domenica 30 dicembre 2012

MISSIONE: FAR FUORI IL CAINANO! – BRUNETTA GRIDA ALLA COSPIRAZIONE INTERNAZIONALE PER SPIEGARE LA CADUTA DEL GOVERNO DEL BANANA: “TRA FINE MAGGIO E INIZIO GIUGNO DEL 2011 È SUCCESSO UN ATTACCO PREMEDITATO ALLA NOSTRA FINANZA: LE BANCHE TEDESCHE HANNO VENDUTO ALL'IMPROVVISO OLTRE 8 MILIARDI DI TITOLI ITALIANI TRASCINANDO ALTRI ISTITUTI A FARE LO STESSO E PROVOCANDO UN ALLARGAMENTO DELL'OFFENSIVA A SPAGNA E GRECIA”…

Roberto Zuccolini per "Corriere della Sera" BRUNETTA E BERLUSCONI Ancora una volta i risolini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Quel beffardo sentimento di complicità tra la Cancelliera tedesca e l'ex presidente francese, che fece andare su tutte le furie il Cavaliere, viene indicato come «l'icona del complotto». Ma solo la sua immagine plastica, non la sua origine. Era il 23 ottobre 2011 e la caduta del governo Berlusconi era già quasi consumata. I fedelissimi di Silvio sono convinti che per capire quando e dove nacque la «congiura», sulla quale si vorrebbe aprire una commissione d'inchiesta parlamentare, bisogna risalire a qualche mese prima. LITE SANTORO BRUNETTA A SERVIZIO PUBBLICO Nel loro racconto si grida alla «cospirazione internazionale», si citano oscure alleanze di casa nostra, si disegnano intrecci da spy story: le banche tedesche, la grande finanza, gli accordi non scritti tra Parigi e Berlino contro Italia e Spagna, l'odore di «titoli tossici» in possesso di Berlino, la complicità del Quirinale, un workshop di Cernobbio con la presenza di alcuni dei congiurati, a partire da Mario Monti. E, per riassumere, i mitici «poteri forti». ZAPATERO BERLUSCONI SARKOZY MERKEL OBAMA ERDOGAN AL GVENTI DI CANNES JPEG «Può sembrare fantasia, ma se il grande pubblico avesse visto le mie slides già da mesi avrebbe capito tutto...». E invece, si lamenta Renato Brunetta, autore di power point sullo stato dell'economia italiana inviati quotidianamente via mail, «mi tocca rispiegare» nuovamente: «Tra fine maggio e inizio giugno del 2011 è successo qualcosa di inspiegabile se non si accredita la tesi di un attacco premeditato alla nostra finanza: le banche tedesche hanno venduto all'improvviso oltre 8 miliardi di titoli italiani trascinando altri istituti a fare lo stesso e provocando un allargamento dell'offensiva a Spagna e Grecia». Il risultato, racconta Brunetta, fu la creazione di un asse del Nord Europa, guidato da Germania e Francia, contro l'Europa mediterranea: «In quel periodo le banche tedesche producevano ancora tassi alti, al 3 per cento, mentre noi eravamo poco sopra al 4,5, ed erano in odore di titoli tossici. Avevano bisogno di uscire da quella situazione e per questo cominciarono l'offensiva contro di noi». CORRADO PASSERA E MARIO MONTI Fu allora che si scatenò la «tempesta perfetta». L'Italia, continua l'ex ministro della Funzione pubblica, venne costretta a fare una manovra nel mese di luglio in tutta fretta «ma non si accontentarono». Subito dopo, il 5 agosto, arrivò la famosa lettera della Bce in cui si invocavano ulteriori misure: «Per loro non bastava mai. Capii tutto a settembre, al workshop di Cernobbio. Compresi che c'era una congiura in atto da come si muovevano Mario Monti, Corrado Passera e i banchieri europei. I nemici per loro erano Zapatero e Berlusconi: bisognava farli cadere». E così fu: «Altri segnali giunsero dal Colle che non volle firmare il nostro decreto sviluppo. Erano presagi che facevano ben capire dove si stava andando». Certo, aggiunge Brunetta, il governo Berlusconi era debole alla Camera, e «cadde anche per quello». Ma «lo dissi subito che facevamo male a dare il via libera a Monti: non è servito a niente, ora abbiamo un debito più grande. Potevamo andare alle elezioni: avremmo perso, le riforme dure le avrebbe fatte Bersani, che sarebbe caduto subito dopo, e avremmo rivinto ora in primavera, a queste elezioni. Invece....». MICHAELA BIANCOFIORE SANDRO BONDI «Invece - spiega un altro fedelissimo come Sandro Bondi - Berlusconi ha fatto un passo indietro per il bene del Paese. Ma abbiamo sbagliato. C'era una congiura e la prova sta nel fatto che alla fine del suo governo Monti ha gettato la maschera e si è presentato alle politiche». Secondo l'ex ministro dei Beni culturali è bene tirar fuori un parallelo storico: «Vi ricordate come nacque il governo Dini? Allora, nel '95, ci fu un complotto di Palazzo: le inchieste giudiziarie, il ruolo giocato dal presidente Scalfaro, il ribaltone della Lega, la posizione assunta dai grandi giornali, tutto contribuì alla creazione di un esecutivo tecnico che poi aprì la strada al centrosinistra». E nel 2011? «C'è stato ugualmente un complotto. Ma stavolta c'erano di mezzo le potenze nordeuropee, la Francia e la Germania». Una cospirazione internazionale, conferma Bondi: «Non solo. Anche nella caduta dell'ultimo governo Berlusconi hanno svolto un ruolo importante le inchieste delle Procure. Per non parlare del presidente Napolitano che è stato il vero regista dell'operazione: è stato lui a nominare Monti senatore a vita per poi farlo andare a Palazzo Chigi». Ma Berlusconi non sarà caduto anche perché in Parlamento non aveva più una maggioranza? «Sì, è vero, anche per quello», ammette Bondi. Ma poi continua con la sua teoria: «Vuole mettere le pressioni internazionali, l'assedio che si era creato attorno al suo governo? C'erano grandi interessi internazionali di mezzo... mi chiedo come mai la denigrazione dell'Italia all'estero è cominciata proprio quando abbiamo espresso i nostri dubbi sull'intervento militare in Libia...». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/missione-far-fuori-il-cainano-brunetta-grida-alla-cospirazione-internazionale-per-spiegare-la-caduta-48709.htm

AGENDA MONTI SENZA VERGOGNA! DOPO LA MAXI-BEFANA AI BENETTON E PALENZONA (RADDOPPIO DELL'AEROPORTO DI FIUMICINO SUI TERRENI DELLO STESSO BENETTON A SPESE NOSTRE GRAZIE AL QUASI RADDOPPIO DELLE TARIFFE DA 16 A 26,5 EURO A CRANIO CHE FRUTTERÀ LORO ALMENO 360 MILIONI L'ANNO, ARRIVA LO SGRAVIO FISCALE ALLE ASSICURAZIONI CHE IMPONGONO ALLE AUTOMOBILI LA DOTAZIONE DI UNA SPECIALE SCATOLA NERA, PRODOTTA INDOVINATE DA CHI? MA DA LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO, NATURALMENTE, NEOALLEATO DI MONTI E PASSERA CHE HAN FIRMATO LA LEGGINA, UN CODICILLO DEL DECRETO LIBERALIZZAZIONI PROPRIO IN EXTREMIS (QUESTI SO’ “TECNICI”!) - 2. MA UNO COME LO SMONTEZEMOLATO CHE HA LE MANI IN PASTA IN AUTOMOBILI, BANCHE, ASSICURAZIONI, GIORNALI, IMMOBILI, ETC. PUO’ AVERE VOCE IN CAPITOLO IN POLITICA? MA ‘STO CONFLITTO DI INTERESSI, TANTO EVOCATO DA TUTTI, VALE SOLO PER BERLUSCONI? -

LE AGENDINE di Marco Travaglio per Il Fatto Il nostro giornale continua a pubblicare, in beata solitudine, notizie che farebbero enorme scandalo in qualunque altro paese, e persino in Italia se riguardassero Berlusconi. Invece riguardano il governo Monti, dunque tutti zitti e mosca. La prima è il gentile omaggio ai Benetton e Palenzona col contorno di Gemina e banche assortite: lorsignori potranno raddoppiare l'aeroporto di Fiumicino sui terreni dello stesso Benetton a spese nostre grazie al quasi raddoppio delle tariffe (da 16 a 26,5 euro a cranio) che frutterà loro almeno 360 milioni l'anno. AGENDA MONTI MOSE MARIO MONTI La seconda (leggere qui a fianco per credere) è lo sgravio fiscale alle assicurazioni che impongono alle automobili la dotazione di una speciale scatola nera, pro-dotta indovinate da chi? Ma da Luca Cordero di Montezemolo, naturalmente, neoalleato di Monti e Passera che han firmato la leggina, un codicillo del decreto Liberalizzazioni proprio in extremis. MONTI PAPA RATZINGER Chissà se Monti pensava a questi suoi regalucci miliardari agli amici degli amici quando ha scritto in ben due righe della sua Agendina: "Va introdotta... una più robusta disciplina sulla prevenzione del conflitto di interesse". O magari alludeva ai 17 milioni regalati dal suo governo in articulo mortis, anzi Montis, ai pii ospedali Gaslini di Genova e Bambin Gesù di Roma, tanto cari ai cardinali Bagnasco e Bertone, così prodighi di benedizioni urbi et orbi all'Agendina e al suo scriba. Sono vergogne che rendono un tantino fasulle le professioni di legalità acchiappa-voti dei partiti alleati del governo tecnico. Nell'Agendina la parte sulla Giustizia è stata scritta così di fretta, col copia-incolla, che vi compare due volte, a pagina 23 e 24, la stessa ficcante frase: "Va introdotta una coerente disciplina del falso in bilancio e completata la normativa sull'anticorruzione, l'antiriciclaggio e l'autoriciclaggio. Va rivista (sic, ndr) la riduzione dei termini di prescrizione per garantire in modo più adeguato l'azione di prevenzione e contrasto di diversi gravi reati". FRATELLI BENETTON MACCARESE BENETTON Invece di scrivere due volte la stessa banalità, si poteva forse spiegare se chi falsifica il bilancio finirà in galera come negli altri paesi; e soprattutto perché, se erano così urgenti, il falso in bilancio, l'autoriciclaggio e il taglio della prescrizione non li ha introdotti il suo governo nella mirabolante legge anticorruzione. Quanto all'evasione fiscale, a parte un bellicoso annuncio di "tolleranza zero" (che fa il paio col celebre "contro l'evasione siamo in guerra"), Monti intende combatterla con "interventi finalizzati a identificare innanzitutto le grandi aree di illegalità". Mecojoni, dicono a Roma: resta da capire se finalmente gli evasori finiranno in carcere, come nel resto del mondo. Se siamo in guerra, dove sarebbero i prigionieri? Ci vuol altro che questi pensierini da Bacio Perugina per sconfiggere (non combattere: sconfiggere) il malaffare che succhia miliardi con sistemi sempre più raffinati, ramificati e trasversali.E ci vuol altro che i semolini di Piero Grasso sulla"rivoluzione della giustizia"con lacrimuccia perchè, firmando le dimissioni da magistrato, gli tremava la penna. CARDINALE ANGELO BAGNASCO PIERLUIGI BERSANI PRESENTA LA CANDIDATURA DI PIETRO GRASSO Ma lo sa o non lo sa, Grasso, che i signori alla sua destra e alla sua sinistra, Bersani e Letta jr., erano ministri del centrosinistra che chiuse le supercarceri di Pianosa e Asinara, abrogò l'ergastolo anche per le stragi, abolì i pentiti di mafia (lo disse lui: "Se fossi un mafioso, con questa legge non mi pentirei più"), depenalizzò l'abuso d'ufficio e indultò il voto di scambio politico-mafioso? Lo sa o non lo sa che in Sicilia il Pd ricandida Mirello Crisafulli, amico del boss Bevilacqua, e a Milano l'ex assessora penatiana Bruna Brembilla, beccata al telefono con un picciotto del clan Barbaro che le procurava voti sicuri? Dia un'occhiata a certi candidati del suo partito, se proprio cerca un buon motivo per piangere. 2. MONTEZEMOLO E IL BUSINESS POLITICO DELLA SCATOLA NERA - BOOM DELLA OCTO TELEMATICS GRAZIE AI TECNICI ORA È PRONTA LA VENDITA, PROFITTO MILIONARIO di Stefano Feltri per Il Fatto Ci sono tante ragioni per cui un impegno di Luca Cordero di Montezemolo è poco opportuno nel Paese del conflitto di interessi: i suoi rapporti con la famiglia Agnelli-Elkann (è ancora presidente di Ferrari, controllata di Fiat), la sua recente vicepresidenza dell'Unicredit in quota dei fondi arabi, l'investimento nel più regolato dei business, quello ferroviario, con il Nuovo Trasporto Viaggiatori di cui ha da poco lasciato la presidenza. BERLUSCONI FINI MONTEZEMOLO ASSEMBLEAABI LETTA MONTEZEMOLO GERONZI BIG Ma c'è un'altra storia, solo in apparenza minore, che spiega meglio la tela avvolgente di interessi e tentazioni in cui si troverebbe (meglio dire si troverà) Montezemolo quando la sua associazione Italia Futura diventerà la colonna su cui si regge la lista Monti. La storia è quella della Octo Telematics e delle scatole nere da mettere nelle automobili per ridurre le frodi in caso di incidente. IL DECRETO La Octo Telematics è un'azienda di Reggio Emilia in cui il fondo Charme promosso da Montezemolo ha investito nel 2010. E ora, secondo quanto rivelato da Carlo Festa sul Sole 24 Ore, è pronta per essere ceduta al colossale valore di un miliardo di euro, stando alle stime riservate di Goldman Sachs. Le fortune della Octo Telematics, nata nel 2002, derivano dal talento emiliano del fondatore Germano Fanelli, ma le prospettive future sono rosee soprattutto grazie a uno dei ministri più montezemoliani del governo Monti, Corrado Passera. LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO RICCARDI MONTEZEMOLO OLIVIERO E DELLAI Nell'ultimo bilancio della Octo Telematics si legge che "il mercato assicurativo, nel ramo responsabilità civile auto, sta attraversando una nuova fase in seguito della recente introduzione del decreto legge 24 gennaio 2012 recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività". É il decreto Liberalizzazioni che ha messo le premesse per il boom del mercato delle scatole nere sulle auto come strumento antifrode. All'articolo 32 si legge infatti che se l'assicurato installa la scatola nera sull'auto, tutti i costi sono a carico della compagnia che offre anche una "riduzione significativa" della tariffa, tanto poi si rifà grazie alla riduzione delle frodi e dei costi di contenzioso. Non solo: il decreto lascia la possibilità al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (oggi inglobato nel superministero dello Sviluppo) di stabilire per quali altri "ulteriori dispositivi" valga questo regime che è forse nell'interesse di tutti, ma i cui beneficiari maggiori sono i produttori della tecnologia richiesta. MONTEZEMOLO DELLAVALLE ITALO L'AFFARE È PRONTO Infatti nel bilancio della Octo Telematics, alla voce "evoluzione prevedibile della gestione" è indicato praticamente solo l'impatto del decreto grazie al quale "sono in corso negoziazioni con alcuni clienti attuali per adeguare i contratti vigenti al modello di business regolato dalla legge e parimenti sono stati avviati contatti con clienti potenziali che dovranno implementare nel loro portafoglio le polizze telematiche". PIERFERDINANDO CASINI E LUCA DI MONTEZEMOLO La norma governativa è arrivata al momento giusto: un fatturato già considerevole per la Octo Telematics, 70 milioni di euro, è considerato in crescita potenziale da Goldman Sachs fino a 100 milioni. Proprio a gennaio, lo stesso mese del decreto, il fondatore Germano Fanelli e i suoi soci vendono il loro 30 per cento detenuto tramite la MetaSystem alla Octobi, società capogruppo, che così detiene il 90 per cento (tutto in pegno alle banche). La Octobi è controllata al 60 per cento dalla Montezemolo & Partners sgr, con un investimento di 18,5 milioni di euro tramite il fondo di investimento Charme 2 (in cui con Montezemolo ci sono vari soggetti, tra cui il gruppo indiano Tata). Se fossero corrette le valutazioni di Goldman Sachs riportare dal Sole 24 Ore e la Octo Telematics venisse valutata un miliardo, il fondo di Montezemolo potrebbe vendere la sua quota del 90 per cento realizzando una plusvalenza teorica colossale, oltre 880 milioni di euro. Difficile che vada davvero così, ma comunque si prospetta un buon affare. MONTEZEMOLO E BERLUSCONI Sempre che al ministero dello Sviluppo non arrivi un ministro poco compiacente che magari cambi le regole sulle scatole nere, rovinando le prospettive della società emiliana. E sempre che Enrico Bondi, il superconsulente ingaggiato da Monti per la spending review e che ora deve vigilare sui conflitti di interesse dei candidati nelle liste montiane, non abbia qualcosa da ridire sulla vicenda (pare poco probabile). IL CARDINAL BERTONE IN VISITA ALLA FERRARI CON MONTEZEMOLO INQUIETUDINI FERROVIARIE C'è un solo ministro dello Sviluppo che Montezemolo teme davvero ed è Mario Moretti, l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che secondo alcuni retroscena giornalistici Pier Luigi Bersani vorrebbe portare al governo. Nei giorni scorsi Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera, ha ipotizzato che dopo le elezioni si affronti la nuova crisi di Alitalia con un'alleanza con le Fs, invece che con una ricapitalizzazione o cedendo le quote dei "patrioti" italiani al partner industriale Air France. SOSTA SELVAGGIA DI LUCA MONTEZEMOLO SU VIA MONTENAPOLEONE A MILANO Così la concorrenza si ridurrebbe ancora, concentrando i due operatori principali del trasporto (soprattutto sulla redditizia tratta Roma-Milano) a tutto danno della Ntv di Montezemolo. Ieri Alitalia ha smentito ogni ipotesi di alleanza " in modo assoluto e categorico". Ma gli azionisti di Ntv, e soprattutto le banche creditrici che hanno in pegno gran parte delle azioni, si sentiranno più rassicurati se la lista Monti sostenuta dalla montezemoliana Italia Futura avrà un buon risultato nelle urne. Luca Cordero di Montezemolo probabilmente non sarà candidato, ma se le cose vanno bene (per lui) potrebbe ritrovarsi ministro. Ma se Monti è coerente con le proprie dichiarazioni sulla volontà di evitare conflitti di interesse, Montezemolo non potrà occuparsi di automobili, banche, assicurazioni, giornali, immobili, televisione (la ex compagna produce fiction e lui, dicono le intercettazioni dell'inchiesta P4, faceva il possibile per farla lavorare in Rai). Magari gli daranno il ministero delle Pari opportunità. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-agenda-monti-senza-vergogna-dopo-la-maxi-befana-ai-benetton-e-palenzona-raddoppio-48693.htm

mercoledì 26 dicembre 2012

CHE UN LEADER O PREMIER ABBIA AL FIANCO GHOST-WRITER ESTENSORI DI PROGRAMMI E DISCORSI, È NELLA LOGICA DELLA POLITICA. BIZZARRO (EUFEMISMO) È INVECE UN PREMIER-TECNICO COME MONTI CHE, DALL’ALTO DELLA SUA SUPPONENZA PROFESSORALE, CE LA MENA PER MESI CON ‘STA “AGENDA MONTI” CHE DOVREBBE SALVARCI DALL’EURO-APOCALISSE E POI, RIVELA DAGOSPIA, E' FARINA DI UN ALTRO SACCO, QUELLO DEL PROF PIDDINO PIETRO ICHINO - 2. SCUSI, UN TECNICO NON PUO’ ARRUOLARE UN ALTRO TECNICO PER FARE IL “SUO” LAVORO? CERTO, SIAMO UOMINI DI MONDO, NESSUNO SCANDALO. PERÒ VA DETTO. PER RISPETTO ALMENO DI CHI ANDRÀ A VOTARE UN PARTITO CHE FARÀ RIFERIMENTO ALL’’’AGENDA’’ - 3. MA COSA ASPETTARSI DA UNO COME SUDARIO MONTI CHE PRATICA DA SEMPRE QUEL SAGGIO INSEGNAMENTO CHE DICE: LA PRIMA REGOLA PER AVERE IMPORTANZA È DARSELA? - 4. PECCATO CHE QUESTA ‘’AGENDA’’, SECONDO UN CELEBRE POLITOLOGO SIA UNA DELUSIONE: “UN PROGRAMMA ELEMENTARE”. AGGIUNGENDO VELENOSO: “SA, DOPO BERLUSCONI, A PALAZZO CHIGI ANCHE LA MIA CUOCA AVREBBE FATTO UNA BRILLANTE FIGURA” -

DAGOREPORT Nulla di nuovo sotto sole: che un leader o premier abbia al fianco ghost-writer (o volgarmente detti "negri") estensori di programmi-discorsi-battute, è nella logica della politica. Nessuno alza il sopracciglio se Bersani ha uno staff economico guidato da Stefano Fassina, se Berlusconi si avvale di Brunetta o di Valentino Valentini, se Montezemolo ha a disposizione l'economista Nicola Rossi o il politologo Andrea Romano. Da Cameron a Obama, stessa solfa. MONTI Bizzarro (eufemismo) è invece un premier come Monti che, dall'alto della sua supponenza professorale, ce la mena per mesi con ‘sta "Agenda Monti" che dovrebbe salvarci dalle fiamme dell'euro-apocalisse e poi un sito disgraziato come Dagospia tira fuori che il programma sociale-economico è farina di un altro prof, fino a ieri senatore in quota Renzi del Partito Democratico, il giuslavorista Pietro Ichino. MONTI-GRILLO Un politico può arruolare un tecnico, ma un tecnico che chiama un altro tecnico per fare il lavoro a posto suo? Certo, siamo uomini di mondo, nessuno scandalo. Però va detto. Per rispetto almeno di chi andrà a votare un partito che farà capo della fatidica Agenda Monti. Non lo deve scoprire uno smanettatore della Rete. MOL09 MONTEZEMOLO AND ROMANO MAU MOLINARI G ANSELMI Se Ichino ha ammesso (vedi intervista che segue), Goldman Monti non ha aperto quella sua bocca che pare una fessura di un bancomat. Certo, nella sua amata Germania lo scorso anno, il ministro zu Guttenberg fu sollevato dalla Merkel per aver copiato di sana pianta una parte della sua tesi di dottorato. Chiedere questo è troppo nel nostro paese (vedi artico che segue), però una dichiarazione in merito alla "sua" Agenda era d'uopo. Ma cosa aspettarsi da uno come Sudario Monti che pratica da sempre quel saggio insegnamento che dice: la prima regola per avere importanza è darsela. Se poi si aggiunge che Supermario, pur essendo nativo di Varese, ha i sani caratteri del torinese, falso e cortese, si comprende come sia riuscito, pur senza grandi titoli scientifici (alla Bocconi esercitava il ruolo di rettore, cioè una mansione amministrativa), a infinocchiare prima l'Europa e poi il nostro Paese. PROPRIETÀ DEL DOCUMENTO DI MONTI BY PIETRO ICHINO PIETRO ICHINO Ecco: la sua inclinazione amministrativa più che di studioso potrebbe essere l'origine dell'apporto di un prof come Ichino. Peccato che questa Agenda, agli occhi di altri politologi, una volta letta in profondità, sia una grossa delusione: "un programma elementare", così ci ha liquidato un celebre e severo editorialista italico rimasto "esterrefatto" davanti all'Ichino-gate di Dagospia. Aggiungendo velenoso: "Sa, dopo Berlusconi, a palazzo Chigi anche la mia cuoca avrebbe fatto una brillante figura". 2. ICHINO: «IO ESTENSORE DELL'AGENDA MONTI? NO, MA...». E POI: «MEZZO PD CON ME E RENZI» http://www.ilsole24ore.com/ #scusatipietro. È l'hastag creato da utenti di Twitter - soprattutto elettori e simpatizzanti del centrosinistra - che ironizzano per la scelta del senatore del Pd, Pietro Ichino di lasciare il Partito democratico e candidarsi a guidare la lista dell'ex premier in Lombardia. Gli utenti di Twitter chiedono al giuslavorista spiegazioni sulla decisione di lasciare la 'casa madre' e di "accasarsi" con Monti. BRUNETTA E BERLUSCONI MONTI E RENZI A Radio 24: il mio documento era online da mesi Intervistato da Radio 24 ha detto: «Io ispiratore del documento di Mario Monti? Il documento che porta il mio nome sta sul mio sito alla luce del sole da mesi». Mezzo Pd è con Monti «Il Pd é un grande partito di centrosinistra dove le posizioni espresse nell'agenda Monti hanno pieno diritto di cittadinanza, anche il programma di Renzi ne recepiva gran parte», tanto che «la componente definita "montiana" si é arricchita di nuove adesioni», ha detto il senatore del Pd, Pietro Ichino, intervistato da Tgcom24. «Una metà abbondante dell'elettorato Pd - per Ichino - sarebbe favorevolissima che il partito facesse propria l'agenda Monti». MONTI CON PASSERA ALLA CONFERENZA STAMPA Il Pd è diviso Il Pd, ha detto Ichino, é diviso: una metà o giù di lì, una parte molto rilevante, é fortemente mobilitata in un impegno su questa strategia disegnata da monti. Poi c'é un'altra parte del partito che sostiene cose diverse, come fassina« che ha di fatto smentito e bocciato l'esperienza del governo Monti. «Io mi sarei imbarazzato a fare campagna elettorale per il Pd senza un chiarimento su questa contraddizione. Ho sollecitato un chiarimento, ho chiesto che Bersani prendesse le distanze rispetto alle dichiarazioni di fassina, ma questa presa di distanza non c'é stata. Se ci fosse stata non avrei avuto problemi ad accettare la candidatura, che mi é stata offerta nel listino». Insomma «il mio rifiuto non nasce dalla paura di non essere candidato, ma dall'impossibilità di sostenere una campagna elettorale in cui c'é una contraddizione, di garantire per qualcosa che non mi sento di garantire. Ho atteso fino all'ultimo, ma questo chiarimento non é venuto e il giorno dopo mi é stato proposto di fare il capolista per la lista Monti al Senato in Lombardia e ho accettato in piena coerenza con quello che ho sempre detto e fatto». MARIO MONTI SERGIO MARCHIONNE E MARIO MONTI Hanno usato il suo pc a "sua insaputa"? Ma le battute polemiche e le richieste di chiarimento sono rinfocolate anche da un piccolo giallo scoperto dal sito Dagospia: il file in formato Pdf dell'agenda Monti, pubblicato dal Corriere della sera, risulta creato proprio dallo stesso professor Ichino. «Hanno usato il pc a sua insaputa?». chiede ironicamente un utente. Molti commenti sono sulla stessa falsariga: «Che un senatore del Pd scriva un documento programmatico in competizione con il suo partito é perlomeno imbarazzante», twitta un altro utente. È corretto, é la domanda di molti, «fingere di voler fare le primarie nel proprio partito mentre si sta scrivendo l'agenda di un altro schieramento»?, scrive un'altra. MARIO MONTI E ENZO MOAVERO MARIO MONTI DA LA STAMPA Ichino: non sono l'estensore dell'agenda Monti, ma ... Il giallo sull'Agenda Monti che reca il marchio di Pietro Ichino é dovuto al fatto che lo staff di Monti ha utilizzato, per redigerla, un documento del senatore eletto nelle liste del Pd. Un documento «proprio inerente all'Agenda Monti, da non dimenticare in un prossimo governo». È lo stesso Ichino a fornire questa spiegazione. «È assolutamente infondato» che sia io l'estensore del documento, afferma il senatore, io ho solo fornito il mio contributo per la parte inerente alle tematiche sul lavoro. Così lo staff del premier ha deciso di far uso di un documento pubblicato sul mio sito il 29 settembre scorso, proprio inerente all'agenda Monti, da non dimenticare in un prossimo governo». IL GHIGNO DI MARIO MONTI 3. IL COPIA E INCOLLA DI CUI È ACCUSATO IL MINISTRO ZU GUTTENBERG COLPISCE PER L'ENORME RISALTO CHE ALLA VICENDA STA DEDICANDO LA STAMPA TEDESCA - PERCHÉ UN ANALOGO SCANDALO SAREBBE DIFFICILMENTE IMMAGINABILE NEL NOSTRO PAESE? Giovanni Belardelli per il "Corriere della Sera" - articolo del 18 febbraio 2011 Certamente nel caso di plagio di cui è accusato il ministro zu Guttenberg - che, si sostiene, avrebbe copiato di sana pianta una parte della sua tesi di dottorato - a colpire è il fatto che esso riguardi uno dei politici tedeschi di maggiore successo presso l'opinione pubblica. Ma l'episodio, almeno osservato dall'Italia, colpisce forse ancora di più per l'enorme risalto che alla vicenda sta dedicando la stampa tedesca, la quale ritiene l'aver copiato (cioè, a chiamare le cose col loro nome, il furto delle idee e del lavoro intellettuale altrui) una colpa grave. LA COPERTINA DI SPIEGEL CON GUTTENBERG Un analogo rilievo sarebbe difficilmente immaginabile nel nostro Paese, dove episodi del genere non hanno mai innescato uno scandalo paragonabile a quello in cui si trova coinvolto il ministro della Difesa tedesco. Questo perché, come sappiamo tutti, in Italia è abbastanza diffusa l'idea che copiare sia in fondo una colpa lieve, che anzi per molti si configura come un comportamento lecito. Secondo la gerarchia dei valori e dei disvalori che abita nel profondo la nostra cultura, copiare rappresenta tutt'al più un peccato veniale, che dunque non occorre riceva l'unica vera sanzione che può indirizzare i comportamenti di una collettività, la disapprovazione sociale. Solo in Italia, credo, è potuto accadere che nel giugno scorso, alla vigilia delle prove di maturità, il Tg1 trasmettesse un ammiccante servizio su tutte le tecniche disponibili per copiare. Solo nel nostro Paese è potuto accadere che l'Invalsi, l'organismo che si occupa delle prove di valutazione nelle scuole, un paio d'anni fa si sia trovato costretto a denunciare il fatto che non pochi insegnanti lasciano tranquillamente copiare i loro alunni durante le prove. GUTTENBERG ANNUNCIA LE DIMISSIONI KARL THEODOR ZU GUTTENBERG E COMPAGNA Appropriarsi del libro di qualcun altro, dunque il plagio in senso stretto del quale è accusato il ministro tedesco, è cosa evidentemente più grave del copiare a scuola per ottenere in modo scorretto un voto che non si merita. Ma anche su quest'ultimo fenomeno, quando nel nostro Paese un episodio di plagio viene reso noto, suscita in genere le reazioni timide e impacciate di chi anzitutto dovrebbe esprimere una censura, i colleghi dello stesso campo di studi. ANGELA MERKEL E KARL THEODOR ZU GUTTENBERG Stando così le cose, essendo questo il sentire comune o comunque largamente esteso, ho la sensazione che l'Italia di oggi sia uno dei massimi centri della copiatura per quel che attiene alle tesi di laurea: lavoro complesso e impegnativo se fatto seriamente e da soli, facile, anzi facilissimo, se ci si rivolge a centri e istituti appositi oppure, senza neanche sborsare un euro, a quell'immenso serbatoio di testi e tesi altrui che è rappresentato da Internet. Ma c'è forse un'ulteriore questione che ciò che sta avvenendo in Germania solleva, se visto dall'Italia. GUTTEMBERG Almeno a prima vista, il fatto che nel nostro Paese i casi di plagio ricevano una scarsa attenzione sembra contraddire quella esigenza di moralizzazione, quel bisogno di comportamenti eticamente più adeguati che, con alterne vicende, anima l'opinione pubblica italiana da vent'anni in qua, dai tempi almeno di Tangentopoli. Perché, in sostanza, ci scandalizziamo di fronte ai casi di corruzione politica o a comportamenti come quelli, privati ma censurabilissimi, del presidente del Consiglio, e nessuno si scandalizzerebbe davvero - temo - per un ministro che ha copiato la sua tesi di dottorato? MARIO MONTI CON CUFFIA E CANDELA Credo che questo abbia a che fare con l'idea che l'esigenza di moralizzazione riscalda veramente i cuori, mobilita i sentimenti dell'opinione pubblica italiana o d'una sua ampia parte solo se diventa movimento collettivo, disegno politico o parapolitico di «pulizia etica» (per riprendere un'espressione usata da Ostellino su questo giornale). Come se, intendo dire, l'etica abbia bisogno di individuare un nemico e insieme una dimensione politica di massa. Rimaniamo invece un po' tutti poco sensibili a un'etica intesa anzitutto come responsabilità individuale delle proprie azioni private (qual è quella che appunto coinvolge il copiare o meno), in cui non ci sono vantaggi o obiettivi politici da perseguire, in cui il vero nemico è semmai la parte buia e oscura, la tentazione del male, che si nasconde in ognuno di noi. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-che-un-leader-o-premier-abbia-al-fianco-ghost-writer-estensori-di-programmi-48571.htm

sabato 22 dicembre 2012

IL PADRINO, ULTIMO ATTO? - IL SUPERBOSS PROVENZANO È IN COMA, DA QUANDO LO HANNO OPERATO IN SEGUITO A UNA “STRANA” CADUTA IN CARCERE - AVEVA INCONTRATO I PM DI PALERMO, E AVEVA FATTO CAPIRE DI VOLER RIVELARE QUALCOSA, IN CAMBIO DELLA PROTEZIONE DEI FIGLI - POI, INCONTRATI I PARGOLI, HA CAMBIATO IDEA, E SONO COMINCIATI I BIZZARRI INCIDENTI CHE HANNO TRASFORMATO IL LUCIDO 79ENNE IN UN VEGETALE - CON LUI MORIREBBERO I SEGRETI SULLE STRAGI, LA TRATTATIVA, E 30 ANNI DI STORIA ITALIANA…

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per "il Fatto Quotidiano" BERNARDO PROVENZANO Per lui aprire bocca e rompere l'omertà "è fare la guerra". A 360 gradi. Perché se parla, Bernardo Provenzano sa che deve parlare di complici e avversari. "Se volessi fare qualcosa e se facessi subito la guerra, è chiddru di diri che c'è cu è ca mi ha rispettato e c'è cu è ca un m'ha rispettato (dovrei dire che c'è chi mi ha rispettato e chi no, ndr)". Ma Binnu la guerra non la vuole fare: "Io cose da raccontare non ne ho e non ce ne posso dare". BERNARDO PROVENZANO Nell'ultimo interrogatorio, prima delle misteriose cadute dal letto, però, l'anziano patriarca apre uno spiraglio a sorpresa, e cerca di prendere tempo: "Al momento non posso dire niente... Ma non lo so, sono a disposizione vostra... Prima devo vedere come mi trattano qua". E ai pm che gli chiedono se, fuori dal carcere, si sentirebbe di parlare più liberamente, il superboss risponde: "Non lo so, se u sapìssi ci u dicissi. Ma sì, aspettiamo". È l'ultima trattativa, che il capomafia di Corleone, 79 anni, conduce personalmente nella sua cella del carcere di Parma con gli aggiunti di Palermo, Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci, che vanno a interrogarlo a fine maggio scorso. L'INCIDENTE, L'OPERAZIONE E I DANNI CEREBRALI PERMANENTI L'ultimo braccio di ferro con lo Stato. Perché ora che è ricoverato in coma, dopo l'asportazione di un ematoma alla testa per una misteriosa caduta in cella, Binnu potrebbe aver perso per sempre la capacità di raccontare la storia nera dell'Italia. I medici che lo hanno operato, infatti, ipotizzano la presenza di danni cerebrali permanenti, che potrebbero aver cancellato la memoria di una carriera criminale lunga quanto la stagione repubblicana. BERNARDO PROVENZANO ARRESTATO Quel curriculum da boss dei boss che fa di Provenzano l'archivio vivente di tutte le trame eversive della Prima e della Seconda Repubblica, e nello stesso tempo il testimone esemplare dell'Italia del compromesso storico con l'illegalità, sembra vicino a evaporare nel nulla dell'oblio. ANTONINO INGROIA TEATRO Così, mentre i pm di Palermo si affrettano a interrogare il figlio Francesco Paolo, nel tentativo di ricostruire l'ennesimo episodio oscuro legato alla preoccupazione del boss, captata nei giorni scorsi da una microspia, e cioè che qualcuno, dentro il carcere, "gli volesse male", l'epopea criminale dello "stratega" di Cosa Nostra, del regista della pax mafiosa, si avvia alla conclusione su un letto d'ospedale, dove l'ideologo di quella direttiva che ha imposto la linea della convivenza pacifica di Cosa Nostra con le istituzioni nel ventennio berlusconiano, viene definito un malato "in gravissime condizioni". SONIA ALFANO La parabola discendente di Binnu comincia la sera del 9 maggio scorso, quando il superboss viene sorpreso in cella, mentre tenta di infilare la testa in un sacchetto di plastica. Secondo fonti del Dap, si tratta della messinscena di un tentativo di suicidio che, comunque, viene immediatamente sventato. Ma pochi giorni dopo , il 26 maggio, il parlamentare del Pd, Beppe Lumia, e l'eurodeputata dell'Idv, Sonia Alfano, si recano nel carcere di Parma per verificare le condizioni di salute di Provenzano, e durante il colloquio con l'anziano capomafia lo invitano a collaborare con lo Stato. Binnu non si chiude a riccio, appare lucidissimo e, secondo i resoconti di quel colloquio, manifesta la necessità di proteggere la propria famiglia: "I miei figli - dice - non devono andare al macello". GIUSEPPE LUMIA Quando il senatore e l'eurodeputata gli assicurano che lo Stato potrebbe garantire loro un futuro, Provenzano conclude: "Fatemici parlare, e poi sarà la volontà di Dio". Ecco che qualche giorno dopo, il 31 maggio, si presentano nella sua cella i pm di Palermo venuti a sondare l'eventuale "disponibilità" del superboss a fornire informazioni utili alle indagini. Gli inquirenti non riescono a ottenere una risposta precisa, perché Binnu non si sbilancia oltre quel laconico rifiuto di aprire, con le sue parole, una guerra: "Non voglio fare del male a nessuno", dice. TOTO RIINA Secondo indiscrezioni giornalistiche, però, il 4 luglio Lumia e Alfano tornano nel supercarcere di Parma per un nuovo colloquio con l'ex Primula rossa di Cosa Nostra. Anche questa volta al colloquio, così come prevede la legge, assistono i responsabili della polizia penitenziaria, che alla fine stilano una relazione da inviare alla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e Caltanissetta, così come alla Direzione nazionale antimafia. Dalla relazione emerge che, anche stavolta, Provenzano si mette sulla difensiva giustificando il suo silenzio con la scusa "di non avere più una buona memoria, e quindi di avere paura di fare malafigura". Fine dell'incontro. E degli incontri successivi. BERNARDO PROVENZANO REPUBBL Ma da quel momento, le condizioni di salute del patriarca di Corleone sembrano subìre un deterioramento progressivo e accelerato. Fino all'episodio recente che vede Provenzano cadere dalla sua branda, durante il sonno. Soccorso dal personale della polizia penitenziaria, il superboss viene ricoverato d'urgenza all'ospedale della città ducale, dove è tuttora detenuto in regime di 41 bis. PROVENZANO BERNARDO Non sembra del tutto convinto il suo difensore, l'avvocato Rosalba Di Gregorio, che precisa: "Non è la prima volta che Provenzano cade dal letto; recentemente sono andata a trovarlo in carcere e mi sono accorta che non portava gli occhiali: mi spiegò che era caduto dalla branda e gli occhiali si erano rotti". Incidenti e cadute che di certo sono tutti successivi ai colloqui con i parlamentari e all'interrogatorio con la Procura di Palermo. Solo una coincidenza? I DUBBI DELLA PROCURA: MINACCE O VANEGGIAMENTI? DON VITO CIANCIMINO Ecco perché ora la Procura di Palermo vuole verificare se i timori del vecchio Binnu, captati dall'intercettazione ambientale, durante il colloquio carcerario con i familiari, fossero più o meno fondati. La paura manifestata da Provenzano sulla possibilità che qualcuno potesse fargli del male era solo il vaneggiamento di un vecchio dalla mente deteriorata o il timore per una reale minaccia? Di certo c'è che l'avvocato Di Gregorio aveva già chiesto al gup Piergiorgio Morosini, il giudice dell'udienza preliminare sulla trattativa mafia-Stato, che il suo assistito venisse sottoposto a una perizia psichiatrica per accertare la capacità del boss di partecipare al procedimento in modo cosciente. LIGGIO Ma anche quella perizia, ormai, appare superata. Dopo l'intervento chirurgico, Binnu non si è mai svegliato dal coma. Neppure quando i medici hanno chiamato al suo capezzale il figlio Francesco Paolo per tentare di stimolarlo con la sua voce. Oggi il vecchio capomafia sembra avvicinarsi lentamente alla fine. Binnu u' ragioniere, lo hanno definito i pentiti, ma anche Binnu u' tratturi (il trattore): fu l'allievo prediletto di Luciano Liggio negli anni Cinquanta e Sessanta. STRAGE CAPACI Era il killer che (a sentire i pentiti) ''sparava come un dio'', lo squalo che con Totò Riina mosse all'assalto di Palermo negli anni Settanta per imporre la dittatura corleonese, quindi ancora lo stragista negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, poi l'eminenza grigia che ha gestito i disegni "eversivi" del '92 e del '93, forse persino il "traditore" che ha consegnato Riina allo Stato, il condottiero che ha trascinato Cosa Nostra fuori dalla crisi dovuta all'emorragia dei pentiti e agli arresti del dopo-stragi, e infine il ragioniere che dal '94 in poi, ha condotto l'organizzazione criminale verso una fase di nuova prosperità, quella della cosiddetta "sommersione", quella degli affari. Un uomo eclettico, adattabile, flessibile, capace di intrecciare violenza e mediazione. E soprattutto un custode fidato dei segreti della stagione delle stragi: "Delle stragi sono rimasti in pochi a sapere la verità - avrebbe confidato al picciotto Stefano Lo Verso, che lo assisteva durante la latitanza, e che poi lo riferì ai magistrati - io, il mio paesano, Andreotti e altri due che sono morti. Lima perché non voleva che si facessero le stragi ed è stato ammazzato perché si temeva non reggesse il peso, e Vito Ciancimino, probabilmente ucciso pure lui". BOMBA ALLACCADEMIA DEI GEORGOFILI MAGGIO JPEG Per il pentito Angelo Siino, Provenzano era "una mente raffinata, che decise di coprirsi le spalle facendo partecipare (al cosiddetto "tavolino" degli appalti, ndr) le cooperative rosse, mentre Riina a Corleone, buzzurro, pecuraro, le aveva buttate fuori". I SERVIZI E IL DOPPIO FILO CON L'ALTRO "SBIRRO", CIANCIMINO CORLEONE Per un altro pentito Gioacchino Pennino, il boss corleonese era "l'unico vero regista della politica palermitana". Per Nino Giuffrè, il boss che più di altri gli fu vicino negli anni del dopo stragi, "Provenzano era in missione per conto di Cosa Nostra. Aveva contatti con i servizi segreti per risolvere i famosi problemi che c'erano tra le famiglie mafiose". In che modo? "Il canale per i rapporti con i servizi, ma non solo per quelli - ha precisato Giuffrè - era Ciancimino". Don Vito, il sindaco mafioso di Palermo che in quell'interrogatorio a maggio scorso, ritenuto nullo dal gip Morosini perché redatto senza l'assistenza del suo avvocato, Binnu ha ammesso di avere conosciuto. BIT20 PIERLUIGI VIGNA Entrambi corleonesi, entrambi boss con la fama di "sbirri", con un destino legato a filo doppio: finché è durata la latitanza del primo, è rimasto intoccabile anche il "tesoro" del secondo . Ma a differenza di Binnu, vent'anni fa Ciancimino annunciò di voler raccontare la sua verità alla commissione Antimafia, anche se poi il presidente Luciano Violante non lo volle convocare. Provenza-no, a quel tempo, era latitante, verrà catturato l'11 aprile 2006, a cavallo tra i governi Berlusconi e Prodi, in un casolare tra ricotta e cicoria davanti alle telecamere di Anna La Rosa di Rai2. Un arresto che, come disse Violante nel 2006, "a differenza di quello di Riina, non è circondato da equivoci aloni". PIETRO GRASSO Ma ecco che sei anni dopo, un faccendiere disposto a consegnarlo per 2 milioni di euro, tra lo scetticismo dei procuratori nazionali antimafia Pierluigi Vigna e Pietro Grasso, e la fiducia, invece, dei loro aggiunti Vincenzo Macrì e Alberto Cisterna, diventa il protagonista dell'ultimo copione di veleni sui misteri dell'arresto a Montagna dei Cavalli. Anche qui il contributo di Provenzano, che dice di non ricordare nemmeno se furono i poliziotti o i carabinieri a catturarlo, nel verbale del maggio scorso è sibillino: "Pi mia a stessa cosa sunnu". http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-padrino-ultimo-atto-il-superboss-provenzano-in-coma-da-quando-lo-hanno-operato-48499.htm

VIVA GRILLO! - ‘’RIGOR MONTIS HA VISTO I SONDAGGI CHE LO DANNO APPENA SOPRA AZZURRO CALTAGIRONE, HA CAPITO CHE GLI ITALIANI LO DETESTANO NONOSTANTE LA CAMPAGNA VERGOGNOSA A SUO FAVORE DEI MEDIA, SA CHE RISCHIA DI AFFRONTARE UNA WATERLOO ELETTORALE A FRIZZI E PERNACCHIE E PROBABILMENTE NON SI CANDIDERÀ - RIMARRÀ DI RISERVA PER SERVIRE LA REPUBBLICA COME PRESIDENTE, MA IL SUO DESTINO È L'ESILIO IN L'EUROPA, BIGLIETTO PER BRUXELLES DI SOLA ANDATA. PAGO IO IL VOLO (LOW COST)”

www.beppegrillo.it Rigor Montis, una sera di dicembre, che lascia il Quirinale dopo le dimissioni, in una macchina blu, con lo sguardo arrogante dietro agli occhiali che buca il finestrino, è l'immagine dello sfascio. Gli italiani lo dimenticheranno in fretta, ma le macerie economiche e istituzionali gli sopravviveranno. L'uomo ha di sé una grande opinione separata completamente dai fatti, persino Tremorti ha fatto meglio di lui. GRILLO BEPPE GRILLO FIRMA DAY BY THE HAND Ha dichiarato, l'ex assistente di Pomicino, che ha vissuto un periodo "affascinante". Un periodo in cui il Frankenstein creato da Napolitano e dalla BCE ha quasi disintegrato economicamente il Paese, annullato le già scarse opposizioni, prevaricato la magistratura come a Taranto, fatto carta straccia della Costituzione dimettendosi senza la sfiducia delle Camere, evitato con cura ogni dialogo con i movimenti, come il No Tav, e con il M5S. Se Napolitano non sente i boom, Rigor Montis è affetto da ipoacusia bilaterale acuta. L'unico suono che percepisce è il fischietto a ultrasuoni della Merkel. Nella notte buia del giorno dei Maya, il 21 dicembre 2012, l'Italia guarda il suo futuro con gli occhi asciutti, cerca se stessa e non si trova. Nuovi imbonitori sono all'orizzonte, nuovi salvatori della Patria che nella vita hanno sempre e soltanto salvato se stessi. Liste di persone per bene, integerrime, di figli di, di colleghi di, sono usate come foglie di fico dai soliti politicanti per coprire le loro vergogne. CASINI BERLUSCONI MONTI Nuovi Candidi si propongono, consapevolmente o meno, opportunisticamente o meno. Leaderini, volti nuovi, voci bianche, camice inamidate a supporto del Sistema. Tutti i guitti televisivi, presentatori e artisti, commentatori e esperti del Nulla, sono usciti dalle fogne, si esibiscono per lo status quo che gli ha sempre garantito ricchi guadagni e visibilità in cambio della loro opposizione di cartapesta da cani da pagliaio. BERSANI - MONTI - ALFANO - CASINI DA TWITTER Rigor Montis ha visto i sondaggi che lo danno appena sopra Azzurro Caltagirone, ha capito che gli italiani lo detestano nonostante la campagna vergognosa a suo favore dei media, sa che rischia di affrontare una Waterloo elettorale a frizzi e pernacchie e probabilmente non si candiderà. Rimarrà di riserva per servire la Repubblica come Presidente, ma il suo destino è l'esilio in l'Europa, biglietto per Bruxelles di sola andata. Pago io il volo (low cost). CASINI MONTI Questi incapaci non sono in grado neppure di gestire le elezioni. Le firme dimezzate per le liste non sono state approvate ieri dal Senato. Poche settimane sotto la neve, durante le feste, per raccogliere, validare, certificare 100.000 firme in Italia e nel mondo. Io sono in viaggio, impegnato nel Massacro tour (clicca) nel Sud Italia in camper. Ogni tanto mi svegliano e chiedo dove sono. Scendo e trovo l'affetto della gente e file di persone fiere di firmare. E' una lotta senza esclusioni di colpi per la democrazia. Comunque vada, fuori o dentro il Parlamento, sarà un successo. Ps: Attenti ai cani di paglia. Ripeto: attenti ai cani di paglia. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/viva-grillo-rigor-montis-ha-visto-i-sondaggi-che-lo-danno-appena-sopra-azzurro-48505.htm

PERCHE’ L’EGO DI MONTI E’ FINITO NEL CESTINO: AI SILURI DI BERSANI E NAPOLITANO AGGIUNGERE I VELENI DEI SONDAGGI CHE DAVANO IL CENTRO GUIDATO DA MONTI, QUOTATO TROPPO BASSO (TRA IL 10 E IL 20%) COL RISCHIO DI FINIRE TERZO, O PEGGIO, QUARTO. CON I RIFLETTORI DI TUTTO IL MONDO, CHE SPUTTANAMENTO PER L’IMMAGINE DEL PROF - 2. E POI LA POLITICA POLITICANTE: CASINI E FINI HANNO FATTO ORECCHIE DA MERCANTE QUANDO MONTI HA CHIESTO LA “MASSIMA TRASPARENZA” SULLE LISTE DEI CANDIDATI (VEDI CESA) - 3. LA LIQUEFAZIONE DEL CENTRO: SENZA MONTI, ADDIO ALLA LISTA “VERSO LA TERZA REPUBBLICA”: LO SMONTEZEMOLATO E RICCARDI NON HANNO CORAGGIO DI CANDIDARSI: I CENTRISTI SAREBBERO SPAZZATI VIA DA PALAZZO MADAMA SENZA POTER SUPERARE LA SOGLIA REGIONALE DELL’8%. SENZA GRUPPO AL SENATO, IRRILEVANTI ALLA CAMERA - 4. IL CERINO ACCESO DELLA SCONFITTA RIMANE IN MANO A CASINI E AL CARDINAL BAGNASCO - 5. NELL’UDC E DENTRO FLI MONTA IL RISENTIMENTO CONTRO MONTI: “SE PENSA COSÌ DI CONQUISTARSI IL QUIRINALE SI SBAGLIA DI GROSSO. BERSANI NON È BABBO NATALE, AL COLLE MANDERANNO PRODI” - “SENZA MONTI DIVENTERÀ UN DERBY TRA BERLUSCONI E BERSANI” -

MONTI NON CEDE IL SUO NOME HA SCELTO DI RESTARE RISERVA DELLA REPUBBLICA - ECCO PERCHÉ SI LIMITERÀ A UN MEMORANDUM PER L'ITALIA Fabio Martini per La Stampa MARIO-MONTI Oramai il Memorandum per il futuro dell'Italia è pronto. I contributi da tutti i ministri sono affluiti a Palazzo Chigi e domani Mario Monti ne esporrà un compendio ragionato nel corso della conferenza stampa di fine anno. E alla fine potrebbe essere proprio questo documento - e non la candidatura a premier - l'unico vero cavallo di battaglia del presidente del Consiglio nei sessantaquattro giorni che mancano alle elezioni politiche. SERGIO MARCHIONNE E MARIO MONTI Dopo averci riflettuto a lungo, ma senza mai aver assunto impegni pubblici in un senso o nell'altro, Mario Monti sembra aver sciolto interiormente la riserva, maturando così un piccolo colpo di teatro: per i prossimi due mesi di campagna elettorale il Professore è intenzionato a restarsene a Palazzo Chigi, tenendo il punto rispetto a tutti coloro che attaccheranno le politiche del governo e al tempo stesso dispensando riconoscimento e sostegno a coloro - il Centro di Montezemolo-Riccardi-Casini che invece le rivendicheranno senza se e senza ma. In questa logica, per Mario Monti, sembra dunque essere tramontata la prospettiva di una «cessione» del proprio nome alle liste di Centro. Una delusione per i leader di quel polo, anche perché - incoraggiati da alcune perifrasi del Professore nei loro incontri informali - avevano sperato che nei simboli dei loro partiti comparisse la dizione «Per Monti». Ma il Professore non sembra intenzionato a concedere quel «copyright», anche perché questa «licenza» ne avrebbe trainata un'altra, molto impegnativa: l'indicazione, sempre di Monti, come «capo della coalizione», un sinonimo per dire che il Professore era il candidato premier di quella coalizione. MARIO MONTI DA LA STAMPA VIGNETTA MANNELLI DAL FATTO UN ALTRO MONTI E POSSIBILE JPEG Ma il Professore, dopo aver valutato pro e contro, ha capito che la salvaguardia della cosa che più gli sta a cuore - l'agenda Monti - non passava attraverso una sua candidatura come leader del polo di Centro. Troppe incognite. A cominciare da quel che suggerivano i sondaggi: uno schieramento centrale, seppur guidato da Monti, era quotato troppo basso (tra il 10 e il 20%) e avrebbe rischiato di «classificarsi» terzo, o peggio, quarto tra gli schieramenti in corsa. Con i riflettori di tutto il mondo puntati sull'Italia e su Monti, un colpo all'immagine del Professore. Ma nei giorni scorsi in Monti e nei suoi collaboratori erano cresciute le ansie soprattutto per la lista politica della coalizione, quella incardinata su Udc e Fli. La richiesta della «massima trasparenza» sui candidati si era infranta nel silenzio imbarazzato dei rappresentanti dei partiti. Così come l'ipotesi, avanzata a Palazzo Chigi, di fare una Lista unica di tutto lo schieramento sia alla Camera che al Senato. Una condizione che avrebbe consentito a Monti di diventare una sorta di «Papa», con poteri quasi «assoluti» sui nomi da inserire. Pier Ferdinando Casini - accompagnato nell'ultimo vertice a Palazzo Chigi da Lorenzo Cesa, un ospite che non aveva suscitato entusiasmo - aveva puntato tutte le sue carte su Monti. Ma se alla fine dovesse essere confermato il forfeit del Professore, il leader dell'Udc ha confidato, con pragmatismo democristiano, di essere pronto a fare buon viso a cattivo gioco. Col vantaggio di potersi fare da solo le liste. MONTI MERKEL MONTI MARIO Ieri è stato l'ultimo giorno di Mario Monti presidente del Consiglio con pieni poteri. E proprio nel suo ultimo giorno da capo del governo, Monti si è prodotto in una serie di esternazioni. Una scherzosa, davanti ai dipendenti di palazzo Chigi: «Un anno fa questo governo era al varo, oggi invece, non per colpa della profezia Maya, dovremo terminare il ruolo». BERLUSCONI E MARIO MONTI CDA DCF BFCDE F EA C E più tardi, parlando agli ambasciatori: «Grazie di avermi permesso di concludere questi difficili, ma affascinanti 13 mesi». Ma in serata c'è stato il commiato davanti ai suoi ministri, per il rito delle dimissioni in Cdm. Monti è stato stringato, pochi minuti e poi al Quirinale, dove, davanti al Capo dello Stato. ha esordito con una battuta: «Missione compiuta». E Napolitano ha risposto: «E' stato fatto un buon lavoro». Ora a Monti resta l'ultimo sforzo: completare il Memorandum su ciò che è stato fatto e ciò che ancora resta da fare per rimettere in sella l'Italia. 2. SUDARIO MONTI Francesco Bei per Repubblica ITALIA COMMISSARIATA - MONTI GRILLI DRAGHI MERKEL LAGARDE VAN ROMPUY MONTI ADDIO Alla vigilia della decisione più importante della sua vita politica, il premier s'arresta sulla soglia. È preda di dubbi, «è tormentato», riferiscono. I leader del centro - da Casini a Montezemolo - hanno provato ieri a sondarlo ma non ne hanno tratto altro che una frase ancora vaga, troppo vaga: «Mi prendo Natale per riflettere». A Giorgio Napolitano, congedandosi, ha soltanto detto: «Missione compiuta presidente!». E ha rassegnato le dimissioni. Ma sul suo futuro nemmeno al capo dello Stato ha detto qualcosa di più, limitandosi a un «non ho ancora deciso». Un'incertezza che al Quirinale ha lasciato un po' interdetti. CASINI MONTI BERSANI - MONTI - ALFANO - CASINI DA TWITTER Sembra che almeno ai collaboratori più stretti, in realtà, la decisione finale oggi sarà comunicata. Ma potrebbe restare deluso chi spera di capirci di più dalla conferenza stampa di fine anno (domenica mattina). Perché se mercoledì - a quella famosa riunione a palazzo Chigi con Casini, Riccardi e Montezemolo - Monti sembrava molto convinto, addirittura lanciatissimo, e soppesava tutti i dettagli di un impegno diretto, comprese varie simulazioni elettorali, compresa la decisione di dar vita a un «gruppo operativo » per la formazione delle liste, ebbene, appena due giorni dopo, questa spinta sembra in parte evaporata. MONTI FINI MONTEZEMOLO CASINI BONANNI BOCCHINI Perciò domenica mattina Monti dovrebbe limitarsi all'enunciazione della sua agenda di riforme. Punto. Come se, dopo aver soppesato tutti i vantaggi e le opportunità di una discesa in campo, il premier si sia fatto travolgere dal peso degli svantaggi e dalle possibili conseguenze negative. Non ultima la paura di essere fatto oggetto di una violenta campagna mediatica da parte del Cavaliere. «È come quando uno si deve sposare - riassume un ministro - e improvvisamente si fa prendere dall'ansia. Vorrebbe rinunciare ma non sa come dirlo alla promessa sposa». Oltretutto, in questo caso, la "sposa" - ovvero i centristi - ha compreso benissimo l'incertezza del momento. Ieri tra le file dei montiani si è diffuso un senso di scoramento, una sgradevole sensazione di rompete le righe. MARIO MONTI CON CUFFIA E CANDELA Raccontano ad esempio che Luca Cordero di Montezemolo abbia fatto sapere che la sua candidatura ci sarebbe soltanto nel caso di un parallelo impegno di Monti. I più pessimisti sono sicuri che la lista "Verso la Terza Repubblica", se Monti darà forfait, non affatto. Al massimo Andrea Olivero, ex presidente delle Acli, e qualcun altro potrebbero trovare ospitalità nella lista dell'Udc. Casini, che ieri ha avuto un colloquio con il premier, si tiene pronto al peggio. «Rispetteremo le scelte di Monti, qualsiasi esse siano. Ma noi saremo comunque in campo», ha messo in chiaro parlando nelle Marche. Angelino Sansa, capo dell'Udc in Puglia, ieri pomeriggio, alla buvette di Montecitorio, confidava all'orecchio un collega di partito: «Cesa mi ha detto di cominciare a preparare la nostra lista in Puglia». NAPOLITANO-MONTI - BY VINCINO CARDINALE ANGELO BAGNASCO La liquefazione del centro è a un passo e sarebbe la diretta conseguenza del disimpegno di Monti. Una possibilità che sta allarmando al massimo anche i vertici della Cei. Visti i numeri dei sondaggi, nel caso di default della lista Montezemolo- Riccardi, i centristi sarebbero infatti spazzati via da palazzo Madama senza poter superare la soglia regionale dell'otto per cento. Senza gruppo al Senato, irrilevanti alla Camera. In un divanetto del Transatlantico ormai deserto due montezemoliani della prima ora, Giustina Destro e Fabio Gava, confabulavano preoccupati: «Senza Monti la campagna elettorale diventerà un derby tra Berlusconi e Bersani. Per noi sarebbe la fine». Nell'Udc e dentro Fli, oltre al terrore di essere lasciati a piedi nel bel mezzo di una campagna elettorale difficilissima, ieri montava anche del risentimento contro Monti. Come se il disimpegno fosse già cosa fatta. «Se pensa così di conquistarsi il Quirinale - si sentiva dire in un capannello di deputati Udc - si sbaglia di grosso. Bersani non è babbo Natale, al Colle manderanno Prodi». Nell'altro campo, quello del Pdl, già si fregano le mani. «Senza Monti - osserva Raffaele Fitto - la partita è apertissima. Al Senato l'alleanza fra noi e la Lega può vincere in Lombardia e in Veneto. Anche in Campania e Sicilia, grazie ai voti che prenderà la lista di Ingroia-De Magistris, il Pd mancherà il premio regionale. A quel punto è fatta: a Berlusconi per vincere gli basta non perdere». MONTI NAPOLITANO Raccontano che il leader Pdl in serata gongolasse quando gli hanno riportato le indiscrezioni che vorrebbero Monti dubbioso sul suo futuro politico. Lo ritiene un altro risultato della sua campagna martellante. È un profluvio di interviste, del resto. Quelle con le tv private le ha registrate in sequenza a Palazzo Grazioli fino al pomeriggio. DAVELLINO06 BERLUSCA ROTONDI DICAPRI Il meglio di sé il Cavaliere però lo aveva dato la sera prima, nella cena con gli ex ministri del suo governo nell'elegante appartamento romano di Gianfranco Rotondi, fra una vellutata di patate, una zuppa di farro, carne bianca e tiramisù finale, accompagnati da un rosso Sangiovese. Ci sono tutti i pidiellini, fatta eccezione per Giulio Tremonti e l'ormai montiano Franco Frattini. A un certo punto compaiono anche i neo "Fratelli d'Italia" Meloni e La Russa. Silenzio in sala da pranzo quando Berlusconi, con Alfano e Letta di fianco, catechizza sull'imminente campagna. Partendo da una mezza ammissione di colpa: «Un anno fa avremmo fatto bene ad andare al voto». Deluso da questo governo, «che in 13 mesi ha reso l'Italia più povera e pessimista». MARIO MONTI E ENZO MOAVERO E giù ad elencare la crisi dei consumi in tutti i settori. Monti, confessa a tarda notte tra le mura amiche, «non è ben visto dal 78 per cento dei nostri elettori: dobbiamo far capire che lo abbiamo sostenuto per responsabilità, finché non abbiamo compreso che era eterodiretto dalla Germania ». Dunque, se il Professore deciderà di esserci, in campagna partirà il battage per spiegare che non è affatto «Super Mario». Ma ai fedelissimi convenuti da Rotondi confida pure di essere molto amareggiato per gli attacchi subiti da mezza Europa e di aver «capito proprio allora che non mi potevo arrendere: dopo una settimana siamo già al 19 per cento». Infine l'ordine: «Insistete su Imu e tasse» da cancellare, oltre che sul rischio del «ritorno delle sinistre», dice con l'assenso del vicino spin doctor Brunetta. Con sorpresa degli ospiti, neanche una barzelletta. UMBERTO BOSSI IN LACRIME CON ROBERTO MARONI SUL PALCO DI BERGAMO In effetti, perfino per Berlusconi c'è poco da ridere. La vera grana si chiama Lega. L'accordo al momento è saltato. Bossi dal Transatlantico lo gela: «Se lui fa il candidato premier, è difficile, trovi un altro». E in serata l'ex premier conferma tutte le difficoltà. Fallito il pressing per convincere Gabriele Albertini a non candidarsi in Lombardia. VESPA ALFANO BERLUYSCONI MARONI «Dovevo vedere Maroni ma poi l'incontro è stato rinviato - spiega deluso Berlusconi in serata - Sembra che Albertini annunci un suo simbolo e vada avanti. Non so come finirà». Se il Carroccio a quel punto andrà per la sua strada anche alle politiche, allora addio al premio di maggioranza al Senato per il Pdl nelle regioni chiave del Nord. Il miraggio del pareggio a Palazzo Madama già svanisce, la crisi delle giunte in Piemonte e Veneto è la ritorsione minacciata. Meloni, La Russa e Crosetto intanto presentano Fratelli d'Italia e promettono due posti in lista ai Marò. In via dell'Umiltà, Verdini con Lupi, Fitto, Fontana e Abrignani lavorano già alle liste Pdl. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-perche-lego-di-monti-e-finito-nel-cestino-ai-siluri-di-bersani-e-48493.htm

L’ECONOMISTA ZINGALES SPARA A ZERO SU RIGOR MONTIS E SUL MITO DELL’EURO - “L’ASPETTO CRIMINALE DEI FONDATORI DELLA MONETA UNICA È CHE SAPEVANO CHE LA CRISI ERA INEVITABILE, ANZI È STATA PREMEDITATA” - “OGGI LA GERMANIA PUÒ PERMETTERSI DI VENIRE IN ITALIA, COMPRARE LE NOSTRE FABBRICHE E CHIUDERLE PER SBARAZZARSI DELLA CONCORRENZA. E QUESTO UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEVE AVERE IL CORAGGIO DI DIRLO”…

Da "Libero" LUIGI ZINGALES «L'aspetto criminale dei fondatori dell'euro è che tutto questo lo sapevano, e non solo non han fatto nulla, ma anzi l'hanno fatto apposta: la crisi dell'euro di oggi era inevitabile». Parola di Luigi Zingales, guru economico, editorialista del settimanale Espresso e del quotidiano Sole24Ore. Zingales, secondo quanto dichiarato in una intervista a un blog indipendente, non ha dubbi sulla crisi della moneta unica europea. «Dire che è colpa degli Stati Uniti - ha spiegato - è una balla: è vero che è stata quella la causa scatenante, ma la crisi era inevitabile. Non fosse successo il patatrac negli Usa sarebbe successo altro. Era una scelta premeditata: "Nel momento di crisi, ci uniremo di più", si pensava. Abbiamo buttato il cuore oltre l'ostacolo, solo che il corpo è rimasto di qua». MARIO MONTI CON LE MANI ALZATE JPEG A Zingales - peraltro impegnato con il movimento Fermare il declino fondato da Oscar Giannino - è stato chiesto pure un parere sull'ipotesi di vittoria del Pd e di Pier Luigi Bersani presidente del Consiglio. «Ho abbastanza rispetto di Bersani. La cosa che mi lascia dubbioso - dice l'economista - è che venga dallo stesso entourage di D'Alema e goda del sostegno di D'Alema: questo non depone a suo favore. Però nel complesso è stato uno dei pochi ministri italiani a liberalizzare davvero. ANGELA MERKEL SONNECCHIA JPEG Perciò discuteremo sui programmi e, se ci saranno le condizioni, valuteremo. Il grande scoglio rimane Vendola: un Bersani da solo non mi crea grossi problemi; un Bersani con Vendola è più difficile da digerire». Quanto al passato e ai precedenti Governi italiani in campo internazionale, Zingales sostiene che «Berlusconi a Bruxelles era ridicolo. Talmente tanto che oggi ci rende fieri vedere Monti semplicemente rispettato. Ma il compito di un Presidente del Consiglio non si limita a non farsi deridere: deve fare gli interessi dell'Italia. L'Italia, in queste condizioni, non va avanti - e questo a Stati forti come la Germania fa anche comodo». Non solo. PRODI E CIAMPI «La Germania - aggiunge - può fare la maestrina con tutti: loro hanno fatto una riforma del mondo del lavoro che è costata la rielezione a Schroeder, ma ha cambiato la competitività tedesca. A oggi loro, col costo del denaro che è la metà del nostro, possono permettersi di venire in Italia, comprare le nostre fabbriche e chiuderle per sbarazzarsi della concorrenza. Il rischio è di trasformarsi nel Sud d'Europa: come il Meridione italiano è stato soffocato dall'imposizione delle leggi piemontesi, così l'Italia rischia di essere soffocata dalle leggi europee. Questo un Presidente del Consiglio deve avere il coraggio di dirlo: non tanto chiedere "più soldi", ma portare onestamente questo problema sotto gli occhi di tutti». Il futuro dell'Italia dipende dall'andamento della finanza pubblica e su questo aspetto Zingales si dice favorevole sia al patto di stabilità dei comuni sia all'Imu. EURO «Il Patto di Stabilità è un male necessario. L'Imu? Io ritengo che sia una buona misura, serve a pagare i servizi locali. Io vedo il federalismo come un riavvicinamento tra responsabilità e le decisioni sui costi per il cittadino. Il cittadino deve poter determinare quali servizi avere e quanto è disposto a pagare questi servizi. Il decentramento alla catalana, in cui le regioni fanno cosa vogliono e poi lo Stato si trova in default non va bene. Storicamente abbiamo avuto comuni virtuosi e comuni che hanno creato debiti stratosferici: questo va cambiato. Ma ricordiamoci che nessun pasto è gratis: i servizi sociali locali vanno pagati dal contribuente, e questo implica un'Imu più elevata. È vero, così si crea una pressione maggiore; ma è altrettanto vero che a questo punto si responsabilizzano i partiti». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/leconomista-zingales-spara-a-zero-su-rigor-montis-e-sul-mito-delleuro-laspetto-criminale-48473.htm

giovedì 20 dicembre 2012

DERIVATI E MAZZIATI - SENTENZA STORICA CONTRO GLI ECCESSI DELLA FINANZA-BASTARDA: DEUTSCHE BANK, UBS, DEPFA E JP MORGAN CONDANNATE PER LA TRUFFA DA 100 MLN € AL COMUNE DI MILANO (MAXI SEQUESTRO E RISARCIMENTI) - CONDANNE DA 6 A 8 MESI ANCHE PER I VARI MANAGER CHE PARTECIPARONO ALL’OPERAZIONE, TRA I QUALI C’È GAETANO BASSOLINO (FIGLIO DELL’EX GOVERNATORE DELLA CAMPANIA) - ORA LE BANCHE RISCHIANO SENTENZE SIMILI IN TUTTO IL MONDO…

Paolo Colonnello per "la Stampa" DEUTSCHE BANK E' solo una sentenza di primo grado e, dunque, per dispiegare appieno i suoi effetti bisognerà attendere una eventuale conferma in Cassazione. Ma con la condanna di ieri di quattro banche primarie internazionali per la truffa da quasi 100 milioni al Comune di Milano, per gli istituti di credito che hanno manovrato con eccessiva disinvoltura lo strumento dei derivati, esponendo in pratica 600 tra comuni e enti locali italiani per un controvalore complessivo di 36 miliardi di euro (dati del Tesoro), si aprono scenari preoccupanti. DEUTSCHE BANK E non solo nella Penisola. Ovunque nel mondo venisse riconosciuto che le banche hanno nascosto i veri guadagni generati con la stipula dei contratti derivati e non hanno trattato gli enti pubblici con la dovuta trasparenza e protezioni del sistema, potrebbero scaturire cause e richieste risarcitorie miliardarie. Non a caso, ieri pomeriggio, a seguire la sentenza in aula erano presenti le più importanti testate giornalistiche economiche del mondo. LOGO "UBS" Per capire quale "arma" i comuni italiani impegnati nei derivati potrebbero adesso avere a disposizione, bisognerà aspettare entro 90 giorni la motivazione con la quale ieri il giudice monocratico Oscar Magi ha condannato Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank a una sanzione pecuniaria di un milione di euro ciascuna, dichiarandone l'incapacità alla contrattazione con la pubblica amministrazione per un anno e disponendo infine la confisca di 90 milioni di euro, già sequestrati dal pm durante le indagini. DEPFA BANK Una "botta" finanziaria mica da ridere. Condanne da 6 a 8 mesi, con la condizionale e la non menzione, anche per i vari manager che parteciparono all'operazione, si tratta di: Gaetano Bassolino (figlio dell'ex governatore della Campania) Matteo Stassano e Alessandro Foti per Ubs; Tommaso Zibordi e Carlo Arosio di Deutsche Bank; Antonio Creanza, Fulvio Molvetti, per Jp Morgan; William Francis Marrone e Marco Santarcangelo per Depfa Bank. Assolti invece per «inconsapevolezza» del reato, «l'esperto» della ristrtutturazione del debito comunale Mauro Mauri e l'ex direttore generale del Comune Mauro Porta. Gli imputati (banche e manager) inoltre dovranno risarcire in solido con 50 mila euro l'associazione di consumatori Adusbef che si era costituita parte civile. JP MORGAN Non invece Palazzo Marino, uscito dalla causa con un accordo extragiudiziale che gli ha consentito di ottenere dalle banche nel 2012 entrate per 455 milioni di euro più flussi di interessi attivi nei prossimi anni. GAETANO BASSOLINO I contratti derivati con il Comune di Milano, - uno "swap" sulla propria obbligazione da 1,68 miliardi di euro con scadenza nel 2035 - vennero stipulati, all'epoca della Giunta Albertini e poi rinegoziati (complessivamente ben 6 volte) dalla giunta Moratti, senza una completa informazione sul rischio che le pubbliche amministrazioni si sarebbero accollate, come invece prevede con chiarezza la normativa internazionale in materia, regolata dall'ordinamento inglese disciplinato dal Financial Services and Markets Act del 2000, aggiornato e recepito in Italia con la legge 448 del 2001. PALAZZO MARINO SEDE DEL COMUNE DI MILANO Vi fu in realtà un conflitto d'interessi da parte degli istituti di credito che vendettero il prodotto derivato fungendo al tempo stesso da "advisor" del Comune. Eludendo anche, secondo le accuse, la regola che prevedeva per i due contraenti (comune e banche) condizioni di parità nel valore delle prestazioni che, alla stipula dei contratti, doveva essere pari a zero, mentre invece la struttura dei contratti determinava già in partenza un guadagno per le banche di circa 53 milioni di euro, lievitati poi fino a 100. IL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO ALFREDO ROBLEDO Il pm Robledo, nella sua requisitoria, aveva parlato di «ripetuti raggiri» a danno del Comune, sostenendo che le banche, nel ruolo simultaneo di controparti e consulenti, avessero consapevolmente fatto intravvedere a Palazzo Marino un'inesistente convenienza economica. «Le perizie - aveva spiegato Robledo - hanno dimostrato che in partenza non vi era alcuna convenienza per il Comune, si trattò di un'aggressione alla comunità». La sentenza di ieri, ha sancito insomma la loro "malafede". Immediata la replica delle banche che annunciano ricorso in appello. Per Deutsche Bank, che «rimane convinta di avere agito correttamente», si confida «in una risoluzione positiva del processo». Esprime «disappunto» Ubs, mentre si dice «delusa dalla decisione del giudice» Jp Morgan. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/derivati-e-mazziati-sentenza-storica-contro-gli-eccessi-della-finanza-bastarda-deutsche-bank-ubs-48388.htm

mercoledì 19 dicembre 2012

UN PARLAMENTO SCIOLTO A PERA – COME DAGO-SCRITTO DOMENICA SCORSA, “SIAMO IN PRESENZA DI UN’AUTENTICA VIOLAZIONE DELLA COSTITUZIONE” – MARCELLO PERA: “UN DIBATTITO PARLAMENTARE È NECESSARIO PER LO SCIOGLIMENTO DEL PARLAMENTO” - “NULLA PUÒ SOSTITUIRE IL DIBATTITO PARLAMENTARE” - “C’È ANCORA UNA COSTITUZIONE?” CHIEDERE A BERLINO…

Lettera di Marcello Pera a "Libero" MARCELLO PERA Signor direttore, la domanda più insistente di questi giorni riguarda che cosa farà Monti. Ne vorrei sollevare un'altra che a me sembra assai più importante, urgente e delicata. Monti farà quel che vorrà fare, anche se le cose che vorrà fare non sono tutte ugualmente degne di apprezzamento. Ad esempio, se Monti vorrà fare il presidente del Consiglio, allora credo che dovrebbe dirlo in modo esplicito e inequivoco onde mettere gli elettori in condizione di dargli il necessario consenso. Non sarebbe dignitoso da parte sua, credo, se dicesse che lui c'è ma non in prima persona, che appoggia liste ma non capeggia alcuna lista, che si rivolge ai partiti che la pensano come lui ma non ne indica alcuno. MARCELLO PERA - COPYRIGHT PIZZI A parte l'obbligo morale di trasparenza politica, anche la legge elettorale prescrive che si vota una persona come candidato alla presidenza del consiglio. E una persona intenzionata a guidare l'Italia non è un'idea o una riserva della repubblica o un personaggio europeo; non è neppure un memorandum. È un tipo con una faccia che ci mette la faccia. Ma,dicevo, la domanda per me cruciale è un'altra: non che cosa Monti farà, bensì che cosa Monti sta facendo e ha già fatto. Questa domanda non riguarda la politica ma la Costituzione. So bene in quale considerazione essa è caduta in Italia: siamo al punto che è diventata un canovaccio per spettacoli comici. So altrettanto bene che essa è spesso interpretata alla maniera che più aggrada all'interprete di turno. Ma ci sono limiti, superati i quali si entra in una zona gravida di conseguenze rischiose. Se la Costituzione e la prassi costituzionale vengono trascurate, tutto è consentito, compresa la messa in questione dei fondamenti democratici del nostro Stato. Succede questo. Il segretario del Pdl censura in Aula il governo. Politicamente, è un atto di sfiducia, ma tecnicamente, non lo è, perché manca il voto che solo trasforma quell'atto politico in uno di rilievo costituzionale. MONTI NAPOLITANO Il presidente del Consiglio decide però di guardare solo alla politica e di trascurare la tecnica: un paio di giorni dopo, senza dire niente neppure ai suoi ministri, si reca dal presidente della Repubblica e gli comunica che si dimetterà presto. Siccome il nostro è un regime parlamentare, la logica e la pratica costituzionale avrebbero voluto che le dimissioni da lui preannunciate al presidente della Repubblica fossero ripetute davanti al Parlamento. Allo stesso modo, la stessa logica e prassi costituzionale avrebbero voluto che, udite le private parole di dimissioni da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica lo avesse invitato a renderle pubbliche in Parlamento. Invece, niente. Succede che l'intenzione viene presa per buona, anche se non formalizzata davanti all'unico organo competente a giudicarla; che il presidente della Repubblica convoca segretari di partito di sola maggioranza, presidenti di Camera e Senato, ministri, sottosegretari (le «consultazioni »?); RENATO SCHIFANI che viene deciso un calendario di fine stagione; e che viene fissata una data ravvicinata dello scioglimento anticipato del Parlamento e delle elezioni. Senza che, formalmente, il Parlamento ne sappia nulla! Come se esso fosse l'organo costituzionale incaricato di leggere i giornali con l'obbligo di adeguarsi alla cronaca. Domanda: e il regime parlamentare fissato dalla Costituzione? Non è difficile comprendere che la pratica che Napolitano e Monti hanno adottato è perfettamente compatibile con il semipresidenzialismo. RENATO SCHIFANI GIANFRANCO FINI Con quel regime, in Francia, un presidente del Consiglio investito dal presidente della Repubblica può andare dal presidente della Repubblica e annunciargli le dimissioni, rassegnando il mandato da lui, e solo da lui, ricevuto. Ma qui siamo in Italia: il nostro regime non è semipresidenziale, bensì parlamentare, e le dimissioni del governo devono essere annunciate al Parlamento. Anche se, per prassi, non devono essere necessariamente votate, devono comunque essere discusse. Un dibattito parlamentare è necessario per lo scioglimento del Parlamento. GIANFRANCO FINI E nessuna privata conversazione del presidente del Consiglio con il presidente della Repubblica, e di questi con i capi dei partiti, può sostituire il dibattito parlamentare. Invece, nulla. Ad oggi il Parlamento lavora in gran fretta, approva provvedimenti, e lo fa con voti di fiducia al governo, fino a che, votata l'ultima fiducia, esso si sentirà... sfiduciato. Non è neppure dato di sapere se, alla fine, il presidente del Consiglio si presenterà alle Aule e farà un discorso di commiato. Tutto è così contorto, inusuale, irrituale, abnorme, fuori dalle regole costituzionali, che c'è persino da temere che il presidente del Consiglio se ne vada in silenzio, al più con una conferenza stampa. Mi chiedo: data questa situazione, c'è ancora un Parlamento? E quale funzione ha? C'è ancora una Costituzione? E quali vincoli pone? Mi sento dire: ma sono tutti d'accordo, che si vuole di più? Beh, ad esempio, si vorrebbe sapere se la sospensione della Costituzione, e con essa della democrazia, è cosa che si può fare quando tutti sono d'accordo. Se non si può fare, allora siamo in presenza di un'autentica violazione della Costituzione: un brutto affare; se invece si può fare, allora vuol dire che il nostro regime costituzionale è un regime arbitrario: un affare anche peggiore. Signor presidente del Consiglio, lei che ha tanto spiccato il senso della dignitas, e signor presidente della Repubblica, lei che ha un non minore senso della sua gravitas, ne possiamo parlare prima che le cose precipitino, oppure affidiamo tutto a Benigni? Lettera di Marcello Pera a "Libero" MARCELLO PERA Signor direttore, la domanda più insistente di questi giorni riguarda che cosa farà Monti. Ne vorrei sollevare un'altra che a me sembra assai più importante, urgente e delicata. Monti farà quel che vorrà fare, anche se le cose che vorrà fare non sono tutte ugualmente degne di apprezzamento. Ad esempio, se Monti vorrà fare il presidente del Consiglio, allora credo che dovrebbe dirlo in modo esplicito e inequivoco onde mettere gli elettori in condizione di dargli il necessario consenso. Non sarebbe dignitoso da parte sua, credo, se dicesse che lui c'è ma non in prima persona, che appoggia liste ma non capeggia alcuna lista, che si rivolge ai partiti che la pensano come lui ma non ne indica alcuno. MARCELLO PERA - COPYRIGHT PIZZI A parte l'obbligo morale di trasparenza politica, anche la legge elettorale prescrive che si vota una persona come candidato alla presidenza del consiglio. E una persona intenzionata a guidare l'Italia non è un'idea o una riserva della repubblica o un personaggio europeo; non è neppure un memorandum. È un tipo con una faccia che ci mette la faccia. Ma,dicevo, la domanda per me cruciale è un'altra: non che cosa Monti farà, bensì che cosa Monti sta facendo e ha già fatto. Questa domanda non riguarda la politica ma la Costituzione. So bene in quale considerazione essa è caduta in Italia: siamo al punto che è diventata un canovaccio per spettacoli comici. So altrettanto bene che essa è spesso interpretata alla maniera che più aggrada all'interprete di turno. Ma ci sono limiti, superati i quali si entra in una zona gravida di conseguenze rischiose. Se la Costituzione e la prassi costituzionale vengono trascurate, tutto è consentito, compresa la messa in questione dei fondamenti democratici del nostro Stato. Succede questo. Il segretario del Pdl censura in Aula il governo. Politicamente, è un atto di sfiducia, ma tecnicamente, non lo è, perché manca il voto che solo trasforma quell'atto politico in uno di rilievo costituzionale. MONTI NAPOLITANO Il presidente del Consiglio decide però di guardare solo alla politica e di trascurare la tecnica: un paio di giorni dopo, senza dire niente neppure ai suoi ministri, si reca dal presidente della Repubblica e gli comunica che si dimetterà presto. Siccome il nostro è un regime parlamentare, la logica e la pratica costituzionale avrebbero voluto che le dimissioni da lui preannunciate al presidente della Repubblica fossero ripetute davanti al Parlamento. Allo stesso modo, la stessa logica e prassi costituzionale avrebbero voluto che, udite le private parole di dimissioni da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica lo avesse invitato a renderle pubbliche in Parlamento. Invece, niente. Succede che l'intenzione viene presa per buona, anche se non formalizzata davanti all'unico organo competente a giudicarla; che il presidente della Repubblica convoca segretari di partito di sola maggioranza, presidenti di Camera e Senato, ministri, sottosegretari (le «consultazioni »?); RENATO SCHIFANI che viene deciso un calendario di fine stagione; e che viene fissata una data ravvicinata dello scioglimento anticipato del Parlamento e delle elezioni. Senza che, formalmente, il Parlamento ne sappia nulla! Come se esso fosse l'organo costituzionale incaricato di leggere i giornali con l'obbligo di adeguarsi alla cronaca. Domanda: e il regime parlamentare fissato dalla Costituzione? Non è difficile comprendere che la pratica che Napolitano e Monti hanno adottato è perfettamente compatibile con il semipresidenzialismo. RENATO SCHIFANI GIANFRANCO FINI Con quel regime, in Francia, un presidente del Consiglio investito dal presidente della Repubblica può andare dal presidente della Repubblica e annunciargli le dimissioni, rassegnando il mandato da lui, e solo da lui, ricevuto. Ma qui siamo in Italia: il nostro regime non è semipresidenziale, bensì parlamentare, e le dimissioni del governo devono essere annunciate al Parlamento. Anche se, per prassi, non devono essere necessariamente votate, devono comunque essere discusse. Un dibattito parlamentare è necessario per lo scioglimento del Parlamento. GIANFRANCO FINI E nessuna privata conversazione del presidente del Consiglio con il presidente della Repubblica, e di questi con i capi dei partiti, può sostituire il dibattito parlamentare. Invece, nulla. Ad oggi il Parlamento lavora in gran fretta, approva provvedimenti, e lo fa con voti di fiducia al governo, fino a che, votata l'ultima fiducia, esso si sentirà... sfiduciato. Non è neppure dato di sapere se, alla fine, il presidente del Consiglio si presenterà alle Aule e farà un discorso di commiato. Tutto è così contorto, inusuale, irrituale, abnorme, fuori dalle regole costituzionali, che c'è persino da temere che il presidente del Consiglio se ne vada in silenzio, al più con una conferenza stampa. Mi chiedo: data questa situazione, c'è ancora un Parlamento? E quale funzione ha? C'è ancora una Costituzione? E quali vincoli pone? Mi sento dire: ma sono tutti d'accordo, che si vuole di più? Beh, ad esempio, si vorrebbe sapere se la sospensione della Costituzione, e con essa della democrazia, è cosa che si può fare quando tutti sono d'accordo. Se non si può fare, allora siamo in presenza di un'autentica violazione della Costituzione: un brutto affare; se invece si può fare, allora vuol dire che il nostro regime costituzionale è un regime arbitrario: un affare anche peggiore. Signor presidente del Consiglio, lei che ha tanto spiccato il senso della dignitas, e signor presidente della Repubblica, lei che ha un non minore senso della sua gravitas, ne possiamo parlare prima che le cose precipitino, oppure affidiamo tutto a Benigni? Lettera di Marcello Pera a "Libero" MARCELLO PERA Signor direttore, la domanda più insistente di questi giorni riguarda che cosa farà Monti. Ne vorrei sollevare un'altra che a me sembra assai più importante, urgente e delicata. Monti farà quel che vorrà fare, anche se le cose che vorrà fare non sono tutte ugualmente degne di apprezzamento. Ad esempio, se Monti vorrà fare il presidente del Consiglio, allora credo che dovrebbe dirlo in modo esplicito e inequivoco onde mettere gli elettori in condizione di dargli il necessario consenso. Non sarebbe dignitoso da parte sua, credo, se dicesse che lui c'è ma non in prima persona, che appoggia liste ma non capeggia alcuna lista, che si rivolge ai partiti che la pensano come lui ma non ne indica alcuno. MARCELLO PERA - COPYRIGHT PIZZI A parte l'obbligo morale di trasparenza politica, anche la legge elettorale prescrive che si vota una persona come candidato alla presidenza del consiglio. E una persona intenzionata a guidare l'Italia non è un'idea o una riserva della repubblica o un personaggio europeo; non è neppure un memorandum. È un tipo con una faccia che ci mette la faccia. Ma,dicevo, la domanda per me cruciale è un'altra: non che cosa Monti farà, bensì che cosa Monti sta facendo e ha già fatto. Questa domanda non riguarda la politica ma la Costituzione. So bene in quale considerazione essa è caduta in Italia: siamo al punto che è diventata un canovaccio per spettacoli comici. So altrettanto bene che essa è spesso interpretata alla maniera che più aggrada all'interprete di turno. Ma ci sono limiti, superati i quali si entra in una zona gravida di conseguenze rischiose. Se la Costituzione e la prassi costituzionale vengono trascurate, tutto è consentito, compresa la messa in questione dei fondamenti democratici del nostro Stato. Succede questo. Il segretario del Pdl censura in Aula il governo. Politicamente, è un atto di sfiducia, ma tecnicamente, non lo è, perché manca il voto che solo trasforma quell'atto politico in uno di rilievo costituzionale. MONTI NAPOLITANO Il presidente del Consiglio decide però di guardare solo alla politica e di trascurare la tecnica: un paio di giorni dopo, senza dire niente neppure ai suoi ministri, si reca dal presidente della Repubblica e gli comunica che si dimetterà presto. Siccome il nostro è un regime parlamentare, la logica e la pratica costituzionale avrebbero voluto che le dimissioni da lui preannunciate al presidente della Repubblica fossero ripetute davanti al Parlamento. Allo stesso modo, la stessa logica e prassi costituzionale avrebbero voluto che, udite le private parole di dimissioni da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica lo avesse invitato a renderle pubbliche in Parlamento. Invece, niente. Succede che l'intenzione viene presa per buona, anche se non formalizzata davanti all'unico organo competente a giudicarla; che il presidente della Repubblica convoca segretari di partito di sola maggioranza, presidenti di Camera e Senato, ministri, sottosegretari (le «consultazioni »?); RENATO SCHIFANI che viene deciso un calendario di fine stagione; e che viene fissata una data ravvicinata dello scioglimento anticipato del Parlamento e delle elezioni. Senza che, formalmente, il Parlamento ne sappia nulla! Come se esso fosse l'organo costituzionale incaricato di leggere i giornali con l'obbligo di adeguarsi alla cronaca. Domanda: e il regime parlamentare fissato dalla Costituzione? Non è difficile comprendere che la pratica che Napolitano e Monti hanno adottato è perfettamente compatibile con il semipresidenzialismo. RENATO SCHIFANI GIANFRANCO FINI Con quel regime, in Francia, un presidente del Consiglio investito dal presidente della Repubblica può andare dal presidente della Repubblica e annunciargli le dimissioni, rassegnando il mandato da lui, e solo da lui, ricevuto. Ma qui siamo in Italia: il nostro regime non è semipresidenziale, bensì parlamentare, e le dimissioni del governo devono essere annunciate al Parlamento. Anche se, per prassi, non devono essere necessariamente votate, devono comunque essere discusse. Un dibattito parlamentare è necessario per lo scioglimento del Parlamento. GIANFRANCO FINI E nessuna privata conversazione del presidente del Consiglio con il presidente della Repubblica, e di questi con i capi dei partiti, può sostituire il dibattito parlamentare. Invece, nulla. Ad oggi il Parlamento lavora in gran fretta, approva provvedimenti, e lo fa con voti di fiducia al governo, fino a che, votata l'ultima fiducia, esso si sentirà... sfiduciato. Non è neppure dato di sapere se, alla fine, il presidente del Consiglio si presenterà alle Aule e farà un discorso di commiato. Tutto è così contorto, inusuale, irrituale, abnorme, fuori dalle regole costituzionali, che c'è persino da temere che il presidente del Consiglio se ne vada in silenzio, al più con una conferenza stampa. Mi chiedo: data questa situazione, c'è ancora un Parlamento? E quale funzione ha? C'è ancora una Costituzione? E quali vincoli pone? Mi sento dire: ma sono tutti d'accordo, che si vuole di più? Beh, ad esempio, si vorrebbe sapere se la sospensione della Costituzione, e con essa della democrazia, è cosa che si può fare quando tutti sono d'accordo. Se non si può fare, allora siamo in presenza di un'autentica violazione della Costituzione: un brutto affare; se invece si può fare, allora vuol dire che il nostro regime costituzionale è un regime arbitrario: un affare anche peggiore. Signor presidente del Consiglio, lei che ha tanto spiccato il senso della dignitas, e signor presidente della Repubblica, lei che ha un non minore senso della sua gravitas, ne possiamo parlare prima che le cose precipitino, oppure affidiamo tutto a Benigni? by dagospia

martedì 18 dicembre 2012

PROVENZANO RISCHIA DI MORIRE - “BINU”, MALATO DI PARKINSON, SAREBBE CADUTO PER LA QUINTA VOLTA, PROCURANDOSI UN EMATOMA FRONTALE - ADESSO È IN COMA FARMACOLOGICO, E LE SUE CONDIZIONI SONO GRAVISSIME - MA SIA I FAMILIARI, SIA IL GIUDICE NON CI VEDONO CHIARO - PROVENZANO STA TESTIMONIANDO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA…

Riccardo Arena per "la Stampa" BERNARDO PROVENZANO È caduto per la quinta volta, se ci si fida del referto medico che in burocratese, all'inizio del mese, accreditava di ben «quattro cadute accidentali intercorse» in carcere a Bernardo Provenzano. La nuova caduta è stata però la più seria e rovinosa e ieri i medici del supercarcere di Parma hanno deciso di ricoverare di nuovo d'urgenza il boss corleonese: trasferito ancora una volta in ospedale, l'ex superlatitante è stato operato alla testa per un ematoma frontale, che è stato rimosso, perché stava premendo contro le pareti craniche e rischiava di uccidere il detenuto eccellente o di procurare danni irreparabili alle sue funzioni cerebrali e vitali. BERNARDO PROVENZANO Nel tardo pomeriggio i familiari e i suoi legali hanno ricevuto l'esito dell'operazione: «Il soggetto è ricoverato in prognosi riservata e in coma», recita la laconica nota inviata dalla direzione del carcere emiliano. Nessuna valutazione sulla durata della prognosi e sul coma, che sarebbe indotto con dei farmaci specifici, per non affaticare il cervello del paziente. BERNARDO PROVENZANO ARRESTATO Provenzano ha superato l'intervento, ma rimane gravissimo e rischia comunque la vita: il 31 gennaio compirà 80 anni, ma è da tempo malandato in salute e le sue condizioni appaiono deteriorate soprattutto sotto l'aspetto mentale, visto che è affetto, tra l'altro, anche da parkinsonismo. Proprio venerdì lo avevano visitato i periti nominati dal giudice Piergiorgio Morosini, che sta gestendo l'udienza preliminare del procedimento sulla trattativa Stato-mafia e che sulle condizioni fisiche e psichiche del suo imputato vuol veder chiaro. BERNARDO PROVENZANO REPUBBL Per questo ha mandato in carcere, a Parma, lo psichiatra Renato Ariatti e il neurologo Andrea Stracciari, entrambi bolognesi, mentre i familiari del detenuto, assistiti dall'avvocato Rosalba Di Gregorio, si avvalgono di Francesco Bruno e Elisabetta Giuliani. Quando è stata effettuata la visita, i quattro medici non avevano rilevato alcuna ferita. PROVENZANO BERNARDO Circa 24 ore dopo, sabato pomeriggio, il figlio minore di Provenzano, Francesco Paolo, con la madre, Saveria Benedetta Palazzolo, compagna del boss, sono andati a trovare il congiunto nel penitenziario e hanno notato invece che portava un berretto e aveva un vistoso cerotto in testa. Il padre, le cui defaillance mentali sono ormai frequenti - così sostengono da tempo unanimemente i parenti - non ha saputo spiegare cosa fosse successo: ieri i Provenzano sono stati avvisati, nella loro abitazione di Corleone, del ricovero improvviso. Non era apparso lucidissimo, il capomafia, nella sua audizione di sei mesi fa, il 31 maggio, ma nemmeno del tutto fuori di testa. Di fronte all'allora procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che voleva indurlo al pentimento, assieme al collega Ignazio De Francisci, «lo Zio Binu» a tratti aveva risposto a tono: «Non ho cose particolari da dire. Io vado più avanti di lei...». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/provenzano-rischia-di-morire-binu-malato-di-parkinson-sarebbe-caduto-per-la-quinta-volta-48260.htm

ANCHE I GIORNALONI SONO ARRIVATI A SCRIVERE QUELLO CHE DAGOSPIA VA RIPETENDO DA GIORNI: MA QUALE RITORNO DEL CAVALIER POMPETTA (CHE MIRA SOLO A UN POTERE DI POSIZIONE IN PARLAMENTO PER NON FINIRE IN GALERA E NON FAR FALLIRE IL SUO IMPERO MEDIATICO), LO SCONTRO PER PALAZZO CHIGI SARÀ TRA BERSANI E MONTI - 2. DOPO LO SCHIAFFO DI RE GIORGIO: “L’ERA DEI TECNICI È FINITA, ORA TOCCA ALLA POLITICA. E CHI DECIDE, DOPO IL VOTO, SONO IO”, ARRIVA IL CALCIO DEL CULATELLO: ‘’SE SARAI IN CAMPO, EVITERÒ LO SCONTRO FRONTALE CON TE”. PAUSA. “NEI LIMITI DEL POSSIBILE” - 3. L’IDEA DI MONTIMER DI UN VERO E PROPRIO MANIFESTO APERTO A TUTTE LE FORZE RESPONSABILI E NON POPULISTE, CHE ESCLUDE PERCIÒ GRILLO, LA LISTA ARANCIONE E NATURALMENTE BERLUSCONI, NON CONVINCE IL PD. ANZI, PER BERSANI RISCHIA DI SPACCARE IL PARTITO: “PORTEREBBE VIA VOTI A NOI E LI TOGLIEREBBE ANCHE AL TUO CENTRO” -

Goffredo De Marchis per "la Repubblica" NAPOLITANO HA INCONTRATO ANCHE BERSANI E CASINI Invece di rispondere sul suo futuro, Monti prendeva appunti su un blocchetto. Così Pier Luigi Bersani ha avuto un flash: davanti a sé non aveva più il premier "neutrale" scelto per affrontare l'emergenza economica, ma un possibile sfidante alle elezioni di febbraio. Tanto da evocare, prima di congedarsi, la battaglia elettorale. «Se sarai in campo, eviterò lo scontro frontale con te». PIER LUIGI BERSANI Pausa. «Nei limiti del possibile». Si può quindi parlare di gelo tra il segretario del Pd e il Professore dopo l'incontro a quattr'occhi di ieri pomeriggio. Incontro teso, a tratti surreale vista l'incertezza sulla candidatura lasciata galleggiare nell'aria da Monti. Lo stesso gelo si avverte ormai nei rapporti del Quirinale con Palazzo Chigi, testimoniato dalle parole di Giorgio Napolitano durante gli auguri natalizi alle autorità istituzionali. Un discorso che, non a caso, ha suscitato entusiasmo a Largo del Nazareno: «Un intervento molto significativo». GIORGIO NAPOLITANO Bersani non vuole che il premier si presenti al voto con una sua lista. Per carità, è legittimo che lo faccia, lui non alzerà le barricate. Ma il colloquio, che verrà seguito da un altro a brevissimo giro, aveva, nelle mente del candidato premier del centrosinistra l'obiettivo di arrivare a una forma di collaborazione. «So che a livello internazionale il punto di riferimento sei tu. In Italia però, per il nostro ruolo di cuscinetto sociale, per il dialogo con i sindacati, abbiamo qualche carta da giocare. Forse si può individuare una forma di coordinamento». MARIO MONTI E GIORGIO NAPOLITANO La domanda che non ha avuto risposta dal premier «perché non ho ancora deciso se e come essere presente nella contesa politica». Anche Monti ha accennato a un'offerta: un documento programmatico per la prossima legislatura che vorrebbe scrivere sottolineando alcuni punti irrinunciabili per il governo del Paese. Un vero e proprio manifesto aperto a tutte le forze responsabili e non populiste, che esclude perciò Grillo, la lista Arancione e naturalmente Berlusconi. Ma l'idea di questa piattaforma non convince il Pd. Anzi, rischia di spaccare il partito che ancora vive il riflesso del duello Bersani-Renzi nella dialettica tra agenda Monti e agenda autonoma. «Alcuni punti fermi vanno messi, sono d'accordo - è stata più o meno la risposta del segretario -. Ma come si fa rendere pubblico un documento del genere, a chiedere adesioni generalizzate? Porterebbe via voti a noi e li toglierebbe anche al tuo centro». Eppoi, questo manifesto coinciderebbe con la rinuncia del premier a candidarsi o a sponsorizzare solo alcune liste? Se Monti è in campo, a maggior ragione, l'offerta diventa irricevibile. LUIGI DE MAGISTRIS PRESENTA IL MOVIMENTO ARANCIONE GRILLO BEPPE La situazione di stallo non piace ai democratici. E se Bersani ostenta serenità, nelle stanze vicine alla sua, a Largo del Nazareno, si sente dire sempre più spesso che «se Monti salta un giro, non muore nessuno». In questo clima s'inserisce la frattura tra il Colle e Monti. Le dichiarazioni di Napolitano suonano più come una minaccia che come una prova di amicizia alle orecchie di Palazzo Chigi. L'incarico al prossimo premier lo darà l'attuale presidente della Repubblica, «suo malgrado». E la scelta sarà dettata stavolta dalla normalità democratica, ossia cadrà sul vincitore delle elezioni, anche nel caso di un patto di governo tra progressisti e moderati. Monti non ha nascosto la sua amarezza per il discorso di Napolitano. «Non ho interrotto io bruscamente la legislatura, sono stato sfiduciato dal Pdl», ha detto ai ministri più fedeli prima del consiglio. «Ed è naturale che chi vince nelle urne governa». BERLUSCONI BARBARA DURSO X Ma non si è sbottonato sulla sua decisione. «Il lavoro che abbiamo fatto deve continuare, ma per quanto mi riguarda non so ancora come», ha confidato a un ministro. Comunque, il documento programmatico è in fase di stesura. BERLUSCONI E BARBARA DURSO DOMENICALIVE Potrebbe essere pronto già sabato quando, nella conferenza stampa dopo le dimissioni, Monti comunicherà il suo orientamento. La "sua" lista, vale a dire Verso la Terza repubblica, prepara le munizioni. Il premier consulta i sondaggi. E intende dare a tutti più tempo per la raccolta delle firme necessaria a far correre nuovi simboli e nuove forze politiche, allungando di una settimana i tempi del voto. Il ministro dell'Interno Cancellieri lavora da giorni sulla data del 17 febbraio. RICCARDI MONTEZEMOLO OLIVIERO E DELLAI CCC12 MONTEZEMOLO CISNETTO PH RICCARDI Monti invece sta pensando al 24 febbraio. Un aiutino a Montezemolo e Riccardi ma che favorirà anche Movimento 5 stelle, la lista Arancione di Ingroia e De Magistris, i partiti satelliti di Berlusconi a cominciare da quello annunciato ieri da Ignazio La Russa. Un altro segnale sulla strada della candidatura o della nascita di una lista Monti certificata? Non è detto. Il mistero rimane. E Bersani scuote la testa: «Mi sembra tutto incredibile». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-anche-i-giornaloni-sono-arrivati-a-scrivere-quello-che-dagospia-va-ripetendo-da-48262.htm

BOTTI DI NATALE: IL BANANA VUOLE ANDARE DA SANTORO! - L’ULTIMA IDEA DI BERLUSCONI È OSARE L’IMPOSSIBILE: ENTRARE NELL’ARENA DELL’ETERNO NEMICO, PER CONCENTRARE SU DI SÉ POLEMICHE E RIFLETTORI E RICONQUISTARE CONSENSO - STANDO AI SONDAGGI LE APPARIZIONI DALLA D’URSO E DA DEL DEBBIO, FUNZIONANO: IL PDL È PASSATO DAL 15 AL 18% - IL POMPETTA SA CHE IN ITALIA TWITTER NON SERVE: LE ELEZIONI SI VINCONO IN TV…

Ugo Magri per "la Stampa" BERLUSCONI E BARBARA DURSO DOMENICALIVE BERLUSCONI BARBARA DURSO X Pur di fare un botto fragoroso, e di concentrare tutti i riflettori su di sé, il Cavaliere è disposto a ciò che mai nei tempi d'oro gli avrebbe sfiorato la mente: calarsi dentro l'arena di Santoro. Come dire, quattro salti nella fossa dei leoni. L'ardua scommessa di uscirne vivo avrà l'effetto di creare suspense e di moltiplicare gli ascolti. Stando alle voci da Arcore, i due (Silvio e Michele) sono già in trattativa. BERLUSCONI SILVIO BARBARA DURSO Ieri i primi contatti hanno permesso di fissare una data orientativa: appuntamento il 10 gennaio alle ore 21,10, chiaramente su La 7. Berlusconi avrebbe preferito presentarsi la settimana prima, o meglio ancora il 27 dicembre, ma in quei giorni «Servizio Pubblico» è in vacanza, mica potevano metterlo in onda solo per far contento lui. L'unica incertezza riguarda, a questo punto, certi effetti speciali che l'ex premier teme come il fumo negli occhi, presenze sgradite, trappoloni e quant'altro la fantasia di Santoro potrebbe mettere in campo. Il conduttore gli ha garantito «niente scherzi», l'altro si fida molto poco della promessa ma si rende conto di non avere chance, deve correre il rischio se vuole continuare a risalire la china nei suoi sondaggi. PAOLO DEL DEBBIO JPEG Già, perché le apparizioni televisive dei giorni scorsi (assicura ottimista il portavoce Bonaiuti) gli hanno regalato qualche punticino. Anziché al 15 per cento, adesso Berlusconi secondo Euromedia Research galleggia un po' più su, intorno al 18. Altri istituti registrano incrementi analoghi. Ciò significa che le comparsate nei talk show hanno una loro efficacia, ancora c'è una fascia di pubblico cui ritrovarsi davanti l'Uomo Nero non dispiace, anzi. BERLUSCONI A QUINTA COLONNA DA DEL DEBBIO Dunque la strategia del Cavaliere è quella di insistere, presentandosi in tivù tutte le volte che può. Basta che gli lancino un fischio e lui, oplà, si materializza. Finora l'hanno chiamato soprattutto dalle sue reti. Per non mancare domenica su Canale 5, si è presentato addirittura mentre stava giocando il Milan, che evidentemente lo attizza meno della politica: un'ora e dieci da Barbara D'Urso, le cui domande non erano certo tali da impensierirlo, col risultato che l'audience è stata così così, appena il 16 per cento di «share». BERLUSCONI E DEL DEBBIO A QUINTA COLONNA Né Berlusconi poteva attendersi di più o di meglio ieri sera su Rete 4, ospite di Del Debbio: il pubblico si scalda solo se vede scorrere il sangue, altrimenti muore di sbadigli. Per la stessa ragione difficilmente farà record di ascolti Vespa, nel cui salotto il Cavaliere si accomoderà stanotte a partire dalle 23,30, quando il popolo lavoratore sarà già a nanna. Serve ben altro per ribaltare i pronostici, ammettono gli aiutanti berlusconiani. Occorre un match spettacolare e senza rete, se si vogliono riportare all'ovile gli elettori più delusi. L'auto-invito da Santoro risponde a questa spericolata strategia. SILVIO BERLUSCONI E BRUNO VESPA Dall'altra parte l'hanno ben capito, e stanno prendendo alcune contromisure. Vita invoca l'intervento del Garante per le comunicazioni, con lui Merlo e Giulietti si augurano che a Berlusconi non venga consentito di rompere gli argini, come sistematicamente accade in ogni elezione. Però difficilmente Agcom userà i suoi poteri per mettere il silenziatore a Le Chevalier. BERLUSCONI E DEL DEBBIO A QUINTA COLONNA Un po' perché i nuovi vertici messi lì da Monti non sembrano particolarmente vogliosi di fare gli sceriffi. Inoltre, il Pdl avrebbe facile gioco a rinfacciare le ore di piccolo schermo concesse a Bersani un mese fa, quando si tennero le primarie del centrosinistra. Lainati, berlusconiano di ferro, accusa gli avversari di «faccia tosta». E queste scintille non sono nulla a confronto di quando Silvio andrà da Santoro, occupando la scena in pieno regime di «par condicio»... In attesa delle campagne su «Twitter», da noi le elezioni si vincono (o si perdono) ancora in tivù. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/botti-di-natale-il-banana-vuole-andare-da-santoro-lultima-idea-di-berlusconi-osare-48264.htm

MONTI, L’ESATTORE SCORTESE - BELPIETRO: “PIÙ DELLA METÀ DEI SOLDI CHE GLI ITALIANI HANNO CACCIATO SE LA METTERANNO IN TASCA I GRECI, GLI SPAGNOLI E I BANCHIERI, CIOÈ TUTTI COLORO CHE ESSENDO SULL’ORLO DELLA BANCAROTTA HANNO BISOGNO DI UN AIUTINO - 14,3 MILIARDI SARANNO VERSATA AL FONDO SALVA STATI, ALTRI 4 VANNO ALLE BANCHE (MPS) CHE NON CE LA FANNO - LA GERMANIA, PIUTTOSTO CHE SBORSARE UN EURO PER LA GRECIA, HA RISCHIATO DI MANDARE A GAMBE ALL’ARIA L’UNIONE”…

Maurizio Belpietro per "Libero" IMMAGINARIO MANIFESTO ELETTORALE DI MARIO MONTI JPEG Ieri come tutti gli italiani ho pagato l'Imu e come tutti gli italiani ho smoccolato. Anche il mio amico del Pd ha tirato qualche benedizione all'indirizzo di Mario Monti: essendo scomparsa un paio d'anni fa la sua cara mamma, lui e la sorella hanno ereditato gli appartamenti che la signora possedeva in un paesino toscano e, grazie al presidente del Consiglio, hanno dovuto pagare una gran quantità di tasse. Se l'amico del Partito democratico (e immagino anche gli italiani) ieri, al momento di versare il saldo dell'imposta municipale sugli immobili, avesse però saputo come verranno spesi gran parte dei soldi che lo Stato ha incassato, credo che l'incazzatura sarebbe stata massima. MAURIZIO BELPIETRO Altro che tributo il cui pagamento è necessario per consentire di liquidare gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni, come ogni tanto si dice nel tentativo di giustificare l'iniquo balzello. Più della metà dei soldi se la metteranno in tasca i greci, gli spagnoli e i banchieri, cioè tutti coloro che essendo sull'orlo della bancarotta hanno bisogno di un aiutino. Se infatti sono veri i dati diffusi dal ministero dell'Economia e cioè che ogni famiglia è stata costretta amettere mano al portafogli per 1.216 euro, la somma totale incassata dal governo supera i 23 miliardi di euro, l'equivalente di una manovra finanziaria. ANGELA MERKEL Detta in altre parole, quella appena saldata non è una super Ici, come tentano di far credere dalle parti dell'esecutivo nel tentativo di calmare gli animi: è una super stangata. E sapete che fine farà la montagna di soldi rastrellata dagli esattori di Palazzo Chigi? Gran parte (per la precisione 14,3 miliardi) sarà versata al Fondo salva Stati, quello che deve concedere aiuti alla Grecia e agli altri Paesi in difficoltà. Un altro po' di quattrini (circa 4 miliardi) saranno impiegati per finanziare le banche che non ce la fanno. Il resto è assai probabile che sia disperso in mille rivoli, senza alcun controllo, come spesso accade al denaro pubblico, nonostante la spending review tanto propagandata dall'esecutivo. Il presidente del Consiglio può anche sostenere, contro ogni evidenza, che prima del suo intervento gli immobili non fossero tassati - di qui la necessità di correggere la stortura, allineandoci alla media europea - ma si dà il caso che altrove nessun contribuente sia costretto a mettere mano ai propri risparmi per saldare il conto di un altro Paese. ANTONIS SAMARAS La Germania, piuttosto che sborsare un euro per la Grecia, ha rischiato di mandare a gambe all'aria l'Unione e lo stesso ha fatto la Finlandia, che pure è messa meglio di noi.Ma se i finlandesi tengono ben stretti i cordoni della borsa, noi li apriamo, offrendo aiuti a destra e a manca. O meglio: è Mario Monti ad aprire il nostro borsellino distribuendo finanziamenti agli Stati che ne hanno bisogno. Ora, immaginate le reazioni degli italiani, cioè dei contribuenti, alla notizia da tutti attesa e cioè che l'ex rettore della Bocconi ha intenzione di candidarsi. Già vedo battaglioni di ragazzine strapparsi gli abiti di dosso, in delirio di fronte all'evento, e prevedo un esercito di supporter che da venerdì, giorno atteso per l'annuncio, invaderà le vie cittadine addobbate per il triste Natale. La mobilitazione sarà generale. Quelche nonè ancora chiaro è però se gli smoccolatori, cioè coloro che hanno pagato l'Imu e anche altro e magari fanno parte degli esodati e di chi non può ricongiungersi alla pensione, saranno poi disposti a mettere la crocetta sul nome di Monti, il quale ufficialmente non si candida (perché al calduccio nel suo posto di senatore a vita), ma lo fa per interposte persone. IMU Ho provato a chiedere in giro a quale percentuale arrivino i probabili elettori del premier e la risposta degli esperti non è stata particolarmente incoraggiante: c'è chi dice il dieci e chi il quindici, nessuno il venti. Se è così, il tassator cortese si condanna a un insuccesso e purtroppo condanna anche il Paese ad essere governato da Vendola. Altro che salvare l'Ita - lia dal baratro: candidandosi Monti ci spinge nella fossa. La sua discesa in campo, infatti, avrà il potere di produrre un solo effetto: dividere il fronte dei moderati. Unaparte andrà con Casini e Montezemolo in appoggio al presidente del Consiglio, l'al - tra sceglierà Berlusconi. TASSA SULLA CASA JPEG Risultato: vinceranno i compagni, i quali sono di certo sopra il 35 per cento. Deve essere questo il motivo per cui ieri il capo dello Stato ha avvisato il premier di non avere nessuna intenzione di incoronarlo alla guida del Paese senon conquista i voti. Dicendo di non voler ripetere le scelte del novembre di un anno fa,ma di voler puntare a un incarico politico, nonno Giorgio ha tagliato le gambe al rettore, il quale desidera restare a Palazzo Chigi ma senza vincere le elezioni. Abituato ad essere cooptato, il presidente del Consiglio non si capacita della ragione di doversi sottoporre a un giudizio popolare. Fosse per lui la scelta del futuro governo l'affiderebbe a Angela Merkel, François Hollande e pochi altri. Già, ma di questo ce n'eravamo accorti: per Monti noi non dovremmo mai votare, ma solo pagare. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/monti-lesattore-scortese-belpietro-pi-della-met-dei-soldi-che-gli-italiani-hanno-cacciato-48299.htm

LE BANCHE RINGRAZIANO MONTI - RAPPORTO RISERVATO ABI AL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: NEL BIENNIO 2012-2013 GLI ISTITUTI MACINERANNO 10 MILIARDI DI EURO DI UTILI, IN NETTA CONTROTENDENZA CON LA CRISI FINANZIARIA E LA RECESSIONE - I DATI ERANO STATI TENUTI LONTANO DAI SINDACATI VISTO CHE C'E' UNA BATTAGLIA SUGLI ESUBERI - ORA I BANCHIERI NON POTRANNO PIU' FAR CREDERE DI STARE IN GINOCCHIO…

Francesco De Dominicis per "Libero" MUSSARI BAZOLI RESIZE Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, domenica, in un'intervista, ha detto che a metà 2013 nel nostro Paese si potrebbe cominciare ad annusare aria di ripresa. C'è un settore, tuttavia, che gioca d'anticipo rispetto alle previsioni dell'inquilino di palazzo Koch: le banche italiane, infatti, secondo un documento riservato dell'Abi, non sembrano sentire più di tanto gli effetti della crisi e si preparano a chiudere in grande spolvero già il 2012. Gli utili degli istituti - che complessivamente nel 2011 hanno chiuso in rosso di 23,1 miliardi di euro - toccheranno quota 4 miliardi quest'anno per poi arrivare a 6,5 miliardi nei successivi dodici mesi. Totale: 10,5 miliardi di utili in appena due anni. Non male. SILEONI_LANDO Numeri che mostrano uno stato di salute assai positivo per il settore creditizio e che l'Assobancaria ha illustrato agli esponenti del Fondo monetario internazionale a metà novembre. Si tratta degli stessi dati, peraltro, che la scorsa settimana il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha parzialmente snocciolato nel corso di una tavola rotonda a Roma. MARIO ELSA MONTI Un blitz, quello di Sileoni, che ha spiazzato i banchieri. Il documento era destinato all'Fmi - con l'obiettivo di tenere alla larga nuovi attacchi all'industria bancaria italiana - ma, stando alla strategia delle banche, andava tenuto lontano dagli occhi dei sindacalisti, visto che è in corso una trattativa da 20-30mila esuberi. Trattativa che i maggiorenti dell'Abi vogliono portare avanti dimostrando che le banche sono in ginocchio. «E invece no» dice il numero uno Fabi. Pronto a dare battaglia ai banchieri. Del resto, le condizioni sono ottime un po' su tutti i fronti. È destinato a migliorare, anzitutto, il mercato dei prestiti a famiglie e imprese: +0,5% quest'anno e +1,9% l'anno prossimo. Bene anche il margine di interesse che, dopo un lieve calo dell'1,2% quest'anno, schizzerà a +2,5% nel 2013. Il roe (utile netto su patrimonio) aumenta dell'1,1% e poi dell'1,7%. GIANNI DRAGONI BANCHIERI E COMPARI FRONT Segnali positivi financo per le sofferenze: la crescita dei prestiti non rimborsati, infatti, rallenterà bruscamente: dal 27,6% dello scorso anno si passa al 18,4% del 2012 e al 13,8% del 2013. Bene l'andamento di depositi e raccolta: alla frenata del 2011 (-2,7%), le banche italiane rispondono con un biennio previsto in miglioramento (+4% e +3,8%). Sarà stata la cura del Governo di Mario Monti? http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/le-banche-ringraziano-monti-rapporto-riservato-abi-al-fondo-monetario-internazionale-nel-biennio-2012-48312.htm