domenica 25 gennaio 2015

KENNEDY è morto per questo discorso

Traduzione del discorso di JFK sulle Società Segrete  (27 aprile 1961)



«Signore e signori, la parola "segretezza" è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, instrinsecamente e storicamente, alle società segrete, ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete.

Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione monolitica e spietata, basata soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera soprattutto su mezzi segreti per espandere la sua sfera d'influenza, sull'infiltrazione anziché sull'invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sull'intimidazione anziché sulla libera scelta.

È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e

materiali nella costruzione di una macchina affiatata, altamente

efficiente, che combina operazioni militari, diplomatiche, di

 intelligence, operazioni economiche, scientifiche e politiche.

Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete.

 I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti.

I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio.

Nessuna spesa viene contestata. Nessun segreto viene rivelato.

Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare

le controversie fosse un crimine per ogni cittadino.

Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il

popolo americano. Convinto che con il vostro aiuto l'uomo diventerà ciò

che per cui è nato: un essere libero e indipendente».

 POST SCRIPTUM

di Gianni Lannes

Il grande presidente J.F.Kennedy, assassinato a Dallas il 22 novembre 1963, omicidio su commissione i cui mandanti sono ancora avvolti nelle tenebre dell'omertà massonica, parlava 52 anni fa di "un governo ombra" che annullerà gli Stati e cancellerà ogni Repubblica. Vale a dire il Nuovo Ordine Mondiale: Bilderberg, Trilateral, Cfr. Ovvero organizzazioni mafiose e terroristiche a cui sono affiliati gran parte dei politicanti italiani, a partire dall’attuale presidente del consiglio pro tempore Enrico Letta, e prima di lui Mario Monti. L’attuale capo dello Stato Napolitano è associato anche lui?
fonti ufficiali:

mercoledì 14 gennaio 2015

I FURBETTI DI WALL STREET – STANDARD & POOR’S STA PER PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA USA UNA MULTA DA OLTRE UN MILIARDO DI DOLLARI PER LO SCANDALO DEI RATING GONFIATI – LO STATO, DOPO I GRANDI SALVATAGGI, HA MULTATO LE BANCHE PER 56 MILIARDI Per due anni, secondo quanto racconta il “New York Times”, S&P aveva contestato le accuse del dipartimento di Giustizia americano considerandole come una ritorsione per aver tagliato il rating degli Stati Uniti sotto la tripla A. Ora invece, il cambio di strategia che rende molto vicina la firma della transazione…

Fabrizio Massaro per il “Corriere della Sera

wall street wall street
Dopo le banche, tocca alle agenzie di rating arrendersi alla giustizia Usa. E per l’annosa questione dei rating gonfiati — che davano un crisma di affidabilità a prodotti finanziari complessi come i derivati costruiti sui mutui subprime poi rivelatisi bombe atomiche per la finanza mondiale — ora il colosso Standard &Poor’s sarebbe in procinto di patteggiare con il dipartimento di Giustizia una multa da oltre 1 miliardo di dollari, pari a un intero anno di profitti operativi della divisione del gruppo McGraw Hill.

Lo ha rivelato ieri il «New York Times», sottolineando come a fronte della faccia feroce manifestata in pubblico, l’agenzia — che si è opposta vigorosamente alle accuse dei giudici americani — abbia dietro le quinte cercato un accordo con le autorità, manifestando la volontà di aderire alla richiesta economica avanzata dal dipartimento della Giustizia e da una dozzina di procuratori generali di vari stati americani.

STANDARD AND POOR'S STANDARD AND POOR'S
Per due anni — ricostruisce il «Nyt» — S&P aveva contestato le accuse del dipartimento di Giustizia americano considerandole come una ritorsione per aver tagliato il rating degli Stati Uniti sotto la tripla A. Ora invece, il cambio di passo che rende molto vicina la firma della transazione.

Di fatto S&P accetta di pagare la stessa cifra che aveva respinto due anni fa quando era cominciata la battaglia legale. Ma è molto inferiore ai 5 miliardi di multa minacciata. Adesso resterebbe aperta solo una trattativa con la banca Morgan Stanley, sempre per aver collocato prodotti legati ai mutui subprime nell’imminenza della crisi.
 
DIPARTIMENTO GIUSTIZIA USA DIPARTIMENTO GIUSTIZIA USA
Dopo aver contribuito a salvare il sistema finanziario americano con decine di miliardi di aiuti, il governo Usa è poi passato all’incasso multando in maniera severissima i maggiori colossi di Wall Street: solo nel 2014 il totale delle sanzioni alle banche ha superato i 56 miliardi di dollari, di cui oltre 40 miliardi per violazioni di legge relative ad operazioni finanziarie legate ai mutui subprime.

La sanzione più alta è stata comminata a Bank of America, con oltre 16 miliardi di dollari (di cui 7 in rimborsi ai creditori), seguita da quella inflitta a Jp Morgan, pari a circa 13 miliardi dollari. Anche Citigroup ha accettato di chiudere la controversia con l’amministrazione Obama, accettando di pagare una multa da circa 7 miliardi di dollari.
  http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/furbetti-wall-street-standard-poor-sta-patteggiare-92397.htm

lunedì 12 gennaio 2015

GRECIA: DOVE SONO FINITI TUTTI I SOLDI?

Sul portale Macropolis, Yiannis Mouzakis sfata un mito molto diffuso: i soldi dati alla Grecia non sono serviti a pagare fiumane di improduttivi dipendenti statali, ma a onorare gli impegni con i creditori dello stato e soprattutto dei privati greci. Si tratta in gran parte delle grandi banche del centro Europa, Germania e Francia in primis. L’unica preoccupazione della troika è stata la tutela di questi creditori, e ancora oggi il rifiuto di ammettere che la situazione greca è insostenibile tiene l’intero paese sotto scacco.

Di Yiannis Mouzakis, 5 gennaio 2015
L’importo totale dei prestiti che l’eurozona e il Fondo Monetario Internazionale hanno fornito alla Grecia tra maggio 2010 e i più recenti esborsi della scorsa estate ammontano a 226,7 miliardi di euro. Ciò equivale a quasi il 125 % dell’attività economica della Grecia nel 2014.
Il primo programma valeva 73 miliardi di euro, di cui 52,9 miliardi arrivati sotto forma di prestiti bilaterali degli Stati membri dell’eurozona. Altri 20,1 miliardi di euro sono stati forniti dal FMI.
I prestiti del secondo programma concordato nel marzo 2012 attualmente ammontano a 153,7 miliardi di euro. La parte dell’eurozona è in gran parte completata, con l’EFSF che ha sborsato 141,8 miliardi nell’ultima tranche rimanente di 1,8 miliardi. Il FMI ha fornito 11,8 miliardi di finanziamenti ad oggi, mentre la sua partecipazione si protrarrà fino al febbraio 2016.
Il coinvolgimento totale dell’eurozona in Grecia ammonta a 194,8 miliardi di euro (107% del PIL), mentre il totale per l’IMF è di 31,9 miliardi (18% del PIL). Queste sono cifre sconcertanti: nessun’altra nazione ha ricevuto questo volume di prestiti in un periodo di 4,5 anni.
Dai documenti di revisione della Commissione europea, dalle relazioni di valutazione del FMI, dai documenti di bilancio del Ministero delle finanze e dalle pubblicazioni dell’autorità statistica greca (ELSTAT) abbiamo ricomposto all’incirca quali buchi finanziari hanno chiuso questi quasi 250 miliardi di euro.
La Grecia ha coperto alcune delle sue esigenze di finanziamento durante il periodo in questione anche attraverso una serie di fonti proprie. L’emissione di Bond a 3 e 5 anni nel 2014, di 3 e 1,5 miliardi di euro rispettivamente, l’aumento dello stock di T-bills di 10 miliardi di euro, l’uso di contanti si riserva di organi di governo tramite repos da 7 miliardi e privatizzazioni per circa 2,4 miliardi, hanno fornito un totale di 24 miliardi di euro di finanziamento proprio.
Sembra esserci un generale malinteso che alimenta quella narrativa ingannevole secondo la quale i prestiti sarebbero stati utilizzati per tenere a galla lo stato greco, mantenere le operazioni di base e pagare gli stipendi di medici, insegnanti e poliziotti. Solo la scorsa settimana il ministro delle finanze spagnolo Luis de Guindos ha fatto dichiarazioni di questo tenore.
“La Grecia ha ricevuto 210 miliardi di euro dall’eurozona, tra cui 26 miliardi di euro ad esempio dalla Spagna,” ha detto. “Grazie a questo finanziamento, che la Grecia non poteva ottenere dai mercati finanziari, il paese è stato in grado di mantenere tutti i servizi pubblici… di pagare i suoi medici, la polizia, i suoi pensionati, grazie a questa solidarietà.”
Questa però è solo una parte della storia. Infatti, la Grecia ha iniziato lo sforzo di risanamento di bilancio con un deficit al netto del pagamento degli interessi di circa 24 miliardi di euro nel 2009,  e ha avuto un disavanzo primario nel 2010, 2011 e 2012. Dal 2013 in poi, però, i ricavi hanno superato le spese e nessun finanziamento è stato necessario per coprire le operazioni dello stato.
La stretta brutale ha prodotto la conseguenza che solo poco più di 15 miliardi di euro di prestiti della troika sono stati utilizzati per coprire i costi dello stato. Se sommiamo qualche altra esigenza di finanziamento del governo (soprattutto in materia di rimborsi di arretrati accumulati nei primi due anni della crisi) la parte totale che è finita alle necessità di funzionamento dello stato greco è stata solo dell’11% del finanziamento totale, circa 27 miliardi di euro.
La ripartizione del finanziamento dimostra la contrarietà dell’eurozona a qualsiasi forma di ristrutturazione del debito all’inizio della crisi greca. Circa la metà del finanziamento è finito a ripagare gli interessi sul debito. Dei prestiti, 81 miliardi sono stati utilizzati per rimborsare i titoli in scadenza e per il pagamento di interessi  che superavano i 40 miliardi di euro, quasi 122 miliardi di euro in totale.
La seconda e maggior parte dei prestiti della troika riguarda le attività di ristrutturazione del debito. Quando i creditori hanno iniziato a considerare la Grecia sufficientemente isolata e dopo che le banche del centro dell’eurozona avevano ridotto la loro esposizione greca,  nel febbraio 2012 hanno deciso di porre l’onere del problema sugli obbligazionisti privati, con la Private Sector Initiative (PSI). A ciò è seguito il riacquisto del debito, alla fine del 2012.
Durante il PSI, agli obbligazionisti sono state offerte nuove obbligazioni con valore nominale pari al 31,5% rispetto a quelle scambiate. A loro sono state anche offerte parziali contropartite sotto forma di note di credito EFSF in maturazione a 24 mesi, equivalenti al 15% del valore nominale del debito scambiato. Inoltre, gli sono state offerte note di credito EFSF a breve termine per gli interessi maturati. Il tutto ammonta a 34,6 miliardi di euro, o al 14% delle necessità totali di finanziamento.
Altri 11,3 miliardi sono stati usati per ricomprare più di 30 miliardi di euro di debiti durante la seconda iniziativa di riduzione del debito nel 2012.
Per dare sostegno alle proprie banche in difficoltà a causa delle perdite occorse durante il PSI e al rapido deterioramento dei portafogli di prestiti risultato dalla profonda crisi che ha visto i crediti inesigibili salire dall’8 al 34%, la Grecia ha preso in prestito altri 48,2 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle banche e la ristrutturazione del settore bancario.
Un importo di 11,6 miliardi rimane inutilizzato e potrebbe formare la linea precauzionale dell’eurozona dopo la fine della fase europea del programma corrente.
L’importo combinato delle tre iniziative ha raggiunto i 94 miliardi di euro, più di un terzo del finanziamento totale. La Grecia ha iniziato lo scorso anno a rimborsare i prestiti del FMI elargiti durante lo Stand By Arrangementa del primo programma.
Entro la fine del 2014 è stato rimborsato un totale di 9,1 miliardi di euro. La Grecia ha dovuto anche partecipare al pagamento del capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità, per la somma di 2,3 miliardi di euro.
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La destinazione del programma di finanziamento illustra chiaramente la strategia di gestione della crisi adottata dai finanziatori della Grecia.
I leader dell’Eurozona, con l’accordo riluttante del FMI, hanno preso la consapevole decisione di utilizzare quasi due terzi dei loro “soldi dei contribuenti” (come amano chiamarli) per il servizio del debito che si erano rifiutati persino di rimodulare all’inizio della crisi, quando farlo sarebbe stato essenziale e avrebbe potuto dare alla Grecia una possibilità di ripresa.
Per proteggere l’integrità dell’eurozona, la strategia ha lasciato alla Grecia un cumulo enorme di debito e ha bruciato un quarto della sua economia, che ancora non è in grado di stare in piedi da sola.
È questo enorme debito e la pretesa dei decisori chiave di volerlo presentare come sostenibile, che mantiene il paese in un vortice di instabilità politica, crisi fiscale, interventi della troika e incertezza economica. È a causa dell’enormità delle eccedenze richieste per mantenere questa pretesa di sostenibilità che, nonostante il consolidamento fiscale più fenomenale che mai in ferocia e velocità, la Grecia deve ancora trovare risparmi per miliardi di euro.
Se l’intenzione dei leader e delle istituzioni dell’eurozona  era veramente quella di tenere il loro “piede sul collo della Grecia” a causa dei fallimenti della sua classe politica, come ha sostenuto nel suo libro l’ex-segretario del Tesoro USA, Tim Geithner , hanno raggiunto il loro obiettivo. Ora devono essere trasparenti sulle proprie decisioni di gestione della crisi e rispondere a questa domanda scomoda: dove sono finiti tutti i soldi?

http://vocidallestero.it/2015/01/09/grecia-dove-sono-finiti-tutti-i-soldi/

Chi e perché ha pianificato proprio adesso la strage di Parigi

«Mi rifiuto di piangere la morte dei satiristi francesi finché la stessa condanna internazionale, le stesse facce dei potenti e le stesse “belle anime” che marciano oggi con candele accese, non compiranno gli stessi atti, verseranno le stesse lacrime e grideranno uguale per le migliaia di bambini palestinesi torturati o bruciati vivi dal fosforo del Terrorista America, di Israele, per gli adolescenti afghani rapiti dagli Usa, innocenti torturati per 8 anni a Guantanamo, e per i milioni di morti africani innocenti uccisi con la armi che noi occidentali gli vendiamo». Così Paolo Barnard, dopo la strage di 12 persone nella redazione parigina di “Charlie Hebdo”, giornale nel mirino da anni per le vignette satiriche anti-islamiche. Orrore e indignazione, ma anche sospetti: mai il “fondamentalismo” jihadista ha agito da solo. In Siria – dalla cui guerra provengono gli stragisti – è stato finanziato e armato dall’Occidente. Negli Usa sono ufficiali le ultime conclusioni sull’11 Settembre: l’Fbi sapeva tutto, degli attentatori. Ed è una creatura occidentale anche il sanguinario “califfato” dell’Isis in Iraq, pianificato dall’intelligence statunitense.
«Se i segni di nervosismo e di insubordinazione in Europa dovessero aumentare, non escludo la possibilità di clamorosi e sanguinosi attacchi terroristici sul nostro continente», scriveva “Piotr” il 14 dicembre scorso su “Megachip”. Attentati «fatti per François Hollandedimostrare che il “pericolo fondamentalista” è reale (e per dimostrare, a chi è in grado di udire, che il caos può essere usato ovunque, che non ci sono zone franche: tutto sommato, l’Italia non è stata bombardata terroristicamente per dieci anni di fila, negli anni Settanta?)». Allì’indomani della strage di Parigi, “Piotr” aggiunge: «I potenti, sghignazzando o piangendo lacrime di coccodrillo, si muovono sempre sopra le vittime innocenti, perché le vittime innocenti sono il complemento alla loro potenza. Hanno creato un mondo dove un giornale satirico è un bersaglio migliore di un “vulture fund”. E non per sbaglio». Lo stesso Aldo Giannuli, autore di saggi sulla strategia della tensione che utilizza il terrorismo come manovalanza, si domanda se non vi sia «qualche manina non islamica dietro gli attentatori». Vale la pena esplorare tutte le piste, sostiene Giannuli, dato che «a trarre giovamento da questa strage saranno in diversi: ad esempio il Fn che si appresta a fare vendemmia di voti, di conseguenza anche Putin che proprio sul Fn sta puntando per condizionare l’Europa sulla questione delle sanzioni».
Ad “avvantaggiarsi” dal clima di sgomento creato dall’attentato, aggiunge Giannuli, c’è sicuramente anche Israele, «che rinsalda i vincoli con l’Europa ogni volta che c’è un episodio di questo genere». Inoltre, la strage di Parigi beneficia «chiunque voglia destabilizzare la Francia in particolare e l’Europa in generale». Giannuli ricorda il precedente francese dello stragista “solitario” Mohammed Merah, protagonista dell’eccidio di Tolosa: cecchino di origine algerina, «era stato a lungo collaboratore dei servizi segreti francesi in operazioni di infiltrazione del mondo jiadista e, ad un certo momento, era inspiegabilmente sfuggito di controllo e, sempre inspiegabilmente, aveva fatto quella strage. Peccato che non abbia potuto spiegare cosa gli fosse passato per la testa, perché crivellato di colpi al momento della cattura». Sulla stessa linea anche Giulietto Chiesa: «Guardarsi dalla spiegazione più semplice, che è quella di scatenare l’odio contro “i musulmani”. Chi La strage di Parigiorganizza queste operazioni lo fa a ragion veduta e, appunto, per suggerire l’interpretazione che sia comprensibile “all’uomo della strada”. Non è quasi mai così».
Certo, aggiunge Chiesa su “Megachip”, la strage «è l’ultimo anello di una catena insanguinata che accompagna da dieci anni una storia di vignette anti-islamiche». Chi alimentava lo “Scontro di Civiltà” ogni volta poteva gioire: «Aumentavano le divisioni, si rompeva ogni equilibrio delicato e provvisorio fra libertà di espressione e sentimenti religiosi. Aumentava l’odio, cioè la benzina della guerra». Attenzione: «Sopra questo panorama livido, c’è il futuro della Francia e dell’Europa: Parigi, Berlino e Bruxelles sono alla vigilia di scelte che possono cambiare il destino del continente». Il presidente François Hollande, ricorda Chiesa, in questi giorni aveva persino ipotizzato la revoca delle sanzioni alla Russia. «Ovunque si discute di un cambiamento della disciplina monetaria e finanziaria dell’Europa, per prevenire la bomba greca. I nervi sono tesi, perché siamo in cima a uno spartiacque della storia europea e mondiale e le decisioni politiche contano davvero. Se i politici sono ricattabili, tutto può essere visto come un ricatto. Figuriamoci le stragi».

http://www.libreidee.org/2015/01/chi-e-perche-ha-pianificato-proprio-adesso-la-strage-di-parigi/

DRAGHI, TI PREGO, COMPRA I NOSTRI TITOLI MONNEZZA. TANTO POI PAGA LO STATO - IL PIANO DI RENZI E PADOAN PER VENDERE ALLA BCE I PRESTITI INCAGLIATI DELLE BANCHE ITALIANE. O LA VA O LA SPACCA Il mercato è pieno di liquidità (grazie alla BCE), ma le banche non prestano perché sono zavorrate dai crediti marci. L’idea: sfruttare il ‘quantitative easing’ per vendere a Francoforte 50 miliardi di crediti con lo sconto (a 20 miliardi) garantendo le perdite (fino a 8 miliardi) con i soldi del Tesoro. E dopo 6 anni, arriva il bail-out pubblico...

Federico Fubini per “la Repubblica

MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOANMATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
A Bruxelles circola in queste settimane una presentazione preparata alla Banca centrale europea. Il suo messaggio, espresso in grafici, è inconfondibile: la stretta al credito in Italia o altrove nel Sud Europa continua, ma non è per mancanza di liquidità. Una ragione di fondo sono le sofferenze, la montagna dei prestiti a rischio di insolvenza (o già in default) prodotti dalla recessione e ora arenati nei bilanci delle banche. Nasce di qui il progetto a cui Palazzo Chigi e il Tesoro stanno lavorando dopo mesi e anni di esitazioni, di questo e dei precedenti governi.

L’obiettivo è attaccare la montagna: rimuovere parte delle sofferenze, veri e propri ostacoli che paralizzano gli istituti e ostruiscono la circolazione di credito nei canali nel sistema finanziario. Il metodo individuato è farlo grazie agli acquisti di titoli sul mercato da parte della stessa Bce: quello che gli addetti ai lavori chiamano “quantitative easing”.
mario draghiMARIO DRAGHI

A settembre la Banca centrale guidata da Mario Draghi ha lanciato un programma di interventi su pacchetti di titoli privati (gli Abs, assetbacked securities) fino a 500 miliardi di euro. L’idea alla quale si lavora in Italia è far comprare alla Bce dei pacchetti di Abs che raccolgano parte dei crediti deteriorati delle banche italiane: prestiti alle imprese o mutui alle famiglie sui quali i debitori sono in ritardo o già in parte insolventi. Poiché si tratterebbe in gran parte di titoli di bassa qualità, la Bce verrebbe incoraggiata a comprarli grazie alla garanzia dello Stato italiano.

Antonio PatuelliANTONIO PATUELLI
In altri termini la Bce verrebbe rimborsata dal Tesoro in caso di ulteriori perdite, dopo aver acquisito quei titoli già a sconto rispetto al valore originario dei prestiti. La proposta per liberare le banche di almeno 50 dei loro 180 miliardi di sofferenze è contenuta in un documento già inviato a Draghi e alla Banca d’Italia.

Su di essa Matteo Renzi lavora da settimane con il Tesoro e i suoi stessi consiglieri. In realtà l’idea di intervenire per ridurre i crediti deteriorati era già stata discussa in un incontro di quest’autunno fra lo stesso premier, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Rimuovere le sofferenze delle banche con un’azione di governo è una priorità per la ripresa e, da anni, un tabù della politica. La Banca d’Italia ha pronto da tempo uno schema di “bad bank”, un veicolo finanziario sostenuto da garanzie pubbliche che riassorba dalle banche i crediti deteriorati. Per ora però non si è mai passati dagli studi alla pratica: sia il governo di Enrico Letta che l’attuale hanno a lungo esitato di fronte alla scelta, impopolare, di aiutare le banche con denaro dei contribuenti.

Alessandro Profumo Fabrizio ViolaALESSANDRO PROFUMO FABRIZIO VIOLA
La proposta a cui si lavora in queste settimane non nasce nel governo. La firmano Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti, il banchiere ed ex ministro del Bilancio Rainer Masera, gli economisti della Cdp Edoardo Reviglio e Gino del Bufalo, l’ex direttore generale dell’Abi Giuseppe Zadra e Marcello Minenna della Consob. Il piano si basa sul fatto che i pacchetti di crediti deteriorati, raccolti in titoli Abs, generebbero ancora flussi di cassa dati dai pagamenti dei debitori.
franco bassaniniFRANCO BASSANINI

I titoli verrebbero segmentati in parti a rischio più o meno alto, con una parte intermedia (“mezzanino”) coperta dalla garanzia pubblica. «Il rischio della tranche mezzanino è allineato al rischio di credito della Repubblica italiana — si legge nel documento Bassanini — e in questo modo potrebbe essere sottoscritto, insieme alla tranche di qualità più alta, dalla Bce».

Il tentativo è dunque di usare il quantitative easing della Bce per liberare le banche italiane della zavorra. Circa 50 miliardi di prestiti originari posso essere venduti all’Eurotower a 20 miliardi circa. Eventuali perdite ulteriori per circa il 40%, a causa dei default dei debitori, comporterebbero poi per il governo un indennizzo di 8 miliardi all’Eurotower.

Tecnicamente non appare fuori portata, ma restano vari scogli: nessun governo italiano ha mai osato usare denaro pubblico per le banche, anche se ciò ha poi aggravato il credit crunch e la recessione stessa. Se Renzi lo facesse, forse vorrebbe imporre il licenziamento dei manager che ricevono l’aiuto tramite la Bce. I manager dunque ultimi rischiano di non voler vendere nulla all’Eurotower, pur di conservare il loro posto a dispetto delle enormi sofferenze in bilancio che paralizzano la loro attività.
RAINER MASERARAINER MASERA

C’è poi un dubbio sul governo: l’Italia è a un solo gradino dal rating “spazzatura”. Se fosse ancora declassata, la Bce non potrebbe più accettare una garanzia così svilita. Più passano i mesi, più il tempo stesso lavora contro la soluzione del problema più urgente. Quello che quasi nessuno ha mai voluto affrontare.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/draghi-ti-prego-compra-nostri-titoli-monnezza-tanto-poi-paga-stato-92210.htm