martedì 24 febbraio 2015

UN PAESE “SPALMATO” SUI DERIVATI - IL VALORE DI MERCATO DEI DERIVATI SOTTOSCRITTI DALL’ITALIA È IN NEGATIVO PER 37 MILIARDI: UN DISASTRO CHE PRESTO DIVENTERÀ UNA PERDITA SECCA PER I CONTRIBUENTI Lo ha confermato la responsabile del debito pubblico italiano, Maria Cannata. Se prima si potevano “spalmare” le perdite su più esercizi, la nuova normativa europea imporrà al Tesoro di calcolare il valore di mercato come perdita: dall’anno prossimo i nodi arriveranno al pettine, e saranno dolori... -

Superbonus per Dagospia

maria cannata maria cannata
L’audizione di Maria Cannata, la donna che gestisce il debito pubblico italiano, nella Commissione Parlamentare d’Indagine sui derivati è uno spettacolo di reticenza e di ammissione parziale di colpa.

Partiamo da questo secondo aspetto: il mark to market (valore di mercato) dei derivati sottoscritti dallo Stato Italiano è in negativo per circa 37 miliardi di euro (2 punti percentuali di Pil). Questo disastro è stato gestito nelle stanze della Direzione Debito del Ministero del Tesoro, disastro che presto si concretizzerà in una perdita secca per i contribuenti. Se infatti prima era possibile diluire le perdite su un arco temporale più lungo “ristrutturando” gli swap in essere, con la nuova normativa europea di calcolo del debito il Tesoro sarà obbligato ad appostare come perdita il valore di mercato al momento della ristrutturazione.  Questo vuole dire che tutti i nodi arriveranno al pettine a partire dal prossimo anno.

matteo renzi pier carlo padoan matteo renzi pier carlo padoan
Nella fumosa relazione della dottoressa Cannata un cosa appare chiara: nel 2011 il ministero dell’Economia ha venduto opzioni su tassi d’interesse per “mitigare l’effetto negativo della spesa per interessi” derivante dalla “ristrutturazione di swap”. In pratica a fine 2011 in piena tempesta sui mercati finanziari il Tesoro decide di consentire alle banche l’esposizione verso l’Italia per convincerle a comprare BTP, e per farlo chiude delle operazioni in perdita e per non contabilizzare tali perdite vende delle opzioni (scommette sui tassi d’interesse) esponendo i contribuenti ad una perdita potenzialmente infinita nel corso dei prossimi anni.

L’operazione, evidentemente non portò ai risultati sperati perché la Banca Centrale Europea dovette intervenire sul mercato secondario dei titoli di Stato italiani imponendo pesanti condizioni ai governi in carica.
DERIVATI DERIVATI

Il retropensiero di dirigenti e politici doveva essere simile al seguente: non importa l’enorme rischio a cui stiamo esponendo il Tesoro. Se  si dovesse materializzare in una perdita, nel momento in cui questo dovesse accadere “ristruttureremo” ancora i derivati “spalmando la perdita su più esercizi”. In pratica, dalle parole di Maria Cannata si può intravedere una gestione in stile Monte dei Paschi: tutte le perdite sono rinviate al futuro fino a quando la situazione diventi insostenibile.

Su questo stile era la ristrutturazione di un derivato che fu oggetto di un articolo di Andrea Greco su Repubblica (www.repubblica.it/economia/2013/06/26/news/italia_otto_miliardi_a_rischio-61861023/ )
nel quale si svelava come il Tesoro allungasse le scadenze di uno swap per nasconderne e spalmare su più esercizi le perdite, e su questa linea di gestione si potrebbe spiegare un valore di mercato costantemente negativo con perdite in crescita del portafoglio derivati dello Stato italiano. 

ministero economia ministero economia
La nuova normativa europea in materia di contabilizzazione mette invece un bastone fra le ruote a tali pratiche ed il Ministero dell’Economia dovrà trovare un altro modo per nascondere la polvere sotto al tappeto.  La prima mossa sarà il tentativo di disinnescare l’esercizio di una opzione su tassi d’interesse venduta dal Tesoro che potrà essere esercitata da un banca nel 2016. Tale facoltà concessa all'istituto di credito potrebbe causare una grossa perdita alle finanze pubbliche (non abbiamo elementi per quantificarla) ed allo stato attuale della normativa non ci sarebbero possibilità di evitarla.

MARIA CANNATA MARIA CANNATA
Tuttavia la signora Cannata ci tiene a specificare in Commissione che ci saranno emissioni di titoli di stato in dollari con relativi swap a copertura del tasso di cambio. Se al Tesoro ci fosse l’ex dirigenza del Monte dei Paschi si potrebbe sospettare che sarebbero chiuse delle operazioni volutamente in perdita per il Tesoro per “remunerare” la banca detentrice del contratto di opzione e “convincerla” a non esercitare tale diritto. 

Ancora una volta si potrebbe rinviare al futuro la perdita e “spalmarla su più esercizi”, ma al Tesoro fortunatamente non ci sono Baldassarri e Mussari e siamo sicuri che questo non accadrà. Sarebbe però interessante sapere e monitorare il valore di mercato delle opzioni vendute e la perdita potenziale su di esse.

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/paese-spalmato-derivati-valore-mercato-derivati-95093.htm

venerdì 20 febbraio 2015

Intervista a Marco Travaglio Testo integrale dell'intervista rilasciata a Daniele Luttazzi nella puntata di Satyricon del 14 marzo 2001

Luttazzi: Buonasera Marco e benvenuto.
Travaglio: Buonasera
Luttazzi: Ho letto questo libro d'un fiato, è veramente molto interessante, l'hai scritto con Elio Veltri, che è membro della commissione antimafia
e giustizia, Origine e misteri delle fortune di Silvio Berlusconi. Questa in effetti è una cosa che, non so gli altri italiani, non so i giornalisti italiani
che non ne parlano mai evidentemente, ma io mi sono sempre interrogato su questo mistero. Innanzitutto vorrei fare una premessa, perché in genere poi mi accusano sempre di essere fazioso o cose di questo genere: tu scrivi per Repubblica, per l'Espresso, per MicroMega eccetera, sei di sinistra?
Tavaglio: No.
D> Non sei di sinistra, oh, meno male, meno male, quindi possiamo parlare tranquillamente.
M> Diciamo che ho trovato asilo in questo gruppo, ma io ho lavorato con Montanelli finché Montanelli ha potuto lavorare in giornali liberi,
quando glieli hanno chiusi o lo hanno messo in condizione di andarsene non ha potuto più dirigerli e quindi sono felice di aver trovato asilo
in un giornale altrettanto libero.
Luttazzi:Quindi il tuo maestro è Montanelli.
Travaglio: Sì.
Luttazzi: Montanelli il quale ha dichiarato recentemente "Berlusconi è il macigno che paralizza la vita politica italiana"
Travaglio: Lo chiama "il piazzista di Arcore" quando è in pubblico, in privato...
Luttazzi:Peggio? Ah, okay, va be', non vogliamo saperlo perché poi non vogliamo finire in tribunale. Ehm, tu hai anche uno stipendio pignorato,
mi sembra di ricordare.
Travaglio: Si, dall'onorevole Previti.
Luttazzi: Per quale motivo?
Travaglio: Ogni mese mi leva un quinto del mio stipendio. Ora, essere pignorati è già abbastanza seccante ma devo dire che essere pignorati
da Previti è proprio il massimo della vita.
Luttazzi:Tu lavori per Previti?
Travaglio: Anche.
Luttazzi (risata)
Travaglio: Per aver scritto una cosa vera e purtroppo non sono riuscito a convincere il tribunale di Roma, e quindi spero nell`appello,
spero di vincere in appello.
Luttazzi: In bocca al lupo.
Travaglio: Così dovrà restituirmeli con gli interessi, sarà divertentissimo.
Luttazzi: Sarà divertentissimo. Be', facci sapere. Io ho letto questo libro. Alle prime due pagine ho detto: ok, qui saltiamo per aria tutti quanti, perché ci sono delle cose veramente sconvolgenti. Io mi rifarei proprio dall'inizio: "Cavaliere da dove ha preso i soldi", no? Inanzitutto, in questo libro si parla di teoremi? Cioè, sono teoremi delle toghe rosse o sono fatti?
Travaglio: In questo libro si parla di documenti: ci sono dei documenti che andrebbero spiegati, se in Italia le interviste contemplassero delle domande: il problema è che in Italia abbiamo inventato questo genere letterario dell'intervista senza domanda, almeno quando il politico è l'ospite. E quindi nessuno lo chiede ma è una domanda legittima. Qui c'è un dirigente della Banca d'Italia che viene incaricato dalla Procura di Palermo di fare un perizia...
Luttazzi: Giuffrida?
Travaglio: ... esatto, il dottor Giuffrida, tuttora al suo posto nonostante abbia subito alcune minacce pubbliche, il quale ha studiato i finanziamenti
che negli anni 70 e 80 arrivavano alle 22 anzi 34 holding che compongono la Fininvest...
Luttazzi: Erano 22 e ora sono 34, ho appreso da questo libro.
Travaglio: Ma perché inizialmente si pensava a 22, poi andando a cercare se ne sono scoperte anche 34 ...
Luttazzi: Cosa sono queste "holding"
Travaglio: Be', diciamo, sono de contenitori di denaro, denaro che passa tra l'una e l'altra in un complicatissimo sistema di scatole cinesi e molto spesso non si capisce poi alla fine da dove è partito. Infatti, questo tecnico di Banca d'Italia che, diciamo, non è uno stalinista, è un'espressione
del capitalismo, ha cercato di capire da dove arrivassero questi soldi, perché ci sono 115 miliardi in 7 anni che arrivano in contanti.
Luttazzi: 115 miliardi dell'epoca, che sarebbero?
Travaglio: Sarebbero sui 500 di oggi. Arrivano in contanti: immagino in dei valigioni, in tir, non so come li si trasporti.
Luttazzi: Da dove provenivano questi soldi?
Travaglio: Ehm, alla fine il dottor Giuffrida si arrende, alza le mani e dice "provenienza sconosciuta"; e quindi bisogna conoscerla,
io credo che un uomo pubblico dovrebbe spiegarci che ci fossero dei benefattori che continuavano a donare questi soldi in contanti,
ma bisognerebbe saperlo chi sono.
Luttazzi: Ma i soldi che passano da una holding all'altra e eccetera non lasciano delle tracce, non è possibile risalire all'indietro come Pollicino
e arrivare fino all'origine?
Travaglio: No, il sistema francovaluta, si chiama così non sto a spiegarlo perché è complicatissimo, faceva in modo che il punto di partenza fosse inidentificabile. Tutto ciò poi era ancora complicato da alcune amenità: il dottor Giuffrida, assieme agli uomini della DIA, quando è andato a ritroso alla ricerca di questi finanziamenti, è andato a cercare la documentazione presso banche, e presso queste banche alcune società non risultavano nemmeno essere mai esistite, poi si è scoperto perché: erano state per errore classificate come negozi di parrucchiera e estetista. Ora, l'idea che Berlusconi tra tutto quello che ha abbia anche delle società di parrucchiere e estetista era veramente troppo, infatti lì è stato detto "oops, ci siamo sbagliati", non erano parrucchieri ed estetisti, erano società finanziarie.
Luttazzi: Che banche erano queste banche?
Travaglio: Mah, una, la più famosa, è la Banca Rasini, quella dove lavorava il padre del Cavalier Silvio Berlusconi: credo che cominciò da impiegato e poi diventò, se non ricordo male, direttore generale.
Ed era una delle banche che è indicata dai giudici di Palermo come quelle utilizzate per il riciclaggio del denaro della mafia.
Luttazzi: Noi siamo morti in questo momento, vuoi dirmi?
Travaglio: Quante querele vuoi prenderti? Sennò smettiamo.
Luttazzi: Mah, il libro è interessantissimo, è meraviglioso: tu hai avuto minacce dalla pubblicazione di questo libro?
Travaglio: Non ancora.
Luttazzi: Ok, perfetto, poi fammi sapere.
Travaglio: Ho saputo alla libreria di Fiumicino, che un omino di bassa statura...
Luttazzi: ... solerte ...
Travaglio: ... era passato a comprare tutte le copie che c'erano.
Luttazzi: Stampatene di più, no? Così loro le prendono e voi guadagnate.
Travaglio: Infatti, noi ristampiamo, loro ricomprano e vediamo chi si stanca per primo.
Luttazzi: E' stupendo. Una cosa su cui mi sono sempre interrogato è questa: c'erano alcune società che voi chiamate nel vostro libro "siringhe monouso", tipo la Palina eccetera, fanno una sola operazione. perché? Cioè, partono dei soldi dalla Palina, holding uno, due, tre, ta-ta-ta-ta e poi ritornano alla Palina: perché?
Travaglio: E poi ritornano all'origine: questa è una delle cose più incomprensibili che si sia trovato ad affromntare questo povero tecnico.
Luttazzi: Erano dei giroconti fittizi?
Travaglio: Sono delle cose che nemmeno un tecnico di alto livello come questo riesce a spiegare, per cui alla fine si arrende: la procura di Palermo convocherà, anzi, credo che abbia già convocato ma la cosa slitterà a dopo le elezioni, il Cavalier Berlusconi perché può darsi che tutto ciò sia assolutamente lecito, l'importante è spiegarlo. Bisognerà spiegarlo...
 
Luttazzi: Facciamo un appello, no? Bisognerà spiegarlo. Voi parlate di due fasi dell'impero Fininvest: una prima fase dagli anni 70 fino all'83, è la fase che abbiamo appena descritto, mi pare di capire, dove piovono miliardi non si sa da dove, e una seconda parte, invece, diciamo il CAF, tangentopoli, fino alla legge Mammì...
Travaglio: è la fase Craxi, quando Craxi era presidente del Consiglio.
Luttazzi: Esatto. Qui però dite una cosa interessante e che io non sapevo, e cioè che Craxi ha partecipato alla fondazione di Forza Italia.
Travaglio: Ah, quello è un altro documento straordinario, secondo me: c'e un piccolo democristiano milanese che si chiama Ezio Cartotto,
che viene ingaggiato da Marcello Dell'Utri...
Luttazzi: Chi è Marcello Dell'Utri?
Travaglio: Marcello Dell'Utri è il braccio destro di Silvio Berlusconi, palermitano, l'uomo che nel 1974 quando Berlusconi ha bisogno di uno stalliere va a Palermo, prende un boss mafioso glielo porta a Milano e glielo mette in Villa per un anno e mezzo: si chiamava Mangano questo boss,
è stato poi processato al maxiprocesso di Falcone e Borsellino e poi è stato condannato all'ergastolo per traffico di droga, mafia e omicidio,
ed era in rapporto con Dell'Utri fino almeno al '93-'94. Chiusa la parentesi. Stavamo dicendo?
Luttazzi: Hai fatto una parentesi da niente...ci bevo un attimo su? Non so voi ma io sto abbastanza tremando, ma ok. (si sente un tonfo da ditro le quinte) Un attentato, sventato per fortuna: state fermi e non saltate sulle sedie, nessuno si muova. (applauso)
Travaglio: Allora: Dell'Utri ingaggia questo democristiano lombardo perché dice" qui bisogna fare un partito, il Cavaliere dice che
i nostri referenti politici stanno malmessi con Mani Pulite e quindi"...
Luttazzi: Siamo nel 91-92?
Travaglio: Siamo nel '92, subito dopo l'arresto di Mario Chiesa e i primi indagati, i primissimi piccoli indagati milanesi, nemmeno Craxi: Craxi poi sarà a dicembre. Lo chiude in un ufficio di Publitalia, gli dice di non dire niente perché della cosa sa soltanto lui e il Cavaliere, nemmeno Confalonieri perché era contrario a questo progetto di entrare in politica.
Luttazzi: Fedele è simpatico, eh?
Travaglio: Bè, si, diceva delle cose che dette oggi sembra Stalin, invece era Confalonieri: diceva "è impensabile che noi senza vendere le televisioni andiamo in politica"; cercava di convincere Berlusconi: infatti all'inizio lo tennero all'oscuro, così racconta Cartotto. Allora, questo ufficio di Publitalia comincia a lavorare alla fondazione del partito, che poi verrà reso noto agli Italiani un anno e mezzo dopo: nessuno lo sa.
E questo Cartotto racconta delle cose secondo me strepitose: voglio citare perché qui bisogna essere esattissimi,
le querele volano come... e noi non le vogliamo prendere le querele...
Luttazzi: Non so tu, io no di certo. Credo che sia il male minore la querela a questo punto.
Travaglio: Allora, Cartotto racconta il movente della nascita di Forza Italia: "Berlusconi, in una convention di quadri della Fininvest tenuta a Montecarlo, tenne un discorso che posso definire di attacco, dicendo specificamente: i nostri amici che ci aiutavano, Craxi & c., contano sempre di meno, i nostri nemici contano sempre di più, dobbiamo prepararci a qualsiasi evenienza per combatterli" . Ma racconta un'altra cosa secondo me strepitosa, e cioè che nel 1992-93, quando Caselli non era nemmeno procuratore di Palermo, quando nessuno si sognava di ipotizzre alcunchè di rapporti tra mafia e Fininvest, Berlusconi, secondo Cartotto, si aggirava per le sue aziende dicendo "se non andiamo in politica ci accuseranno di essere mafiosi". Ora, a me francamente non è mai capitato di temere di essere accusato di essere mafioso. A te non credo.
Luttazzi: Non credo, no.
Travaglio: "Berlusconi, racconta Cartotto, temeva che entrando in politica potessero essergli rivolte accuse di contiguità con la associazione mafiosa. Per la verità Cartotto ad un'intervista al Corriere dirà poi che Berlusconi diceva queste testuali parole:
mi faranno di tutto, andranno a frugare tutte le carte, diranno che sono un mafioso.
Luttazzi: Ma perché? Strano, no?
Travaglio: Poi aggiunge Cartotto che nel 1994,quando vennero fuori le prime voci su queste liesons dangereuses, per usare un termine raffinato, dice: "ricordo che Berlusconi mise sotto accusa Dell'Utri specificando che nei sondaggi Forza Italia stava scendendo proprio per questo problema
dei suoi rapporti con la mafia; ricordo che la reazione di Dell'Utri mi sorprese alquanto, quando mi disse testualmente: Silvio non capisce che dovrebbe ringraziarmi perché se dovessi aprire bocca io, puntini puntini.
Luttazzi: Queste sono dichiarazioni di Cartotto. Rese dove?
Travaglio: Queste sono dichiarazioni di Cartotto alle procure di Caltanissetta e Palermo che indagano sui mandanti a volto coperto delle stragi
del 1992 e 93.
Luttazzi: Cosa c'entrano?
Travaglio: Eh, cosa c'entrano. Quante querele vuoi beccarti? Allora...
Luttazzi: No, stiamo cercando di capire, stai tirando fuori delle cose che non stanno nè in cielo nè in terra, non è una logica normale, credo, no?
Non essere così soddisfatto, è una cosa tremenda, oh, mamma mia.
Travaglio: No, sarà che le conosco e quindi do un po' meno peso. C'è un atto assolutamente pubblico, la requisitoria del pubblico ministero Luca Tescaroli al processo di appello per la strage di Capaci dove sono stati condannati tutti i boss di Cosa Nostra, da Riina in giù, per avere ordinato e realizzato la strage che ha visto la moste di Falcone, della moglie, degli uomini della scorta; in questo processo di appello Tescaroli fa un accenno ad un'altra indagine che è in corso alla procura di Caltanissetta, e che riguarda i mandanti avolto coperto, cioè coloro che avrebbero diciamo suggerito se non altro la tempistica per quelle due stragi in sequenza che erano Capaci e poi via D'Amelio: voi ricorderete che in quei 50 giorni saltarono in aria i due giudici più famosi d'Italia, a Palermo, cioè Falcone e Borsellino: intere autostrade sventrate, cioè una cosa mai vista; forse in Colombia. E questo pubblico ministero nella requisitoria ha sostenuto, ha ricordato, le parole di alcuni collaboratori di giustizia i quali sostengono che Totò Riina, prima di mettere a punto queste stragi, aveva incontrato alcune persone importanti, come le chiamava lui, e questi pentiti riferiscono che erano Berlusconi e dell'Utri. Naturalmente tutto ciò è una requisitoria, èun documento pubblico, è una cosa che è stata letta in udienza e noi l'abbiamo pubblicata, non è una sentenza, ci mancherebbe altro, è semplicemente uno spunto di indagine, indagine che mentre Tescaroli parlava era in corso: e altre indagini ci sono sulle stragi del 93, perché voi ricorderete che nel 93 ci fu quella replica, quando la mafia stranamente cominciò ad occuparsi del patrimonio artistico: cioè, la mafia uscì dal territorio siciliano e cominciò a mettre bombe agli Uffizi, a via Palestro a Milano e qui a Roma, a San giovanni in Laterano, per non parlare dell'attentato a Maurizio Costanzo, che è un altro caso clamoroso: è molto interessante, soltanto a livello cronologico, leggere quello che racconta Cartotto, e cioè che Maurizio Costanzo era uno, all'interno della Fininvest, ferocemente contrario alla nascita del partito della Finivest, cioè alla scesa in campo della Fininvest in politica. Insomma, è un bel quadretto.
Luttazzi: Bè, direi, rivelazioni esplosive.
Travaglio: Sai qual è il brutto, o il bello? Che non sono rivelazioni, cioè non sono cose che io sono andato a trovare e che nessuno poteva trovare. Sono cose che sono state dette in un'aula di tribunale.
Luttazzi: Be', nessuno le riferisce perché ancora devono essere dimostrate.
Travaglio: Si, ma quando un pubblico ministero dice una cosa se ne dovrebbe parlare.
Luttazzi: Non se ne parla?
Travaglio: Non se ne parla molto.
Luttazzi: C'è una specie di consegna del silenzio?
Travaglio: Un pochino, forse.
Luttazzi: Forse stanno aspettando.
Travaglio: Forse stanno aspettando.
Luttazzi: E Craxi cosa c'entra? perché tutto è partito da Craxi.
Travaglio: Si: Cartotto racconta che in queste riunioni ad Arcore nelle quali si decideva la nascita di Forza Italia, a un paio di queste riunioni partecipò Bettino Craxi, poco prima di volare ad Hamamet, cioè prima di perdere l'immunità parlamentare e di volare, un giorno prima, ad Hamamet per sottrarsi all'arresto.
Luttazzi: Quindi quello che sostenete voi in questo libro è che, da certi riscontri, deposizioni, ecc. ecc., la nascita del partito è dovuta al fatto che mancavano i referenti politici ad un certo punto quindi han detto: ok, dobbiamo farci le cose da soli. Giusto?
Travaglio: Questo racconta l'unico testimone che ha parlato di quel periodo, cioè questo Cartotto, che non è un pentito di mafia, non è un delinquente...
Luttazzi: E dove si trova adesso questo Cartotto?
Travaglio: Credo che stia appena fuori Milano. Viene chiamato spesso a testimoniare in vari processi, quelli di Dell'Utri, quelli di Berlusconi...
Luttazzi: C'è un altro capitolo che secondo me è molto interessante, ed è quello sulla legge Tremonti: Tremonti è nella cronaca di questa settimana perché ha dato del gangster al ministro Visco ecc. ecc.: ho letto però una cosa interessantissima su questa legge Tremonti in realtà.
Travaglio: La legge Tremonti è una legge che, detta in soldoni, rilascia delle agevolazioni fiscali alle imprese che reinvestono gli utili. E quindi è una legge neutra. Senonchè un giorno una certa azienda, che si chiama Mediaset, compra dei film, e comprati quei film chiede al governo se può beneficiare dei vantaggi della legge Tremonti. Il governo le risponde si, puoi beneficiare di questi vantaggi. E questi vantaggi, quantificati, sono 243 mliardi. Il problema qual è: io non so se la Mediaset avesse o non avesse il diritto ad accedere a questi vantaggi: c'è chi sostiene di no perche i film acquistati non sono beni materiali e la legge Tremonti si occupava soltanto di beni materiali; ma diciamo che fosse tutto di loro diritto: il problema è che a beneficiare di questa legge è colui che l'ha fatta, e cioè il Cavalier Silvio Berlusconi con una mano è presidente del Consiglio e con l'altra è padrone della Mediaset e si interpella da solo chiedendo: "scusa, puoi tu usufruire di questa legge? Si che puoi." . E alla fine ci guadagna 250 miliardi.
Luttazzi: Ma come. Ogni volta che gli rinfacciano il conflitto di interessi lui dice sempre: "No no no, perché poi io lo risolverò molto tranquillamente: quando parleremo di cose che mi riguardano io mi alzo e me ne esco". No?
Travaglio: Si, bè, non dovrebbe mai mettere piede, avremmo un governo vacante, in esilio.
Luttazzi: Si, perché io ho elencato le cose di cui si occupa: editoria, telecomunicazioni, telefoni cellulari, assicurazioni, grandi distribuzioni, cinema, audiovisivi, affari immobiliari, sport. Tutto.
Travaglio: E negozi di parrucchieri ed estetisti.
Luttazzi: I negozi di parrucchieri, hai ragione. Dunque: riassumiamo un pochettino il percorso di questo libro: c'è dentro un'intervista anche a Borsellino che è incredibile.
Travaglio: C'è un'intervista agghiacciante a Paolo Borsellino: è una rarità questa intervista, perché la Rai l'ha potuta trasmettere soltanto nottetempo...
Luttazzi: Perché l'ha potuta trasmettere? In che senso?
Travaglio: La Rai ce l'aveva, ma Roberto Morione, direttore di Rai News 24, ha fatto il giro delle sette chiese per offrirla a tutti quelli che hanno i programmi in prima serata, ai telegiornali, e tutti gli hanno detto che non gli interessava perché era roba vecchia: in realtà questo è l'ultimo documento filmato di Paolo Borsellino prima che salti in aria. è stata fatta il 21 maggio del 92, due giorni dopo salta in aria Falcone, 50 giorni dopo salta in aria Borsellino.
Luttazzi: Cosa c'era di così drammatico in questa intervista?
Travaglio: Bè, è un'intervista abbastanza agghiacciante, per chi la vede soprattutto col senno di poi, cioè la vede come il testamento spirituale. Borsellino dice alcune cose: a) che la procura di Palermo in quel momento sta indagando sui rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e Mangano; e poi dice un'altra cosa: dice che in una intercettazione del 1981 tra Mangano e Dell'Utri, Mangano sta contrattando con Dell'Utri a proposito di un cavallo. E Borsellino dice che "nel maxiprocesso noi abbiamo appurato che Mangano quando parla di cavalli intende partite di droga". Quando poi il giornalista, che è un francese, quindi fa domande, gli dice " se ricordo bene nell'inchiesta c'è un'intercettazone fra Mangano e Dell'Utri in cui si parla di cavalli". Borsellino, che evidentemente è un fine umorista, risponde "bè, nella conversazione nel maxiprocesso, se non piglio errore, si parla di cavalli che dovevano essere mandati in un albergo.Quindi non credo che potesse trattarsi effettivanente di cavalli: se qualcuno mi deve recapitare due cavalli me li recapita all'ippodromo oppure al maneggio, non certamente dentro a un albergo". Allora, voi immaginate un'intervista di questo genere rilasciata oggi da Borsellino vivo, che cosa si direbbe di Borsellino, che è una toga rossa, che è arrivata la cavalleria comunista, che non a caso è un complotto politico, la giustizia a orologeria. Il problema è che pare che Paolo Borsellino votasse Movimento Sociale; cioè appartenevaa quella tradizione della destra, la nobile tradizione della destra legalitaria, che in Sicilia faceva fronte contro la mafia. Per cui, andava perfettamente daccordo con suoi colleghi che erano di sinistra. Immaginatevi se un uomo come Borsellino fosse sopravvissuto e avesse rilasciato oggi questa intervista dove sarebbe già finito, come minimo davanti al CSM, come minimo. Il fatto che in questo paese un'intervista del genere non trovi un programma che la trasmetta in prima serata ma debba andare di notte è abbastanza significativo.
Luttazzi: E che fine ha fatto questa bobina poi?
Travaglio: La bobina c'è, è stata acquisita agli atti della procura di Caltanissetta che indaga sulle stragi , perché è molto interessante sapere di che cosa si stava occupando la magistratura palermitana nel momento in cui saltavano in aria i suoi due maggiori esponenti. O no? E quindi è stata acquisita. è molto istruttiva, secondo me, andrebbe discussa, ci vorrebbero delle risposte.
Luttazzi: Io ho invitato il Cavalier Berlusconi qua ma non viene. Più di così non so cosa posso fare.
Travaglio: Strano.
Luttazzi: In realtà in un qualunque altro paese europeo o del mondo anche un ventesimo di queste piccole rivelazioni scatenerebbero il terremoto politico. Qua invece non capita nulla.
Travaglio: Oggi è venuto ad interessarsi di questo libro e a farmi una piccola intervista un giornalista del Financial Times, il quale mi raccontava dell'avventura di un dirigente molto promettente del partito conservatore britannico, mi ha lasciato anche un appunto con il nome e quindi voglio essere preciso: si chiama Jonathan Atkin, il quale un giorno, convocato ad un processo che riguardava chi avesse pagato il conto di albergo da 3 milioni di lire a sua figlia ha mentito, cioè ha detto una cosa invece di un'altra, ed è stato immediatamente impacchettato e portato in carcere, un ex ministro nonchè parlamentare conservatore, è rimasto in carcere 6 mesi ed è uscito l'altro giorno. Ha ovviamente la carriera politica finita, ma aveva mentito su un conto di 3 milioni della figlia. Io non oso immaginare quanta gente ci sarebbe nel Parlamento Italiano se vigessero le stesse leggi, probabilmente sarebbe semideserto.
Luttazzi: Io mi chiedo, caro Marco, in che paese viviamo. Comunque volevo ringraziarti perché tu, facendo questo libro, dimostri di essere un uomo libero, e non è facile trovare uomini liberi in quest'Italia di merda.
Travaglio: Ti ringrazio molto. Mi veniva in mente una cosa: quel governatore della Pensylvania che un giorno si presentò in televisione e si infilò la canna di una pistola in bocca e si sparò: credo che tu stasera, più o meno...
Luttazzi: No, no, non lo farei mai.
Travaglio: Avresti fatto molto prima.

 http://www.uonna.it/travaglio-intervista-satyricon-140301.htm

mercoledì 18 febbraio 2015

PROVE TECNICHE DI FALLIMENTO - SE ENTRO VENERDÌ NON SI TROVA L’ACCORDO, LA GRECIA ESCE DALL’EURO - ATENE DOVRÀ SPEGNERE I BANCOMAT, LE BANCHE FARANNO CRAC E SERVIRÀ VENDERE L’ORO DI STATO Gli stipendi e le pensioni in dracme sarebbero rapidamente svuotati di valore reale e c’è chi teme, per la Grecia, una vera e propria crisi umanitaria - Atene, al contrario dell’Argentina, non ha un robusto portafoglio di esportazioni, tipo carne e soia. Ha solo il turismo, l’olio e lo yogurt. Risalire non sarebbe facile…

Maurizio Ricci per “la Repubblica”

ateniesi pro governo contro austerita ateniesi pro governo contro austerita
Un accordo entro venerdì, dicono a Bruxelles. Non si poteva scegliere giorno peggiore per alimentare cattivi presentimenti. Perché venerdì chiudono i mercati. E il weekend, con Borse e, soprattutto, banche chiuse, è il momento in cui, storicamente, si annunciano default, fallimenti, bancarotte. Finirà così, senza un accordo?

Siamo al Grexit, nome fin troppo accattivante per l’uscita della Grecia dall’euro, un evento che tutti i protagonisti e il grosso degli osservatori definiscono, invece, “devastante”? Se il dialogo salta, infatti, meglio allacciarsi le cinture, perché nelle prossime settimane, si ballerà parecchio.
ateniesi pro governo contro austerita non siamo colonia di merkel ateniesi pro governo contro austerita non siamo colonia di merkel

Cominciando dal tardo pomeriggio di venerdì. Atene dirà che la Grecia non intende rimborsare i suoi debiti e, di conseguenza, abbandona l’euro. I passi successivi sono obbligati. Il governo greco instaurerà dei controlli per bloccare la fuga dei capitali all’estero. E farà spegnere i bancomat. Due misure tanto ovvie, da essere scontate. É il caso in cui la stalla viene chiusa dopo che i buoi sono scappati.

Chi può ha già svuotato, da tempo, il proprio conto in banca e ha ammassato gli euro sotto il materasso o, se ha capito come si fa, in un conto all’estero. Solo a dicembre sono usciti 4,6 miliardi di euro dai depositi nelle banche greche e Syriza non aveva ancora vinto le elezioni. Da lunedì, comunque (se quello è lo scenario), i greci cominceranno la loro nuova vita senza euro e con le dracme.

poul thomsen capo della troika in grecia poul thomsen capo della troika in grecia
Stipendi e pensioni saranno pagati nella nuova moneta, ad un tasso di conversione con l’euro, stabilito dal governo. Non sono qui, però, per il momento, i problemi. La miccia accesa è in campo finanziario. Tutti i debiti e le obbligazioni, entro i confini nazionali, saranno ridenominati in dracme. Sono una montagna di soldi: le banche greche hanno in giro prestiti per 227 miliardi di euro. In più hanno in cassa 12 miliardi e mezzo di buoni del Tesoro che il governo non intende ripagare e 25-50 miliardi di obbligazioni private, sempre in euro. Tutti questi crediti, in euro, adesso sono in dracme.

Invece, i debiti delle stesse banche verso l’estero restano in euro. Schiacciate nella tenaglia (attivi in dracme, passivi in euro) le banche faranno crac. Dovrà intervenire la Banca centrale a salvarle. Ma la Banca centrale deve fronteggiare anche altre emergenze. La Grecia importa buona parte del suo fabbisogno, petrolio in testa. Pochi saranno disposti a vendere ai greci, finché non si sarà capito quanto valgono le dracme con cui i greci stessi vogliono pagare.
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La Banca centrale dovrà intervenire a colmare il buco, probabilmente vendendo l’oro delle riserve. Almeno finché il cambio della dracma non si sarà stabilizzato, probabilmente ad un livello assai inferiore a quello con cui era partito, lunedì 23 febbraio, il governo. Ma questa svalutazione ha conseguenze importanti, innescando una corsa verso l’alto dei prezzi, in un’inflazione galoppante.

Gli stipendi e le pensioni in dracme saranno rapidamente svuotati di valore reale. Salvini e Grillo possono pensare che uscire dall’euro sia una passeggiata, ma, c’è chi teme, per la Grecia, una vera e propria crisi umanitaria. Il dramma, peraltro, potrebbe essere relativamente breve. Altri paesi, come l’Argentina, sono passati attraverso un default, senza essere rasi al suolo. La Grecia, però, al contrario dell’Argentina, non ha un robusto portafoglio di esportazioni, tipo carne e soia. Ha solo il turismo, l’olio e lo yogurt. Risalire non sarà facile.
PROTESTE IN GRECIA PROTESTE IN GRECIA

Ma anche l’Europa avrà contraccolpi pesanti. I 250 miliardi di crediti verso la Grecia delle diverse istituzioni europee svaniranno nel nulla. La Bce, che si vede sottrarre crediti per 27 miliardi di euro, potrebbe essere costretta a chiedere una ricapitalizzazione, che scatenerebbe polemiche violentissime a Bruxelles e nelle capitali dell’eurozona. Il buco aperto dal default greco, comunque, non si ferma qui.

CRISI GRECIA MANIFESTANTE ACCANTO ALLA POLIZIA SCHIERATA CRISI GRECIA MANIFESTANTE ACCANTO ALLA POLIZIA SCHIERATA
Nell’Eurosistema — la rete di rapporti fra le banche centrali dell’eurozona — la Banca nazionale greca ha debiti per oltre 49 miliardi che, a questo punto, si guarderà bene dal rimborsare. Poi, ci sono le banche greche con quasi 70 miliardi di euro di esposizione, di cui 54 verso altre banche europee. L’Europa si troverà a leccarsi le ferite, anche se non si innescasse la reazione a catena che è il vero timore di Bruxelles e Francoforte di fronte alla crisi greca: se la Grecia è costretta ad uscire dall’euro, potrebbe capitare lo stesso alla Spagna o all’Italia. Un invito alla speculazione ad andare all’assalto.

GRECIA CRACK GRECIA CRACK
Il disastro non è inevitabile. Nella consolidata tradizione europea, molti pensano ad un accordo all’ultimo minuto. In fondo, lo scontro fra Atene e Bruxelles è, soprattutto, di principio e semantico. In ballo, c’è il rispetto delle regole già fissate e delle riforme già concordate: altri paesi, come il Portogallo o l’Irlanda, hanno rispettato quelle regole. Tuttavia, non è impossibile pensare ad un accordo che ribadisca le regole, ma impegni anche le parti a cambiarle al più presto.

Esiste anche uno scenario intermedio, fra accordo e default. Una soluzione che, in perfetto stile Bruxelles, consenta di andare avanti senza traumi per un po’, basta chiudere un occhio. L’accordo con il trucco. Più di un economista ha proposto che la Grecia, di fronte al ritiro dei crediti europei e alla carenza di euro, si crei liquidità, senza uscire dalla moneta unica, ma emettendo una sorta di moneta parallela, dei “pagherò” del governo, da utilizzare per pensioni, stipendi pubblici e ricapitalizzazione delle banche.
GRECIA GRECIA

Atene giustificherebbe i pagherò come anticipazione di future entrate fiscali. Secondo altri economisti, però, questo piano B non sta in piedi: al valore scritto sul fronte dei pagherò non crederebbe nessuno e si innescherebbe una veloce deriva inflazionistica.

grecia 

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/prove-tecniche-fallimento-se-entro-venerd-non-si-trova-accordo-94734.htm

domenica 15 febbraio 2015

Putin: 11 Settembre organizzato dagli Usa, eccovi le prove

L’attacco alle Torri Gemelle «è stato pianificato dal governo degli Stati Uniti, ma è stato eseguito per procura, in modo tale che l’attacco contro l’America e il popolo degli Stati Uniti sembrasse un’aggressione effettuata da organizzazioni terroristiche internazionali». Attenzione: «Le prove fornite sarebbero a tal punto convincenti, da smontare completamente la versione ufficiale dell’11 Settembre sostenuta dal governo degli Stati Uniti». Quali prove? Quelle che starebbero per essere pubblicate a Mosca, controfirmate nientemeno che da Vladimir Putin. Ultima mossa, clamorosa, per tentare di fermare la macchina da guerra che – dalla Siria all’Ucraina – sta assediando i non-allienati allo strapotere di Washington, Russia e Cina in primis, tenendo sotto ricatto anche i paesi del petrolio e la stessa Europa, costretta a varare sanzioni autolesioniste contro l’impero del gas e usare la Nato come minaccia contro Mosca. Il presidente russo, annuncia la “Pravda”, si prepara dunque al colpo del ko: l’esibizione di «prove schiaccianti», satellitari, che inchioderebbero l’intelligence di Bush al crimine dell’11 Settembre, spaventoso massacro ai danni dei cittadini americani, da terrorizzare al punto da indurli a sostenere le guerre a venire, cominciando da Iraq e Afghanistan.
La notizia trapela dal newsmagazine “Veterans Today”: un collaboratore, Gordon Duff, segnala che sulla “Pravda” del 7 gennaio 2015 si parla dell’imminente, clamorosa iniziativa dei russi: smascherare definitivamente l’imbroglio mondiale dell’11 Putin 11 SettembreSettembre, quello degli arei dirottati sulle Torri “all’insaputa della Cia e dell’Fbi”, senza alcuna reazione da parte della difesa aerea americana. «Le evidenze satellitari russe che provano la demolizione controllata del World Trade Center con “armi speciali” – scrive “Come Don Chisciotte” – sono state recensite da un redattore di “Veterans Today”, mentre si trovava a Mosca». Gli analisti ritengono che l’attuale situazione di “guerra fredda” tra Washingon e Mosca rappresenti la quiete prima della tempesta: «Putin colpirà una sola volta, ma ha intenzione di farlo con notevole durezza», annuncia “Veterans Today”. «L’elenco delle prove include delle immagini satellitari», aggiunge il newsmagazine, e il materiale in via di pubblicazione «dimostrerebbe la complicità del governo degli Stati Uniti negli attacchi del 9/11 e la successiva manipolazione dell’opinione pubblica».

«Le ragioni dell’inganno e dell’assassinio dei propri cittadini – continua Duff – avrebbero servito gli interessi petroliferi degli Stati Uniti e delle corporazioni statali del Medio Oriente». La Russia si preparerebbe quindi a dimostrare, in modo clamoroso, che «l’America ha utilizzato il terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, contro i suoi stessi cittadini, per creare il pretesto per un intervento militare in paesi stranieri». Se così dovesse essere, aggiunge Duff, «la conseguenza diretta della tattica di Putin sarebbe quella di rendere note le politiche terroristiche segretamente adottate dal governo degli Stati Uniti: secondo gli analisti americani, la credibilità del governo statunitense ne risulterebbe compromessa e ci sarebbero, di conseguenza, delle proteste di massa nelle città e infine una rivolta generalizzata». A quel punto, si domanda Duff, gli Usa come potranno Obamarapportarsi ancora sulla scena politica mondiale? «La leadership americana nella lotta contro il terrorismo internazionale ne risulterebbe totalmente compromessa, dando un immediato vantaggio agli Stati-canaglia e ai terroristi islamici».
Lo stesso Barack Obama non è immune da accuse: tutti ricordano la scandalosa gestione dell’ultimo capitolo dell’affare Bin Laden, dichiarato morto in Pakistan senza uno straccio di prova, il presunto cadavere inabissato nell’Oceano Indiano. Morti anche i soldati del commando che avrebbe ucciso il capo di Al-Qaeda ad Abbottabad: fulminati “per errore” da fuoco amico, a Kabul, poche settimane dopo il misterioso blitz. Tutte le voci più importanti della dissidenza, negli Usa, hanno denunciato come palesemente falsa la versione ufficiale sulla strage dell’11 Settembre, mentre il Senato degli Stati Uniti ha concluso, di recente, che l’Fbi era perfettamente al corrente delle mosse dei futuri dirottatori-kamikaze. Finora, il manistream ha avuto buon gioco nel rifiutare i sospetti, avvalorando la verità ufficiale sulla base di una semplice tesi: il crimine evocato – strategia della tensione, con numeri smisuratamente stragistici – è troppo mostruoso per essere accettato. Impossibile digerire l’idea che qualcuno, al Pentagono, abbia organizzato l’attentato del secolo, arrivando addirittura ad “accecare” l’aviazione Usa per molte ore e a “sequestrare” il presidente Bush, fatto letteralmente scomparire “per proteggerlo”, e anche per impedirgli di reagire. “Complottismo”, è stata finora la formula liquidatoria per seppellire le scomode verità sull’11 Settembre, illuminate da prestigiose contro-inchieste: le Torri sarebbero crollate secondo le procedure della “demolizione controllata”, grazie all’impiego di esplosivi speciali come la nano-termite, di origine militare. E se ora Putin riuscisse davvero a confermare questa versione con evidenze esclusive?
Gioele Magaldi, autore del dirompente libro “Massoni”, sulla scorta di documentazione top secret di origine massonica (che l’autore si dichiara pronto a esibire in caso di contestazioni) rivela che Osama Bin Laden non fu soltanto reclutato dalla Cia in Afghanistan ai tempi dell’invasione sovietica, ma fu “affiliato” nientemeno che da Zbigniew Brzezinski e inserito nel potentissimo club ultra-segreto delle superlogge internazionali. Una di queste, denominata “Hathor Pentalpha”, sarebbe stata creata da Bush padre con intenti palesemente eversivi: usare il terrorismo per manipolare l’opinione pubblica e trascinare l’Occidente nella “guerra infinita”, a beneficio delle super-lobby del petrolio e delle armi. Nella “Hathor Pentalpha” sarebbe arruolato anche Tony Blair, che più di ogni altro si spese per costruire la suprema menzogna delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein. Oggi, l’erede di Bin Laden è il “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, misteriosamente scarcerato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca in Iraq, perché potesse combattere nel sedicente “Esercito Siriano Libero” e poi fondare l’Isis, il cui nome coincide con quello della divinità egizia Iside, vedova di Osiride, nei testi antichi chiamata anche “Hathor”. Solito schema: creare l’armata del terrore per poi scatenare una guerra. E, prima ancora, una campagna elettorale: quella di Jeb Bush, ultimo rampollo della dinastia presidenziale del fondatore della “Hathor Pentalpha”, Gioele Magaldidefinita «superloggia del sangue e della vendetta» perché nata quando Bush – affiliato a superlogge reazionarie – fu battuto nella corsa alla Casa Bianca da Ronald Reagan, sostenuto da clan massonici concorrenti.
Sempre secondo Magaldi, lo stesso Putin è “affiliato” a una superloggia latomistica internazionale. L’autore di “Massoni” sostiene inoltre che da qualche anno sia in atto una sorta di guerra inframassonica: le “Ur-Lodges” progressiste starebbero preparando una controffensiva, dopo gli ultimi decenni in cui il mondo è caduto letteralmente nelle mani dell’élite finanziaria che ha pilotato la globalizzazione più selvaggia, calpestando i diritti dei popoli e gettando anche l’Occidente in una crisi senza precedenti, il cui punto più critico è l’Europa, dove le classi medie sono state rapidamente impoverite a beneficio dell’oligarchia neo-feudale che domina Bruxelles con il dogma neoliberista del rigore. In parallelo, si muovono scenari geopolitici: come previsto da tutti gli analisti, il gigante cinese è cresciuto in modo esponenziale, minacciando la supremazia americana. La Russia di Putin, prima provocata in Siria e ora assediata in Ucraina a due passi da casa, rappresenta la prima linea del fronte, mentre i Brics lavorano nelle retrovie per preparare un’alternativa multipolare, anche finanziaria, alla “dittatura” del petrodollaro. Quella che Papa Francesco chiama Terza Guerra Mondiale si sta avvicinando. Nel tentativo di scongiurarla, Putin giocherà davvero la sconvolgente carta delle “prove definitive” per accusare il governo Usa per l’11 Settembre?

Fonte: libreidee.org

 http://indignadositalia.blogspot.it/2015/02/putin-11-settembre-organizzato-dagli.html

venerdì 13 febbraio 2015

BISCIONE IN MOVIMENTO/1 – FININVEST ALLENTA LA PRESA SU MEDIASET E VENDE IL 7,79% - IL TITOLO CROLLA IN BORSA E SI SPRECANO LE INDISCREZIONI: ASPETTATIVE SUL FRONTE DELLE ALLEANZE, TRA ACCORDI CON SKY E INGRESSO DI VIVENDI-CANAL PLUS Le “voci”, cioè l’articolo di Dagospia, riprese dal Corriere: “Secondo alcune ricostruzioni la vendita avrebbe a che fare con il gelo sceso tra Confalonieri e Berlusconi dopo la rottura, da parte del leader di Forza Italia, del Patto del Nazareno”…

MEDISET: SCIVOLONE IN APERTURA PIAZZA AFFARI (-5,9%)
silvio mediaset berlusconi silvio mediaset berlusconi
 (ANSA) - Scivolone di Mediaset in Piazza Affari dopo la cessione del 7,79% da parte di Fininvest conclusa nella serata di ieri. Il titolo segna un calo del 5,9% a 4,01 euro, ben al di sotto dei 4,1 euro per azione fissati per il collocamento e ai 4,26 euro della chiusura di Borsa della vigilia.

2 - MEDIASET: CONGELATA IN BORSA DOPO CALO
 (ANSA) - Mediaset è stata congelata in Piazza Affari dopo un avvio in forte ribasso. Prima dello stop il titolo ha ceduto fino al 6% a 4 euro per azione a fronte di un prezzo di 4,1 euro per il collocamento del 7,79% di ieri.

3 - MEDIASET: RIAMMESSA A SCAMBI BORSA CEDE IL 4,3%
(ANSA) - Mediaset è stata riammessa agli scambi in Piazza Affari dopo un congelamento di circa mezz'ora. Il titolo segna un calo del 4,3% a 4,08 euro, al di sotto dei 4,1 euro riconosciuti per rilevare il pacchetto ceduto da Fininvest. Prima dello stop il titolo aveva ceduto fino al 6% a a 4 euro.
PIER SILVIO BERLUSCONI FEDELE CONFALONIERI PIER SILVIO BERLUSCONI FEDELE CONFALONIERI

4 - MEDIASET, IL BLITZ FININVEST
Paola Pica per il “Corriere della Sera”

Fininvest riduce a sorpresa la sua quota di controllo in Mediaset e mette sul mercato dei fondi il 7,79% del capitale per 377 milioni di euro . La holding della famiglia Berlusconi scende così dal 41,28% al 33,4% dal gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi e presieduto da Fedele Confalonieri, figura di riferimento storica nella galassia dell’ex Cavaliere.
 
La vendita annunciata a sera ha chiuso una giornata alimentata dai rumor di dimissioni di Confalonieri e un lungo ciclo di rialzi in Borsa alimentati dalle speculazioni di una possibile vendita della stessa Mediaset, in parte o in toto, a una media company internazionale. Sulle voci rimbalzate sulla rete di un’uscita imminente del braccio destro di Berlusconi, 78 anni, sia da Mediaset sia da Mondadori, dove è consigliere di amministrazione, ha replicato lo stesso interessato: «Leggo su Dagospia una serie di sciocche fantasie che riguardano me e Mediaset. Fantasie che non vale la pena commentare».
confalonieri con marina e piersilvio berlusconi confalonieri con marina e piersilvio berlusconi

Secondo alcune ricostruzioni la vendita avrebbe a che fare il gelo sceso tra Confalonieri e Berlusconi dopo la rottura, da parte del leader di Forza Italia, del Patto del Nazareno. Complici forse i livelli di prezzo, con il titolo ai massimi da poco più di un anno in Piazza Affari, Confalonieri ha smobilizzato da poco alcuni pacchetti, vendendo il 5 gennaio scorso 313 mila azioni Mediaset per 77 mila euro, dopo averne già cedute 200 mila il 12 dicembre 2014. 

Quanto alle attese che sostengono la corsa al listino, il blitz di ieri non contribuisce a raffreddarle. L’idea degli analisti è che ci siano segnali da cogliere nella grande partita delle media company. Un settore in grande movimento, specie sul fronte pay tv . E mentre in tanti, in passato, hanno pronosticato l’alleanza di Silvio Berlusconi con l’avversario di sempre, Rupert Murdoch e il suo colosso Sky, più di recente il mercato sembra sedotto dall’ipotesi francese.
BOLLORE HAVAS BOLLORE HAVAS

L’intervento di Vincent Bolloré che si prepara a diventare il primo socio di Telecom Italia con l’8,5% potrebbe estendersi, secondo queste supposizioni, a Mediaset attraverso Canal Plus. Quest’ultima è controllata da Vivendi, gruppo che fa a sua volta capo all’uomo d’affari bretone molto attivo in Italia dove è azionista forte di Mediobanca. 
Berlusconi e Murdoch a Arcore Berlusconi e Murdoch a Arcore

In Fininvest si esclude «categoricamente» che l’operazione avviata attraverso la procedura «accelerated bookbuilding», aperta e chiusa in poche ore da Unicredit e Merrill Lynch, debba essere letta in questa chiave. In un comunicato si legge che «la liquidità che si renderà disponibile consentirà di proseguire nel rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale e di agevolare eventuali investimenti in un’ottica di diversificazione del portafoglio azionario». La parola chiave è «diversificazione», si fa notare, e il controllo è saldo ben sopra il 30%, al 33,4% e sale ancora considerato il 3,8% di azioni proprie in mano a Mediaset. Già nel 2005 Fininvest aveva collocato il 16%con le stesse modalità portandosi verso il 30% per poi risalire. 
 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/biscione-movimento-fininvest-allenta-presa-mediaset-vende-94460.htm

BISCIONE IN MOVIMENTO/2 – LE GRANDI VENDITE DI B.: “SE IL GOVERNO SI INCATTIVISCE È MEGLIO AGIRE D’ANTICIPO E FARE CASSA” – “IO NON VOGLIO LASCIARE I MIEI FIGLI NEI GUAI. BISOGNA METTERE A POSTO BENE LE COSE PRIMA” La figlia Marina non era convinta che ci fosse un legame tra Patto del Nazareno e aziende di famiglia, ma dopo l’emendamento del governo sulle frequenze ha dovuto ricredersi. Adesso lei e Pier Silvio non sono più così negativi sulle ipotesi di accordo con Rupert Murdoch…

Mario Ajello per “Il Messaggero

Carlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele Confalonieri Carlo De Benedetti Marina Berlusconi Fedele Confalonieri
In questi giorni di stress da Patto del Nazareno saltato, appena nelle riunioni di partito Silvio Berlusconi sembrava distratto, alcuni maggiorenti si davano di gomito: «Sta pensando alla roba». E adesso che una parte della «roba», intesa come Mediaset il patron di Arcore la sta vendendo, quei momenti di lontananza dalle beghe politiche hanno una spiegazione più chiara. Che poi è quella che in queste ore Berlusconi sta trasmettendo a chi può essere ammesso negli «arcana imperii» del suo potere: «Se il governo si incattivisce, è meglio agire d’anticipo e fare cassa». E ancora: «Io non voglio lasciare i miei figli nelle difficoltà e nei guai. Bisogna mettere a posto bene le cose prima».

berlusconi silvio marina piersilvio berlusconi silvio marina piersilvio
Il Patto del Nazareno ha portato bene alle azioni di Mediaset, che due anni fa valevano tre volte meno di adesso. Ma ora che quell’intesa è rotta, e che si annunciano tempi grami per il sistema aziendale berlusconiano già in crisi per molti aspetti, conviene mettere al riparo la «roba» da quelle che l’ex Cavaliere chiama le «vendette» di Matteo. Un’occasione così giusta per vendere a buon prezzo le azioni - «e questo è solo l’inizio», assicurano i bene informati - difficilmente potrà ripresentarsi in futuro.

Famiglia Berlusconi Eleonora Piersilvio MArina Silvio BArbara Luigi Famiglia Berlusconi Eleonora Piersilvio MArina Silvio BArbara Luigi
 E Marina e Pier Silvio, che prima dicevano «no» quando i contatti di vendita a fine anni ’90 erano serratissimi tra Berlusconi e Murdoch, ora quel «no» secco non lo dicono più. La rottura del Patto del Nazareno c’entra, e assai, con la tentazione di Fedele Confalonieri - da lui ieri smentitissima - di ritirarsi a vita privata. E c’entrano eccome, nella vendita di questo primo pacchetto di azioni, i rischi derivanti dalla nuova fase politica. «La riformulazione del decreto mille-proroghe è chiaramente di tipo provocatorio», va ripetendo Berlusconi da giorni.

Fedele Confalonieri Fedele Confalonieri
E si riferisce a quell’«emendamento-canaglia» che impone alla sua azienda e alla Rai di pagare 50 milioni come occupazione delle frequenze da ridistribuire tra gli operatori minori. Questa è stata vissuta da Berlusconi come una ritorsione targata Renzi per il suo mancato appoggio alla candidatura di Mattarella. Marina, al contrario del fratello e di Confalonieri, era convinta che il Nazareno fosse poco influente sull’andamento dell’impresa di famiglia. Mentre nel partito tutti o quasi, anche i nemici di quel Patto, hanno legato le due cose. E i fatti di queste ore starebbero dimostrando la plateale esistenza di questo legame.

FEDELE CONFALONIERI E ANNA MARIA TARANTOLA FEDELE CONFALONIERI E ANNA MARIA TARANTOLA
«Adesso i soldi che ha ricavato dalle azioni li metterà nel partito, visto che lo vuole rilanciare?», si chiedono retoricamente a Forza Italia. E nessuno risponde di sì. C’è chi in questi frangenti ha sentito Berlusconi parlare così: «Non sono più sicuro di ciò che potrà accadere». E non sta parlando di Fitto ma del sistema dell’emittenza televisiva tutta da ridefinire nelle intenzioni dell’esecutivo.
RENZI SALUTA CONFALONIERI DOPO LA D URSO RENZI SALUTA CONFALONIERI DOPO LA D URSO

Eppure ieri, Berlusconi era a Palazzo Grazioli - fino alle 19,30 - per decidere le candidature alle Regionali. E quella in Puglia di Francesco Schittulli ha avuto il via libera di tutti. Perfino di Fitto. La vendita delle azioni era dunque già stata preparata. E punteggiata da alcuni ricordi sempre più ricorrenti sulle labbra di Sua Emittenza: «Ancora mi mangio le mani per tutti i soldi che potevo ricavare, se avessi venduto a suo tempo a Murdoch». Gli stessi soldi non li avrà più, ma spesso la storia si ripete.
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/biscione-movimento-grandi-vendite-se-governo-si-94461.htm

13 feb 2015 13:45 PROF, HO FATTO SCACCO! IN SPAGNA SARÀ OBBLIGATORIO NELLE SCUOLE LO STUDIO DEGLI SCACCHI - STUDI CONDOTTI IN GERMANIA HANNO DIMOSTRATO CHE TORRI, CAVALLI E ALFIERI SVILUPPANO L’INTELLIGENZA, ALLENANO LA MENTE E MIGLIORANO IL RENDIMENTO Già tre anni fa, con una votazione a larga maggioranza, il Parlamento europeo aveva approvato una “raccomandazione” in questo senso diretta a tutti i Paesi membri dell’Unione - L’introduzione nel programma scolastico degli scacchi permette di migliorare i risultati in matematica e nella lettura…

Alessandro Oppes per “la Repubblica”

Sviluppa l’intelligenza, allena la mente, migliora il rendimento. C’è solo da chiedersi perché non ci avessero pensato prima. C’è voluta una proposta parlamentare del Partito socialista per far scoprire ai politici spagnoli gli effetti miracolosi dello studio degli scacchi. Che ora diventeranno materia obbligatoria nel programma educativo. Tutti d’accordo, dalla sinistra alla destra ai nazionalisti di vario segno, al punto che — praticamente in coro — hanno chiesto al governo conservatore di Mariano Rajoy di fare in fretta e dotare gli istituti di tutto il paese di uno stock di scacchiere, re e regine, alfieri, cavalli, torri e pedoni.
IL GIOCO DEGLI SCACCHI IL GIOCO DEGLI SCACCHI

Già tre anni fa, con una votazione a larga maggioranza, il Parlamento europeo aveva approvato una “raccomandazione” in questo senso diretta a tutti i Paesi membri dell’Unione.

Un suggerimento che si basava su studi realizzati in Germania e in altri Paesi del continente in cui si è visto che il rendimento scolastico degli alunni scacchisti aumentava in media fino al 17 per cento. Così sono partite anche in Spagna le prime esperienze effettuate a livello sperimentale in alcune regioni: tanto in Catalogna come in Cantabria si è registrato un tasso di soddisfazione per i risultati ottenuti superiore all’80 per cento.

A Barcellona, è stato il governo della Generalitat a promuovere uno degli studi scientifici più accurati degli ultimi tempi sui benefici pedagogici degli scacchi. Secondo le conclusioni degli esperti delle Università di Lérida e Girona, l’introduzione nel programma scolastico di questo gioco come materia di studio permette di sviluppare meglio l’intelligenza in vari parametri e di migliorare i risultati in matematica e nella lettura, che sono proprio i due ambiti in cui i ragazzi spagnoli mostrano le maggiori carenze secondo le risultanze del Rapporto Pisa.
IL GIOCO DEGLI SCACCHI IL GIOCO DEGLI SCACCHI

Ma i vantaggi non finiscono qui. Nella sua relazione davanti alla Commissione educazione delle Cortes, il deputato socialista Pablo Martín ha ricordato che gli scacchi «aumentano le capacità strategiche e mnemoniche, insegnano a prendere decisioni sotto pressione e sviluppano la concentrazione, oltre a parecchie altre qualità, con un costo economico molto basso».

Con un inconsueto spettacolo di convergenza politica, il primo a dargli ragione è stato il rappresentante del Partito Popolare («è un’appassionante disciplina sportiva nell’ambito educativo »), mentre i nazionalisti baschi hanno parlato di «investimento strategico per il futuro». Uno studio realizzato dalla Universidad de La Laguna, di Tenerife, sottolinea che gli scacchi sviluppano non solo l’intelligenza cognitiva ma anche quella emozionale.

BEPPE GRILLO GIOCA A SCACCHI BEPPE GRILLO GIOCA A SCACCHI
Ma quello scolastico non sarà l’unico terreno di applicazione dell’esperimento scacchistico. Secondo studi scientifici molto seri, la pratica degli scacchi può infatti essere estremamente utile come “ginnastica mentale” per ritardare l’invecchiamento cerebrale e quindi frenare lo sviluppo di malattie come l’Alzheimer. In più, avrebbe anche un impiego proficuo nel trattamento di bambini iperattivi, con autismo, sindrome di Asperger, superdotati, con sindrome di Down e anche nella riabilitazione dei tossicodipendenti.
cattelan scacchi cattelan scacchi
 http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/prof-ho-fatto-scacco-spagna-sar-obbligatorio-scuole-studio-94463.htm

giovedì 12 febbraio 2015

SAVIANO: COME SI STRONCANO I NARCOS? LEGALIZZANDO L’ERBA! - CARTELLI MESSICANI IN CRISI: CROLLA IL BUSINESS DELLA MARIJUANA - É L’EFFETTO DELLA LEGALIZZAZIONE DELLE DROGHE LEGGERE IN ALCUNI STATI USA - LA SCONFITTA DEI PROIBIZIONISTI Aumento del mercato dei consumatori e della criminalità: gli allarmi dei proibizionisti smontati dall’esperienza reale. Grazie alle entrate per l’acquisto di marijuana, il Colorado rimborserà ai cittadini parte delle tasse - Dove sarà dirottata tutta la droga messicana? In Europa..


siti di incontri per amanti della marijuana siti di incontri per amanti della marijuana
Roberto Saviano per “la Repubblica

Per la prima volta nella loro storia i cartelli messicani hanno visto precipitare la richiesta di marijuana. Entra in crisi un business miliardario che sino ad ora non aveva mai subito flessioni. I dati diffusi dalla polizia frontaliera americana (l’Us Border Patrol) non lasciano spazi a dubbi: la riduzione del traffico di erba nel 2014 è stata del 24% rispetto al 2011. Che è successo? Nessuno fuma più spinelli? Una stagione di arresti particolarmente efficace? La risposta è più semplice: ed è la legalizzazione delle droghe leggere in Colorado e nello Stato di Washington.

Coltivazioni marijuana Coltivazioni marijuana
La vendita legale di marijuana non ha solo creato una rivoluzione economica che ha portato oltre 800 milioni di dollari di nuovi introiti fiscali, ma ha anche iniziato a trasformare il tessuto criminale. La crisi delle organizzazioni a sud del Rio Grande che hanno sempre inondato gli Usa di erba è paragonabile alla crisi dei titoli del Nasdaq.

I cartelli messicani non hanno mai abbandonato il business dell’erba, tutte le organizzazioni storiche che oggi sono egemoni nel traffico di coca e di metanfetamina hanno sempre coltivato la “mota” (come chiamano la marijuana), che è al contempo fonte di una liquidità economica gigantesca ed ha una crescita di mercato esponenziale grazie alla tolleranza culturale diffusa in tutti gli Stati Uniti.
dispensari di marijuana in colorado dispensari di marijuana in colorado

ROBERTO SAVIANO E JAMES FRANCO ROBERTO SAVIANO E JAMES FRANCO
Un esempio tra i molti che dimostra lo storico legame tra l’erba messicana e gli Usa: Kiki Camarena era un poliziotto della DEA che riuscì a infiltrarsi ai vertici dei narcos negli anni ‘80: fu così che scoprì El Bufalo, un ranch che nascondeva la più grande piantagione di marijuana del mondo. Oltre milletrecento acri di terra e diecimila contadini a lavorarci. Per averla fatta sequestrare Kiki fu barbaramente torturato e ucciso.

In fila per il pranzo alla marijuana In fila per il pranzo alla marijuana
L’erba messicana ha riempito gli Stati Uniti e metà pianeta per più di cinquant’anni. Ora, finalmente, la tendenza di crescita si sta invertendo. Dopo tanti dibattiti ideologici c’è la prova che la legalizzazione è uno strumento reale di contrasto al narcocapitalismo. In Colorado e a Washington ci sono diversi vincoli per il consumo: la marijuana può essere acquistata solo se si è maggiori di 21 anni, si può possedere sino a poco più di 28 grammi, in pubblico è vietato consumarla (come l’alcol del resto) e guidare sotto effetto di erba è vietato (sospensione di patente per un anno e arresto se recidivi).

Le aziende di marijuana sponsorizzano concerti di musica classica Le aziende di marijuana sponsorizzano concerti di musica classica
Le grandi obiezioni mosse dai proibizionisti contro l’esperimento di legalizzazione in Usa sono le medesime da sempre sostenute dal proibizionismo europeo: aumento del mercato dei consumatori, aumento degli incidenti stradali, aumento della criminalità. Allarmi tutti smontati dall’esperienza reale. Non c’è stata nessuna catastrofe.

La polizia di Denver in Colorado ha registrato una diminuzione del 4% dei reati, nessun aumento di incidenti stradali (la maggior parte continuano ad essere provocati dall’alcol). Non solo: sottrarre una massa di capitali enormi alle organizzazioni criminali ha portato il Colorado a prevedere la possibilità di incrementare le proprie casse con circa 175 milioni di dollari nei prossimi due anni, mentre lo Stato di Washington prevede un’entrata di oltre 600 milioni di dollari nei prossimi cinque anni.
marijuana legale marijuana legale

Come se non bastasse, sembra che lo Stato potrà addirittura restituire ai cittadini parte delle tasse. Tutto è dovuto da una legge del Colorado che impone allo Stato una quota limite sui soldi che può ricevere dalle tasse: superata la quale deve ridistribuire il denaro ai contribuenti.

Il Colorado e ilprimo stato in cui si legalizza la marijuana a scopo ricreativo Il Colorado e ilprimo stato in cui si legalizza la marijuana a scopo ricreativo
Grazie alle entrate per l’acquisto di marijuana, il Colorado rimborserà i 30 milioni di dollari in eccedenza ricevuti. Mai successo a memoria d’uomo che la quota fosse superata, la legalizzazione l’ha permesso. Soldi che prima finivano nelle tasche dei narcos messicani e delle banche complici ora so- no a disposizione dello Stato.

Le entrate fiscali hanno convinto altri Stati a intraprendere il percorso di legalizzazione: Alaska, Oregon, Florida e Washington D.C. stanno per decidere. Ma c’è un altro argomento che ha spinto questa scelta: i reati connessi alla marijuana gravavano enormemente sulle casse degli Stati americani (il Colorado — ad esempio — metteva in bilancio 40 milioni l’anno per contrasto e detenzione di persone legate allo spaccio di erba).

MARIJUANA MARIJUANA
E d’altronde la metà della popolazione carceraria americana è condannata per reati di droga, l’Anti-Drugs Abuse Act con la sua severità estrema non ha portato che a un rafforzamento del vincolo criminale tra spacciatore e organizzazione. Vincolo che è necessario slegare se si vuole contrastare il narcotraffico piuttosto che puntare la responsabilità sul singolo pusher. Il 75% dei detenuti condannati per narcotraffico è afroamericano, miseria e disagio continuano ad essere le miniere in cui raccolgono eserciti i cartelli.

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Ma in Europa e in parte anche negli Usa (con qualche eccezione tra gli agenti Dea), i vertici delle polizie continuano a sostenere posizioni proibizioniste: eppure nessuna repressione ha fermato la diffusione dell’erba e il suo consumo. Ora la domanda è: dove sarà dirottata tutta la “mota” messicana? Unica destinazione: Europa.

Ci saranno quindi abbassamenti di prezzo e si tratterà di capire come le organizzazioni criminali gestiranno il flusso. I prezzi li farà il mercato, come sempre, ma sarà mediato da ‘ndrangheta e camorra sul fronte italiano, dalla mafia corsa sul fronte francese, da albanesi e serbi sul fronte est. In Italia l’81% dei sequestri delle piantagioni di canapa indiana avviene nel sud Italia (l’Aspromonte è territorio privilegiato di coltivazione), quindi l’erba messicana arriverà ad essere il grande antagonista dell’erba italiana.
NARCOS-MESSICO NARCOS-MESSICO

La legalizzazione non solo sta costringendo i cartelli ad abbassare i prezzi tagliando i profitti ma i messicani devono anche competere con la qualità: la qualità della marijuana legale è certificata catalogata e controllata, leggendo la didascalia delle bustine si possono conoscere effetti e composizione.

La droga illegale spacciata dai messicani invece spesso ha qualità minore a fronte di un prezzo alto perché contiene additivi, come l’ammoniaca, e sempre più spesso viene cosparsa di fibra di vetro o lana di roccia, per simulare l’effetto dei cristallini che hanno alcune qualità di marijuana (ricche in resina di canapa). Legalizzazione quindi porta anche a una riduzione degli effetti negativi e il mercato perde i segmenti più dannosi.
LEONI FUORISERIE E ARMI VITA FOLLE DEI FIGLI NARCOS LEONI FUORISERIE E ARMI VITA FOLLE DEI FIGLI NARCOS

Il Messico vede positivamente la legalizzazione in Usa perché ferma il flusso di capitale criminale che quotidianamente entra nel Paese. Il circolo vizioso è semplice: dalla frontiera parte droga per gli l’America, i soldi tornano in Messico che poi ritornano nelle banche degli Stati Uniti. La legalizzazione rompe questo schema. L’ex presidente Fox aveva dichiarato: «Il consumatore di droga negli Stati Uniti produce miliardi di dollari, denaro che torna in Messico per corrompere la polizia, la politica e comprare armi».

sottomarini dei narcos per portare la droga sottomarini dei narcos per portare la droga
Fox, che non ha certo migliorato lo stato della democrazia in Messico né ha portato a un cambiamento nel contrasto ai narcos, ha avuto il merito di riconoscere il punto nevralgico: il proibizionismo americano è il principale responsabile della crescita economica della mafia messicana.

La legalizzazione quindi sta producendo effetti immediati e benefici. Le modalità per sottrarre la marijuana ai narcos sono molteplici: Colorado e Washington hanno legalizzato liberalizzando la produzione e la distribuzione, Alaska e Oregon si stanno avviando ad una legalizzazione come quella del Colorado, la Florida deciderà sull’uso medico della cannabis. Washington D.C. va verso la produzione e il consumo ma non vuole liberalizzare negando l’autorizzazione ai negozi per la distribuzione.

claudia ochoa claudia ochoa
Il che manterrebbe una contraddizione in termini: legale comprarla e fumarla a casa, ma illegale venderla. Ma l’attesa più importante è per il 2016, quando in California si deciderà se intraprendere la legalizzazione o continuare il percorso proibizionista. Se la California — Stato con una massiccia presenza di cartelli messicani e centroamericani — darà il via libera allo spinello il passo per la legalizzazione in tutti gli Stati Uniti sarà definitivo.

E in Italia? L’Italia dovrebbe essere in Europa in prima fila su questi temi per la conoscenza acquisita e per l’influenza delle organizzazioni criminali italiane in questo mercato. Il primo passo fatto dal ministro Roberta Pinotti con la produzione da parte dell’esercito di marijuana per uso terapeutico aveva fatto sperare in un’accelerazione del percorso di legalizzazione, ma tutto si è fermato e il dibattito sembra essersi spento nella miope ed eterna considerazione che «i problemi sono altri».
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Nel frattempo narcos e boss estendono il loro impero. Mai come ora il proibizionismo è il loro maggior alleato. È il momento di porre il tema della legalizzazione come battaglia di legalità e contrasto all’economia criminale e sottrarlo al seppur necessario e controverso dibattito morale. Proprio chi è contro ogni tipo di droga deve sostenere la legalizzazio

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