martedì 30 ottobre 2012

SALE LO SPREAD, SALE L’ASTENSIONE E GRILLO MINACCIA DI STABILIZZARSI AL 20% ALLE PROSSIME POLITICHE. AL QUIRINALE, RE GIORGIO NON SA PIÙ COME FARE A MODIFICARE IL PORCELLUM E A GARANTIRE UN MONTI BIS AI SUOI DANTI CAUSA DI WALL STREET E BERLINO. SCOMMETTIAMO CHE NEI PROSSIMI GIORNI TORNERÀ IL “GOVERNO DELLA PAURA”? - 2- INTANTO, CHI DEVE FARE AFFARI CON (E SU) QUEL CHE RESTA DELL’ITALIA RISCHIA DI PERDERE LA BUSSOLA. MA IL MOMENTO È PROPIZIO, VAI CON UN NUOVO CONDONO EDILIZIO! - 3- RICAPITOLIAMO: IN PUGLIA C’È VENDOLA, IN SICILIA C’È CROCETTA. IN CAMPANIA… FORZA CALDORO, BUTTATI DALL’ALTRA PARTE CHE ALLE PROSSIME ELEZIONI FAI IL BOTTO! -

a cura di COLIN WARD e CRITICAL MESS 1- SOVRANITA' LIMITATA E SCENEGGIATE SICILIANE... Sale lo spread, sale l'astensione e Grillo minaccia di stabilizzarsi al 20% alle prossime politiche. Al Quirinale, Re Giorgio non sa più come fare a modificare il Porcellum e a garantire un Monti bis ai suoi danti causa di Wall Street. Scommettiamo che nei prossimi giorni tornerà il "governo della paura"? Intanto, chi deve fare affari con (e su) quel che resta dell'Italia rischia di perdere la bussola. Ma il momento è propizio, vai con un nuovo condono edilizio! GRILLO SICILIA Dopo l'apertura delle urne cinerarie in Magna Grecia, l'annuncio mafioso delle Borse viene ammesso tranquillamente dall'esimio professore Alberto Quadrio Curzio: "Siamo sorvegliati. I politici stiano attenti alle parole" (Messaggero, p. 9). Il Giornale punta dritto sul coraggio di Goldman Monti: "Fiducia, Monti finge sicurezza e si nasconde dietro lo spread" (p.8). E sul Corriere, Angelino Verderami la spara grossa: "Voto frammentato, spunta la ‘sindrome greca'. GRILLO BEPPE Nessun partito ha toccato quota 20 per cento. Ricette diverse per arginare l'effetto Grillo" (p. 8). Non è da meno la Repubblica degli Illuminati, che a pagina 2 deve far buon viso a cattivo gioco per rispetto dei suoi lettori: "Sicilia, la rivoluzione di Crocetta. Vince l'asse Pd-Udc, crolla il Pdl". Ma nella pagina accanto rispecchia fedelmente il punto di vista di Lorsignori: "E ora Monti teme lo showdown. ‘Bisogna evitare che il governo venga paralizzato da Berlusconi'. Allarme del Quirinale. Convocato il Cavaliere". MONTI NAPOLITANO Non a caso, approfitta del grave momento Luchino di Montepariolo: "Silvio ha spolpato il Paese, ora spetta al Professore decidere se deve candidarsi" (Repubblica, p. 13 e Stampa p. 6). Dunque, ricapitoliamo: in Puglia c'è Vendola, in Sicilia c'è Crocetta. In Campania...Forza Caldoro, buttati dall'altra parte che alle prossime elezioni fai il botto! 2- QUANTO GLI FA MALE L'ASTENSIONE... Il 53% dei siciliani che non va a votare sembra un sogno di Saramago ("Saggio sulla lucidità"). Ma per la Grande Stampa Accettata è un incubo indecifrabile. GIANCARLO CANCELLERI Sul Messaggero di Calta-papà, Stefano Cappellini scrive che "il partito del non voto diventa per la prima volta maggioranza assoluta, a testimonianza di una disaffezione e di una sfiducia verso l'offerta politica, quella tradizionale e quella dei nuovi movimenti, preoccupante per la tenuta delle istituzioni locali e inquietante se proiettata su scala nazionale" (p. 1). Più freddo, Massimo Franco sul Corriere: "Chiunque vinca alle prossime elezioni, a meno che non sia legittimato da numeri plebiscitari, ormai deve cominciare a pensare non solo alla propria maggioranza, ma alle sue dimensioni e alla sua qualità. E dunque porsi il problema di rappresentare e dare voce ai ‘non elettori'" (p. 1). Secondo la Stampa dei Lingotti in fuga "il non voto e l'antivoto sono due facce della stessa (minacciosa) medaglia". MONTI THE-GOLDMAN-SACHS 3- MA FACCE RIDE!... Poi passa quel sant'uomo del ministro per la Cooperazione (con i Poteri Marci) Andrea Riccardi, e secerne la pillola di saggezza quotidiana: "Ormai pure i grillini sono visti come parte del teatrino" (Messaggero papalino, p. 5) BERLU 4- ANGELINO, ANGELINO, MA TU GUARDA CHE CASINO... Tempi sempre più grami per Angelino Al Fano, l'ex ciambellano del Banana che si credeva leader. La sconfitta in Sicilia gli viene addebitata per "mancanza di quid", come direbbe il suo Principale e per la rissa con Miccichè junior. Repubblica gode: "E Berlusconi lascia solo Angelino. ‘Farò alleanze con Bossi e Tremonti. Con Miccichè avremmo vinto, io l'accordo l'avevo trovato'. Il Cavaliere sicuro che si voterà con il Porcellum. ‘Posso anche chiamare quelli di Publitalia" (p. 7). Il Giornale intestato a Paolino Berluskino lo piglia per i fondelli con un bel titolo a tutta prima: "Quid o morte. Ultima chiamata per il Pdl". L'altro foglio di osservanza caimana non è da meno: "Una crocetta sul Pdl. Batosta in Sicilia" (Libero, p. 1) ROSARIO CROCETTA 5- VERTICI STATO-MAFIA... Ieri, esordio con rinvio al processo dei morti viventi di Palermo. "Stato-mafia: boss e politici davanti al giudice. Prima udienza per il procedimento sulla ‘trattativa', subito rinviata al 15 novembre. Collegati in video Totò Riina, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca" (Stampa, p. 20). Praticamente, mezzo pentapartito. Nei secoli fedeli al principio all'articolo 1 della Costituzione italiana ("Cane non mangia cane") guarda caso "Il governo non si costituisce parte civile al processo: Mancino graziato" (Giornale, p. 10). Sul Cetriolo Quotidiano, un titolo per ricordare che su certe storie il silenzio è d'oro: "Vietato entrare: la stampa di tutto il mondo chiusa fuori dal tribunale" (p. 13) MONTEZEMOLO E JOHN ELKANN JPEG 6- I FAMOSI ADDII DEL SOR-GENIO CIDIBBI' (COME IL BANANA)... "L'impero di De Benedetti passa ai figli", titola la Stampa. Si spera senza pagare troppe tasse. Francesco Manacorda spiega molto bene "l'addio a puntate dell'Ingegnere e i conti in rosso. Nell'ultimo trimestre la holding Cir finisce in negativo, pesano i risultati di Sorgenia" (Stampa, p. 29). Sul Giornale del mancato socio Silvio, "De Benedetti regala il gruppo ai figli. Il controllo della Cir ai tre eredi. Mondardini chiamata a guidare, al posto di Rodolfo, la holding finita in rosso" (p. 21). ANDREA RICCARDI Sul Cetriolo Quotidiano, Stefano Feltri osserva: "Come Berlusconi, anche De Benedetti lascia la prima fila. Ma non se ne va del tutto. Berlusconi continuerà a scegliere i parlamentari, De Benedetti avrà un ruolo nella scelta dei direttori ("Dopo B., anche De Benedetti fa un passo indietro", p. 9). GIANFRANCO MICCICHE 7- ULTIME DA UN POST-PAESE... Con un indice di consumo del territorio tra i peggiori d'Europa - e una corruzione inarrestabile - l'Italia si prepara a una nuova missione post-industriale: il turismo del Brutto. Merito dell'ex ministro della giustizia, la toga azzurra Francesco Nitto Palma. Repubblica prova a tenere alta l'attenzione: "Spunta un nuovo condono edilizio. Domani al Senato la proposta del Pdl. Il ddl prende spunto dagli abusi in Campania, ma la norma è estesa a tutto il Paese" (p. 15). ANGELINO ALFANO DURANTE UN COMIZIO 8- CHAPEAU!... Ancora su Repubblica, bella inchiesta su uno dei giochi di prestigio del Sire di Hardcore: la "ricostruzione" in Abruzzo. "L'Aquila, la truffa delle ‘case a molla'. ‘In caso di sisma rischiano di crollare'. La superperizia: frode sulla costruzione delle new town volute da Berlusconi. ‘Uno degli isolatori su cui poggiano gli edifici, sottoposto a test negli Usa, si è rotto di schianto'. Almeno 200 i pezzi anomali. I 185 edifici sono costati oltre 7 milioni di euro" (p. 20). Per liberarvi di noi, ma anche no: colinward@autistici.org http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-sale-lo-spread-sale-lastensione-e-grillo-minaccia-di-stabilizzarsi-al-20-alle-46040.htm

QUANTIFICATO IL BOTTINO: DAL ’94 AD OGGI I PARTITI ITALIANI HANNO INCASSATO 2,2 MILIARDI DI RIMBORSI PUBBLICI, DI CUI SOLO 580 MILIONI SPESI PER L’ATTIVITA’ POLITICA - E IL RESTO? AH, SAPERLO! I PARTITI HANNO DISSIPATO 1,6 MILIARDI DI EURO - LA TV DELLA BRAMBILLA E’ COSTATA 600MILA EURO A FORZA ITALIA - I DS PIGNORATI DALLE BANCHE - QUATTRO MILIONI DALLA MARGHERITA NEL FONDO RISCHI PER IL BUCO DEL QUOTIDIANO “EUROPA”…

Fabio Pavesi per il Sole 24 Ore FRANCESCO BELSITO La festa (forse) è in parte finita. Il giro di vite deciso sui lucrosi rimborsi elettorali al sistema dei partiti, dovrebbe ristabilire sobrietà nella politica oggi spendacciona. Già perchè per oltre tre lustri gestire un partito in Italia (grande o piccolo non importa) era una sorta di "Albero della Cuccagna". Un business ricco, con pochi rischi e che ha permesso un po' a tutti di crearsi il tesoretto in casa, buono per tutti gli usi, non necessariamente per l'attività politica cioè il core business di quell'impresa particolare che è un partito. I ricavi grazie al perverso meccanismo dei contributi pubblici (5 euro per elettore per ogni anno di legislatura sia politica che regionale che europee) sono stati fino a ieri garantiti e crescenti. Basta spendere il meno possibile per le campagne elettorali e ci si ritrova d'incanto con un mare di denaro liquido. LUIGI LUSI Contributi per 2,2 miliardi Così ha funzionato dal '94 a ieri il sistema costato, come ha rivelato la Corte dei Conti, ai cittadini italiani la bellezza di 2,2 miliardi di euro in soli 18 anni. Con una media annua di 120 milioni di euro. Questa la torta dei ricavi garantiti dallo Stato al sistema dei partiti. Nel migliore dei mondi possibili un partito non dovrebbe fare profitti: tanti ricevi dallo Stato tanto dovresti spendere per propagandare le tue idee. E invece eccolo qui l'artificio: per le spese elettorali i partiti hanno impiegato di quei 2,2 miliardi (lo certifica sempre la Corte dei Conti) solo 580 milioni. UGO SPOSETTI Mancano all'appello 1,6 miliardi. Dove sono finiti? In parte si pagano stipendi e affitti, in parte consulenze non meglio specificate contributi ad associazioni. In fondo nessuno ti chiede conto dei giustificativi di spesa. C'entra con la politica? Solo in parte. E i bilanci del 2011 riconfermano il giochino. Il Pd ad esempio ha ricevuto 58 milioni di denaro pubblico nel 2011 e 51 milioni nel 2010. Le spese elettorali vere e proprie l'anno scorso sono state di soli 16 milioni, un terzo del contributo statale. Certo, pesano stipendi per 11 milioni e altri 15 finiscono alle strutture sul territorio. Il Pdl ha incassato 31 milioni dallo Stato (32 milioni nel 2010). BERLUSCONI E ALFANO Eppure lo stesso tesoriere del Pdl scrive che le spese elettorali sono diminuite di 11 milioni nel 2011. Ecco la fisarmonica. Nei momenti di crisi puoi ridurre al minimo l'attività, comprimi le spese e metti da parte la cassa. Puoi anche come nel caso del Pdl darti alla beneficenza politica. Ed ecco i 2 milioni girati alle associazioni tra cui i Liberal democratici per il Rinnovamento o l'associazione italiana per la Libertà. ANGELINO ALFANO E SILVIO BERLUSCONI E puoi permetterti di accumulare un piccolo tesoretto. Pd e Pdl avevano liquidità a fine 2011 per 24 milioni ciascuno. La Margherita nonostante le incursioni truffaldine dell'ex tesoriere Lusi aveva cassa per 19 milioni. Sette in meno del 2010. E la gestione Lusi ha lasciato in eredità un disavanzo di 10 milioni con un calo di patrimonio da 25 milioni del 2010 ai 15 milioni del 2011. MARIA VITTORIA BRAMBILLA Anche la Margherita ha incassato (nel 2010) 12 milioni di rimborsi pubblici. Dove finiscono? Per le campagne elettorali? Non proprio. Quattro milioni sono nel fondo rischi per il buco del quotidiano Europa il cui capitale è azzerato; 5 milioni sono il nuovo fondo rischi per gli organi sociali se verranno chiamati in causa per l'affaire Lusi. L'Idv di Di Pietro ha incassato in due anni 14 milioni di rimborsi pubblici: ne ha spesi per l'attività elettorale solo 7,5. MARIA VITTORIA BRAMBILLA E il passivo di 6,5 milioni dell'anno scorso non deve preoccupare Di Pietro che ha una discreta cassaforte in casa: 9 milioni di cassa e 35 milioni di patrimonio. Fieno in cascina per gli anni a venire. La Lega è ricca e militante. Conta per 22 milioni sui soldi pubblici, ma i tesserati ne aggiungono 9 di tasca loro. Tutti, compresi i dirigenti. Solo Umberto Bossi non versava nulla nelle casse del partito. La Lega ha patrimonio per 46 milioni e aveva cassa per 32. Poi l'ex tesoriere Belsito ha usato 20 milioni della cassa per i suoi investimenti strampalati in titoli. ANTONIO DI PIETRO Il buco dei Ds e Forza Italia Ma il dramma della politica che prende denari dallo Stato e fa poi quel che vuole con i soldi pubblici è nel bilancio (l'ultimo) dei Ds e Forza Italia. Il partito-azienda aveva Silvio come banca d'appoggio. Provvedeva lui ai 61 milioni di debiti, al buco patrimoniale di 42 milioni con una mega-fidejussione da 177 milioni per coprire crediti per 123 milioni. Per i Ds provvedevano invece le banche che si sono ritrovate creditori a perdere per 150 milioni con pignoramenti sui futuri rimborsi elettorali. Mentre i Ds mettevano al sicuro gli immobili sotto il cappello delle Fondazioni. Un partito che ha chiuso la sua carriera con un buco patrimoniale di ben 145 milioni. Nonostante i ricchi e copiosi rimborsi dallo Stato. La politica sprecona è in questa amara fotografia. 2-I casi: il buco della tv di Maria Vittoria Brambilla coperto da Forza Italia Quando ricevi soldi pubblici senza doverne giustificare il loro impiego tutto è possibile. Puoi spenderli male, erogarli a chi vuoi. Farne l'uso che credi. Come l'avventura della «TV della Libertà», la creatura televisiva dell'ex ministro Maria Vittoria Brambilla durata lo spazio di un mattino e che ha lasciato le macerie dietro di sé. Solo nel 2011 Forza Italia ha destinato 600mila euro a copertura delle perdite della televisione dei circoli del partito. E che dire dei militanti del Pdl che nel 2011 hanno contribuito con 13 milioni alle entrare del partito, mentre parlamentari e consiglieri regionali sono morosi verso lo stesso partito per 4,6 milioni? I semplici militanti pagano, la casta degli eletti no. ANTONIO DI PIETRO E le somme ingenti versate dai Democratici di Sinistra per ripianare il buco patrimoniale da 52 milioni per le partecipate editoriali del partito costate solo nel 2011 8 milioni di svalutazioni? Le paga il partito, ma di fatto lo pagano i contributi pubblici. E come si fa del resto ad accumulare debiti con le banche per 150 milioni (sempre i Ds) e con gli istituti di credito costretti a pignorare i rimborsi elettorali pur di avere indietro i propri quattrini? E ancora: non è chiaro perchè il Pdl versa ad Angelino Alfano un contributo di 61mila euro a «sostegno della sua attività di comunicazione»; o perchè ha garantito un bonifico bancario da 75mila euro a favore della Carfagna giustificato tra le «iniziative per accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica». ANTONIO DI PIETRO IDV Piccole cose certo, ma che forse in un bilancio "pubblico" andrebbero spiegate meglio. Poi ci sono le grandi malversazioni quali quella di Lusi che avrebbe sottratto alla Margherita svariati milioni di euro. O quella di Belsito il tesoriere della Lega che pagava la Bossi family, mentre lo stesso Umberto Bossi era l'unico tra i vertici della Lega a non contribuire finanziariamente al partito. L'elenco è lungo, ma un fatto è certo. Non puoi continuare a erogare rimborsi pubblici a fronte di spese non ancora avvenute. Andrebbe capovolto il sistema: prima spendi, poi si verifica l'attinenza della spesa con l'attività politica e solo allora i cittadini possono rimborsarti. Un cambio di rotta copernicano. Troppo per la politica italiana? Forse sì. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/quantificato-il-bottino-dal-94-ad-oggi-i-partiti-italiani-hanno-incassato-22-miliardi-46041.htm

OGNI MALEDETTO GOVERNO - MONTI: “ABBIAMO FATTO COSE MOLTO SGRADEVOLI, EPPURE QUESTO MALEDETTO GOVERNO HA UN LIVELLO DI GRADIMENTO PIÙ ALTO DEI PARTITI” (DOVE, A BERLINO?) - COL BANANA CHE HA MESSO LE CARTE (FALSE) SUL TAVOLO, IL PREMIER NON HA NIENTE DA PERDERE, E SA CHE PER ORA IL PDL NON INTENDE DAVVERO FARLO CADERE: SE SI VOTA A FEBBRAIO COL PORCELLUM, VINCE IL PD - E POI CI SONO I POTERI INTERNAZIONALI E LO SPREAD…

MONTI, POLITICHE GIUSTE NON FANNO PERDERE CONSENSI (ANSA) - C'é un messaggio "importante per i politici che governeranno il paese: non crediate che non potete fare le politiche giuste perché altrimenti perdereste consensi". E' un passaggio dell'intervenendo del premier Mario Monti oggi ad un incontro del World Economic Forum a Roma. MONTI E BERLUSCONI 2 - MONTI,GRADIMENTO GOVERNO NON ALTO MA MEGLIO DI PARTITI (ANSA) - "Abbiamo fatto cose molto sgradevoli e spiacevoli, sia per chi le ha subite che per chi le ha fatte. Eppure la percezione del popolo di questo maledetto governo non é rosea, ma il livello di gradimento è molto più elevato di quello dei partiti". Lo ha detto il premier Mario Monti ad un convengo del World Economic Forum. BENNY SU BERLUSCONI E MONTI DA LIBERO 3 - MONTI NON VUOLE PIEGARSI A B. E PROVA A RESISTERE Stefano Feltri per "il Fatto Quotidiano" Mario Monti ostenta indifferenza davanti all'ipotesi del voto anticipato, della chiusura improvvisa della sua esperienza a Palazzo Chigi. Ma gli seccherebbe parecchio che si finisse per votare a febbraio: la fine imprevista del governo tecnico, per mano proprio di quel Silvio Berlusconi che lo ha reso necessario, manderebbe il messaggio sbagliato all'Europa. Il ritorno della politica coinciderebbe col ritorno della solita, inaffidabile, Italia, invece che con un nuovo inizio. SILVIO BERLUSCONI E MARIO MONTI "I mercati hanno dimostrato anche ieri che non sono proprio indifferenti alle parole di Berlusconi", dice un membro del governo. "Però non possiamo mica mandare i carri armati in strada", scherza rassegnato un sottosegretario. Da Madrid, dopo un vertice con il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, Monti è gelido come solo lui sa essere sulla prospettiva che Berlusconi sfiduci l'esecutivo: "Non posso chiamare minaccia una cosa che a noi non toglierebbe niente, se non un'attività di governo che non è stata da noi ricercata". MERKEL MONTI Ce ne possiamo andare quando volete, è il senso. Passano poche ore e il segretario del Pdl, Angelino Alfano, annuncia in una conferenza stampa: "Per quanto ci riguarda il governo Monti va avanti". Non si sa se Alfano possa ancora parlare a nome di tutto il Pdl, dopo le uscite di Berlusconi e la disfatta in Sicilia, ma la crisi è almeno rimandata. Per diverse ragioni che a Palazzo Chigi sono ben chiare. MERKEL MONTI La prima sta nei mercati: lo spread ieri è salito, non moltissimo ma in modo evidente: un rialzo del 5,7 per cento fino a 356 punti. Un rialzo che nel governo attribuiscono alle parole di Berlusconi che hanno aggravato la principale fragilità dell'Italia rispetto agli investitori, cioè l'incertezza politica. Monti ne ha discusso anche con Rajoy, ieri a Madrid: la condizione di tregua sui mercati non può essere messa a rischio, perché il prezzo di un rialzo dei tassi sul debito pubblico in questo momento finisce per scaricarsi subito sui cittadini con nuove tasse o tagli. DAVID THORNE Grazie alla protezione della Bce, la Spagna conta di non chiedere aiuti al-l'Europa e l'Italia di non dover fare altre manovre. E questo Monti è pronto a spiegarlo pubblicamente, se la politica continuerà a fare danni. Il secondo segnale di sostegno a Monti è arrivato dall'ambasciatore americano a Roma David Thorne: "L'America apprezza molto la nuova direzione dell'Italia, gli sforzi per far crescere l'economia, per aiutare l'unificazione della zona europea. Perciò noi vogliamo sostenere questa direzione". Fuori dall'Italia, insomma, non c'è alcuna fretta di liberarsi di Monti. ALFANO BERSANI CASINI E il premier scommette che non ci sia neppure in patria: nessuno dei partiti pare intenzionato a creare incidenti sulla legge di Stabilità che imposta il bilancio del prossimo anno. Anche perché il governo ha fatto capire da subito di accettare qualunque modifica, purché non tocchi i saldi finali. Non si vede nell'immediato alcun pericolo parlamentare. Se la crisi ci dovesse essere, sarà fuori da Camera e Senato. Ma anche il Pdl può avere interesse a prendere tempo. IL TRIO BERSANI CASINI ALFANO Monti, in privato come in pubblico, non ammette alcuna ambizione personale, ma le elezioni anticipate a febbraio significano che poi a Palazzo Chigi ci sarà Pier Luigi Bersani (è ormai certo che si voterà con il Porcellum, il Pd avrà quindi il premio di maggioranza e il 54 per cento dei seggi alla Camera). Il professore potrebbe trasferirsi al Quirinale a maggio, ma con un margine di incertezza non piccolo (in una nuova fase potrebbero esserci altri concorrenti). GOVERNO MONTI Molto meglio con il voto ad aprile: in quel caso si eleggerà prima il capo dello Stato (e Monti sarebbe favorito di gran lunga), il quale poi darebbe l'incarico al presidente del Consiglio. Questo è lo scenario progettato dal presidente Giorgio Napolitano. Ma i risultati della Sicilia dimostrano che ormai è impossibile fare previsioni sul comportamento degli elettori. E che, perfino Monti e Napolitano, potrebbero trovarsi spiazzati. Sempre che dai mercati finanziari non arrivino messaggi particolarmente persuasivi. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ogni-maledetto-governo-monti-abbiamo-fatto-cose-molto-sgradevoli-eppure-questo-maledetto-governo-ha-46042.htm

lunedì 29 ottobre 2012

PUNTATA DEL 28/10/2012 Torna alla lista puntateALI REZA ARABNIA DI Giuliano Marrucci - Economia da report

ALI REZA ARABNIA Di Giuliano Marrucci GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Cinisello Balsamo, tra decine di aziende in crisi, finalmente una dove c'è qualcosa da festeggiare. MASSIMILIANO ORSINI - PROJECT MANAGER Festeggiamo perché con la busta paga di questo mese ci sono stati ridati i soldi persi con la cassa integrazione. CHIARA PASETTI - COMMUNICATION MANAGER Praticamente equivale ad una mensilità e in più c'è stato dato anche un premio, quindi è molto di più rispetto a quello che ci è stato tolto. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Avevo sempre detto che per me era un debito morale. Quando poi le cose sono cominciate ad andare bene, ho deciso di restituire quello che tutti avevano perso. Sopratutto l'ho fatto per me stesso, perché io amo dormire e volevo continuare a dormire e facevo fatica veramente a immaginare che io adesso cominciamo a partire, avere bei utili, di qua e di là e però questo era su qualcosa che loro avevano investito in azienda. MILENA GABANELLI IN STUDIO Quando l’azienda va male si licenzia o si scarica sulla cassa integrazione. Da gennaio ad oggi siamo arrivati a 800 milioni di ore di cassa integrazione. Poi quando succede che l’azienda riprendemacinare utili, è difficile che l’ imprenditore si ricordi dei dipendenti, a cui è stata tirata la cinghia. Uno che non ha la memoria corta l’ha trovato Giuliano Marrucci. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Alla Geico progettano e costruiscono impianti in grado di verniciare centinaia di migliaia di auto l'anno. Con poco più di 100 dipendenti sono comunque riusciti a sopravvivere alla concorrenza delle uniche 3 aziende al mondo che fanno il loro stesso mestiere, ma che sono 20, 30 volte più grandi. Poi, è arrivata la crisi. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Mah, noi in quel momento lì eravamo un'azienda di circa 70 milioni media di fatturato e fra agosto 2008 e dicembre 2010 abbiamo avuto più di 120 milioni di ordini cancellati o spostati. E onestamente io avevo sentito dire di sudore freddo, ma non avevo sperimentato, ma in quel periodo lì ho avuto tante notti che mi svegliavo con sudore freddo.....Proprio sembrava che mercato auto era andato in coma. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Ma mentre i concorrenti cominciano subito a licenziare... ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Noi non abbiamo mandato via nessuno, anzi, avevamo 3, 4 persone in prova, li abbiamo tenuti. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPOSaranno le radici iraniane, fatto sta che per Arabnia i sacrifici si cominciano sempre a chiedere dall'alto. CHIARA PASETTI - COMMUNICATION MANAGER Ha utilizzato parte del suo patrimonio per salvaguardare l'azienda, e una parte non indifferente, e quando ha deciso di intervenire in azienda, il primo canale sono stati comunque i nostri capi, i dirigenti, che da loro hanno cominciato ad avere riduzioni comunque a livello di stipendio. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO È una questione proprio culturale di questa azienda, e come tale quando è arrivato il momento io non ho dovuto neanche dirlo ai dirigenti. Sono uscito, ho detto: non voglio influenzarvi, non voglio vedere chi firma su questa lavagna, però dovete firmare e vedere chi è d'accordo. Ed è stato bellissimo perché non sono riuscito ad arrivare da Valeria che hanno aperto la porta e hanno detto che tutti... E questa è la Geico, non sono io, questa è la Geico. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Un copione che Arabnia aveva già vissuto nel 2001, quando era amministratore delegato di Fast & Fluid, un' azienda destinata al fallimento e che lui in pochi anni fa diventare leader mondiale dei macchinari per la miscelazione delle vernici. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Per la questione delle torri gemelle, c'è stato un crollo del mercato americano, e avevamo pressione di licenziare la gente. Io semplicemente ho detto no, non mi pago lo stipendio, non mi pago i bonus, non mi pago le stock options, ma non licenzio. Grazie al cielo il mercato è ripreso subito neanche un mese dopo, due mesi dopo. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO A questo giro però la crisi è molto più grave, e tirare la cinghia per qualche mese di sicuro non basta. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Sapevamo che quando le cose cominciavano a riprendersi diventava una gara al prezzo pesantissima, perché quando c'è così tanta fame, un'azienda grossa per comunque andare avanti in qualche maniera è disposta anche a perdere qualche soldo e a prendere lavori anche sottocosto. Noi non avevamo i numeri per poter farlo. Allora l'unica possibilità che avevamo era innovazione, perché i nostri concorrenti dichiaravano che avrebbero fatto riduzione dei costi, blocchi di investimenti, e noi abbiamo detto: beh, in questo periodo, loro, essendo fermi, possiamo sorpassarli. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Per sorpassarli Arabnia mette sul piatto qualche milione di euro e fa nascere questo centro tecnologico. GIAMPAOLO COVIZZI - SENIOR ADVISOR VALUE MANAGEMENT Noi abbiamo cominciato come ideazione nel 2008 e a ottobre del 2009 abbiamo fatto l'inaugurazione del Pardis. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO L'obiettivo è sviluppare prototipi che riducano i consumi. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICOPerché i nostri impianti sono i più grandi consumatori di energia in fabbriche di auto. Un impianto classico di 300, 360 mila scocche all'anno potrebbe consumare da 10 a 14 milioni di euro. Capisce che quando lei risparmia il 30%... GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO E mentre qui si testano nuovi prodotti, negli uffici si rivolta l'azienda come un calzino. MARINELLA NINU - CORPORATE INITIATIVES & QUALITY Comunque fuori era il buio, cioè noi non potevamo fare altro che all'interno migliorarci, e quindi migliorare i nostri processi. SIMONA TANTARDINI - ADVANCED ENGINEERING & COST ESTIMATION Abbiamo approfittato proprio anche per migliorare tutte le nostre competenze tecniche, cose che quando sei preso dalle offerte quotidiane magari lasci sempre in secondo piano. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Ma nonostante gli sforzi, il mercato non accenna a riprendersi. PATRIZIA QUADRI - VICE PRESIDENT HUMAN RESOURCES Abbiamo dovuto affrontare un argomento che era molto lontano dalla nostra filosofia, che devo dire ancora oggi il dottor Arabnia non riesce a pronunciarne il nome che è la cassa integrazione. CHIARA PASETTI - COMMUNICATION MANAGER Mi ero appena sposata, quindi, come dire, una persona comincia a pensare alla propria certezza economica… SIMONA TANTARDINI, ADVANCED ENGINEERING & COST ESTIMATION Quando poi si è in due a lavorare qui dentro ovviamente pensi subito al bilancio familiare, però allo stesso tempo non la sentivi un'azienda rassegnata, ma anche qua tra colleghi non eravamo rassegnati col muso lungo. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Erano loro che davano coraggio a me, era una cosa incredibile, erano ragazzi che io vedevo in ascensore, o non so, nel corridoio, nei loro uffici, che dicevano: no, guardi dottore, ce la faremo, ce la faremo, ce la faremo. E questo mi dava ancor più responsabilità. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Fino a quando, un bel giorno... CHIARA PASETTI - COMMUNICATION MANAGER Ero qui al quinto piano e il dottor. Arabnia è uscito dal suo ufficio urlando “Ah, ce l'abbiamo fatta!”... Al che mi ricordo che tutti, tipo api, escono dal loro alveare. Ci siamo affacciati alle porte e abbiamo detto: “ che cosa abbiam preso?” lui ha detto: “abbiamo preso l'ordine di Renault...” Io son rientrata nel mio ufficio proprio mi son venute queste lacrime, lacrime di gioia ovviamente. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO Poi vincono anche l'ordine di Peugeot in Brasile, nonostante avessero chiesto il 10% in più dei concorrenti.ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Perchè il risparmio che potevano avere con quell'impianto, era così tanto che in un anno ammortizzavano quello che avevano pagato in più. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO E oggi Arabnia non solo riesce a restituire ai suoi dipendenti tutti i soldi persi durante il periodo di cassa integrazione, ma anche a convincere uno dei suoi competitori a seppellire l'ascia di guerra e a firmare un'alleanza storica. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Oggi siamo parte di un gruppo di 1 miliardo e 8 di fatturato, dove però noi abbiamo una posizione dominante. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO E dove costruiranno il loro nuovo centro tecnologico? Proprio qui, a Cinisello Balsamo. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Noi avevamo delle opportunità in Inghilterra, in America, in Giappone e in Cina, e in ognuno di questi ci sarebbe costato molto meno, ma io gli ho spiegato: ricerca cosa vuol dire? Ricerca sono persone che devono pensare. Siccome persone che hanno creato quello che hanno creato sono qui, dell’ Italia, dobbiamo fare questa cosa qua dove sono loro. GIULIANO MARRUCCI FUORI CAMPO E per gli uomini di Geico parte una nuova sfida. ALI REZA ARABNIA – PRESIDENTE GEICO Siccome 16 giugno 2020 è il mio compleanno e teoricamente posso andare in pensione, metto come obbiettivo di arrivare a fare un impianto di verniciatura che sia totalmente autosufficiente per consumo energetico. È in riconoscenza di quello che gli altri hanno lasciato per me, vorrei lasciare qualcosa per gli altri che arrivano dopo di me. MILENA GABANELLI IN STUDIO Insomma, i dipendenti che si sono visti il salario ridotto per via della cassa integrazione ci hanno detto che poi sono stati rimborsati. Pensiamo che correre qualche rischio non sempre a spese degli altri sia il solo modo sano di fare impresa, quella che poi il mercato premia. http://www.report.rai.it/dl/docs/1351450022785ali_reza_arabnia_diceno_report_pdf.pdf

COLPITO E DERISO DALLA “MAGISTRATOCRAZIA”, IL NANO S’E’ ROTTO IL CAZZO, TORNA CAIMANO E SFANCULA TUTTI: MONTI E IL SUO GOVERNO TECNICO, MERKEL, SARKOZY, FISCO - 2-"NON È PIÙ UNA DEMOCRAZIA. È UNA DITTATURA DEI MAGISTRATI. È UNA MAGISTRATOCRAZIA” - 3- “IL GOVERNO DEI TECNICI HA INTRODOTTO MISURE CHE PORTANO L'ECONOMIA IN UNA SPIRALE RECESSIVA E HA ADOTTATO AL 100 PER 100 LE INDICAZIONI DELLA GERMANIA EGEMONE” - 4- QUANTO A MONTI, “SE CREDERÀ DI PARTECIPARE ALLE ELEZIONI E DI FARSI ELEGGERE COME CANDIDATO PREMIER POTRÀ SVOLGERE IL RUOLO DI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO” - 5- “NON SI DEVE MAI PIÙ AUMENTARE LA PRESSIONE FISCALE. SIAMO GIUNTI ALL’ESTORSIONE” - 6- “CON QUEI SORRISI LA MERKEL E SARKOZY ASSASSINARONO LA MIA CREDIBILITÀ POLITICA”

MONTI BIS? «SOLO SE SI CANDIDA ALLE ELEZIONI» Sole 24 Ore.com MERKEL E SARKO RIDONO DI BERLUSCONI BERLUSCONI FURIOSO «Confermo la mia decisione di non presentarmi come candidato alla presidenza del Consiglio in modo da facilitare l'alleanza di tutti i moderati in un unico rassemblement». Lo ha detto l'ex premier Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa a Villa Gernetto. «Resto però in campo, continuerò a essere presidente del mio movimento. Intendo dedicare la massima parte del mio tempo al mio Paese e continuare nell'opera di modernizzazione e cambiamento con cui mi sono presentato agli italiani nel 1994». «Confermo che nel nostro partito ci saranno le primarie», ha aggiunto. L'INTRUSO DI CANNES DAL FATTO QUOTIDIANO IL GOVERNO MONTI E LA SPIRALE RECESSIVA Il Governo dei tecnici, «ebbe per nostro preciso invito il compito di cambiare la Costituzione. Ma nessuno di questi cambiamenti è stato presentato». «Il Governo dei tecnici ha introdotto misure che portano l'economia in una spirale recessiva» e «ha adottato al 100 per 100 le indicazioni della Germania egemone, anche sul piano dell'economia». Quanto a Monti, «se crederà di partecipare alle elezioni e di farsi eleggere come candidato premier potrà svolgere il ruolo di presidente del consiglio». SARKOZY BERLUSCONI E MERKEL AL G VENTI L'ESTORSIONE FISCALE Sul piano fiscale, Berlusconi parla di «estorsione fiscale», con gli italiani «spaventati da questo sistema violento del trattamento dei contribuenti». «Non si deve mai più aumentare la pressione fiscale», ha poi chiarito. «L'abrogazione dell'Imu e l'impegno» a non mettere mai alcuna tassa sulla casa, che costituisce «il pilastro sicuro per ogni famiglia», è uno dei punti del programma politico di Berlusconi. BERLUSCONI FURIOSO LA GERMANIA E I SORRISI DI MERKOZY «La Germania ha forzato il Consiglio dei capi di Governo ad alcune decisioni che io non ho mai condiviso». Così Berlusconi torna sulle decisioni prese quando ancora era presidente del Consiglio. «Con quei sorrisi la Merkel e Sarkozy tentarono l'assassinio politico della mia credibilità internazionale». BERLUSCONI FURIOSO IL CALCOLO DEL PIL SOMMERSO «Il nostro Pil emerso deve essere sommato al Pil sommerso, è una caratteristica della nostra economia, è prodotto. Così noi si andava a oltre 2mila miliardi di Pil e si scendeva sotto il 100% del debito», ha detto Berlusconi, che ha spiegato che con questo conteggio «l'Italia si pone al secondo posto per solidità economica dopo la Germania». Per questo motivo imporre all'Italia misure rigide volute dal Fiscal compact «significa portare l'economia alla recessione». MONTI E BERLUSCONI LA «MAGISTOCRAZIA» Durante la conferenza stampa di Villa Gernetto, l'ex capo del Governo ha puntato il dito contro una sentenza «inaspettata, incredibile e intollerabile» dove «vengo presentato come un individuo dotato di una particolare capacità naturale a delinquere. Non credo di poter accettare una cosa del genere - ha evidenziato ancora Berlusconi - credo che si sia passato il limite». «La giustizia non può andare avanti così. Questa non è più una democrazia. È una dittatura dei magistrati. È una magistratocrazia», SILVIO BERLUSCONI E MARIO MONTI LE DICHIARAZIONI DELLA TARDA MATTINATA AL TG5 «Delle conseguenze ci saranno. Mi sento obbligato a restare in campo per riformare il pianeta giustizia perchè ad altri cittadini non capiti ciò che è capitato a me», ha detto Silvio Berlusconi al Tg5, dopo la condanna di ieri con l'interdizione dai pubblici uffici. MONTI VS BERLUSCONI SU TIME A MESI DI DISTANZA NONLEGGERLO «A Roma la Cassazione mi ha assolto con formula piena sulla stessa materia. Come mai non si è tenuto conto di questo? Forse il giudice Davossa è molto prevenuto contro di me. O forse in tutto questo si devono trovare delle spiegazioni di natura politica», ha aggiunto Berlusconi. BERLUSCONI FURIOSO «Quella contro di me è un'ipotesi fantascientifica per evadere l'1% delle imposte» comunque versate, dice Berlusconi. «Tra il 2006 e il 2010 ho versato 5,44 miliardi. Nessun gruppo versa tanto» dice Berlusconi sostentendo che nel 2002 gli vengono contestati evasioni per «4,9 milioni di euro contro i 365 versati dal mio gruppo all'Erario» ed analoga è la proporzione nel 2003. 2- GLI ERRORI LESSICALI DEL GRANDE LESSO Bankomat per Dagospia BERLUSCONI FURIOSO Il Cavaliere era teso e nervoso oggi in conferenza stampa a Villa Gernetto. Onestamente, poiché non gli abbiamo mai leccato il lato B, ci permettiamo oggi di sorridere quasi con affetto. Please, relax! Resti a casa, Cavaliere. La conferenza stampa odierna non gli ha reso un buon servizio, chi di immagine ferisce di immagine perisce, è il caso di dire. BERLUSCONI FURIOSO Ha ringraziato alcuni politici del suo partito che gli hanno fatto la sorpresa di essere lì. E di applaudire in prima fila. Slurp, che sorpresona. Speriamo che qualcuno osservi che le conferenze stampa degli statisti sono una cosa diversa. Ha collezionato, ad esempio, alcuni strafalcioni lessicali che - temiamo - nessun giornalista o pochissimi noteranno. Purtroppo, la cultura del Cavaliere è comunque superiore a quella di quasi tutti i giornalisti italiani. Ha cominciato dicendo che la commissione giustizia sul tema della riforma dovrà "auscultare" degli esperti. In effetti, sarà dura sentire pareri onesti, chiari e comprensibili, i deputati avranno davvero bisogno di auscultare ...si sa che ultimamente le riforme si ritagliano su misura per chi ne deve beneficiare. Abbiamo persino udito, e noi ci sentivamo benissimo, una Ministro della Giustizia che si è inventata la concussione leggera, quella per induzione. Peccato sia la più probabile e diffusa, oltre che la più odiosa. MONTI-BERLUSCONI GIANNELLI SILVIO BERLUSCONI Poi il Cav ha citato il latino "maccheronico", per farci sapere che lui all'università aveva dato vita ad un libro sui detti latini mal utilizzati. In realtà chi ha studiato sa che i maccheroni non c'entrano, si dice molto meglio "macheronico", con una sola "c", ma siamo alle finezze. Concesso. Poi gli chiedono sull'opportunità di fare, a suo tempo, un "blind trust". Nega di aver mai avuto questo problema, di correre rischi di entrare in conflitto di interessi (lo avevamo sospettato), sostiene che qualunque centralinista delle sue aziende può testimoniare che lui non chiama mai....e pertanto di non aver mai ritenuto utile un "blinded trust". Blinded? Ma Cavaliere, si dice blind, vuol dire cieco, non blindato! Vero che lui di solito gli interessi se li blinda. SILVIO BERLUSCONI E DIETRO LA SCRITTA TASSE JPEG Secondo la Biancofiore Onorevole, intervistata a caldo da Sky Tg 24, egli ha dimostrato levatura da Statista, dice la Onorevole che nessun Leader è alla sua altezza. Confermiamo, non ostante i tacchi, la sua altezza resta inferiore. Fanfani a parte. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-colpito-e-deriso-dalla-magistratocrazia-il-nano-se-rotto-il-cazzo-torna-caimano-45945.htm

FERMI TUTI! LA BEFANA DEL 2012 CI PORTERÀ LE URNE! IL BANANA: “LE PRIMARIE DEL PDL? NON CREDO CI SARANNO I TEMPI SE, COME TEMO, SI ANDRÀ A VOTARE A GENNAIO...” - 2- LA FURIA DEL CAVALIERE DIRETTA PIÙ CHE A GOLDMAN MONTI AL ‘’TRADITORE’’ DEL QUIRINALE - 3- LO SFOGO: “SE I GIUDICI DEVONO AMMAZZARMI A PRESCINDERE, IO FACCIO SALTARE IL BANCO” - 4- IL PRESIDENTE DEL CSM GIORGIO NAPOLITANO IN QUALE CASSONETTO HA GETTATO IL PATTO CON SALVACONDOTTO GIUDIZIARIO CHE AVEVA ACCORDATO A BERLUSCONI IN CAMBIO DELLA SUA USCITA DI SCENA? A COSA DIAVOLO È SERVITO AL BANANA DI APPOGGIARE IL GOVERNO DEI COSIDDETTI TECNICI INZEPPANDOLO CON L’”AMICO” MONTI E I VARI CATRICALÀ, SEVERINO, PASSERA, ETC.? E L’APPOGGIO A VIETTI PER SPEDIRLO DA ROMA GODONA AL CSM? -

Jena per La Stampa - A volte le condanne resuscitano i morti. 2- L'ADDIO A MONTI La Stampa - «Nei prossimi giorni esamineremo la situazione e decideremo se sia meglio togliere immediatamente la fiducia a questo governo o conservarla dato l'arrivo delle elezioni», scandisce Berlusconi. C'è - ammette - il timore di un rialzo dello spread. Ma l'impressione è che il Cavaliere sia fortemente tentato di arrivare subito allo show down. NAPOLITANO - BERLUSCONI BERLUSCONI AI SALDI La mossa di Berlusconi scatena una sorta di reazione a catena. Mina il senso e la portata delle primarie del Pdl, a cui il centrodestra guardava con sollievo come l'unica possibilità di rifondare e rilanciare il partito. Chiude, nonostante un appello rivolti ancora oggi a Udc e Montezemolo («devono considerarsi parte del centrodestra») alla possibilità di un'alleanza tra Alfano e Casini, ipotizzabile solo in presenza di un suo effettivo passo indietro. E, allo stesso tempo, dà una mano alla campagna elettorale di Bersani e Vendola che ora hanno gioco facile ad unirsi nella battaglia contro il suo ritorno. 2- "QUI SI VA A VOTARE A GENNAIO" Adalberto Signore per Il Giornale «Le primarie del Pdl? Non credo ci saranno i tempi se, come temo, si andrà a votare a gennaio...». Conclusa la conferenza stampa fiume a Villa Gernetto e a microfoni ormai spenti, Silvio Berlusconi è ancora più tranchant di quanto lo sia stato davanti alle telecamere. NAPOLITANO BERLUSCONI LETTA TREMONTI BERLUSCONI APPISOLATO A chi gli si fa incontro per un saluto e una stretta di mano, il Cavaliere illustra senza troppi giri di parole il timing della sua presa di distanza da Mario Monti. Rottura sul ddl stabilità che arriva in Aula alla Camera fra due settimane e quindi voto a gennaio, eventualmente con election day in Lombardia e, magari, anche nel Lazio. In parallelo, ritorno in grande stile in tv e piena disponibilità ad accettare inviti da tutte le trasmissioni. Difficile ipotizzare come andrà davvero a finire. Quel che è certo è che Berlusconi è una furia come non lo si vedeva da tempo. Al punto non solo da seguire senza tentennamenti la linea dei cosiddetti «falchi», ma dall'avere perfino un certo fastidio nell'ascoltare le argomentazioni delle «colombe» che predicano cautela. MONTI VS BERLUSCONI SU TIME A MESI DI DISTANZA NONLEGGERLO BERLUSCONI NAPOLITANO BENNY SU BERLUSCONI E MONTI DA LIBERO «Reagisce a quella che è e vive come un'aggressione», edulcora lo stato d'animo del premier Paolo Bonaiuti. Il Cavaliere, infatti, è convinto d'essere vittima di un'ingiustizia, di una sentenza politica che non sta «né in cielo né in terra». Con una differenza rispetto al passato, alle tante altre volte che Berlusconi se l'è presa con la magistratura. Quasi un anno fa, infatti, il Cavaliere ha lasciato Palazzo Chigi per far spazio a Mario Monti anche nell'ottica di una sorta di «pacificazione», di passaggio da una fase conflittuale ad un'altra di collaborazione nella quale Pdl e Pd sostenevano lo stesso governo. A questo, secondo Berlusconi, sarebbe dovuto seguire un clima diverso nel quale l'ex premier non era più il «bersaglio mobile delle procure». BERLUSCONI NAPOLITANO Le cose vanno in modo diverso e arriva la condanna per i diritti tv Mediaset - con tanto d'interdizione dai pubblici uffici - e adesso si attende per gennaio un'altra condanna «scontata» per Ruby. «Se pensano che rimanga inerme davanti a questa persecuzione si sbagliano», ribalta il tavolo Berlusconi. Che dopo una notte a consulto con la famiglia ad Arcore, di prima mattina ha già preso la sua decisione. Sono neanche le nove quando parte il giro di telefonate con Palazzo Grazioli e s'inizia a organizzare la conferenza stampa a Villa Gernetto. Parla rivolto alla platea e alle telecamere il Cavaliere, ma più d'uno ha la sensazione che l'interlocutore sia Giorgio Napolitano. SILVIO BERLUSCONI E MARIO MONTI Nel suo discorso l'ex premier affonda sul Quirinale, prende le distanze da Monti e fa sapere che non escludere di togliere la fiducia al governo, attacca la Germania di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy e - di fatto - smonta pezzo per pezzo il Pdl. «Fate le primarie, io mi occupo di fare campagna elettorale e andare in tv», è il senso delle parole di Berlusconi che in qualche modo mette all'angolo Angelino Alfano e i vertici di via dell'Umiltà. Una presa di distanza implicita, perché Berlusconi snocciola un programma in cinque punti che è quanto di più lontano ci sia dalla linea del segretario, tanto che qualcuno ieri ipotizzava che l'ex Guardasigilli sia arrivato ad un passo dal mollare tutto. Di certo, la telefonata che lui e Berlusconi hanno prima della conferenza stampa non è una passeggiata di salute. Anche se forse serve a evitare che il Cav annunci in televisione quella che è la vera idea che gli frulla per la testa: una lista ad hoc che abbia come core business la riforma della giustizia, qualcosa di diverso dal Pdl e possibilmente con quasi tutti candidati che non abbiano mai messo piede in Parlamento. MONTI E BERLUSCONI Un Berlusconi all'arrembaggio. Così all'attacco che chi lo conosce non si sente di escludere niente. Un Cavaliere - questo dice ai suoi interlocutori dopo la conferenza - pronto a «una nuova campagna elettorale in prima linea». Un Berlusconi che per ora «congela» la strada della lista autonoma, ma che ieri di fatto ha lanciato un nuovo partito con un programma lontano anni luce da quello del Pdl. 3- DIETRO LA SVOLTA L'ACCORDO CON MARONI PER LE PROSSIME ELEZIONI - LO SFOGO DEL CAVALIERE: "SE I GIUDICI DEVONO AMMAZZARMI A PRESCINDERE, IO FACCIO SALTARE IL BANCO" Ugo Magri per La Stampa MONTI-BERLUSCONI GIANNELLI Dopo mesi di tentennamenti, il Cavaliere mette ordine nelle sue intenzioni. Si candiderà premier? No, questo è sicuro. Le primarie del Pdl si terranno? Pare di sì. Ma lui è tentato di prendervi parte? Non proprio, anzi lo esclude. Ciò significa che si ritirerà a guidare il Milan? Niente affatto. Resterà in campo? Yes. Ma non aveva fatto intendere che ne ha avuto abbastanza? Mai detta una cosa del genere. E se l'aveva pensato, ha cambiato idea per effetto della condanna («Più lo colpiscono e più lui reagisce», spiega il portavoce Bonaiuti). Resterà dunque in circolazione? Come prima, più di prima. In quale veste? Da presidente del Pdl. Ma parteciperà alle assemblee, alle direzioni? Senza dubbio. Continueranno pure i pranzi e le cene a Palazzo Grazioli? Ovvio che sì. Farà campagna elettorale? Sostiene di averne una voglia matta. Andrà a fare propaganda in televisione, per esempio da Vespa? Non vede l'ora. La sua faccia continuerà a sovrapporsi al partito? Inevitabile. Detterà la linea del Pdl, o come diamine verrà ribattezzato? È nella logica delle cose. BERLUSCONI MONTI E qui sorge un problema grande così. Per dirla con un dirigente tra i massimi del partito, non citabile per nome, «Berlusconi mette Alfano in una difficoltà drammatica». Il Cavaliere rinuncia solo ed esclusivamente a una battaglia già persa, quella per Palazzo Chigi, dove al suo posto cinicamente lancia allo sbaraglio il povero Angelino. BERLUSCONI E MARONI A MONTECITORIO Invece si tiene stretto tutto il resto, non molla un'unghia. Il che suscita nel gruppo dirigente, arroccato intorno al segretario, sentimenti schizofrenici. Da una parte sollievo, in quanto mettiamo caso che ieri Silvio avesse dichiarato in conferenza stampa «non faremo più le primarie»: per la «nomenclatura» sarebbe stato un ceffone in pieno viso. Dall'altra parte Berlusconi ha gettato nel panico i suoi ex gerarchi, che si erano illusi di averlo finalmente mandato ai giardinetti. E invece eccotelo più ingombrante che mai, nel pieno controllo del partito, con tutti i dirigenti lombardi che lo osannano a Villa Gernetto. A un certo punto la Santanchè si fa largo nella calca, «presidente ora basta Pdl e rifacciamo Forza Italia». Lui, ridendo: «Figuriamoci se il tuo amico La Russa ce la farebbe rifare...». Non progetta più «spacchettamenti» del partito, ha deciso di tenerselo in blocco. E di lanciarlo come un ariete contro il governo dei «tecnici». VESPA ALFANO BERLUYSCONI MARONI È uno strappo pure questo inatteso: cinque sere fa Berlusconi era a cena dal Professore, e lo lusingava proponendogli addirittura di guidare il fronte dei moderati; adesso, di punto in bianco lo vuole cacciare... Una spiegazione c'è. Pare che nei giorni scorsi abbia visto, riservatamente, un paio di volte Maroni. E che tra i due sia stato sostanzialmente siglato l'accordo: Bobo si candiderà in Lombardia sulle ceneri di Formigoni, in cambio la Lega stringerà alleanza con il Cavaliere alle prossime Politiche. MARONI BERLUSCONI BOSSI DOPO IL VOTO SUL RENDICONTO Ma per stringere patti il Carroccio, si sa, chiede che Monti venga mandato a casa. Di qui l'accelerazione sulla Merkel, sulla recessione e sul resto. Qualche «montiano» del Pdl, vedi Frattini, è pronto a dare battaglia. Osvaldo Napoli si augura che quello di Silvio sia stato solo uno sfogo. In parte certamente è così. L'uomo in cuor suo si aspettava di ottenere, in cambio dell'appoggio al governo, qualche forma di tutela dal premier e dal Colle. Dopo la condanna si sente tradito dall'uno e dall'altro. Al termine della conferenza stampa stile Fidel Castro, durante un party improvvisato a base di Coca Cola e Crodino, l'hanno sentito in molti mormorare: «Se i giudici devono ammazzarmi a prescindere, io piuttosto faccio saltare il banco». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-fermi-tuti-la-befana-del-2012-ci-porter-le-urne-il-banana-le-45951.htm

LA CONDANNA DI MILANO NON FONDATA SUL “NON POTEVA NON SAPERE” MA SU CARTE E TESTIMONI - LO “SHELL GAME” PER AUMENTARE I COSTI E RIDURRE I RICAVI RICOSTRUITO DAL COLLEGIO, ERA “DIRETTAMENTE GESTITO” DA BERLUSCONI - UNA “SISTEMATICA EVASIONE FISCALE DI PORTATA ECCEZIONALE” (MA LA CIFRA ESATTA?) - LA TESTIMONIANZA DI TATO’ DECISIVA PER INGUAIARE IL PATONZA - CAMIONATE DI CARTE SPARITE IN LUSSEMBURGO….

Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera BERLUSCONI IN TRIBUNALE AL PROCESSO MEDIATRADE BERLUSCONI ARRIVA IN TRIBUNALE PER IL PROCESSO MILLS Una mail, almeno 4 lettere, minimo 4 testimoni: non è in base al teorema del «non poteva non sapere», ma, all'osso, in base a questi elementi che i giudici d'Avossa-Guadagnino-Lupo traggono in primo grado la «piena prova, orale e documentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito» l'«ideazione» dal 1985, la «direzione», e poi anche da premier nel 1994 la «regia» di una «scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale» attraverso «l'artificiosa lievitazione dei prezzi» dei diritti tv, prima nei frazionati passaggi infragruppo tra offshore solo apparentemente estranee a Fininvest/Mediaset, e poi tramite fittizi intermediari come il produttore americano Frank Agrama. Un'attività che l'ex premier ha «ramificato in infiniti paradisi fiscali con miriadi di società satelliti e conti», e «dalla quale ha conseguito un'immensa disponibilità economica all'estero, in danno non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore». FRANCO TATO MELANIA RIZZOLI FRANK AGRAMA LA MAIL DEL CONTABILE FOX Il 12 dicembre 1994 un contabile della casa cinematografica «Twenty Century Fox», Douglas Schwalbe, scrive una mail al suo capo Mark Kaner per riferirgli quanto un addetto all'ufficio acquisti di Reteitalia e Mediaset, Alessandro Pugnetti, «mi ha spiegato con la speranza che tutto rimanesse tra me e lui». E cioè che l'approvvigionamento dei diritti tv è costruito in quel modo «perché non si vuole che Reteitalia faccia utili o faccia figurare utili», nel senso che «i profitti vengono tenuti in Svizzera, i profitti non sono proprio parte delle reti televisive italiane», che anzi «sono state ideate per perdere soldi», cioè appunto per evidenziare maggiori costi e dunque pagare meno tasse. «In due parole - esemplifica il contabile - l'impero di Berlusconi funziona come un elaborato shell game con la finalità di evadere le tasse italiane», dove shell game è «un gioco che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia, chi gioca deve indovinare dove il nocciolo è stato nascosto». SONIA RAULE FRANCO TATO LE CONFERME DENTRO FININVEST Schwalbe e Kaner al processo confermano il contesto della mail, e Pugnetti, premettendo che le majors premevano per avere spiegazioni su ritardi nei pagamenti, aggiunge: «Io affrontai questo problema con Carlo Bernasconi», scomparso responsabile Fininvest degli acquisti di diritti tv, «gli spiegai che avrei dovuto parlare con la Fox, gli esposi quello che avevo capito di questi meccanismi e lui mi confermò. Mi disse: "Sì, è così, vai e spiegaglielo", con riservatezza, perché comunque sono meccanismi aziendali». Ulteriore conferma il Tribunale trova nell'addetta alla gestione contratti di Reteitalia e Mediaset, Silvia Cavanna. BERLUSCONI PRENDE UN CAFFE' IN TRIBUNALE «Andavo da Bernasconi, il quale mi dava la dritta: "Allora questo mese, questo trimestre, dobbiamo arrivare in termini di costo a 5 milioni di dollari, a 20 milioni, eccetera". Però il costo dei diritti era di meno, sensibilmente di meno». E perciò in questa fase a Cavanna arrivava l'indicazione di gonfiare i costi d'acquisto, con l'espressione «picchia giù con i prezzi» rivoltale «da Bernasconi - sottolinea il Tribunale - solitamente dopo incontri ad Arcore con Berlusconi». BERLUSCONI JOGGING CONFALONIERI TATÒ E IL TABÙ IMPENETRABILE Del resto Franco Tatò, amministratore delegato Fininvest 1993-1994 chiamato per tagliare i costi, ha deposto che invece quella dei diritti tv «era un'area di attività assolutamente chiusa e impenetrabile» (aggettivo poi ridimensionato), ma soprattutto «gestita a più alto livello da Bernasconi che dava conto della sua attività direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione». Aggiungono i giudici che «lo stesso ha dichiarato il responsabile amministrativo Gianfranco Tronconi», mentre «nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nei diritti tv, neppure dopo la quotazione in Borsa e la discesa in campo di Berlusconi». SILVIO BERLUSCONI E FEDELE CONFALONIERI NEGLI ANNI OTTANTA I CAMION DI CARTE SPARITE Che fossero di Berlusconi le società offshore in apparenza fuori dal perimetro ufficiale del suo gruppo è ormai «accertato in maniera definitiva dalla Cassazione nella sentenza Mills del 2010». Se mai, non tutto è ricostruibile perché «a seguito delle prime perquisizioni», ricorda Cavanna, «15 anni di carte» da Lugano «furono fatte sparire in Lussemburgo, credo con camion». FAN DI BERLUSCONI DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO LETTERA-CONFESSIONE DI AGRAMA Per il Tribunale è «anomalo» indice della frode il «ricarico del 200%» nelle società del produttore Frank Agrama da cui il Biscione nel 1994-1998 acquista diritti per 199,5 milioni, sui quali la maggiorazione di costi fittizi è 135 milioni. Agrama era un intermediario non fittizio, ma vero e autonomo rispetto a Mediaset, ribatte oggi la difesa di Berlusconi. Ma è proprio Agrama, non oggi ma in quella che il Tribunale definisce la «lettera-confessione» del 29 ottobre 2003 all'allora presidente Fininvest Aldo Bonomo, a scrivere il contrario, e cioè di aver lavorato per le società del Biscione «come loro rappresentante». CARLO BERNASCONI BERLUSCONI'S COMPANIES Di «cliente Berlusconi» scrivono anche dentro Paramount il 3 marzo 1992. E il 21 dicembre 1993 è un capo di Paramount, Bruce Gordon, ad accreditare in una lettera al collega Lucas «la totale sovrapponibilità tra Agrama e Berlusconi, posto che - osservano i giudici - non vi è distinzione né tra le società né tra le persone, né tra le cifre». E in un'altra lettera del 7 ottobre 1997 due contabili di Paramount, Taylor e Schlaffer, parlano di crediti verso le società di Agrama chiamandole «Berlusconi's companies», cioè le società di Berlusconi, di cui Agrama per il Tribunale è dunque «mero mandatario». Confalonieri sapeva ma non faceva FAN DI BERLUSCONI DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO Neppure per Confalonieri viene usato il «non poteva non sapere». Anzi, per i giudici è «fortemente plausibile» che il presidente Mediaset «sapesse» della frode e, «violando i suoi doveri, nulla abbia fatto» per arginarla. Ma nessun teste e nessun documento del processo lo mostrano operativo sui diritti tv, sicché la carica e la (pur plausibile) ipotesi non possono da sole fondare una condanna. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/la-condanna-di-milano-non-fondata-sul-non-poteva-non-sapere-ma-su-carte-45955.htm

venerdì 26 ottobre 2012

IN AMERICA ANNUNCIANO TRIONFALMENTE CHE OBAMA È DIVENTATO IL PRIMO CANDIDATO ALLA CASA BIANCA A OLTREPASSARE LA SOGLIA DI OLTRE UN MILIARDO DI DOLLARI RACCOLTI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE – UNA GENEROSITÀ CHE LE MULTINAZIONALI FARANNO PESARE – BENE, ORA IMMAGINATE UN CANDIDATO ITALIANO CHE VIENE INZEPPATO DI EURO DA BANCHE E IMPRESE: LO ARRESTANO…

Federica Seneghini per Corriere.it OBAMA VOTA US PRESI X Il cappellino da baseball calcato in fronte e, in mano, la patente di guida del capo della Casa Bianca. Di fronte c'era proprio lui, Obama, pronto a votare come qualsiasi cittadino per eleggere (in anticipo, con il meccanismo dell'early vote) il presidente degli Stati Uniti d'America. La scrutatrice del seggio allestito nel Martin Luther King Community Center, a Chicago, in Illinois (la città dove il presidente ha iniziato la sua carriera politica, e lo Stato di cui è stato senatore prima di mettere piede alla Casa Bianca) sembrava quasi non credere ai propri occhi, al punto da controllare due volte i documenti del presidente. OBAMA VOTA X Lui ci ha riso su: «Non vi preoccupate, ora ho i capelli più bianchi», ha detto scherzando, prima di avvicinarsi al «touch screen», di fronte al quale ha avuto però qualche titubanza, tanto da decidere di farsi aiutare da un addetto al seggio, per essere certo di non commettere errori. Poi, c'è stato ancora tempo per qualche battuta. «Se volete posso dirvi per chi ho votato». OBAMA E MICHELLE VOTO ELETTRONICO - Obama è stato il primo presidente in carica a votare in modo anticipato, seguendo l'esempio della moglie Michelle, che ha fatto lo stesso per corrispondenza. Non è mancato nemmeno l'appello ai cittadini a fare lo stesso, per esercitare il proprio diritto con comodità e per non affollare i seggi. «In tutto il Paese stiamo vedendo molte persone che fanno uso del voto anticipato», ha detto il presidente. Secondo alcuni dati circa il 35% degli elettori voterà con questo sistema prima del 6 novembre, data fissata per le presidenziali. Come accadde nel 2008, quando votò in anticipo una persona su tre, l'early vote è destinato a giocare anche quest'anno un ruolo decisivo. È soprattutto Obama a puntarci molto. ROMNEY E OBAMA Oltre ad avere votato presumibilmente per se stesso, Obama ha scelto anche uno dei 18 deputati della «House of Representatives» (i cui 432 membri vengono completamente rinnovati ogni due anni). Quest'anno non è invece previsto il voto né per i due senatori dell'Illinois (il 6 novembre saranno in palio 33 dei 100 seggi) né per il governatore. OBAMA TELEFONA CAMPAGNA ELETTORALE - Intanto Obama è diventato anche il primo candidato alla Casa Bianca a oltrepassare la soglia di oltre un miliardo di dollari raccolti per la campagna elettorale. Secondo il sito «Politico», solo nei primi 17 giorni di ottobre ha raccolto 90 milioni (1.251.291 persone hanno raccolto circa 90.500.000, come è stato annunciato su Twitter giovedì). http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/in-america-annunciano-trionfalmente-che-obama-diventato-il-primo-candidato-alla-casa-bianca-a-45907.htm

martedì 23 ottobre 2012

RUSSIA, LA DITTATURA È SERVITA - DOPO IL PREDOMINIO POLITICO ASSOLUTO, ORA PUTIN E LA SUA OMBRA SECHIN PASSANO ANCHE AL MONOPOLIO ECONOMICO - L’AZIENDA DI STATO ROSNEFT HA ACQUISITO L’IMMENSA COMPAGNIA PETROLIFERA TNK-BP, CONTROLLATA DELLA BRITISH PETROLEUM - COME HA FATTO? AL SOLITO MODO: MINACCE E PERQUISIZIONI AI DANNI DEI VECCHI PROPRIETARI E RICATTI ALLA BRITANNICA BP...

Nicola Lombardozzi per "la Repubblica" VLADIMIR PUTIN CON LA PISTOLA JPEG VLADIMIR PUTIN GUARDA LA TV NELLA RESIDENZA PRESIDENZIALE A vederli così compunti e sbrigativi, quasi un po' annoiati, nelle e non sempre controllabili immagini ufficiali dall'ufficio del Cremlino, è difficile immaginare la soddisfazione che stanno provando. Eppure Vladimir Putin e il suo fedelissimo Igor Sechin hanno celebrato ieri sera un trionfo atteso per anni: grazie a una spettacolare operazione finanziaria conclusa in Gran Bretagna, l'impresa di Stato Rosneft è diventata la più grande produttrice di petrolio quotata in borsa del mondo. «Una cosa buona per l'economia russa», dirà sobriamente il presidente. Ma quello che lo rende felice dietro la solita maschera da duro è ben altro. VLADIMIR PUTIN ABBRACCIA UN CAGNOLINO Da ieri infatti può essere definitivamente archiviata l'epoca degli oligarchi capricciosi che hanno segnato la storia della Russia dalla fine del comunismo. Il controllo dello Stato, e di conseguenza degli uomini fidati del clan del presidente, su uno dei più vasti settori energetici del pianeta è pressoché totale. Finita del tutto l'era Eltsin comincia quella che un ex vicepremier dell'epoca, Evgenij Jassin, definisce amaramente «la dittatura economica Putin-Sechin». VLADIMIR PUTIN PARLA ALLA COMMISSIONE EUROPEA L'incontro nell'ufficio di Putin, trasmesso a ripetizione da tutti i tg sotto al titolo "Accordo epocale", è stato in realtà solo una replica per il pubblico di una comunicazione privata già fatta qualche giorno prima. Igor Sechin, vicepremier conosciuto universalmente come "l'ombra di Putin", ha recitato burocraticamente il suo bollettino della vittoria. Un patto che ha un valore tra i 55 e i 61 miliardi di dollari per l'acquisizione della totalità delle azioni di Tnk-Bp, consociata della compagnia petrolifera British Petroleum e di un pool di miliardari russi, che è una delle maggiori imprese di estrazione di petrolio e gas impegnate in Russia con una particolare specializzazione nel fondamentale campo delle trivellazioni ed esplorazioni geologiche. Un particolare importantissimo se si pensa che l'immenso patrimonio di giacimenti russi è ancora per la maggior parte inesplorato, in particolare nella nuova frontiera dei fondali dell'Artico. VLADIMUR PUTIN ROMAN ABRAMOVICH La trattativa, gestita personalmente da Sechin in Gran Bretagna, è stata lunga e ha avuto di tanto in tanto bisogno di qualche pressione. Legale ma non proprio ortodossa. Prima Rosneft ha tentato di tagliare fuori i soci russi di Tnk-Bp stipulando accordi direttamente con Londra. Poi, davanti alle proteste degli oligarchi locali e all'imbarazzo della Bp, sono scattati i metodi forti. Inchieste, perquisizioni e intimidazioni sul piano fiscale, per i "ribelli" moscoviti. Per la compagnia inglese, invece uno schiaffo significativo e diretto: la concessione a sorpresa ai rivali americani di Exxon della autorizzazione a esplorare alcune aree dell'Artico che erano state promesse da tempo ai britannici. Segnali precisi che hanno consentito a Sechin di ammorbidire le resistenze britanniche e stipulare un accordo che adesso sembra redditizio per entrambi. La Bp, reduce dalla disgraziata esperienza del disastro ecologico del Golfo del Messico, non vede l'ora di iniziare una collaborazione diretta con lo stato russo e pregusta già nuovi accordi che le apriranno sconfinate aree ancora vergini dalla Siberia ai Mari del Nord. La coppia Putin-Sechin ha dato una lezione agli oligarchi, confermato la leadership dello Stato e si prepara a gestire di fatto in regime di monopolio tutto il colossale mercato energetico del Paese. KHODORKOVSKIJ Gli addetti ai lavori avevano già capito l'aria che tira, all'inizio dell'estate quando l'appena rieletto Putin III aveva nominato Sechin presidente di una speciale commissione per l'Energia che avrà il compito di gestire i prezzi e le tassazioni sul mercato interno di gas e benzina, gli orari di lavoro del personale e perfino le tariffe del riscaldamento e dell'elettricità. Un potere immenso che consentirà all'"ombra di Putin" di dire personalmente la sua sulla politica interna del Paese a dispetto del sempre più emarginato ex presidente Medvedev mancato "modernizzatore" e capo di un governo che conta ogni giorno di meno. ANNA POLITKOVSKAJA Del resto, Igor Sechin corrisponde perfettamente all'identikit di "ombra del Presidente". Cinquantadue anni, anche lui pietroburghese come tutti quelli che contano nel giro di Putin. Un passato, mai confermato ma nemmeno smentito, da interprete ufficiale dei servizi segreti del Kgb e di quelli militari del Gru. In comune con Putin ha la partecipazione a una lunga battaglia contro il potere dei cosiddetti "eltsiniani" conclusa di fatto con l'accordo di ieri. La storia è lunga e complessa. Risale alla fine dell'Urss quando l'allora presidente Boris Eltsin lasciò accumulare immense fortune a persone che considerava "di famiglia". Nel settore petrolifero emersero, tra i tanti, personaggi come Berezovskij, Abramovich e Khodorkovskij. Indipendenti, straricchi, politicamente pericolosi. I metodi di combattimento scelti da Putin per neutralizzarli furono adeguati al carattere dei personaggi. Berezovskij, fuggito in Inghilterra, viene ritenuto un nemico ufficiale ed è accusato dalla magistratura russa di diverse nefandezze. Compreso l'ordine di assassinare, senza averne un ragionevole movente, la giornalista Anna Politkvoskaja. Khodorkovskij, a cui è stata tolta la sua emergente azienda petrolifera Yukos, passa le sue giornate a cucire guanti in un campo di lavoro dove sconta una condanna a otto anni per un reato che non ha mai convinto nessuno. ALEKSANDR LEBEDEV Continua, inascoltato, ad accusare proprio Sechin di aver confezionato un complotto giudiziario ai suoi danni. Più cauto, il giovane Abramovich ha accettato di vendere allo stato la totalità della sua Sibneft che si apprestava a diventare un colosso energetico e se la gode a Londra, facendo il presidente del Chelsea, e amministrando un patrimonio invidiabile. In un ruolo da miliardario fedele al Cremlino, ma opportunamente defilato e innocuo. I tre sono ovviamente solo i più noti di un esercito di miliardari combattuti e neutralizzati. Da quel Gusinskij fondatore della tv indipendente Ntv, costretto a vendere ed espatriare. Fino ad Aleksandr Lebedev, proprietario in società con Mikhail Gorbaciov, del giornale di opposizione Novaja Gazeta e ormai deciso a svendere tutti i suoi asset in Russia per trasferirsi definitivamente a Londra «visto che qui hanno deciso di rendermi la vita impossibile». MIKHAIL GORBACIOV Non è finita dunque anche se la vittoria di ieri sembra decisiva per il progetto di Putin di rimettere tutta l'economia che conta sotto al controllo dello Stato. Scelta che avrà probabilmente un effetto positivo nei confronti della popolazione presso la quale l'indice di popolarità del Presidente è sceso a livelli mai sfiorati prima. L'insofferenza per la categoria degli oligarchi e per il loro stile di vita spesso pacchiano e smodato, avrà la meglio su valutazioni più ragionate come quelle degli economisti ospitati ieri dalle rare fonti alternative come Radio Eco di Mosca e i blog dell'opposizione. Loro parlano del pericolo di accentrare tutto il potere in poche mani e soprattutto del rendere l'economia russa sempre più dipendente dalle materie prime e dalle oscillazioni mondiali del prezzo del petrolio. Ma in queste ore niente scalfisce la soddisfazione di Vladimir Putin che, come spesso gli capita, unisce valutazioni politiche a rivalse personali: da oggi il suo potere è molto più forte. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/russia-la-dittatura-servita-dopo-il-predominio-politico-assoluto-ora-putin-e-la-sua-45722.htm

L’ITALIA E’ “COSA LORO” - RAPPORTO CHOC DI UNIMPRESA: LE BANCHE PRESTANO SOLDI SOLO ALLO STATO SPRECONE - PRESTANO? PRENDONO MILIARDI DALLA BCE ALL’1% E LI “GIRANO” ALLO STATO COMPRANDO TITOLI AL 5% DI RENDIMENTO - IMPRESE E FAMIGLIE COL CAPPIO AL COLLO: 35 MILIARDI IN MENO DI PRESTITI IN UN SOLO ANNO (+10,5 MILIARDI ALLO STATO) - PIU’ LA MAGISTRATURA SCOPRE SPRECHI E RUBERIE E PIU’ PIOVONO SOLDI SUGLI ENTI LOCALI… -

Francesco De Dominicis per "Libero" MONTI THE-GOLDMAN-SACHS Lo Stato sprecone viene premiato. Le imprese e le famiglie, che sono con l'acqua alla gola, si trovano invece con la porta sbattuta in faccia. Stiamo parlando delle banche e dei prestiti concessi allo sportello. Un quadro, quello disegnato in una recente ricerca, più che paradossale. Perché i finanziamenti alla pubblica amministrazione sono in aumento, mentre quelli destinati alla cosiddetta economia reale rallentano bruscamente. I numeri, anzitutto. MARIO MONTI A PALAZZO CHIGI Negli ultimi dodici mesi, gli istituti hanno aumentato il credito nei confronti dello Stato: lo stock, per usare il linguaggio tecnico, è cresciuto da settembre 2011 ad agosto scorso di 10,5 miliardi di euro, passando da 173,7 a 184,2 miliardi. Il ritmo dei finanziamenti delle banche ha subìto, invece, un drastico calo sul versante delle imprese e delle famiglie: i prestiti sono scesi, rispettivamente, del 3,6% (-32,7 miliardi) e dello 0,4% (-2 miliardi). Percentuale che passa al 2,02% (-18 miliardi) e all'1,15% (-5,8 miliardi) se si guarda all'andamento del solo 2012. I dati sono quelli della Banca d'Italia. E a incrociarli è stata Unimpresa, associazione che rappresenta micro, piccole e medie imprese. PALAZZO CHIGI Unimpresa, nel confermare il credit crunch per le aziende e per i cittadini, ha portato alla luce un paradosso. Che sembra spazzar via qualsiasi teoria sul «merito di credito», vale a dire sui parametri che le banche dovrebbero seguire quando si trovano a esaminare le richieste dei clienti che bussano a quattrini. I soldi non mancano, nel circuito bancario, ma sembrano andare in una direzione decisamente sbagliata. Vanno a finire in mano a chi spreca e a chi, come tutta la Pa, è cattivo pagatore: proprio lo Stato, infatti, deve restituire oltre 90 miliardi di euro alle imprese fornitrici ed è in ritardo clamoroso. Ma non è finita. Qualche altra gustosa sorpresa viene fuori guardando i numeri sulle amministrazioni territoriali. Secondo la ricerca, viaggia a doppia velocità il ritmo dei prestiti agli enti locali, cioè principalmente comuni, province, regioni (-1,89% su base annua e +0,51% nel 2012): vale a dire che su base annua c'è un calo di 1,5 miliardi poi in parte recuperati con un incremento degli impieghi pari a 417 milioni nel corso del 2012. Insomma, mentre i partiti si sono letteralmente mangiati i fondi pubblici (faccenda su cui ogni giorno Procure e Guardia di finanza aprono nuovi dossier), le banche hanno allargato i cordoni della borsa. BANCHE Proprio con quelle regioni o con quelle province che oggi si trovano sotto inchiesta. Riepiloghiamo: in piena crisi finanziaria e nel mezzo della recessione più pesante della storia, alle imprese e alle famiglie italiane viene razionato il credito. Un fatto, peraltro, certificato pure da Bankitalia. In totale la riduzione ammonta a quasi 35 miliardi di euro, più di una manovra sui conti pubblici. I banchieri non riescono a essere rigidi con lo Stato. BANKITALIA BIG C'è chi pensa che il legame sia stato rafforzato in qualche modo dalla presenza di Mario Monti a Palazzo Chigi, visto che il premier viene considerato «amico» del gotha della finanza. Magari il legame tra governo e poteri forti stavolta non c'entra. Sta di fatto che di denaro alla pubblica amministrazione ne viene concesso sempre di più (l'incremento, come accennato, è di 10,5 miliardi). Un sostegno, quello degli istituti nei confronti dello Stato che è costante su più fronti. A cominciare dai titoli pubblici. Sempre secondo i dati di via Nazionale, infatti, lo shopping di Btp, Bot, Ctz e Cct da parte delle banche è aumentato del 52% passando dai 201,7 miliardi di euro di settembre 2012 ai 306,6 dell'agosto scorso. Calcolatrice alla mano vuol dire 105 miliardi in più. Un investimento sicuro e conveniente, per gli istituti. Del resto, con lo spread alle stelle (il divario di rendimento tra Italia e Germania è calato solo nelle ultime settimane) il boccone offerto dal Tesoro era (ed è tutt'ora) appetitoso: tassi attorno al 5%. Senza dimenticare che le banche non hanno fatto altro che girare sui conti di via Venti Settembre i soldi presi all'1% dalla Banca centrale europea. Nelle due superaste di dicembre 2011 e febbraio, gli istituti italiani hanno acciuffato oltre 250 miliardi di euro. Un giochetto che ha garantito un guadagno netto del 4% circa. Non male, in piena bufera. Che ha continuato a massacrare imprese e famiglie rimaste a bocca asciutta. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/litalia-e-cosa-loro-rapporto-choc-di-unimpresa-le-banche-prestano-soldi-solo-allo-45726.htm

IL FIGLIO DELLA CANCELLIERI NON FA MICA LO SCHIZZINOSO! - PIERGIORGIO PELUSO INCASSA 3,6 MILIONI DI EURO DI “BUONUSCITA” DA FONSAI PER 14 MESI DI LAVORO E SUBITO OCCUPA UNA POLTRONISSIMA TELECOM - I LIGRESTI, CHE LO ASSUNSERO, LO ACCUSANO DI AVER “GIOCATO SPORCO”, FAVORENDO UNIPOL NELLA VICENDA-FONSAI - LA CLAUSOLA “AD PERSONAM”: LIQUIDAZIONE ANCHE IN CASO DI DIMISSIONI VOLONTARIE…

Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano" Il manager Piergiorgio Peluso, figlio del ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, ha incassato 3,6 milioni di euro di buonuscita dal gruppo assicurativo Fonsai, dopo esserne stato direttore generale per 14 mesi. Nella generosa distribuzione di prebende che le società italiane sono abituate a perpetuare - a dispetto della crisi - ai loro top manager, la vicenda di Peluso ha tutti i requisiti per battere ogni record. PIERGIORGIO PELUSO DI UNICREDIT Stando ai dettagli pubblicati ieri dal sito Repubblica.it, confermati da fonti Fonsai all'Ansa, Peluso è riuscito infatti a farsi pagare una liquidazione pari a tre annualità di stipendio - normalmente assegnata ai manager mandati via - a fronte di dimissioni volontarie. Assumendo l'incarico di direttore generale, nel maggio 2011, Peluso aveva ottenuto una clausola contrattuale con la quale gli veniva riconosciuta la sontuosa buonuscita anche in caso di dimissioni volontarie se fosse intervenuto un passaggio di mano del controllo della Fonsai. ANNA MARIA CANCELLIERI Il gruppo assicurativo, storicamente in mano alla famiglia Ligresti, è passato sotto il controllo della Unipol nel corso dell'estate. A luglio Peluso ha fatto scattare la clausola e se n'è andato. non è stato disoccupato a lungo. Subito dopo è stato assunto da Telecom Italia come direttore finanziario. Prima di andare a Fonsai, Peluso era a Unicredit, responsabile dei rapporti con le grandi aziende. In quella veste si era occupato di far sottoscrivere alla banca di piazza Cordusio un aumento di capitale della Fonsai, di cui Unicredit è azionista con il 7 per cento del capitale. Un investimento di 170 milioni di euro per la sottoscrizione di titoli che oggi valgono 20 milioni. I VERTICI DI FONDIARIA - LA FAMIGLIA LIGRESTI Fonsai versava infatti in pessime acque da anni. E curiosamente sono oggi gli stessi Ligresti, che lo assunsero, ad accusare Peluso di aver giocato sporco: secondo le loro accuse è stato lui a evidenziare, poco dopo l'insediamento, una situazione talmente critica da richiedere un nuovo pesante aumento di capitale. FAMIGLIA LIGRESTI I Ligresti, che non erano in grado di ricapitalizzare la compagnia di assicurazioni, accusano in sostanza Peluso di aver forzato la situazione per rendere inevitabile un passaggio di mano della compagnia. I fatti sono noti. Essendo la Fonsai pesantemente indebitata con il sistema bancario, in particolare con Mediobanca, proprio negli uffici che furono di Enrico Cuccia è maturato il progetto di far salvare la compagnia dall'Unipol. il piano, nato attorno a Capodanno, è adesso in dirittura d'arrivo. ZT03 FAMIGLIA LIGRESTI GIULIA SALVATORE JONELLA Stando alle accuse dei Ligresti, Peluso si sarebbe dimostrato molto furbo, o quantomeno lungimirante. L'interpretazione più favorevole al manager è invece che egli si sia dimostrato un sentimentale. il contratto firmato da Peluso come direttore generale Fonsai dimostra che il figlio del ministro dell'Interno tutto voleva fuorchè lavorare per azionisti diversi dal costruttore di Paternò. Solo questo desiderio può spiegare la determinazione con cui ha strappato la clausola secondo la quale, in caso di cambio dell'azionista di controllo, egli non avrebbe potuto sopportare il trauma, e si riservava quindi di andarsene sdegnato con tanto di risarcimento milionario. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-figlio-della-cancellieri-non-fa-mica-lo-schizzinoso-piergiorgio-peluso-incassa-36-milioni-45736.htm

sabato 20 ottobre 2012

MISTER DEBITO PUBBLICO - NEL 2012 CON MONTI PREMIER IL "BUCO" NEI CONTI DELLO STATO E' CRESCIUTO DI 282 MILIONI DI EURO AL GIORNO - NEL 2011 CON IL CAVALIER POMPETTA A PALAZZO CHIGI LA MEDIA ERA DI "APPENA" 152 MILIONI - LA MONTAGNA DI DEBITO E' CRESCIUTA DI 126 MILIARDI DI IN 24 MESI, MA OLTRE IL 66%, CIOE' 84 MILIARDI, PORTANO LA FIRMA DEI TECNICI CHIAMATI DA NAPOLITANO PER SALVARE IL PAESE…

(ANSA). Negli ultimi 24 mesi il debito pubblico italiano è cresciuto di quasi 126 miliardi di euro, passando da 1.849 miliardi a 1.975 miliardi. Dei 126 miliardi accumulati tra il mese di settembre 2010 e lo scorso agosto, oltre il 66%, pari a 83,9 miliardi, si riferisce agli ultimi 12 mesi; fino a settembre 2011, invece, il «buco» nei conti statali del Paese era aumentato di 41,8 miliardi. SILVIO BERLUSCONI E MARIO MONTI Sono queste le principali evidenze di uno studio flash del Centro studi Unimpresa che ha preso in esame l'andamento del debito pubblico dell'Italia di due anni. In questo arco di tempo, il debito è cresciuto in media di 5,2 miliardi di euro al mese. Alla fine del 2010, il debito era a quota 1.851 miliardi di euro, mentre alla fine del 2011 era arrivato a 1.906 miliardi. MONTI E BERLUSCONI Nei primi otto mesi del 2012, il «buco» è aumentato di quasi 70 miliardi, con una media di 8,6 miliardi al mese, cioè 282 milioni di euro al giorno. Tale media giornaliera scende a 152 milioni di euro se si guarda a tutto il 2011, quando lo stock di debito è cresciuto complessivamente di 55,5 miliardi di euro (4,6 miliardi al mese). MONTI VS BERLUSCONI SU TIME A MESI DI DISTANZA NONLEGGERLO «Con questi dati - spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi - non vogliamo entrare in polemica con la politica e in particolare col Governo guidato dal professor Mario Monti. Tuttavia, come molti osservatori in questa fase cerchiamo di contribuire al dibattito con gli addetti ai lavori in una fase delicatissima per il futuro del Paese. In questi giorni si discute in Parlamento il la legge di stabilità e noi auspichiamo che in quella sede possano essere prese le opportune decisioni per dare speranza alle famiglie e alle imprese. In particolare, intervenendo, magari tagliando gli sprechi della spesa pubblica, in modo tale da scongiurare il doppio aumento dell'Iva che sarebbe letale per i consumi e per la ripresa del ciclo economico». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mister-debito-pubblico-nel-2012-con-monti-premier-il-buco-nei-conti-dello-stato-45622.htm

“HO FATTO IL NOME DI OTTO POLITICI DI PRIMO PIANO CHE HANNO PRESO SOLDI DAL BALDUCCI” - 2- DE VITO PISCICELLI, DUE MESI DI CARCERE, L'IMPRENDITORE EDILE CHE RISE CON IL COGNATO DEL TERREMOTO DELL'AQUILA, SCATENA UN ALTRO TERREMOTO: CONSEGNA ALLA PROCURA DI ROMA IL RACCONTO DELLA CORRUZIONE PUBBLICA ITALIANA DAL 2000 AL 2010 - 3- DIEGO ANEMONE NON ESISTE. È UN EX FALEGNAME INVENTATO DA BALDUCCI CHE IMPONEVA TUTTI GLI APPALTI. IN CINQUE MESI DI CARCERE SONO ANDATI A TROVARLO SETTANTA PARLAMENTARI. SE PARLA VIENE GIÙ TUTTA LA PRIMA REPUBBLICA E MEZZO VATICANO - 4- "L'APPALTO DELL'AUDITORIUM DEVE ANDARE AL COSTRUTTORE CERASI, LO VUOLE VELTRONI" - 5- “BERTOLASO? MEGALOMANE CHE SI VENDEVA PER 50 MILA € PER VOLTA. SUO COGNATO, FRANCESCO PIERMARINI, COI SOLDI PUBBLICI DESTINATI AL G8 SI COMPRÒ UNA BARCA - 6- A CARLO MALINCONICO, SOTTOSEGRETARIO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEL GOVERNO PRODI,UOMO DI BALDUCCI, HO PAGATO LE VACANZE ALL'HOTEL PELLICANO DI PORTO ERCOLE: 25.600 EURO. MONTI E PASSERA CONTINUANO A DARE INCARICHI A MALINCONICO”

Corrado Zunino per Repubblica ANGELO BALDUCCI E DIEGO ANEMONE Gli ulivi, la piscina di fronte alla camera da letto, si vede l'Isola di Giannutri. A nord la Costa Concordia spanciata di fronte al porto del Giglio. Sul terrapieno in ghiaia, seicento metri sopra il mare, ci sono i resti dell'elicottero con cui Francesco Maria De Vito Piscicelli, il padrone del rudere riattato a resort, portava l'anziana madre a pranzo sulla spiaggia di Ansedonia. Gliel'hanno bruciato alle otto di sera del primo ottobre. L'attentato dopo cinque minacce. Il 29 febbraio scorso l'avevano aggredito in due, scesi dallo scooter mentre Piscicelli camminava telefonando ai Parioli, a Roma. BALDUCCI EMILIANO DESANTIS FESTEGGIANO INSIEME Poi gli hanno spedito in villa all'Argentario tre proiettili, avvolti in un giornale. E l'hanno bloccato mentre saliva in auto lungo la mulattiera sterrata che porta al resort sul Promontorio: "Perché continui a parlare, perché vuoi mettere in crisi il sistema che ti ha sfamato?", gli hanno sibilato scoprendo sotto il maglione le beretta parabellum. "Fermati o facciamo fuori te e la tua famiglia". Le sue denunce sono tutte alla caserma dei carabinieri di Orbetello. ANGELO BALDUCCI A BORDO PISCINA JPEG ANEMONE ALL'USCITA DAL CARCERE Francesco Maria De Vito Piscicelli, due mesi di carcere, undici giorni ai domiciliari, è l'imprenditore edile consegnato all'opinione pubblica, "per sempre", dall'intercettazione telefonica in cui ride con il cognato del terremoto dell'Aquila, discorrendo con lui dei nuovi lavori che porterà la futura ricostruzione. Francesco Piscicelli, 50 anni, napoletano alto borghese, vicino ad Alleanza nazionale, è stato uno dei quindici costruttori scelti dalla cricca della Ferratella per lavorare al soldo della Protezione civile di Bertolaso. È diventato un collaboratore di giustizia. In otto interrogatori, assistito dall'avvocato Giampietro Anello, ha consegnato alla Procura di Roma il racconto della corruzione pubblica italiana dal 2000 al 2010. Giovedì scorso, ha accettato di parlare con "Repubblica". FABIO DE SANTIS E ANGELO BALDUCCI PARLANO AD UN COSTRUTTORE DI ROMA BALDUCCI AZZOPARDI "Il sistema Protezione civile, la deroga assoluta per ogni appalto pubblico, inizia con il Giubileo del Duemila, l'incontro fra il sindaco di Roma Francesco Rutelli, il provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Nelle intenzioni pubbliche si doveva creare una macchina che riuscisse a costruire opere in un paese in cui la burocrazia e i veti bloccano tutto, ma nel corso delle stagioni le missioni diventano un sistema di arricchimento personale. Famelico, sfruttato a sinistra e a destra. L'ho visto con i miei occhi, l'ho vissuto dall'interno: una montagna di denaro pubblico per dieci stagioni è stata messa a bilancio per realizzare auditorium, stadi, caserme, svincoli e e in percentuale è stata trasferita a parlamentari, ministri, sottosegretari, magistrati contabili, funzionari della Protezione civile, alti dirigenti delle Opere pubbliche. Nessuna istituzione, nessun partito, tutto ad personam". BERTOLASO-SCAJOLA E NEL RIQUADRO, ANEMONE SCAJOLA MOGLIE COLOSSEO Lei è accusato di corruzione, Piscicelli. Insieme ai costruttori fiorentini della Btp per l'appalto della scuola dei marescialli e dei brigadieri a Firenze. "Io ho pagato solo per lavorare, se non lo facevo chiudevo l'azienda che avevo ereditato da mio padre e che sempre ha lavorato con lo Stato. A Firenze ho fatto da intermediario tra il gruppo presieduto da Riccardo Fusi e l'ingegner Angelo Balducci, il grande capo del mattone pubblico italiano. Quelli della Btp, provinciali, rozzi, non riuscivano ad arrivare a Balducci perché il direttore dell'edilizia di Stato, Celestino Lops, li ostacolava, favoriva la Astaldi. Con una telefonata organizzai l'incontro, rimasero stupefatti. Sono stato io a presentare Denis Verdini, coordinatore del Pdl, a Balducci. Fusi trattava Verdini come fosse il suo straccio e usava la banca di Verdini come il suo bancomat". LIMPRENDITORE FUSI RICCARDO PRESIDENTE DELLA COMPAGNIA DI COSTRUZIONI BTP DE VITO PISCICELLI E RICCARDO FUSI JPEG Lei ha pagato Balducci per far entrare nell'appalto Marescialli la Btp? "Ho fatto da intermediario ottenendo da Fusi, in cambio, un prestito da 700 mila euro". Quando ha versato tangenti in proprio, Piscicelli? Denaro suo per opere sue. "Lavoro con Balducci dal 2004. Nei primi cinque anni ho partecipato a trecento bandi pubblici per ottenere due lavori: la scuola di polizia di Nettuno e la caserma della guardia di finanza di Oristano. Per i Mondiali di nuoto di Roma, quelli del 2009, ho partecipato alle cinque gare pubbliche, ho speso 700 mila euro in progettazione e ho vinto Valco San Paolo: avevo preparato un progetto unico in Europa, con luci a soffitto lunghe sessanta metri, e firmato un ribasso del 16,5 per cento. I cinque appalti erano tutti assegnati prima dell'apertura delle buste. Nelle gare bandite dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici, e in particolare quelle della Protezione civile, non c'era notaio, non c'erano vincoli. Tutto nella discrezione del presidente Balducci: poteva assegnare ottanta punti al progetto che voleva spingere. Mi obbligò a chiedere un disegno anche al professor Giampaolo Imbrighi, suo caro amico. Mi costò 50 mila euro. Voleva che partecipassi per forza alla gara per lo stadio del tennis: un finto concorrente della Cosport di Murino e Anemone, destinati alla vittoria. Sulla carta erano gare europee, ma tutti gli appalti erano pilotati da Balducci, il Consiglio superiore ratificava silenzioso". PAOLO BARELLI Lei chi pagò e quanto? "Per le piscine di San Paolo, 14 milioni di base d'asta, ho versato tre tangenti. Me ne avevano chieste quattro. Il collettore di denaro per conto della squadra di Balducci, l'ingegner Enrico Bentivoglio, dopo la mia vittoria volle 50 mila euro, il 3 per cento. "Sai, c'è bisogno di accontentare molte persone". Ventimila furono per la funzionaria Maria Pia Forleo, "ci eravamo sbagliati, serve di più". Mi spiegavano tutto, si fidavano di me. Poi subentrò Claudio Rinaldi, nuovo commissario ai Mondiali. E senza ritegno pretese 100 mila euro. Glieli portai all'Hotel de Russie, in via del Babuino. All'interno di un sacchetto di una boutique romana. Mi feci accompagnare dal ragioniere, ha visto tutto. Rinaldi mi disse: "Questo è un acconto, al collaudo mi devi dà dù piotte e mezzo". Duecentocinquanta, queste non le ho pagate". IL PRESIDENTE DEL NUOTO BARELLI SCHIACCIA PISOLINO SULLA MANO DI RATZINGER Lei ha ottenuto l'appalto per una struttura, Valco San Paolo, bandita per 14 milioni, costata 34 e dopo trentanove mesi chiusa e con un pilone fratturato. "Mi sono disinteressato del destino della piscina. Io ho visto solo nove milioni, altri otto e mezzo me li hanno truffati quelli della Ferratella, i ragazzi di Balducci. Il pilone è solo un assestamento, ma tutta l'opera è stata una corsa folle. Abbiamo dovuto rifare i progetti dell'architetto Renato Papagni, un amico del presidente della Federazione nuoto Paolo Barelli. Carta straccia, un copia e incolla fatto male, le ipotesi di rimozione terra redatte senza criterio. Per dieci mesi abbiamo lavorato 24 ore al giorno e ho dovuto chiedere l'intervento della segretaria particolare di Alemanno per farmi pagare il milione e mezzo di stato di avanzamento lavori. Il Comune di Roma è un casino pazzesco, venirne fuori è stato un miracolo. Durante i lavori, poi, mi si è messo contro il presidente Barelli, il senatore del Pdl. Era furioso perché avrebbe voluto far lavorare aziende vicine in almeno due lotti, Balducci non gli diede nulla. Per ritorsione, ci bocciò il tetto in acciaio e ce lo impose in cemento armato. Diceva che con i vapori caldi delle piscine l'acciaio si sarebbe corroso. Abbiamo dovuto stravolgere il progetto, rifare i calcoli, sovradimensionare i pilastri, comprare altro ferro per armarli. Costi e ritardi. E poi Barelli ci obbligò a lavorare con le aziende specializzate che indicava, costavano il 30 per cento in più. Se non ubbidivamo, minacciava il blocco dei lavori. Mandava avanti il suo ragioniere, Maurizio Colaiacomo. Gli impianti di filtraggio, per dire, li ha fatti tutti la Culligan, a prezzi fuori mercato". MALINCONICO Al Comune di Roma solo confusione? "Della Giovampaola mi chiese di portare l'imprenditore fiorentino Valerio Carducci dal sindaco Alemanno. L'appalto per il nuovo palazzo Istat. Non se n'è fatto nulla". CARLO MALINCONICO MANNELLI Angelo Balducci imponeva i suoi uomini? "Lui imponeva tutto, era il dominus. Non avido, ma corrotto mentalmente, un affascinante gesuita innamorato del potere. In cinque mesi di carcere sono andati a trovarlo settanta parlamentari, una processione. Se parla viene giù tutta la Prima Repubblica e pure mezzo Vaticano. Balducci voleva accontentare tutti, e soprattutto la classe politica. A me ha imposto la ditta che doveva fare gli scavi archeologici, quella per lo sminamento. E pure tre tecnici tra cui lo strutturista Fabio Frasca, figlio di una dirigente del ministero delle Infrastrutture. Frasca ha sbagliato i calcoli per Valco San Paolo, ha preso una normativa vecchia". Il rapporto tra Balducci e Anemone? "Diego Anemone non esiste. È un ex falegname inventato dal capo. Quando scoprite un'impresa di Diego Anemone in un appalto pubblico, vuol dire che sta lavorando direttamente Angelo Balducci. Faceva cassa così, mettendo Anemone dovunque. E affidandogli la gestione del denaro da destinare ai politici". IL SOTTOSEGRETARIO CARLO MALINCONICO E PREMIER MARIO MONTI Che significa, Piscicelli? "A Natale, Pasqua e Ferragosto la classe politica italiana batte cassa. Un assedio, spegnevo il telefonino. Ascolti. Mi chiama Anemone, mi dice che devo versare 150 mila euro, siamo alla vigilia delle feste natalizie. Balducci conferma: "Sì, devi farlo, servono ai parlamentari". Anemone insiste perché vada da lui, ha l'ufficio in una traversa di via Nomentana. Stanze di pessimo gusto. Spinge una porta scorrevole e alla vista si rivela un tavolo lungo due metri e quaranta, largo uno. Sopra, un covone di banconote. Quasi tutti tagli da cinquecento. Milioni di euro, mai visto nulla di simile. Con i miei 150 mila nella giacca mi sono sentito un morto di fame, me ne sono tenuti cinquemila. Anemone ha comprato la casa al Colosseo dell'ex ministro Claudio Scajola con un po' del denaro prelevato da quel tavolo". CARLO MALINCONICO E ROMANO PRODI Continua a girarci intorno: parla di tangenti e di politici. Che cosa ha detto ai magistrati? "Tutto quello che so, che ho visto, che posso certificare. Ho fatto il nome di otto politici di primo piano che hanno preso soldi e servizi dal sistema Balducci". E chi sono? "Non vorrei violare il segreto istruttorio". Fino a prova contraria il corruttore è lei. "Otto dicembre 2007, l'Immacolata, le racconto. Sono con mia moglie e mia figlia al ristorante Nino di via Borgognona: arriva una telefonata, è Mauro Della Giovampaola, funzionario della Protezione civile. "Devi venire alla Ferratella, immediatamente". Era sbrigativo Della Giovampaola, lasciai la mia famiglia sul flan di spinaci. Gli uffici erano chiusi, ma lui aveva le chiavi. Mi disse categorico: "Devi dirmi che ribasso hai fatto per l'Auditorium di Firenze". Chiesi perché. "Così vuole il capo". HOTEL _IL PELLICANO_ - MALINCONICO Se lo diceva Balducci si ubbidiva. Chiamai i miei soci fiorentini, Fusi e Di Nardo, li obbligai a rivelarmelo. Telefonai a Mauro, comunicai il ribasso e gli chiesi perché era necessario. Mi disse: "L'appalto dell'Auditorium deve andare al costruttore Cerasi, lo vuole Veltroni". Emiliano Cerasi con la Sac e Bruno Ciolfi con l'Igt presero l'Auditorium. Il 17 febbraio 2010, chiamato in causa da un'intercettazione tra l'architetto Casamonti e il costruttore Di Nardo, Walter Veltroni assicurò: "Come ha già detto il sindaco Domenici, non ho mai esercitato alcun tipo di pressione né su di lui né su altri per qualsivoglia gara". HOTEL _IL PELLICANO_ - MALINCONICO Piscicelli, lei partecipò al bando per la realizzazione dell'Auditorium di Isernia, costi lievitati da 5 a 55 milioni, segnalato in rosso dall'Authority dei contratti pubblici. "A Isernia avevo vinto. Ricordo il giorno in cui, nel teatro di via della Ferratella, si stavano aprendo le buste. Trentun dicembre 2007, le gare truccate si indicono l'ultimo dell'anno, quando gli altri non ci sono. Chiama al telefono il funzionario Bentivoglio. Salgo al piano, mi dice: "Hai fatto un progetto bellissimo, l'appalto è tuo". Torno in teatro, l'atmosfera è già cambiata. Commissari che si chiamano da parte. Il presidente del concorso dichiara il vincitore: è un'associazione temporanea di imprese guidata dalla molisana Rocco Lupo. Sono secondo. Cerco Bentivoglio, è pallido, ha paura. Riesce a dirmi: "Bertolaso ha chiamato Balducci, Di Pietro ha imposto Lupo, mi dispiace"". Già chiamato in causa sull'Auditorium di Isernia, Di Pietro il 4 giugno 2010 rispose: "Non sono stato sponsor dell'opera, non so neppure se poi l'abbiano davvero costruita". Chi è Guido Bertolaso, un capro espiatorio? "E' un megalomane con il complesso di far del bene. Per le responsabilità che ha avuto, la fama che si è creato, non avrebbe mai dovuto vendersi per 50 mila euro. Quella era la sua tariffa: 50 mila euro, per volta. Suo cognato, Francesco Piermarini, con i soldi pubblici destinati al G8 si comprò una barca, "Il lumacone", per la pesca d'altura con l'abbattitore per il pesce crudo". WALTER VELTRONI A Carlo Malinconico ha pagato le vacanze all'Hotel Pellicano di Porto Ercole. "E' un uomo di Balducci. Da sottosegretario della presidenza del Consiglio del governo Prodi ha firmato qualsiasi progetto il capo gli portasse, qualsiasi missione, qualsiasi deroga. A occhi chiusi. Balducci nel 2006 mi chiese di occuparmi di lui: "Ci serve come il pane, dobbiamo curarlo in tutto e per tutto", mi disse durante un aperitivo in piazza San Silvestro. Malinconico voleva uno dei rustici che stavo ristrutturando qui all'Argentario, gli piaceva la vecchia Villa Feltrinelli. 9DC49 MARIO BACCINI ANTONELLO COLOSIMO Lo accompagnai due volte, ma in cuor mio sapevo che non gli avrei mai regalato un immobile da un milione e due. Per fortuna aveva fretta, l'estate stava arrivando e allora Balducci mi chiese di ospitarlo a spese mie al Pellicano. Malinconico e la sua compagna dal 2006 al 2007ci hanno fatto sei vacanze. Milleottocento a notte, colazione esclusa. Ho pagato fino a quando il figlio del magistrato Toro non ci rivelò che la procura di Firenze stava indagando sulla cricca. "Chiudi il conto, chiudi il conto". Raggiunsi il Pellicano, saldai 25.600 euro e dissi a Roberto Sciò, il titolare: "D'ora in avanti Malinconico si paga il soggiorno". Quando la direzione dell'albergo glie lo comunicò, il sottosegretario andò su tutte le furie. Preparò la valigia il pomeriggio stesso e lasciò l'Argentario millantando una nuova nomina. Gli ho chiesto indietro il denaro, mi ha fatto rispondere dagli avvocati: "Piuttosto li do in beneficenza". Facile fare beneficenza con i soldi miei. Il governo Monti continua a dare incarichi a Malinconico, l'ultimo è arrivato dal ministro Passera". CLAUDIO RINALDI Lei ha denunciato anche il magistrato della Corte dei Conti Antonello Colosimo, già capo di gabinetto del ministro dell'Agricoltura Catania. "Credevo fosse un amico, mi ha taglieggiato dal 2004 al 2008. Ha sempre preteso una tangente, a volte anche del 15%, su tutti i lavori pubblici che facevo e questo perché è stato lui a presentarmi Angelo Balducci. Per anni gli ho pagato auto, autista, l'affitto dell'ufficio in via Margutta. Quando ho smesso mi ha scatenato contro la finanza. Nel 1992 la politica chiedeva agli imprenditori soldi, ma dava benefici. Oggi la politica, e alcuni funzionari potenti, ti chiedono soldi per non farti male. Alla Ferratella c'è un'impiegata che solo per mandare tre righe di giustificazioni della spesa in Banca d'Italia chiede a ogni imprenditore una tangente di 1.000 euro. Tre righe digitate al computer, mille euro". CLAUDIO RINALDI COMMISSARIO MONDIALI DI NUOTO DE VITO PISCICELLI E RICCARDO FUSI Quanti imprenditori hanno lavorato con la banda Balducci. "Eravamo in quindici, affidabili. Oggi tra gli emergenti c'è il romano Paolo Marziali, quello che ha realizzato il polo natatorio di Ostia". Che resta della banda Balducci? "Lui lavora ancora, governa ancora. Non credo si salverà dai tre processi che ha in corso, ma fin qui non ha aperto bocca. È tornato a vivere a Roma, in via Appia Pignatelli, e i suoi uomini, Rinaldi, Bentivoglio, Zini, la Forleo, sono ancora al loro posto. Ai magistrati ho raccontato di nuovi funzionari corrotti fin qui non sfiorati". E degli otto politici di primo piano, che ha detto? "Che prendevano soldi, tanti soldi. Non credo, quando tutto diventerà pubblico, e accadrà presto, potranno continuare a far politica. Io ho pagato un milione di tangenti e adesso sono con il culo per terra". Venerdì sera l'avvocato Giampiero Anello ha confermato che tutto ciò che l'imprenditore Piscicelli, suo assistito, ha detto in questa intervista è già stato riferito ai magistrati della Procura di Roma. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-ho-fatto-il-nome-di-otto-politici-di-primo-piano-che-hanno-preso-45620.htm

venerdì 19 ottobre 2012

INFARTI DA “TRATTATIVA” - LABOCCETTA (ANCORA LUI!) TIRA FUORI UNA LETTERA SCRITTA DAL PM FIORENTINO GABRIELE CHELAZZI PRIMA DI MORIRE - CHELAZZI INDAGAVA SUL “CEDIMENTO DELLO STATO” DI FRONTE ALLE STRAGI DI MAFIA DEL ’92-’93 - AVEVA NEL MIRINO CIAMPI E SCALFARO - IL PM ACCUSAVA I COLLEGHI CO-ASSEGNATARI DELL’INCHIESTA DI “USARE IL LORO RUOLO SOLO PER SBIRCIARE A PIACIMENTO NEGLI ATTI”…

Pierangelo Maurizio per "Libero" GABRIELE CHELAZZI Questo articolo riguarda un galantuomo e un magistrato di prim'ordine, il pm fiorentino Gabriele Chelazzi. Fu il primo a ricostruire i retroscena delle bombe della mafia del '92-93: da solo e contro tutti aveva individuato le responsabilità del cedimento dello Stato con il governo di centrosinistra guidato da Ciampi, le bugie di Conso intorno al tentativo di demolire il 41 bis, il carcere duro per i boss, le manovre di Scalfaro per cacciare da direttore delle carceri Nicolò Amato. GABRIELE CHELAZZI JPEG Tutto dieci anni fa. Prima di morire nella notte tra il 16 e il 17 aprile del 2003 - stroncato da un infarto, a 59 anni, nella stanza di una caserma della Finanza dove dormiva quand'era a Roma - scrisse una lettera. Due pagine di denuncia per la solitudine e per gli ostacoli che gli avevano frapposto i suoi colleghi, indirizzata all'allora procuratore di Firenze Nannucci. Dopo la sua morte, l'indagine è stata "dimenticata", anestetizzata, sepolta. Così come la lettera-testamento è stata insabbiata per nove anni e sei mesi. Amedeo Laboccetta, deputato del Pdl e membro dell'Antimafia, l'ha ritrovata. Tra le carte della commissione guidata da Pisanu. «Come Le ho segnalato anche in passato -scrive Chelazzi - , e anche per iscritto, è con estremo disagio (per non adoprare un termine meno eufemistico) che da circa due anni mi trovo a lavorare da solo su una vicenda che, come nessuno può dimenticare, ha a che fare con "qualcosa" come sette fatti di strage compiuti dalla più pericolosa organizzazione criminale europea ...». OSCAR LUIGI SCALFARO E CARLO AZEGLIO CIAMPI Dell'esistenza di questa lettera ne ha parlato Libero il 28 luglio scorso, dopo aver raccolto la testimonianza di Pier Luigi Vigna, all'epoca procuratore nazionale antimafia scomparso recentemente, amico di Gabriele Chelazzi. Vigna lo aveva "applicato" alle indagini sulle stragi di Cosa Nostra a Milano, Firenze, Roma e ne aveva raccolto lo sfogo. «Qualche settimana fa, dopo aver letto l'articolo, ho scritto all'attuale procuratore di Firenze, Giuseppe Quattrocchi. E lui mi ha cortesemente risposto che la lettera è già agli atti (ndr, dal 2004) della Commissione parlamentare» dichiara Amedeo Laboccetta: «Con qualche difficoltà l'ho trovata ma ho scoperto che è secretata. Una lettera disarmante ». CARLO AZEGLIO CIAMPI - COPYRIGHT PIZZI E chiama in causa il presidente dell'Antimafia: «Pisanu non può tenerla segreta. Ritengo che tutti gli italiani devono conoscerla e devono conoscere l'importante lavoro fatto da un grande magistrato ». Chelazzi il 15 aprile 2003 aveva appreso in modo del tutto irrituale dal suo più fidato collaboratore, l'ispettore Benelli, che il procuratore Nannucci voleva convocare una riunione con gli altri magistrati per valutare il suo lavoro: l'ultimo atto di delegittimazione. STRAGE CAPACI Una cosa che «lo irritò molto», secondo la testimonianza di Benelli. La lettera gronda dolore e amarezza. Chelazzi rievoca la solitudine, i «processi» cui era sottoposto dai colleghi, il retro pensiero che vi scorgeva secondo cui le sue indagini su una delle pagine più oscure erano dettate da un suo «capriccioso accanimento» o, peggio, "dalle ambizioni di terzi" (cioè di Vigna). Ma la parte peggiore è riservata agli altri magistrati co-assegnatari del fascicolo sulle stragi di mafia. Oltre alla totale inerzia, Chelazzi li accusa di usare il loro ruolo solo per «sbirciare a piacimento negli atti». Per controllarlo, insomma, e controllare dove andassero a parare le sue indagini che chiamava in causa i più alti vertici istituzionali, il nuovo assetto politico orientato a sinistra, nella trattativa con la Cupola. Salva solo il procuratore aggiunto Fleury, al quale riconosce «la disponibilità e la consapevolezza della delicatezza del lavoro...». FALCONE E BORSELLINO LABOCCETTA JPEG «Io credo - dice Amedeo Labocetta - che quest'uomo sia morto per il dolore, abbandonato dal suo capo e dai suoi colleghi, dalle istituzioni, dalla politica. Aveva capito la verità prima di tutti». Chelazzi è assolutamente consapevole dell'isolamento e dei rischi: «Sempre eufemisticamente, non credo che sia mai accaduto che un magistrato sia stato "costretto"a lavorare da solo (con tutti i rischi del caso, da quello di sbagliare a quello di esporre "la pelle" a eventualità non proprio gratificanti) su una vicenda di questa portata». Come Falcone, come Borsellino. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/infarti-da-trattativa-laboccetta-ancora-lui-tira-fuori-una-lettera-scritta-dal-pm-fiorentino-45600.htm

BOMBASTICO LIBRO DI GIGI MONCALVO SUI LATI OSCURI DELLA “FAMIGLIA REALE” ITALIANA - 2- L’AVVOCATO SAPEVA CHE STAVA PER SCOPPIARE “MANI PULITE” E POCHI MESI PRIMA FECE IN MODO CHE LA TITOLARITÀ DEL COMANDO DEL GRUPPO FIAT NON CONDUCESSE A LUI - 3- IL CONTROLLO AL RE DELL’OFFSHORE BATLINER E A RENÉ MERKT, FIDUCIARIO DEL VATICANO - 4- LE LETTERA DI EDOARDO: “ONESTAMENTE ORMAI PAPÀ NON LO RICONOSCO PIÙ. NON HO ANCORA TROVATO UNO PSICOLOGO O PRETE O PADRE SPIRITUALE CHE SIA REALMENTE RIUSCITO A COMPRENDERE IL PERCHÉ DI QUESTO SUO CONTINUO MODO DI COMPORTARSI” - 5- LA LESBO-STORIA TRA SUSANNA AGNELLI E MARISELA FEDERICI: “TRA MOGLIE E MARITO IL SENTIMENTO SI ESAURISCE, CON SUNI OGNI GIORNO ERA UN’EMOZIONE NUOVA” -

Estratto del libro di Gigi Moncalvo su "Libero" GIANNI AGNELLI GIOVANE Pubblichiamo alcuni estratti dal volume, appena arrivato in libreria, di Gigi Moncalvo ‘'Agnelli segret'' (Vallecchi, pp. 528, euro 19), un viaggio appassionante tra «peccati, passioni e verità nascoste dell'ultima "famiglia reale" italiana», come recita il sottotitolo. A dieci anni dalla scomparsa dell'Avvocato, il libro mette infatti in luce i lati oscuri della famiglia e dei suoi affari, dal clamoroso passaggio del Gruppo Fiat a due prestanome durante gli anni caldi di Tangentopoli, alle sospette elargizioni di denaro ad alcuni big dell'azienda, come Vittorio Valletta. Ma il libro affronta anche gli aspetti privati della dinastia Agnelli: il dramma interiore di Edoardo e gli amori lesbici di Susanna. GIANNI AGNELLI A SPASSO - COPYRIGHT PIZZI Gianni Agnelli sapeva che stava per scoppiare l'indagine Mani pulite? Fu informato in anticipo di Tangentopoli e del fatto che era opportuno «schermare» le proprie attività, renderne più difficile la scoperta e quindi l'attribuzione a determinate persone fisiche, complicando e impedendo il lavoro di ricerca dei magistrati della Procura della Repubblica di Milano e di Torino con l'eventuale aiuto di rogatorie internazionali? (...) In ogni caso, anche se i magistrati - almeno nella prima fase-non ebbero troppi riguardi per la grande azienda torinese, a mano a mano che ci si avvicinava al vertice del Gruppo, venne meno una certa iniziale decisione, anche a causa degli ostacoli frapposti sia alla Procura di Milano, intenzionata a occuparsi da sola di quel filone di inchiesta, sia a quella di Torino, che rivendicava la competenza territoriale. Fino all'arresto del «numero tre» di Fiat, il direttore finanziario Francesco Paolo Mattioli, i magistrati non trovarono ostacoli. GIANNI E SUSANNA AGNELLI ASP IMG Poi, mentre si avvicinavano inesorabilmente e a grandi falcate, al «numero due», Cesare Romiti, l'inchiesta subì un rallentamento. Forse perché si rischiava di arrivare a toccare anche il «numero uno», Gianni Agnelli? Per la Fiat comunque i processi sostanzialmente non andarono troppo male, e arrivarono solo a sfiorare Agnelli, grazie al famoso principio del «non poteva sapere» invocato dagli avvocati di Romiti. (...) Comunque sia, sei mesi prima che Antonio Di Pietro arrestasse in flagranza di reato il faccendiere socialista Mario Chiesa mentre incassava una tangente di 7 milioni di lire, dando così il via ufficiale a Mani pulite, Gianni Agnelli portò a compimento una misteriosa e complessa operazione segreta in Liechtenstein che poteva avere una sola spiegazione: impedire che si potesse ricondurre a lui stesso, almeno formalmente, la titolarità del comando del Gruppo Fiat. GIANNI AGNELLI DURANTE UN INCONTRO A MOSCA NEL 1984 CON L'ALLORA PRESIDENTE DEI MINISTRI URSS TICHONOV (LAPRESSE) Il risultato fu che, per alcuni anni, a partire dal 1991, il controllo del gruppo privato più grande d'Italia non fu nelle mani dell'Avvocato ma di due altri veri avvocati, due autentici «prestanome », uno svizzero, l'altro del Liechtenstein. Uno di loro -il vero dominus dell'operazione - era ed è il riconosciuto e indiscusso «grande guru dell'offshore», il principale finanziere di fiducia del Vaticano, molto vicino ai due ultimi papi. GIANNI AGNELLI Si tratta di Herbert Batliner, classe 1928, uno dei più potenti e conosciuti gestori di patrimoni al mondo, cittadino emerito del Liechtenstein, amico personale del principe Hans-Adam II, il sovrano del paradiso fiscale racchiuso tra le montagne tra Svizzera e Austria. L'altro «prestanome» è l'avvocato svizzero René Merkt, classe 1933, titolare di un affermato studio legale in rue du Général Dufour 15, nella città vecchia di Ginevra, un professionista che da sempre si occupa di diritto societario ad altissimo livello, di sofisticate architetture finanziarie, di operazioni high-fly in tutto il mondo. ANITA EKBERG IN AUTO CON GIANNI AGNELLI NEL CINQUANTANOVE DA CHI (...) Per alcuni anni il governo italiano, per di più formato da un gran numero di presunti tecnocrati scelti e imposti personalmente dal presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, si è comportato in modo davvero «strano», per non dire di peggio. Ha versato fiumi di denaro pubblico a un gruppo come la Fiat che, almeno formalmente, era di proprietà di un cittadino svizzero e di un suddito del Principato del Liechtenstein, per di più devoto «fiduciario del Vaticano». GIANNI AGNELLI SKIPPER Suona davvero come una beffa che siano stati elargiti contributi di Stato, incentivi, agevolazioni, fondi per la cassa integrazione, privilegi fiscali, misure di «protezione» e altre forme di finanziamento o «regalo » (come l'Alfa Romeo), a una società che non era nemmeno... italiana, dato che era controllata da due prestanome stranieri. GIANNI AGNELLI NUDO LA SUPER DONAZIONE Caro prof. Valletta, Le siamo e rimaniamo immensamente riconoscenti per quanto da Lei fatto in favore della Fiat e quindi anche nei confronti nostri e dei nostri famigliari. La sappiamo giustamente preoccupato nei confronti dei Suoi famigliari e soprattutto di Sua figlia per il caso di Sua morte o di Sua impossibilità a continuare nelle Sue prestazioni retribuite alla Fiat. In conseguenza Le confermiamo che nei deprecati casi di cui sopra ci impegniamo di corrispondere a Sua figlia Fede Valletta in Foccardi l'importo annuo di lire 50.000.000 (cinquanta milioni) pagabili a semestri maturati ed al netto di qualsiasi trattenuta od imposta, importo questo variabile nello stesso rapporto in cui varieranno in avvenire le retribuzioni impiegatizie in conseguenza delle variazioni del costo della vita. AGNELLI SEGRETI DI GIGI MONCALVO Il versamento di detta somma verrà fatto vita natural durante della sua figliola e verrà continuato a favore Suo personale nel caso che Ella dovesse sopravvivere a Sua figlia Fede. Terremo nel massimo conto il Suo desiderio a che Suo nipote Franco Fantauzzi possa succederLe nel posto di Amministratore (consigliere) nel Consiglio di Amministrazione della Fiat. (...) Gianni Agnelli e Marella Torino, 29 ottobre 1955 (...) Nel momento in cui quel documento viene firmato, alla fine di ottobre del 1955, Valletta ha 72 anni e da quasi dieci è il «numero uno» assoluto e incontrastato della Fiat, azienda nella quale era stato assunto nel 1921 come direttore contabile con contratto triennale. Non è un manager o un dirigente qualunque, ma l'uomo chiave di tutto l'impero Fiat, di quegli anni e non solo. AGNELLI UMBERTO E GIANNI Fin dal suo ingresso in azienda, Valletta aveva fatto dell'azienda una sorta di religione laica. Al punto che era solito dire: «La Fiat, la Fiat, la Fiat, poi la famiglia». La leggenda aziendale racconta che una volta il senatore Agnelli, costretto ad andare in ufficio anche il giorno di Natale, nel palazzo trovò solo quell'uomo piccolo di statura, Valletta appunto, e il sorvegliante. «St'om a fa par mi», quest'uomo fa per me, commentò il Senatore. FIA112 FRANCESCO PAOLO MATTIOLI MO LETTERE PRIVATE Edoardo Agnelli scriveva molte lettere. In esse, e nella scelta dei destinatari, c'è l'ostinata riaffermazione proprio di quel «ci sono anch'io». Cerca rispetto e ascolto fuori dall'ambiente familiare, rivendica la sua esistenza prima ancora del ruolo che non ha. (...) Edoardo non nasconde nulla: «Mio padre in terra lo amo perché so che in fondo è buono, anche se onestamente ormai papà non lo riconosco più. Non ho ancora trovato uno psicologo o prete o padre spirituale che sia realmente riuscito a comprendere il perché di questo suo continuo modo di comportarsi. È chiaro che ne soffro molto perché lo sto perdendo, sto perdendo completamente un rapporto umano con lui. E, di conseguenza, vedo tutte le cose care di famiglia per le quali nutro un obbligo interiore di tutela, andarsi, per le medesime ragioni, a sfasciare senza che veramente possa farci un granché». 1AG17 CESARE ROMITI (...) «Questo perché succede? Eccoci al cuore del problema: la mamma. I motivi del suo comportamento sono due. Primo: fa così perché questa è una richiesta di attenzione su se stessa, perché (come molti, se non tutti) ha dei problemi. Secondo: la mamma conosce qualcuno che lavora in quei lavori infimi (finanziere d'assalto) che gli danno dei consigli fessi come ad esempio: «Metti tuo figlio in condizioni di farsi interdire quando e se l'Avvocato non ci sarà più! Fai che non tocchi mai i soldi e che non abbia un conto in banca». I LATI BUI DEL LINGOTTO La Fondazione del Lingotto è stata costituita il 7 marzo 2002 a Torino. (...). La cronologia di alcune fasi che precedono l'inaugurazione della Pinacoteca suscita perplessità e fa venire in mente qualche cattivo pensiero.La Fondazione è stata costituita il 7 marzo 2002, ottiene il riconoscimento legale della prefettura il 22 maggio, conta su un patrimonio di soli 105mila euro (97mila dei quali versati da Gianni Agnelli e mille euro ciascuno dagli altri otto fondatori), ma non dispone ancora di nessun dipinto. A colmare questa fondamentale lacuna provvede l'11 luglio solo Marella Agnelli. Dona tre tele. DISEGNO DI FABIO SIRONI - CESARE ROMITI GIANNI AGNELLI ENRICO CUCCIA E DE BENEDETTI (...) Gianni Agnelli sorprendentemente non dona nulla, mentre sarebbe stata logica una sua iniziativa in contemporanea con la moglie. Che cosa sta succedendo? L'Avvocato ha dei ripensamenti? È ancora indeciso sulla scelta delle tele di cui privare la sua vista? O forse sono le sue condizioni di salute a impedirgli di perfezionare l'atto? Il momento in cui Gianni si decide finalmente a firmare, o viene spinto e convinto a farlo, appare quasi incredibile: solo quarantott'ore prima dell' inaugurazione. ANTONIO DI PIETRO (...). L'inaugurazione della Pinacoteca, avviene il 20 settembre. Mancano solo quattro mesi alla morte dell'Avvocato. E Margherita non ha dubbi, alla luce di quanto è accaduto in seguito, che quello era un modo escogitato da sua madre e dai suoi consiglieri per sottrarre mezzo miliardo di dollari, anzi certamente di più, al patrimonio da dividere con lei in Italia. OSCAR LUIGI SCALFARO E BERLUSCONI La figlia si chiede anche: «Mio padre in quel periodo era in condizioni tali da intendere e volere, da decidere liberamente e consapevolmente che cosa significasse quella firma che stava per apporre? Se non aveva firmato a luglio, ed era intervenuta l'imprevista donazione di mia madre, vuol dire che nutriva dubbi e perplessità, oppure che non era in grado di farlo? ». OSCAR LUIGI SCALFARO LA DONNA DI SUSANNA Nel desolante panorama editoriale italiano, diventa «coraggiosa» una giornalista che si spinge oltre i confini dell'autocensura: Costanza Rizzacasa d'Orsogna, Il titolo della sua intervista pubblicata su «A» è inequivocabile: Suni, la donna della mia vita. Occhiello: Marisela Federici svela i segreti di Susanna Agnelli. L'intervista è bella e clamorosa, rende pubblica la sussurrata relazione tra l'arcigna Suni e la splendida signora venezuelana Marisela Rivas y Cardona de Federici. GIOVANNI AGNELLI E MARELLA CARACCIOLO AL BALLO SERRA DI CASSANO La quale non ha mai fatto nulla per nascondere ciò che anche i suoi due mariti sapevano, comprendevano, tolleravano: Marisela e Suni «si appartenevano», erano una cosa sola. C'erano ventotto anni di differenza fra loro, Suni era del 1922, Marisela del 1950. Si erano conosciute - come racconta la protagonista - «attraverso la mia amica Stella Pende. Lei era la pseudofidanzata di Gianni Bulgari, il Paul Newman ciociaro. Si vestiva da zingara, per strada le gridavano, "A' fata, sembri Sandokan". Un giorno, in auto in via Condotti, Stella indicò: "Ecco Suni". Io mi sono sporta dal finestrino e ho esclamato: "E io sono Marisela". EDOARDO E GIANNI AGNELLI Suni era sconcertata per la mia sfrontatezza, e anche Stella mi rimproverò ("Amorcito, come hai potuto?"). Ma io capii subito che tra noi sarebbe nato qualcosa. Suni era affascinata dalla mia esuberanza. Le piaceva che non avessi peli sulla lingua. La maggior parte della gente non sapeva prenderla. Facevano tutti tappetino, lei non lo sopportava. Suni ti amava o ti odiava. E se le stavi antipatico non lo nascondeva». (...) «Suni è stata l'amore della mia vita», spiega Marisela. «Riempiva una parte della mia esistenza in un modo che né mio marito né i miei figli potranno fare mai, perché non hanno la stessa devozione. Tra moglie e marito il sentimento si esaurisce, con Suni ogni giorno era un'emozione nuova». http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-bombastico-libro-di-gigi-moncalvo-sui-lati-oscuri-della-famiglia-reale-italiana2-lavvocato-45606.htm