giovedì 30 agosto 2012

FERMI TUTTI! IN UN’INTERVISTA A ‘LA STAMPA’ RILASCIATA IL MESE SCORSO L’EX AMBASCIATORE USA IN ITALIA, REGINALD BARTHOLOMEW (MORTO DOMENICA A 76 ANNI) RICOSTRUISCE I RAPPORTI TRA ROMA E WASHINGTON AI TEMPI DELL’INCHIESTA MANI PULITE - 2- UNA BOMBA DOPO L’ALTRA SU MANI PULITE! “QUALCOSA NON QUADRAVA NEL RAPPORTO TRA IL CONSOLATO USA DI MILANO E IL POOL MANI PULITE. CON ME TUTTO QUESTO CESSÒ. NELL’INTENTO DI COMBATTERE LA CORRUZIONE I MAGISTRATI DI MILANO VIOLAVANO SISTEMATICAMENTE I DIRITTI DI DIFESA DEGLI IMPUTATI IN MODO INACCETTABILE PER UNA DEMOCRAZIA. LA CLASSE POLITICA SI STAVA SGRETOLANDO PONENDO RISCHI PER LA STABILITÀ DI UN NOSTRO ALLEATO STRATEGICO NEL BEL MEZZO DEL MEDITERRANEO” - 3- “L’AVVISO DI GARANZIA A BERLUSCONI? SI TRATTÒ DI UN’OFFESA AL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI CLINTON, PERCHÉ ERA AL VERTICE E IL POOL DI MANI PULITE AVEVA DECISO DI SFRUTTARLO PER AUMENTARE L’IMPATTO DELLA SUA INIZIATIVA GIUDIZIARIA CONTRO BERLUSCONI” - 4- SETTE IMPORTANTI MAGISTRATI ITALIANI INCONTRARONO IL GIUDICE DELLA CORTE SUPREMA -

SCAMPÒ AD UN ATTENTATO. AVEVA 76 ANNI ADDIO AL DIPLOMATICO REGINALD BARTHOLOMEWraf12 reginald bartholomew enrico mentanaraf12 reginald bartholomew enrico mentana
L'ex ambasciatore statunitense a Roma Reginald Bartholomew è morto domenica scorsa in un ospedale di New York. Aveva 76 anni ed era malato di tumore. Ne ha dato notizia, stando a quanto riferisce il Washington Post che pubblica un necrologio in ricordo del diplomatico, la moglie Rose-Anne. Nato nel 1936 a Portland, nel Maine, nella sua lunga carriera Bartholomew è stato tra l'altro ambasciatore in Italia dal 1993 al 1997 durante la presidenza a stelle e strisce di Bill Clinton.
È rimasto poi a lungo nel nostro Paese come dirigente della banca d'investimento americana Merrill Lynch. Prima di arrivare nel nostro Paese, è stato anche ambasciatore in Libano, tra il 1983 e il 1986. Un gran lavoro nella nazione mediorientale. Il 23 ottobre del 1983, il giorno prima dell'arrivo di Bartholomew nella sede diplomatica di Beirut, un attentato dinamitardo di estremisti sciiti aveva fatto saltare le installazioni militari Usa e francesi a Beirut. Morirono 241 marines e 58 parà francesi. Ma l'ex ambasciatore americano in Italia sopravvisse lui stesso ad un attentato durante gli anni della guerra civile. Dopodiché fu trasferito in Spagna. A Madrid è rimasto dal 1986 al 1989. Oltre alla moglie, Bartholomew lascia quattro figli.
Maurizio Molinari per "La Stampa"
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Il mese scorso ho incontrato a New York l'ex ambasciatore Reginald Bartholomew che, dopo avermi detto di aver visto il mio libro «Governo Ombra», sull'Italia del 1978 descritta dai documenti del Dipartimento di Stato, mi ha chiesto se avevo voglia di parlare con lui dei suoi anni alla guida dell'ambasciata di Roma, cosa che non aveva mai fatto. «Non ho diari, ho solo la mia mente per ricordare» osservò. Ci vedemmo a cena da «Felidia» a Manhattan e Bartholomew incominciò subito a raccontarmi di Tangentopoli e del terremoto politico-giudiziario che trovò al suo arrivo in Italia. Era già molto malato, anche se non ne fece parola, e aveva urgenza di lasciare una testimonianza. Raccolsi il suo racconto che lui ha avuto modo di rivedere trascritto con l'intenzione di usarlo come base per una nuova inchiesta sul rapporto tra Italia e Stati Uniti e sull'approccio americano al team «Mani Pulite».
Massimo D'AlemaMassimo D'Alema
Da quel momento ho cominciato a cercare i documenti dell'epoca e i protagonisti ancora in vita. Primo tra tutti l'ex Console generale Usa a Milano Peter Semler, a cui Bartholomew attribuiva un ruolo chiave nell'iniziale sostegno americano all'inchiesta di Antonio Di Pietro. Quando ho saputo dell'improvvisa morte del 76enne Bartholomew, avvenuta domenica all'ospedale Sloan-Kettering di New York a causa di un tumore, ho pensato che fosse giusto pubblicare quanto finora raccolto. A cominciare da questa prima puntata che contiene appunto la testimonianza di Bartholomew, un diplomatico raffinato e colto, convinto che il passaggio alla Seconda Repubblica dovesse essere opera di una nuova classe politica a cui aprì le porte dell'Ambasciata e non solo opera dei magistrati. Ecco il suo racconto.
Gianni Letta e Silvio BerlusconiGianni Letta e Silvio Berlusconi

Completo blu, camicia bianca e cravatta rossa, Reginald Bartholomew arriva puntuale all'appuntamento nell'Upper East Side fissato per ricordare il periodo, dal 1993 al 1997, che lo vide guidare l'ambasciata americana a Roma. «L'Italia politica era in fase di disfacimento, il sistema stava implodendo a causa di Tangentopoli iniziata l'anno precedente ed io mi trovai catapultato dentro tutto questo quasi per caso», esordisce. In effetti Bartholomew, ex sottosegretario di Stato agli Armamenti, ex ambasciatore a Beirut e a Madrid, era ambasciatore presso la Nato.
SILVIO BERLUSCONI GIANNI LETTASILVIO BERLUSCONI GIANNI LETTA
«Lo aveva deciso Bush padre prima di lasciare la Casa Bianca, poi quando arrivò Bill Clinton decise di farmi inviato in Bosnia e stava pensando di nominarmi ambasciatore in Israele». Ma in una delle prime riunioni sulla politica estera tenute da Bill Clinton nello Studio Ovale, con solo sette stretti consiglieri presenti, l'Italia spunta nell'agenda.
Siamo all'inizio del 1993, Clinton sta incominciando la presidenza, l'Italia appare in decomposizione e «uno dei sette fece il mio nome al presidente», osservando che in una fase di tale delicatezza a Roma sarebbe servito un veterano del Foreign Service. Clinton assentì, rompendo con la tradizione di mandare in Via Veneto un ambasciatore politico scelto fra i maggiori finanziatori elettorali, e Bartholomew venne così catapultato nell'Italia del precario governo di Giuliano Amato sostenuto dagli esangui Dc, Psi, Psdi e Pli, con Oscar Luigi Scalfaro arrivato al Quirinale sulla scia della strage di Capaci, il Pds di Achille Occhetto in ascesa e Silvio Berlusconi impegnato a progettare la discesa in campo.
ANTONIO DI PIETRO LEADER DELL'ITALIA DEI VALORIANTONIO DI PIETRO LEADER DELL'ITALIA DEI VALORI
«Ma soprattutto quella era la stagione di Mani Pulite - dice Bartholomew -, un pool di magistrati di Milano che nell'intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l'Italia, a cui ogni americano si sente legato». Indagini giudiziarie, arresti di politici «presero subito il sopravvento sul resto del lavoro, perché la classe politica si stava sgretolando ponendo rischi per la stabilità di un alleato strategico nel bel mezzo del Mediterraneo», ed è in questa cornice che Bartholomew si accorge che qualcosa nel Consolato a Milano «non quadrava».
Se fino a quel momento il predecessore Peter Secchia aveva consentito al Consolato di Milano di gestire un legame diretto con il pool di Mani Pulite, «d'ora in avanti tutto ciò con me cessò», riportando le decisioni in Via Veneto.
2 mani pulite2 mani pulite
Fra le iniziative che Bartholomew prese ci fu «quella di far venire a Villa Taverna il giudice della Corte Suprema Antonino Scalia, sfruttando una sua visita in Italia, per fargli incontrare sette importanti giudici italiani e spingerli a confrontarsi con la violazione dei diritti di difesa da parte di Mani Pulite». Bartholomew non fa i nomi dei giudici italiani presenti a quell'incontro nella residenza romana, ma ricorda bene che «nessuno obiettò quando Scalia disse che il comportamento di Mani Pulite con la detenzione preventiva violava i diritti basilari degli imputati», andando contro «i principi cardine del diritto anglosassone».
Vincino su magistrati contro Mani PuliteVincino su magistrati contro Mani Pulite
Pochi mesi più tardi, nel luglio del 1994, il presidente Clinton arriva in Italia per partecipare al summit del G7 che il governo del neopremier Silvio Berlusconi ospita a Napoli. In coincidenza con i lavori, Mani Pulite recapita al presidente del Consiglio un avviso di garanzia e la reazione di Bartholomew è molto aspra. «Si trattò di un'offesa al presidente degli Stati Uniti, perché era al vertice e il pool di Mani Pulite aveva deciso di sfruttarlo per aumentare l'impatto della sua iniziativa giudiziaria contro Berlusconi», sottolinea l'ex ambasciatore, aggiungendo: «gliela feci pagare a Mani Pulite».
pool mani pulitepool mani pulite
Nulla da sorprendersi se in tale clima l'ambasciatore Usa all'epoca non ebbe incontri con i giudici del pool, «neanche con Antonio Di Pietro», mentre si dedicò a fondo a tessere i rapporti con le forze politiche emergenti. «I leader della Dc un giorno mi vennero a trovare, fu un incontro molto triste, sembrava quasi un funerale, era la conferma che bisognava guardare in avanti». Con il Pds, attraverso Massimo D'Alema, si sviluppò «un rapporto che sarebbe durato nel tempo». «D'Alema mi chiamò al telefono, gli dissi di venirmi a trovare e lui, dopo
una certa sorpresa, accettò rammenta Bartholomew -; quando lo vidi gli dissi con franchezza che il Muro di Berlino era crollato, quanto avevano fatto e pensato i comunisti in passato non mi interessava, mentre ciò che contava era la futura direzione di marcia, se cioè volevano essere nostri alleati così come noi volevamo continuare a esserlo dell'Italia».
GERARDO DAMBROSIO CI PENSAGERARDO DAMBROSIO CI PENSA
Ne nacque «un rapporto solido, continuato in futuro» con il Pds, «mentre con Romano Prodi fu tutto complicato dal fatto che, quando diventò premier nel 1996 del primo governo di centrosinistra della Repubblica, voleva a tutti i costi andare al più presto da Clinton, ma la Casa Bianca in quel momento aveva un altro calendario, e Prodi se la prese con me». Per tentare di riconquistare il rapporto personale con il premier «dovetti andare una domenica a Bologna, farmi trovare nel suo ristorante preferito e allora finalmente mi parlò, ci spiegammo».
FESTA BILL CLINTONFESTA BILL CLINTON
L'apertura al Pds coincise con quella a Gianfranco Fini, che guidava l'Msi precedente alla svolta di Fiuggi. «Con entrambi l'approccio fu il medesimo, si trattava di aprire una nuova stagione dice Bartholomew -, ed ebbi lo stesso approccio, guardando avanti e non indietro, anche se devo ammettere che nei salotti romani il mio dialogo con Fini piaceva assai meno di quello con D'Alema». L'altro leader che Bartholomew ricorda è Berlusconi. «La prima volta che ci vedemmo lo aspettavo all'ambasciata da solo, mi presentò assieme a Gianni Letta, voleva il mio imprimatur per la sua entrata in politica e gli risposi che toccava a lui decidere se essere "King" o "Kingmaker"», ma l'osservazione colse in contropiede Berlusconi, «che diede l'impressione di non sapere cosa significasse "Kingmaker" e dopo essersi consultato con Letta mi rispose "Kingmaker? Noooo"».

Dall'incontro, avvenuto poco prima dell'entrata in politica di Berlusconi nel 1994, Bartholomew trasse comunque l'impressione che si trattava di una candidatura molto seria «e nei mesi seguenti, girando l'Italia, mi accorsi che aveva largo seguito, sebbene personaggi come Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, mi obiettavano che non potevo capire molto di politica italiana essendo arrivato solo da pochi mesi».
A conti fatti, guardando indietro a quella fase storica, Bartholomew rivendica il merito di aver rimesso sui binari della politica il rapporto fra Washington e l'Italia, dirottato dal legame troppo stretto fra il Consolato di Milano e Mani Pulite, identificando in D'Alema e Berlusconi due leader che negli anni seguenti si sarebbero rivelati in più occasioni molto importanti per la tutela degli interessi americani nello scacchiere del Mediterraneo.
ROMNEY-BUSH SENIORROMNEY-BUSH SENIOR
DA MARIO CHIESA AI SUICIDI CLAMOROSI
Febbraio '92 L'arresto di Chiesa
Mario Chiesa, 47 anni, ingegnere socialista, presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato a Milano. È il 17 febbraio 1992. I carabinieri lo sorprendono alle 17.30 nel suo ufficio subito dopo aver intascato una mazzetta di sette milioni di lire da Luca Magni, proprietario di una piccola azienda di pulizie. Inizia così Tangentopoli, la maxi inchiesta che segna lo spartiacque tra la Prima e la Seconda repubblica.
Dicembre '92 Craxi, avviso di garanzia
Il 15 dicembre 1992 arriva il primo avviso di garanzia al segretario del Psi Bettino Craxi per corruzione, ricettazione e violazione del finanziamento pubblico ai partiti. Due giorni dopo parla di «aggressione personale» e resta alla guida del partito socialista. Ad agosto, Craxi attaccò Di Pietro sull'Avanti!, organo del suo partito: «Non è tutto oro quello che luccica. Presto scopriremo che Di Pietro è tutt'altro che l'eroe di cui si sente parlare. Ci sono molti, troppi aspetti poco chiari su Mani Pulite. Mentre, dopo l'arresto di Chiesa, Craxi parlò di un «mariuolo isolato».
Dicembre '92 Il discorso di Scalfaro
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Nel suo primo messaggio di Capodanno, il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro invita i giudici del pool milanese di «Mani pulite» a continuare nelle indagini contro lo scandalo della politica, i partiti a rinnovarsi, il Parlamento a fare le riforme e auspica «un nuovo Risorgimento».
Luglio '93 Il suicidio di Cagliari
Milano, 20 luglio 1993. Gabriele Cagliari, ex presidente Eni, si toglie la vita a 67 anni nel carcere di San Vittore con un sacchetto di plastica. In cella dal 9 marzo per corruzione e finanziamento illecito ai partiti. L'inchiesta sui fondi neri Eni.
ROMANO PRODIROMANO PRODI
Luglio '93 Gardini si toglie la vita
Un colpo di pistola in testa. L'imprenditore Raul Gardini, 60 anni, si suicida a Milano il 23 luglio 1993. Dopo le confessioni del manager Giuseppe Garofano, nel mirino dei giudici: rischiava un ordine di cattura per i buchi neri Montedison.


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L’AFFARE S’INGROSSA! “DI PIETRO MI PREANNUNCIÒ L’INCHIESTA SU CRAXI E LA DC” - 2- DOPO L’INTERVISTA COL MORTO (L’EX AMBASCIATORE USA BARTHOLOMEW), MOLINARI DE “LA STAMPA” SCOVA L’ANCORA VIVENTE EX CONSOLE AMERICANO A MILANO PETER SEMLER - 2- PER QUALE MOTIVO IL MAGISTRATO ANTONIO DI PIETRO CHIESE UN INCONTRO CON IL CONSOLE AMERICANO QUALCHE MESE PRIMA DELL’ARRESTO DI CHIESA, CONFINDANDO A SEMLER CHE LE INDAGINI AVREBBERO RAGGIUNTO BETTINO CRAXI E LA DC DI ANDREOTTI? - 3- DI PIU’: PERCHE’ ACCETTO’ L’INVITO A WASHINGTON DEL DIPARTIMENTO DI STATO (E CIA)? - 4- IL CONSOLE: “ERO SPESSO IN CONTATTO CON IL PM MOLISANO. AVEVA BEN CHIARO DOVE LE INDAGINI AVREBBERO PORTATO. ERA UN PERSONAGGIO APERTO, STRAORDINARIO LUI CAMBIÒ L’ITALIA. A MILANO MI RESI CONTO PRESTO CHE CI SAREBBE STATA UN’ESPLOSIONE” - 5- “IL MIO RUOLO? DIRE ALL’AMBASCIATORE A ROMA SECCHIA COSA FACEVA IL PM MOLISANO” -

Maurizio Molinari per La Stampa
Antonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato Alcuni mesi prima di Tangentopoli Antonio Di Pietro anticipò al console generale americano a Milano che l'inchiesta avrebbe portato a degli arresti e che le indagini erano destinate a coinvolgere Bettino Craxi e la Dc. A ricordarlo è proprio Peter Semler, durante un incontro nella sua tranquilla casa agli Hamptons dove trascorre l'estate fra spartiti di musica russa sul pianoforte, fiori ben curati nel patio e la tv accesa sul canale del golf.
Antonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato L'ex console, 80 anni, ha il fisico asciutto, la voce mite e grande premura nel ricordare gli anni passati in Italia, iniziati quando nel 1983 arrivò a Roma come consigliere militare-politico, gestendol'arrivo dei missili Cruise a Comiso e disinnescando nel 1986 la crisi Usa-Italia seguita dall'attacco di Reagan contro la Libia di Gheddafi. Ma, trascorsi venti anni dall'inizio di Tangentopoli, ritiene soprattutto giunto il momento di ricordare come visse, dal suo osservatorio, quella stagione che portò alla fine alla Prima Repubblica.
Antonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato Quando arrivò a Milano?
«Nell'estate del 1990. Era agosto e non c'era nessuno, tutto sembrava normale con i soliti Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che decidevano ogni cosa a Roma. C'era anche Craxi, il figlio Bobo fu una delle prime persone che vidi».
Che approccio ebbe alla politica milanese?
«Giuseppe Bagioli, un dipendente italiano al Consolato, era il mio consigliere politico a Milano, viveva di politica interna, sapeva tutto di tutti. Una vera enciclopedia vivente, mi fu di aiuto straordinario. Una delle prima persone che mi portò fu il figlio di Craxi, poi vidi quelli della Lega e quindi i comunisti. Volevamo parlare con tutti e così facemmo. Mi resi conto che vi sarebbe stata un'esplosione, come poi avvenne. La Lega nel Nord aveva il centro a Milano, e poi qualcosa in Veneto».
IL CONSOLE Peter SemlerIL CONSOLE Peter Semler Come ricorda i leghisti?
«Avere a che fare con loro era tutt'altra cosa rispetto a Roma: arrivavano puntuali ai pranzi e poi tornavano subito a lavorare. Borgioli mi fece parlare con gente che esprimeva scontento verso Roma, ma quando andai a dirlo all'ambasciatore a Roma Peter Secchia mi disse: "Che vai dicendo? Ieri ho visto Cossiga e Andreotti, è tutto ok, governa sempre la stessa gente". Io rispondevo che i cambiamenti sarebbero stati grandi ma era parlare al vento».
ANTONIO DI PIETRO INTERROGA BETTINO CRAXI DURANTE UN'UDIENZA DEL PROCESSO ENIMONTANTONIO DI PIETRO INTERROGA BETTINO CRAXI DURANTE UN'UDIENZA DEL PROCESSO ENIMONT Da dove nasceva il contrasto di interpretazioni con l'ambasciata Usa a Roma?
«All'ambasciata a Roma c'era all'epoca Daniel Serwer, che sosteneva la tesi che nulla sarebbe mai cambiato in Italia. Ad un incontro a Roma a cui parteciparono tutti i nostri generali, della forze del Mediterraneo, mi dissero che non avevo capito niente».
Perchéeracosìconvintodiavereragione?
«Per quello che sentivo a Milano. Ricordo che un primo gennaio ebbi un pranzo con due leader della Lega e quello che mi colpì di più era un ex poliziotto, ex militare. Giocammo al golf club di Milano e mi dissero: "Cambierà tutto". Ma a Roma Secchia continuava a dirmi: "Basta perdere tempo con queste storie"».
Bettino Craxi e Giovanni MinoliBettino Craxi e Giovanni Minoli Conobbe Antonio Di Pietro, allora pubblico ministero?
«Parlai con Di Pietro, lo incontrai nel suo ufficio, mi disse su cosa stava lavorando prima che l'inchiesta sulla corruzione divenisse cosa pubblica. Mi disse che vi sarebbero stati degli arresti».
Quando avvenne il colloquio?
«Incontrai Di Pietro prima dell'inizio delle indagini, fu lui che mi cercò attraverso Bagioli. Ci vedemmo alla fine del 1991, credo in novembre, mi preannunciò l'arresto di Mario Chiesa e mi disse che le indagini avrebbero raggiunto Bettino Craxi e la Dc».
Stiamo parlando di circa quattro mesi prima dell'arresto di Mario Chiesa, avvenuto il 17 febbraio del 1992...
andreotti giulioandreotti giulio «Di Pietro aveva ben chiaro dove le indagini avrebbero portato. Da Di Pietro, da altri giudici e dal cardinale di Milano seppi che qualcosa covava sotto la cenere. Eravamo informati molto bene. Di Pietro mi preannunciò gli arresti ma per me non era chiaro cosa sarebbe avvenuto».
Che rapporti aveva con il pool di Mani Pulite?
«Incontrai più giudici di Milano, c'era un rapporto di amicizia con loro ma non cercavo di conoscere segreti legali. Erano miei amici, ci vedevamo in luoghi diversi».
Con Di Pietro c'era un'intesa più forte?
«Di Pietro mi piacque molto, poi fece il viaggio negli Stati Uniti organizzato dal Dipartimento di Stato. Ero spesso in contatto con lui. Ci vedevamo».
Cosa pensava delle indagini?
«Ero in favore di ciò che Di Pietro faceva ma era una materia legale assai complessa. Il mio ruolo era di dire a Secchia cosa faceva Di Pietro».
Come si comportava Di Pietro negli incontri con lei?
pool mani pulitepool mani pulite «Di Pietro con me era sempre aperto, ogni volta che chiedevo di vederlo lui accettava, veniva anche al Consolato».
Cosa la colpì di lui?
«Borgioli mi disse che Di Pietro sapeva usare il computer, a differenza di gran parte degli italiani. Di Pietro era un personaggio straordinario, cambiò l'Italia».
Come nacque la visita negli Stati Uniti?
«Sono stato io a suggerire all'ambasciata a Roma di invitarlo, poi fu il Dipartimento di Stato a organizzargli il viaggio. Avvenne dopo l'inizio delle indagini».
ANDREOTTI-COSSIGAANDREOTTI-COSSIGA Chi incontrò DiPietro durante la visita?
Arrivai nel capoluogo lombardo nell'estate del 1990. Tutto sembrava normale con i soliti Andreotti e Cossiga che decidevano ogni cosa a Roma C'era anche Craxi, il figlio Bobo fu una delle prime persone che vidi
«Gli fecero vedere molta gente, a Washington e New York».
Come reagirono i comandi militari Usa a Tangentopoli?
«I militari davanti a Tangentopoli non si interessavano troppo alla politica, volevano solo essere sicuri che avrebbero potuto continuare a muovere liberamente le loro truppe e navi. E che le armi nucleari fossero al sicuro».
Come ricorda l'atmosfera di Milano in quel 1992?
Peter SecchiaPeter Secchia «A Milano il cambiamento era nell'aria. Conoscevo molte persone. Ricordo Pirelli e c'era un industriale importante, di origine siciliana, basso, con il cognome di quattro lettere che mi diceva le cose. Mario Monti all'epoca guidava la Bocconi, andavamo a cena assieme e gli procuravo oratori americani. Berlusconi non lo conoscevo bene, una volta ebbi con lui un pranzo assai lungo, Peter Secchia aveva in genere bisogno di 45 minuti per raccontarsi, scoprì che c'era qualcuno capace di parlare assai di più».
Terminata la conversazione Semler ci accompagna verso l'uscita dimostrandosi ancora un attento osservatore dei fatti politici italiani. E passando vicino al pianoforte osserva: «Continuo a suonarlo perché è stata mia madre a insegnarmelo».

 

MORTO CHE PARLA - L’INTERVISTA POSTUMA DI BARTHOLOMEW SULL’“ETERODIREZIONE USA” DI MANI PULITE SCATENA TRAVAGLIO: “MOLINARI ANNUNCIA ALTRE PUNTATE CON NUOVE MIRABOLANTI RIVELAZIONI. DI PIETRO PEDOFILO E I PM CANNIBALI. L’HA DETTO IL MORTO” - GERARDO D’AMBROSIO: “NIENTE USA, TANGENTOPOLI INIZIò CON L’ARRESTO DI MARIO CHIESA. MA IO ERO CONTRARIO A INVIARE L’AVVISO A BERLUSCONI DURANTE IL VERTICE DI NAPOLI CON CLINTON”…

- INTERVISTA COL MORTO
Marco Travaglio per "
il Fatto Quotidiano"6m42 reginald bartholomew6m42 reginald bartholomew
Le prossime elezioni rischiano di costare la pelle non solo ai grandi partiti, ma anche agli editori e ai prenditori che ingrassano alle loro spalle. Dunque prepariamoci a dosi quotidiane di olio di ricino (quando B. era il nemico, qualcuno avrebbe detto "metodo Boffo") per i nemici della strana maggioranza Pdl-Udc-Pd, che poi tanto strana non è: Di Pietro, Grillo, alcuni pm che insidiano il nuovo regime tripartito, già bollati di "fascisti" e "populisti", diverranno prossimamente nazisti, poi magari pedofili.
MARCO TRAVAGLIOMARCO TRAVAGLIO
Nessun mezzo o mezzuccio verrà risparmiato. L'antipasto lo fornisce La Stampa, che inaugura contro Di Pietro un nuovo genere giornalistico: l'intervista col morto. Il trapassato di turno è l'ex ambasciatore Usa in Italia Reginald Bartholomew, deceduto domenica. Ieri, a cadavere caldo, Maurizio Molinari ha pubblicato parte di un colloquio avuto con lui "il mese scorso" in un ristorante di Manhattan. Così il defunto non può smentire, né essere querelato. Titolo in prima: "Rivelazione: ‘Così fermai lo strano flirt fra l'America e Di Pietro'". Dunque nel '93 (quando Bartholomew divenne ambasciatore a Roma) Di Pietro aveva uno "strano flirt con l'America".
Senonché nell'articolo Di Pietro è nominato una sola volta, e per dire che l'ambasciatore non incontrò né lui né alcun pm di Mani Pulite. Di chi e di quale flirt stiamo parlando? "Bartholomew si accorge che qualcosa nel Consolato a Milano ‘non quadrava'". Cosa? Mistero. Bartholomew aveva una tal "urgenza di lasciare una testimonianza" a Molinari che non gliel'ha detto. "Se - scrive Molinari - fino ad allora il predecessore Secchia aveva consentito al Consolato di Milano di gestire un legame diretto con il pool di Mani Pulite, ‘d'ora in avanti tutto ciò con me cessò', riportando le decisioni in Via Veneto". "Tutto ciò" cosa? Quali "decisioni"?
GERARDO DAMBROSIO CI PENSAGERARDO DAMBROSIO CI PENSA
Mistero: il pover'uomo è spirato fra le braccia del cronista con le risposte sulla punta della lingua. Le sue uniche affermazioni su Mani Pulite (mai su Di Pietro) sono suoi personalissimi giudizi sul pool che "violava sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l'Italia, a cui ogni americano si sente legato". Ma guarda un po': il cuoricino candido dell'ambasciatore di un paese che ha ancora la pena di morte sanguinava per quei poveri tangentari arrestati.
Così convocò "il giudice Scalia della Corte Suprema per fargli incontrare sette importanti giudici italiani (quali ovviamente non lo dice, così nessuno può smentire, ndr) e spingerli a confrontarsi sulla violazione dei diritti di difesa da parte di Mani Pulite" alla luce del "diritto anglosassone".
Infatti negli Usa i processi per i "felony" (i nostri delitti) partono con l'arresto automatico dell'imputato che poi, se ha i soldi, esce su cauzione. Nei due anni di Mani Pulite invece, su 5mila indagati, solo 900 furono arrestati. Non dai pm, come vaneggiano Bartholomew e Molinari, ma da un gip, di solito confermato da 3 giudici di Riesame e 5 di Cassazione, a riprova del fatto che non vi furono abusi.
ANTONIN SCALIAANTONIN SCALIA
Ultima rivelazione: "Nel luglio '94 il presidente Clinton arriva in Italia al G7 che il governo Berlusconi ospita a Napoli" e proprio in quel mentre "Mani Pulite recapita al premier un avviso di garanzia. La reazione di Bartholomew è molto aspra: ‘Si trattò di un'offesa al presidente Usa perché era al vertice e il pool Mani Pulite aveva deciso di sfruttarlo per aumentare l'impatto della sua iniziativa giudiziaria contro Berlusconi".
Però, che notiziona. C'è solo un piccolo dettaglio, sfuggito all'anziano infermo e anche all'informatissimo intervistatore: il primo "avviso di garanzia" (che poi era un invito a comparire), fu recapitato a B. non nel luglio '94 durante il G7 di Napoli, ma il 21 novembre durante un incontro internazionale anti-crimine, dove non c'era ombra di Clinton. Ora però Molinari annuncia altre "puntate" con nuove mirabolanti "rivelazioni". Nella prossima, Di Pietro pedofilo e i pm cannibali. L'ha detto il morto.

2- ORA SI INVENTANO IL COMPLOTTO USA DIETRO MANI PULITE
Eduardo Di Blasi e Silvia Truzzi per "il Fatto Quotidiano"

Reginald Bartholomew, ambasciatore Usa a Roma dal 1993 al 1997 è morto due giorni fa. Maurizio Molinari, corrispondente da New York della Stampa, ne ha tratto occasione per pubblicare ieri un lungo articolo sui rapporti tra Roma e Washington a cavallo tra la fine della Prima e l'inizio della Seconda Repubblica. È un'intervista "vecchia", fatta il mese prima, sulla scorta della propria memoria: "Non ho diari - premette il diplomatico - ho solo la mia mente per ricordare".
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Affidandosi a questa, il 76enne Bartholomew racconta l'alba del proprio ingresso a Roma: "Il sistema stava implodendo a causa di Tangentopoli iniziata l'anno precedente e io mi trovai catapultato dentro tutto questo quasi per caso". Era l'Italia del dopo Capaci. Al Colle sedeva Scalfaro e il governo Amato era retto da un'esangue maggioranza Dc, Psi, Pli e Psdi. Era l'Italia di Mani Pulite.
L'ambasciatore la ricorda così: "Un pool di magistrati di Milano che nell'intento di combattere la corruzione era andato ben oltre, violando i diritti di difesa degli imputati in modo inaccettabile in una democrazia come l'Italia, a cui ogni americano si sente legato". Il pericolo avvertito era il seguente: "La classe politica si stava sgretolando ponendo rischi per la stabilità di un alleato nel bel mezzo del Mediterraneo". Il Consolato di Milano, afferma l'ambasciatore, aveva rapporti con il pool milanese "che non quadravano".
LA COPPIA BERLUSCONI ACCOGLIE A ROMA LA COPPIA CLINTON - 1994LA COPPIA BERLUSCONI ACCOGLIE A ROMA LA COPPIA CLINTON - 1994
Se il suo predecessore Peter Secchia aveva consentito al Consolato meneghino di gestire quel legame, afferma Bartholomew, "d'ora in avanti tutto ciò con me cessò". Il diplomatico fece anche arrivare a Villa Taverna, sede dell'ambasciata statunitense in Italia, il giudice della Corte Suprema Usa Antonio Scalia. Questi incontrò sette giudici italiani per "spingerli a confrontarsi con la violazione dei diritti di difesa da parte di Mani Pulite".
Nessuno di loro "obiettò quando Scalia disse che il comportamento di Mani Pulite con la detenzione preventiva violava i diritti degli imputati". C'è di più. La ripetizione della favola dell'avviso di garanzia a Berlusconi al G7 presieduto da Clinton. Un falso storico: si trattava di un invito a comparire e fu recapitato all'allora premier il 21 novembre, 4 mesi dopo il summit internazionale.
Nella ricostruzione Bartholomew sostiene che "si trattò di un'offesa al presidente Usa, perché era al vertice e il pool di Mani Pulite aveva deciso di sfruttarlo per aumentare l'impatto della sua iniziativa contro Berlusconi". Così prese la decisione: "Gliela feci pagare a Mani Pulite".
A vent'anni di distanza il capo di quella Procura, Saverio Borrelli, ribatte: "Non voglio polemizzare con un defunto, ma respingo quelle dichiarazioni perché non c'è nulla di fondato". Antonio Di Pietro parla di una cosa che non ha "né capo né piedi". Mentre Davigo e Colombo tacciono (qualcuno sta pensando di tutelarsi con azioni legali).
pool mani pulitepool mani pulite
Gerardo D'Ambrosio articola: "Come è iniziata Mani Pulite lo sanno tutti: con l'arresto e la confessione di Mario Chiesa. Mi sembrano fantasiose le tesi che raccontano influenze esterne alla Procura di Milano. Bartholomew e Peter Secchia non li ho mai conosciuti. Quanto alla presunta violazione dei diritti degli indagati, il mio principale compito era proprio sorvegliare che non venissero violati. Credo di essere stato uno dei magistrati più garantisti. Tra l'altro, una marea di persone si presentò spontaneamente a confessare.
Sull'avviso di garanzia a Berlusconi durante il vertice di Napoli contro la criminalità - chiude - posso dire che ero contrario a mandarlo in quel momento, perché avevo intuito che sarebbe stato deleterio per il pool. Lo feci presente, ma la maggioranza stabilì di non procrastinarlo perché si ritenne che un ritardo avrebbe comportato un inquinamento probatorio".



MANI SPORCHE ALL’AMERICANA? - DI PIETRO RISPONDE ALLE CRITICHE (POSTUME) DI BARTHOLOMEW, E ROVESCIA LA FRITTATA: NON è LUI CHE CONTATTA IL CONSOLE MA VICEVERSA: “LO INCONTRAVO PERCHÉ LO DESIDERAVA. VOLEVA CAPIRE E INFATTI CAPÌ PERFETTAMENTE, A DIFFERENZA DI ALTRI SUOI CONNAZIONALI. E INCONTRÒ UN SACCO DI ALTRE PERSONE” - LE INDAGINI SULLA CORRUZIONE? “PRIMA DI NOI ERA UN ETERNO COITUS INTERRUPTUS…”

Mattia Feltri per La Stampa

Onorevole Di Pietro, i rilievi a Mani Pulite dell'ex ambasciatore Reginald Bartholomew sono pesanti, sebbene non inediti da noi.
IL CONSOLE Peter SemlerIL CONSOLE Peter Semler «E sono curiosi, perché mi hanno accusato del contrario, cioè di essere stato, insieme col pool, un burattino degli Stati Uniti che volevano far fuori i filoarabi Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Accuse senza senso, naturalmente. Adesso me ne rivolgono di nuove, che contraddicono le precedenti, e altrettanto insensate. Vorrei entrare nel merito».
Prima accusa: avete violato sistematicamente i diritti di difesa degli imputati.
Antonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato «Ci sono decine di sentenze che dicono il contrario. C'è una relazione della commissione parlamentare del '96 secondo cui noi non fummo aguzzini ma semmai vittime di una serie di diffamazioni per le quali siamo stati risarciti. Sono stato sotto inchiesta per queste accuse e prosciolto ogni volta».
Non abbiamo mai avuto la percezione che lei sarebbe stato condannato.
«Perché avevate torto».
Perché ci sembrava non ci fossero i presupposti, diciamo, politici.
ANTONIO DI PIETRO DURANTE UN COMIZIO jpegANTONIO DI PIETRO DURANTE UN COMIZIO jpeg «No, perché avevate torto. Sono stato prosciolto tutte le volte per insussistenza del reato».
È vero ma qualche volta, prosciogliendola, i giudici hanno criticato i suoi comportamenti.
«Bisognerebbe vivere due volte per rimediare nella seconda vita agli errori commessi nella prima. Ma non ho mai commesso reati, non ho mai volontariamente violato la legge».
La carcerazione preventiva per estorcere confessioni aveva aspetti da tortura.
«La carcerazione preventiva non serviva per estorcere confessioni, ma seguiva la legge e le regole, come dimostrato da decine di sentenze e mi dispiace che il povero Bartholomew, pace all'anima sua, ci rivolga accuse tanto gravi delle quali, fosse in vita, dovrebbe rispondere in tribunale».
Non lo pensava soltanto Bartholomew. Come dice nell'intervista, riunì sette importanti giudici italiani che concordarono con lui.
«Peccato che Bartholomew non possa più farne i nomi. Mi piacerebbe se saltassero fuori, magari con l'aiuto della "Stampa". E mi piacerebbe che questi sette giudici ripetessero in pubblico delle valutazioni che fin qui hanno fatto in privato e nell'anonimato. Semmai il caso dimostra che l'ambasciatore basava le sue opinioni su notizie inquinate, e glielo dimostro. Si tratta della seconda accusa, secondo cui avremmo offeso il presidente Bill Clinton recapitando a Napoli un avviso di garanzia a Berlusconi. Primo errore: era un invito a comparire. Secondo errore: non lo abbiamo recapitato a Napoli ma a Roma...».
Onorevole, sono dettagli.
pool mani pulitepool mani pulite «No, per niente. Infatti noi abbiamo recapitato un invito a comparire a Roma e dopo la chiusura del vertice. Fu il "Corriere della Sera" ad anticiparlo con Goffredo Buccini che si è sempre rifiutato - e io ne rispetto le ragioni - di svelare la fonte. Le inchieste hanno dimostrato che le fonti erano potenzialmente numerose e noi del pool siamo stati assolti».
6m42 reginald bartholomew6m42 reginald bartholomew Bartholomew è noto per una leggenda che gira da tempo. Partecipò, nel giugno '92, all'incontro sul panfilo Britannia nel quale sarebbero state pianificate le privatizzazioni. Forse voi eravate andati troppo oltre...
«Adesso non esageriamo. E poi io di questo Britannia non so nulla».
Non ci credo neanche se me lo giura su sua madre.
«E che vuole che le dica? Quella nave mi è sfuggita».
Domani (oggi per chi legge, ndr) pubblichiamo un'intervista in cui il console generale Peter Semler la ricorda con più simpatia. Dice che vi incontravate spesso.
(Legge l'intervista, ndr) «Il nome mi torna in mente adesso, non lo ricordavo più. Ma quello che racconta è sostanzialmente vero con alcune imprecisioni».
Compreso il fatto che lei gli anticipò nel novembre del '91 il coinvolgimento della Dc e del Psi ai massimi livelli?
«Be', lì temo che faccia confusione, che sovrapponga - sono passati più di vent'anni - conversazioni avvenute in momenti diversi. Non potevo anticipargli il coinvolgimento dei vertici di Dc e Psi perché, in quel novembre, già indagavo su Mario Chiesa ma non avevo idea di dove saremmo andati a parare».
2 mani pulite2 mani pulite E allora perché Semler lo dice?
«Perché, ripeto, confonde conversazioni avute in tempi e con persone diverse. (Mostra un report inviato da Semler a Secchia, il predecessore di Bartholomew, in cui un esponente della Rete, forse Nando Dalla Chiesa, gli parla dell'imminente fine del pentapartito. L'archivio di Di Pietro è ancora portentoso, ndr). È del 25 febbraio, otto giorni dopo l'arresto di Mario Chiesa. Vede che si confonde?».
Questo non dimostra nulla.
CRAXI MANI PULITECRAXI MANI PULITE «Sto facendo un'ipotesi. Per dire che Semler incontrava e parlava con molta gente. Ma nel novembre del 1991 non potevo anticipargli ciò che non sapevo. C'è però un punto. Mani Pulite non è cominciata nel '92. È cominciata a metà degli Anni Ottanta con una serie di inchieste che non portarono a nulla, per ragioni politiche e perché la corruzione è un reato che si compie in due, e quindi ci si protegge a vicenda. Era un eterno coitus interruptus. Noi invertimmo il percorso, partendo dai fondi neri creati per pagare la politica e spezzando così il patto omertoso. Di questo posso aver parlato con Semler. Ma che Dc e Psi e anche il Pci fossero partiti corrotti, in Italia lo sapevano tutti. In fondo Mani pulite fu la scoperta dell'acqua calda».
Perché si incontrava con Semler?
«Perché lo desiderava. Faceva il suo lavoro. Voleva capire e infatti capì perfettamente, a differenza di altri suoi connazionali. E incontrò un sacco di altre persone».
ANDREOTTI E CRAXIANDREOTTI E CRAXI Non è irrituale?
«No. Non ho mai violato il segreto istruttorio».
Vede che il suo rapporto con gli Usa era saldo? Fu invitata anche dal Dipartimento di Stato.
«In America ci ero stato anche prima per atti di indagine. Poi fui invitato come succede a molti. Ma voi che pensate: aveva ragione Bartholomew che diffidava di me, o Semler che mi ricorda volentieri? (Sorride, ndr)».
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mani-sporche-allamericana-di-pietro-risponde-alle-critiche-postume-di-bartholomew-e-rovescia-la-43234.htm#Scene_1

MAIL DI LUCA JOSI, L’ULTIMO CRAXIANO: “SONO POCHI A POTERSI STUPIRE DEL RACCONTO DI BARTHOLOMEW. IN QUEGLI ANNI NON SI POTEVA FAR NIENTE CHE POTESSE METTERE IN DISCUSSIONE L’EQUILIBRIO DI QUELLO CHE ERA UN ALLEATO STRATEGICO IN UN’AREA, UN TEMPO, NEVRALGICA DEL MONDO (ITALIA, PORTAEREI INAFFONDABILE)” - 2- “FINITA LA GUERRA FREDDA, CLINTON PUNTO’ I CANNONI SUL COMMERCIO. LA CIA FU AUTORIZZATA AD “AIUTARE” LE AZIENDE AMERICANE ALL’ESTERO. E CRAXI, FINO AGLI EUROMISSILI E AL DECISIONISMO PIACEVA TANTISSIMO IN OCCIDENTE. DOPO SIGONELLA, MOLTO MENO” - 3- “SI POTREBBE DIRE CHE LA PRIMA REPUBBLICA TENNE I BANCHIERI AL LARGO DI CIVITAVECCHIA, SUL PANFILO BRITANNIA, MENTRE LA SECONDA LI HA PORTATI AL GOVERNO” - 4- “CRAXI, PARADOSSALMENTE, SIMPATIZZEREBBE OGGI PIÙ PER COLORO CHE CHIEDONO UN CAMBIAMENTO E VERITÀ CHE PER I MANDARINI EUNUCHI SOPRAVVISSUTI ALLA PRIMA REPUBBLICA. E SI DOMANDEREBBE COME MAI, CON TANTO RITARDO, I SILENTI TESTIMONI DELLA SUA DISTRUZIONE, SI RISVEGLINO PERSEGUITATI DAL GRANDE COMPLOTTO” -

Caro Dago,
a leggere l'articolo di Molinari su Bartholomew sono davvero pochi i protagonisti di quegli anni a potersi stupire del racconto (e se si stupiscono significa che protagonisti non erano).
6m42 reginald bartholomew6m42 reginald bartholomew
Io c'ero (categoria accessori, non protagonista). E pur di corredo, come segretario dei giovani socialisti - avevo 25 anni - venivo coinvolto dagli addetti, prima del Consolato americano di Genova poi dell'Ambasciata, nei vari progetti di sensibilizzazione al primato della democrazia statunitense (leggi USIS; proposte alle quali non aderii mai, non per antiamericanismo, anzi, ma per semplice ritrosia ligure; credo si possa riconoscere l'amicizia verso un'altra nazione senza doverci, per forza, flirtare).
In sostanza il primo step dell'offerta era: viaggi, incontri e una sana boccata di capitalismo a stelle e strisce. Intendiamoci: nel maggioritario della storia, almeno nel mio caso, eravamo entusiasti che avesse vinto l'Ovest. Era, per noi, la parte giusta della storia. Ma se disdegnavamo l'idea che un giorno i cosacchi si potessero abbeverare alle fontane di San Pietro, nemmeno avremmo sognato di vedere sgorgare, dalle stesse, Coca Cola. Poi quel muro che divideva il mondo rovinò, dopo l'89, addosso a chi l'aveva combattuto. E chi, in Occidente, aveva contribuito a erigerlo diventò, improvvisamente, post comunista e americanissimo.
Invito USIS durante TangentopoliInvito USIS durante Tangentopoli
Comunque, in quegli anni, subito prima, durante e dopo Tangentopoli, molti viaggiavano oltreoceano (con la frequenza con cui da Milano oggi si va in riviera). Erano politici, magistrati, giornalisti, autorevoli esponenti delle forze dell'ordine. Pochi preti.
ANSA Presidente ClintonANSA Presidente Clinton
Sono vent'anni che un esercito di persone è a conoscenza della verità più banale: non si poteva far niente che potesse mettere in discussione l'equilibrio di quello che era un alleato strategico in un'area, un tempo, nevralgica del mondo (Italia, portaerei inaffondabile). Punto.
Bettino CraxiBettino Craxiraf19 reginald rose anne bartholomewraf19 reginald rose anne bartholomewAntonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato
Soprattutto se il paese in questione, liberato dall'America, aveva "ricambiato" il sacrificio con l'ospitalità di decine di basi militari statunitensi (il sistema d'allarme nucleare; ecco, ma se a casa vostra l'allarme lo monta un altro qualche dubbio sul vostro diritto di proprietà vi viene?).
Sono passati vent'anni da allora. Craxi, complice la codardia e lo squallore di molti dei suoi sodali, diventò la discarica delle responsabilità di un'intera classe dirigente. Magra consolazione è che quattro lustri dopo i rinnovatori si sono infilati nel cappio che avevano sventolato: i finanziamenti illeciti e le distrazioni sono esplose, i partiti sono barzellette familistiche e la tutela delle garanzie democratiche è una bandierina che viene sventolata per coprire le piccole o grandi vergogne dell'interessato di turno.
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Di Craxi si può dir tutto, ma non che fosse un nano o una ballerina (le categorie hanno dominato gli ultimi vent'anni; entrambe, infatti, furono risparmiate dall'esaurimento del nastro della mitragliatrice che falcidiò le prime linee; i nani poi godono di una predisposizione ad acquattarsi, le ballerine a ondeggiare).
Craxi, fino agli euromissili e al "decisionismo" piaceva tantissimo in Occidente. Dopo Sigonella, molto meno.
Craxi, realmente, per "ingenuità" risorgimentale, pensava davvero di essere sovrano in casa e, di conseguenza, di dover andar d'accordo con i paesi dirimpettai del suo governo. Fece quello che fece a Sigonella e gli Stati Uniti ne trassero le conseguenze (esistono numerosi carteggi dell'Amministrazione americana, un tempo riservati e oggi derubricati, che esplicitano brutalmente le motivazioni del disinnamoramento e smentiscono la lettera di pacificazione di Reagan dopo la crisi dell'ottobre dell'85).
Silvio BerlusconiSilvio Berlusconi Antonio Di Pietro magistratoAntonio Di Pietro magistrato
Così, accadde come accadde, che si lasciò il via libera a stravolgimenti che mai sarebbero stati concessi prima dell'89 (allora c'era un nemico militare, una superpotenza, che mirava al nostro pezzo d'Occidente; ora non più).
Poi si affacciavano nuove necessità:
- l'asse Est-Ovest non era più quello dove si consumavano le principali tensioni e ne stava nascendo uno nuovo: quello Nord-Sud (e gli uomini che erano risultati funzionali al primo sistema parevano non esserlo più al secondo).
- la finanza derivata cominciava a dopare l'economia mondiale sganciandola dalla ricchezza reale. Anziché bucare quella bolla, si preferì giocarci a pallavolo per due decenni lasciandola gonfiare e trasformandola da semplice nube nell'incubo odierno. Per permutare un po' di ricchezza virtuale in patrimonio reale si diede così il via a una serie di vantaggiosissime privatizzazioni (una specie di recupero crediti post piano Marshall).
Col senno di poi, si potrebbe dire che la Prima Repubblica tenne i banchieri al largo di Civitavecchia, sul panfilo Britannia, mentre la seconda li ha portati al governo.
ILDA BOCCASSINI E FRANCESCO SAVERIO BORRELLIILDA BOCCASSINI E FRANCESCO SAVERIO BORRELLI Robert RubinRobert Rubin
Oggi siamo alla farsa. Ho avuto modo di rileggere l'attività di molti magistrati protagonisti di quei tempi e riconoscerne l'assoluta estraneità a un disegno indotto e la totale buona fede nelle loro convinzioni. Riuscirono a fare, semplicemente, cose che in altre epoche non gli sarebbe stato consentito mettere in atto (ovviamente, esistono le debite eccezioni). Che allora ci fossero un sacco di ladri nobilitati dai partiti è assodato. Oggi sono, in assenza di partiti, ladri e basta.
Bartholomew parla del Presidente Clinton e Clinton era certo che, terminate alcune guerre tradizionali, per alcuni anni nel mondo occidentale sarebbero diventate prioritarie altre guerre: quelle commerciali. Così, tanta dell'intelligence cresciuta per spiare l'antico nemico a Est si sarebbe dovuta riconvertire e ricollocare lavorando a questo nuovo conflitto.
L'Europa provava, tra vari sabotaggi, a nascere e prometteva di diventare entro pochi anni, in sintonia con l'economia giapponese, il più grande nuovo mercato del secondo dopoguerra. Andò diversamente. E questa dichiarazione spiega il senso dell'intervista di Bartholomew:
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ANSA, 3 febbraio 1993, 16.50 (NEW YORK): "CIA di Clinton favorevole a spionaggio industriale. L'ultima novità dell'Amministrazione Clinton darà i brividi a non poche aziende europee e giapponesi: d'ora in avanti le loro concorrenti americane potrebbero contare niente di meno che sull'aiuto della CIA per condurre la loro normale attività d'affari. La notizia è venuta direttamente dal nuovo capo della CIA designato da Clinton, R. James Woolsey, davanti alla commissione al senato che lo ascoltava per confermarlo. Woolsey ha dichiarato di non essere contrario a fornire dossier top secret su attività industriali e commerciali di aziende in Paese stranieri che potrebbero danneggiare le aziende americane. L'idea rientra nella filosofia di più ampio respiro del nuovo Presidente, che si propone di formulare la politica estera in funzione delle esigenze economiche degli Stati Uniti ed è stata discussa con Bill Clinton e con il nuovo consigliere per la sicurezza economica Robert Rubin.".
pool mani pulitepool mani pulite
In quegli anni, quindi, si verificarono cose d'inaudita gravità e molti testimoni del tempo, vivissimi, potrebbero raccontarne oggi i passaggi ancora incompresi. Non lo faranno.
Craxi, paradossalmente, ho buone ragioni per crederlo, simpatizzerebbe oggi più per coloro che chiedono un cambiamento e verità che per i mandarini eunuchi sopravvissuti alla Prima Repubblica. E si domanderebbe come mai, con tanto ritardo, i silenti testimoni della sua distruzione, si risveglino perseguitati dal grande complotto.
Luca Josi

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-mail-di-luca-josi-lultimo-craxiano-sono-pochi-a-potersi-stupire-del-racconto-43245.htm#Scene_1