mercoledì 26 marzo 2014

FORZA TREMONTI! NEL SUO ULTIMO LIBRO, GIULIETTO MENA L’EURO CHE “È UN KILLER VENUTO DA FUORI” - E POI SMONTA IL “CAPOLAVORO” PRODI-CIAMPI: FURONO I TEDESCHI A VOLERCI NELL’EURO PERCHÉ TEMEVANO LA CONCORRENZA DELLA MANIFATTURA ITALIANA - IL MISTERO DEGLI EURO-DERIVATI In “Bugie e verità”, Tremonti affonda il colpo contro la fretta di introdurla, i parametri “stupidi” e i “derivati per l’Europa” per le manovre di estetica contabile - “Nel corso di una riunione “ad hoc” sul lago Lemano, gli industriali teutonici convinsero i loro banchieri a favorire a ogni costo l'ingresso dell'Italia”…

Stefano Filippi per ‘Il Giornale'
Tutto quello che avreste voluto sapere sull'euro e nessuno ha mai osato dire ora è nero su bianco nell'ultimo libro del redivivo Giulio Tremonti. Il «cuore artificiale dell'Europa contemporanea», una moneta «che toglie più di quello che dà» sentita «come un killer venuto da fuori». L'ex ministro abbandona i silenzi diplomatici in Bugie e verità, che Mondadori ha appena mandato in libreria (286 pagine, 18 euro), togliendo le ultime ipocrisie sugli anni recenti di storia italiana dominati dall'«internazionale della bugia».
TREMONTITREMONTI
Non è mai tardi per un'operazione-verità, e quello del braccio economico del Berlusconi premier (mal sopportato da colleghi di governo in Italia e in Europa) è il racconto di un protagonista, da sempre critico con la moneta unica, la fretta di introdurla, i parametri «stupidi», la blindatura che di fatto impedisce ripensamenti. Ma adesso dirsi euroscettici non è più una bestemmia contro la patria.
Il primo vero peccato mortale fu come l'Italia entrò nell'euro, una storia «che si intreccia con alcuni “codici misterici”». Quell'operazione, condotta da Prodi e Ciampi, fu venduta come un merito dell'illuminata classe dirigente tricolore. In realtà, svela Tremonti, furono le industrie tedesche a premere sull'acceleratore: temevano la concorrenza della manifattura italiana, seconda in Europa e quinta nel mondo, resa più pericolosa dalle svalutazioni competitive della lira rispetto al marco.
TREMONTI BOSSI E CALDEROLITREMONTI BOSSI E CALDEROLI
«Nel corso di una riunione “ad hoc” sul lago Lemano», scrive Tremonti, gli industriali teutonici convinsero i loro banchieri a favorire a ogni costo l'ingresso dell'Italia, «intrappolata e spiazzata dalla nuova moneta che si sarebbe dimostrata troppo forte per un'economia debole».
Ma i conti dello Stato non erano in ordine, l'eurotassa o la diversa contabilizzazione dei contributi Inps non bastavano, servivano «manovre di estetica contabile» più efficaci: così si fece ricorso ai «tuttora segretissimi “derivati per l'Europa”» cui accenna un allegato dell'ultima legge di Stabilità, in modo da contabilizzare subito le entrate e occultare le uscite.
BUGIE E VERITA' - LIBRO DI GIULIO TREMONTIBUGIE E VERITA' - LIBRO DI GIULIO TREMONTI
«Delle particolari straordinarie operazioni finanziarie, e della connessa debolezza della posizione del governo italiano, gli altri governi europei erano perfettamente al corrente» al punto da imporci un cambio lira/euro molto penalizzante. «L'Italia non aveva tutti i numeri per entrare nell'euro fin da principio, ci è entrata alterando il suo bilancio», accusa l'ex ministro.
Anche la lettera della Bce del 5 agosto 2011 nasconde retroscena mai rivelati. Tremonti fa risalire l'operazione alla cocciutaggine con cui il governo italiano si opponeva al nuovo Fondo salva-stati, «contrario al nostro interesse nazionale». Le nostre banche possedevano il 5 per cento dei debiti dei Paesi a rischio (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) ma dovevano contribuire con il 18 per cento del fondo.
L'Italia avrebbe accettato soltanto in cambio degli euro-bond, mezzi finanziari per ridurre i rischi della speculazione internazionale. «Il colpo di manovella fu dato con “l'illuminata” costruzione di una falsa catastrofe»: rimangiandosi i complimenti al governo Berlusconi di pochi giorni prima, l'improvvisa lettera scatenò la valanga finanziaria dello spread.
L'arma della speculazione fu usata anche dopo il G20 di Cannes, il cui clima ostile all'Italia è già stato raccontato dall'ex premier spagnolo Zapatero. Subito dopo il vertice, ricorda Tremonti, «la principale piattaforma elettronica per la negoziazione dei titoli pubblici italiani Lch-Clearnet senza ragione e improvvisamente ha alzato i richiesti margini di garanzia sui titoli italiani»: il costo dei Btp cresceva ancora e ne favoriva la vendita.
mario draghiMARIO DRAGHI
«Una mossa troppo repentina al punto da risultare sospetta». Ed ecco il «dolce colpo di stato». Naturalmente, una delle prime decisioni del governo Monti fu di piegarsi ai voleri franco-tedeschi: «A partire dal 2015, e, per ironia, proprio per espressa volontà nostra, ci troviamo obbligati non solo a pagare il conto delle perdite bancarie degli altri, ma anche a rispettare il fiscal compact: per vent'anni tagli di spesa pubblica più o meno per 50 miliardi di euro ogni anno».
CIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANOCIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANO
Tra luci e ombre dell'azione economica dei governi di centrodestra, Tremonti solleva il velo sugli errori degli esecutivi di centrosinistra, soprattutto quelli del quinquennio 1996-2001 spesso sottaciuti: da quelle «riforme devastanti» (soprattutto il decentramento sbilanciato, le forzature per l'ingresso nell'euro e la «costituzionalizzazione dell'Europa») «hanno avuto origine e sviluppo le principali dinamiche negative che oggi stanno portando l'Italia allo sprofondo della sua crisi».
Mario Monti e Silvio Berlusconi e prodi l mediumMARIO MONTI E SILVIO BERLUSCONI E PRODI L MEDIUM
È tutto questo che ha prodotto il vituperato antieuropeismo: «Non sta scritto da nessuna parte che il “populismo” in arrivo in Europa e su vasta scala sia un male politico», un movimento che «per dinamica e dimensione è già europeo» e che «per la sua parte maggiore, è pacifico e civile e, per ora, ancora muto. Ma forte perché popolarmente diffuso». Uscire dall'euro non si può: Tremonti ne specifica i pochi benefici e gli altissimi costi. Si può però fare dell'altro, una ricetta già proposta dall'ex ministro: «Interrompere l'orgia legislativa in atto e di nuovo garantire la libertà: tutto è libero, nel campo economico, tranne ciò che è espressamente vietato».
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/forza-tremonti-nel-suo-ultimo-libro-giulietto-mena-leuro-che-un-killer-venuto-da-74360.htm

martedì 25 marzo 2014

IL MISTERIOSO 007 DELLA STRAGE DI VIA FANI? UN FOTOGRAFO DI BRA. L’EX MOGLIE: “NON SI È MAI ALLONTANATO” - E ALLORA PERCHÉ AVEVA UNA PISTOLA CECOSLOVACCA, IL GIORNALE DEL RAPIMENTO, E UN FOGLIO DI MAZZOLA, SOTTOSEGRETARIO ALLA DIFESA DURANTE IL CASO MORO? La lettera anonima che denunciava l’intervento dei servizi segreti a sostegno delle Brigate Rosse aveva portato fino ad Antonio Fissore, morto nel 2012 - Per il sindaco e la famiglia non era un agente, e la procura archiviò le indagini. Ma gli elementi sospetti restano…

Massimo Numa per ‘La Stampa'
Nome: Antonio Fissore, originario di Bra (Cuneo), morto a Firenze nell'agosto 2012. A marzo aveva compiuto 67 anni. Sarebbe lui l'agente X che, in sella a una Honda blu, con un «collega» avrebbe partecipato al sequestro Moro, il 16 marzo 1978, proteggendo la fuga dei killer delle Br. La moglie separata, Franca Faccin, lo difende: «Nel '78 era a casa con noi, a Bra, mai stato nei Servizi».
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
FOTOGRAFO E REGISTA TV
Professione fotografo, regista tv, esperto di comunicazione, commesso dal 2001 al 2010 in un negozio di dischi-video nel quartiere San Paolo a Torino. Aveva conseguito il brevetto di pilota civile nella scuola di volo dell'aeroporto di Levaldigi. Alle spalle una famiglia benestante di coltivatori. Sposato con Franca Faccin, 68 anni, padre di due figli già grandi, Flavio (titolare di una società di produzione tv, la Fimedia) e Davide, operaio.
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
Nel 2000 si separa e inizia una relazione (durata sino al 2010) con Tiziana A., torinese, commessa nello stesso negozio. Poi si lega a una terza donna, Monica M. e va a vivere con lei a Firenze, non lontano da via Villamagna. Un uomo alto 1,90, calvo, baffi. Distinto. Secondo l'autore della lettera anonima inviata alla redazione de La Stampa nell'ottobre 2009, Fissore sarebbe stato lo 007 che spianò una mitraglietta contro un testimone, per indurlo ad allontanarsi. L'anonimo era in fin di vita, gravemente malato. Non conosceva il nome del collega con cui operò in via Fani ma offriva indicazioni per identificarlo come il «marito» della commessa del negozio.
«LE ARMI PRESE DALLA POLIZIA»
La moglie, Franca Faccin, 68 anni, vive ancora nella villetta sulla collina di Bra. Accetta di rispondere a tre domande. Nei primi Anni 70, in particolare nel '78, dov'era suo marito? «Qui con noi a Bra, non si è mai allontanato, di certo non andò mai a Roma». E la militanza nei Servizi Segreti? Ha mai avuto percezione di una sua doppia vita? «Non ha mai lavorato per i Servizi, era fotografo e regista tv».
MOROMORO
Pare in una tv privata piemontese. Le armi. Sapeva che in casa erano custodite una pistola cecoslovacca, rara, e una semi-automatica Beretta? «Certo, le ha prese la polizia, in casa non ho più neppure una sua foto».
RINTRACCIATO GRAZIE ALL'AMANTE
L'autore della lettera anonima spiega di essersi deciso, prima di morire, per il rimorso di avere partecipato alla strage della scorta di Moro, di rivelare la verità. Non sa il nome del collega con cui era sulla Honda ma tutti e due - sostiene l'anonimo - erano al comando del colonnello dell'Ufficio R del Sismi, Camillo Guglielmi, che, quella mattina alle 9.15 era effettivamente in via Fani («Stavo andando a trovare un collega», aveva poi detto ai pm romani) dunque per caso.
I due agenti avrebbero dovuto proteggere la fuga dei killer dopo la strage. La Digos di Torino individua subito Antonio Fissore, attraverso la sua ex amante di Torino. Si mettono in contatto con lui, sanno che aveva denunciato il possesso di due armi. Le vanno a cercare, il 24 maggio 2012, nella villetta di Bra. Trovate in una scatola di cartone. C'è anche una copia di Repubblica del 16 marzo 1978. Poi libri e saggi su temi-storico politici e ritagli di giornale, sempre su fatti di grande rilievo, come la prima guerra in Iraq di Bush padre.
IL FOGLIO DELL'ON. FRANCO MAZZOLA
Poi una busta con un foglio dell'ex parlamentare dc Franco Mazzola, nel '78 sottosegretario alla Difesa, ritenuto uno dei depositari dei segreti del caso Moro. Fissore viene denunciato per «incauta custodia» delle armi ma il procedimento della procura di Alba viene archiviato dopo la sua morte. Gli elementi dell'indagine finiscono in una nota inviata alla procura di Torino che, per competenza, trasferisce il fascicolo a Roma.
BRIGATE ROSSEBRIGATE ROSSE
L'indagine viene archiviata. Non erano emersi infatti, al di là degli elementi «suggestivi» e «sospetti» contenuti nella lettera, alcun indizio che potesse collegare il fotografo a via Fani. Chiude il sindaco di Bra, Bruna Sibille: «Faceva il fotografo nei matrimoni, ha lavorato in un negozio nel centro. Una persona gentile e riservata. Lui uno 007? Impossibile».

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-misterioso-007-della-strage-di-via-fani-un-fotografo-di-bra-lex-moglie-74246.htm

lunedì 24 marzo 2014

ARIDATECE IL MURO DI BERLINO! NEL 1994 CLINTON FIRMÒ IL TRATTATO DI LIBERO SCAMBIO IN NORDAMERICA CHE HA DATO IL VIA ALLA GLOBALIZZAZIONE - VENTI ANNI DOPO HILLARY CORRERÀ PER LA PRESIDENZA PROMETTENDO PIÙ REGOLE PER IL MONDO GLOBALE Era l’avvio di un processo “rivoluzionario”, che ha dato nuove regole all’economia mondiale, ha segnato il destino di interi popoli, ha sconvolto gerarchie secolari - Oggi la globalizzazione, per i suoi effetti sull’occupazione, sui redditi da lavoro, sulla giustizia sociale, sull’ambiente, è considerata più una calamità che una manna…

Federico Rampini per ‘La Repubblica'
"Il libero scambio significa occupazione, porterà più posti di lavoro agli americani, e saranno impieghi ben remunerati". Parola di Bill Clinton. Era l'inizio del 1994. Il presidente degli Stati Uniti firmava vent'anni fa un trattato che fu l'atto di nascita della globalizzazione.
Era l'avvio di un processo "rivoluzionario", che ha dato nuove regole all'economia mondiale, ha segnato il destino di interi popoli, ha sconvolto gerarchie secolari. Nel 1994 Clinton stava firmando il North American Free Trade Agreement (Nafta) quando dichiarò con fiducia e orgoglio l'avvento di un'era di prosperità per gli americani.
Chelsea and Bill Clinton with Diane Blair article B B xCHELSEA AND BILL CLINTON WITH DIANE BLAIR ARTICLE B B X
Oggi il bilancio della globalizzazione, almeno nei paesi occidentali di vecchia industrializzazione, è a dir poco controverso, oscilla tra ambivalente e catastrofico. Per i suoi effetti sull'occupazione, sui redditi da lavoro, sulla giustizia sociale, sull'ambiente, è considerata più spesso una calamità che una manna.
Al compimento dei suoi vent'anni "questa" globalizzazione si scopre orfana: non si organizzano celebrazioni, nessuno ne rivendica la paternità. E se Bill Clinton ha a cuore le chance di sua moglie Hillary di conquistare la Casa Bianca nel 2016, la incoraggerà a schierarsi con quell'ampio fronte di forze (sindacati in testa) che chiedono limiti, vincoli e tutele "contro" la globalizzazione.
Il Nafta non è tutto, ma è una parte importante di questa storia. Quel trattato firmato con convinzione ed entusiasmo da Clinton (dopo che era stato negoziato dall'Amministrazione
repubblicana di George Bush padre), faceva cadere gran parte delle barriere agli scambi in tutto il Nordamerica. Canada, Stati Uniti e Messico diventavano un mercato unico, all'interno del quale i prodotti e i capitali circolavano liberamente (meno le persone: dal Messico verso gli Stati Uniti i flussi migratori hanno continuato a subire restrizioni).
Bill Hillary Clinton Monica LewinskyBILL HILLARY CLINTON MONICA LEWINSKY
In parallelo un esperimento analogo di libero scambio stava avvenendo in quegli anni in Europa: la costruzione del mercato unico europeo, ispirato dalla stessa filosofia e da un identico ottimismo sui benefici dell'apertura delle frontiere. E tuttavia il Nafta è considerato perfino più importante, per diverse ragioni. Anzitutto le dimensioni di quell'esperimento.
Messi insieme, Usa Canada e Messico rappresentano il più ricco mercato
del pianeta. Oggi la loro popolazione aggregata si avvicina al mezzo miliardo, i loro Pil addizionati sfiorano i 20.000 miliardi di dollari, il reddito pro capite punta verso i 40.000 dollari annui.
Inoltre il mercato unico europeo, pur essendo stato disegnato prima (1992), andava al traino ideologico dell'America: dal premio Nobel dell'economia Milton Friedman, al presidente repubblicano Ronald Reagan, gli Stati Uniti erano stati la base della riscossa neoliberista che avrebbe conquistato il mondo. L'America andò più avanti di tutti gli altri, privatizzando a oltranza, ricacciando indietro il ruolo dello Stato, tagliando il Welfare (anche sotto Clinton).
Infine con il Nafta gli Stati Uniti fecero le prove generali dell'esperimento successivo, ancora più vasto: la creazione del World Trade Organization (Wto), e la cooptazione della Cina nella nuova architettura degli scambi mondiali. Nel primo capitolo di questa storia c'era il Messico al posto della Cina. Su scala più piccola, ma comunque significativa, è verso il Messico che iniziarono le delocalizzazioni.
Hillary e Bill Clinton e c a bb d c c ed ffcfHILLARY E BILL CLINTON E C A BB D C C ED FFCF
Molte imprese, non soltanto americane ma anche giapponesi o sudcoreane che producevano per il mercato Usa, andarono a insediare le nuove fabbriche subito a ridosso del confine messicano. Si chiamarono "maquiladoras", erano l'embrione di quel che sarebbe accaduto con la Cina e altre nazioni emergenti.
In Messico le multinazionali americane e giapponesi andavano a cercare manodopera a basso costo, sindacati deboli, poche regole a tutela dell'ambiente, modesta pressione fiscale. Ancora oggi il bilancio di quell'operazione spacca in due gli osservatori americani. Da una parte la U.S. Chamber of Commerce (una sorta di Confindustria) esalta i benefici del Nafta sottolineando che «l'interscambio Usa-Messico è balzato da 337 miliardi a quasi 1.500 miliardi di dollari».
Sul fronte opposto la confederazione sindacale Afl-Cio, denuncia che «settecentomila posti di lavoro americani sono stati trasferiti in Messico». Altre controversie riguardano l'impatto ecologico: fin dall'inizio una organizzazione ambientalista californiana, il Sierra Club, denunciò l'invasione di Tir messicani sulle autostrade a Nord di San Diego, con un degrado dell'inquinamento. Oggi paradossalmente è dal Nord che viene la minaccia, il Canada vuole inondare gli Stati Uniti di idrocarburi con il maxioleodotto XL Keystone.
Fin da principio il pericolo più grave fu individuato nella condizione dei lavoratori. Cinque anni dopo il Nafta, i sindacati riuniti nell'Afl-Cio si unirono ai verdi, ai terzomondisti, agli anarchici e ai blac-block nella "battaglia di Seattle" il 30 novembre 1999, quando quarantamila manifestanti assediarono il summit del Wto.
Ma il pensiero unico neoliberista era ancora egemonico nell'establishment e nei governi, anche di sinistra. A riprova di quali fossero le aspettative sugli effetti della globalizzazione, in quella fine millennio un dibattito sorprendente divampava ai vertici del partito comunista cinese: l'ala sinistra era convinta che fosse un errore aderire al Wto, paventava la colonizzazione della Cina da parte del capitalismo occidentale.
Si pensa che Hillary concorre per la prossima presidenza americanaSI PENSA CHE HILLARY CONCORRE PER LA PROSSIMA PRESIDENZA AMERICANA
Un inizio di ripensamento ai vertici, si è avuto con la crisi del 2009. In quell'anno Barack Obama, appena insediatosi alla Casa Bianca, vara la maxi-manovra antirecessiva (800 miliardi di spesa pubblica) intitolata American Recovery and Reinvestment Act, e vi inserisce la Buy American Provision. È una clausola protezionista, "compra americano": indica che ogni dollaro di quella manovra va usato per appalti a imprese Usa, per comprare made in Usa. Non a caso scattano subito i ricorsi dei partner, il governo canadese denuncia una violazione del Nafta.
Ma è il segnale di un cambio di atmosfera. Vent'anni dopo, la globalizzazione è sotto accusa anche nei "templi" che ne avevano celebrato la religione. Basta aprire il sito del Wto per trovarvi un lungo e approfondito studio dal titolo "Delocalizzazioni, occupazione: come rendere la globalizzazione socialmente sostenibile?".
ROBERT GATES E HILLARY CLINTONROBERT GATES E HILLARY CLINTON
Il Fondo monetario internazionale, a lungo identificato con l'ortodossia liberista del "Washington consensus", nel suo sito ospita una lunga ricerca su questo tema: "La globalizzazione abbassa i salari e trasferisce all'estero i posti di lavoro?". Qualcosa sta cambiando anche nelle tendenze dell'economia reale. A una recente convention della multinazionale danese Maersk, la più grande compagnia marittima mondiale e il leader nel trasporto di container, sono state proiettate analisi che dimostrano come il traffico merci internazionale «rallenta» rispetto alla crescita mondiale.
Il premio Nobel Joseph Stiglitz (nell'analisi che qui pubblichiamo) invita Obama a non affrettare i tempi dei nuovi trattati di libero scambio. Ce ne sono due in gestazione, uno tra gli Usa e le economie del Pacifico, l'altro tra gli Usa e l'Unione europea che verrà evocato da oggi negli incontri di Obama all'Aia (G7), a Bruxelles (Ue e Nato), a Roma. Un altro premio Nobel, Paul Krugman, fu uno dei primi teorici della globalizzazione ma oggi non esita a dichiarare che «è stata governata malissimo». Una tesi mette in diretta correlazione la stagnazione dei redditi da lavoro, e la concorrenza dei paesi senza sindacato come la Cina.
Hillary e Bill Clinton e c a bb d c c ed ffcfHILLARY E BILL CLINTON E C A BB D C C ED FFCF
Analisi più sofisticate indicano che la globalizzazione è una concausa, insieme con il progresso tecnologico che ha ridotto l'uso della forza lavoro soprattutto nelle mansioni meno qualificate.
Tutto questo però non basta a spiegare la dilatazione delle diseguaglianze. Gli stipendi dei chief executive dovrebbero essere sottoposti alle stesse pressioni al ribasso: oggi la Silicon Valley californiana pullula di giovani manager venuti dall'India. Invece le paghe dei top manager sono schizzate verso l'alto mentre gli stipendi del ceto medio hanno perso quota ovunque.
La globalizzazione, nelle analisi più raffinate di Daron Acemoglu, James Robinson e Chrystia Freeland, è stata usata dalle elite per costruire una "società estrattiva": con una mobilità sociale bloccata, un potere politico influenzato dalle lobby, normative fiscali che accentuano le diseguaglianze garantendo l'elusione alle rendite finanziarie. Il bilancio che ne fa Stiglitz è confermato dal Census Bureau federale: «Un lavoratore maschio adulto in America oggi guadagna meno di 40 anni fa».
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/aridatece-il-muro-di-berlino-nel-1994-clinton-firm-il-trattato-di-libero-scambio-74211.htm

domenica 23 marzo 2014

Le grandi famiglie che governano il mondo 9 Novembre 2011 Archiviato in Economia , Notizie , Politica Posted by Realnews24

Alcune persone hanno iniziato a rendersi conto che ci sono grandi gruppi finanziari che dominano il mondo.Dimenticate gli intrighi politici, conflitti, rivoluzioni e guerre. Non è un puro caso. Tutto è stato pianificato per lungo tempo.
Alcuni lo chiamano "teorie della cospirazione" o Nuovo Ordine Mondiale. In ogni caso, la chiave per comprendere le vicende politiche ed economiche attuali è un nucleo ristretto di famiglie che hanno accumulato più ricchezza e potere.
Stiamo parlando di 6, 8 o forse 12 famiglie che veramente dominano il mondo. Sappiate che è un mistero difficile da svelare.
Non saremo lontani dalla verità citando Goldman Sachs, Rockefeller, Loebs Kuh e Lehmans a New York, i Rothschild di Parigi e Londra, i Warburg di Amburgo, Parigi e Lazards Israel Moses Seifs Roma.
Molte persone hanno sentito parlare del Gruppo Bilderberg, Illuminati o la Commissione Trilaterale. Ma quali sono i nomi delle famiglie che gestiscono il mondo e che hanno il controllo degli stati e organizzazioni internazionali come l'ONU, la NATO o il FMI?
Per cercare di rispondere a questa domanda, possiamo iniziare con il più facile: inventario, più grandi banche del mondo, e vedere chi sono i soci sono e che prendono le decisioni.
Più grandi aziende del mondo sono ora: Bank of America, JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley.Let ora rivedere chi sono i loro azionisti.
Bank of America:
State Street Corporation, Vanguard Group, BlackRock, FMR (Fidelity), Paulson, JP Morgan, T. Rowe, capitale mondiale Investors, AXA, Bank of New York Mellon.
JP Morgan:
State Street Corp., Vanguard Group, FMR, BlackRock, T. Rowe, AXA, capitale mondiale Investor, Capital Global Research
Investor, Northern Trust Corp. e Bank of Mellon.
Citigroup:
State Street Corporation, Vanguard Group, BlackRock, Paulson, FMR, capitale mondiale degli investitori, JP Morgan, Northern Trust Corporation, Fairhome Capital Mgmt e Bank of New York Mellon.
Wells Fargo:
Berkshire Hathaway, FMR, State Street, Vanguard Group, capitale mondiale Investors, BlackRock, Wellington Mgmt, AXA, T. Rowe e Davis Selected Advisers.
Possiamo vedere che ora sembra esserci un nucleo presente in tutte le banche:. State Street Corporation, Vanguard Group, BlackRock e FMR (Fidelity) Per evitare di ripeterli, noi ora li chiamano le "quattro grandi"
Goldman Sachs:
"La grande quattro", Wellington, capitale mondiale Investors, AXA, Massachusetts Financial Service e T. Rowe.
Morgan Stanley:
"La grande quattro", Mitsubishi UFJ, Franklin Resources, AXA, T. Rowe, Bank of NY Mellon e Jennison Associates. Rowe, Bank of New York Mellon e Jennison Associates.
Possiamo quasi sempre verificare i nomi dei principali azionisti. Per andare oltre, possiamo ora cercare di scoprire gli azionisti di queste società e gli azionisti delle grandi banche mondiali.
Bank of NY Mellon:
Davis Selected, Massachusetts Financial Services, Capital Research Global Investor, Dodge, Cox, Southeatern Asset Mgmt.e ... "Big Four".
State Street Corporation (una delle "quattro grandi"):
Massachusetts Financial Services, Capital Research Global Investor, Barrow Hanley, GE, Putnam Investment e ... "quattro grandi" (azionisti stessi!).
BlackRock (un altro dei "quattro grandi"):
PNC, Barclays e CIC.
Chi c'è dietro il PNC? FMR (Fidelity), BlackRock, State Street, ecc
E dietro Barclays? BlackRock
E potremmo andare avanti per ore, passando dai paradisi fiscali nelle Isole Cayman, Monaco o il domicilio legale delle aziende Shell in Liechtenstein. Una rete dove le aziende sono sempre le stesse, ma mai un nome di una famiglia.
In breve: le otto maggiori società finanziarie statunitensi (JP Morgan, Wells Fargo, Bank of America, Citigroup, Goldman Sachs, US Bancorp, Bank of New York Mellon e Morgan Stanley) sono controllate al 100% da dieci azionisti e abbiamo quattro società sempre presentare in tutte le decisioni: BlackRock, State Street, Vanguard e Fidelity.
Inoltre, la Federal Reserve è composto da 12 banche, rappresentato da un consiglio di sette persone, che comprende
rappresentanti delle "quattro grandi", che a loro volta sono presenti in tutte le altre entità.
In breve, la Federal Reserve è controllata da quattro grandi aziende private: BlackRock, State Street, Vanguard e Fidelity. Queste aziende controllano la politica monetaria degli Stati Uniti (e del mondo), senza alcun controllo o scelta "democratica". Queste aziende avviate e hanno partecipato l'attuale crisi economica mondiale e sono riusciti a diventare ancora più arricchito.
Per finire, uno sguardo ad alcune delle società controllate da questo gruppo di "quattro grandi"
  • Alcoa Inc.
  • Altria Group Inc.
  • American International Group Inc.
  • AT & T Inc.
  • Boeing Co.
  • Caterpillar Inc.
  • Coca-Cola Co.
  • DuPont & Co.
  • Exxon Mobil Corp.
  • General Electric Co.
  • General Motors Corporation
  • Hewlett-Packard Co.
  • Home Depot Inc.
  • Honeywell International Inc.
  • Intel Corp.
  • International Business Machines Corp
  • Johnson & Johnson
  • JP Morgan Chase & Co.
  • McDonald Corp.
  • Merck & Co. Inc.
  • Microsoft Corp.
  • 3M Co.
  • Pfizer Inc.
  • Procter & Gamble Co.
  • United Technologies Corp.
  • Verizon Communications Inc.
  • Wal-Mart Stores Inc.
  • Time Warner
  • Walt Disney
  • Viacom
  • Di Rupert Murdoch News Corporation.,
  • CBS Corporation
  • NBC Universal
Lo stesso "quattro grandi" controllano la stragrande maggioranza delle imprese europee contati in borsa.
Inoltre, tutte queste persone corrono le grandi istituzioni finanziarie, come il FMI, la Banca centrale europea o la Banca Mondiale, e sono stati "addestrati" e restano "dipendenti" delle "quattro grandi" che li ha formati.
I nomi delle famiglie che controllano le "quattro grandi", non compaiono mai.
Tradotto dalla versione portoghese da:
Lisa Karpova
Pravda.Ru

Fonti:
  1. Pravda.ru
  2. Immagine
http://www.realnews24.com/the-large-families-that-rule-the-world/

(CASO) MORO PER SEMPRE: “ERO SULLA MOTO CHE IN VIA FANI HA PROTETTO LA STRAGE DELLE BRIGATE ROSSE E IL RAPIMENTO MORO. ERO UN AGENTE DEI SERVIZI SEGRETI” - 2. COMINCIA COSÌ LA LETTERA ANONIMA CONSEGNATA NEL 2009 A UN QUOTIDIANO. “QUANDO LA RICEVERETE, SARÒ MORTO DA SEI MESI. HO PASSATO LA VITA NEL RIMORSO, ORA IL CANCRO MI STA DIVORANDO E DEVO RACCONTARE LA VERITÀ SU CERTI FATTI” - 3. NELLA LETTERA, SU CUI ORA INDAGANO I PM DI ROMA, L’ANONIMO SPIEGAVA COME ARRIVARE A CHI GUIDAVA LA MOTO, “ANCHE LUI AGLI ORDINI DEL COLONNELLO CAMILLO GUGLIELMI” - 4. IL QUOTIDIANO LA CONSEGNO' ALLA QUESTURA, E OGGI PARLA IL POLIZIOTTO CHE CONDUSSE LE INDAGINI: “RINTRACCIAI LA CASA DELL’UOMO, TROVAI LE PISTOLE CON CUI AVREBBERO SPARATO ALL’INGEGNER GUGLIELMI PER EVITARE ‘DISTURBI’ ALL’AZIONE DELLE BR” - 5. L’UOMO MISTERIOSO È POI MORTO, LE PISTOLE DISTRUTTE SENZA FARE RILIEVI. “HO TROVATO TANTI OSTACOLI, E HO SCELTO DI ANDARE IN PENSIONE. MA NON POSSO TACERE”

MORO: EX POLIZIOTTO, DUE 007 SU HONDA PER COPRIRE BR - "RISCONTRI DA ACCERTAMENTI"SU ANONIMO.UNO SPARÒ CONTRO INGEGNERE
Paolo Cucchiarelli per l'ANSA
le auto di moro a via fani dopo l agguato delle brigate rosseLE AUTO DI MORO A VIA FANI DOPO L AGGUATO DELLE BRIGATE ROSSE

Gli ingredienti di un giallo ci sono tutti: la confessione post mortem, l'indagine di un poliziotto, la distruzione delle prove e la magistratura - quella romana - che comunque indaga: fine. Ma non è così se si parla del caso Moro. "Tutto è partito da una lettera anonima scritta dall'uomo che era sul sellino posteriore dell'Honda in via Fani. Diede riscontri per arrivare all'altro, quello che guidava la moto".
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
Enrico Rossi, ispettore di Ps in pensione, racconta all'ANSA la sua inchiesta passeggiando sulle colline di Torino, a due passi da Superga. Spiega con puntiglio e gentilezza sabauda che, secondo colui che inviò la lettera anonima - che si qualificava come uno dei due sulla moto - gli agenti avevano il compito di "proteggere le Br da disturbi di qualsiasi genere. Dipendevano dal colonnello del Sismi Camillo Guglielmi che era in via Fani la mattina del 16 marzo 1978". Tutta l'inchiesta è nata da una lettera anonima inviata a un quotidiano nell'ottobre 2009.
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
Eccola: "Quando riceverete questa lettera, saranno trascorsi almeno sei mesi dalla mia morte come da mie disposizioni. Ho passato la vita nel rimorso di quanto ho fatto e di quanto non ho fatto e cioè raccontare la verità su certi fatti. Ora è tardi,il cancro mi sta divorando e non voglio che mio figlio sappia. La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino; il nostro compito era quello di proteggere le Br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere. Io non credo che voi giornalisti non sappiate come veramente andarono le cose ma nel caso fosse così, provate a parlare con chi guidava la moto, è possibile che voglia farlo, da allora non ci siamo più parlati, anche se ho avuto modo di incontralo ultimamente...".
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
L'anonimo forniva elementi per rintracciare il guidatore della Honda: il nome di una donna e di un negozio di Torino. "Tanto io posso dire, sta a voi decidere se saperne di più". Il quotidiano all'epoca passò alla questura la lettera per i dovuti riscontri. A Rossi, che ha sempre lavorato nell'antiterrorismo, la lettera arriva sul tavolo nel febbraio 2011 in modo casuale. Non è protocollata e non sono stati fatti accertamenti, ma ci vuole poco a identificare il presunto guidatore della Honda di via Fani che secondo un testimone ritenuto molto credibile era a volto scoperto e aveva tratti del viso che ricordavano Eduardo De Filippo.
MOROMORO
"Non so bene perché ma questa inchiesta trova subito ostacoli. Chiedo di fare riscontri ma non sono accontentato. L'uomo su cui indago ha, regolarmente registrate, due pistole. Una è molto particolare: una Drulov cecoslovacca; pistola da specialisti a canna molto lunga, di precisione. Assomiglia ad una mitraglietta". "Per non lasciare cadere tutto nel solito nulla predispongo un controllo amministrativo nell'abitazione. L'uomo si è separato legalmente. Parlo con lui al telefono e mi indica dove è la prima pistola, una Beretta, ma nulla mi dice della seconda. Allora l'accertamento amministrativo diventa perquisizione e in cantina, in un armadio, ricordo, trovammo la pistola Drulov poggiata accanto o sopra una copia dell'edizione straordinaria cellofanata de La Repubblica del 16 marzo". Il titolo era: "Aldo Moro rapito dalle Brigate Rosse".
ALDO MORO E ENRICO BERLINGUER PROVE DI COMPROMESSO STORICO FOTO ANSAALDO MORO E ENRICO BERLINGUER PROVE DI COMPROMESSO STORICO FOTO ANSA
"Nel frattempo - continua Rossi - erano arrivati i carabinieri non si sa bene chiamati da chi. Consegno le due pistole e gli oggetti sequestrati alla Digos di Cuneo. Chiedo subito di interrogare l'uomo che all'epoca vive in Toscana. Autorizzazione negata. Chiedo di periziare le due pistole. Negato. Ho qualche 'incomprensione' nel mio ufficio. La situazione si 'congela' e non si fa nessun altro passo, che io sappia".
IL CORPO DI ALDO MORO FOTO ANSAIL CORPO DI ALDO MORO FOTO ANSA
"Capisco che è meglio che me ne vada e nell'agosto del 2012 vado in pensione a 56 anni. Tempo dopo, una 'voce amica' di cui mi fido - dice l'ex poliziotto - m'informa che l'uomo su cui indagavo è morto dopo l'estate del 2012 e che le due armi sono state distrutte senza effettuare le perizie balistiche che avevo consigliato di fare. Ho aspettato mesi. I fatti sono più importanti delle persone e per questo decido di raccontare l'inchiesta 'incompiuta'".
Rossi ricorda, sequestrò una foto, che quell'uomo aveva un viso allungato, simile a quello di De Filippo: "Sì, gli assomigliava". Fin qui l'ex ispettore, che rimarca di parlare senza alcun risentimento personale ma solo perché "quella è stata un'occasione persa. E bisogna parlare per rispetto dei morti".
rapimento aldo moro manifestoRAPIMENTO ALDO MORO MANIFESTO
Il signore su cui indagava Rossi è effettivamente morto - ha accertato l'ANSA - nel settembre del 2012 in Toscana. Le pistole sembrerebbero essere state effettivamente distrutte, ma il fascicolo che contiene tutta la storia dei due presunti passeggeri della Honda è stato trasferito da Torino a Roma dove è tuttora aperta un'inchiesta della magistratura sul caso Moro.

2. 36 ANNI DOPO L'HONDA DI VIA FANI RESTA UN MISTERO - I BR, NON È ROBA NOSTRA. DA MOTO SPARARONO CONTRO ING. MARINI
Paolo Cucchiarelli per l'ANSA
Per una volta sono tutti d'accordo: magistrati e Br. La Honda blu presente in via Fani il 16 marzo del 1978 è un mistero. I capi brigatisti hanno sempre negato che a bordo ci fossero due loro uomini, ma da quella moto si spararono - sicuramente - gli unici colpi verso un 'civile' presente sulla scena del rapimento, l'ingegner Alessandro Marini, uno dei testimoni più citati dalla sentenza del primo processo Moro.
Aldo MoroALDO MORO
Mario Moretti e Valerio Morucci sono stati sempre chiarissimi su quella moto blu di grossa cilindrata: 'Non è certamente roba nostra'. L'ingegner Marini si salvò solo perché cadde di lato quando una raffica partita da un piccolo mitra fu scaricata contro di lui 'ad altezza d'uomo' proprio da uno dei due che viaggiavano sulla moto. I proiettili frantumarono il parabrezza del suo motorino con il quale l'ingegnere cercava di 'passare' all'incrocio tra via Fani e via Stresa. Marini fu interrogato alle 10.15 del 16 marzo.
Aldo MoroALDO MORO
Il conducente della moto - disse - era un giovane di 20-22 anni, molto magro, con il viso lungo e le guance scavate, che a Marini ricordò "l'immagine dell'attore Edoardo De Filippo". Dietro, sulla moto blu, un uomo con il passamontagna scuro che esplose colpi di mitra nella direzione dell'ingegnere perdendo poi il caricatore che cadde dal piccolo mitra durante la fuga. La sera a casa Marini arrivò la prima telefonata di minacce: 'Devi stare zitto'. Per giorni le intimidazioni continuarono. Si rafforzarono quando tornò a testimoniare ad aprile e giugno. Poi l'ingegnere capì l'aria, si trasferì in Svizzera per tre anni e cambiò lavoro.
aldo moro prigioniero visto da tullio pericoliALDO MORO PRIGIONIERO VISTO DA TULLIO PERICOLI
Il caricatore cadde certamente dalla moto e Marini, dicono le carte, lo fece ritrovare ma questo non sembra essere stato messo a raffronto con i tre mitra (ritrovati in covi Br) che spararono in via Fani (ce ne è anche un quarto, mai ritrovato). Di certo da quella moto si sparò per uccidere Marini, tanto che i brigatisti sono stati condannati in via definitiva anche per il tentato omicidio dell'ingegnere. Marini d'altra parte confermò più volte durante i processi il suo racconto e consegnò il parabrezza trapassato dai proiettili.
BRIGATE ROSSEBRIGATE ROSSE
A terra in via Fani rimasero quindi anche i proiettili sparati dal piccolo mitra ma le perizie sembrano tacere su questo particolare. Sarebbe questa l'ottava arma usata in via Fani: 4 mitra, 2 pistole, oltre alla pistola dell'agente Zizzi, che scortava Moro, e quella in mano all'uomo della Honda: il piccolo mitra. Su chi fossero i due sulla Honda tante ipotesi finora: due autonomi romani in 'cerca di gloria' (ma perché allora sparare per uccidere?); due uomini della 'ndrangheta (ma non si è andati oltre l'ipotesi); o, come ha ventilato anche il pm romano Antonio Marini che ha indagato a lungo sulla vicenda, uomini dei servizi segreti o della malavita.
BRIGATE ROSSE MARIO MORETTIBRIGATE ROSSE MARIO MORETTI
I Br negano ma, ha detto il magistrato, "una spiegazione deve pur esserci. Io vedo un solo motivo: che si tratti di un argomento inconfessabile". Uomini della malavita o dei servizi? "Allora tutto si spiegherebbe". Certo che quella mattina a pochi passi da via Fani c'era, per sua stessa ammissione, Camillo Guglielmi, indicato alternativamente come addestratore di Gladio o uomo dei servizi segreti, invitato a pranzo alle 9.15 di mattina da un suo collega.
brigate rosseBRIGATE ROSSE
E Guglielmi è proprio l'uomo dei servizi chiamato in causa nella lettera anonima che ha dato il via a Torino agli accertamenti sui due uomini a bordo Honda, poi trasferiti a Roma. A Guglielmi si è addebitata anche la guida di un gruppo clandestino del Sismi incaricato di 'gestire' il rapimento Moro secondo un'inchiesta che è anche nell'archivio della Commissione stragi, in Parlamento
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-caso-moro-per-sempre-ero-sulla-moto-che-in-via-fani-ha-protetto-74133.htm