sabato 29 giugno 2013

Delitto Moro, nuove rivelazioni : «Cossiga in via Caetani 2 ore prima della telefonata Br» Parla Raso, antisabotatore tra i primi a scoprire il cadavere del politico: «Il sangue era fresco, erano le 11 del 9 maggio»

La morte di Aldo Moro non è ancora una questione per gli storici. Vitantonio Raso, il giovane antisabotatore che arrivò per primo in Via Caetani, rivela all'Ansa e al sito vuotoaperdere.org che la sua opera fu richiesta ben prima delle 11 del 9 di maggio 1978 e che arrivò davanti alla R4 amaranto in via Caetani poco dopo quell'ora. In un suo recente libro («La bomba umana») Raso aveva lasciato indeterminata la questione degli orari che ora chiarisce dopo 35 anni. La questione è rilevante perché la telefonata delle Br (Morucci e Faranda) che avvertiva dell'uomo chiuso nel bagagliaio della macchina è delle 12.13. Non solo: Francesco Cossiga e un certo numero di alti funzionari assistettero, ben prima delle famose riprese di Gbr che sono state girate a cavallo delle 14, alla prima identificazione del corpo fatta proprio da Raso. Cossiga si recò quindi due volte in via Caetani. La R4 fu ripetutamente aperta dai due sportelli laterali come testimoniano le foto a corredo di questa inchiesta. «SEMBRAVA CHE COSSIGA SAPESSE GIA'» - «Quando dissi a Cossiga, tremando, che in quella macchina c'era il cadavere di Aldo Moro, Cossiga e i suoi non mi apparvero né depressi, né sorpresi come se sapessero o fossero già a conoscenza di tutto», dice Raso. «Ricordo bene che il sangue sulle ferite di Moro era fresco. Più fresco di quello che vidi sui corpi in Via Fani, dove giunsi mezz'ora dopo la sparatoria». MAI INTERROGATO - Raso fornisce la prova che le cose il 9 di maggio non andarono come finora si è raccontato: «Sono ben consapevole. La telefonata delle Br delle 12.13 fu assolutamente inutile. Moro era in via Caetani da almeno due ore quando questa arrivò. Chi doveva sapere, sapeva. Ne parlo oggi per la prima volta, dopo averne accennato nel libro, perché spero sempre che le mie parole possano servire a fare un po' di luce su una vicenda che per me rappresenta ancora un forte choc. Con la quale ancora non so convivere». Raso non è mai stato interrogato. Redazione Online 29 giugno 2013 | 16:12 http://www.corriere.it/cronache/13_giugno_29/moro-delitto-novita_c6c59ea6-e0c3-11e2-aa9b-d132be5871d0.shtml

L’economista Rubini tratteggia scenari disastrosi per l’Occidente, distrutto dalla crisi.

Non sembra esserci luce in fondo al tunnel di questa grave crisi economica e c’è chi tratteggia scenari apocalittici, come il celebre economista Nouriel Roubini, che paventa un 2013 con banchieri impiccati ai lampioni e guerra mondiale in corso. L’analisi di Nouriel Roubini è impietosa e senza vie d’uscita visibili. E certo non piacerà né a Monti né a Merkel. Ma centra il problema dei problemi. «Nulla è cambiato dalla crisi finanziaria. Gli incentivi per le banche (la liquidità a piene mani garantita dalle banche centrali, ndr) permettono loro di agire in modo truffaldino, di fare cose illegali e immorali; l’unico modo per evitarlo è rompere questo grande supermercato finanziario». L’economista statunitense, forse l’unico a livello globale, nel 2007 già intuì che i mutui subprime statunitensi non erano solo un fatto a sé stante, ma l’inizio di quello che accade oggi. Rubini sostiene una tesi forte: solo la penalizzazione di alcuni reati sarebbe stata l’unico freno ad un dissesto economico, che si è trasformato in mondiale. Rabbioso e certamente non gradito ai politici e governanti per le sue esternazioni senza troppi giri di parole, ha affermato: «Se alcune persone finiscono in carcere, forse sarà una lezione. L’alternativa è che qualcuno verrà impiccato per le strade”. Il problema è che ci troviamo nella stessa situazione del 2008, solo che oggi siamo a corto di contromisure efficaci. “ Nel 2008 si potevano tagliare i tassi di interesse, che oggi sono a zero quasi dappertutto. Allora e finora si poteva immettere liquidità, ma oggi sta diventando sempre meno efficace perché il problema è di solvibilità, non di liquidità. I debitori non pagano, quindi la circolazione si ferma e il denaro resta in cassaforte. Infine gli stati non possono più salvare nessuno, perché hanno disavanzi bilancio già troppo grandi per colpa dei salvataggi di qualche anno fa”. Diventa dunque impossibile tornare a «salvare le banche»; ed i governi sono prossimi a essere insolventi, come è accaduto per la Grecia e, forse, anche per la Spagna. Poi aggiunge Roubini aggiunge un elemento fin qui ignorato: “C’è il pericolo di una possibile guerra tra Israele, Stati uniti e Iran, che raddoppierebbe il prezzo del petrolio in una notte”. Bene. http://senzapelisullalingua.info/leconomista-rubini-tratteggia-scenari-disastrosi-per-loccidente-distrutto-dalla-crisi

mercoledì 26 giugno 2013

C’È UNA BOMBA A OROLOGERIA DI 8 MILIARDI DI EURO DI DERIVATI NEI CONTI DELLO STATO - 2. SI TRATTA DI DERIVATI ACCESI DA MARIO DRAGHI, CHE FU DIRETTORE GENERALE DEL TESORO TRA IL 1991 E IL 2001, PER CONSENTIRE L’ENTRATA DELL’ITALIA NELLA MONETA UNICA - 3. LA TECNOCRAZIA CHE HA PROSPERATO INTORNO AL MINISTERO DEL TESORO, DA DRAGHI A GRILLI, DA AMATO A SACCOMANNI, DA CIAMPI A LA VIA, CI HA MENTITO PER ANNI. L’ENTRATA DELL’ITALIA NELL’EURO NON FU SOLO VIRTÙ E TASSE MA ANCHE MOLTA FURBIZIA ALIMENTATA E FOMENTATA DALLE BANCHE D’AFFARI, GOLDMAN SACHS E JP MORGAN, CHE POI HANNO RIPAGATO I “CIVIL SERVANT” CON LAVORI O CONSULENZE LAUTAMENTE PAGATE - 4. SI CAPISCE COSÌ LA RITROSIA E I SILENZI DELLA BANCA D’ITALIA E DELLA POLITICA A SANZIONARE IN MANIERA ESEMPLARE I PROTAGONISTI DELLO SCANDALO MPS. COME POTEVANO SCAGLIARE LA PRIMA PIETRA CONTRO L’USO DISINVOLTO DEI DERIVATI COLORO I QUALI LI HANNO AMPIAMENTE USATI PER COSTRUIRE LA LORO IMMAGINE DI SALVATORI DELLA PATRIA? -

MONTE DEI PASCHI D'ITALIA Superbonus per Dagospia Leggendo il ‘'Financial Times'' e la ‘'Repubblica'' di oggi si capisce come la nostra classe dirigente sia cresciuta e prosperata nascondendo i debiti nei bilanci. Come nel caso MPS, i derivati del Tesoro italiano sono serviti ad incassare denaro subito e a passare il debito alle generazioni future, un gioco possibile fino a quando non viene scoperto o una crisi economica lo rende impagabile. DRAGHI E GRILLI Si capisce così la ritrosia dei controllori ed i regolatori a sanzionare in maniera esemplare i protagonisti dello scandalo MPS, i silenzi della Banca d'Italia e l'imbarazzo della politica. Come potevano scagliare la prima pietra contro l'uso disinvolto dei derivati coloro i quali li hanno ampiamente usati per costruire la loro immagine di salvatori della patria? 4MOD01 MAR DRAGHI FRANC GIAVAZZI GIUL AMATO La tecnocrazia che ha prosperato intorno al Ministero del Tesoro, da Draghi a Grilli, da Amato a Saccomanni, da Ciampi a La Via, ci ha mentito per anni. Come aveva lasciato capire Luigi Spaventa l'entrata dell'Italia nell'Euro non fu solo virtù ma anche molta furbizia alimentata e fomentata dalle banche d'affari che poi hanno ripagato i "civil servant" con lavori o consulenze lautamente pagate. MARIO DRAGHI Draghi a Goldman Sachs, Siniscalco a Morgan Stanley, Grilli a Credit Swiss, Amato consulente Deutsche Bank, Linda Lanzillotta a JP Morgan, Gianni Letta a Goldman e così via in un lungo elenco di ex-Tesoro, Draghi-boys and girls che hanno trovato la loro collocazione milionaria fra Londra e Milano. GIULIANO AMATO Gli italiani credevano di stringere la cinghia per un interesse superiore, scoprono oggi di essere sottoposti ad una spremitura senza fine per poter dare a questa tecnocrazia senza pudore e senza controlli un passaporto Europeo per avere prestigio e denaro. Le similitudini fra MPS e la Repubblica Italiana non finiscono qui, come nel caso della banca di Siena anche qui i derivati vengono ristrutturati, allungati, stiracchiati con perdite sempre maggiori in un avvitamento impressionante su cui nessuno vuole o può controllare. Durante il più tecnico dei governi (Monti), in soli sei mesi si ristrutturano contratti per 30 miliardi consolidando 8 miliardi di perdite, si pagano 2,5 miliardi a Morgan Stanley (dove lavora un ex Ministro del Tesoro e il figlio di Draghi) e si impone una tassa sulla casa ed un imposta di bollo a milioni d'Italiani. FABRIZIO SACCOMANNI MARIO DRAGHI VITTORIO GRILLI Ma l'avvitamento dei conti pubblici è prossimo alla fine, se ne accorge Saccomanni che non riesce a reperire neanche 2 miliardi per cancellare l'aumento dell'IVA, ma non dice niente! Lui come i dirigenti di MPS non fa luce sul pozzo nero di 160 miliardi di derivati e sulle relative perdite. Oggi FT e Repubblica lanciano una piccola luce su questo buco nero della Repubblica e della Democrazia, ma il fondo è ancora molto, molto lontano. 2. TESORO, PERDITE POTENZIALI DI ALMENO OTTO MILIARDI DAI DERIVATI DEGLI ANNI 90 - LA CORTE DEI CONTI INVIA LA FINANZA DOPO IL REPORT DEL MINISTERO Andrea Greco per La Repubblica DRAGHI TRA SACCOMANNI E GRILLI C'è una bomba a orologeria nei conti pubblici, nel rigo dei titoli derivati. È una perdita potenziale da almeno otto miliardi di euro, pari a oltre il 25% degli strumenti di copertura di tassi e di cambio del debito che sono stati ristrutturati dal ministero del Tesoro nel solo 2012. Si tratta di derivati accesi negli anni Novanta, anche per consentire anticipazioni di cassa che permisero al governo italiano di farsi trovare pronto all'appuntamento con la valuta unica. Ma oggi, e ancor più nei prossimi anni, quel fardello del passato presenta il conto. I dati sono frutto di elaborazioni svolte con criteri di mercato, che attualizzano i flussi attesi alla scadenza di quei derivati, e si basano sui numeri ufficiali - ma non pubblici - che il dicastero fornisce periodicamente alla Corte dei Conti, con cadenza semestrale. O MC36 CARLO CIAMPI Repubblica ha potuto consultare la relazione del Tesoro sul debito pubblico, inviata ai pubblici controllori a inizio 2013. Sono 29 pagine, le ultime 10 sulla «Gestione delle passività e del rischio di tasso e di cambio», ottenuta di norma con coperture in derivati. Secondo un esperto funzionario del governo, la Corte li ha letti con preoccupazione, e ha voluto saperne di più. Così lo scorso aprile ha inviato la Guardia di Finanza in via XX Settembre, con un mandato di esibizione di documenti in cerca delle confirmation letter, i contratti di stipula di quei derivati, che risalgono in buona parte agli anni Novanta. Finora, però, il Tesoro non ha mostrato quegli originali alle Fiamme Gialle. La Relazione è molto laconica nella descrizione dei contratti derivati oggetto di riassetto, una dozzina, tra febbraio e maggio 2012. Alla richiesta di maggiori dettagli, avanzata da Repubblica, il Tesoro non ha voluto commentare o illustrare i dati e le operazioni, ribadendo che si tratta di strumenti «plain vanilla» (nel gergo finanziario significa «semplici») che servono a perseguire l'interesse dello Stato, proteggendo il debito dai rischi di oscillazione dei cambi e dei tassi di interesse. VINCENZO LA VIA In pratica, delle forme di assicurazione che possono tutelare il Tesoro da più gravi conseguenze, ma che hanno un costo nel caso in cui l'evento dal quale ci si protegge non si verifichi. Anche la Corte dei Conti, da noi interpellata, si è trincerata dietro un no comment. E analogo no comment arriva anche dalla Banca centrale europea presieduta da Mario Draghi, che fu direttore generale del Tesoro tra il 1991 e il 2001, quando molti di quei derivati furono messi nero su bianco. LA SEDE DI GOLDMAN SACHS A NEW YORK JPEG Il documento, di cui oggi dà conto anche il Financial Times, è stato sottoposto all'analisi di provati esperti del settore, che hanno montato i numeri sui modelli matematici standard che il mercato utilizza per "prezzare" questi derivati. Sulla materia c'è scarsa trasparenza. Fonti del Tesoro la giustificano con l'opportunità di carattere strategico e commerciale. Ma chi ha letto quella relazione si è trovato davanti alla Stele di Rosetta degli swap italiani: una storia che risale agli anni Novanta, e che secondo i protagonisti delle vicende contribuì a tenere i conti del paese in dieta stretta quando si trattò di entrare in Europa con il primo treno. In attesa di maggiore trasparenza, solo dalle 10 pagine finali della Relazione si ricavano utili indicazioni. Le ristrutturazioni di contratti derivati sono una dozzina, tutte intercorse tra maggio e dicembre del 2012. LOGO " GOLDMAN SACHS " Nelle carte si spiega «lo spirito» con cui si è ritenuto opportuno riscrivere quei contratti. Si collega all'esigenza delle banche specialiste in titoli di stato (una ventina dei soliti nomi: le tre grandi italiane, le principali europee e le maggiori banche d'affari anglosassoni) di ridurre il rischio Italia, che altrimenti non avrebbero potuto sostenere in asta alle nuove emissioni del Tesoro. LINDA LANZILLOTTA Quasi una pistola alla tempia, che si spiega con la fase drammatica di fine 2011, quando lo spread sul Btp era sopra ai 500 punti base e la finanza pubblica domestica in ginocchio. «Nel corso del primo semestre 2012 è stata portata avanti la strategia di ristrutturazione e semplificazione del portafoglio derivati, analogamente a quanto fatto nei semestri precedenti», si legge nel documento. Eccone il motivo: «Uno degli effetti della crisi, che ha investito sempre più anche i debiti sovrani, è stata la diffusione tra le controparti bancarie di modelli di analisi e valutazione che esprimono il rischio di default di una controparte priva di garanzia (...) ciò si traduce, per la Repubblica, in un maggior costo nell'esecuzione di una nuova operazione o di ristrutturazione di una esistente». CNV10 DORMIENTE LUIGI SPAVENTA «Rispetto alla struttura del portafoglio derivati dello stato - continua la relazione - caratterizzato da scadenze lunghe e privo di collateralizzazione, quanto descritto ha prodotto l'affermarsi di una forte correlazione inversa (e perversa) tra andamento del tratto a lunga della curva swap, valore di mercato del portafoglio e livello dei Cds italiani, con potenziali effetti negativi anche sul mercato primario e secondario dei titoli di Stato». CORTE CONTI Dunque, la crisi porta le banche a presentare il conto dei vecchi derivati al Tesoro, in forma di ristrutturazioni che fanno emergere una perdita potenziale di 8.100 milioni. Un derivato è un contratto basato sul valore di mercato di uno o più beni (azioni, indici, valute, tassi d'interesse). Produce i suoi effetti alla scadenza, ma si può "prezzare" attualizzando i flussi attesi, in base all'andamento dei beni sottostanti. Quindi gli 8 miliardi saranno pagati, con ogni probabilità, nei prossimi anni, in forma di più interessi e più debito, perché dai conteggi (elaborati ai valori del 20 giugno) emerge il deprezzamento dei flussi medi previsti a oggi. CORTE CONTI Alcuni di questi flussi stanno già producendo i loro danni sui conti pubblici, perché tutte le clausole peggiorative, con finestra temporale a oggi, sono già state esercitate dalle controparti bancarie. Solo nei prossimi anni si potrà capire se il Tesoro risparmierà qualcosa sul saldo, nell'improbabile caso in cui i movimenti degli asset su cui quei derivati si basano fossero a suo totale favore. La maggior parte delle operazioni ristrutturate riguarda interest rate swap: si tratta di derivati base, per trasformare oneri sul debito di tipo variabile in fissi, e per assicurare le casse pubbliche dal rischio di rialzo dei tassi. MINISTERO DEL TESORO È una pratica normale e diffusa tra gli emittenti. Ma tutti gli swap descritti sembrano rinegoziati a un prezzo «off market», cioè non con una forte perdita iniziale per l'erario. Un'anomalia probabilmente dovuta al fatto che i contratti originari, poi revisionati, erano in realtà prestiti mascherati, che il Tesoro è oggi costretto a rimborsare a caro prezzo. Questo meccanismo, già noto agli storici dell'euro, e praticato da alcuni paesi periferici per rispettare i parametri di Maastricht, aiuta forse a comprendere come è stato possibile perdere oltre un quarto del valore nozionale sui 31 miliardi di derivati ristrutturati l'anno scorso. E getta qualche ombra sulla solidità dei conti pubblici, visto che l'Italia ha derivati per 160 miliardi, di cui un centinaio proprio in interest rate swap. DERIVATI L'esempio forse più anomalo riguarda la revisione dello swap su un nozionale da 3 miliardi scadenza 2036, e modificato il 1° maggio 2012. Si tratta di un contratto degli anni Novanta, in cui Tesoro vendeva alla banca di turno una swaption, ossia l'opzione a entrare in un contratto swap dal 2016 al 2036. Su quei 3 miliardi di debito pubblico, in cambio di un anticipo di cassa ricevuto all'epoca, il Tesoro si impegnò a pagare un futuro tasso fisso del 4,652% su 3 miliardi di propri titoli, ricevendo in cambio l'interesse Euribor 6 mesi (attualmente, poco più di zero). Ma nel marzo 2012, con quattro anni di anticipo, lo Stato rinegozia quello swap, e lo trasforma in un nuovo scambio di tassi - sempre fisso contro variabile - su una scadenza inferiore (circa 6 anni) e su un controvalore triplicato a 9 miliardi. PRODI E CIAMPI La Relazione qui si ferma. Le elaborazioni indicano che quel derivato "prima versione" aveva un valore negativo per lo Stato di 900 milioni al momento del riassetto. E un valore negativo di 1.350 milioni nella versione rinegoziata. Perché mai rinegoziare un contratto aggiungendo 450 milioni di perdite attese per l'Erario? Anzi, dal marzo 2012 a oggi quel derivato ha aumentato il valore negativo di 1.550 milioni, confermando gli assunti probabilistici secondo i quali solo nel 18% dei casi poteva generare, nel tempo, un beneficio per le casse pubbliche. «Molti errori sono stati fatti negli anni Novanta per far entrare l'Italia nell'euro - racconta un funzionario governativo - e oggi si trasformano in più debito, nascosto dai conti ufficiali, in un'area molto grigia che al Tesoro solo poche persone sono in grado di comprendere e maneggiare». PRODI AL LANCIO DELL EURO Talmente poche, le persone, che è stata notata la nomina di Vincenzo La Via a direttore generale del Tesoro, nella primavera 2012. Dopo un lungo cursus internazionale, La Via è tornato in via XX Settembre, dove aveva già operato tra il 1994 e il 2000. E dove aveva firmato alcuni di quei contratti derivati, oggi in fase di riscrittura. DA MORGAN STANLEY E SINISCALCO UN CONTO DA 3 MILIARDI DI EURO La relazione del Tesoro alla Corte dei conti contiene anche dati inediti sulla chiusura del derivato di Morgan Stanley, del gennaio 2012, che potrebbe essere costata all'erario mezzo miliardo in più rispetto ai 2,56 miliardi che già suscitarono polemiche e l'interrogazione dell'Idv. Il governo Monti aveva risposto per bocca del sottosegretario all'istruzione, Marco Rossi Doria: «Un caso unico», disse. Tale swap godeva infatti della «clausola di terminazione», che nel 1994 la banca Usa aveva strappato per sfilarsi a certi livelli del rating italiano e oltre un'esposizione di oltre 50 milioni. Ma neanche dopo il crac Lehman, quando quello swap perdeva mezzo miliardo, la clausola fu invocata, né i tecnici del Tesoro s'indussero a rinegoziare. MORGAN STANLEY Morgan Stanley, anche per problemi sul proprio rischio-banca, bussò a fine 2011, nel momento peggiore per la finanza italiana. La relazione alla Corte dei conti descrive l'istruttoria del Tesoro, le alternative scartate (nuove controparti e maggior collaterale) e la decisione di chiudere, in due fasi per ragioni di liquidità: il 3 gennaio pagando 2,56 miliardi, il 13 gennaio «circa 527 milioni» per la seconda fase. La clausola di terminazione con la banca guidata in Italia da Domenico Siniscalco - ex ministro del Tesoro - fu, almeno, eliminata. (a. gr.) http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-c-una-bomba-a-orologeria-di-8-miliardi-di-euro-di-derivati-nei-58335.htm

LA STAMPA INTERNAZIONALE - L’ITALIA RISCHIA DI PERDERE MILIARDI DI EURO PER I DERIVATI FATTI DA DRAGHI La banca centrale cinese agisce per sedare la crisi di liquidità - Usa: i giudici bocciano la riforma del diritto di voto - La Germania spara a zero sulla Gran Bretagna e chiede spiegazioni sulla sorveglianza di massa di internet e telefoni - Riforma della costituzione in vista per il Brasile... - -

DAGOREPORT THE WASHINGTON POST THE WALL STREET JOURNAL 1 - THE NEW YORK TIMES - In apertura, "I giudici bocciano la supervisione degli Stati, questione centrale nella riforma del diritto di voto", "Obama costernato" - A sinistra, "Segnali misti mentre i talebani provano un'altra tattica" 2 - THE WASHINGTON POST - In apertura, "La corte blocca una parte cruciale della riforma del diritto di voto" - A sinistra, "Obama svela l'agenda climatica" - Al centro, "Un donatore avrebbe comprato un Rolex per McDonnell" 3 - THE WALL STREET JOURNAL (EUROPE) - In apertura, "La banca centrale cinese agisce per sedare la crisi di liquidità" - A destra, "Giorni pericolosi per l'India con le alluvioni monsoniche" - In basso, "L'erosione del supporto dell'Ue mette in pericolo la risposta alla crisi" - "Il fuggitivo è in aeroporto, libero di volare, dice Putin" 4 - THE GUARDIAN - In apertura, "La Germania spara a zero sulla Gran Bretagna e chiede spiegazioni sulla sorveglianza di massa di internet e telefoni" - A destra, "La polizia monitora quasi 9 mila ‘estremisti'" - In basso, "Infarti, fratture, unghie finte... un giorno tipico al pronto soccorso" 5 - THE INDEPENDENT - In apertura, "Lo scandalo dell'informatore della polizia", "Degli investigatori privati corrotti sono riusciti a infiltrarsi nel programma protezione testimoni", "I funzionari di polizia sapevano da anni della violazione cruciale nei sistemi di sicurezza, ma non hanno fatto nulla" - Al centro, "Wimbledon: ecco a voi miss Robson" - A destra, "Un ponte fra il nord e il sud di Londra" THE INDEPENDENT 6 - THE TIMES - In apertura, "King avverte i giovani sulla bomba a orologeria degli affitti - In alto, "Basta spiare, dice il pioniere di internet all'Occidente" - "La vera Amy Winehouse", "Mia sorella la superstar, di Alex Winehouse" THE GUARDIAN 7 - THE DAILY TELEGRAPH - In apertura, "Le agenzie di spionaggio guadagnano altri milioni per combattere la minaccia del terrorismo" - Al centro, "Laura torna a colpire per la Gran Bretagna" - A sinistra, "Il capo del Servizio sanitario nazionale screditato incolpa i media" - In basso, "Vacanze dell'orrore per una donna su dieci" - "Brady: gli omicidi erano ‘ricreativi'" - In alto, "Giorgio Armani: un trionfo a Roma per la star della passerella e di Hollywood" 8 - FINANCIAL TIMES (EUROPE) - In apertura, "Marcia indietro di Pechino sul supporto alle banche" - A destra, "Stroncata la riforma sul diritto di voto negli Usa" - Al centro, "Le banche affrontano un colpo dall'aumento della resa dei bond" - In basso, "L'Italia rischia di perdere miliardi di euro per i derivati" THE DAILY TELEGRAPH 9 - DAILY MAIL - In apertura, "Nauseante", "Minacce di morte. La tomba di sua madre dissacrata. Il suo business distrutto. La talpa che ha portato alla luce lo scandalo del Mid-Staffordshire è trascinata via da casa sua" - In basso, "Laura, l'ultima ragazza britannica a Wimbledon resiste" - "Centomila espatriati perderanno i sussidi per il carburante" LIBERATION 10 - THE SUN - In apertura, "Sono grande come Jack lo Squartatore", "L'assassino Brady parla dopo 50 anni di carcere" 11 - DAILY MIRROR - In apertura, "Brady: sono come Jack lo Squartatore" 12 - DAILY EXPRESS - In apertura, "La pensione statale sotto minaccia", "I ministri dicono che potrebbe essere sulla lista dei tagli" - In basso, "Laura dà al tennis femminile britannico una grande spinta" 13 - LE MONDE - In apertura, "Bilancio 2014: Hollande aggiunge un miliardo di euro per i posti di lavoro sovvenzionati" - Al centro, "Transizione dolce al vertice dello Stato del Qatar" - In alto, "Pippo Delbono fa un grande film con il suo telefono" LE MONDE 14 - LE FIGARO - In apertura, "Ci risiamo: il progetto di Taubira divide il governo" - Al centro, "Il caso Snowden, odore di guerra fredda" - "Borloo chiede gli stati generali dell'opposizione" 15 - LIBÉRATION - In apertura, "Antifascisti: generazione Méric" - Al centro, "Cinema: viaggio da Jean-luc Godard" LA CROIX 16 - LA CROIX - In apertura, "La bella estate dei festival" - A destra, "Riforma della costituzione in vista per il Brasile" 17 - LES ECHOS - In apertura, "Polemica sul debito: quello che dica la Corte dei conti" - Al centro, "Automobile: la Cina mostra le sue ambizioni europee" - "‘Shadow banking': l'irresistibile ascesa della finanza dell'ombra" 18 - EL PAIS - In apertura, "Griñán lascia la Giunta andalusa" - In basso, "Putin sfida Obama rifiutandosi di consegnare Snowden" http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/la-stampa-internazionale-litalia-rischia-di-perdere-miliardi-di-euro-per-i-derivati-fatti-58336.htm

CHI HA DATO A “FINANCIAL TIMES” E “REPUBBLICA” I DOCUMENTI SUL DERIVATONE DA 8 MLD? - 2. IL “LEAK” È DI SICURA ORIGINE ITALICA, E DEVE AVERE LO ZAMPINO DI QUALCHE ALTO PAPAVERO DEL MINISTERO DEL TESORO. UNA VENDETTA CONTRO DRAGHI CHE HA IMPALLINATO GRILLI, E CONTRO SACCOMANNI CHE HA FATTO FUORI IL POTENTE VINCENZO FORTUNATO, IMBARCANDO AL LORO POSTO UN PLOTONE DI DRAGHI-BOYS E CIAMPI-GIRLS? AH, SAPERLO… - 3. IL MINISTERO DEL TESORO SMENTISCE “LE ILLAZIONI”. E NOI SMONTIAMO IL SUO COMUNICATO: DAVANTI AL PARLAMENTO PARLÒ DI UN SOLO DERIVATO MORGAN STANLEY. ORA INVECE SONO “NUMEROSE OPERAZIONI”. QUINDI O IL MINISTERO MENTIVA ALL’EPOCA, O MENTE ORA - 4. COME È AVVENUTA LA REGISTRAZIONE DELLE “SWAPTION” VENDUTE ALLA BANCA D’AFFARI AMERICANA? FORSE COL TRUCCO CONTABILE DI INSERIRE COME CASSA GLI INTROITI E SPALMARE LE PERDITE COME INTERESSI SUL DEBITO? RICORDA MOLTO IL SISTEMA MPS - 5. BASTEREBBE CHE IL MINISTRO SACCOMANNI MOSTRASSE TUTTI I DERIVATI CHIUSI TRA IL 1992 E IL 2000. METTEREBBE A TACERE LE VOCI CHE ESISTONO ALTRI 2 CONTRATTI UGUALI A QUELLO CHIUSO DA MONTI NEL 2012, PER CUI L’ITALIA HA DOVUTO SGANCIARE 2,6 MILIARDI

. DAGOREPORT Come dice il saggio? Ad ogni azione corrisponde una reazione. Oggi, Saccomanni e il suo patron Draghi, leggendo il "Financial Times" e "La Repubblica", che hanno sputtanato il loro derivatone da 8 miliardi di euro per truccare i conti del bilancio dello Stato al fine di entrare nell'euro, forse si pentiranno di aver fatto con tanta malagrazia pulizia in via XX Settembre. MARIO DRAGHI ED ENRICO LETTA FOTO INFOPHOTO Se Drago Draghi ha sempre messo il bastone tra le ruote di Vittorio Grilli intenzionato ad acchiappare la poltrona di governatore della Bankitalia, Saccomanni ha fatto fuori il potentissimo capo di gabinetto del ministero del Tesoro Vincenzo Fortunato - solo per fare i nomi più noti - imbarcando al loro posto un plotone di ex Draghi-boys e Ciampi-girls. Di sicuro i documenti e la notizia del derivatone è un "leak" di origine italiche opera di qualche alto papavero del ministero dell'Economia... 2. COMUNICATO DI SMENTITA DEL TESORO: http://www.tesoro.it/ufficio-stampa/comunicati/2013/comunicato_0103.html 3. COME TI SMONTO IL COMUNICATO DEL TESORO Superbonus per Dagospia SACCOMANNI IN RITIRO E' più grave tacere o mentire? Non è una domanda retorica se la si applica al Ministero dell'Economia e delle Finanze, che con nota di oggi smentisce ogni perdita sui derivati e il loro utilizzo per entrare nell'Euro. Ma la nota, grazie alle sue contraddizioni conferma la storia emersa questa mattina su Repubblica e sul Financial Times ed il fatto che sino ad ora il MEF abbia nascosto le perdite sui derivati al Parlamento e continui a farlo. Vediamo i punti deboli della ricostruzione fatta dal Tesoro: a) Il Tesoro sostiene che "la Guardia di Finanza nel mese di marzo 2013 ha chiesto la documentazione inerente alla sola attività di chiusura di un gruppo consistente di operazioni con Morgan Stanley". Ma il Tesoro aveva sostenuto, a fronte di un'interrogazione parlamentare riguardante i 2,56 miliardi di euro pagati a Morgan Stanley si riferivano ad una sola ed unica operazione. Apprendiamo da Repubblica che furono pagati ulteriori 527 milioni alla stessa banca senza che questo fosse stato comunicato al Parlamento. Il Tesoro dice ora che si tratta di "numerose operazioni". Delle due l'una o il Tesoro mentiva all'epoca o mente ora; b) Il Tesoro sostiene che la filosofia di fondo delle operazioni è "assicurativa" ed è stata perseguita attraverso IRS (interest rate swap) e swaption. Sarebbe vera se il Tesoro avesse concluso transazioni a prezzo di mercato, ma da Repubblica sappiamo che le transazioni in esame sono state chiuse a prezzi "off market" cioè con pesanti perdite per il MEF al momento di chiusura delle operazioni (25% del valore nozionale). PRODI E CIAMPI Inoltre il Tesoro nell'operazione Morgan Stanley, e presumibilmente in quelle riportate da Repubblica, è venditore di opzioni (swaption) subisce quindi passivamente la decisione delle banche di entrare in un contratto anche molto penalizzante per lo Stato. La risposta che dovrebbe dare il Tesoro è: quanto ha ricevuto per la vendita di queste opzioni? Come sono state contabilizzate le entrate derivanti da tale vendita? Quale Governo ha beneficiato di queste entrate di cassa aggiuntive ? c) Il Tesoro sostiene che "blocca ad un tasso a pagare per le emissioni future in caso di shock di mercato" :se il Tesoro agisse come ha sostenuto di fare cioè di fissare il tasso delle emissioni successive per non incorrere in crisi avremmo dovuto registrare l'acquisto di swaption da parte del Tesoro e non la loro vendita. In ogni caso un'operatività di questo genere che consentirebbe al Tesoro di emettere a tassi predeterminati anche in caso di rialzo dei tassi di mercato non sarebbe attività di "assicurazione" o copertura in quanto andrebbe a coprire (con costi aggiuntivi) passività non ancora emesse. VINCENZO FORTUNATO MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI JPEG Inoltre se il discorso fosse vero avremmo un fenomeno quantitativo maggiore dei derivati in quanto le emissioni di soli BOT per anno solo nell'ordine dei 140 mld di euro a cui si aggiungono i BTP con durata 2 anni,. Il portafoglio derivati del Tesoro se coprisse le passività presenti e future dovrebbe essere molto più grande. d) Il Tesoro sostiene che: "è assolutamente priva di ogni fondamento l'ipotesi che la Repubblica Italiana abbia utilizzato i derivati alla fine degli anni 90 per creare le condizioni richieste per entrare nell'Euro....le operazioni poste in essere sono registrate nel rispetto dei principi contabili nazionali ed europei". Dobbiamo rilevare che gli incassi dalle swaption vendute a Morgan Stanley sono stati registrati nel 1994. Come è avvenuta tale registrazione? Presumibilmente come cassa, e come è avvenuto il pagamento di 3 mld di euro alla stessa banca nel 2012 ? Probabilmente come "oneri sul debito". E' qui che si annida il potenziale trucco contabile, inserire come cassa gli introiti e spalmare le perdite come interessi sul debito. Se il Tesoro volesse veramente fare chiarezza potrebbe semplicemente mostrare tutti i contratti derivati chiusi fra il 1992 ed il 2000. Metterebbe a tacere quelle numerose voci che circolano, all'interno della sessa Morgan Stanley che esistono altri due contratti uguali a quello chiuso, a caro prezzo, dal Tesoro nel 2012. Dobbiamo infine aggiungere che la nota del Tesoro di oggi somiglia pericolosamente ai comunicati di Parmalat e di MPS emessi alla vigilia degli scandali che le hanno affondate. Tentare di coprire vecchie operazioni in derivati non porta mai bene. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-chi-ha-dato-a-financial-times-e-repubblica-i-documenti-sul-derivatone-da-58375.htm

PUGLIESI O CINESI? IL “METODO DELLA VALLE” PER SPREMERE LE FABBRICHE “TERZISTE” - Arrivò nel 2001 in pompa e magna sbandierando la volontà di investire in Italia - Da allora Della Valle ha “spremuto” le piccole e medie aziende salentine attraverso la contoterzista “Euroshoes” - E a rimetterci le penne sono stati i subappaltatori… - -

Marilù Mastrogiovanni per "il Fatto Quotidiano" DIEGO DELLA VALLE CON SCARPE TODS Quando Diego Della Valle nel 2001 arrivò con il suo elicottero a Casarano (Lecce) gli imprenditori dell'allora più grande distretto produttivo calzaturiero d'Italia gli riservarono celebrazioni: su spinta del deputato di Casarano-Gallipoli Massimo D'Alema - disse - era venuto a valutare l'opportunità di aprire un'unità produttiva. "Dovete essere i meno cari tra i più bravi al mondo. Siete l'ultimo baluardo mondiale del made in Italy". DELLA VALLE DIEGO Questa la ricetta di Della Valle per arrestare il declino del distretto iniziato nel 1998, quando gli imprenditori cominciarono a spostarsi verso Europa dell'Est e Asia. Già da qualche anno Della Valle produceva nel distretto di Casarano scarpe con i marchi Hogan, Tod's e Fay, avendo come referente unico la Euroshoes srl, "una realtà di prim'ordine", la definì in un'intervista. Entro la fine dell'anno, disse ai giornali, avrebbe reso operativa una nuova fabbrica. Che non aprì mai. LA FILIERA DEI CONTOTERZISTI È nata invece una filiera produttiva di contoterzisti, le cui redini sono in mano a Euroshoes srl, il capo filiera, che svolge l'ultima fase di produzione della scarpa e fattura a Della Valle. IL NONO RE DI ROMA DIEGO DELLA VALLE Le altre fasi di produzione della scarpa, taglio, orlatura, giuntura, che sono le più importanti perché si basano sull'alta manualità degli artigiani, sono realizzate, spesso in esclusiva per Tod's, da una decina di piccole aziende del distretto che fatturano a Euroshoes. Della Valle, attraverso il suo capofiliera Euroshoes e le sue società controllate, dà lavoro a circa 400 addetti, per il 95 per cento donne. Uomo di fiducia di Della Valle è Fernando D'Aquino, cui sono riconducibili oltre a Euroshoes anche Euro-team, Eurogroup, Raf shoes (legale rappresentante una congiunta) e fino a qualche anno fa New Shoes. D'Aquino intrattiene rapporti diretti con l'azienda marchigiana attraverso il fratello Luca Della Valle. Secondo la Procura di Lecce, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio, Fernando D'Aquino, in concorso con una parente, ha costruito un sistema di scatole cinesi attraverso il quale assumeva dalle liste di mobilità regionali operaie in precedenza dipendenti da altre aziende del gruppo, usufruendo così dei benefici previsti dalla legge per le nuove assunzioni pur non avendone i requisiti. L'Inps ha chiesto la restituzione di circa 130mila euro di contributi per le nuove assunzioni a due società del gruppo, percepiti, secondo la Procura, "con artifici e raggiri come amministratore l'una e gestore di fatto l'altro". Tre ditte della costellazione dell'uomo di fiducia di Tod's, compresa Euroshoes, non hanno pagato il contributo di mobilità dovuto all'Inps per l'iscrizione dei propri dipendenti alle liste. IL SISTEMA EUROSHOES Torniamo al "sistema Euroshoes" che pare delinearsi sulla base delle testimonianze che ha raccolto Il Fatto quotidiano e dai documenti allegati alla richiesta di risarcimento danni da dieci milioni inviata a Euroshoes e Tod's da un'azienda contoterzista, Keope srl. Le operaie sono iperspecializzate e hanno una busta paga secondo il contratto nazionale di categoria o il contratto nazionale façon che oscilla dagli 800 ai 1200 euro al mese. DIEGO DELLA VALLE Per far sì che l'azienda conto-terzista (cioè quella che fattura a Euroshoes) rientri dai costi, devono mantenere un ritmo di produzione serrato. Il ritmo viene indicato da Tod's: i tecnici di Della Valle, anche più volte la settimana, visitano le aziende façoniste e redigono dei rapporti di lavoro sulla qualità delle tomaie, indicando a penna, sulle schede-lavorazione, quante scarpe di quel modello ogni operaia deve produrre in otto ore. Il problema è che, conti alla mano, alcune aziende non rientrano più dei costi. DIEGO DELLA VALLE JPEG Tod's indica per ogni stagione, a firma di Luca Della Valle, la remunerazione per ogni nuova lavorazione: negli ultimi anni i compensi sono stati decurtati del 25 per cento. In media per cucire un paio di Tod's, che nei negozi costano dai 200 euro in su, l'azienda contoterzista viene pagata 10,73 euro mentre nel 2009 la cifra era di 13,48 euro. Così, stando ai volumi di produzione dichiarati, un'operaia specializzata finisce per costare all'azienda più di quanto produca di fatturato. Tod's impone alle aziende subfornitrici l'esclusività del rapporto di lavoro (come risulta dalla testimonianza in una causa civile dell'ex socio di Euroshoes, Donato Alfarano, e dagli imprenditori che Il Fatto ha sentito). Ma se non c'è alcun contratto scritto che garantisca all'azienda i volumi stagionali di lavoro da parte di Tod's, l'ossigeno può venir meno da un momento all'altro e l'azienda in pochi mesi finisce sull'orlo del fallimento. È successo a Keope srl, che ha chiesto a Euroshoes e Tod's un risarcimento danni per 10 milioni, denunciando un "sistema di caporalato industriale" di cui ritiene essere stata vittima. Nell'atto di citazione si legge: "Vi è la precisa scelta di politica commerciale della Tod's i cui vertici aziendali, in diverse occasioni, l'hanno giustificata, sostenendo che in questa area geografica le aziende produttrici godono della ‘flessibilità salentina'. Intendendo forse (deve essere questo il pregiudizio che ispira la decisione) che nel Salento si possono violare le leggi sul lavoro, rendendo remunerativi anche quei prezzi decurtati". LA FLESSIBILITÀ SALENTINA Keope e la sua titolare Carla Ventura, 42 anni, una vita da orlatrice specializzata, a lungo capo fabbrica in Albania per il colosso Filanto, per una decina d'anni hanno lavorato per Tod's attraverso Euroshoes. HOGAN Il rapporto sulla carta era con il capo filiera, nella realtà era, stando a quel che si legge nell'atto di citazione, si trattava di fornitura diretta di Tod's: rapporti quotidiani telefonici e via mail per ricevere le direttive sulle lavorazioni; accesso all'area riservata del portale Tod's con password e account fornito dall'azienda di Sant'Elpidio a Mare per seguire lo stato di avanzamento degli ordini; l'imposizione della remunerazione senza possibilità di contrattazione; la fornitura diretta da parte di Tod's degli strumenti con cui lavorare (fustelle, marchi) e la loro restituzione tramite corriere senza passare da Euroshoes. Infine l'obbligo del rapporto in esclusiva, senza la garanzia di un contratto scritto. Euroshoes veniva retribuita da Tod's per il lavoro di Keope con bonifici settimanali ma a Keope girava i soldi con ritardi anche di 145 giorni. Così Carla Ventura e le sue 49 operaie, tutte in regola, si sono ritrovate con l'acqua alla gola. Anche fisicamente: l'opificio si allagava ad ogni catinella d'acqua e in quel posto di lavoro malsano, per non andare in perdita, Keope era in grado di produrre 800 paia di Tod's al giorno. Ma, a differenza di quanto concordato, non ha mai ricevuto ordini da Tod's per più di 300 paia. Quando ai solleciti di pagamento verso Euroshoes sono seguiti gli atti giudiziari, Euroshoes ha interrotto le commesse. Tod's ha poi proseguito il rapporto attraverso un altro capo filiera, facendo però scemare gli ordini fino ad interromperli, senza preavviso. Senza gli ordini del suo principale cliente, Keope ha chiesto e ottenuto il concordato pre-fallimentare. LE HOGAN MADE IN ROMANIA LA FINE DELLE COMMESSE Tod's, che non aveva mai contestato la qualità del lavoro di Carla e delle sue operaie, è sparita, rispondendo poi ad una diffida di Keope di "non aver mai avuto rapporti commerciali direttamente" con l'azienda. Keope insiste e contesta all'azienda dei Della Valle una lunga lista di cose: abuso di posizione dominante; abuso di dipendenza economica nel contratto di subfornitura; interruzione arbitraria dei rapporti commerciali; violazione dei principi di correttezza e buona fede; imposizioni da parte di Tod's di condizioni contrattuali gravemente discriminatorie perché, si legge nella denuncia, nelle Marche le aziende vengono pagate il 25 per cento in più rispetto al Salento. Il codice etico di Tod's, che ovviamente si difenderà nel processo, opponendo la propria ricostruzione dei fatti, recita: "Le società del gruppo Tod's gestiscono i rapporti con i fornitori con lealtà, correttezza, professionalità, incoraggiando collaborazioni continuative e rapporti di fiducia solidi e duraturi". Il Fatto quotidiano ha chiesto a Diego Della Valle di commentare il sistema che emerge dalla denuncia di Keope ma l'imprenditore ha risposto soltanto: "Me ne intendevo 30 anni fa di quella roba lì; adesso sono meno preparato". Sulla vicenda Keope la Tod's risponde via mail al Fatto che "Keope è sub terzista-del nostro terzista Euroshoes" e la denuncia dell'imprenditrice è relativa "a questioni riguardanti esclusivamente i rapporti intercorsi tra Keope ed Euroshoes, al cui riguardo noi siamo completamente estranei". E che, comunque, "di norma non entriamo nei rapporti economici o finanziari tra i nostri terzisti e i loro sub-terzisti". La risposta di Tod's al Fatto è firmata da Mirko Bartoloni che, come risulta dalle carte della denuncia dell'imprenditrice Carla Ventura, era destinatario per conoscenza delle comunicazioni commerciali importanti inviate da Luca Della Valle a Keope. Quindi almeno a lui dovrebbe essere noto il rapporto diretto tra Tod's e Keope, azienda subfornitrice che in teoria non avrebbe dovuto tenere rapporti commerciali con la casa madre. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/pugliesi-o-cinesi-il-metodo-della-valle-per-spremere-le-fabbriche-terziste-58380.htm

martedì 25 giugno 2013

Potevano liberare Moro, ma una telefonata fermò il blitz

06:03 | Pubblicato da admin | Il giorno prima di morire, Aldo Moro era a un passo dalla salvezza: le forze speciali del generale Dalla Chiesa stavano per fare irruzione nel covo Br di via Montalcini, sotto controllo da settimane. Ma all’ultimo minuto i militari furono fermati da una telefonata giunta dal Viminale: abbandonare il campo e lasciare il presidente della Dc nelle mani dei suoi killer. E’ la sconvolgente rivelazione che Giovanni Ladu, brigadiere della Guardia di Finanza di stanza a Novara, ha affidato a Ferdinando Imposimato, oggi presidente onorario della Corte di Cassazione, in passato impegnato come magistrato inquirente su alcuni casi tra i più scottanti della storia italiana, compreso il sequestro Moro. Prima di passare il dossier alla Procura di Roma, che ora ha riaperto le indagini, Imposimato ha impiegato quattro anni per verificare le dichiarazioni di Ladu, interrogato nel 2010 anche dal pm romano Pietro Saviotti. Decisive, a quanto pare, le testimonianze degli ex “gladiatori” sardi Oscar Puddu e Antonino Arconte, l’allora agente del Sismi che tempo fa rivelò di aver ricevuto da Roma la richiesta di contattare in Libano i palestinesi dell’Olp per favorire la liberazione di Moro, ben 14 giorni prima che lo statista venisse effettivamente rapito. Secondo il brigadiere Ladu, all’epoca semplice militare di leva nei bersaglieri, la prigione romana di Moro, in via Montalcini 8, era stata individuata dai servizi segreti e da Gladio e controllata per settimane. Non solo: «L’8 maggio del 1978 – scrive Piero Mannironi su “La Nuova Sardegna” – lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto, e il giorno dopo Moro fu ucciso. Il suo cadavere fu fatto ritrovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani. In quel momento – continua Mannironi – la storia italiana deragliò da un percorso progettato da Moro e dal suo amico-nemico Berlinguer, tornando nello schema ortodosso della politica dei blocchi e incamminandosi poi verso un tragico declino morale». Il giudice Imposimato, ora avvocato, conobbe il super-testimone Giovanni Ladu soltanto nel 2008: «Si presentò nel suo studio all’Eur insieme a due colleghi, autorizzato dal suo comandante». Il brigadiere delle Fiamme Gialle aveva scritto un breve memoriale, nel quale sosteneva di essere stato con altri militari a Roma, in via Montalcini, per sorvegliare l’appartamento-prigione in cui era tenuto il presidente della Dc. Un appostamento cominciato il 24 aprile 1978 e conclusosi l’8 maggio, alla vigilia dell’omicidio di Moro. Perché Ladu ha atteso ben trent’anni anni prima di parlare? «Avevo avuto la consegna del silenzio e il vincolo al segreto – ha detto a Imposimato – ma soprattutto avevo paura per la mia incolumità e per quella di mia moglie. La decisione di parlare mi costa molto, ma oggi spero che anche altri, tra quelli che parteciparono con me all’operazione, trovino il coraggio di parlare per ricostruire la verità sul caso Moro». Ladu ha raccontato che il 20 aprile del 1978 era partito dalla Sardegna per il servizio militare. Destinazione: 231° battaglione bersaglieri Valbella di Avellino. Dopo tre giorni, lui e altri 39 militari di leva furono fatti salire su un autobus, trasportati a Roma e alloggiati nella caserma dei carabinieri sulla via Aurelia, vicino all’Hotel Ergife. Furono divisi in quattro squadre e istruiti sulla loro missione: sorveglianza e controllo di uno stabile. A tutti i militari fu attribuito uno pseudonimo, e Ladu diventò “Archimede”. Lui e la sua squadra presero possesso di un appartamento in via Montalcini che si trovava a poche decine di metri dalla casa dove, dissero gli ufficiali che coordinavano l’operazione, «era tenuto prigioniero un uomo politico che era stato rapito». Il nome di Moro non venne fatto, ma tutti capirono. Il racconto di Ladu è ricco di dettagli: controllo visivo 24 ore su 24, micro-telecamere nascoste nei lampioni, controllo della spazzatura nei cassonetti. Per mimetizzarsi, i giovani militari di leva indossavano tute dell’Enel o del servizio di nettezza urbana. Così controllarono gli spostamenti di “Baffo”, poi riconosciuto come Mario Moretti, che entrava e usciva sempre con una valigetta, o della “Miss”, Barbara Balzerani. Vestito da operaio, un giorno Ladu fu inviato con un commilitone a verificare l’impianto delle telecamere all’interno della palazzina dove era detenuto Moro. Invece di premere l’interruttore della luce, il brigadiere sardo si sbagliò e suonò il campanello. Aprì la “Miss” e Ladu improvvisò con prontezza di spirito, chiedendo se era possibile avere dell’acqua. Un racconto agghiacciante nella sua precisione, continua il reporter della “Nuova Sardegna”. Nell’appartamento sopra la prigione di Moro erano stati piazzati dei microfoni che captavano le conversazioni. La cosa che stupì Ladu era che il personale addetto alle intercettazioni parlava inglese. «Scoprimmo in seguito – ricorda – che si trattava di agenti segreti di altre nazioni, anche se erano i nostri 007 a sovrintendere a tutte le operazioni». Altri particolari: era stato predisposto un piano di evacuazione molto discreto per gli abitanti della palazzina ed era stata montata una grande tenda in un canalone vicino, dove era stata approntata un’infermeria nel caso ci fossero stati dei feriti, nel blitz delle teste di cuoio, le unità speciali antiterrorismo dei carabinieri di Dalla Chiesa. «L’8 maggio tutto era pronto – dice ancora Ladu – ma accadde l’impensabile. Quello stesso giorno, alla vigilia dell’irruzione, ci comunicarono che dovevamo preparare i nostri bagagli perché abbandonavamo la missione. Andammo via tutti, compresi i corpi speciali pronti per il blitz e gli agenti segreti. Rimanemmo tutti interdetti perché non capivamo il motivo di questo abbandono. La nostra impressione fu che Moro doveva morire». Ladu ha raccontato di aver sentito dire da alcuni militari dei corpi speciali che tutto era stato bloccato da una telefonata giunta dal ministero dell’interno. Mentre smobilitavano, un capitano intimò al brigadiere sardo: «Dimenticati di tutto quello che hai fatto in questi ultimi 15 giorni». Successivamente, seguendo una trasmissione in tv, Ladu avrebbe riconosciuto uno degli ufficiali che coordinavano l’operazione: il generale Gianadelio Maletti, ex capo del controspionaggio del Sid, che i militari in quei giorni avevano soprannominato, per la sua pettinatura, “Brillantina Linetti”. Imposimato è rimasto inizialmente perplesso e diffidente: il racconto di Ladu sconvolge tutte le esperienze investigative precedenti, ne annulla tutte le certezze e, soprattutto, pone un problema terribile: bloccando il blitz, qualcuno avrebbe quindi decretato la morte di Aldo Moro. «Per quattro anni, così, quel racconto rimase sospeso, in attesa di conferme e riscontri», aggiunge Mannironi. «Fino a quando non comparve il “gladiatore” Oscar Puddu». Grazie all’ex agente della “Gladio”, il quadro di quei giorni drammatici del 1978 è parso completarsi, trovando una nuova credibilità. Nel frattempo, lo stesso Imposimato aveva conosciuto altri ex “gladiatori” sardi, Antonino Arconte e Pierfrancesco Cancedda, e ascoltato i loro sconvolgenti racconti sul caso Moro: «Confermavano che nel mondo dei servizi segreti si sapeva dell’imminente sequestro di Moro». Arconte, in particolare, ricorda di aver personalmente consegnato, a Beirut, l’ordine di contattare l’Olp per stabilire un contatto con le Br, prima ancora del sequestro Moro. L’uomo a cui all’epoca Arconte consegnò il dispaccio, il colonnello Mario Ferraro, del Sismi, anni dopo fu trovato morto nella sua abitazione romana, in circostanze mai chiarite. «Giovanni Ladu, poi, non aveva e non ha alcun interesse a risvegliare i fantasmi che popolano uno dei fatti più oscuri della vita della Repubblica», osserva il giornalista della “Nuova Sardegna”. «Lui, soldato di leva in quel 1978, venne proiettato in un universo sconosciuto del quale sapeva poco o nulla». Ma perché il Sismi per una missione così delicata scelse di utilizzare quel manipolo di ragazzi inesperti? «Vista l’età, erano meno visibili, meno sospettabili da parte dei terroristi». Inoltre, non erano soli: secondo Ladu, erano controllati dal generale Musumeci, dai suoi uomini e da 007 che parlavano inglese. Resta da capire chi avrebbe fatto quella telefonata dal Viminale che, secondo questa ricostruzione, avrebbe condannato a morte Aldo Moro. A fermare Musumeci, conclude Mannironi, potevano essere solo Cossiga, ministro dell’interno, o Andreotti, presidente del Consiglio. Secondo Oscar Puddu, il generale Dalla Chiesa insistette per il blitz, ma fu bloccato da Andreotti e Cossiga. «Lo convocarono a Forte Braschi, la sede del Sismi, e lo redarguirono duramente». Come si sa, Dalla Chiesa fu poi trasferito a Palermo, dove fu ucciso in un agguato organizzato da Cosa Nostra. Fonte: http://www.libreidee.org/2013/06/potevano-liberare-moro-ma-una-telefonata-fermo-il-blitz/ http://www.nocensura.com/2013/06/potevano-liberare-moro-ma-una.html

giovedì 13 giugno 2013

QUALCUNO DICE: “QUESTA STORIA DATAGATE-EDWARD SNOWDEN SUPERA LA FANTASIA“. NON È VERO! NON LO SAPEVANO “TUTTI”. MA LO INTUIVANO QUASI TUTTI E LO SAPEVANO IN MOLTISSIMI. E' IL “DOPO ECHELON”. ERA UN TABU’ CLASSICO. COME LA PEDOFILIA PRATICATA DAI PRETI NEI SECOLI, COME LE ATTIVITÀ SEGRETE DEI BILDERBERG & CO., COME GLI ACCORDI TRA STATI E MAFIE, COME L'ESISTENZA DEI BAMBINI SCHIAVI, ETC... - 2. PESANTI DUBBI SUL COMPORTAMENTO DEI DUE GRANDI QUOTIDIANI AI QUALI EDWARD SNOWDEN HA PASSATO LE INFORMAZIONI. SI TRATTAVA DI 41 SLIDES CHE SPIEGAVANO COME SI EFFETTUAVA IL CONTROLLO. STRANAMENTE: ‘’WASHINGTON POST’’ E ‘’THE GUARDIAN’’ NE HANNO PUBBLICATE SOLO 5, NON OSTANTE L'ACCORDO CON SNOWDEN FOSSE QUELLO DI PUBBLICARE TUTTO ENTRO 72 ORE. SI POSSONO IPOTIZZARE DIVERSI MOTIVI - IMMAGINATE GLI EDITORI CHE RICEVONO UNA TELEFONATA DALLA CASA BIANCA - MA NON SI HA ALCUNA CERTEZZA. LE RESTANTI 36 SLIDES RESTANO IN FRIGORIFERO… -

"La mia paura più grande - dice Edward Snowden all'intervistatore di The Guardian che gli pianta in faccia la telecamera in un'anonima stanza d'albergo - è che niente cambi". Tragica visione della Storia. Ma.. non sarebbe la prima volta. Per autoconservarsi il Potere, da che se ne ha memoria, ha usato a suo favore ogni complessa ed estrema informazione e ogni strumento e facoltà noti alla specie umana. Sul piano strategico: le conoscenze militari, tecnologiche, chimiche, etc... sul piano tattico: la tortura, l'ipnotismo, la menzogna ben orchestrata, il doppiogioco, etc... OBAMA ORECCHIO Laddove scoperto il Potere, nelle democrazie contemporanee, giustifica il suo operato affermando che lo fa per la Sicurezza del Popolo che lo ha chiamato a governare. E il Popolo, complice inebetito, fa finta ogni volta di sorprendersi e di indignarsi quando le informazioni, gli strumenti, le facoltà, i metodi orrendi e impensabili vengono resi noti. E' la grande politica del Tabu. "Io so che tu sai e so che farai finta di non sapere e che eviterai di parlarne, perchè altrimenti dovresti riconoscere e accettare la tua misera condizione di suddito impotente". OBAMA BOSTONHERALDOBAMAGATE Qualcuno dice: "Questa storia supera la fantasia". Non è vero! Non lo sapevano "tutti". Ma lo intuivano quasi tutti e lo sapevano in moltissimi. E' il "dopo Echelon". Era un Tabu classico. Come la pedofilia praticata dai preti nei secoli, come le attività segrete dei Bilderberg & Co., come gli accordi tra Stati e Mafie, come l'esistenza dei bambini schiavi, etc... I Tabu e l'Omertà vanno a spasso a braccetto nella Storia e nella Geografia, generando al loro intorno un'aura di perverso silenzio, fin quando talvolta, non inciampano, scivolano ... e cadono. A quel punto il perverso silenzio si tramuta in un picco di frastuono mediatico che Qualcuno tenta di usare a proprio vantaggio. OBAMA XXXX Di solito è un Contropotere quello che predispone la buccia di banana ... talvolta però è un Candido individuo che, trafitto al suo letto insonne dagli strali di una Coscienza (forse ormai fuorimoda), ispirata ai grandi valori astratti della Giustizia, Verità, Trasparenza, etc... se ne fa portabandiera ed è pronto a sottrarsi al peccato di "falsa testimonianza" con parole e azioni. Tanto più il Candido è disposto alla morte o alla sofferenza , tanto più è efficace e pericoloso per il Potere. Una volta li chiamavano Eroi. Il caso Boundless Informant - Datagate - Edward Snowden è uno di questi casi. S'inscrive nella nuova scena globalizzata in cui si sono mossi gli Assange, i Bradley Mannings, gli Anonymous, i Greenpeacers che vanno all'arrembaggio dei cacciatori di balene. Edward non è "una talpa", non è un ‘'informatore", non è un ex agente della Cia; è un whistleblower: uno "scoppiato" a causa della pressione alla quale è stato esposto per anni, che invece di andare dallo psichiatra ha scelto una soluzione epica. Edward in realtà, basta guardarlo, è un Nerd: un prodotto antropologico dell'Era Internet. OBAMA CYBER SECURITY Ha 29 anni , è un Nativo Digitale, uno che è nato con la tastiera e il joystick in mano. Nella sua breve esistenza è già stato - come dice lui - "informatico per la CIA " e, prima del casino delle rivelazioni, era "infrastructure analyst per la NSA ". Ma, molto importante, Edward non è un dipendente né della CIA, né della NSA. Lui lavorava per un contractor , una società che si chiama Booze Allen Hamilton che ha un appalto dalla NSA per occuparsi di Sicurezza, Controllo, Produzione e Archivazione di dati e metadati. Edward guadagnava 200.000 dollari Usa al mese (non sappiamo se netti o lordi), aveva una fidanzata stragnocca e passava le giornate in un ufficio luminoso, con l'aria condizionata, alle Haway, seduto al computer a fare lo spione ... e allora ? Stando a queste premesse doveva essere per forza contento e soddisfatto? Doveva per forza essere d'accordo con i suoi datori di lavoro e "amare" quel lavoro di merda che faceva ? Un giorno (non sappiamo quando comincia la sua crisi) Edward comincia a parlare con i suoi colleghi: "Ma sarà giusto che noi possiamo e dobbiamo archiviare tutte queste conversazioni telefoniche? Ma sarà giusto che Facebook e Twitter ci passano le chiavi di accesso ai profili dei loro utenti e noi assistiamo alle loro chat, conosciamo le loro più intime rivelazioni, sappiamo tutto della loro rete di relazioni ?" "Ma chi se ne frega" gli rispondevano i colleghi . Ed Edward si è sentito sempre più solo, in un gruppo in cui il cinismo dominava su ogni altra considerazione e valore. OBAMA ASCOLTA INTERCETTA TELEFONATE "C'è una cazzo di Legge" - gli ricordavano - "tutto funziona così perchè Bush nel 2001 si è inventato il Patriot Act e Obama nel 2008 l'ha integrato. Noi siamo autorizzati a verificare chi è terrorista, chi studia da terrorista, chi fiancheggia i terroristi, chi sta per mettere al mondo un terrorista ... " Ma Edward, da bravo Amleto digitalizzato, era lacerato dai dubbi: "Non sarà che a forza di archiviare dati, a forza di costruire profili sempre più dettagliati, si produce un data base talmente complesso e interpretabile che potrebbe consentire di affibbiare a Chiunque la definizione di terrorista? Solo perchè magari un giorno ha sbagliato a comporre numero di telefono. Solo perchè è andato a vedere il sito di qualche Imam che in seguito si è scoperto addestrava combattenti alla Guerra Santa. Solo perchè su Youtube ascoltava le compilation di gruppi punk che incitano alla rivolta sociale. Solo perchè ha sottoscritto una petizione on line contro l'uso dei Droni?" OBAMA ASCOLTA INTERCETTAZIONI CUFFIE Il mondo è dominato dal technoimperialismo, Edward, più di altri lo sa bene e, a un certo punto, ha ritirato la Fiducia. E certo. Come puoi fidarti dell'integrità della CIA e della NSA quando vedi su Youtube certi video in arrivo dai fronti di guerra ... quando capisci che quelli di Hollywood ti dicono bei pezzi di verità, ancorchè mascherata da fiction ? "Se avessi voluto, nel mio ruolo e con l'autorità di accesso che avevo - dice Edward al The Guardian - avrei potuto vendere dati sensibili al mercato aperto, ai Russi. Avrei potuto rivelare le location di basi segrete, i nomi degli agenti sul campo, avrei potuto mettere fuori gioco l'intero sistema di sorveglianza... ma non l'ho fatto. Io non voglio recar danno agli Usa. Ho voluto sottoporre all'Opinione Pubblica una situazione in atto. Quella relativa al controllo degli individui. Credo che l'Opinione Pubblica debba esprimersi sull'ipotesi che alcune attività della NSA stiano potenzialmente sovvertendo la democrazia". Candido! Ineccepibile. E in effetti non lo crede solo lui. YES WE SCAN OBAMA ASCOLTA INTERCETTAZIONI Ieri una commissione di Senatori, sia democratici che repubblicani, ha convocato al Campidoglio a Washington, il capo della NSA, generale Keith Alexander e per un paio d'ore lo ha spremuto ben bene. "Ci spieghi" - gli hanno detto. Candidi ! Anche loro. "Grazie al sistema di sorveglianza - ha risposto Alexander - abbiamo sventato "dozzine" di attacchi terroristici" E te pareva ? Magari è pure vero. I dettagli però non vengono resi noti. "Piuttosto che mettere in crisi la sicurezza di questo paese preferisco far credere che io sto nascondendo qualcosa" . Candido! Comunque, se non altro, la scena si è un po' chiarita. I programmi di sorveglianza sono due. E sono tra loro ufficialmente distinti. Il primo, quello che sta creando il massimo dei guai a Obama, è autorizzato dalla sezione 215 del Patriot Act e "giustifica la raccolta di milioni di registrazioni telefoniche di cittadini Usa, ma non consente di esaminare il loro contenuto" - così dice Alexander. E così dice anche il presidente in Tv: "per esaminare il contenuto ci vuole l'autorizzazione del Magistrato federale". A quali condizioni si ottiene questa autorizzazione non ce lo dice nessuno. Motivi di sicurezza, ovviamente. "L'altro programma - continua Alexander - è autorizzato dalla sezione 702 del 2008 Fisa Amendament Act. E' noto come Prism, riguarda le comunicazioni online di coloro i quali si ritiene non siano su territorio USA." Spiegazione a dir poco "nebbiosa" . Che si intende con "comunicazioni online" ? Tutto: email, chats, appelli su Facebook, siti, videotelefonate, petition, etc...? LINDSAY MILLS FIDANZATA DI SNOWDEN E sopratutto che vuol dire "coloro i quali si ritiene non siano su territorio USA " Chi "ritiene?" Probabilmente Alexander fa riferimento all'indirizzo IP di origine delle comunicazioni online. Se è "off USA" allora va bene, "registrate a più non posso" . La logica è : ogni utente della rete internet "off Usa" è un potenziale terrorista, amico di terroristi, parente di terroristi. EDWARD SNOWDEN E comunque noi possiamo tenerlo sotto controllo perchè ogni indirizzo IP del mondo lo da il nostro Ministero del Commercio attraverso l'ICANN. E' ovvio che tutta 'sta storia si inscrive nel grande scenario della cyberguerra. Non è un caso che la Cina stia cercando di ottenere i prossimi IP di nuova generazione dall'agenzia dell'ONU ITU a Ginevra e non vuole più rivolgersi all'ICANN. EDWARD SNOWDEN E quindi questa considerazione autorizza Qualcuno a pensare che Edward sia al soldo dei Cinesi. Fra l'altro: perchè sarebbe andato a Honk Kong? Poteva andare, come gli suggerisce Assange, in SudAmerica. O accettare un invito che - sembra - sia stato fatto dai Russi. In effetti questa andata a Honk Kong può apparire un po' strana. Edward ci sarebbe arrivato addirittura 3 settimane fa e si sarebbe fermato per tutto questo tempo in un lussuoso albergo che ha lasciato lunedì pomeriggio per destinazione ignota. Lui afferma che la scelta di Honk Kong è motivata dal fatto che "la città ha una lunga tradizione di difesa della libertà di espressione". LINDSAY MILLS FIDANZATA DI SNOWDEN Una conferma a questa tesi giunge dalle dichiarazioni di 11 organizzazioni di attivisti dell'ex protettorato britannico, quasi tutte ONG - Diritti Umani , le quali stanno organizzando una manifestazione che si terrà domenica alle 15.00. "Bisogna rispettare gli standard legali internazionali e le procedure relative alla protezione di Snowden - dicono - condanniamo il Governo degli Stati Uniti per la violazione dei nostri diritti e della privacy". Hanno ragione. C'è poco da dire . Il Governo Usa comunque, per il momento, sta valutando come utilizzare l'accordo di estradizione che ha siglato con Hong Kong nel 1996, accordo che prevede però il veto della Cina (ecco là !) e la protezione per i fuggitivi che sono esposti a persecuzione politica e a eventuali torture. Bradley Mannings docet . CIA Ma torniamo al Generale Alexander torchiato dai Senatori, il quale ha detto ieri: "Certo era difficile tenere distinti i due programmi e dar credito all'uno, se contribuiva all'investigazione, senza dar credito all'altro. In realtà si intrecciavano". In sostanza : "Se controllo miliardi di comunicazioni on line che arrivano da off Usa come faccio a non controllare anche i destinatari che stanno in USA ?" NSA NATIONAL SECURITY AGENCY INTERCETTA GLI AMERICANI Un problemino tecnico non da poco. Il povero Generale Alexander e i suoi uomini, al dunque erano responsabili di 97 miliardi di "pezzi di intelligence" in arrivo dai computer del mondo. L'Iran appare essere il maggior controllato con 14 miliardi di pezzi, seguito dal Pakistan con 13,5; dalla Giordania con 12,7; dall'Egitto con 7,6 e dall'India con 6,3 miliardi di pezzi. Una vitaccia. Non ti puoi fidare di nessuno ! Stranamente il dato sulla Cina, che sta provocando l'ormai abituale conflitto diplomatico tra le 2 superpotenze, non è - ancora - rivelato. "Ogni volta che la NSA aveva ragionevoli sospetti su una persona che poteva essere coinvolta in attività terroristiche - continua Alexander - noi ricostruivamo la sua storia , vedevamo con chi aveva avuto rapporti in passato e passavamo l'informazione all'FBI" Candido ! E' proprio questo il motivo per cui Edward ha ritenuto opportuno squarciare i veli. Evidentemente il concetto di ragionevole sospetto può sconfinare nelle decisioni unilaterali. NATIONAL SECURITY AGENCY NSA A Mike Johannes , senatore del Nebraska, infatti non gli basta : " Ma questo consentiva la costruzione di un data base in cui c'erano Tutti" "Ma no ! - risponde Alexander - ci sono regole che impediscono di consultare quel data base se non ci sono sospetti". Ancora: "i sospetti". "E chi certifica che quei sospetti corrispondono a standard tali da giustificare il controllo?" Alexander su questo continua a essere vago. "Il Fisa Amendment Act autorizza il controllo dei dati solo quando il ragionevole sospetto è basato su specifici fatti che sono associabili a organizzazioni terroristiche internazionali ". Augh. NATIONAL SECURITY AGENCY SEAL In realtà valgono le 2 Leggi Imperiali del III Millennio : "Se si può fare, si fa !", "Chi prende il piatto ha ragione." Oltre ai dubbi, provocati dal comportamento della NSA, restano in piedi altri dubbi stavolta provocati dal comportamento dei due grandi quotidiani ai quali Edward Snowden ha passato le informazioni. NATIONAL SECURITY AGENCY NSA Si trattava di 41 slides realizzate in power point che spiegavano come si effettuava il controllo. Stranamente: Washington Post e The Guardian ne hanno pubblicate solo 5, non ostante l'accordo con Snowden fosse quello di pubblicare tutto entro 72 ore . Si possono ipotizzare diversi motivi - immaginate gli Editori che ricevono una telefonata dalla Casa Bianca - ma non si ha alcuna certezza. Le restanti 36 slides restano in frigorifero. Ne sapremo di più nei prossimi giorni. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-qualcuno-dice-questa-storia-datagate-edward-snowden-supera-la-fantasia-non-vero-non-57605.htm

OGGI GOLDMAN SACHS NON HA PIÙ BISOGNO DEI PRODI, MONTI, LETTA CHE LA INTRODUCANO AI TAVOLI CHE CONTANO. LA PARTITA SI È FATTA PIÙ EUROPEA Un altro segnale che siamo un paese alla deriva? La più infernale banca d’affari americana non arruola più politici e pezzi grossi di Bankitalia (Draghi) - Krugman: “Quella non è una banca, è l’anticamera per un posto di primo livello in politica”… - -

Camilla Conti per il Fatto Quotidiano "Quella non è una banca, è l'anticamera per un posto di primo livello in politica". Così definiva Goldman Sachs nel 2008 il Nobel per l'Economia, Paul Krugman. Tesi condivisa in Italia dove la prassi del colosso americano di arruolare nei propri ranghi persone che hanno ricoperto importanti incarichi istituzionali ha alimentato il mito della banca che nomina i governi. GOLDMAN SACHS Certo, Goldman Sachs è sempre stata molto abile nel fenomeno cosiddetto delle revolving doors, porte girevoli: il passaggio di un professionista dal ruolo di legislatore o regolatore a quello di membro dell'industria che prima regolava e viceversa. Il caso più celebre è quello di Hank Paulson, ex amministratore delegato di GS diventato nel 2006 ministro del Tesoro nel governo di George W. Bush. In Italia il percorso di solito è opposto: dalla politica alla banca. Gianni Letta, Mario Draghi, Romano Prodi, Mario Monti. Sono stati tutti advisor, ovvero consulenti, di Goldman Sachs. Un lavoro che consisteva nell'aiutare la società sfruttando la loro rete di relazioni. Il core business di Goldman Sachs sono i grandi clienti come Eni, Fiat, Enel e anche il governo italiano. O aziende più piccole ma globali, come Prada. GOLDMAN SACHS L'obiettivo è conquistare credibilità sui mercati globali, per questo servono advisor eccellenti. "Un conto è fare pesca al traino, un altro fare la caccia ai marlin: devi avere una barca veloce con canne di un certo tipo e a bordo marinai d'altura. Sono due mestieri e due tecniche diversi", spiega al Fatto un banchiere riferendosi ai clienti di Goldman. Si racconta che fu Gianni Letta, ingaggiato nel 2007, a suggerire di non impegnarsi in una partita tutta nazionale come il salvataggio di Alitalia. DRAGHI, MERKEL E MONTI Quando Letta tornò a Palazzo Chigi nel 2008, poi, come consulente venne scelto il commercialista Enrico Vitali, partner dello studio di Giulio Tremonti. Il primo fu Prodi, che entrò nella banca Usa nel 1990, dopo sette anni da presidente dell'Iri. I "complottisti" sostengono che Goldman Sachs abbia organizzato il colpo di Stato nei governi in Europa e avrebbe piazzato i suoi uomini di fiducia, come Mario Monti o Mario Draghi alla Banca centrale europea. Claudio Costamagna, ex Montedison, ex Citibank e oggi presidente-fondatore della società di consulenza on-line Advise Only, è stato anche capo dell'investment banking in Europa di Goldman Sachs. MARIO DRAGHI E MONTI In un intervista al Corriere della Sera del 2011 contestava le tesi del grande complotto: "Monti è un esperto di Antitrust, Prodi è stato per noi di Goldman, e stiamo parlando del 19 91, una sorta di pioniere e biglietto da visita: in Italia non ci conosceva nessuno, o quasi, e la banca d' affari conosceva poco il nostro Paese". Ma quanto conta oggi Goldman Sachs in Italia? E chi sono i nuovi Goldman Boys? Perché non ci sono i super consulenti ma anche circa 250 - fra banchieri e trader - italiani sparsi in Europa che seguono il nostro mercato. L'attività è centralizzata su Londra e molti sono basati lì. Nel 2006 si è rafforzata la squadra di vertice di Goldman Sachs in Italia. Da Jp Morgan è arrivato Massimo Della Ragione dopo aver gestito operazioni come la fusione tra Unicredit e Hvb o la cessione della Bnl ai francesi di Bnp Paribas. Oggi è co-head di Goldman Sachs in Italia e ha responsabilità anche in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca. LLOYD BLANKFEIN PRODI ROMANO Sempre al vertice, ci sono anche i partner italiani: Francesco Pascuzzi, co-head dell'investment banking, Gilberto Pozzi, responsabile della divisione "fusioni e acquisizioni" per Europa, Medio Oriente e Africa, Alessandro Dusi, Francesco Garzarelli, capo dell'analisi dei mercati, e Simone Verri. Nomi noti nella City cui si aggiungono anche i managing director Antonio Gatti e Antonio Mattarella. Una quarantina di professionisti che sono riusciti a scalare i gradini più alti della gerarchia della banca d'affari più influente del mondo. Con stipendi adeguati allo status: salario base di 900.000 dollari e un bonus in azioni incassabile dopo cinque anni. Qualcosa è cambiato negli anni della crisi: in Italia la banca non è più quella degli anni Ottanta-Novanta che per farsi conoscere nel nostro Paese aveva dovuto approfittare dell'ondata di privatizzazioni messe in campo da Prodi. Oggi Goldman Sachs è fra i top 10 market maker del debito pubblico italiano. E non ha più bisogno di grandi nomi che la introducano ai tavoli che contano. La partita si è fatta più europea. Ma l'attenzione sull'Italia resta alta, con una visione positiva sul governo Letta (forte della presenza del ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni, considerato l'uomo di fiducia di Draghi). Lo scorso 5 giugno Goldman ha presentato alla Bocconi uno studio realizzato insieme al centro ricerche dell'università milanese sulle operazioni di fusioni e acquisizioni, in gergo finanziario m&a, dimostrando che rendono di più in fasi di crisi, come quella attuale. Quindi le imprese finanziariamente più sane non dovrebbero lasciarsi sfuggire l'occasione rappresentata da questi tempi di incertezza economica per ottenere ritorni maggiori. Ad accompagnarle all'altare ci penserà poi Goldman Sachs. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/oggi-goldman-sachs-non-ha-pi-bisogno-dei-prodi-monti-letta-che-la-introducano-57546.htm

mercoledì 12 giugno 2013

LUTTWAK SEI TUTTI NOI! - “L’ITALIA O ESCE DALL’EURO O MUORE” - “LA GERMANIA SI È ARRICCHITA A SPESE VOSTRE” Nel 1996 scriveva: “Se entra nell’euro finirà come nel 1940. Non gli conveniva entrare in guerra, ma ha vinto l’istinto del gregge” - “Italiani, lasciate l’euro. Le banche falliranno, ma i correntisti sono garantiti. Comprare una Mercedes costerà un botto, ma le fabbriche ripartirebbero di corsa”…

Vittorio Macioce per "Il Giornale" Di euro si muore». Edward Luttwak scandisce questo motto così, con l'aria di chi forse sta un po' esagerando, ma neppure tanto. Perché l'Italia si trova a un bivio: pagare il conto salato per una scelta azzardata o continuare una «non vita da zombie»nel segno di un'austerity senza fine. Non è una profezia. Non è neppure un'opinione. È questione di logica, di numeri ed è ciò che pretende l'Europa. EURO CRAC L'economista di Arad a volte è spietato, ma se lo fa è perché non crede nelle illusioni. Non ha mai pensato che l'euro fosse la mossa giusta per l'Italia. Siamo finiti, per scelta, nella casella sbagliata. E lui lo dice dal 1996. Scriveva. «Finirà come nel 1940. Allora l'Italia non aveva alcuna convenienza ad entrare in guerra, ma l'istinto del gregge fece sì che Mussolini, che pure l'aveva intuito, facesse questo errore. Si diceva, anche allora, tutte le potenze mondiali entrano nel conflitto, perché noi dobbiamo starne fuori? Siamo for­se di serie B? E così l'Italia commise un grande errore». EDWARD LUTTWAK Luttwak come Cassandra? «Spero di non fare la stessa fine. Non sono un veggente e non dialogo con gli dei. Forse so leggere la realtà». Una moneta non è una guerra? «Sì, ma le conseguenze economiche a volte sono le stesse ». L'Italia è in un vicolo cieco? «No. Può scegliere». Cosa? «Va via dall'euro. Sceglie un'altra moneta. Potrebbe tornare alla lira, ma io consiglio il baht thailandese. Questo significa che i ricchi italiani pagheranno molto di più le vacanze a St. Moritz e una Mercedes costerà un occhio della testa, però vedremo i muri tappezzati di avvisi con scritto: cercasi operaio specializzato. ITALIA CRAC Le aziende italiane tornano a esportare, la Fiat farà 34 turni di lavoro, la produzione cresce, la disoccupazione scende e finalmente l'economia italiana torna a vivere. Adesso è praticamente morta». Sembra facile. «Non è facile per niente. Perché c'è un prezzo da pagare altissimo. Farà male». Tipo? «Le banche falliranno». C'è già la fila a ritirare i soldi. «Ho detto che le banche falliranno, come imprese. I correntisti non rischiano. Non perdono i soldi». L'alternativa? «Restare nell'euro, con un'economia da morti viventi. Non si uscirà mai dalla crisi. Immagini questa situazione che si protrae per cinquanta, cento anni o per sempre». EURO DOLLARO Apocalittico. «Non posso farci nulla. L'Italia ha firmato un patto con l'Europa. Il primo dovere è portare il deficit annuale a zero. Questa è già un'impresa. Significa tasse e tagli insopportabili. Ammettiamo però che ogni italiano accetti di diventare sempre più povero e senza futuro. Tutto questo non basta. L'Italia dovrà ridurre il debito pubblico di 40 miliardi. Sa cosa significa? Equivale a 10 Imu. Non ti riprendi più». I patti con l'Europa si possono rivedere, cambiare. «Non c'è dubbio. Ma ai tedeschi non conviene. Non vogliono cambiare nessun parametro. A costo di uscire loro dall'euro. E senza la Germania questo euro non è più l'euro». ENRICO LETTA MARIO DRAGHI O noi o loro? «Esatto. Vede, ogni nazione deve scegliere razionalmente la propria valuta. I politici hanno caricato di un enorme valore simbolico il fatto di essere membri di un circolo monetario. Ma la zona euro fatta su misura per i paesi del Nord Europa, fosse in un'area monetaria più adatta alla sua economia. Siete come chi vive in un'isola del Mediterraneo e vuole frequentare un club di Amburgo. Il solo andare e venire ti manda in rovina». Può esserci euro senza Italia? «Ma all'Italia conviene l'euro? Io penso di no. Tu staresti in un club dove i vantaggi sono pochi e il prezzo non solo è alto, ma rischia di cancellare il tuo futuro? Un individuo che pur di stare in un circolo esclusivo si rovina è uno stupido. Stranamente questa regola sembra non valere per gli Stati, ma il concetto è lo stesso». Siamo diventati così periferici? «Per niente. Non è una questione di periferia, ma di interessi. Quelli italiani non sono gli stessi del Nord Europa. L'Inghilterra sta fuori e non è periferica. Ritiene invece che gli affari della Germania sono diversi dai suoi. L'economia italiana è così poco periferica che sta creando guai in tutto il mondo». ENRICO LETTA E ANGELA MERKEL Cioè? «L'Europa e l'Italia in ginocchio per la crisi sono un problema per il Brasile, per la Cina, per gli Stati Uniti. Non conviene a nessuno. Sta saltando un equilibrio. L'Italia morente è un problema geopolitico grave. Da quando l'Italia è in Eurolandia non cresce. È un fatto: scarso lavoro, zero aumento del reddito. Certo, gli italiani possono appiccicarsi la medaglietta dell'euro, ma non esportano più. Se questi politici rispettabili si guardassero in giro e facessero una scelta razionale, cambierebbero subito valuta. I greci avrebbero dovuto farlo subito. Gli spagnoli ancor prima ». Non le piace l'Europa, confessi. «Non mi piace un'oligarchia che trova normale prendere i soldi dai conti correnti degli individui, di notte, come fanno i ladri». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/luttwak-sei-tutti-noi-litalia-o-esce-dalleuro-o-muore-la-germania-si-arricchita-57536.htm

domenica 9 giugno 2013

Gianni Lannes: “Ecco chi ha ucciso Aldo Moro”

di Gianni Lannes In Italia qualcuno se n’è accorto? O meglio a qualcuno interessano democrazia, libertà e indipendenza politica? Steve Pieczenik inviato in missione da Washington, dopo 30 anni ha vuotato il sacco: «Ho messo in atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia. I brigatisti avrebbero potuto cercare di condizionarmi dicendo “o soddisfate le nostre richieste e lo uccidiamo”. Ma la mia strategia era “No, non è così che funziona, sono io a decidere che dovete ucciderlo a vostre spese”. Mi aspettavo che si rendessero conto dell’errore che stavano commettendo e che liberassero Moro, mossa che avrebbe fatto fallire il mio piano. Fino alla fine ho avuto paura che liberassero Moro. E questa sarebbe stata una grossa vittoria per loro». lo statista Aldo Moro ed il criminale del Bilderberg Group Henry Kissinger Kissinger & Napolitano – foto quirinale.it Pieczenik, assistente del sottosegretario Usa nel 1978, psichiatra, specialista in “gestioni di crisi”, esperto di terrorismo, visse – secondo quanto ha rivelato in un libro-intervista pubblicato nel 2008 “Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo trent’anni un protagonista esce dall’ombra” edito in Italia da Cooper e curato da Nicola Biondo e passato stranamente inosservato – gomito a gomito con Francesco Cossiga la parte cruciale dei 55 giorni. Era lui, “l’esperto nordamericano del Dipartimento di Stato U.S.A. che indirizzò e gestì l’azione dello Stato italiano con le Br. La sua presenza al Viminale è stata interpretata, da molti, negli scorsi anni, come una sorta di “controllo” Usa sulla vicenda che coinvolgeva un Paese all’epoca decisivo negli equilibri Est-Ovest. L’inviato della Casa Bianca, Pieczenik spiega e rivendica la scelta di aver finto di intavolare una trattativa con le Br quando invece «era stato deciso che la vita dello statista era il prezzo da pagare». L’esperto Usa va anzi oltre nelle sue rivelazioni: da un certo punto in poi tutta la sua azione mirò a far sì che le Br non avessero altra via d’uscita che uccidere Moro, fatto questo che avrebbe risolto la gran parte dei problemi che rischiavano di far conquistare all’Italia libertà, sovranità e indipendenza dagli Stati Uniti d’America. «La mia ricetta per deviare la decisione delle Br era di gestire – spiega nel libro lo psichiatra – un rapporto di forza crescente e di illusione di negoziazione. Per ottenere i nostri risultati avevo preso psicologicamente la gestione di tutti i Comitati (del Viminale n.d.r.) dicendo a tutti che ero l’unico che non aveva tradito Moro per il semplice fatto di non averlo mai conosciuto». Nel libro del giornalista francese Emmanuel Amara si spiega che il momento decisivo arrivò quando Moro dimostrò di essere ormai disperato. Su quella base si decise l’operazione della Duchessa, ossia il falso comunicato delle Br, scelta questa presa nel Comitato di crisi. «I brigatisti non si aspettavano di trovarsi di fronte ad un altro terrorista che li utilizzava e li manipolava psicologicamente con lo scopo di prenderli in trappola. Avrebbero potuto venirne fuori facilmente, ma erano stati ingannati. Ormai non potevano fare altro che uccidere Moro. Questo il grande dramma di questa storia. Avrebbero potuto sfuggire alla trappola, e speravo che non se ne rendessero conto, liberando Aldo Moro. Se lo avessero liberato avrebbero vinto, Moro si sarebbe salvato, Andreotti sarebbe stato neutralizzato e i comunisti avrebbero potuto concludere un accordo politico con i democristiani. Uno scenario che avrebbe soddisfatto quasi tutti. Era una trappola modestissima, che sarebbe fallita nel momento stesso in cui avessero liberato Moro». Pieczenik spiega che Cossiga ha approvato la quasi totalità delle sue scelte e delle sue proposte. «Moro, in quel momento, era disperato e avrebbe sicuramente fatto delle rivelazioni piuttosto importanti ai suoi carcerieri su uomini politici come Andreotti. E’ in quell’istante preciso che io e Cossiga ci siamo detti che bisognava cominciare a far scattare la trappola tesa alle Br. Abbandonare Moro e fare in modo che morisse con le sue rivelazioni. Per giunta i carabinieri e i servizi di sicurezza non lo trovavano o non volevano trovarlo». Pieczenik traccia un bilancio di questa sua strategia: «Ho messo in atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Moro al fine di stabilizzare la situazione dell’Italia. Mai l’espressione ‘ragion di Stato’ ha avuto più senso come durante il rapimento di Aldo Moro in Italia». Pieczenik raggiunse tre obiettivi: eliminare Moro, impadronirsi dei nastri dell’interrogatorio e del vero memoriale dello statista italiano, costringere le Br al silenzio. Un passo indietro: durante il viaggio negli Stati Uniti del settembre 1974Kissinger minacciò pesantemente Moro, come ha ricordato in un’aula giudiziaria il suo portavoce Corrado Guerzoni. Ed è bene non dimenticare la testimonianza della moglie di Moro, che riferì alla Commissione parlamentare che cosa dissero al marito esponenti della delegazione americana: “… Lei deve smettere di perseguire il suo piano politico di portare tutte le forze del suo paese a collaborare direttamente. Qui, o lei smette di fare questa cosa, o lei pagherà cara, veda lei come la vuole intendere”. Dunque, niente più misteri, però ancora un bel po’ di carte inaccessibili nei palazzi del sottomesso Stato tricolore. Com’è possibile che il Presidente della Repubbblica Napolitano riceva con gli onori riservati ad un capo di Stato il criminale internazionale Henry Kissinger?Auguriamoci che il primo ministro Enrico Letta in palese conflitto di interessi, affiliato al Bilderberg Group, alla Trilateral Commission ed all’Aspen Institute, vale a dire ad organizzazioni mafiose e terroristiche di stampo mondiale, eviti qualche commemorazione di Moro. Toc toc: c’è almeno un giudice a Berlino, non dico a Maglie o perfino a Roma che possa riaprire le indagini ed avanzare qualche rogatoria internazionale su questa ennesima operazione di guerra terroristica del Governo nordamericano?I reati di strage (via Fani) e di omicidio premeditato non vanno mai in prescrizione. O valgono sempre i trattati segreti ed incostituzionali? riferimenti: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=moro http://www.youtube.com/watch?v=TOVrxtHKnOM Fonte: sulatestagiannilannes.blogspot.it http://www.signoraggio.it/gianni-lannes-ecco-chi-ha-ucciso-aldo-moro/

sabato 8 giugno 2013

I SERVIZI SEGRETI FRANCESI UCCISERO GHEDDAFI PER “COPRIRE” I RAPPORTI CON SARKOZY? - 2. IL COLPO DI GRAZIA AL COLONNELLO SAREBBE STATO SPARATO DA UNO 007 DI PARIGI - 3. I SERVIZI A CACCIA DI SETTANTA SCATOLONI PIENI DI CASSETTE AUDIO E VIDEO CHE CONTENGONO LE REGISTRAZIONI DEGLI INCONTRI E TELEFONATE FRA IL DEFUNTO COLONNELLO ED I DIGNITARI DI MEZZO MONDO, QUANDO VENIVA TRATTATO CON I GUANTI BIANCHI - 4. NEL MUCCHIO POTREBBE ESSERCI LA PROVA DEL VERSAMENTO DI 50 MILIONI DI EURO DEL PAZZO DI TRIPOLI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE DELL’EX PRESIDENTE FRANCESE - 5. L’UNICO CHE POTREBBE FAR LUCE SUL VERSAMENTO È SEIF AL ISLAM, IL FIGLIO DEL RAIS FATTO PRIGIONIERO, CHE I LIBICI VOGLIONO PROCESSARE E CONDANNARE A MORTE -

COSÌ SARKOZY FREGÒ GHEDDAFI (E L'ITALIA) Fausto Biloslavo per "il Giornale" SARKO E GHEDDAFI I servizi segreti sono alla caccia di settanta scatoloni pieni di cassette audio e video che contengono le registrazioni degli incontri e delle telefonate fra il defunto colonnello Gheddafi ed i dignitari di mezzo mondo, quando veniva trattato con i guanti bianchi. Il primo a doversi preoccupare degli scottanti contenuti delle registrazioni è l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy, come sostiene il quotidiano le Monde che è tornato sul finanziamento libico alla campagna elettorale di Sarkozy nel 2007. SARKOZY PERQUISITO Nel marzo 2011, poche ore prima dei bombardamenti della Nato sulla Libia, Muammar Gheddafi rilasciava a il Giornale l'ultima intervista della sua vita ad una testata italiana. Alla domanda sull'interventismo francese che ha spinto in guerra mezza Europa, compreso il nostro Paese, rispondeva: «Penso che Sarkozy ha un problema di disordine mentale. Ha detto delle cose che possono saltar fuori solo da un pazzo». E per ribadire il concetto si sporgeva verso chi scrive battendosi il dito indice sulla tempia, come si fa per indicare i picchiatelli. Il Colonnello non riusciva a comprendere come l'ex amico francese, che aveva aiutato con un cospicuo finanziamento (forse 50 milioni di euro) per conquistare l'Eliseo fosse così deciso a pugnalarlo alle spalle. GHEDDAFI IN ITALIA Dell'affaire Sarkozy erano al corrente tre fedelissimi di Gheddafi: il responsabile del suo gabinetto, Bashir Saleh, Abdallah Mansour consigliere del Colonnello e Sabri Shadi, capo dell'aviazione libica. Saleh, il testimone chiave, vive in Sudafrica, ma nel 2011 era apparso in Francia e poi sparito nonostante un mandato cattura dell'Interpol. Il caso era stato gestito da Bernard Squarcini, uomo di Sarkozy, ancora oggi a capo del controspionaggio. GHEDDAFI EST F F HE X E sempre Squarcini è coinvolto nella caccia alle cassette scottanti di Gheddafi, che potrebbero contenere gli incontri con altri leader europei. Silvio Berlusconi non ha mai nascosto l'amicizia con il colonnello, mentre Romano Prodi e Massimo D'Alema, che pure avevano frequentato la tenda di Gheddafi cercano sempre di farlo dimenticare. GHEDDAFI Lo sorso anno un politico francese di sinistra, Michel Scarbonchi, viene avvicinato da Mohammed Albichari, il figlio di un capo dei servizi di Gheddafi morto nel 1997 in uno strano incidente stradale. Albichari sostiene che un gruppo di ribelli di Bengasi ha sequestrato «70 cartoni di cassette» di Gheddafi. Scarbonchi si rivolge al capo del controspionaggio, che incontra il contatto libico. «Avevano recuperato la videoteca di Gheddafi con i suoi incontri e le conversazioni segrete con i leader stranieri» conferma Squarcini a Le Monde . I ribelli vogliono soldi e consegnano come esca una sola cassetta, di poca importanza, che riguarda il presidente della Cosa d'Avorio. SARKOZY CARLA BRUNI Il materiale è nascosto in un luogo segreto. Pochi mesi dopo Albichari sostiene di essere «stato tradito» e muore per una crisi diabetica a soli 37 anni. Non solo: il corpo di Choukri Ghanem, ex ministro del Petrolio libico, custode di ulteriori informazioni sensibili, viene trovato a galleggiare nel Danubio a Vienna. La caccia alle registrazioni del Colonnello deve essere iniziata nell'ottobre 2011,quando la colonna di Gheddafi è stata individuata e bombardata da due caccia Rafale francesi. Il rais libico era stato preso vivo, ma poi gli hanno sparato il colpo di grazia. «L'impressione è che dopo il primo gruppo di ribelli sia arrivato un secondo, che sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri» spiega una fonte riservata de il Giornale che era impegnata nel conflitto. NICOLAS SARKOZY FOTOGRAFATO DA PHILIPPE WARRIN JPEG L'ombra dei servizi francesi sulla fine di Gheddafi è pesante. Sarkozy non poteva permettersi che il colonnello, magari in un'aula di tribunale, rivelasse i rapporti molto stretti con Parigi. La Francia ci aveva tirato per i capelli nella guerra in Libia stuzzicando Berlusconi sui rapporti con Gheddafi. Peccato che Sarkozy ne avesse di ben più imbarazzanti. Delle cassette di Gheddafi non si sa più nulla. L'unico che potrebbe far luce sul suo contenuto è Seif al Islam, il figlio del colonnello fatto prigioniero, che i libici vogliono processare e condannare a morte. SARKOZY PERQUISITO 2 - IL ROMANZO FRANCO-LIBICO DEI SOLDI DI GHEDDAFI A SARKOZY Dal "Foglio" L'ex presidente francese Nicolas Sarkozy non ha reagito alle rivelazioni del Monde sull'inchiesta che due giudici di Parigi stanno conducendo sul presunto finanziamento occulto da parte dell'ex colonnello libico Muhammar Gheddafi della campagna del 2007. L'avvocato storico del colonnello a Parigi, Marcel Ceccaldi, ha proposto ai magistrati Serge Tournaire e René Grouman di ascoltare quattro ex dignitari del regime: l'ex capogabinetto di Gheddafi, Bashir Saleh, che il Monde definisce il "banchiere" del colonnello; l'ex consigliere Abdallah Mansour; il generale Abdelhafid Massoud; e l'ex capo dell'aviazione civile Sabri Shadi. FIGLIO DI GHEDDAFI I quattro sarebbero a conoscenza dei 50 milioni di euro che - secondo Ceccaldi - sarebbero stati consegnati a un emissario di Sarkozy nel 2006. L'accusa è stata lanciata per la prima volta dal figlio del colonnello, Saif al Islam, prima dell'intervento franco-britannico-americano: "Sarkozy deve restituire il denaro che ha accettato dalla Libia per finanziare la sua campagna elettorale", aveva detto il 18 marzo 2011. SAIF AL ISLAM - SECONDOGENITO DI GHEDDAFI - CATTURATO DAI RIBELLI L'accusa è confermata dal controverso affarista franco-libanese Ziad Takieddine: Claude Guéant, all'epoca capogabinetto del ministro dell'Interno Sarkozy, "dava a Saleh le indicazioni necessarie per i versamenti". Su Guéant la magistratura ha raccolto qualche fragile elemento: un bonifico da 500 mila euro dalla Malesia e un altro da 25 mila dalla Giordania. Bashir Saleh è il personaggio chiave delle relazioni franco-libiche dai tempi di Chirac. Uomo di fiducia di Gheddafi, incaricato della gestione dei suoi interessi finanziari, alla caduta del regime, il "banchiere di Gheddafi" era riuscito a negoziare l'uscita dalla Libia, per essere accolto a Tunisi. SAIF UL-ISLAM GHEDDAFI Pochi mesi dopo, ha ottenuto asilo in Francia dove ha potuto continuare a coltivare le sue relazioni. Fino al 3 maggio 2012 quando, tre giorni prima dalla disfatta presidenziale di Sarkozy, Saleh è stato caricato su un aereo e spedito verso una meta ignota. Oggi vivrebbe in Sudafrica. Ma "se conoscesse così tante cose, sarebbe già morto", ha detto al Monde una personalità vicina a Sarkozy. In realtà, di morti sospette ce ne sono già. SARKO GHEDDAFI Quella di Gheddafi stesso, che diverse fonti anonime e ufficiali hanno attribuito a un agente segreto francese infiltrato tra i ribelli libici. Secondo fonti vicine a Sarkozy, l'uomo che sa "tutti i segreti" è il figlio di Gheddafi, Saif al Islam. Tra i segreti - per il Monde - potrebbero esserci anche 5 milioni di finanziamenti al Partito socialista. Ma sullo sfondo rimane una domanda senza risposta: quali sono le ragioni che hanno spinto, nel marzo del 2011, Sarkozy a tradire l'amico Gheddafi, diventando il leader occidentale che più ha spinto per la sua eliminazione? http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-i-servizi-segreti-francesi-uccisero-gheddafi-per-coprire-i-rapporti-con-sarkozy2-il-57276.htm

mercoledì 5 giugno 2013

A NOI L'AUSTERITY, A LORO IL MALLOPPO: CON L'EURO LA GERMANIA CI HA FREGATO 2 MILA MILIARDI DI EURO In 15 anni di moneta unica, Berlino ha rovesciato il tavolo dell'import-export e ha incassato un bottino che equivale al nostro debito pubblico - Con la lira, l'Italia aveva la bilancia commerciale in attivo: 110 miliardi tra il 1992 e il 1998, periodo in cui l'economia tedesca aveva un disavanzo di 142 miliardi…

Francesco De Dominicis per "Libero" Il conto, un po' brutale, fa impressione e sfiora i 2mila miliardi di euro. Stiamo parlando dell'avanzo della bilancia commerciale tedesca, calcolato nel periodo che va dal 1999 al 2012: in 14 anni di euro la Germania ha portato a casa - è il caso di dirlo - un bottino incredibile. La differenza tra le esportazioni e le importazioni - indicatore che fino all'arrivo della moneta unica era in profondo rosso dalle parti di Berlino - ha assicurato all'economia tedesca un avanzo pari a 1.873,3 miliardi di euro. Cifra che già alla fine di questo mese, se il ritmo degli ultimi anni dovesse restare più o meno invariato, potrebbe arrivare a superare la vetta dei 2mila miliardi di euro. Esattamente quanto vale il buco nei conti pubblici italiani. Ma le finanze statali, stavolta, c'entrano poco nella sfida tra Italia e Germania. Match sempre appassionante quando si gioca su un campo di calcio, ma ormai a senso unico quando il duello avviene sul terreno della crescita economica, del pil, dei consumi oppure dell'occupazione. E in effetti, facendo un raffronto tra la bilancia commerciale tedesca e quella italiana, salta fuori la «sconfitta» secca per il nostro Paese. Che con l'euro, nonostante l'export abbia tenuto botta (pure sotto i colpi della profonda recessione), ha invertito la rotta positiva assicurata dalla lira e ora segna un deficit. Ora l'Italia deve fare i conti con un disavanzo, calcolato nel periodo 1999-2012, di 351,5 miliardi di euro. Non scopriamo oggi, del resto, che l'euro è stato un affare per la Germania, mentre si è rivelato una «fregatura» clamorosa per l'Italia. I dati sono lampanti, anche quelli diversi rispetto alla bilancia commerciale. In effetti, basta guardare anche altri indicatori, come il pil procapite che nel 2012 è arrivato a quota 39mila euro in Germania contro i 30mila dell'Italia; oppure l'andamento della disoccupazione: la Germania ha chiuso lo scorso anno al 5,4%, mentre dentro i nostri confini la quota di senza lavoro era al 10,6%. L'errore è all'origine. È il 1998. Si deve decidere il tasso di cambio delle valute europee: Berlino impone il valore del marco a tutto il Vecchio continente e - proprio grazie al cambio favorevole, insieme coi restrittivi parametri di Maastricht sui conti pubblici tarati su misura per la Germania - riesce in pochissimo tempo a rovesciare il tavolo dell'import-export. Prima della moneta unica la musica era stata assai diversa: negli ultimi anni di lira, infatti, l'Italia aveva la bilancia commerciale sempre in attivo. Ciò anche grazie alle svalutazioni monetarie. L'avanzo era stato complessivamente di 110 miliardi di euro tra il 1992 e il 1998. Periodo nel quale l'economia tedesca non navigava a gonfie vele e, anzi, faceva i conti con un disavanzo della bilancia commerciale di 142,2 miliardi di euro. Certo adesso anche la Germania corre il rischio di cominciare a soffrire. Gli effetti dell'austerity imposta dalla cancelliera Angela Merkel ora tornano indietro come boomerang pericolosissimi. Non a caso, lunedì il Fondo monetario internazionale ha messo in guardia Berlino, facendo piombare sul tavolo una previsione di «crescita debole» per il 2013, con significativi rischi sulle prospettive. Di qui la richiesta di evitare un «risanamento eccessivo». Basta col rigore, dice l'Fmi. Appello, quello dell'organismo con sede a Washington, al quale Berlino non ha ancora formalmente replicato. D'altra parte, non c'è da aspettarsi alcuna mossa a sorpresa: la Merkel non ha mai guardato con favore l'ipotesi di allentare la morsa sulla disciplina di bilancio. Tuttavia Berlino non può nemmeno tirare troppo la corda: Italia, Spagna e pure Francia stanno annaspando e senza i principali partner dell'euro per la Germania sarebbe una débâcle. I veti della Merkel scricchiolano da un po' e la stessa cancelliera ha aperto a un maggiore coordinamento su fisco, lavoro e pensioni. Ma è davvero presto per ipotizzare l'avvio di un ampio percorso volto a riformare l'assetto istituzionale dell'Unione europea e della stessa Banca centrale europea. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/a-noi-l-austerity-a-loro-il-malloppo-con-l-euro-la-germania-ci-57084.htm

martedì 4 giugno 2013

FANTAFINANZA MA NON TROPPO: DALL’EURO O SI ESCE TUTTI INSIEME O NON ESCE NESSUNO - L’Italia avrebbe grandi vantaggi per export, deficit e debito nel caso di un’azione concordata di tutti i paesi - Se invece l’uscita dalla moneta unica fosse unilaterale sarebbe un disastro e lo sarebbe anche per la Germania che avrebbe una marco forte, calo del Pil e una perdita di 1200 mld € in 12 anni…

Giuliano Zulin per "Libero" EURO CRAC Quando si parla dell'utilità dell'euro la domanda che tutti si fanno è: che succede se uno Stato esce dalla moneta unica? La risposta ufficiale non c'è, perché nessuno ha mai ipotizzato che il grande progetto economico del Vecchio continente potesse fallire. Però la crisi che sta impoverendo i Paesi mediterranei (ma anche la Francia) e arricchendo quasi esclusivamente la Germania sta effettivamente accendendo più di qualche spia in giro per l'Europa. EURO Addirittura nella patria della signora Merkel c'è chi vede la divisa unica come una«gabbia», al punto che il nuovo partito anti- Cancelliera teorizza proprio un'uscita dalla moneta. Come? Beh, c'è un piano - accarezzato pure da Angela nei mesi bui di fine 2011 - di Dirk Meyer, un economista tedesco che insegna all'Università Helmut Schmidt di Amburgo. EURO CRAC La sostanza è semplice: la Germania si trova costretta a sostenere costi per circa 80 miliardi all'anno per aiutare altri Paesi dell'eurozona. Prima o dopo sarà chiamata a sobbarcarsi parte dei debiti degli Stati con gli eurobond. Non è allora più conveniente - sostiene Meyer - uscire dall'euro e pagare una pesante una tantum - tra 250 e 340 miliardi di euro - con perdite nell'export, svalutazione di investimenti all'estero e costi di transizione a una nuova valuta? Una botta unica e passerebbe la paura: dopo l'uscita Berlino non dovrebbe più rendere conto a nessuno, se non ai virtuosi e austeri tedeschi. Come funzionerebbe la secessione «made in Germany»? 1) Chiusura delle banche un lunedì, riapertura il giorno dopo e distribuzione di banconote modificate (nuovi marchi) MARIO DRAGHI MERKEL 2) Divieto per gli stranieri o per i tedeschi non residenti in Germania di ottenere le nuove banconote in cambio di vecchi euro. 3) Aiuti dello Stato alle banche nazionali per far fronte al deprezzamento dei depositi all'estero. 4) Due mesi dopo, uscita della Germania dall'euro insieme con Finlandia e Olanda. ENRICO LETTA E ANGELA MERKEL 5) Ancora chiusura delle banche un lunedì per convertire tutti i depositi dall'euro al marco, che si apprezzerebbe del 25%. Problemi? A parte l'ingessamento della «Deutsche economy» non si assisterebbe a grandi scossoni: in fin dei conti la credibilità e la serietà della Germania sarebbe rafforzata. E gli altri Paesi dell'eurozona? La Confindustria teutonica la pensa diversamente da Meyer, perché l'Italia e gli altri «grandi» esclusi dal marco ricomincerebbero ad esportare come ai bei tempi. Ricordate a metà degli anni '90? La lira era appena stata svalutata e il Nord Italia non riusciva a star dietro alle commesse. Ora è il contrario: la Germania, con l'euro, ha «succhiato » mille miliardi ai coinquilini europei in un decennio. Per questo - come spiega un'analisi della fondazione Bertelsmann - gli imprenditori tedeschi vogliono tenersi stretto l'euro: il marco sarebbe più forte dell'euro attuale del 23%, mentre la moneta unica si deprezzerebbe del 7%. Il risultato sarebbe un calo del Pil di mezzo punto all'anno in media tra il 2013 e il 2025. In totale Berlino perderebbe in 12 anni qualcosa come 1.200 miliardi di euro o 14 mila euro per ciascun tedesco. Par di capire dunque che sarebbe l'Italia lo Stato che più beneficerebbe di un'uscita dall'euro. Ma è proprio così? È chiaro che la sola uscita dell'Italia farebbe cadere tutto il castello: le banche europee sarebbero costrette a ricapitalizzarsi o a ricevere aiuti di Stato per sopperire alla svalutazione del debito italiano in portafoglio, con automatica rovina per i conti pubblici. Le conseguenze sarebbero inizialmente negative anche per l'Italia: LETTA BARROSO 1) assisteremmo a un deprezzamento del patrimonio di almeno un 20% (case e depositi inclusi) 2) l'inflazione galopperebbe (complice il rincaro di petrolio e altre materie prime importate) a livelli da anni '80, ai quali però non siamo più abituati 3) il famoso spread tornerebbe intorno a quota 900 come vent'anni fa, con difficoltà nel piazzare titoli di Stato sul mercato, 4) mutui e prestiti subirebbero un'impennata non consigliata ai deboli di cuore 5) la disoccupazione aumenterebbe di colpo con inevitabile aumento delle lotte sociali... Sì, le imprese farebbero festa con l'export. Ma a che prezzo. Diverso il discorso con un'uscita ordinata. Il sito www.scenarieconomici. it, riprendendo un'elaborazione di Bofa- Merrill Lynch e dell'economista francese Jacques Sapir, esibisce infatti numeri strabilianti nel caso in cui tutti i Paesi andassero fuori dalla moneta unica, ovvero se si decidesse che l'euro è da pensionare. Cominciamo dal cambio: il marco passerebbe a 1,48 sul dollaro, mentre la lira scenderebbe subito a 1,16 biglietti verdi. Proseguiamo con l'inflazione: il marco manderebbe la Germania in deflazione dell'1,3%, contro un aumento dei prezzi del 3,5% nel primo anno, per poi scendere al 2,5% nel secondo e terzo. Capitolo import-export: con la moneta tedesca la penalizzazione del Pil sarebbe del 7%, contro un boom italiano del 5%. Finiamo col Pil e i conti pubblici. La Germania senza euro cederebbe il 3% per due anni di fila, a casa nostra si potrebbe invece rivedere un aumento del 2% annuo. Di conseguenza il deficit/Pil rischierebbe di scendere all'1% nel giro di tre anni e il debito passerebbe al 117% sul Pil. Sono solo teorie, ma se fosse vera la metà dei dati positivi per il Belpaese, perché non battere i pugni a Berlino? L'ha detto domenica a Trento anche un premio Nobel per l'economia come lo scozzese James A. Mirrlees: l'uscita dall'euro è un'opportunità da considerare per l'uscita dalla crisi economica per alcuni Paesi. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/fantafinanza-ma-non-troppo-dalleuro-o-si-esce-tutti-insieme-o-non-esce-nessuno-57030.htm

sabato 1 giugno 2013

ITALIANI COL REVOLVING ALLA TEMPIA: LO SCANDALO DEI TASSI-SOGLIA DI BANKITALIA (USURA LEGALIZZATA) Per la Banca d’Italia è legale chiedere un interesse del 25,2% per una carta revolving - I tassi considerati sotto la soglia dell’usura sono stellari: per un mutuo si può superare il 10% - Gli italiani comprano tutto a debito e alla miseria si aggiunge lo strozzinaggio legalizzato…

Franco Bechis per "Libero" BANKITALIA BIG L'ultimo comunicato della Banca di Italia sui tassi soglia oltre i quali scatta l'accusa di usura è un vero choc. È legale chiedere un interesse fino al 25,2%, che è il tasso più alto ancora nella soglia. È quello previsto dal credito revolving fino a 5 mila (...)euro, uno dei sistemi più utilizzati in tempi di crisi come questi. Quasi tutte le grandi società che gestiscono carte di credito distribuiscono infatti carte revolving, cioè rateali, a cui è consentito appunto di chiedere un interesse fino al 25,2%. IGNAZIO VISCO Sopra i 5mila euro spesi scende, ma è comunque altissimo: 19,25%. Secondo la stessa regola stabilita fino a fine giugno dal ministero dell'Economia e da Bankitalia una banca può chiedere a un cliente che va in rosso fino a 1.500 euro senza avere un fido fino al 23,85% di interessi. Oltre i 1.500 euro poco meno: fino al 23,06% di interessi. Altissimi anche i tassi soglia previsti per i prestiti contro la cessione di un quinto dello stipendio o della pensione: fino a 5 mila euro si può arrivare al 19,12%, sopra i 5 mila euro si arriva al 18,91%. Percentuali di interesse altissimi anche per tutti gli altri tipi di prestiti: per un mutuo casa a tasso fisso si può legalmente arrivare fino al 10,77%, per uno a tasso variabile fino al 9,0125%. Numeri che fanno rabbrividire. Che nascono tutti da una fredda formula matematica applicata. Per definire il tasso di usura fino al 2011 si partiva dal tasso medio censito dalla Banca di Italia fra gli operatori per questo o quel servizio, e lo si aumentava del 50%. Poi la legge è cambiata con l'ultimo decreto sviluppo firmato da Giulio Tremonti, dicendo di volere venire incontro ai consumatori. CARTE DI CREDITO JPEG La formula è diventata: si parte dallo stesso tasso medio censito da Bankitalia, lo si aumenta del 25% e si aggiungono 4 punti percentuali. Alla prova di fatto si penalizzano rispetto a prima i consumatori e si fa un favore a chi vive al limite dell'usura se quel tasso medio è inferiore al 17%, mentre al di sopra di quella cifra conviene ai consumatori. Siccome la seconda ipotesi non accade mai, il cambio della norma si è trasformato in una batosta. Terribile proprio in un'epoca in cui gli italiani hanno dovuto per forza imparare a vivere a debito, perché non hanno più redditi per vivere come prima e negli ultimi due anni quasi sempre hanno dovuto chiedere prestiti anche per pagare le tasse o le cartelle di Equitalia (che spesso applica interessi semestrali del 10% non dovuti secondo la Cassazione). Ma soprattutto di assoluta sproporzione se si invertono i fattori: non è il cittadino a chiedere un prestito, ma lo Stato, la banca o la società privata a prendere in prestito i soldi del cittadino. Qui si trova la vera usura: per un Bot a 12 mesi il denaro dei cittadini viene remunerato dello 0,744%. E non si sale di chissà che se il denaro è prestato per un Btp a 30 anni: 4,985% annuale. CARTE DI CREDITO La remunerazione per un conto deposito bancario in media è di poco superiore al 2,3% annuo. Sulla carta la maggiore parte dei conti correnti bancari arriva a un interesse di poco superiore all'1% annuo. Ma siccome esiste il costo delle operazioni, e ci sono le varie imposte, a prestare i soldi a una banca senza tenerli sempre fermi nella migliore e rarissima ipotesi non costa e non ottiene nulla. Nella stragrande maggioranza dei casi ci si perde pure, e non poco. Una impar condicio che pesa tantissimo. Sia sulle persone fisiche che sulle società di capitali, visto che norme fiscali assai recenti (2008) hanno ristretto grandemente la possibilità di dedurre interessi passivi, limitandola agli interessi attivi (che di questi tempi sono ridotti al lumicino). Sono regole che contribuiscono al dramma attuale di famiglie e imprese italiane, e meriterebbero un intervento legislativo (sta preparando una articolata proposta l'esponente di Fratelli di Italia Guido Crosetto). Per legare il tasso di usura alla realtà: ad esempio a un massimo di 10,15 o 20 volte l'Euribor a 12 mesi (che attualmente è del 0,48%). http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/italiani-col-revolving-alla-tempia-lo-scandalo-dei-tassi-soglia-di-bankitalia-usura-legalizzata-56805.htm