriere .it

lunedì 17 gennaio 2011

reagan malato ma presidente per 10 anni

< Notizia Precedente Notizia Successiva >HomePage | Segnala articolo
L´impero americano per dieci anni nelle mani di un malato d´Alzheimer? - CONFESSIONE SHOCK Del figlio di ronald REAGAN in un libro in uscita, "My father at 100": "probabilmente se i medici gli avessero diagnosticato il male mio padre si sarebbe dimesso" - era già malato quando Nel marzo del 1983 Reagan pronunciò lo storico discorso in cui predisse il collasso del comunismo. dunque, non tutto il male vien per nuocere... Angelo Aquaro per "la Repubblica"


regan
Nel marzo del 1983 Ronald Reagan pronunciò lo storico discorso in cui predisse il collasso del comunismo. Est e Ovest erano all´apice della guerra fredda. L´invasione dell´Afghanistan - quella sovietica - aveva spinto agli Usa a dimostrare tutta la loro forza. Il dispiegamento dei missili Cruise aveva creato proteste in mezza Europa. L´Italia si spaccò sulla base di Sigonella. Eppure quello che allora sarebbe potuto collassare davvero era proprio lui. Il presidente di cui il 6 febbraio ricorre il centenario confessò con una lettera alla nazione di soffrire d´Alzheimer più di dieci anni dopo: nell´agosto 1994.


Ronald ReaganMa adesso suo figlio Ron rivela che Ronald era già malato: «Nel terzo anno della sua elezione cominciai a vedere i primi segni di preoccupazione». La situazione peggiora quando - è il 1984 - «guardando il dibattito tv con Walter Mondale cominciai a provare quel senso di nausea che avverti sentendo che un cattivo sogno si sta realizzando». L´impero americano nelle mani di un malato? Nello stesso libro in uscita, My father at 100, il figlio sottolinea: probabilmente se i medici gli avessero diagnosticato il male mio padre si sarebbe dimesso.


Reagan con la moglie nancy
Apriti cielo. La Ronald Reagan Foundation ha subito preso le distanze: «Ron ha scritto un libro affettuosamente caloroso. Ma sull´Alzheimer sia i medici del presidente sia quelli che l´hanno curato dopo hanno stabilito che i segni della malattia apparvero solo quando lasciò la Casa Bianca».


reagan clinton
Vietato ledere l´immagine dell´uomo che sopravvisse a un attentato e ridiede fiducia all´America. E chi se ne importa se le associazioni dei malati ringraziano Ron per il coraggio della denuncia. «Quando eleggiamo i presidenti» scrive Reagan jr «eleggiamo esseri umani con tutte le loro debolezze». Una bestemmia per questa nazione di Supermen.

by dagospia

martedì 11 gennaio 2011

BLACK DAHLIA PER TELECOM! - CROLLO IN BORSA DI TELECOMITALIA MEDIA (-5,57%) DOPO L’ANNUNCIO DELLA LIQUIDAZIONE DELLA PAY TV, primo cliente di TI Media per la divisione network operator - DOPO SPORTITALIA, BERNABè PERDE ANCHE GLI INCASSI DI DAHLIA TV: CANCELLATI IN POCHI GIORNI CLIENTI CHE VALGONO IL 50% DEL FATTURATO - MA L’AZIENDA DI BEBÈ BELEN ERA PRONTA A METTERE SOLDI FRESCHI IN DAHLIA: SI SONO OPPOSTI GLI SVEDESI (CHE STRANAMENTE ERANO SALITI DA POCO NEL CAPITALE) - INTANTO CONFALONIERI GIGIONEGGIA: “I DIRITTI TV DI DAHLIA? CI PENSEREMO…”

TONFO DI TELECOM ITALIA MEDIA (-5,57%) IN BORSA DOPO ANNUNCIO LIQUIDAZIONE DAHLIA TV...
(ANSA) - Cauto rimbalzo per Piazza Affari (Ftse Mib +0,19%) che tra le Borse europee resta sempre la piu' debole. Sempre in luce Fiat (+1,59%) con Fiat Industrial che prende la rincorsa (+3,73%) dopo il dichiarato interesse per le attivita' camion di Volkswagen. Oggi si accoda anche Exor (+2,29%) che ieri era rimasta trascurata. Tonfo di Telecom Italia Media (-5,57%) dopo che insieme agli altri soci di Dahlia Tv ha annunciato la liquidazione della societa'.

L'impatto sull'ebitda dovrebbe essere secondo la societa' limitato (in base alle prime stime il risultato di fine anno dovrebbe attestarsi sui livelli del terzo trimestre) ma Intermonte Sim le azioni ad 'underperform' da 'buy', dicendo in una nota che ''la notizia getta un'ombra grave su obiettivi a lungo termine della societa'''.


DAHLIA TV index Telecom cede lo 0,79 per cento. Tra i titoli in evidenza Azimut Holding (+1,19%) accompagnata dal 'buy' di Deutsche Bank dopo l'accordo per la costituzione di una newco in Hong Kong. Pininfarina (+9,12%) sempre sugli scudi dopo che l'imprenditore francese Vincent Bollore' si e' detto interessato a investire nell'auto designer italiano. Corre STMicroelectronics (+2,3%) con Exane BNP Paribas che ribadisce il rating 'outperform'. Bene Tod's (+2,03%) portato a 'buy' da 'underweight' da Banca Leonardo.

2 - DOPO SPORTITALIA, TELECOM ITALIA MEDIA PERDE ANCHE GLI INCASSI DI DAHLIA: CANCELLATI IN POCHI GIORNI CLIENTI CHE VALGONO IL 50% DEL FATTURATO...
Francesca Gerosa per "Milano Finanza"


Dahlia-TVDhalia TV, primo cliente di Telecom Italia Media per la divisione network operator, ha deciso la messa in liquidazione e scioglimento della società. Dhalia, controllata al 78,2% dal gruppo svedese Airplus Television, era il primo cliente network operator di TI Media con circa 30 milioni di vendite. La società ha comunicato di non vedere impatti sull'Ebitda 2010 che resta quello dei 9 mesi 2010 o circa 10 milioni di euro. Comunque ha fatto sapere che gli effetti economico-patrimoniali dello scioglimento di Dahlia saranno determinati con la presentazione del piano di liquidazione.


Dal Pino
Ma la preoccupazione maggiore è sul modello di business e prospettive 2011-2012. Nei giorni scorsi TI Media aveva infatti perduto un altro importante cliente: Sportitalia per circa 8 milioni di vendite. In pochi giorni quindi il gruppo ha perso clienti che valgono circa il 50% del fatturato della divisione network operator, la più importante per la valutazione del gruppo.

"Definiremo con dettaglio nuove stime e valutazione che a prima vista potrebbe essere intorno a 20 centesimi di euro per azione nell'ipotesi che Telecom Italia media recuperi tutto il fatturato perso nei prossimi due anni", affermano stamani gli analisti di Equita che per ora sull'azione mantengono il rating hold e il target price a 0,2 euro.


Fabrizio Grassi
Un altro broker italiano da un lato giudica positivamente il fatto che TI Media non inietterà liquidità in Dahlia, ma dall'altro sottolinea che "la liquidazione potrebbe mettere sotto pressione la profittabilità della società, dopo la perdita del contratto con Sportitalia. D'altro canto, la forte domanda di frequenze suggerisce che il gruppo sarà in grado di trovare presto un rimpiazzo dei contratti persi". L'azione della società che controlla La7 crolla al momento del 4,55% a quota 0,2057 euro a piazza Affari.

3 - TELECOM ERA PRONTA A RICAPITALIZZARE, MA GLI SVEDESI HANNO DETTO NO...
Scrive Andrea Montanari su "Milano Finanza": Nell'assemblea fiume di ieri, il gruppo svedese Air Plus Tv (principale socio di Dahlia Tv con 68,1%, compresa la quota rilevata nel silenzio più assoluto dalla Dtt Partners di Paolo Dal Pino e Fabrizio Grassi) ha votato contro la proposta di aumento di capitale da 150 milioni che aveva trovato favorevoli gli altri azionisti, ossia Telecom Italia Media (24,2%) e Made (7,6%), i quali erano pronti a mettere mano al portafoglio per garantire la continuità aziendale alla tv guidata dall'amministratore delegato Fabrizio Grassi.


FEDELE CONFALONIERI - Copyright Pizzi
4 - CALCIO: CONFALONIERI, DIRITTI DAHLIA TV? CI PENSEREMO...
(AGI) - Bergamo, 11 gen. - I diritti di 'Dahlia Tv' potrebbero interessare anche Mediaset. Il Presidente del gruppo, Fedele Confalonieri, a margine del convegno inaugurale del 26esimo congresso dell'Fnsi, a Bergamo, ha risposto cosi' ai giornalisti che gli chiedevano se Mediaset fosse interessata a rilevare i diritti sulle partite di Serie A, nel caso fossero disponibili: "Questo non lo so, ci penseremo". Confalonieri ha anche smentito l'interesse di Mediaset per il 'Corriere della Sera' e sulle voci di un dossier per rilevare 'Il Sole 24 Ore': "Come Mediaset non possiamo - ha sostenuto - c'e' una legge. Per quanto riguarda il quotidiano di Confindustria non mi risulta niente di quello che si dice".

by dagospia

fiat cambiano i manager e gli avvocati

Elia Pietra per "Lettera43.it"


agnll30 marchionne gabetti grande stevens
Per anni è stato l'avvocato dell'Avvocato. E ancora oggi, Franzo Grande Stevens rappresenta un punto di riferimento importante per la famiglia Elkann e per il gruppo automobilistico torinese. In Fiat spa, dopo la riorganizzazione e la divisione tra auto e veicoli industriali, ricopre il ruolo di segretario del consiglio di amministrazione.

Ma in generale, per i vertici del colosso italiano dell'automotive, l'avvocato è l'uomo di fiducia che John Elkann ha ringraziato pubblicamente lo scorso 21 dicembre nel corso del tradizionale appuntamento di fine anno con i dirigenti del gruppo, indicandolo fra coloro i quali (assieme a Gianluigi Gabetti) gli sono stati più vicini, dal 2003 in poi, nell'affrontare le sfide del dopo Agnelli alla guida delle aziende di famiglia.


fiat08 franzo grande stevens lap
CAMBIANO I RAPPORTI CON FIAT
Per lunghi anni, il rapporto che legava Franzo Grande Stevens alla famiglia Agnelli si rifletteva anche sull'assidua collaborazione tra la boutique legale da lui fondata negli anni Cinquanta a Torino e la società automobilistica.

Ma qualcosa sta cambiando. Il fatto che il giovane Elkann abbia esordito nel suo intervento rivolto ai 1.700 manager del gruppo parlando in inglese, la dice lunga sulla dimensione multinazionale in cui si collocano, oggi, l'azienda e le sue società e sulla complessità delle esigenze legali che un'organizzazione così articolata ha bisogno di affrontare. Esigenze a cui non sempre, una boutique legale, per quanto prestigiosa, è in grado di rispondere adeguatamente.

IL LINGOTTO VUOLE AVVOCATI INTERNAZIONALI
Il recente scorporo e la successiva quotazione di Fiat Industrial, per esempio, hanno visto fare capolino nel novero degli advisor legali del gruppo, gli avvocati dello studio Legance.
A dispetto del nome esotico, si tratta di un grosso studio d'affari, fondato circa tre anni fa da un'ottantina di professionisti fuoriusciti dallo studio Gianni Origoni Grippo.
Per lo scorporo del settore veicoli industriali, lo studio Grande Stevens ha operato al fianco degli americani di Sullivan & Cromwell.


Logo "Fiat"
I professionisti di Legance, invece, hanno assistito Fiat Industrial. Gli stessi avvocati, poi, hanno accompagnato la società in Piazza Affari (dove il titolo è negoziato dalla scorsa settimana) stavolta lavorando assieme a Michele Briamonte, socio di Grande Stevens.

TOGHE ESTERE PER CHRYSLER
Ma forse, l'esempio più significativo è l'acquisizione di Chrysler del 2009. Per l'operazione, Fiat si è avvalsa di un pool di studi internazionali guidato sempre da Sullivan & Cromwell e costitutito anche da Davis Ward Phillips & Vineberg, McKenna Long & Aldridge e Deloitte & Touche Legal.

Le questioni di diritto italiano dell'affare (che la controparte aveva affidato allo studio legale Chiomenti e a Legance) sono state gestite internamente alla società che conta su un'ampia squadra di giuristi d'impresa guidata dal general counsel Roberto Russo, uomo di fiducia di Sergio Marchionne.

RADICI ITALIANE, PROSPETTIVE MONDIALI
Proprio l'amministratore delegato, durante l'incontro del 21 dicembre, non ha usato perifrasi per affermare che le radici del gruppo sono in Italia, ma il futuro è nel mondo. Si tratta di un dato di fatto che non interessa solo gli operai di Pomigliano o Mirafiori.
Ma è un'evoluzione che sta avendo le sue ripercussioni anche sul versante dei fornitori di servizi legali con l'ampliamento del numero di studi di riferimento, in base alle varie aree di specializzazione.


CHRYSLER
NUOVI INGRESSI IN FIAT
L'arrivo di Legance è solo l'ultimo che si segnala in ordine di tempo. Già da qualche anno, poi, Fiat ha avviato un rapporto di collaborazione con la sede italiana della law firm americana Cleary Gottlieb Steen & Hamilton che a luglio 2009 aveva assistito la società negli aspetti di diritto italiano, statunitense e internazionali relativi all'emissione obbligazionaria da 1,25 miliardi effettuata da Fiat Finance and Trade.

CALA IL BUSINESS PER GRANDE STEVENS
Insomma, il flusso di mandati che dal Lingotto potranno approdare negli uffici di via del Carmine a Torino, sede dello studio Grande Stevens, sembra destinato a ridursi per due ragioni principali: l'inarrestabile processo di internazionalizzazione dell'universo Fiat che favorirà sempre più gli advisor internazionali; e l'apparente volontà della società di affidarsi, anche per le questioni italiane, a più studi legali a seconda delle diverse esigenze e competenze.


John Elkann
I LEGALI IN CORSA
Ma quali sono gli studi che potrebbero competere per intercettare una quota del lavoro generato dal gruppo? Fra i torinesi, i nomi che circolano più insistentemente sono quelli delle boutique legali Tosetto Weigmann, studio di grande tradizione che sembra aver ben gestito il passaggio generazionale e Pavesio e associati, piccola struttura con indole internazionale (nel recente passato ha fatto parte del network Allen & Overy).

Allontanandosi dalla Mole, oltre agli studi già citati, potrebbero scendere in campo anche gli studi Pedersoli e associati di Milano e la filiale italiana della law firm Paul Hastings.
Il primo, nell'ultimo anno, ha preso ben tre soci (Carlo Re, Andrea Gandini e Marcello Magro) proprio dallo studio Grande Stevens. Paul Hastings, invece, è guidato, fin dalla sua apertura in Italia da Bruno Cova ex general counsel Fiat e quindi ben addentro alle specifiche problematicità del gruppo.



by dagospia

domenica 2 gennaio 2011

CAPODANNO AMARO PER LA FINOCCHIARO - MENTRE LA PROCURA DI CATANIA INDAGA SUGLI APPALTI DELLA SANITÀ, LA REGIONE SICILIA STA PER REVOCARE PER “EVIDENTI PROFILI DI ILLEGITTIMITÀ” QUELLO DATO AL MARITO DELLA SENATRICE PD: NON POTEVA ESSERE ASSEGNATO IN MANCANZA DI UN REGOLARE BANDO. DUBBI ANCHE SULLA CONGRUITÀ DELLA CIFRA: 350MILA € SOLO COME PRIMA TRANCHE - LA GUARDIA DI FINANZA NELL’ASSESSORATO…

Emanuele Lauria per "Repubblica.it"

La Regione siciliana si avvia a revocare per "evidenti profili di illegittimità" l'appalto assegnato al marito di Anna Finocchiaro. E la Procura di Catania apre un'indagine sulla procedura amministrativa che ha portato, senza gara, a quell'affidamento. Un fine anno amaro, per la famiglia della capogruppo del Pd al Senato: il caso-Giarre esplode e scuote non solo i palazzi della politica.

L'assessore regionale alla Salute, l'ex magistrato Massimo Russo, annuncia che lunedì chiederà al manager dell'azienda sanitaria di Catania di annullare la convenzione del 30 luglio con la quale è stato dato incarico alla Solsamb, la società di Melchiorre Fidelbo (il marito della Finocchiaro), di realizzare l'informatizzazione dell'ospedale del centro alle pendici dell'Etna.


La Finocchiaro con il marito
Un atto quasi obbligato, quello di Russo, visto che due ispettori dell'assessorato hanno messo su carta che quell'appalto, di rilevanza comunitaria, non poteva essere assegnato in mancanza di un regolare bando di gara. Non solo: i tecnici hanno ravvisato anche sospetti sulla congruità della cifra concordata: 350 mila euro solo come prima tranche.


ANNA FINOCCHIARO Nelle stesse ore in cui la relazione approdava all'Assemblea regionale, gli uomini della Guardia di Finanza facevano ingresso nella sede dell'assessorato per acquisire i documenti relativi alla controversa vicenda. In mano, un ordine di esibizione firmato dai pm catanesi.

L'assessore Russo respinge le "strumentalizzazioni politiche" e i sospetti che sin dal primo momento hanno accompagnato questa storia: il taglio del nastro del nuovo presidio ospedaliero di Giarre - presenti la Finocchiaro e il marito, lo stesso Russo e l'ex ministro Turco - è avvenuto a fine settembre, nei giorni in cui decollava la nuova giunta regionale figlia di un accordo fra Lombardo e il partito democratico.


RAFFAELE LOMBARDO La foto di quella cerimonia, adesso, circola sul web e nelle segreterie politiche come prova del presunto inciucio fra il governatore e colei che lo sfidò alle Regionali del 2008. Anche se nessuno, neanche tra i banchi dell'opposizione all'Ars, si è mai scagliato ufficialmente contro la Finocchiaro. "C'è stato un errore amministrativo, il resto sono chiacchiere", ancora Russo.

Fidelbo contesta il risultato dell'ispezione della Regione e lascia intendere di essere pronto a rivolgersi al Tar contro l'annunciata revoca dell'appalto: "Questa vicenda sta creando un grave danno di immagine alla mia azienda, alla quale - scrive l'imprenditore - è del tutto estranea la senatrice Anna Finocchiaro".

Fra polemiche e minacce di querele, potrebbe intanto cadere la testa di qualche burocrate. Il capogruppo del Pd all'Ars, Antonello Cracolici, ora dice: "Chi ha sbagliato deve pagare". E il riferimento è a Giuseppe Calaciura, il manager dell'Azienda sanitaria di Catania che ha dato via libera al finanziamento per la società di Fidelbo e che nel suo curriculum vanta, tra l'altro, l'incarico di segretario dell'Mpa - il partito di Lombardo - nel piccolo comune di Biancavilla.



by dagospia

lo stato predica bene (pagate le tasse) ma razzola male........

BUONI CONSIGLI (DI STATO) E CATTIVO ESEMPIO - UNA SENTENZA ANNULLA LA PENALE DA 7 MLN € AI CONCESSIONARI DELLE SLOT MACHINE - E ANCHE I 98 MLD CHIESTI DALLA CORTE DEI CONTI POTREBBERO ESSERE CANCELLATI (MA QUALCUNO HA MAI CREDUTO CHE LI PAGASSERO?) - PER I GIUDICI AMMINISTRATIVI NON CI SONO STATI DANNI PER LA P.A. - UNA SENTENZA DESTINATA AD AVERE RIPERCUSSIONI ANCHE SUL PROCEDIMENTO DELLA CORTE DEI CONTI…
Ferruccio Sansa per "Il Fatto Quotidiano"



Una sentenza del Consiglio di Stato che annulla una penale da 7 milioni di euro. È passata quasi inosservata nel mare di decisioni prese dalla magistratura amministrativa. Ma potrebbe cancellare i 98 miliardi che la Procura della Corte dei Conti ha richiesto alle società concessionarie delle slot machine. La decisione sulla penale più grande mai richiesta dalla magistratura contabile italiana arriverà dopo l'estate.

L'opinione pubblica ha seguito tutta la vicenda sulle pagine del Fatto, del Secolo XIX, nelle inchieste di Striscia la notizia e sul blog di Beppe Grillo dove sono piovuti migliaia di messaggi. Ma la sentenza del Consiglio di Stato è stata salutata come un trionfo dai padroni delle slot.

Per capire perché bisogna leggere tutte le 25 pagine. I magistrati hanno accolto il ricorso di BPlus Gioco Legale Ltd e hanno annullato le penali delle nuove slot irrogate dai Monopoli di Stato nel 2008.


vllgay20 slot machine
Tutto parte dal ritardo contestato nell'avvio della rete delle slot che avrebbe provocato, secondo l'accusa, un danno ai Monopoli. Una vicenda complessa, che si è divisa in una miriade di giudizi, ricorsi e controricorsi, dal Tar fino alla Corte dei Conti. La sentenza del Consiglio di Stato, come ricorda l'agenzia specializzata Agicos, "riguarda solamente le penali, per la precisione il secondo conteggio, quello basato sugli atti integrativi delle convenzioni di concessione siglati nella primavera del 2008 che hanno reso più favorevoli i parametri per il conteggio delle pena-li".

BPlus (una volta si chiamava Atlantis) è la compagnia con il maggior numero di apparecchi installati. Ad essa i Monopoli avevano contestato penali per circa 7 milioni di euro (ma la Corte dei Conti aveva parlato di 31 miliardi).


CORTE DEI CONTI
Il Tar aveva confermato le penali. Ma ecco la decisione di appello del Consiglio di Stato. Il passaggio chiave: "Con riferimento alle violazioni più gravi imputate" alle società concessionarie, "cioè al mancato collegamento di apparecchi entro il 31 dicembre 2004, va condivisa la tesi... secondo cui occorre tener conto delle modifiche alla Convenzione (tra concessionari e Monopoli, ndr)" intervenute successivamente.

È il nodo della questione: la nuova Convenzione. Quella che per le concessionarie è l'ancora di salvezza e che per i critici invece è sempre parsa un colpo di spugna voluto da tutti, partiti compresi, per cancellare decine di miliardi di penali previste per le concessionarie. La nuova disciplina deve essere applicata anche a violazioni precedenti? In materia penale le leggi più favorevoli sono retroattive. Ma qui siamo in un ambito completamente diverso, parliamo di contratti e convenzioni.


consiglio-di-stato
I legali delle concessionarie cantano vittoria: "Una sentenza ottima che chiude in maniera tombale la questione. Il Consiglio di Stato afferma che i ritardi non hanno causato danni alla pubblica amministrazione. Una sentenza destinata ad avere ripercussioni anche sul procedimento della Corte dei Conti''.

Ma è davvero il preannuncio che le casse pubbliche devono dimenticarsi i famosi 98 miliardi? No, perché il giudizio della Corte dei Conti si basa anche su altri atti e perizie, non sempre favorevoli alle concessionarie. Certo, però, che la sentenza del Consiglio di Stato offre una via di uscita che i magistrati contabili potrebbero scegliere di seguire.




[30-12-2010]


tby dagospia

anche fini con le escort allora è un vizio?

Stefano Santachiara per Il Fatto Quotidiano


RACHELE-UN ESCORT PER FINI?
Valium Fini Feltri Nonleggerlo"Non voglio parlare, chiama il mio agente". Mentre si scatena la caccia al video dell'intervista che stando agli annunci di ‘Libero' e ‘il Giornale' getterebbe fango sul presidente della Camera Gianfranco Fini, la escort più amata dai berluscones lascia delusi clienti, fan e curiosi che da due giorni la stanno cercando al telefono e nel suo appartamento di Reggio Emilia. "Oggi è scesa a Roma a trovare amici e domani sarà a Milano" rispondeva ieri uno dei suoi agenti, riferendo dei prossimi impegni, "tra cui quello di un calendario".

RACHELE, nome d'arte di questa misteriosa escort sui 30 anni che adesca clienti tramite Internet e sogna il Grande Fratello, dosa le dichiarazioni per far crescere l'attenzione su "rivelazioni" al momento prive di alcuna pezza d'appoggio. E gli ingredienti per dettare l'agenda mediatica ci sono tutti: le idee di destra e la scelta di farsi chiamare come la moglie di Mussolini, l'ambientazione a Reggio Emilia, cuore della regione rossa in cui esercitava l'antico mestiere Nadia Macrì, la escort che ha fatto scoppiare lo scandalo del "Bunga Bunga" di Berlusconi.


Feltri e Belpietro con _Libero_
Fini e Bocchino
Con una sostanziale differenza: Macrì ha già parlato coi magistrati che indagano per favoreggiamento della prostituzione, fornendo più di un riscontro. Ed è proprio quando le notizie dei festini del premier avevano già fatto il giro del mondo che, una quindicina di giorni fa, Rachele ha registrato il videotape di 13 minuti in cui sostiene di aver trascorso tre notti con il presidente della Camera.

La prostituta, che secondo gli stessi megafoni a mezzo stampa non prova le sue parole, riferisce di incontri con Fini a Reggio Emilia nel novembre 2009, lo scorso maggio e in settembre. L'alcova sarebbe nella zona del Tribunale, un appartamentino ad hoc per ricevere i clienti agganciati sul Web. «Ciao sono Rachele - si legge nell'annuncio online - italiana, giovane, elegante, molto sexy e provocante, sono una modella pronta ad esaudire ogni tuo più particolare desiderio, posso riceverti o raggiungerti con un po' di preavviso".


BRIGUGLIO E BOCCHINO
FELTRI BELPIETRO b Nel messaggio in favor di telecamera invece - sempre secondo quanto riporta Il Giornale - ci sono anche i dettagli di uno degli incontri col presidente della Camera, che "arriva su un'Audi blu accompagnato da quella che sembra essere una guardia del corpo". Si parla di iniziali 500 euro e di un totale di duemila che sarebbero comprensivi di un extra "per pagare il suo silenzio".

La rottura del patto? Quando Fini non si sarebbe più fatto vivo e non sarebbero arrivati segnali da chi le avrebbe promesso una partecipazione al programma televisivo "Grande Fratello". Le reazioni degli ambienti vicini al presidente della Camera sono state durissime. Ieri il capo della segreteria politica di Futuro e Libertà Carmelo Briguglio, cogliendo l'occasione delle dichiarazioni del premier sul presunto complotto che ostacolerebbe la rimozione dei rifiuti a Napoli, ha replicato: "L'unico complotto ormai chiaro a tutti è quello ordito dalla stampa controllata dal premier contro Gianfranco Fini, di cui unico beneficiario è Berlusconi".


FELTRI - Giornale No B Day Amici Spatuzza - Nonleggerlo
Martedì il capogruppo Italo Bocchino aveva sottolineato che "prima di sparare fandonie sulla escort si doveva verificare attraverso la prefettura se Fini era stato lì nei periodi indicati da chi l'accusa. Invece ecco l'ansia di tirar fuori queste fandonie".

La Prefettura di Reggio Emilia, contattata ieri dal Fatto Quotidiano, non ha rilasciato dichiarazioni su presenze istituzionali nei periodi indicati dalla escort, che tuttavia non viene ritenuta credibile dalle forze dell'ordine locali. In questa storia con troppi condizionali, dunque, l'unica cosa certa è la querela annunciata da Gianfranco Fini. Se a Reggio Emilia non sono in corso accertamenti la Procura di Milano, competente territorialmente per l'ipotesi di reato di diffamazione a mezzo stampa, ascolterà probabilmente, oltre a Rachele, tutti coloro che hanno raccolto le sue confidenze.


sallusti visto da mannelli
"Non siamo stati convocati dall'autorità giudiziaria - ha risposto ieri uno dei collaboratori dell'agenzia milanese B&G production che cura l'immagine di Rachele - lei si è rivolta a noi circa un mese fa, poi ha girato il video. Si assume tutte le responsabilità di quanto afferma. Dai dettagli che ha fornito ci ha fatto credere che fosse vero ma non avendo foto degli incontri... Al momento è impegnata ma non si negherà a interviste. Noi ci occupiamo di spettacolo e televisione: Rachele ha già fatto dei backstage, vuole fare un calendario".

2- TRA GIORNALE E LIBERO, PER FAVORE EVITATE IL SANGUE
Da Il Fatto - Puncicate da bravi schermitori. Niente di eclatante o di eccessivamente gridato, solo "avvisi" all'utente. "Il Giornale" attacca? "Libero" risponde. "Libero" sferza? Sallusti replica. Ieri: dopo le polemiche del giorno prima sul presunto attentato a Belpietro, e l'articolo del "Giornale" che smontava tutto, proprio il quotidiano ora diretto anche da Feltri pubblica un pezzo nel quale accomuna "il Giornale" a "l'Unità".


sallusti santadeche feltri
RACHELE- UN ESCORT PER FINI?
Al grido: "Altro fango su Belpietro, diffamata pure la scorta". Immediata la riposta (preventiva) di Sallusti, che spiega ai suoi lettori una delle sfaccettature del decreto milleproroghe. Quale? La scure sui finanziamenti pubblici all'editoria: 50 milioni di euro in meno ai "giornali di partito". E chi c'è in cima alla lista? "Libero", ovvio, che da 7.7 milioni ricevuti nel 2009, ne otterrà appena 4.1 nel 2011. Chi divorzia fa sempre i conti in tasca all'altro.



by dagospia

secondo potito ( riformista ) travaglio è troppo tenero con di pietro

- TRAVAGLIO E L'NTERVISTA ALL'AMICO TONINO
Da "Il Riformista"


Di Pietro sul Fatto del 29 dicembre
Come un'ambulanza del 118, come un nucleo di interposizione Onu, come una pattuglia di pompieri che transenna l'edificio a rischio crollo, Marco Travaglio è sceso in campo sul "Fatto" per aiutare Tonino Di Pietro, vittima del fuoco amico di Luigi De Magistris e Paolo Flores d'Arcais dopo i casi Razzi e Scilipoti. Travaglio stima molto Di Pietro, l'unico politico al quale non ha mai riservato una critica, un buffetto, un rimbrottino, nemmeno quando la cronaca offriva ampio materiale. Ma stavolta il vicedirettore del "Fatto" è proprio incalzante, inflessibile, quasi cattivo.

L'intervista parte subito sul tema chiave, i problemi dell'Idv in Piemonte, al centro di numerosi editoriali anche sulla stampa internazionale. La domanda è aggressiva: «Com'è questa storia del Piemonte?».

Sulla querelle con De Magistris il quesito è veramente scomodo: «Lei ha fatto intendere che De Magistris vuole il suo posto». Dopo un piccolo cedimento («Per un riciclato che respingete ne imbarcate cento»), Travaglio riassume subito il volto inflessibile del Torquemada. A un certo punto dell'intervista ci scappa pure uno spietato «si spieghi meglio».

A Di Pietro non è concesso nulla, nemmeno di sbagliare un proverbio. Quando l'ex pm dice che è «facile cercare il capello nell'uovo e mai la trave che si ficca nell'occhio...», la replica di Travaglio è da giornalista killer: «Il detto non è proprio quello ma rende bene l'idea».


Di Pietro sul Corriere dell'8 dicembre
Poi l'implacabile tortura arriva al dunque: i casi Razzi e Scilipoti. Dice Di Pietro per giustificarsi: «Sono andati via perché non gli ho garantito la rielezione». Ma qui a Travaglio succede un incidente. Lui avrebbe proprio voluto ricordare a Tonino l'intervista rilasciata dal leader dell'Italia dei valori al Corriere della sera l'8 dicembre, quando ancora i «Giuda» non avevano saltato il fosso: «Sono orgoglioso di aver portato in Parlamento un operaio come Razzi e lo ricandiderò».

Oh quanto Travaglio avrebbe voluto contestargliela! Però aveva perso la carpetta con le "carte", quelle da cui non si separa mai. Le "carte". I fatti. Travaglio è così: se non ha con sé le "carte" non scrive. E non domanda.


2 - DI PIETRO: "PER COLPA LORO SONO CORNUTO E MAZZIATO"
Marco Travaglio per "Il Fatto Quotidiano"

Mentre risponde alle nostre domande sul cellulare, dal telefono fisso sta commissariando l'Idv in Piemonte. "Non si può mai stare tranquilli. Da una parte mi accusano, a me!, di questione morale, e intanto io commissario il nuovo coordinatore piemontese che ha appena imbarcato un tizio che vuole stare con noi ma intanto dichiara che resta fedele al sindaco di San Mauro Torinese del centrodestra. Dopo i Razzi e gli Scilipoti, ci mancava solo questo!".


Intervista a Di Pietro dell'8 dicembreCom'è questa storia del Piemonte? C'entra qualcosa col precedente coordinatore che s'è rivolto ai giudici per contestare la regolarità dell'ultimo congresso?
C'entra e non c'entra. Il congresso in Piemonte, l'ha stabilito il giudice in via d'urgenza, era regolare. Andrea Buquicchio, che ha fatto per 10 anni il coordinatore regionale e per 5 il consigliere regionale, ha perso il congresso e voleva farlo invalidare perché un altro l'ha battuto. L'altro, Luigi Cursio, un medico, uno della mitica ‘società civile', in buona fede per carità, diciamo per inesperienza, era così contento di avere strappato uno al Pdl che non gli ha chiesto nemmeno di scaricare la giunta Pdl di San Mauro. La società civile è una bella cosa, lo dico a Flores d'Arcais: ma a volte combina certi casini... Flores non ha idea di cosa vuol dire creare dal nulla e poi organizzare un partito, basato tutto sul volontariato.

Per un riciclato che respingete, altre centinaia ne avete imbarcati. Soprattutto mastelliani.
Ma non è che chiunque abbia fatto politica in altri partiti ha la peste addosso. Abbiamo delle regole: niente inquisiti, men che meno condannati. Ai congressi votano gl'iscritti, e mai per delega: bisogna essere presenti fisicamente. Se poi uno ha consensi e prende più voti di un altro, che ci posso fare io? E' questione morale o è democrazia? Sapesse quanti trombati perdono il posto e si mettono a strillare alla questione morale.


antonio di pietro idv Lei ha fatto intendere che De Magistris vuole il suo, di posto.
Ma quando mai. Mi riferivo alle lamentele che arrivano da tanti trombati sul territorio. Luigi mica l'abbiamo trattato come un corpo estraneo: è parlamentare europeo, presiede un'importante commissione sull'erogazione dei fondi europei, è capo del dipartimento Giustizia dell'Idv. Non ha bisogno di posti, li ha già e mi aspetto che si responsabilizzi di più, che mi aiuti a risolvere i problemi. Come l'altra sera, quando ha presenziato al vertice in Campania che ha eletto coordinatore una figura specchiata, Lorenzo Diana. Con lui comunque ci sentiamo due o tre volte al giorno, pure in questi giorni, nessun problema di posti.

E qual è il problema allora?
Che lui, la Alfano e Cavalli hanno sbagliato i tempi e le parole. Dire "questione morale" significa che il partito è marcio, il che è falso e offensivo. Mortifica e avvilisce non solo me, ma i nostri 1500 iscritti e i nostri dirigenti che da anni si fanno un mazzo così, spesso senza gratificazioni. Dirlo a freddo, poi, all'indomani della compravendita di Razzi e Scilipoti, è una coltellata. Per carità, mi prendo le mie responsabilità per averli scelti, ma come potevo prevedere che dopo 10 anni di dipietrismo e antiberlusconismo, quei due, dalla sera alla mattina, passavano con Berlusconi?


Antonio Polito
Beh, a volte bastano i curricula, le facce...
Senta, lo sa qual è la verità? Che, se volevo tenermeli, Razzi, Scilipoti e pure Porfidia me li tenevo. Ma a un prezzo: rinunciare alle nostre regole, cioè proprio alla questione morale tanto sbandierata da De Magistris, Alfano, Cavalli e Flores.

Si spieghi meglio.
All'ultimo esecutivo Idv abbiamo deciso che ci si può candidare solo nella propria regione. Scilipoti sapeva che nel suo territorio, Barcellona Pozzo di Gotto, gli avremmo preferito Sonia Alfano: al confronto con Sonia s'è sentito come il due di coppe quando a briscola comanda bastoni. Oltretutto, nel frattempo, è venuto fuori che è sotto processo. E noi chi è sotto processo non lo candidiamo.

E Razzi?
Idem: non sarebbe stato ricandidato, sia perchè strada facendo è saltato fuori un processo anche su di lui, sia perché comunque a Lucerna non poteva più chiedere voti, né avrebbe potuto ricandidarsi in un'altra zona d'Italia. Quindi si son messi sul mercato prima ancora che Berlusconi facesse l'offerta. Certo, se gli dicevo "tranquilli, vi ricandido lo stesso anche se indagati o imputati", quelli restavano. E' per la questione morale che li abbiamo persi. E ora, dopo averli persi, mi si imputa la questione morale?! Cornuto e mazziato.


MARCO TRAVAGLIO E Porfidia? Eletto in Campania, indagato per violenza privata con aggravante mafiosa, passato da Idv a Noi Sud.
Le rivelo una cosa. Quando l'abbiamo candidato, aveva il certificato penale intonso. Poi viene indagato: lo stesso giorno lo mettiamo fuori dal gruppo e dal partito. Qualche mese fa viene da me: "Tonino, se resto indagato o mi rinviano a giudizio, tu mi ricandidi?". Se rispondevo sì, restava. Invece ho risposto: "No, non posso". Così se n'è andato. E ora Luigi, Sonia e Cavalli mi incolpano di "questione morale" pure per Porfidia. Ma dovrebbero dirmi bravo! Era questione morale se lo tenevo!

Flores, e non solo lui, insiste da anni sulla selezione delle classi dirigenti a livello locale.
Ecco, appunto, grazie. Ma, se scelgo io i candidati come mi impone di fare questa legge elettorale di merda, non va bene perché sono un dittatore. Se gli organi dirigenti li scelgono i congressi, non va bene lo stesso perché passa qualche riciclato. Si invoca continuamente la "base", ma che cos'è la base? Io non conosco altra base se non gli iscritti. Poi lo so benissimo che il De Gregorio di turno si crea "più base" e porta più gente a votare per lui ai congressi e alla fine vince, e non è detto che sia il migliore. Ma qual è l'alternativa? Facile mettersi a tavolino, accendere il computer e, anzichè aiutare con critiche costruttive, criticare o lanciare pseudosondaggi natalizi. Facile cercare il capello nell'uovo e mai la trave che si ficca nell'occhio...


MARCO TRAVAGLIO Il detto non è proprio quello, ma rende l'idea.
Sono anni che tutti ci passano ai raggi X, poi quando si scopre che siamo sani, nessuno lo scrive. Ricorda il casino che han fatto due anni fa su mio figlio Cristiano indagato a Napoli per lo scandalo Romeo-Mautone? Ho appena scoperto che Cristiano non è mai stato indagato. Nulla di nulla. Ricorda le accuse sull'"associazione familiare" di Di Pietro che succhiava i finanziamenti al partito? Due anni di linciaggio e umiliazioni, poi il giudice ha archiviato: partito e associazione erano la stessa cosa, tutto regolare, anzi chi mi ha denunciato non poteva neppure farlo perché non era parte lesa. Ma non l'ha scritto nessuno (vedi articolo in cima alla pagina, ndr).

"Micromega", per aiutarla a fare pulizia, ha pubblicato mesi fa una lista di impresentabili dell'Idv.
Bene, chi non era degno di restare l'abbiamo messo alla porta. Altri avevano l'unico peccato di venire da altri partiti. Ma che ragionamento è? Siccome Flores fa politica da trent'anni, allora non ci parlo più? In quella lista c'erano poche decine di persone, su un partito che in dieci anni ne ha candidate decine di migliaia, tra elezioni politiche, europee, regionali, provinciali, comunali.

Da chi ha messo i "valori" nel logo del partito ci si aspetta più rigore che dagli altri.
Se mi dicono dove si vende il Pentotal per il siero della verità, lo compro di corsa. Ma il solo modo per non sbagliare è non far nulla e criticare gli altri. Già abbiamo regole e filtri che non ha nessun altro partito. Noi non paracadutiamo i candidati dalla Sicilia al Trentino: sei calabrese, lombardo, abruzzese? Ti candidi a casa tua, così la gente ti conosce e, se sei un pezzo di merda, prima o poi viene fuori. Certo, su migliaia di candidati, qualcuno sfugge sempre. Ma, quando lo becchiamo, lo cacciamo.


Antonio Razzi
Visti i risultati, si può fare di più.
E infatti lo faremo. Ogni giorno - vedi commissariamento del Piemonte - facciamo pulizie cammin facendo perché l'attenzione non è mai abbastanza. Il 14-15 gennaio ci ritiriamo in convento in Umbria per l'esecutivo nazionale. Lì proporrò una norma anti-riciclati: chi viene da altri partiti deve fare un anno di noviziato prima di prendere i voti, cioè prima di candidarsi alle elezioni o ricoprire incarichi nel partito, così intanto lo studiamo bene. Un anno di dieta vegetariana: niente carne, così non ingrassa... De Magistris e gli altri hanno altre proposte? Benvenuti, quella è la sede. Se Flores vuole venire a spiegarci il suo sistema, siamo felici. Per me ha sbagliato, ma in buona fede: ora, fatta la frittata, chiudiamo la polemica e passiamo alla pars construens. Staniamo il Pd per fare subito la grande coalizione - meglio con un leader scelto con le primarie - con noi e Sel per battere Berlusconi.

Ma Flores l'accusa di aver taroccato il suo sondaggio.
Ma io a Natale ero tutto preso da messa, presepe e capretto in famiglia. Figuriamoci se pensavo al suo pseudo-sondaggio. Poi è ovvio che in Rete i fans dell'uno e dell'altro organizzano le catene di Sant'Antonio: non c'erano solo gli sms "vota Di Pietro", ma anche quelli "affossa Di Pietro". E' normale. E comunque non avevo bisogno di quello pseudo-sondaggio per sapere che dobbiamo sempre fare di più.


Scilipoti
De Magistris invoca una cabina di regia per scegliere meglio i candidati.
Ma c'è già. E' l'esecutivo nazionale, che riunisce i parlamentari italiani ed europei, i consiglieri e i coordinatori regionali e i responsabili dei dipartimenti tematici. Ne fanno parte non solo Luigi, ma anche la Alfano, responsabile del dipartimento Antimafia, e Cavalli, consigliere regionale con importanti incarichi politici in Lombardia. A proposito: mi dicono che non so scegliere i candidati, ma loro tre chi li ha scelti? Io. E non le dico le resistenze che ho incontrato nella pancia del partito, sempre diffidente sugli innesti di esterni e indipendenti.

Pentito?
No. Tornando indietro, anche dopo queste critiche che reputo ingiuste, li sceglierei di nuovo tutti e tre. Perché lavorano benissimo. Però chiedo più rispetto per quei poveri stronzi di militanti e dirigenti anonimi che, nel silenzio di stampa e tv, han raccolto un milione e mezzo di firme per i referendum su nucleare, acqua pubblica e legittimo impedimento: è grazie a loro se nemmeno in caso di pronuncia favorevole della Consulta sul legittimo impedimento Berlusconi otterrà l'impunità: a giugno decideranno i cittadini.



by dagospia