domenica 26 ottobre 2014

Ragazza attacca Barroso: "L'UE è schiavitù, un piano del NWO"

Una giovane italiana, Maria Cristina Spano, si è presentata alla premiazione dei principali esponenti dell'eurocrazia, Barroso, Van Rompuy e Schultz, organizzata dalla "Fondazione Jean Monnet" a Losanna il 17/10/2014; è riuscita ad intercettare Barroso, al quale ha rivolto un duro attacco in inglese. 

Se per qualche motivo non visualizzi il video clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=QkBGRLytzEI

Di seguito la trascrizione del video:

TESTO IN ITALIANO:
Per cosa sono queste medaglie d'oro?
L' Unione Europea non è altro che un pezzo del piano del Nuovo ordine Mondiale, il cui obiettivo è la schiavitù monetaria, politica e culturale, così come la depopolazione attraverso differenti mezzi tecnologici e pseudomedici come quelli correlati alla nutrizione; l'uccisione degli animali e la distruzione dell'intero pianeta Terra.

come abitante dell'Unione Europea posso certamente affermare che questo non è quel tipo di Europa in cui la maggior parte dei cittadini europei vogliono vivere, perché l'attuale Europa sembra essere sempre più una dittatura finanziaria ed un mucchio di bugie.

L' Unione Europea sta adorando un falso dio attraverso la massoneria che sta privando le persone e gli animali del loro diritto di vivere serenamente.

Questa non è unione europea, dal momento in cui la democrazia è stata rimpiazzata dalla dittatura.

Chi ti ha dato il diritto di prendere decisioni su più di 500 milioni di europei, dal momento in cui nessuno di loro ti ha mai eletto direttamente, né nemmeno ti conoscono?

Rivogliamo indietro la nostra sovranità monetaria, politica e culturale.

Questa non è democrazia!

TESTO IN INGLESE:

What are those golden medals for?

European Union is nothing else that a piece of the NWO plan, whose goals are the monetary, political and cultural slavery, as well as depopulation through different technological (as chemtrails) and pseudomedical tools as those nutrition related,the killing of animals and the destruction of the whole planet earth.

As inhabitant of the European Union I can state for sure that this is not the kind of Europe that most of European citizens want to live in, because the current Europe seems to be more and more a financial dictatorship and a bunch of lies.

European union is worshipping a false god through masonry which is depriving people and animals of their right to live peacefully.

This is not European Union, since democracy has been stolen by dictactorship.

Who gave you the right to take decisions over more than five hundred millions of Europeans, since none of them has never directly elected you, nor don't they even know you?

We want our monetary, political and cultural sovereignty back.


Fonte: nocensura.com

http://informatitalia.blogspot.it/2014/10/ragazza-attacca-barroso-lue-e-schiavitu.htm
 

sabato 25 ottobre 2014

Esplora il significato del termine: «Seri pericoli per Borsellino» La strage annunciata di via D’Amelio Una nota dei Carabinieri del 20 giugno 1992, un mese prima dell’attentato, avvertiva che il bersaglio, dopo Falcone, sarebbe stato il procuratore aggiunto di Palermo di Giovanni Bianconi«Seri pericoli per Borsellino» La strage annunciata di via D’Amelio Una nota dei Carabinieri del 20 giugno 1992, un mese prima dell’attentato, avvertiva che il bersaglio, dopo Falcone, sarebbe stato il procuratore aggiunto di Palermo di Giovanni Bianconi


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Non c’è soltanto l’allarme per un eventuale attentato contro Giovanni Spadolini o Giorgio Napolitano, ipotizzato da una «sottofonte» del Sismi nell’estate 1993, tra le nuove carte depositate nel processo sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia. 
C’è pure una nota riservata del comandante generale dell’Arma dei carabinieri, indirizzata al direttore del servizio segreto militare il 20 giugno 1992, che per l’accusa può forse rivelarsi più importante e significativa. Perché certifica che a quella data - un mese dopo la strage di Capaci in cui era stato ucciso Giovanni Falcone, e un mese prima di quella di via D’Amelio in cui sarà trucidato Paolo Borsellino - c’erano precisi segnali sul successivo bersaglio di Cosa nostra: il procuratore aggiunto di Palermo Borsellino, per l’appunto, che «correrebbe seri pericoli per la sua incolumità a causa delle ultime inchieste sulla mafia trapanese che, fortemente colpita dai recenti successi investigativi, ha di molto ridotto la propria credibilità in seno ai vertici dell’organizzazione». Non solo. In quello stesso appunto si ribadisce che erano a rischio anche i politici siciliani Calogero Mannino e Salvo Andò, già segnalati nelle informative successive all’omicidio di Salvo Lima, bollate dall’allora capo del governo Giulio Andreotti come una «patacca».
Pur senza usare il termine «trattativa», l’appunto del comandante dei carabinieri fa esplicito riferimento agli obiettivi perseguiti dalle bombe mafiose; e sembra collimare con l’idea del ricatto alle istituzioni ipotizzato dall’accusa nel processo che vede alla sbarra boss, ex ufficiali dei carabinieri ed esponenti politici dell’epoca. Tra i quali Mannino, che proprio temendo per la propria vita avrebbe dato l’input per avviare i primi contatti tra investigatori e «uomini d’onore». 
Scriveva il generale Antonio Viesti al direttore del Sismi: «Nel quadro dell’attività informativa finalizzata a chiarificare le attuali direttrici operative di Cosa Nostra, sono state acquisite da più fonti fiduciarie notizie circa l’intendimento dei vertici dell’organizzazione criminale di opporsi con determinazione all’attuale azione di contrasto dello Stato, agendo contemporaneamente su due fronti». Con le seguenti finalità: «Indurre un clima di grave intimidazione nei confronti di politici, per flemmatizzare l’impegno contro la criminalità, ed eliminare fisicamente alcuni inquirenti evidenziatisi nella recente, proficua attività di repressione».
Al di là della terminologia usata (il verbo flemmatizzare rientra nel linguaggio militare), al primo punto si può intravedere il presupposto della trattativa attraverso la minaccia ai politici; in particolare quelli siciliani, come Mannino e Andò, che secondo la vulgata poi riferita dai pentiti di mafia venivano considerati traditori di vecchi patti non rispettati, oppure «rami secchi» di un sistema dei partiti a cui Cosa nostra s’era appoggiata in passato e che non serviva più. 
Quanto agli inquirenti nel mirino, il nome di Paolo Borsellino scritto in maiuscolo continua a suscitare impressione anche a ventidue anni di distanza: un mese dopo quella informativa, trasmessa a tutti i ministeri e uffici competenti, il commando mafioso poté agire indisturbato davanti all’abitazione della madre del magistrato, dove Borsellino si recava regolarmente; non si riuscì nemmeno a imporre un divieto di sosta con rimozione automezzi per evitare che vi venisse parcheggiata l’autobomba utilizzata il 19 luglio ‘92 per uccidere lui e cinque agenti di scorta.
L’appunto dei carabinieri indica come possibili vittime della mafia anche due carabinieri all’epoca in servizio a Palermo: il capitano Umberto Sinico e il maresciallo Carmelo Canale, che lavorava con Borsellino. Nel processo di primo grado contro l’ex generale Mario Mori (ora imputato anche per la trattativa), nel 2012, proprio Sinico testimoniò che a fine giugno ‘92 lui stesso comunicò al magistrato di aver appreso da un confidente che il prossimo bersaglio sarebbe stato lui. 
Borsellino gli rispose di esserne consapevole, ma di voler affrontare il pericolo senza alzare troppo le misure di sicurezza per non mettere in pericolo i suoi cari: «Devo lasciare qualche spiraglio, altrimenti se la prendono con la mia famiglia». 

mercoledì 22 ottobre 2014

IL CRAC ITALIA VISTO DALL’AMERICA - KRUEGER: “CI VORRANNO 10 ANNI PRIMA CHE IL SISTEMA BANCARIO TORNI AI LIVELLI PRE-CRISI. DOVETE INVESTIRE SUL TURISMO, SIETE TROPPO INDIETRO RISPETTO A FRANCIA E SPAGNA” Per l’ex capo dei consiglieri economici di Obama “le banche italiane hanno troppi prestiti in sofferenza. Le riforme del mercato del lavoro, della giustizia e della pubblica amministrazione sono urgentissime. Ma anche Berlino deve cambiare atteggiamento e riequilibrare l’Eurozona”...

Da “America 24” - www.radio24.it

1. STRESS TEST - ALAN KRUEGER, ECONOMISTA VICINO A OBAMA A RADIO 24: “IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO HA TROPPI PRESTITI IN SOFFERENZA: CI VORRÀ COMUNQUE UN DECENNIO PRIMA CHE SI TORNI AI LIVELLI PRE-CRISI”

ALAN KRUEGERALAN KRUEGER
“ Ne sapremo di più quando il prossimo round di stress test sarà completato ma credo sia chiaro che il sistema bancario italiano ha troppi prestiti in sofferenza. L’FMI calcola che se l’Italia triplica la velocità con cui smaltisce questi prestiti, ci vorrà comunque un decennio prima che si torni ai livelli pre-crisi. Quindi c’è molto lavoro da fare.”

Lo afferma ad America24 di Mario Platero su Radio 24 l’economista americano Alan Krueger ex capo dei consiglieri economici della Casa Bianca oggi professore a Princeton  “I nuovi T-Ltro (Targeted long term refinancing operation) annunciati da Mario Draghi  aiuteranno. Certo le banche non ne hanno approfittato come ci si aspettava - continua a Radio 24 - e allora ci vuole un piano soprattutto per aiutare le piccole medie imprese. Anche se le banche che vi hanno fatto ricorso sono minori di quanto sperato, secondo me si tratto comunque di un buon numero.”
ALAN KRUEGER E BARACK OBAMAALAN KRUEGER E BARACK OBAMA

Una differenza fra America e Italia? domanda Platero. “Da noi le aziende, dopo la crisi hanno ritrovato una stabilità finanziaria. In Italia la maggioranza dei prestiti in sofferenza è nel settore aziendale. A livello europeo c’è bisogno di rafforzare l’unione bancaria per avere garanzie sui depositi, cosa che aiuterebbe anche l’Italia. E’ una situazione molto difficile perché da una parte ci sono pochi investimenti e la domanda è debole, dall’altra le banche sono preoccupate e faticano a concedere prestiti.

Comunque sia, spero che la presidenza Obama riesca a chiudere l’accordo per il commercio e l’investimento transatlantico entro due anni. Ma anche in assenza di un accordo credo che l’Italia abbia la possibilità di aumentare il suo export verso gli Stati Uniti. L’euro è più debole e questo trend probabilmente continuerà.”


2. KRUEGER: “BERLINO DEVE CAMBIARE ATTEGGIAMENTO E PRENDERE MISURE PER RIEQUILIBRARE L’EUROZONA. IL RISCHIO DEL 40% DI UNA RECESSIONE EUROPEA È TROPPO ALTO”

Matteo Agnese Renzi Barack Michelle ObamaMATTEO AGNESE RENZI BARACK MICHELLE OBAMA
“L'FMI calcola nel 40% le probabilità di una recessione europea l’anno prossimo. Il rischio del 40% è troppo alto. In particolare ci sono misure che la Germania potrebbe prendere per cercare di riequilibrare l’Eurozona e che potrebbero aiutare a rafforzare il resto dell’Europa”.

Lo dice l’economista Alan Krueger ad America24 di Mario Platero su Radio 24. “E’ nell’interesse stesso della Germania rafforzare l’eurozona perché esporta moltissimo in Europa e avere clienti deboli non è nel suo interesse. Se il rallentamento arriva in Germania forse vedremo un cambiamento nell’atteggiamento di Berlino verso la crisi.”


3. KRUEGER: “ITALIA, RIFORME URGENTISSIME DEL MERCATO DEL LAVORO, DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E L’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA CHE AL MOMENTO È MOLTO INEFFICIENTE. DOVREBBE INVESTIRE SUL TURISMO PRIMA DI TUTTO”

Draghi RenziDRAGHI RENZI
“Le riforme strutturali in Italia sono urgentissime. E’ incredibile che, tenendo conto dell’inflazione, il Pil italiano è inferiore a quand’era nel 2001 prima dell’introduzione dell’Euro. Ci sono stati progressi, ad esempio il deficit strutturale di bilancio è migliorato, ma le riforme ci vogliono per aumentare la produttività e per attirare investimenti anche esteri. Il mercato del lavoro è troppo rigido e credo che l’Italia abbia aspettato fin troppo per fare queste riforme.

angela merkel e barack obamaANGELA MERKEL E BARACK OBAMA
Nel mercato del lavoro, che si diano degli incentivi per assumere, soprattutto i giovani . Il sistema giudiziario va riformato, è troppo lento e costoso e certamente non favorisce lo sviluppo di nuove imprese e poi si deve riformare l’amministrazione pubblica che al momento è molto inefficiente.”

Lo dice Alan Krueger, economista, intervistato da Mario Platero in America24 su Radio 24. Kruger aveva anche partecipato a un convegno organizzato da Banca Intesa durante le riunioni organizzate dal Fmi. In quell'occasione aveva lanciato un appello per rafforzare il tasso di crescita in Europa.

Mario Platero foto di MarinoPaoloniMARIO PLATERO FOTO DI MARINOPAOLONI
”Cambiare non è mai facile e l’Italia ha bisogno di un’economia più dinamica.  – continua Krueger ai microfoni di Mario Platero - Certo c’è il rischio che le riforme vengano fatte male ma prevedere per esempio un contratto di lavoro uniforme ma graduale in cui le buonuscite e le restrizioni sui licenziamenti evolvono con l’anzianità del lavoratore può certamente aiutare i giovani a mettere un piede dentro le aziende e cominciare un percorso lavorativo, cosa di cui l’Italia ha un gran bisogno. Ci sono poi grosse differenze regionali dove il sud conta circa un quarto dei posti di lavoro ma metà della disoccupazione di lungo termine.”
schauble MERKELSCHAUBLE MERKEL

Sugli investimenti che il Paese Italia dovrebbe fare, per Krueger: “L’Italia è regina dell’export, eccelle nella moda, nella meccanica di precisione, produzione di macchinari e così via. Ma ci sono settori in cui l’Italia dovrebbe investire, Il turismo prima di tutto, L’Italia può offrire molto ma il settore non ha la dimensione che dovrebbe e le aziende tendono ad essere di piccole dimensioni. Possibile che la Spagna attragga 25% più turisti dell’Italia e l’Italia abbia la metà dei turisti della Francia? Eppure è così.” conclude a Radio 24.

merkel renzi napolitanoMERKEL RENZI NAPOLITANO

martedì 14 ottobre 2014

SCAZZO CON LA SVIZZERA SULL’ACCORDO FISCALE – LA MINISTRA DI BERNA: “HO PARLATO CON 4 MINISTRI DIVERSI E OGNI VOLTA SI RICOMINCIA” – PADOAN: “NON SIAMO NOI CHE PRENDIAMO IN GIRO LA CONTROPARTE” A margine dei lavori del Fondo Monetario a Washington c’è stato un breve incontro. La Widmer-Schlumpf: “La mia pazienza ha un limite, accordo entro e non oltre la primavera prossima”. La replica di Padoan: “In questi mesi ho registrato da parte della delegazione svizzera atteggiamenti ondivaghi”…

Da “la Stampa

MONTI CON LA PRESIDENTE SVIZZERA WIDMER SCHLUMPFMONTI CON LA PRESIDENTE SVIZZERA WIDMER SCHLUMPF
È «guerra» fiscale tra Italia e Svizzera. A scendere in campo, addossando l’uno all’altro le colpe di una intesa difficile, sono stati i ministri dell’Economia dei due paesi. Il fuoco alle polveri l’ha dato la svizzera Widmer-Schlumpf, che dopo aver incontrato Padoan a Washington a margine degli incontri del Fmi ha lasciato trapelare l’urgenza di un accordo e la minaccia di ritorsioni sui lavoratori transfrontalieri. «Ho detto a Padoan che la mia pazienza ha un limite», ha detto lanciando l’ultimatum per un accordo «entro e non oltre la primavera prossima».
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOANMATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN

I toni accesi, con un riferimento ai quattro ministri dell’economia che si sono succeduti «e con i quali ho dovuto ricominciare ogni volta una nuova conversazione, rispondendo poi alle stesse domande», non sono piaciuti in Via XX Settembre. Il ministro Pier Carlo Padoan ha così diffuso una nota di fuoco: «In questi mesi ho registrato da parte della delegazione svizzera atteggiamenti ondivaghi, quelli che prendono in giro la controparte non siamo noi». 
la dogana di chiassoLA DOGANA DI CHIASSO

La ricostruzione dell’incontro a Washington che Padoan affida alla nota non coincide con quella della collega svizzera. «Ho letto con grande stupore - scrive - dichiarazioni che non riflettono il contenuto del brevissimo scambio di battute avuto a margine degli incontri del Fmi. Se è vero che in Italia si sono succeduti diversi ministri in pochi anni - ammette Padoan - la linea del governo è invece rimasta coerente nel tempo. Piuttosto, in questi mesi ho registrato da parte della delegazione svizzera atteggiamenti ondivaghi, e a ogni passo avanti si è accompagnato qualche passo indietro».
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/scazzo-svizzera-sull-accordo-fiscale-ministra-berna-ho-86446.htm

martedì 7 ottobre 2014

LINGOTTI IN FUGA – AGNELLI PIÙ FORTI DI PRIMA, MA SERVIRANNO ALTRI SOCI – ALLA VIGILIA DELLA QUOTAZIONE A WALL STREET LA FAMIGLIA STUDIA COME USARE QUEL 10-15% IN PIÙ DI DIRITTI DI VOTO Il tesoretto dei diritti di voto che eccedono la quota azionaria del 30% può servire a far entrare quei nuovi soci americani che Marchionne sta cercando. Ma può anche evitare di ricorrere a quell’aumento di capitale che la Borsa giudica irrinunciabile per finanziare il rilancio di Alfa Romeo…

Paolo Griseri per “Affari & Finanza - la Repubblica

john e lavinia elkann 74c3ed69cee473732d478e811ebc1c47JOHN E LAVINIA ELKANN 74C3ED69CEE473732D478E811EBC1C47
Accadrà di pomeriggio, alla fine delle contrattazioni. Tecnicamente infatti quella di Fca non è una 'Initial public offering', un'offerta pubblica iniziale di azioni. E solo alle Ipo è concesso l'onore di aprire le danze nella giornata finanziaria di Wall Street. Alle società già quotate altrove che scelgono di sbarcare alla Borsa di New York o di tornarci dopo un lungo periodo di assenza è invece concesso il privilegio di suonare la campana che chiude la giornata di contrattazioni.

Alle 16 del 13 ottobre prossimo, quando in Italia saranno le 22, John Elkann e Sergio Marchionne suoneranno quella campana. Per festeggiare il listing di Fca, quella che per gli italiani è la nuova Fiat e per gli investitori Usa è semplicemente il ritorno di Chrysler in Borsa. Gli effetti della quotazione a Wall Street saranno diversi e non tutti immediatamente percepibili. Il primo, nelle intenzioni dei vertici del Lingotto, sarà quello di aumentare il numero di azionisti americani nella società.

SERGIO MARCHIONNESERGIO MARCHIONNE
Nelle settimane scorse, a ridosso della bufera sul diritto di recesso e la possibilità che restituisse le azioni più del 5 per cento del capitale sociale (con la conseguenza di far fallire l'intero progetto di fusione), il verbale dell'assemblea straordinaria degli azionisti Fiat ha fatto emergere un quadro per certi aspetti inedito. Perché accanto ai tradizionali soci europei era stata rappresentata alla riunione una cospicua quota di azionisti americani anche di modesto peso: fondi pensione di insegnanti di questo o quello stato, associazioni professionali, banche di piccolo taglio.

FCAFCA
Naturalmente la gran parte degli azionisti americani non ha partecipato all'assemblea di agosto, né per delega né, tantomeno, di persona. Questo fa ritenere che, dietro quei piccoli azionisti visibili si nasconda un gran numero di altri soci americani, un azionariato già diffuso. Dunque, nei road show che Marchionne e il suo responsabile finanziario Richard Palmer, si preparano a compiere nelle prossime settimane ('Ho detto a Richard: preparati almeno due cambi di biancheria'), l'obiettivo sono i grandi gruppi finanziari, quelli in grado di orientare le scelte del parco buoi di Wall Street.

Il rischio infatti è di fare la fine di Cnh, la società dei trattori e dei camion nata dallo spin off di Fiat, quotata a Wall Street e tuttora mossa negli scambi soprattutto nell'originaria piazza milanese dove ha mantenuto la quotazione secondaria. Ma come allettare i grandi investitori Usa? Fca infatti non è una nuova società e dunque non porterà alla Borsa di New York un titolo totalmente nuovo ma un'azione che nasce dalla conversione di una share precedentemente esistente, l'azione Fiat.

alfa romeoALFA ROMEO
C'è bisogno di un chip, di una quota di azioni da gettare sul piatto per offrirla ai nuovi arrivati. Il tesoretto, ha più volte detto Marchionne in questi giorni, potrebbe arrivare da parte delle azioni consegnate per esercitare il diritto di recesso. Solo mercoledì si saprà quanti tra gli attuali soci hanno esercitato i diritti di opzione e prelazione sui titoli provenienti dal recesso, poco meno del 5 per cento per un valore complessivo superiore ai 400 milioni di euro. Si prevede che, tirate le somme, rimanga a disposizione del tesoretto una somma compresa tra il 2 e il 3 per cento.

Che potrebbe rappresentare il primo incentivo, nel breve termine, per chiamare a raccolta gli investitori d'oltreoceano. Sul medio periodo invece la questione si fa più complessa e ha a che vedere con i diritti di voto concessi dalla legge olandese agli azionisti di lungo corso delle società. Un provvedimento preso a suo tempo dai governi dell'Aia per scoraggiare i fondi di investimento mordi e fuggi e spingere le società ad affidarsi a soci più stabili.

Con il risultato di attirare in Olanda una gran quantità di aziende che prendono la sede legale nei Paesi Bassi per poter sfruttare i vantaggi del doppio voto concesso ai soci di lungo corso. Nel caso di Fca questo sistema potrebbe teoricamente avere due conseguenze. Se tutti gli attuali soci di Fiat eserciteranno l'opzione che consente loro di raddoppiare i diritti di voto, le proporzioni tra gli azionisti rimarrebbero sostanzialmente immutate: Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli, avrebbe il 30 per cento dei diritti di voto in Fca, la stessa percentuale che ha oggi in Fiat.
Chrysler Fiat Assembly Plant Toluca MessicoCHRYSLER FIAT ASSEMBLY PLANT TOLUCA MESSICO

Se anche gli altri soci esercitassero il diritto di ottenere il voto doppio, rimarrebbero con l'attuale 70 per cento complessivo. All'estremo opposto, se solo Exor decidesse di esercitare il diritto di voto doppio, rimarrebbe con il 46,15 per cento dei voti. Infatti l'attuale 30 per cento degli Agnelli diventerebbe teoricamente il 60 ma dovrebbe in parte diluirsi per il modificarsi del denominatore: 60 più 70 fa 130 e non 100. E 60 rappresenta il 46,15 per cento di 130.

È matematicamente impossibile dunque che l'attuale 30 per cento di Exor superi, con il raddoppio dei diritti di voto, la soglia del 50 per cento. Un argomento che deve essere stato decisivo, nei giorni del recesso, per convincere una parte dei soci critici verso l'aumento di peso degli Agnelli nella nuova società, a non restituire il titolo. In sostanza, con la nascita di Fca, Exor si troverà ad avere tra il 30 e il 46,15 per cento dei diritti di voto a seconda delle scelte degli altri soci.

Logo \"Chrysler\"LOGO \"CHRYSLER\"
È probabile che alla fine gli Agnelli si troveranno in mano circa il 40 per cento dei diritti di voto, il 10 per cento in più di quelli che hanno oggi in Fiat. Un bel gruzzolo e una potenziale leva per stringere accordi anche finanziari con altri partner al momento giusto. Anche perché con il trasferimento in Olanda perde importanza la soglia del 30 per cento delle azioni che secondo la legge italiana è quella che garantisce a chi la detiene il controllo della società perché obbliga chi voglia effettuare una scalata ostile a lanciare un'opa sull'intero capitale circolante. In Olanda la soglia del 30 per cento non esiste e dunque, teoricamente, gli Agnelli potrebbero diluirsi anche sotto il 30 per cento senza particolari conseguenze.

Così, entro la fine dell'anno, il volto finanziario della Fiat è destinato a modificarsi radicalmente e senza possibilità di ritorno. Sarà contemporaneamente una società più aperta, perché quotata sulla principale piazza mondiale, e più chiusa, perché posseduta dall'azionista di maggioranza in quote maggiori di quelle di oggi.

ChryslerCHRYSLER
Ma proprio questo apparente paradosso potrebbe servire a gettare le basi per ulteriori evoluzioni, come quei piloni di cemento armato che svettano sui tetti delle case in costruzione in attesa che qualcuno decida di realizzare il piano successivo. Quel cuscino del 10-15 per cento in più di diritti di voto che gli Agnelli avranno in Fca potrebbe servire a far entrare nuovi soci o anche ad evitare di ricorrere a quell'aumento di capitale che la Borsa da tempo chiede a gran voce giudicando impossibile che il Lingotto possa finanziare con le attuali forze il piano di rilancio dell'Alfa Romeo.

Un piano da 5 miliardi di euro che l'ingresso di nuovi partner potrebbe rendere meno gravoso per gli attuali azionisti. Il dilemma dovrà essere sciolto il 29 ottobre, in occasione del consiglio di amministrazione Fca in programma a Londra.

Ci sono dunque due settimane a disposizione di Marchionne e Richard Palmer, quelle che intercorrono tra il giorno della quotazione a Wall Street e la riunione londinese, per sciogliere i nodi, trovare gli impegni dei nuovi investitori e proporre al cda un piano operativo in grado di garantire investimenti fino al 2016 quando l'ad ritiene che l'arrivo sul mercato dei nuovi modelli sarà in grado di generare cassa senza bisogno di ricorrere a nuove iniezioni di denaro. Chiusa con la quotazione a Wall Street la partita della fusione con Chrysler, sarà dunque questa la nuova partita per Sergio Marchionne. 

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/lingotti-fuga-agnelli-pi-forti-prima-ma-serviranno-altri-soci-85975.htm

lunedì 6 ottobre 2014

EBOLA - PER PETER PIOT, L’EPIDEMIOLOGO CHE NEL ’76 PER PRIMO ISOLÒ IL VIRUS, L’EPIDEMIA NON E’ AFFATTO SOTTO CONTROLLO: “L’OMS SI E’ MOSSA IN RITARDO. RISCHIAMO CHE IL VIRUS SI ESPANDA IN TUTTO IL MONDO” Piot: “Ci siamo mossi tutti in ritardo. Ebola ha raggiunto uno stadio tale da poter essere considerata endemica. Forse non è più possibile debellare il virus in Africa occidentale. Il che non solo comporterebbe decine di migliaia di morti ma non sarebbe più possibile impedire la diffusione del virus in tutto il mondo”…

Articolo di Hans Brandt pubblicato da “la Repubblica” - Traduzione di Emilia Benghi

thomas eric duncan primo malato di ebola in americaTHOMAS ERIC DUNCAN PRIMO MALATO DI EBOLA IN AMERICA
Nei mercati della Sierra Leone, della Liberia, Ghana, Camerun, Congo, Uganda e Ruanda i cumuli di grate di legno con scimmie, ratti, pipistrelli e istrici affumicati in vendita sono la normalità. La selvaggina della foresta pluviale è un alimento base in molte zone dell’Africa: dove fa sempre caldo e non esistono frigoriferi il modo migliore per conservare la carne è l’affumicazione. Cucinata in umido, speziata, accompagnata da manioca, la carne di scimmia sa di fumo per i palati non avvezzi, ma per gli indigeni è una prelibatezza. Ma soprattutto un pericolo mortale.

«Noi umani siamo ospiti casuali del virus, da cui veniamo infettati durante la caccia o la macellazione e uccisi nell’arco di due settimane», spiega Peter Piot. L’epidemiologo belga nel 1976 fece parte del team che scoprì in Congo il virus. Oggi a capo dell’Istituto di Igiene e Medicina Tropicale di Londra, Piot è un esperto a livello mondiale degli agenti patogeni che si trasmettono dagli animali all’uomo.
EBOLAEBOLA

Dal suo studio, circondato da maschere e stoffe africane, torna a lanciare l’allarme sulle disastrose conseguenze dell’epidemia Ebola e a spronare i Paesi industrializzati a fornire con urgenza aiuti più consistenti. «Ebola è un semplice da circoscrivere. Si tratta di basilari norme igieniche: isolamento, quarantena e protezione del personale addetto». Che è quel che manca in Guinea, Sierra Leone e Liberia, paesi tra i più poveri del mondo, che escono da decenni di guerra civile.

Nel 1976 quando Piot lavorava come giovane medico ad Anversa. «Ci arrivarono due provette contenenti il sangue di una suora belga morta in Congo di un morbo sconosciuto». Un medico di Kinshasa aveva messo le provette in un termos riempito di ghiaccio e aveva spedito il tutto in Europa come pacco postale.

ebola liberia 3EBOLA LIBERIA 3
Nessuno sapeva che il termos blu conteneva un agente patogeno letale. «Quando il termos arrivò da noi il ghiaccio si era sciolto, una delle provette si era rotta e la seconda galleggiava in un misto di schegge, sangue e acqua». Nel momento in cui se ne stabilì il grado di pericolosità il virus fu trasferito in un laboratorio di massima sicurezza negli Usa e Piot partì per il Congo con un team internazionale a guida americana per scoprire l’origine del nuovo pericolo.

«Dal punto di vista del virus l’uomo non è un buon ospite», spiega oggi Piot. «Moriamo troppo in fretta. Ma il virus colpisce dove gli uomini sono più deboli, in condizioni di povertà e in assenza di un sistema sanitario».

In Africa occidentale si profila una catastrofe di dimensione completamente diversa, avverte. Si è venuta a creare una “tempesta perfetta”: «È la combinazione di regimi corrotti, diffidenza nei confronti della medicina occidentale, riti tradizionali di inumazione e la reazione tardiva delle autorità nazionali e internazionali». L’Oms ha dichiarato lo stato di emergenza solo in agosto.
PETER PIOTPETER PIOT

«Ci siamo mossi tutti in ritardo», dice Piot. La settimana scorsa ha di nuovo lanciato l’allarme. «In assenza di un massiccio incremento degli aiuti sarà impossibile controllare l’epidemia», scrive insieme all’esperto di malattie tropicali Jeremy Farrar dell’università di Oxford sul New England Journal of Medicine .

Uno scenario terrificante: «Ebola ha raggiunto uno stadio tale da poter essere considerata endemica. In altri termini: forse non è più possibile debellare il virus in Africa occidentale. Il che non solo comporterebbe decine di migliaia di morti ma metterebbe in ginocchio i paesi della regione. E non sarebbe più possibile impedire la diffusione del virus in tutto il mondo».

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ebola-peter-piot-epidemiologo-che-76-primo-isol-virus-85883.htm



giovedì 2 ottobre 2014

KILLING OBAMA - DOPO I DISASTRI DELLA SICUREZZA, SILURATA LA CAPA DEL SECRET SERVICE - E TORNA IL FANTASMA AMERICANO: L’ASSASSINIO DEL PRIMO PRESIDENTE NERO Un intruso nella Casa Bianca, spari contro le finestre, pregiudicati armati in ascensore con lui: tutte occasioni in cui Obama poteva essere fatto fuori come Lincoln o Kennedy - Il corpo del Secret Service ha settemila dipendenti, ma i veri Men in Black, che fanno giuramento sono 4.400. In mezzo a scandali continui...

Federico Rampini per “la Repubblica

Obama infastidito dalla mosca durante il discorso alla Casa Bianca Obama infastidito dalla mosca durante il discorso alla Casa Bianca
Un intruso penetra indisturbato nella Casa Bianca, arriva a pochi metri dalla sua camera da letto. Un altro spara e colpisce le finestre del suo appartamento. Un pregiudicato armato prende l’ascensore insieme a lui. Il Secret Service nella bufera, la sua capa Julia Pierson è costretta a dimettersi dopo che il Congresso l’ha accusata di negligenza grave, incompetenza, quasi alto tradimento.

E al centro c’è Lui, il “corpo mistico” del presidente, oggetto di una protezione che si presumeva straordinaria, circondata a sua volta di leggende, miti. E paure inconfessabili. In questo scandalo che distrugge la reputazione del Secret Service e decapita il suo vertice c’è un non-detto, il tema che aleggia negli infuocati dibattiti parlamentari, nell’attenzione quasi morbosa dell’opinione pubblica e dei media.
washington dc casa bianca washington dc casa bianca

È l’assassinio di Barack Obama. L’uccisione del primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti. Peggio che John Kennedy a Dallas nel 1963? Un evento simile forse ricorderebbe Abraham Lincoln, precipiterebbe in un baratro quest’America che non ha davvero superato le ferite razziali (vedi Ferguson). Solo un deputato di destra, il repubblicano Jason Chaffetz dello Utah (lo Stato dei mormoni e di Mitt Romney), ha evocato il tabù.

Chaffetz, che presiede la commissione di vigilanza sul Secret Service alla Camera, ha detto durante le audizioni sullo scandalo: «Le parole non sono abbastanza forti per esprimere l’indignazione che sento, verso la sicurezza minacciata del presidente e della sua famiglia. La sua vita era in pericolo. Questa nazione sarebbe molto diversa oggi, se quell’uomo avesse usato la sua arma». Si riferiva all’incidente dell’ascensore. Avvenuto, ironia della sorte, mentre Obama andava a fare il punto sulle strategie di prevenzione per salvare gli americani dal contagio del virus Ebola, al Center for Disease Control di Atlanta.
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Il presidente sale su un ascensore circondato dagli uomini della scorta. Ma c’è anche uno sconosciuto. Che usa il cellulare. I bodyguard gli chiedono di spegnerlo, in base al “protocollo” di sicurezza nelle vicinanze del presidente. È solo perché l’energumeno si rifiuta di fare un gesto così banale, che lo fermano e lo interrogano: era armato e pregiudicato. Erano passati solo pochi giorni dall’altro incidente, l’intruso penetrato molto addentro alla Casa Bianca, e ormai tutta l’America ne conosce a memoria il percorso.
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Come se fosse la profanazione di un luogo magico, leggendario, protetto (credevamo) da un’aureola di sacralità. L’intruso non fa acrobazie alla Tom Cruise in Mission Impossible, non è l’Uomo Ragno che scala in verticale i muri. No, entra dall’ingresso principale come fosse un capo di Stato straniero: North Portico. Supera la Entrance Hall, poi la Cross Hall, i saloni di rappresentanza. Punta dritto verso l’area più privata, la residenza della First Family.

Arriva alla East Room, ormai in vista delle tre stanze da letto dove dormono i coniugi Barack e Michelle, le figlie (i quali a onor del vero non sono lì in quel momento). Un agente comincia a rincorrerlo solo nel corridoio della Cross Hall, ci mette un po’ prima di bloccarlo. Ormai quel percorso a ostacoli, come in un videogame, lo conosciamo tutti, dopo centinaia di simulazioni proiettate da tutte le tv d’America.
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Anche noi, in qualche modo, abbiamo profanato il santuario. Colpisce la discrezione di Obama, il meno loquace di tutti i politici, avaro di commenti sulla débacle del Secret Service anche dopo avere accettato le dimissioni della Pierson, ringraziandola in una telefonata personale. Parlare del proprio “corpo mistico” è imbarazzante?

Anche prima che arrivasse Obama, cioè il presidente più vulnerabile della storia (lo dicono i dati raccolti dall’intelligence Usa sulle minacce di morte ritenute credibili), la sicurezza dell’inquilino della Casa Bianca era circondata da un alone di leggenda. Perfino il nome della sua scorta, lo dice. Secret Service. In qualsiasi altro paese si traduce in “servizio segreto”, che qui è l’intelligence e cioè la Cia o la National Security Agency.

MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE IN UN MONASTERO SULLE WICKLOW MOUNTAINS MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE IN UN MONASTERO SULLE WICKLOW MOUNTAINS
Il Secret Service non è segreto, è quanto di più visibile ci sia: per molti, giornalisti compresi, è proprio l’apparizione di questi Rambo a segnalarci che il presidente si trova nelle vicinanze. Le loro “uniformi di lavoro” — le giacche tutte uguali stile Brooks Brothers, gli occhiali neri, gli auricolari — così come la posizione obbligatoria negli eventi pubblici — spalle verso il presidente, occhi mobili che scrutano gli astanti — hanno ispirato i Men in Black di Hollywood e tutte le scorte armate di tutti gli altri leader del pianeta.

MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO
Il Secret Service nasce in realtà per proteggere un altro “corpo mistico” del presidente numero uno, e cioè l’effigie di George Washington. Quest’agenzia federale viene creata nel 1865 alle dipendenze del Tesoro, con l’obiettivo di contrastare i falsari e combattere la contraffazione delle banconote. Solo in seguito le viene affidata la responsabilità di proteggere presidenti e familiari, nonché vicepresidenti, ex presidenti, più di recente anche le ambasciate americane all’estero.

MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO
Dal 2003 è sotto la Homeland Security, il superministero degli Interni creato da George W. Bush dopo l’11 settembre. Ha quasi settemila dipendenti, ma i veri Men in Black, che fanno giuramento (“sworn member”) sono 4.400. Troppo pochi, così come insufficienti sarebbero anche i fondi del budget annuo (1,8 miliardi di dollari). Così sosteneva prima di dimettersi Julia Pierson. Troppi tagli — voluti proprio dalla destra repubblicana — avrebbero logorato il corpo di élite, che ormai stenta perfino a riempire i posti vacanti.
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L’episodio della sparatoria (2011), quando dall’esterno furono prese di mira le finestre della Casa Bianca, non venne scoperto per diversi giorni. E non fu il Secret Service, ma la donna delle pulizie insospettita da quel vetro infranto… La Pierson era stata promossa ai vertici del Secret Service anche in seguito a scandali di altra natura: le “escort della scorta”, in un hotel di Cartagena (Colombia) se la spassavano mentre Obama arrivava a un vertice di capi di Stato; il Man in Black ubriaco fradicio raccolto sul pavimento di un bar di Amsterdam. A questi era affidato il corpo mistico del presidente.

L’autorevole rivista Foreign Affairs , prima che scoppiasse lo scandalo del Secret Service, era uscita con una copertina che raffigura Capitol Hill (il Congresso) come un rudere pericolante, e il titolo: “See America. Land of Decay and Dysfunction”. Abituati a considerarsi una nazione eccezionale, leader e all’avanguardia quasi su tutto, gli americani scoprono che “decadenza e inefficienza” imperversano ovunque, al punto che la protezione del primo fra loro non è garantita.
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 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/killing-obama-dopo-disastri-sicurezza-silurata-capa-secret-85658.htm