giovedì 26 marzo 2015

Potevano liberare Moro, ma una telefonata fermò il blitz

di Libre
Il giorno prima di morire, Aldo Moro era a un passo dalla salvezza: le forze speciali del generale Dalla Chiesa stavano per fare irruzione nel covo Br di via Montalcini, sotto controllo da settimane. Ma all’ultimo minuto i militari furono fermati da una telefonata giunta dal Viminale: abbandonare il campo e lasciare il presidente della Dc nelle mani dei suoi killer. E’ la sconvolgente rivelazione che Giovanni Ladu, brigadiere della Guardia di Finanza di stanza a Novara, ha affidato a Ferdinando Imposimato, oggi presidente onorario della Corte di Cassazione, in passato impegnato come magistrato inquirente su alcuni casi tra i più scottanti della storia italiana, compreso il sequestro Moro. Prima di passare il dossier alla Procura di Roma, che ora ha riaperto le indagini, Imposimato ha impiegato quattro anni per verificare le dichiarazioni di Ladu, interrogato nel 2010 anche dal pm romano Pietro Saviotti.
Decisive, a quanto pare, le testimonianze degli ex “gladiatori” sardi Oscar Puddu e Antonino Arconte, l’allora agente del Sismi che tempo fa rivelò di aver ricevuto da Roma la richiesta di contattare in Libano i palestinesi dell’Olp per favorire la liberazione di Moro, ben 14 giorni prima che lo statista venisse effettivamente rapito. Secondo il brigadiere Ladu, all’epoca semplice militare di leva nei bersaglieri, la prigione romana di Moro, in via Montalcini 8, era stata individuata dai servizi segreti e da Gladio e controllata per settimane. Non solo: «L’8 maggio del 1978 – scrive  Piero Mannironi su “La Nuova Sardegna” – lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto, e il giorno dopo Moro fu ucciso. Il suo cadavere fu fatto ritrovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani. In quel momento – continua Mannironi – la storia italiana deragliò da un percorso progettato da Moro e dal suo amico-nemico Berlinguer, tornando nello schema ortodosso della politica dei blocchi e incamminandosi poi verso un tragico declino morale».
Il giudice Imposimato, ora avvocato, conobbe il super-testimone Giovanni Ladu soltanto nel 2008: «Si presentò nel suo studio all’Eur insieme a due colleghi, autorizzato dal suo comandante». Il brigadiere delle Fiamme Gialle aveva scritto un breve memoriale, nel quale sosteneva di essere stato con altri militari a Roma, in via Montalcini, per sorvegliare l’appartamento-prigione in cui era tenuto il presidente della Dc. Un appostamento cominciato il 24 aprile 1978 e conclusosi l’8 maggio, alla vigilia dell’omicidio di Moro. Perché Ladu ha atteso ben trent’anni anni prima di parlare? «Avevo avuto la consegna del silenzio e il vincolo al segreto – ha detto a Imposimato – ma soprattutto avevo paura per la mia incolumità e per quella di mia moglie. La decisione di parlare mi costa molto, ma oggi Ferdinando Imposimatospero che anche altri, tra quelli che parteciparono con me all’operazione, trovino il coraggio di parlare per ricostruire la verità sul caso Moro».
Ladu ha raccontato che il 20 aprile del 1978 era partito dalla Sardegna per il servizio militare. Destinazione: 231° battaglione bersaglieri Valbella di Avellino. Dopo tre giorni, lui e altri 39 militari di leva furono fatti salire su un autobus, trasportati a Roma e alloggiati nella caserma dei carabinieri sulla via Aurelia, vicino all’Hotel Ergife. Furono divisi in quattro squadre e istruiti sulla loro missione: sorveglianza e controllo di uno stabile. A tutti i militari fu attribuito uno pseudonimo, e Ladu diventò “Archimede”. Lui e la sua squadra presero possesso di un appartamento in via Montalcini che si trovava a poche decine di metri dalla casa dove, dissero gli ufficiali che coordinavano l’operazione, «era tenuto prigioniero un uomo politico che era stato rapito». Il nome di Moro non venne fatto, ma tutti capirono.
Il racconto di Ladu è ricco di dettagli: controllo visivo 24 ore su 24, micro-telecamere nascoste nei lampioni, controllo della spazzatura nei cassonetti. Per mimetizzarsi, i giovani militari di leva indossavano tute dell’Enel o del servizio di nettezza urbana. Così controllarono gli spostamenti di “Baffo”, poi riconosciuto come Mario Moretti, che entrava e usciva sempre con una valigetta, o della “Miss”, Barbara Balzerani. Vestito da operaio, un giorno Ladu fu inviato con un commilitone a verificare l’impianto delle telecamere all’interno della palazzina dove era detenuto Moro. Invece di premere Moro nelle mani delle Brl’interruttore della luce, il brigadiere sardo si sbagliò e suonò il campanello. Aprì la “Miss” e Ladu improvvisò con prontezza di spirito, chiedendo se era possibile avere dell’acqua.
Un racconto agghiacciante nella sua precisione, continua il reporter della “Nuova Sardegna”. Nell’appartamento sopra la prigione di Moro erano stati piazzati dei microfoni che captavano le conversazioni. La cosa che stupì Ladu era che il personale addetto alle intercettazioni parlava inglese. «Scoprimmo in seguito – ricorda – che si trattava di agenti segreti di altre nazioni, anche se erano i nostri 007 a sovrintendere a tutte le operazioni». Altri particolari: era stato predisposto un piano di evacuazione molto discreto per gli abitanti della palazzina ed era stata montata una grande tenda in un canalone vicino, dove era stata approntata un’infermeria nel caso ci fossero stati dei feriti, nel blitz delle teste di cuoio, le unità speciali antiterrorismo dei carabinieri di Dalla Chiesa.
«L’8 maggio tutto era pronto – dice ancora Ladu – ma accadde l’impensabile. Quello stesso giorno, alla vigilia dell’irruzione, ci comunicarono che dovevamo preparare i nostri bagagli perché abbandonavamo la missione. Andammo via tutti, compresi i corpi speciali pronti per il blitz e gli agenti segreti. Rimanemmo tutti interdetti perché non capivamo il motivo di questo abbandono. La nostra impressione fu che Moro doveva morire». Ladu ha raccontato di aver sentito dire da alcuni militari dei corpi speciali che tutto era stato bloccato da una telefonata giunta dal ministero dell’interno. Mentre smobilitavano, un capitano intimò al brigadiere sardo: «Dimenticati di tutto quello che hai fatto in questi ultimi 15 giorni». Successivamente, seguendo una trasmissione in tv, Ladu avrebbe riconosciuto uno degli ufficiali che coordinavano l’operazione: il Antonino Arcontegenerale Gianadelio Maletti, ex capo del controspionaggio del Sid, che i militari in quei giorni avevano soprannominato, per la sua pettinatura, “Brillantina Linetti”.
Imposimato è rimasto inizialmente perplesso e diffidente: il racconto di Ladu sconvolge tutte le esperienze investigative precedenti, ne annulla tutte le certezze e, soprattutto, pone un problema terribile: bloccando il blitz, qualcuno avrebbe quindi decretato la morte di Aldo Moro. «Per quattro anni, così, quel racconto rimase sospeso, in attesa di conferme e riscontri», aggiunge Mannironi. «Fino a quando non comparve il “gladiatore” Oscar Puddu». Grazie all’ex agente della “Gladio”, il quadro di quei giorni drammatici del 1978 è parso completarsi, trovando una nuova credibilità. Nel frattempo, lo stesso Imposimato aveva conosciuto altri ex “gladiatori” sardi, Antonino Arconte e Pierfrancesco Cancedda, e ascoltato i loro sconvolgenti racconti sul caso Moro: «Confermavano che nel mondo dei servizi segreti si sapeva dell’imminente sequestro di Moro». Arconte, in particolare, ricorda di aver personalmente consegnato, a Beirut, l’ordine di contattare l’Olp per stabilire un contatto con le Br, prima ancora del sequestro Moro. L’uomo a cui all’epoca Arconte consegnò il dispaccio, il colonnello Mario Ferraro, del Sismi, anni dopo fu trovato morto nella sua Carlo Alberto Dalla Chiesaabitazione romana, in circostanze mai chiarite.
«Giovanni Ladu, poi, non aveva e non ha alcun interesse a risvegliare i fantasmi che popolano uno dei fatti più oscuri della vita della Repubblica», osserva il giornalista della “Nuova Sardegna”. «Lui, soldato di leva in quel 1978, venne proiettato in un universo sconosciuto del quale sapeva poco o nulla». Ma perché il Sismi per una missione così delicata scelse di utilizzare quel manipolo di ragazzi inesperti? «Vista l’età, erano meno visibili, meno sospettabili da parte dei terroristi». Inoltre, non erano soli: secondo Ladu, erano controllati dal generale Musumeci, dai suoi uomini e da 007 che parlavano inglese. Resta da capire chi avrebbe fatto quella telefonata dal Viminale che, secondo questa ricostruzione, avrebbe condannato a morte Aldo Moro. A fermare Musumeci, conclude Mannironi, potevano essere solo Cossiga, ministro dell’interno, o Andreotti, presidente del Consiglio. Secondo Oscar Puddu, il generale Dalla Chiesa insistette per il blitz, ma fu bloccato da Andreotti e Cossiga. «Lo convocarono a Forte Braschi, la sede del Sismi, e lo redarguirono duramente». Come si sa, Dalla Chiesa fu poi trasferito a Palermo, dove fu ucciso in un agguato organizzato da Cosa Nostra.
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http://www.informarexresistere.fr/2013/06/25/potevano-liberare-moro-ma-una-telefonata-fermo-il-blitz/

I 55 giorni del sequestro Moro: l’inizio della fine della sovranità italiana

Quando la Fiat 130 di Aldo Moro raggiunge l’incrocio di via Fani il 16 marzo 1978 l’Italia cambia il corso della sua storia.L’eccidio di via Fani che vede massacrati i 5 agenti della scorta del Presidente della Democrazia Cristiana scuotono l’Italia della fine degli anni’70 e si raggiunge l’apogeo della stagione degli attentati politici. Gli anni di piombo sono la stagione della resa dei conti tra rossi e neri, tra opposte fazioni che mettono a dura prova la tenuta fragile della giovane democrazia italiana. Il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse riesce nell’impresa di dare a un gruppo terroristico insurrezionalista la facoltà di poter influenzare l’agenda del governo e mette a dura prova i fondamenti costituzionali, già da allora messi in discussione da diversi gruppi politici in nome dell’emergenzialità.
Per comprendere meglio la portata di tale evento occorre prima di tutto considerare la figura di Aldo Moro, già ministro degli esteri nel 1974, e considerato una delle menti più raffinate della DC. Il suo eloquio, la sua capacità di intrattenere l’uditorio con ragionamenti compositi ne fanno uno degli oratori più brillanti e colti della politica italiana di allora. Ancora oggi molti ricordano la sua celebre espressione “convergenze parallele” che nei contesti internazionali metteva a dura prova i traduttori costretti a fare i conti con l’oratoria morotea. Si narra che spesso gli stessi traduttori comunicavano in cuffia agli ospiti internazionali l’impossibilità di tradurre le espressioni del On. Moro. Questo da la cifra del contenuto di una scuola politica che negli anni è andata perduta, sostituita da avventurieri e terze file delle carcasse dei partiti di un tempo, dei quali ancora oggi nonostante l’incredulità di molti, si sente una malinconica nostalgia.
Non solo nostalgia di uno stile, ma mancanza della capacità di saper intraprendere e decifrare i destini di un Paese alla ricerca della sua sovranità perduta. Se si guarda indietro alla politica internazionale di Moro è possibile vedere un tentativo di difesa della sovranità nazionale e il tentativo di restituire all’Italia un ruolo autonomo negli affari esteri. E’ questo il motivo per cui Washington non fece mistero di considerarlo un serio pericolo per la politica atlantista nell’Europa Occidentale. I suoi tentativi di legittimare il ruolo del Partito Comunista Italiano attraverso il coinvolgimento in un governo di solidarietà nazionale, il suo rifiuto di mettere a disposizione le basi italiane per inviare rifornimenti ad Israele impegnato nel conflitto in Medio Oriente, ne fanno un personaggio inviso e detestato nelle stanze della Casa Bianca. Henry Kissinger, tra i membri più influenti del gruppo Bilderberg, lo vedeva come fumo negli occhi e in ogni occasione di colloquio con Moro non faceva nulla per nascondere il suo disprezzo nei confronti dello statista pugliese, la cui originale politica internazionale dava all’Italia un ruolo di autonomia e di indipendenza. 
Sono gli anni del colpo di Stato in Cile e gli USA non nascondono, al contrario rivendicano, il loro intervento nella sovranità degli altri stati per impedire che salgano al potere formazioni politiche che sono considerate ostili e d’intralcio agli interessi americani nel mondo come spiegato chiaramente dal presidente Gerald Ford: ”abbiamo fatto ciò che gli Stati Uniti fanno per difendere i loro interessi all’estero. Ci rimproverate per il Cile. Ci rimprovereste ancora più duramente se non facessimo nulla per impedire l’arrivo dei comunisti al potere in Italia o in altri Paesi dell’occidente europeo.” Ecco perché Moro non poteva rimanere in nessun caso nell’epicentro della politica italiana. Non poteva continuare ulteriormente nel suo intento di restituire una più piena sovranità all’Italia, e il suo progetto doveva fallire.
Quando l’allora segretario di Stato Kissinger lo incontrò negli USA in occasione del viaggio ufficiale della delegazione italiana, i due hanno un colloquio che evidenzia la distanza incolmabile tra le loro posizioni. Kissinger minaccia esplicitamente Moro, e gli intima di smetterla nel tentativo di perseguire il suo piano politico:”Onorevole, lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui, o lei smette di fare questa cosa, o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere”. Una minaccia che scuoterà profondamente Moro, che da ritorno nel suo viaggio negli USA manifesterà al suo collaboratore Corrado Guerzoni, l’intenzione di ritirarsi per alcuni anni dalla vita politica, in segno di manifesta protesta contro quell’ingerenza inaccettabile che il segretario USA ha espresso. Nei 55 giorni del sequestro, tutta la politica italiana apparirà compatta nel sostenere il fronte della fermezza che condannerà lo statista della Dc alla morte inevitabile.
E’ interessante notare alcuni meccanismi che nel corso del tempo sono rimasti immutati, quando si pensa allestrategie della tensione indotte, necessarie per poter traumatizzare l’opinione pubblica che altrimenti non avrebbe accettato quel determinato epilogo.  All’epoca le Brigate Rosse non rappresentavano un particolare pericolo per la democrazia italiana, né tantomeno sembravano avere le competenze e le tecnicalità per mettere a segno un attentato del genere. Gli attentatori, quel giorno del 16 marzo, sembrano muoversi con professionalità militare e assaltano la Fiat 130 dell’On. Moro sparando 91 colpi e senza mai ferire il presidente. Un primo interrogativo sorge già sulla spettacolarizzazione dell’agguato, che non appariva necessario se si considera che il presidente si recava tutte le mattine a fare una passeggiata al Foro Italico accompagnato dal solo Maresciallo Leonardi, membro della sua scorta. Perché invece si preferì prelevare l’On. Moro in via Fani? Appare anche singolare che i brigatisti sapessero esattamente come e quando prelevare il presidente della Dc, senza dimenticare che erano anche a conoscenza del contenuto delle cinque borse che l’Onorevole portava con sé, visto che lasciano nella vettura due delle borse meno importanti per il loro contenuto, e prelevano quelle con i documenti riservatissimi.
E l’incredibile coincidenza che vede il giorno dell’agguato, passeggiare il Colonnello Guglielmi appartenente al Sismi (il servizio segreto militare) a pochi passi da via Fani, in via Stresa. Il Colonnello si giustificherà dicendo che stava andando a pranzo da un amico, anche se alle 9 del mattino. Non c’è sufficiente spazio per enumerare le incredibili incongruenze della versione ufficiale del caso Moro che sono state spiegate e argomentate nelle memorabili opere di Sergio Flamigni come la “La tela del ragno”  e “Doveva morire” del giudice Ferdinando Imposimato.  Se si comprende il caso Moro, si comprendono i successivi 30 anni della storia italiana. L’Italia non poteva e non doveva diventare uno stato pienamente sovrano. Se esisteva un piano per soggiogare le nazioni europee sotto un governo sovranazionale, questo è stato certamente scritto anche prevedendo l’utilizzo di infiltrazione di gruppi terroristici attraverso gli apparati di sicurezza, spesso americani, negli affari interni degli stati occidentali.
 E’ qui che si colloca la famigerata zona grigia, alla quale fa riferimento Kissinger, che consente di sovvertire un governo ostile e instaurare al suo posto un governo eterodiretto più accondiscendente agli interessi della superpotenza americana. Le Brigate Rosse passano da piccolo gruppo che non ricorreva ad azioni cruente – come volevano i suoi originari fondatori Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mara Cagol che nel convegno di Pecorile dell’agosto 1970 erigono i pilastri dell’organizzazione – a gruppo paramilitare che dopo gli arresti di Franceschini e Curcio avvenuti  l’8 settembre 1974 a Parma passerà la sua leadership a Mario Moretti, la sfinge delle Br, scampato miracolosamente alla retata di Parma e rappresentante dell’ala più dura e cruenta del gruppo.
Da quel momento le Br iniziano a spargere sangue e si arriva fino alla escalation del 16 marzo 1978, con il colpo del sequestro Moro. Da sempre quindi vediamo la necessità di costruire un nemico fittizio o reale che esso sia, nutrirlo e farlo prosperare, e stroncarlo per poi arrivare ad eseguire l’agenda delle elite sovranazionali. Sarà lo stesso Franceschini a notare che se realmente si fossero voluto stroncare le BR, lo si sarebbe potuto già fare nel 1972, anno in cui ci furono numerosi arresti, mentre invece si preferì non troncare del tutto l’organizzazione. Non solo appare inverosimile che un gruppo terrorista per quanto ben preparato e addestrato possa mettere in difficoltà gli apparati di sicurezza di uno Stato che ha a disposizione mezzi e uomini ben più numerosi, ma lo è ancora di più nel contesto contemporaneo se si pensa alle tecnologie a disposizione dei moderni stati.
I mandanti reali del sequestro Moro sono gli stessi che hanno voluto impedire all’Italia di divenire un Paese pienamente indipendente e libero di decidere il suo destino. Dal 1945, dopo la fine della seconda guerra mondiale, siamo un Paese a sovranità limitata che ancora ha sul suo territorio basi USA, nonostante la guerra fredda sia finita da un pezzo. Dal 1992, dopo Maastricht, non siamo più un Paese ma una fettina dei mercati in pasto allo spread e nelle mani degli speculatori internazionali che hanno deciso di distruggere le nazioni per sostituirle a spazi comuni, privi di regole e dominati dalla legge del più forte. Le democrazie non esistono più, sono state annullate da dei trattati internazionali scritti sotto dettatura degli appartenenti al gruppo Bilderberg, della Commissione Trilaterale e degli altri think tank neoliberisti che diffondono il verbo del libero mercato. Ecco perché uomini come Aldo Moro, ancora oggi, rappresentano un pericolo inaccettabile per le gerarchie sovranazionali le quali però non hanno tenuto conto che l’uomo non può sottostare in eterno nella condizione di sottomissione. Per chi ancora adesso non accetta questo progetto di dominio, la lezione di Moro rimane fondamentale per comprendere la malvagità dei poteri sovranazionali. 
Fonte: L’Antidiplomatico
 
 http://veritanwo.altervista.org/i-55-giorni-del-sequestro-moro-linizio-della-fine-della-sovranita-italiana/#

mercoledì 25 marzo 2015

Banca d'Italia e conflitto d'interessi

L'unica informazione che l'utente medio di youtube e di siti complottisti conosce riguardo la banca d'Italia (che da ora chiameremo qui bankitalia) è l'elenco dei partecipanti, che sono perlopiù banche private.

Non passa giorno senza che l'ennesimo scopritore dell'acqua calda non si faccia avanti e con tono sarcastico da persona illuminata e informata affermi che bankitalia sia controllata da banche private.
Questo perché un video di youtube o qualche pagina trovata sulla rete gli ha detto che bankitalia è partecipata da privati, informazione peraltro corretta, facendo però intravvedere in questa circostanza un problema gravissimo e che fa si che dei privati emettano moneta, indebitino lo Stato, siano controllori del controllante e cose del genere. Illazioni del tutto false e infondate.

Esaminiamo le questioni che di solito vengono poste ad una ad una.


Il profitto derivante dall'emissione della moneta (signoraggio) va ai privati.
Falso
Ho già scritto una intera nota sul tema , ad ogni modo questa affermazione è facilmente smentibile semplicemente andandosi a spulciare i bilanci di bankitalia.
All'ultima pagina si troverà quanta parte dell'utile di bankitalia è distribuito ai privati, e si noterà che ammonta, ogni anno, a circa 60 milioni di euro.
Questi 60 milioni però non sono utili da signoraggio, come si potrebbe pensare, bensi, come spiegato nella nota, parte dei frutti delle riserve.
Ossia bankitalia ha delle riserve, che non vengono immobilizzate ma investite. Dal rendimento di queste riserve è prelevata ogni anno una cifra pari allo 0.5% delle riserve stesse (sempre che le riserve abbiano fruttato abbastanza).
Quindi non si tratta di un reddito da signoraggio.
La parte del leone nel prelevare gli utili da bankitalia la fa quindi certamente lo Stato.
Leggendo i bilanci di bankitalia infatti abbiamo:
(attenzione, la quota versata allo Stato è pari alle imposte sul reddito più l'utile versato allo Stato)

Bilancio 2005
Imposte sul reddito: 934.502.972
Utile netto: 50.284.373
Utili versati allo Stato: 30.155.023
frutti distibuiti ai privati: 49.470.000

Bilancio 2006
Imposte sul reddito: 668.915.641
Utile netto: 133.757.713
Utili versati allo Stato: 80.239.027
frutti distribuiti ai privati 53.466.000


bilancio 2007
Imposte sul reddito: 1.610.489.843
Utile netto: 95.156.804
Utili versati allo Stato: 57.078.482
frutti distribuiti ai privati 56.148.000

bilancio 2008
Imposte sul reddito: 327.727.564
Utile netto: 175.211.691
Utili versati allo Stato: 105.111.415
frutti distribuiti ai privati 58.788.000



Bilancio 2009
Imposte sul reddito: 805.068.431
Utile netto: 1.668.576.514
Utili versati allo Stato: 1.001.130.308
frutti distribuiti ai privati 59.415.000


Bilancio 2010

Imposte sul reddito: 924.655.000
Utile netto: 852.306.887
Utili versati allo Stato: 511.368.533
frutti distribuiti ai privati 61.695.000

Bilancio 2011

Imposte sul reddito: 1.101.239.000
Utile netto: 1.129.175.577
Utili versati allo Stato: 677.489.747
frutti distribuiti ai privati 67.050.000



Ad esempio, quindi, nel 2009 lo Stato ha ricevuto da bankitalia circa 1,8 miliardi di euro, mentre i privati hanno avuto 59 milioni di euro. Non è difficile, leggendo i bilanci, capire a chi vanno i profitti di bankitalia. Allo Stato
Per chi volesse conoscere i dettagli tecnico-giuridici sulle basi dei quali avviene questa distribuzione è disponibile una nota a parte.



Le banche controllano bankitalia in quanto ne sono proprietari
Falso
bankitalia è un istituto di diritto pubblico, ed ha uno statuto che viene approvato (vedi pagina 33)

Visto il parere reso dalla Banca centrale europea il 25 agosto 2006 su richiesta della Banca d’Italia;
Considerato che l’Assemblea generale straordinaria dei partecipanti al capitale
della Banca d’Italia, in data 28 novembre 2006, ha approvato il nuovo testo dello
statuto;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12
dicembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
Firmato.. il Presidente della Repubblica
Firmato.. il Presidente del Consiglio dei Ministri
Firmato.. il Ministro dell’Economia e delle Fnanze
ed è pubblicato nella gazzetta ufficiale.
Quindi lo Statuto di bankitalia è deciso dallo Stato (ma questo lo vedremo in dettaglio nel seguito).

Entriamo quindi nel merito delle competenze e delle funzioni di bankitalia.
Non c'è da cercare molto, lo dice l'art.1

Art.1
La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.
Nell’esercizio delle proprie funzioni, la Banca d’Italia e i componenti dei suoi organi operano con autonomia e indipendenza nel rispetto del principio di trasparenza, e non possono sollecitare o accettare istruzioni da altri soggetti pubblici e privati.
Quale banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell’art. 105.1 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato).
La Banca d’Italia emette banconote in applicazione di quanto disposto dall’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43. Assolve inoltre gli altri compiti ad essa attribuiti dalla legge ed esercita le attività bancarie strumentali alle proprie funzioni.
Visto che è stato nominato, vediamo cosa dice l'art. 105 del trattato che istituisce la Comunità europea, visto che è citato, tra l'altro, anche dall'art. 25.2 dello Statuto BCE, ove si parla di Vigilanza Prudenziale:
25.2. Conformemente ai regolamenti del Consiglio ai sensi dell'articolo 127, paragrafo 6, del
trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la BCE può svolgere compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, eccettuate le imprese di assicurazione.

L'art. 105 innanzitutto si trova nella sezione 1, "REGOLE APPLICABILI ALLE IMPRESE"


Articolo 105 del trattato di Lisbona
1. Senza pregiudizio dell'articolo 104, la Commissione vigila perché siano applicati i principi
fissati dagli articoli 101 e 102. Essa istruisce, a richiesta di uno Stato membro o d'ufficio e in collegamento con le autorità competenti degli Stati membri che le prestano la loro assistenza, i casi di presunta infrazione ai principi suddetti. Qualora essa constati l'esistenza di un'infrazione, propone i mezzi atti a porvi termine.
2. Qualora non sia posto termine alle infrazioni, la Commissione constata l'infrazione ai principi con una decisione motivata. Essa può pubblicare tale decisione e autorizzare gli Stati membri ad adottare le necessarie misure, di cui definisce le condizioni e modalità, per rimediare alla situazione.
3. La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di accordi per le quali il
Consiglio ha adottato un regolamento o una direttiva conformemente all'articolo 103, paragrafo 2,lettera b).

Questo a sua volta ci rimanda agli articoli 101 e 102 (stiamo per scoprire finalmente quali sono le funzioni di controllo che spettano a bankitalia!)
Articolo 101
1. Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno ed in particolare quelli consistenti nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di
transazione;
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni
equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.
2. Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto.
3. Tuttavia, le disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate inapplicabili:
— a qualsiasi accordo o categoria di accordi fra imprese,
— a qualsiasi decisione o categoria di decisioni di associazioni di imprese, e
— a qualsiasi pratica concordata o categoria di pratiche concordate,
che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il
progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed evitando di
a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi;
b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.

Insomma in estrema sintesi le pratiche di concorrenza sleale e le creazioni di "cartelli".



Articolo 102
È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
a) nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
c) nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
d) nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

Ossia in estrema sintesi, lo sfruttamento abusivo di posizioni dominanti.

Ora che sappiamo che tipo di controllo svolge bankitalia nei confronti delle banche private ossia: controllare che non vi sia concorrenza sleale, creazione di cartelli e non vi sia sfruttamento abusivo di posizioni dominanti, sappiamo di conseguenza anche quali sono le funzioni che non spettano a bankitalia, ad esempio:
verificare la congruità dei bilanci
verificare che non vi siano illegalità in generale ad esclusione di quelle succitate
Ossia bankitalia non è "la guardia di finanza" e tanto meno non fa attività tipiche dei revisori dei conti
Questo è da tenere bene in considerazione, perché magari qualcuno pensa che a bankitalia spetta fare le pulci a tutte le banche private e fare chissà quali verifiche.
No. Ci sono altri organi preposti, giudiziari e non.

Vediamo ora nello specifico come è organizzata bankitalia e quale potere hanno i partecipanti privati all'interno della stessa.

Iniziamo a leggere il famigerato articolo 3, (nota: sul fatto che questo articolo è stato cambiato del tempo ho già scritto una nota a parte quindi non ne parlerò qui)
Il capitale della Banca d’Italia è di 156.000 euro ed è suddiviso in quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna, la cui titolarità è disciplinata dalla legge.
Il trasferimento delle quote avviene, su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore, nel rispetto dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Istituto e della equilibrata distribuzione delle quote
I partecipanti sono per la maggior parte banche private, poiché l'hanno ereditata dalle fondazioni da cui sono state scisse con la riforma Amato-Carli prima e varie leggi successive, di cui si è ampiamente discusso nella nota sulla modifica dell'art.3
Quindi il capitale non può cambiare di proprietà se non secondo proposta del Direttorio.
L'elenco dei partecipanti lo potete trovare a questo indirizzo

Proseguiamo a vedere come si struttura bankitalia leggendone lo Statuto.

TITOLO II
AMMINISTRAZIONE DELLA BANCA

ART. 5

Gli organi centrali dell’Istituto sono:
a) l’Assemblea dei partecipanti;
b) il Consiglio superiore;
c) il Collegio sindacale;
d) il Direttorio;
e) il Governatore;
f) il Direttore generale e i Vice direttori generali.

Dato che i partecipanti sono per lo più privati, vediamo subito quali sono le prerogative dell'Assemblea dei partecipanti.

Art. 6
Le assemblee dei partecipanti sono ordinarie e straordinarie. Le
assemblee straordinarie deliberano sulle modificazioni dello statuto;

le assemblee ordinarie deliberano su ogni altra materia indicata dallo
statuto.

In realtà, c'è una specifica legge dello Stato che riguarda le modifiche allo Statuto, e che infatti è citata in ogni documento che delibera un cambio dello Statuto. E' il Decreto Legislativo 10 marzo 1998, n. 43 che tra le altre cose dice:
Art. 10.
Modifiche dello statuto della Banca d'Italia 1. Lo statuto della Banca e' adeguato alle previsioni contenute nel presente decreto.
2. Le modifiche dello statuto della Banca sono deliberate dall'assemblea straordinaria dei
partecipanti e sono approvate dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Ossia le modifiche allo Statuto devono essere proposte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e poi devono passare dall'approvazione del Presidente della Repubblica.
Quindi in realtà in materia di cambio dello Statuto i partecipanti hanno come si può capire voce in capitolo pressoché nulla. D'altronde è quello che ci si può aspettare da un istituto di diritto pubblico.

Se si vuole averne la prova, basta leggere pagina 33 dello Statuto di bankitalia.
Visto l’art. 19, comma 9, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, in base al quale
lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle disposizioni contenute nei commi da 1 a 7 del medesimo articolo, ridefinendo altresì le competenze del Consiglio superiore in modo da attribuire allo stesso anche funzioni di vigilanza e controllo all’interno della Banca d’Italia;
Visto il parere reso dalla Banca centrale europea il 25 agosto 2006 su richiesta della Banca d’Italia;
Considerato che l’Assemblea generale straordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia, in data 28 novembre 2006, ha approvato il nuovo testo dello statuto;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 dicembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
Decreta:
È approvato il nuovo statuto della Banca d’Italia nel testo allegato al presente decreto.
Ossia l'iter che segue un cambio di Statuto è esattamente:
1) LEGGE che lo imponga (in questo caso datata 28 dicembre 2005)
2) parere della BCE (in quanto bankitalia è parte integrante della SEBC)
3) Assemblea straordinaria che lo approva (28 novembre 2006, ossia un anno dopo che le cose sono state decise)
4) deliberazione del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia (12 dic.2006)
5) deliberazione del presidente della repubblica (15 dic. 2006)

E' chiaro che l'assemblea straordinaria non poteva opporsi alla legge del 28 dicembre 2005.

Assodata la capacità estremamente marginale di decisione dei partecipanti riguardo lo Statuto, vediamo un altro interessante articolo, l'art. 9
Art. 9
Hanno diritto di intervenire all’assemblea i partecipanti che siano titolari, da almeno tre mesi, di 100 o più quote di partecipazione. I partecipanti aventi diritto di intervenire hanno un voto per ogni 100 quote sino a 500 quote, ed un voto per ogni 500 quote in più delle
500, purché ne siano titolari da non meno di tre mesi.
Ciascun partecipante non ha diritto in alcun caso a più di 50 voti.
Ossia anche i partecipanti con quote maggiori di bankitalia, non hanno diritto a più di 50 voti.
Questo fa si che il potere decisionale di ogni partecipante sia sempre molto limitato, a prescindere da quante quote egli possegga.

Questo articolo fa si, ad esempio, che Banca Intesa, proprietaria di 91035 quote di bankitalia, ossia circa il 30% del capitale, abbia, come risulta nel documento ufficiale, abbia solo 50 voti su 539, ossia il 9% dei voti.
Unicredit, che detiene 66342 quote, ossia il 22% del capitale, abbia altrettanti voti (50), ossia il 9%.
Se le due banche la cui somma delle quote fa 50% abbia solo il 18% dei voti, chi ha i rimanenti? gli azionisti via via più piccoli, seguendo una linea che fa si che non ci siano posizioni particolarmente forti nel controllo da parte dei partecipanti.
Ad esempio, Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. con sole 18.602 azioni ha 41 voti, ossia il 7,6%.

Vediamo il secondo componente di bankitalia, il Consiglio Superiore

Il Consiglio superiore si compone del Governatore e di 13 consiglieri nominati nelle assemblee dei partecipanti presso le sedi della Banca.
Quindi il Consiglio superiore è in sostanza eletto dai partecipanti. Vediamo quali sono le sue funzioni.


ART. 17
Ai sensi dell’art. 19, commi 7 e 8, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, la nomina del Governatore, il rinnovo del suo mandato e la revoca nei casi previsti dall’articolo 14.2 dello statuto del SEBC, sono disposti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia.
Per esprimere il parere previsto al comma precedente, il Consiglio superiore è convocato e presieduto dal componente più anziano in ordine di nomina e, a parità di nomina, di età. Il parere, deliberato a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti il Consiglio, è rilasciato ai fini della deliberazione del Consiglio dei ministri.
Il Consiglio superiore, su proposta del Governatore, nomina il Direttore generale e i Vice direttori generali, rinnova i loro mandati e li revoca per i motivi previsti dall’art. 14.2 dello statuto del SEBC.
Per l’adozione di siffatti provvedimenti, il Consiglio è convocato in seduta straordinaria. Il Consiglio deve essere convocato, agli stessi fini, anche quando ne facciano istanza scritta almeno i due terzi dei membri del Consiglio, non compreso il Governatore. In questo caso la
convocazione deve aver luogo non oltre venti giorni dalla richiesta.
Fatto salvo quanto previsto al secondo comma, le deliberazioni di cui al presente articolo devono essere prese con la presenza di almeno due terzi dei membri del Consiglio, escluso il Governatore nei casi di cui al secondo comma, e con il voto favorevole di almeno due terzi dei
presenti.
Le nomine, i rinnovi dei mandati e le revoche del Direttore generale e dei Vice direttori generali debbono essere approvati con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze,
sentito il Consiglio dei ministri.
Questo articolo fa riferimento ad un esplicito articolo di legge (n.262 del 2005) in cui si dice testualmente:

8. La nomina del governatore e' disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia. Il procedimento previsto dal presente comma si applica anche, nei casi previsti dall'articolo 14.2 del Protocollo sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, per la revoca del governatore. Le disposizioni del presente comma e del
primo periodo del comma 7 entrano in vigore alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Questa è LEGGE dello Stato e da questa legge si evince in modo INEQUIVOCABILE che i partecipanti non hanno alcuna voce in capitolo sulla scelta del governatore.
Possono esprimere solo un parere, che non ha alcun potere vincolante.

Vediamo ad esempio una recente elezione del governatore, (articolo gentilmente segnalatomi da un lettore di SIC su facebook), Mario Draghi governatore di Bankitalia
Si può chiaramente leggere "In mattinata il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta era andato in Banca d'Italia per consegnare la busta con l'indicazione del governo al Consiglio Superiore"
Analogo articolo su Repubblica

Quindi su chi decide la nomina del governatore abbiamo fatto definitivamente chiarezza, visto che: statuto bankitalia, specifica legge dello Stato e anche la cronaca dei giornali concordano nel descrivere la medesima situazione.
Una volta nominato il governatore, sempre secondo l'art.17 dello Statuto, questi sceglie Direttore generale e dei Vice direttori generali sempre a seguito di approvazione con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri
Insomma i partecipanti non ci possono mettere minimamente bocca.


Assodato che il Consiglio Superiore non ha alcun potere nella scelta del Governatore, del Direttore generale e dei Vice direttori generali (che come vedremo, costituiscono il Direttorio), le sue funzioni quali sono invece?
Le stabilisce l'articolo 18
Al Consiglio superiore spettano l’amministrazione generale nonché la vigilanza sull’andamento della gestione e il controllo interno della Banca.
In conformità alle disposizioni legislative e regolamentari nonché, per le delibere di cui ai successivi punti 9) e 10), nel rispetto dello statuto del SEBC e delle disposizioni stabilite dalla Banca centrale europea (BCE), il Consiglio:
1) esamina ed approva, su proposta del Direttorio, il progetto di bilancio e ne delibera la presentazione al Collegio sindacale e all’assemblea dei partecipanti per la definitiva approvazione. Sentito il Collegio sindacale, delibera i dividendi da corrispondere ai partecipanti;
2) approva il bilancio annuale di previsione degli impegni di spesa;
3) autorizza i contratti che importano alienazione di immobili per somma superiore a 1 milione di euro e le transazioni, i concordati e le cessioni riguardanti crediti di somme superiori a 200.000 euro, e si pronunzia su tutti quegli altri contratti e sulle azioni giudiziarie che, per la loro importanza, il Governatore ritenga di sottoporre alla sua approvazione;
4) emana i regolamenti interni dell’Istituto;
5) determina la pianta organica del personale, nomina gli impiegati e adotta i provvedimenti per la cessazione dal servizio dei medesimi;
6) approva gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali;
7) adotta le deliberazioni riguardanti l’articolazione territoriale nonché l’assetto organizzativo generale della Banca;
8) nomina e revoca i reggenti presso le sedi e i consiglieri presso le succursali, determinandone il numero e stabilendo quali tra essi debbano assumere l’ufficio di censore;
9) nomina i corrispondenti della Banca all’estero;
10) determina le norme e le condizioni per le operazioni della Banca;
11) fissa il limite annuo per l’eventuale erogazione di somme a scopo di beneficenza o per contributi a iniziative d’interesse pubblico;
12) delibera su tutte le altre materie concernenti l’amministrazione generale della Banca che, non demandate all’assemblea dei partecipanti, il Governatore ritenga di sottoporgli.
Il Consiglio viene informato dal Governatore sui fatti rilevanti
concernenti l’amministrazione della Banca e in particolare:
– sui contenuti del piano d’istituto;
– sul consuntivo annuale degli impegni di spesa;
– sui risultati degli accertamenti ispettivi interni;
– sugli impieghi delle disponibilità dei fondi, delle riserve statutarie
e degli accantonamenti a garanzia del trattamento integrativo di
quiescenza del personale.
Lo potete leggere con comodo, troverete che non c'è alcun riferimento alle funzioni proprie della banca centrale, ossia di politica monetaria o di vigilanza sulle banche private poc'anzi descritta.
Sono solo funzioni relative alla gestione interna della banca, quale nomina degli impiegati, accordi con i sindacati, erogazione di beneficenza, regolamenti interni.
Insomma nulla che abbia a che fare con il mondo esterno alla banca stessa.
Questa non è una mia interpretazione, ma come vedremo è esplicitato in uno specifico articolo dello Statuto, che andiamo subito ad esaminare, perché è quello che stabilisce cos'è il Direttorio.


Art. 21
Il Direttorio è costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da tre Vice direttori generali.
Al Direttorio spetta la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all’esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali, con esclusione delle decisioni rientranti nelle attribuzioni del SEBC.
Nell’ambito delle proprie competenze, il Direttorio può rilasciare deleghe al personale direttivo della Banca, stabilendone forme e modalità di esercizio, per l’adozione di provvedimenti che non richiedono valutazioni di carattere discrezionale, quali acclaramenti, accertamenti e altri che comportino mere ricognizioni di fatti, circostanze e requisiti.
Quindi le "funzioni pubbliche attribuite dalla legge alla Banca o al Governatore per il perseguimento delle finalità istituzionali", ossia le operazioni che servono ad attuare la politica monetaria, fatte salve le decisioni rientranti nelle attribuzioni BCE, sono di competenza del Direttorio.
Tra le funzioni pubbliche attribuite dalla legge rientrano ovviamente anche quelle attribuitele dall'art. 25.2 dello Statuto BCE, di cui abbiamo già parlato, ossia quelle di vigilanza.


CONCLUSIONI
I partecipanti eleggono solo il Consiglio Superiore, che ha funzioni inerenti la mera gestione interna della banca.
Le funzioni pubbliche, quali politica monetaria, vigilanza, e qualsiasi altra funzione attribuita dalla legge alla Banca per perseguire le sue finalità istituzionali, competono al Direttorio, che abbiamo visto essere di nomina interamente politica e fatta dal Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia, e seguito da deliberazione del Presidente della Repubblica
I partecipanti non hanno quindi alcun potere in bankitalia che possa influire nelle sue attività esterne.
Il conflitto di interessi è quindi del tutto escluso. Infatti i partecipanti di bankitalia non hanno di fatto alcun controllo sulle attività esterne e/o inerenti le funzioni pubbliche della stessa.  

 http://signoraggioinformazionecorretta.blogspot.it/2010/12/banca-ditalia-e-conflitto-dinteressi.html

Marra e Sgarbi contro il Signoraggio Bancario

https://www.youtube.com/watch?v=bd5ZUqsxCV8

Una storia affascinante se non fosse che (a tratti) è pure vera di Giuseppe Turrisi Pubblicato su 19 Maggio 2012 da frontediliberazionedaibanchieri in IDEE e CONTRIBUTI Una storia affascinante se non fosse che (a tratti) è pure vera di Giuseppe Turrisi Cosa accomuna Giovanni Leone, Giuseppe Saragat, Aldo Moro, Federico Caffè e il Signoraggio.

Nel 1974 viene emessa in Italia una banconota di stato di 500 lire una banconota coperta dallo stato italiano, senza signoraggio bancario ossia senza riconoscere interessi a nessuno. Ma già Il DPR del 20 giugno 1965 (Saragat) e la legge del 31 marzo 1966 n 171 (governo Moro) e D.M. 17033 del 20-10-1967. Legge che dava attuazione della moneta di stato (500 lire Aretusa dal 1966 al 1975). Dal 1974 al 1975 doppia emissione per la sostituzione). Dal 1974 con il DPR 14 febbraio parte la serie Mercurio, DM 2-aprile -1979 . Quindi la cosa fu ed è possibile…
 
Moro fece passare insieme a Leone nel 74-76 l'emissione di moneta cartacea a corso legale sottraendo riprendendosi parte della sovranità che la costituzione attribuisce allo stato e non alla banca centrale che è privata.. le famose 500 lire di carta.. con i decreti del presidente della repubblica il D.P.R. 14-2-1974 ed il D.P.R. 5-6-1976

 
Tratto da un articolo di M. Saba.
 
Attenzione alle date,sempre molto significative,in questo lasso di storia che non si studia,non per nulla,in nessuna scuola nè università!

1) La prima emissione ci fu nel 74, pochi mesi dopo nel 75 Leone fu al centro di furiosi attacchi sia da parte del giornale L'Espresso e del Partito radicale(da sempre i più implicati con gruppi di pressione internazionali e filoatlantici allora come oggi col gruppo repubblica che si limitano ad eseguire le direttive che vengono dal gruppo Rothshild che ha la proprietà del Financial Times ed Econimist)

Vi ricordate quando Di Pietro rilasciò loro una intervista dicendo ad USA ed UK che dovevano invadere l'Italia per liberarci da Berlusconi? O i tanti dubbi sull'eliminazione della prima repubblica sempre operata da Di Pietro??

2) La seconda emissione nel 76 sempre su decreto del Presidente della Repubblica Giovanni Leone e fortemente voluta anche da Moro e dalla sua fazione..

Dopo una serie di ripetuti attacchi dei giornali e del partito radicale addirittura Pannella testimoniò per dimostrare che Leone avesse preso tangenti nel caso Lockeed ,oggi dopo 20anni chiedono scusa dicendo che si erano sbagliati..
http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Leone#Le_dimissioni

Nel 78 incredibilmente 20 giorni dopo la morte di Moro 9maggio 1978 (ritrovamento) invece di preoccuparsi il mondo politico di trovare i responsabili e dei mille depistaggi dei ministri dell'interno e della polizia/carabinieri con tutti gli ufficiali massoni, si preoccuparono di attaccare Leone ed il 15 maggio si dimise.

Segno che i due erano legati ...nel loro destino e l'unica cosa che li legava era questa..ed in giusti 20 giorni tra 9 maggio ed il 15giugno di eliminarono entrambi..con diverse messe in scena alcune ad oggi completamente svelate altre ancora buie,ma le scuse dei radicali non nascondono quello che avvenne.

Con Moro, irreprensibile non poterono usare il metodo Hoover ossia la ''charachter distruction'' (la demolizione dell’immagine politica/psicologica/pubblica) ed usarono le maniere pesanti.

Moro e Leone si erano avvalsi per questa emissione anche della consulenza di Federico Caffè (che era consulente per vari ministeri ed anche del centro studi di banchitalia!) anche lui scomparso in condizioni mai spiegate nel 1987..e che aveva pubblicato studi sulla moneta buona e la moneta cattiva..la prima quella legata ad un valore reale la seconda quella stampata dal nulla (ma gli antisignoraggisti diranno che manco lui,uno dei massimi economisti del secolo ,a livello mondiale,non ci aveva capito nulla!)..e si era messo di traverso alle privatizzazioni delle banche pubbliche..poi tutte privatizzate da due governi sotto l'egida di Draghi..

3) Ci sono poi attentati mai spiegati andati sotto il nome di ''strategia della tensione'' ma di cui mai nessuno ha capito fino in fondo il reale significato(come non si sono mai capiti gli attentati contro i simboli dell'Italia dei monumenti del 93 anche li si parlava di ri-rendere pubblica banchitalia....certo un conto è la manovalanza ,la mafia,un conto i mandanti..ad oggi ignoti..che però costarono anche la vita a Falcone e Borsellino... !).

Parlo delle bombe nelle banche pubbliche..che poi sono state tutte privatizzate..e che dopo l'emissione di moneta sono l'ultimo baluardo della difesa dello stato..infatti mentre con quelli interessi si finanzia il pubblico con gli interessi ad una banca privata si finanzia la ricchezza dei privati..

Ecco che il 12 dic 1969 furono attaccate prima la la banca nazionale dell'agricoltura poi quella commerciale italiana poi quella nazionale del lavoro (quella che finanziava l'ENI di Mattei contro le sette sorelle) tutti in 53minuti tra Roma e Milano..nella prima ci furono 17 morti..

la seconda non esplose pare per un difetto la terza causò nel sottopassaggio 13 feriti!!Perchè banche? Perché banche pubbliche solamente?

Era un chiaro messaggio che le banche pubbliche che facevano l'interesse dello stato erano in rotta di collisione con le grandi banche private dietro all'imperialismo energetico USA..e volevano avere solo loro l'ultima parola su chi finanziare e chi no...poi per loro inaccettabile che uno stato possa diventare grande senza che loro si arricchiscano prestando soldi a strozzo!

In ogni caso i conti furono regolati molto tempo dopo a causa di una classe politica DC PSI che si opponeva.. tra il 92 ed il 94 quando l'intera classe dirigente che si era opposta al totale controllo delle banche internazionali fu eliminata con la fine della prima repubblica da parte di magistrati eterodiretti (allora come oggi!) e la Banca commerciali italiana così come quella nazionale dal lavoro furono privatizzate..e quindi finalmente sottratte al controllo dello stato..

4) Come non considerare la brutta fine che hanno fanno tutti quelli che hanno denunciato lo scippo della sovranità monetaria da parte delle banche ed hanno fatto mosse in direzione di riportarla in mano statale..tutti morti ammazzati...compresi i 4 presidenti USA(e guardacaso dopo la loro morte i presidenti eletti riportarono in auge elogiando le banche centrali o le grandi banche che prestavano allo stato soldi a strozzo)

Tra questi Lincoln, Garfield,McKinley,Kennedy John e poi Bob.. gli USA detengono il record assoluto di presidenti ammazzati...Kennedy come Moro/Leone poi fecero di peggio emisero moneta cartacea di stato(nel caso di Kennedy ritirate tutto subito dopo la morte..

Arrigo Molinari ex questone di Genova ha fatto una finaccia decine di coltellate proprio quando dove essere sentito dal magistrato per la sua denuncia sul signoraggio di Bce e banca centrale..
http://studimonetari.org/articoli/arrigomolinari.html

5) ovvio che Moro/Leone o Mattei od altri eliminati erano visti come antimperialisti o cmq ostacoli alla geopolitica e finanza USA sia che si trattasse di emissione monetaria,petrolio,armi appoggio a paesi non allienati..Moro non aveva scampo avendocele tutte..visto che aveva firmato il Lodo Moro che prevedeva territorio franco in Italia per i terroristi arabi (contro Israele) e voleva anche far andare il PCI al governo..e Kissinger (appartenente al ramo tedesco dei Rothshild infatti nacque in Baviera Heinz Alfred Kissinger nato Fürth curioso stessa zona,la Baviera,del nostro amato Ratzinger..un tiro di schioppo!) lo aveva avvisato minacciandolo (lo riporta il ministro Galloni)
 
Pubblicato da - Tratto da: albamediterranea  

 http://frontediliberazionedaibanchieri.it/article-una-storia-affascinante-se-non-fosse-che-a-tratti-e-pure-vera-di-giuseppe-turrisi-105424167.html

TORNARE ALLA MONETA DI STATO ECCO LA SOLUZIONE CHE COSTÒ LA VITA AD ALDO MORO

di Marco Saba

Se recuperassimo l’idea di Aldo Moro di emettere biglietti di stato a corso legale senza bisogno di chiedere banconote in prestito via Bankitalia-Bce, potremmo non soltanto assolvere i vari bisogni del popolo italiano, ma anche varare un bel corso gratuito di criminologia monetaria e bancaria.
Fu infatti così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”). La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.

Questa moneta di stato tra l’altro aveva l’importante funzione di immettere denaro senza debito che rendeva solvibile – almeno in parte – il sistema usuraio poiché serviva per pagare gli interessi per i quali il sistema bancario NON emetteva moneta e strozzava il paese (come invece ora fa).

L’idea era stata copiata dal periodo fascista in cui tante opere pubbliche vennero finanziate a questo modo. Mentre l’analoga operazione di emettere Am-Lire da parte degli occupanti alleati fu una vera e propria opera di falsari che imposero la loro moneta a suon di bombardamenti addebitandola per lo più a debito pubblico (una perdita di circa 300 miliardi di lire dell’epoca 1943-1952, oltre a tutti i beni di cui si erano appropriati con questo denaro falso). Fu Giovanni Leone a firmare l’ultimo DPR con cui si emettevano le 500 lire. Sia Moro che Leone non ebbero gran fortuna e sappiamo come vennero ringraziati da Bankenstein… Ma ora c’è internet, ora sarebbe molto più facile impedire la reazione della bancocrazia totalitaria diffondendo la conoscenza della materia. Infatti, col senno di poi, non è difficile capire a cosa doveva portare il disegno del terrorismo nel nostro paese: gli anni di piombo si chiusero con due stragi nell’anno del Trattato di Maastricht, il 1992… Questo trattato è un papello tra “Stati” e banchieri mannari, il cui risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Ci ha portato al golpe morbido del governo Monti… Comunque, in seguito all’assassinio di Moro e alle dimissioni anticipate di Leone, l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato. La bancocrazia ci aveva anche provato prima a ricattare lo Stato, emettendo i famosi miniassegni per erodere il signoraggio che lo stato guadagnava con la propria moneta, ma poi, non essendo la “misura” sufficiente, ricorsero ai mitra e bombe. Ricordatevi che il terrorismo in Italia inizia con due attentati dinamitardi negli anni ‘60 contro due banche di Stato (all’epoca): Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano e BNL a Roma… Oggi lo Stato guadagna decisamente spiccioli con il conio delle monetine, dove i margini e la quantità di signoraggio sono niente rispetto all’emissione di cartamoneta e denaro virtuale, proprio una mancia per salvare le apparenze. Dobbiamo proporre di introdurre con vigore una cartamoneta complementare nazionale chiamata Biglietto di stato, con cui soddisfare i bisogni interni del paese. Questa cartamoneta non influirebbe sui parametri di Francoforte, non creerebbe debito e darebbe la libertà al paese di soddisfare tutte le esigenze di base della cittadinanza. La Moro-nomics è un’alternativa degna di essere seriamente presa in considerazione.


 http://informatitalia.blogspot.it/2015/03/tornare-alla-moneta-di-stato-ecco-la.html

martedì 24 marzo 2015

POMICINO: “TANGENTOPOLI PILOTATA DALLA CIA: RACCOLTE INFORMAZIONI, LE HA GIRATE ALLA MAGISTRATURA DI MILANO DOVE C’ERA UN PM, EX POLIZIOTTO, CHE NON ANDAVA TROPPO PER IL SOTTILE” - “NELLA PRIMAVERA DEL ’91 CARLO DE BENEDETTI MI DISSE CHE ASSIEME AD ALCUNI SUOI AMICI IMPRENDITORI VOLEVA DARE VITA A UN NUOVO PROGETTO POLITICO. MI CHIESE SE AVESSI VOLUTO DIVENTARE IL “SUO MINISTRO”…”

Francesco Grignetti per La Stampa
pmcno08 andreotti pomicinopmcno08 andreotti pomicino Paolo Cirino Pomicino è uno di quelli che non si sono mai rassegnati alla fine della Prima Repubblica. Per lui, Mani Pulite se non proprio un complotto, fu quantomeno un'operazione pilotata da suggeritori interessati. Così, quando ha letto le rivelazioni dell'ex ambasciatore Bartholomew, ha fatto un salto sulla sedia. «Ecco, ci siamo... Mi domando solo perché certi racconti arrivino oggi. Forse, andreottianamente, a pensar male si farà peccato, ma ci si azzecca».
cia central intelligence agencycia central intelligence agency Nessuna meraviglia, dunque, Pomicino? Anche lei, al pari degli ex socialisti come Formica e De Michelis, era convinto di una "manina" americana dietro Tangentopoli?
«E' quanto ho scritto nei miei libri. Quando l'ex console americano a Milano Semler dice che era informato già alla fine del ‘91 di come sarebbero andate le cose, per me torna tutto. C'è un episodio rivelatore: nella primavera di quell'anno mi venne a trovare Carlo De Benedetti e mi disse che assieme ad alcuni suoi amici imprenditori voleva dare vita a un nuovo progetto politico. Mi chiese se avessi voluto diventare il "suo ministro". Mi misi a ridere. Pochi mesi dopo però capii che non scherzava affatto.
CARLO DEBENEDETTICARLO DEBENEDETTI E' dalla primavera del ‘91, metabolizzata la caduta del Muro, che si fa strada il disegno di cambiare la classe politica italiana. Sul versante italiano, chi si rifaceva al vecchio partito d'azione pensò che fosse giunto il momento di prendere la guida del Paese. Sul versante americano, cambiata l'Amministrazione, le strutture d'intelligence ritennero che gli italiani si erano spinti un po' troppo in là. Non dimentichiamo che l'episodio di Sigonella era accaduto appena cinque anni prima. E gli americani, intendo gli uomini della loro intelligence, non se ne erano dimenticati».
SILVIO BERLUSCONI CARLO DE BENEDETTISILVIO BERLUSCONI CARLO DE BENEDETTI Due spinte diverse, ma convergenti. Ma la magistratura milanese che c'entra?
«Ora ci arrivo. E' storia, anche se poco nota da noi, che la Cia agli inizi degli Anni Novanta abbia avuto ordine di fare anche intelligence economica e di raccogliere informazioni sull'Europa corrotta. Ora, che in Italia ci fosse un sistema di finanziamento illecito ai partiti è noto oggi ed era noto allora. Io lo dissi pure in una riunione dei vertici della democrazia cristiana, che il finanziamento illecito era il nostro fianco scoperto. Ritengo che la Cia abbia raccolto informazioni e le abbia girate alla magistratura di Milano dove c'era un pm, ex poliziotto, che non andava troppo per il sottile».
pool mani pulitepool mani pulite La Cia, eh?
«Nello stesso periodo la Francia allontanò sei agenti segreti americani che indagavano sulla loro industria degli armamenti e su presunte mazzette verso Taiwan. In Germania, sempre nello stesso periodo, il cancelliere Kohl fu fatto dimettere per un finanziamento non dichiarato. In Italia, in quel periodo, capitarono davvero diverse cose strane. Qualcuno ricorda lo strano furto della pistola d'ordinanza dalla macchina dell'allora capo della polizia, Vincenzo Parisi? Reagì con una frase stizzita: "Qualcuno vuole fare dell'Italia una terra di nessuno". Oppure vogliamo parlare del panfilo Britannia, dove si ritrovarono a parlare di come privatizzare la nostra industria di Stato? Era il giugno ‘92».
REGINALD BARTOLOMEWREGINALD BARTOLOMEW Scusi, Pomicino, ma Bartholomew racconta però che lui, in Italia dalla metà del ‘93, inviato espressamente da Clinton perché vedeva che l'Italia era in preda alle convulsioni di Tangentopoli, frenò certi rapporti milanesi che non condivideva. Che c'entra con lo schema delineato finora?
REGINAL BARTOLOMEW E MICHAEL GERTZREGINAL BARTOLOMEW E MICHAEL GERTZ «C'entra perché un conto è muovere le cose per riconquistare un'influenza perduta, e fare i conti con Andreotti e Craxi che si muovono troppo liberamente sullo scacchiere arabo e mediterraneo; altro è destabilizzare un Paese cruciale per le loro alleanze. Bartholomew ha una visione più larga e si rende conto che l'interesse americano è diverso. E ferma le macchine».
 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/pomicino-tangentopoli-pilotata-cia-raccolte-informazioni-ha-43319.htm

parla paolo cirino pomicino



Fabrizio D'Esposito per A
Nella Prima Repubblica, Paolo Cirino Pomicino fu battezzato ‘o ministro per eccellenza. A Napoli, era il numero uno della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana. Tangentopoli travolse lui e il suo partito. Ma Pomicino non ha mai abbandonato il campo della politica. Nonostante quarantadue processi, due condanne e vari infarti si è costruito un doppio ruolo di osservatore e militante del centrodestra.
Nella Seconda Repubblica è stato deputato ed europarlamentare, ha scritto tre libri esplosivi sulla fine dei vecchi partiti, ne sta preparando un quarto, e con lo pseudonimo di Geronimo, infine, verga commenti scomodi sul quotidiano "Libero". Oggi ha settant'anni ed è presidente, <a titolo gratuito> specifica lui, del comitato tecnico-scientifico del ministero dell'Attuazione del programma, retto dal neodc Gianfranco Rotondi.

Prima la cricca di Anemone e Balducci, poi la banda dei quattro della P3: anche la Seconda Repubblica sta crollando a colpi di inchieste?
<La sensazione generale è questa. Ma ci sono molte differenze con la fine della Prima Repubblica. Innanzitutto stavolta non c'è un disegno politico>.
Cioè?
<Nel biennio '92-'93, Tangentopoli fu organizzata da un gruppo di persone della borghesia azionista, penso all'editore di Espresso-Repubblica, e del Pci con l'aiuto di una manina americana dei servizi. Il loro disegno fu assecondato dalla piazza e dall'opinione pubblica. Solo che sbagliarono la previsione finale: le elezioni furono vinte da Berlusconi invece che dalla sinistra di Occhetto>.
E oggi?
<La manina non c'è. Meglio: non ce n'è bisogno. La maggioranza sta implodendo per cause interne, più che per l'azione di magistrati e opposizione. Viviamo una fase di grande decadenza. Dai comportamenti privati all'arricchimento personale. Questa è l'ultima legislatura di Berlusconi, senza dubbio. Impossibile, però, prevedere quello che verrà dopo>
Alcuni personaggi della presunta P3 sono campani come lei: Martino, Lombardi, Cosentino.
<Martino era un assessore socialista del comune di Napoli. Era legato alla Cgil. Io non ho mai avuto a che fare con lui. Lombardi, invece, come si fa a non conoscerlo?>.
Perché?
<Sta in giro da trent'anni. Era un democristiano avellinese della sinistra di Base, la corrente di De Mita. E' uno che però non ho mai preso in considerazione. Era un quadro periferico. Ma molto periferico. Per questo la banda dei quattro mi fa un po' ridere. La Prima Repubblica ebbe un epilogo tragico. Il male ebbe una sua dignità grazie al disegno politico che c'era dietro. Ora siamo all'operetta. Alcuni verranno seppelliti da una risata>.
E Cosentino, l'ex sottosegretario inquisito per camorra?
<Quello che pensavo e sapevo di lui, lo scrissi per tempo a Silvio Berlusconi, anni fa. Non ho mai avuto risposta>.
Che significa?
<Io sono garantista e ho provato sulla mia pelle le fregnacce di alcuni pubblici ministeri. Ho subìto quarantadue processi con il cuore che mi ritrovo. Però quando vedo ben tre parlamentari del Pdl nati a Casal di Principe mi viene da pensare all'equivalente di tre parlamentari di Corleone>.
Lei va sul pesante. Chi sono i tre?
<Lo stesso Cosentino, la deputata Giovanna Petrenga e il senatore Gennaro Coronella. Ma le pare possibile che in Campania il potere del maggior partito italiano, il Pdl, sia concentrato in tre paesi ad altissima infiltrazione della camorra?>
Oltre a Casal di Principe, quali?
<Sant'Antimo, da cui viene il presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro, sodale di Cosentino, e Afragola, la città del senatore Vincenzo Nespoli (inseguito da una richiesta d'arresto per riciclaggio e bancarotta fraudolenta, ndr)>.
Il Pdl se la passa male anche al centro e in altre regioni.
<E' un partito finito. Ancora una volta, contrariamente a quanto si crede, la politica dimostra di essere una scienza esatta.
Addirittura?
<Sì, la politica vera si vendica se la si offende. Oggi i partiti non hanno identità culturale e dialettica democratica. Berlusconi ha inoculato nel paese il virus di una concezione proprietaria e leaderistica dei partiti. Virus che si è esteso ovunque. Ci sono tanti partiti personali in giro, da Di Pietro a Casini e Mastella. Una volta chiesi a Giulio Andreotti: "Se lei fosse un uomo solo al comando cosa farebbe?">.
Andreotti cosa rispose?
<Mi disse: "Probabilmente farei qualche sciocchezza">.
Ma nel Pdl sono nate le correnti, sul modello del passato.
<Attenzione, nella Dc erano un fattore di stabilità per governare in maniera collegiale un grande partito di massa. Nel Pdl sono il frutto del caos attuale. Queste correnti nascono perché molti avvertono il pericolo imminente che la barca sta per affondare. E' un fenomeno che riguarda soprattutto i più giovani che vogliono avere un futuro in politica, come la fondazione "Liberamente" di Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo. Voglio dare un consiglio a Berlusconi>
Quale?
<Si allei con Fini perché non è lui il suo vero avversario>.
E chi è?
<Giulio Tremonti. La manovra varata da lui avvantaggia soprattutto il partito che gli tiene una mano sulla spalla, la Lega di Bossi. Ecco perché dico che la maggioranza sta implodendo per cause interne>.
E i poteri forti, l'ombra della massoneria?
<Appunto, molti poteri forti sono vicini alle varie forme di berlusconismo ma non al premier. E' una guerra dentro al centrodestra.
E il ritorno dei grembiulini?
<I veri massoni non si dichiarano mai, restano coperti. Ma ho verificato che esistono vere e proprie consorterie trasversali che si muovono sul terreno delle nomine>.
In pratica, lei da sopravvissuto di Tangentopoli non invidia nulla ai protagonisti di questo scenario da fine impero?
<No, tranne una cosa>.
Quale?
<Oggi i magistrati sono più prudenti coi mezzi coercitivi, checché se ne dica. Ai nostri tempi furono parecchio più duri>.
Un esempio.
<La casa di Scajola al Colosseo acquistata dalla cricca. Non è stata sequestrata. Durante Tangentopoli l'avrebbero fatto.
Sulla presunta trattativa mafia-Stato nella stagione delle stragi, il presidente dell'Antimafia Pisanu cita lei come <autorevole testimonianza> di quel periodo.
<Sì ho letto. Ma io ho posto domande che non hanno mai avuto risposte. La trattativa ci fu e si giocò con il passaggio di tanti mafiosi e camorristi nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Erano criminali che rimasero tali anche dopo che uscirono dal carcere fingendo di essere pentiti. Io chiesi il numero all'allora premier Giuliano Amato>
E lui?
<Mi diede una risposta inaudita: "Caro Paolo, l'amministrazione centrale del ministero dell'Interno è reticente sui dati". Capito? Senza contare che gli atti della commissione Stragi dal '93 al '98 sono ancora sotto segreto>.
Lei oggi è vicino al ministro Rotondi, nel centrodestra.
<Io sono un moderato. Ma il centro o è democristiano oppure non è centro. E io resto democristiano>.
by dagospia

Puntata del 28/10/2007 Torna alla lista puntate BUCONERO S.p.A. In onda domenica 28 ottobre 2007 di Sigfrido Ranucci - Economia



MILENA GABANELLI IN STUDIO
Eccoci qua, questa sera vi delizieremo con una vera “grana padana”, esportata in tutto il mondo. La storia della Parmalat. Come è cominciata e a che punto siamo.

UOMO 1
Hanno detto di farle vedere questa.

SIGFRIDO RANUCCI
Che cos’è questa?

UOMO 1
E’ una targa attaccata di fianco all’ingresso della sede di via Grassi.

SIGFRIDO RANUCCI
Questa era praticamente la targa che era attaccata dove ha cominciato l’attività Tanzi?

UOMO 1
Perfetto! Infatti vedi che c’è i salumi e conserve...

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
In questo deposito alle porte di Collecchio è conservato l’inizio e la fine dell’impero di Tanzi: una scritta sbiadita su una targa di marmo, i macchinari impolverati usati dai suoi dipendenti e anche le sue passioni.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma queste di chi erano, di Tanzi personalmente proprio, padre?

UOMO 1
Padre, figlio... cambiava poco.

SIGFRIDO RANUCCI
Queste ce le avevano per collezione?

UOMO 1
Si.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma ci andavano in giro che Lei sappia?

UOMO 1
Mah, qualche volta ho visto qualcuno arrivare con queste macchine. Le portavano lì, quindi venivano per strada. Questa è del 1932, ha 75 anni.

SIGFRIDO RANUCCI
Queste adesso sono sotto sequestro praticamente?

UOMO 1
Si, esatto.

SIGFRIDO RANUCCI
Queste stavano qui in mezzo agli atti eh? Senta ma in totale quanti ce ne saranno qui di documenti?

UOMO 1
Tra qua e poi ce ne abbiamo anche là... vede poi sono tutti scaffali come questi, scatole con delle bolle, sono documenti che servono...

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Oltre 2 milioni di atti amministrativi, è la storia della Parmalat, che i magistrati stanno visionando documento per documento.

UOMO 1
Poi bisogna andare a tirare fuori quella che chiedono. Quella lì di quel giorno lì, di quel cliente lì, di quel...

SIGFRIDO RANUCCI
Sono sotto sequestro anche gli atti?

UOMO 1
Eh si, eh si...

MILENA GABANELLI IN STUDIO
La piccola azienda di conserve esce dai confini, va in borsa, diventa multinazionale, dà lavoro a tanta gente e diventa uno dei marchi più importanti del mondo. Ad un certo punto però, sotto il marchio, tante carte false! Chi l’avrebbe mai detto! A Natale del 2003, 130 mila risparmiatori rimangono senza niente in mano. E gli azionisti pure. Sono passati 4 anni, a Milano il processo è in corso e fra qualche mese partirà anche quello di Parma, alla sbarra i Tanzi, i manager, i revisori, le banche. L’azienda invece che non è mai fallita perché entrata nel decreto salva imprese sta risalendo la china. Intanto i risparmiatori attendono e anche quelli oltreoceano, e quelli fanno più paura. La parola class action in questi mesi sta agitando molti animi e vedremo perché. Prima di arrivarci però proviamo a rispondere alla famosa domanda “chi l’avrebbe mai detto?”. Ovvero come ha fatto Tanzi prima a diventare così grande e cosa ha fatto poi per cercare di rimanerlo. Con Sigfrido Ranucci cominciamo dall’inizio.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Arriviamo alla Parmalat, a Collecchio, con l’ennesima fornitura giornaliera di latte. E’ dall’inaugurazione di questo stabilimento che non ci si è mai fermati di lavorare, neppure durante i giorni del crac. Sotto la rigida amministrazione di Enrico Bondi, si lavora in silenzio, ci permettono di girare alcune immagini.

DIPENDENTE PARMALAT COLLECCHIO
Se per qualche motivo non ci fossero stati i giornali e le televisioni, la gente di produzione non si sarebbe accorta di quello che succedeva perché abbiamo avuto la grande fortuna di non aver problemi di approvvigionamento, le vendite sono rimaste sostanzialmente quelle che erano quindi se uno fosse rimasto chiuso in questo mondo non si sarebbe accorto che fuori stava succedendo l’ira di Dio.

DIPENDENTE PARMALAT COLLECCHIO 2
Noi siamo ancora convinti che effettivamente l’azienda avesse due anime molto diverse una dall’altra.

SIGFRIDO RANUCCI
Infatti qualcuno ha detto che si è rovinata quando Parmalat è diventata una sorta di finanziaria invece di...

DIPENDENTE PARMALAT COLLECCHIO 2
... invece di fare il latte come ha sempre fatto.

SIGFRIDO RANUCCI
Però il mistero è quello dei soldi scomparsi.

DIPENDENTE PARMALAT COLLECCHIO 2
Se voi con la vostra trasmissione riuscite a capire dove sono... ci fate un favore anche a noi. Il discorso è questo, se voi in paese andate a chiedere di Tanzi nonostante tutto quello che è successo, probabilmente il 90% vi risponde che è una brava persona. Certo che se becca uno che ha investito in azioni, le risponde in modo diverso.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Andiamoci a Collecchio, così tanto per vedere qual è l’umore 4 anni dopo il crac da 14 miliardi di euro.

SIGFRIDO RANUCCI
La colpa di chi è di tutta questa vicenda?

UOMO 2
Dei politici... dei politici

UOMO 3
Ma come si fa...

SIGFRIDO RANUCCI
Perché i politici?

UOMO 2
Perché sono dei mangia pane a tradimento. Loro chiedono, ma dare poco...

SIGFRIDO RANUCCI
Beh, però chi è che ha fatto il buco è Tanzi...

UOMO 2
No, no le banche prima di tutto! Tanzi ha messo apposto della gente.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma perché lo difendete tanto Tanzi voi?

UOMO 2
Perché ha fatto anche del bene, non sarà mica il primo delinquente!

SIGFRIDO RANUCCI
Ce l’ha con Tanzi?

UOMO 4
No, no. Io Tanzi l’ho conosciuto allora... era una gran brava persona, molti anni... .

SIGFRIDO RANUCCI
E allora con chi ce l’ha?

UOMO 4
Con tutto il sistema.

SIGFRIDO RANUCCI
La verità deve ancora arrivare no?

DONNA 1
Se mai arriverà!

SIGFRIDO RANUCCI
Lei dubita su questo?

DONNA 1
Dubito molto, dubito molto della giustizia italiana.

SIGFRIDO RANUCCI
Posso farle una domanda sul caso Parmalat?

UOMO 5
No, no, non faccio niente.

SIGFRIDO RANUCCI
Perché non vuole parlare?

UOMO 5
Non faccio niente! Non voglio... mi dovete scusare ma io non faccio niente...

SIGFRIDO RANUCCI
Mi spiega perché nessuno vuole parlare del caso Parmalat, eh signora? Di chi sono le responsabilità?

DONNA 2
Lo chieda ad altre persone, non a me!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E perché non dovremmo chiedere a lei, signora, visto che è la moglie dell’ ex direttore finanziario della Parmalat, Fausto Tonna. Certamente qualche informazione su questa storia la conosce. Una storia cominciata tanto tempo fa...
La data è il 27 novembre del 1982, il luogo la sala del Campidoglio a Roma, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, assegna per la prima volta i premi Alcide de Gasperi, destinati, recitava la motivazione, alle personalità che contribuiscono a rendere grande il nostro Paese. La medaglia davanti al gotha della DC, viene data a Federico Fellini, a Renato Guttuso a Eduardo de Filippo e all’allenatore di calcio che aveva vinto il mondiale: Enzo Bearzot. Ma tra i premiati spunta a sorpresa un industriale conosciuto ma non certo famoso: Calisto Tanzi. La sorpresa diminuisce se si considera che l’evento fu organizzato da Ciriaco De Mita, astro nascente della Democrazia Cristiana. Tra loro da qualche anno era una salda amicizia. Ed era facile vederli insieme dalle parti di Collecchio.

UOMO 6
De Mita lo sappiamo che c’era... erano amici...

SIGFRIDO RANUCCI
Ma è vero che andava nella sua villa a giocare a carte?

UOMO 7
Si, beh, loro si ritrovavano in quella villa là di Maggiali...

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Gregorio Maggiali detto “Rino” esponente di quel sottobosco di partito dove spesso si confondono affari e politica. Era qui nella sua villa, tra le colline di Parma, ora in ristrutturazione, che De Mita veniva a passare alcuni momenti di relax.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma che venivano a fare?

ANONIMO
De Mita era amico dell’industriale che stava qui. Erano amici dell’industriale che stavano qua... e allora veniva qua a passare il fine settimana e dopo sa, gli affari che hanno loro poi...

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
In queste stanze si svolgevano le interminabili partite a tresette con Tanzi, è qui che si consumava l’attesa dei risultati elettorali. Grazie a Maggiali, nasce tra De Mita e Tanzi, un rapporto destinato a durare per oltre un quarto di secolo. Il fratello di Rino, don Luigi Maggiali, è il parroco della chiesa Ognissanti di Parma dove ancora oggi la domenica si reca a messa il cavalier Tanzi... .

SIGFRIDO RANUCCI
Cerco Don Luigi Maggiali, sono Ranucci.

DON LUIGI MAGGIALI
Si.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ Lei?

DON LUIGI MAGGIALI
Eh.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ Don Luigi? Buonasera. Sono Sigfrido Ranucci della Rai.

DON LUIGI MAGGIALI
Eh.

SIGFRIDO RANUCCI
Noi stiamo cercando di ricostruire tutta la vicenda Parmalat però dal punto di vista...

DON LUIGI MAGGIALI
Io... per l’amor di Dio!

SIGFRIDO RANUCCI
... dal punto di vista... .niente?

DON LUIGI MAGGIALI
Io non dico neanche una virgola.

SIGFRIDO RANUCCI
Perché?

DON LUIGI MAGGIALI
Perché no. Fin d’allora a me non mi interessa. Va bene?

SIGFRIDO RANUCCI
So che Lei conosce Tanzi...

DON LUIGI MAGGIALI
No, no, no, no, no, niente, quindi grazie ma proprio non dico una parola.

SIGFRIDO RANUCCI
Senta ma è vero che è stato suo fratello a presentare Tanzi a De Mita?

DON LUIGI MAGGIALI
Io non dico una parola. Non continui, non insista perché io non dico una parola, va bene?

SIGFRIDO RANUCCI
Sa chi è che potrebbe parlarmi di questa faccenda?

DON LUIGI MAGGIALI
A non lo so, qui no. Qui in questa zona no. Non glielo so dire.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma la comunità qui a Parma come l’ha vissuta questa cosa?

DON LUIGI MAGGIALI
La comunità... ho detto che non parlo. E basta!

SIGFRIDO RANUCCI
Ma perché mi tratta così?

DON LUIGI MAGGIALI
No... io non tratto... io tratto Lei come ho trattato tanti altri. Su questo tema ho detto che non voglio dire e non dirò niente, quindi basta, gliel’ho già detto e quindi chiuso!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Il ruolo di Rino Maggiali rimane nell’ombra fino ‘93, quando a Torino si apre il processo per un altro crac quello della Rayton Fissore, che produceva i fuori strada Magnum, che per un certo periodo furono anche in dotazione alla polizia. Maggiali, per evitare il crac, chiede aiuto a un gruppo di amici tra cui De Mita, il presidente dell’ Istituto San Paolo di Torino, Gianni Zandano (in quota sinistra DC) e Tanzi. La procura scopre che Parmalat aveva versato assegni circolari per 1,5 miliardo di lire. Nei bilanci del gruppo di Tanzi però la Rayton Fissore non appare, al suo posto viene usato un nome di fantasia: Buzanca. L’ipotesi della procura è che la Rayton Fissore di Maggiali funzionasse in realtà come una sorta di recipiente per i finanziamenti poi dirottati alla sinistra DC. De Mita viene indagato per concussione e poi la sua posizione fu archiviata. Quando l’azienda di Collecchio nel 1984 apre un secondo stabilimento al sud, indovinate dove lo fa?

EX MANAGER PARMALAT
Fu De Mita che caldeggiò la sede di Nusco.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ vero che non fu una scelta felice questa?

EX MANAGER PARMALAT
Lo stabilimento non andava bene ma non per gli abitanti di Nusco, ma non andava bene perché era il business che era sbagliato.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Paese natale del segretario democristiano, la fabbrica si trovava a 5 minuti dalla villa bunker di De Mita e a 40 chilometri di strade disagevoli dall’autostrada piu’ vicina .

ANONIMO
Questa è la Mister Day, ex Parmalat. E’ nata prima quella, poi tutto il resto.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Tutto il resto significa fabbriche per la lavorazione di alluminio che emettono veleni, impianti per lo smaltimento di rifiuti tossici e depuratori di ogni tipo... Perché un’azienda alimentare fosse stata autorizzata a finire lì, in barba a ogni cautela sanitaria, è un mistero. Inevitabile che un giorno qualcuno accanto all’impianto per le merendine dei bambini ci trovasse una sorpresa.

MARIA GRAZIA VALENTINO – EX VICESINDACO NUSCO
Hanno trovato praticamente dei rifiuti tossici arrivati da La Spezia. Tant’è che lo stabilimento della Iato è stato bonificato.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
La Corte dei Conti in una relazione del 2000 sui contributi dello stato alle industrie per il post terremoto in Irpinia ha rivelato che Tanzi per aprire lo stabilimento ha presentato la domanda 9 mesi dopo la scadenza dei termini. Ma i contributi vengono erogati ugualmente e anche di più di quanto chiesto.

GENNARO IMBRIANO – SEGRETARIO PROVINCIALE RIFONDAZIONE COMUNISTA
E’ stata credo, da quello che ricordo, l’unica azienda in cui si è verificata questa anomalia. Quella appunto di un riconoscimento di fondi maggiore della richiesta stessa. Si tratta di una decina di miliardi, una decina di miliardi, mi sembra 11 miliardi, questo è stato.

SIGFRIDO RANUCCI
Invece di 8 di quanti ne aveva chiesti?

GENNARO IMBRIANO – SEGRETARIO PROVINCIALE RIFONDAZIONE COMUNISTA
Si, si esatto.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
A realizzare gli impianti fu il costruttore Michele De Mita, segretario della locale sezione DC nonché fratello di Ciriaco. Perché sorprendersi allora se, nell’ ‘86, l’Avellino calcio, alla disperata ricerca di denaro, trovò un contratto di sponsorizzazione proprio con il gruppo di Collecchio a marchio Santal? E Nel 1991 fu la Bonatti, l’impresa di costruzioni di cui Tanzi è stato azionista a salvare la squadra dal fallimento. E anche quando Tanzi decide negli anni ‘90 di investire nel turismo il ruolo dell’ ex Presidente del Consiglio non è secondario.

SIGFRIDO RANUCCI
Perché Tanzi decide di entrare nel turismo ad un certo punto?

OPERATORE FINANZIARIO
Ecco questa è una cosa che non è molto nota. Tanzi aveva intuito la possibilità di produrre il latte a lunga conservazione.

SIGFRIDO RANUCCI
E ad un certo punto lui per commercializzare questo tipo di latte aveva bisogno di una legge ad hoc?

OPERATORE FINANZIARIO
Aveva bisogno di una legge che in Italia non c’era.

SIGFRIDO RANUCCI
E a chi si rivolge?

OPERATORE FINANZIARIO
Si rivolge a De Mita.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
La legge che detta le regole per la commercializzazione del latte a lunga conservazione arriva nell’89. In calce la firma del Presidente del Consiglio: Ciriaco De Mita.

SIGFRIDO RANUCCI
E in cambio Tanzi cosa... ?

OPERATORE FINANZIARIO
Diciamo che De Mita si è sentito un po’ in credito di questa cosa. In un momento in cui un ottantina di agenzie di viaggi che erano sotto la sua, chiamiamola giurisdizione, o per motivi politici o per motivi di rapporti personali, ecc, rischiavano l’insolvenza, gli ha chiesto che il cavaliere intervenisse e acquistasse queste società.

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè, quindi ha chiesto a Tanzi di comprare queste società del turismo.

OPERATORE FINANZIARIO
... di comprare queste società e salvarle dal dissesto.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ costato caro questo passo a Tanzi?

OPERATORE FINANZIARIO
Eh molto, si, molto! Poi soprattutto lui non aveva nessuna preparazione, non aveva gli uomini adatti a gestirle.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Questa è la versione di un esponente del mondo finanziario, a suo tempo coinvolto nell’operazione. Ma Tanzi, di operazioni avventate, non solo su indicazione di De Mita, ne ha fatte tante, come ci dice uno dei suoi piu’ fedeli manager.

SIGFRIDO RANUCCI
A proposito di acquisizioni, voi avete acquistato però dei veri e propri...

EX MANAGER PARMALAT
... Catorci!

SIGFRIDO RANUCCI
... Catorci!

EX MANAGER PARMALAT
Sicuramente!

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè per esempio, la Margherita Yogurt...

EX MANAGER PARMALAT
Si, fu un’acquisizione semi-politica... poi non ricordo se fu Cossiga, fu qualcun altro...

SIGFRIDO RANUCCI
Poi c’e’ la società Cipro Sicilia che c’aveva 150 miliardi di debiti.

EX MANAGER PARMALAT
Cipro Sicilia fu sicuramente uno di quegli investimenti che ci causarono perdite, debiti e uscite di soldi senza logiche.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ vero che fu sponsorizzata da Mannino?

EX MANAGER PARMALAT
So che Tanzi era amicissimo con Mannino, che si dava del “tu” e lo conosceva benissimo. So anche che Mannino consigliò Tanzi di entrare nel business di arance della Sicilia dove Mannino aveva anche un certo ruolo.

SIGFRIDO RANUCCI
Poi ci sono stati degli acquisti in Costarica dove avete comprato uno stabilimento osceno...

EX MANAGER PARMALAT
E’ vero!

SIGFRIDO RANUCCI
E’ vero che fu consigliato da un consulente indicato dalla moglie di Dini?

EX MANAGER PARMALAT
Si, si, Ottone sicuramente consigliò, poi non so se dietro Ottone c’era la moglie di Dini e la moglie di Dini so che era amica di Tanzi. Ma è un po’ nello stile di Tanzi quello di fare dei favori pensando poi che questo favore in qualche modo ti ritorni.

SIGFRIDO RANUCCI
Invece poi... ?

EX MANAGER PARMALAT
Invece no... Tanzi ha sempre dato soldi a tutti, non ha mai ricevuto in cambio niente.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
I politici nominati che emergono anche dagli interrogatori negano di aver fatto pressioni. Se poi Tanzi non ha mai ricevuto niente in cambio, dipende dai punti di vista e da quel che uno si aspetta. Intanto la partita non è chiusa. I processi più importanti devono ancora cominciare, da noi le pene sono miti, e spesso le leggi vengono adattate alle circostanze. Però sarebbe sicuramente un errore dipingere il gran lattaio di Parma come il burattino di un singolo uomo politico o dell’ex DC. Secondo quanto dichiarato ai magistrati per proteggere il suo gruppo, ottenere crediti dalle banche e condizionarne le nomine avrebbe finanziato politici sia a livello locale che nazionale fin dagli anni ‘60.

Stavamo parlando del finanziamento ai politici da parte di Tanzi, che nei verbali dichiara di aver dato soldi dagli anni ‘60 al 2003 alle seguenti persone: Forlani, Colombo, Pomicino, Fabbri, Signorile, Mannino, Fracanzani. Loro hanno negato comunque è roba vecchia e il reato sarebbe prescritto. Poi Speroni, Stefani, D’Alema, Dini, Fini, De Mita, Tabacci, Sansa, Scalfaro, Bersani, Lusetti, Gargani,che però hanno negato. Quindi Casini, Prodi, Bottiglione, Castagnetti, Segni, che ammettono di aver ricevuto finanziamenti sotto i 5 mila euro pertanto non è prevista nessuna dichiarazione.
La procura di Parma che ha aperto tanti filoni d’indagine questa vicenda l’ha invece archiviata perché pur essendo stata dimostrata l’uscita di denaro, i politici che hanno incassato hanno detto: “ Noi pensavamo che questi soldi provenissero dalle tasche di Tanzi e non sapevamo che invece arrivavano da fondi neri della Parmalat”. Dimostrare il contrario è più complicato anche perché la persona che avrebbe potuto parlare, come vedremo, era morta in un incidente stradale. Tanzi invece è stato rinviato a giudizio però sul finanziamento illecito. Da quel che emerge, tramontata la stella della democrazia cristiana, l’approccio di Tanzi diventa ecumenico. Nel ‘96 appoggia la campagna elettorale di Prodi e nel 2001 finanzia invece con un contributo di 430 milioni di lire regolarmente registrato Berlusconi... Leggendo i verbali però fa anche qualcosa in più.

DAGLI INTERROGATORI – CALISTO TANZI
“Quando è stata fondata Forza Italia, sono stato chiamato da Berlusconi e l’ho incontrato ad Arcore. Mi chiese se il mio gruppo poteva aiutarlo sia da un punto di vista finanziario che organizzativo. Insieme concordammo di utilizzare il canale della pubblicità per finanziare occultamente il nuovo partito. In sostanza trasferimmo quote di pubblicità Rai a Pubblitalia.”

EX MANAGER PARMALAT
Si tendeva a privilegiare magari Mediaset piuttosto che Rai in certi momenti.

SIGFRIDO RANUCCI
Quindi Pubblitalia, Dell’Utri, per capirci...

EX MANAGER PARMALAT
Si, Dell’Utri.

DAGLI INTERROGATORI – CALISTO TANZI
“L’accordo con Berlusconi prevedeva che le tariffe degli spot non godessero di particolari sconti.”

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Perché un’azienda come Parmalat avrebbe potuto godere di particolari sconti, quantificati da Tanzi in circa il 5%. Una quota che sarebbe servita per finanziare Forza Italia attraverso Pubblitalia. Su questo sta lavorando la procura di Milano. Dalle indagini emerge che lo spostamento degli spot verso le reti dell’ex Presidente del Consiglio si fa sempre piu’ consistente con l’avvicinarsi del crac. E anche che gli spot per Mediaset sono costati piu’ di quelli per la Rai. Ma se i soldi dei mancati sconti sono serviti poi a finanziare Forza Italia lo scoprirà la magistratura. Colui che stipulò gli accordi tra Parmalat e Pubblitalia è Genesio Fornari, avrebbe potuto confermare o meno la versione di Tanzi, ma è deceduto. E per catturare la benevolenza del potente di turno, Tanzi aveva partecipato nel ‘96 all’aumento di capitale di Nomisma, il centro studi fondato Prodi.

EX MANAGER PARMALAT
Fu sicuramente uno di quei tanti contributi, soldi buttati via, per ricevere poi un potenziale ringraziamento che un domani... io son convinto che tutti i soldi che Tanzi ha dato ai giornali, alle televisioni, ai politici, siano stai tutti per il 99% soldi buttati.

SIGFRIDO RANUCCI
Chi ha finanziato Tanzi?

EX MANAGER PARMALAT
Li ha finanziati tutti! Cioe’, io ricordo che mi stupii quando mi disse: “Eh ma sai adesso dobbiamo dare dei soldi al Manifesto... ” - “Ma scusi, anche al Manifesto diamo i soldi?” Si guarda che li diamo a tutti i soldi, dall’estrema sinistra a all’estrema destra, tutti”.

SIGFRIDO RANUCCI
Al Foglio pure?

EX MANAGER PARMALAT
Si, tutti. Tu li metti insieme tutti, li ha dati a tutti.

DAGLI INTERROGATORI – CALISTO TANZI
“Geronzi mi chiese di entrare nella compagine sociale del “Foglio”, io gli dissi che non ero interessato ad entrare nel giornale e allora concordai con lui un finanziamento che io stesso erogai “brevi manu” a Giuliano Ferrara nel corso di un incontro avvenuto a Roma proprio nell’ufficio di Geronzi. La somma doveva aggirarsi fra i 500 milioni ed il miliardo di lire”.

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
Io ho chiesto a Giuliano Ferrara di deporre, ma Giuliano Ferrara non ha ritenuto di rendere una deposizione.

LUCA CHIANCA
Lei avrebbe preso dai 500 milioni ad un miliardo di vecchie lire per...

GIULIANO FERRARA- DIRETTORE “IL FOGLIO”
Dai 500 milioni ad 1 miliardo... io?

LUCA CHIANCA
Secondo le dichiarazioni di Tanzi è a verbale...

GIULIANO FERRARA- DIRETTORE “IL FOGLIO”
Per un finanziamento del mio giornale, “Il Foglio”, si... ? No, non è vero!

LUCA CHIANCA
Lei non è andato mai a chiarire nessun aspetto... ?

GIULIANO FERRARA- DIRETTORE “IL FOGLIO”
No, non sono mai andato a chiarire nessun aspetto e non ho nessuna intenzione di chiarirlo.

LUCA CHIANCA
Ancora? Neanche dopo le dichiarazioni uscite sui giornali?

GIULIANO FERRARA- DIRETTORE “IL FOGLIO”
No, assolutamente, anzi devo dire che la ritengo una cosa talmente grave che non ho mai fatto nessuna dichiarazione, me ne sono fottuto allegramente! Sono della casta io, sa?

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Se il finanziamento del Manifesto è stato appurato che è stato lecito, visto che fu la società Europa Service di Tanzi ad acquistare azioni della testata per 250 milioni di lire, per quello del Foglio c’è la parola di Tanzi contro quella di Ferrara.

SIGFRIDO RANUCCI
Perché pagava i giornali?

EX MANAGER PARMALAT
Fondamentalmente per tutelarsi un domani c’è bisogno, io dò i soldi al Manifesto e il Manifesto forse non mi scriverà male! Così pure li dò a Repubblica, li dò al Corriere, faccio le campagne pubblicitarie con uno, con l’altro in modo tale che...

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
La ragione per cui questa attività di lobbing va tenuta riservata, è legata alla ragione di evitare di inimicarsi coloro che non vengono, per così dire, finanziati ed allora preferiva finanziare tutti, ognuno all’insaputa dell’altro.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E per finanziare tutti, ognuno all’insaputa dell’altro, Tanzi aveva creato una vera struttura che agiva all’interno della Parmalat.

EX MANAGER PARMALAT
Pietro Tanzi lavorava al 99,9% per la segreteria, poi succedeva che una volta ogni tre mesi doveva preparare una bustarella da dare a “X”, la prendeva e la dava. Gorrieri pure lavorava al 99% Parmalat e Banca del Monte, poi c’era da dare una bustarella all’assessore, al politico, non so a chi... la dava! L’unica persona che si occupava di rapporti con i politici a tempo pieno era il Piccini, quello si. Di soldi ne uscivano tanti in contanti eh!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Già, ne uscivano tanti, ma i magistrati sono riusciti a trovarne solo alcuni di quelli usati per finanziare i politici. Oltre 12 milioni e mezzo di euro, usciti fondi usciti destinati all’acquisto di valori bollati, da conti a San Marino e da quelli coperti dalla voce sponsorizzazione. Ma oltre a questi sono finiti in mani sconosciute 1 miliardo e 100 milioni di euro transitati attraverso la finanziaria uruguaiana Wishaw Trading.

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
Da un lato vi è la prova documentale delle uscite del denaro dalle casse della Parmalat. Dall’altra però non è stato possibile ricostruire tutti i passaggi fino ai percettori finali. Per una ragione che risulta dal provvedimento da me redatto: che la Parmalat si è servita di un ufficiale pagatore che è deceduto.

SIGFRIDO RANUCCI
E stiamo parlando di Piccini? Sergio Piccini?

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
Piccini.

SIGFRIDO RANUCCI
Lui si è portato appresso diversi segreti secondo Lei?

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
Certamente si.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Sergio Piccini dirigente della Parmatour muore nel 2000 in un incidente stradale. E Tanzi lo sostituisce con un concessionario di automobili, Romano Bernardoni e lo indica come nuovo ufficiale pagatore. Il nome di Bernardoni spunta anche nella vicenda del fresco blu.

SPOT FRESCO BLU

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Alla fine del 2001 la Parmalat inonda l’Italia con una raffica di spot sul latte microfiltrato, una tecnica di produzione, un procedimento di lavorazione che all’epoca possiede soltanto lei in uno stabilimento tedesco. Il latte essendo microfiltrato e pastorizzato porta la data di scadenza a 8 giorni, ma la parola “fresco” scatena la protesta degli altri produttori di latte che invece devono scrivere una data di scadenza a 4 giorni. Sta di fatto che la vendita viene bloccata e l’ispettorato antifrode del Ministero multa la Parmalat. Bisognerebbe cambiare la normativa sul latte fresco e adeguarla a quella europea, ma Tanzi preferisce la via all’italiana e incarica Romano Bernardoni di agganciare Alemanno.

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Devo fare una premessa, io da questa vicenda sono stato prosciolto con una sentenza di 9 mesi fa.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Alemanno, al quale va riconosciuto il merito di aver rinunciato all’immunità parlamentare, e’ stato assolto dall’accusa di corruzione. Era stato contattato da Bernardoni al fine di togliere il veto che aveva posto il ministero alla commercializzazione del latte fresco blu.

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Bernardoni mi disse che conosceva Tanzi e che riteneva che fosse possibile fare un confronto, un incontro, per risolvere questa controversia.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Il 28 dicembre del 2002 il Ministro dell’Agricoltura parte con moglie e figlio per una vacanza a Dongwe, paradiso terrestre nell’isola di Zanzibar, in un villaggio della Parmatour. Torna senza pagare il conto piuttosto salato di 14 mila e 253 euro.

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Si, andai in un villaggio che credo appartenesse a questo. Quando finì la vacanza chiesi di pagare normalmente il conto, mi dissero là a Zanzibar che era meglio che pagavo a Roma. Quando sono arrivato a Roma ho detto alla mia segreteria di pagare e poi il viaggio è stato pagato.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ stato pagato da Tanzi o è stato pagato da Lei?

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
E’ stato pagato da noi. E’ stato sistemato.

SIGFRIDO RANUCCI
Successivamente al crac o... ?

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Adesso non so i tempi esatti però questo è stato pagato dalla mia segreteria e cioè, non so francamente questa storia... perché il polverone, cioè la fattura è a posto per cui... boh!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Per dovere di cronaca la vacanza a Zanzibar al momento del crac non era ancora stata pagata. Ma proprio nel giorno della partenza avviene una coincidenza.

SIGFRIDO RANUCCI
Sembra che quel giorno, il 28 Dicembre del 2002, in coincidenza la Commissione Interministeriale ha dato il via libera alla vicenda “Latte Fresco Blu”.

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Non credo ci sia nessuna coincidenza.

SIGFRIDO RANUCCI
Solo temporale dice?

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Non c’è nessuna cosa ma, voglio dire... pensare che ci siano connessioni fra un viaggio in un’isola e cose di questo genere è un po’ insomma puerile.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
La coincidenza è stata sottolineata dagli investigatori della guardia di Finanza, che ne rilevano anche un’altra...

SIGFRIDO RANUCCI
Senta poi anche la sua segretaria Lippiello è partita in vacanza alle Seychelles in un villaggio della Parmatour, questo me lo conferma?

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Forse lo dovete chiedere a lei.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E anche lei si è dimenticata di saldare il conto, oltre 3.900 euro. Ma i Tanzi felici per il buon esito della controversia Fresco Blu, finanziano attraverso la Bonatti la rivista Area del Ministro Alemanno, con un contratto pubblicitario di 85 mila euro.

GIOVANNI ALEMANNO- EX MINISTRO POLITICHE AGRICOLE
Bernardoni dopo un po’ di tempo mi propose questa società Bonatti ed io gli chiesi se per caso questa società Bonatti aveva a che fare con Parmalat e con Tanzi, lui mi assicurò che non ha nulla a che fare, che l’interesse era genuino, non c’era niente così dietro e purtroppo soltanto dopo l’arresto di Tanzi, dopo le dichiarazioni contro di me, scoprimmo che invece Tanzi aveva il 38% di quella società.

EX MANAGER PARMALAT
Su questi giri di Bernardoni non c’ho mai visto chiaro, non ho mai capito bene chi fosse sto Bernardoni.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Eccolo Romano Bernardoni, secondo i magistrati a lui venivano affidati i soldi riservati ai politici da finanziare occultamente secondo il meccanismo delle sponsorizzazioni. Ha affermato di aver finanziato in proprio Casini e Berselli nonché Forza Italia. Tanzi gli affida compiti di crescente importanza fino a diventare amministratore dell’intero gruppo delle società del turismo. Uomo dalle amicizie molto importanti tra i politici e alti ufficiali della Guardia di Finanza, tali, secondo Tanzi, da sapere in anticipo delle verifiche fiscali. Lo incrociamo a Riccione al timone del suo Canaione.

SIGFRIDO RANUCCI
Signor Romano...

ROMANO BERNARDONI
Arrivo!

SIGFRIDO RANUCCI
E’ vero che Lei sapeva in anticipo se c’erano le verifiche fiscali? Questo è vero?

ROMANO BERNARDONI
No, ma che dici? Ma che scherziamo?

SIGFRIDO RANUCCI
La sua amicizia con Pollari le è servita a questa cosa qui o no?

ROMANO BERNARDONI
No, Pollari lo conosco da 40 anni. Pollari è stato a Bologna da maggiore nel ’77.

SIGFRIDO RANUCCI
Lei è sicuro che non ha mai pagato i politici? Mai, mai, mai, mai? Neanche per i canali istituzionali?

ROMANO BERNARDONI
Istituzionali si... Seguendo la legge, la legge ci dice: devi versare, dichiarare. Lei non può dire “domani mattina ti dò 10 mila euro”. Devi prima chiedere l’autorizzazione, si fa l’autorizzazione e basta.

SIGFRIDO RANUCCI
Comunque Lei quando ha pagato ha pagato perché Tanzi l’ha ordinato? Di sua spontanea volontà?

ROMANO BERNARDONI
Ho già spiegato com’è la storia, però dopo... quando è finito tutto. Le dò la mia parola!

SIGFRIDO RANUCCI
Mi dice come sono andate le cose?

ROMANO BERNARDONI
Le cose sono quello che risulta e quello che è successo.

SIGFRIDO RANUCCI
Senta, Lei è un amministratore anche, un imprenditore, come ha fatto Tanzi a fare un buco così grande sul turismo?

ROMANO BERNARDONI
No, ma quello era perché c’era... il sistema non... tutte le aziende del turismo sono fallite. Non c’è marginalità.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Non c’era marginalità anche perché in quei villaggi per anni sono andati gratis, politici, giornalisti, funzionari di banca e magistrati...

SIGFRIDO RANUCCI
Ma lui ha pagato delle aziende e dei villaggi 30, 40 volte più del loro valore.

ROMANO BERNARDONI
Ma sa, lì... capire il perché l’ha fatto è un altro discorso. Però, siamo in vacanza!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Romano Bernardoni è stato assolto dall’accusa di corruzione per la vicenda del Fresco blu, ma a Parma dove ha rinunciato al patteggiamento, è stato rinviato a giudizio, con Tanzi, per finanziamento illecito ai partiti.

VITO ZINCANI – PROCURATORE GENERALE BOLOGNA
Quello che ha stupito di più gli osservatori internazionali è che una grande multinazionale come la Parmalat, avesse un management che non era mai cambiato negli ultimi 20 anni e che pur essendo una multinazionale presente nei 5 continenti, i manager fossero tutti nati a Parma, Collecchio, Sala Baganza e così via, di origine ed estrazione provinciale. Ecco, forse questo è un segnale importante perché un management così ristretto, mai cambiato e di origine quasi familistica, vuol dire che ci sono segreti, segreti che non si devono comunicare a terzi.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Di segreti il management della Parmalat ne aveva tanti ad un certo punto oltre ai segreti si sono aggiunti i falsi. I falsi però bisogna vestirli di abiti credibili.
A custodire tutto ciò l’avvocato Gian Paolo Zini, a New York. Era lui il punto di riferimento di tutte le grandi operazioni internazionali della Parmalat. Una specie di prestigiatore che aveva creato una rete di scatole cinesi off shore con sede ai Caraibi, alle Cayman e nel Delaware . Questa rete serviva, e’ servita per anni a nascondere debiti che se scoperti avrebbero decretato la fine del gruppo di Collecchio. Grazie alla sua architettura societaria aveva creato, proprio a New York, la facciata dorata del gruppo Parmalat.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
L’ Avvocato Zini, proprio per stare in contatto con i piu’ grandi banchieri internazionali della Chase Manatthan, della Citigroup, e soprattutto di Bank of America, aveva aperto questo studio a New York in Park Avenue. Riusciamo a rintracciare uno dei collaboratori di Zini.

EX COLLABORATORE DI ZINI
Zini è un pupazzino... un pupazzo. Non era un... Lui prendeva ordini.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma da chi?

EX COLLABORATORE DI ZINI
Da Tonna, da Geronzi.

SIGFRIDO RANUCCI
Geronzi?

EX COLLABORATORE DI ZINI
Si, si.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Nei giorni del crac in questi uffici durante la notte vengono distrutte migliaia di pagine di documenti che si sospetta riguardassero gli accordi con le grandi banche americane.

EX COLLABORATORE DI ZINI
Il caso Parmalat era seguito solo da Zini. Nessuno sapeva nulla di nulla.

MARIANNA DE MARZI
Beh, ma in quei giorni c’eravate tutti lì, quei giorni in cui sono stati distrutti i documenti.

EX COLLABORATORE DI ZINI
Si, no, eran già spariti tanti.

SIGFRIDO RANUCCI
E che tipo di documenti sono stati distrutti da lui, lo sai te?

EX COLLABORATORE DI ZINI
Ho visto portare giù dei sacchetti neri... dei sacchetti neri.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Zini aveva trasferito la sua residenza nella 72 esima strada in questo splendido residence, da dove poteva godere di un paesaggio straordinario, custodito da due agguerriti portieri in livrea...

PORTIERE CASA ZINI
Non ho mai sentito questo nome.

PORTIERE CASA ZINI 2
Noi non siamo autorizzati a darle queste informazioni.

PORTIERE CASA ZINI
Vuoi entrare dentro... chiedile a lui queste informazioni.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Con molta fatica riusciamo poi a sapere che Zini ha lasciato il suo appartamento oltre due anni fa. Ed è proprio a Zini che si deve la creazione del fondo Epicurum un nome che poteva anche evocare i piaceri della vita, in realtà era una discarica finanziaria dove le perdite generate dal settore Turismo con un gioco di prestigio venivano trasformati in crediti per la Parmalat.

EX MANAGER PARMALAT
Tanzi decide di dare un sacco dei soldi al turismo. Si parla di una cifra intorno ai 400 milioni di euro. Questi soldi dati al turismo nel bilancio Parmalat rimangono alla fine come crediti e vengono conferiti in un fondo, questa operazione viene proprio studiata da Tonna e realizzata tecnicamente dallo Zini. Quindi è un’operazione completamente falsa che serve per ingannare il mercato, era finta perché sapevamo benissimo che il turismo non aveva un euro da dare indietro.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Per poter accedere ai finanziamenti si faceva vedere che la Parmalat godeva di ottima salute aumentando il fatturato, ma con le fatture false però.

EX MANAGER PARMALAT
Ad un certo punto Parmalat vende talmente tanto latte a Cuba da impressionare il mondo. E questo latte viene venduto con dei contratti che in realtà sono finti, falsi. Tonna ne prende uno vero, cambia nomi, cognomi, cifre, importi, tutto e Bocchi lo riscrive... falso! Poi Tonna firma dalla parte venditrice e dalla parte acquirente. C’è una quantità talmente esagerata che un giorno entrano da me i revisori e mi dicono: “C’è qualcosa che non va!” Sono andati su internet a cercare i consumi di latte a Cuba e hanno trovato delle cifre, in tutta Cuba, dieci volte piu’ piccole. Noi su questo argomento chiediamo chiarimenti a Tanzi. Vado da Tanzi e dico: “Guardi, senta, ci sono i revisori che vogliono spiegazioni sulle vendite di latte a Cuba e Tanzi dice: “E io cosa gli dico?” “Ah, questo non lo so, si inventi una balla Lei... ” e Tanzi in realtà fa sembrare Cuba... si la vendita è a Cuba, però in realtà Cuba poi a sua volta esporterà questo latte in Sud America perché ci sono delle joint-venture... cioè racconta una storia bellissima che tra l’altro ha incuriosito anche me e i revisori... di fronte a tutte queste balle alla fine hanno detto “Ah, bene!”

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E le fatture anche se false però devono in qualche modo essere incassate, e come si fa?

EX MANAGER PARMALAT
Tonna dice: “l’azienda perde”. Per coprire le perdite fattura, s’inventa, un fatturato. Questo fatturato diventa un credito, il credito deve essere incassato dove metto tutti i soldi, tutto finto eh! Decidiamo di metterli su un conto corrente finto. Allora Tonna dice a Bocchi: “Vedi tu se sei capace di farlo. Lo facciamo con la Bank of America” e Bocchi si mette a fare il falsario. Scannerizza il logo della banca, cioè riesce a fare un modello sufficientemente realistico.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Nasce così il piu’ clamoroso falso di Collecchio. Il conto corrente della società Bonlat con sede alle Cayman, presso la Bank of America di New York dove figurano circa 3,9 miliardi di euro inesistenti. Nonostante questo Bank of America e le altre banche hanno continuato a prestare centinaia di milioni di euro. Nessuno si chiedeva il perché, pur dichiarando quasi 4 miliardi in contanti Parmalat continuava a chiedere soldi alle banche pagando tassi salatissimi. Neppure i revisori se lo son chiesto. La risposta di Tonna ai magistrati è semplice. Furono proprio Lorenzo Penca e Maurizio Bianchi, presidente e partner della società di revisione Grant Thornton a suggerire la costituzione della Bonlat già nel 1999.

7/03/2006 - TRIBUNALE DI MILANO: DICHIARAZIONE DI CALISTO TANZI
“Parmalat non ha infatti mai avuto reali problemi di accesso al credito. Erano gli istituti di credito stessi e le banche d’affari quasi ad inseguirla, ad assicurare al gruppo tutto il denaro che occorreva, malgrado i bilanci non fossero il massimo della trasparenza e malgrado si facesse ricorso continuo al credito, pur affermando di possedere liquidità consistente.”

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
All’esplodere del crac, quando si diffonde la notizia che i bilanci della Parmalat sono falsi, le banche si dichiarano vittime della truffa, frodate come gli altri creditori.

27/01/2004 - SENATO: AUDIZIONE DI ANTONIO FAZIO

ANTONIO FAZIO
Le banche io non so, sono state indotte in grave errore, ma qui moltissimi sono stati indotti in gravi errori, anche la Deutsche Bank insomma, io vedo qui, insomma, qui c’è un caso molto grave... insomma io non so se voi lo sapevate... se voi lo sapevate, forse avreste dovuto dirlo... io non lo sapevo... insomma anche se cominciavano ad arrivare dubbi ma mi dicono... anzi, Lei mi pare che avesse capito... Avevi capito la difficoltà della Parmalat tu o no? Non posso interrogare, non possiamo interrogare?

INTERROGATORE
Governatore, Lei risponda alle domande a cui vuole rispondere ma non facciamo dialogo, per piacere.

ANTONIO FAZIO
No, va bene... (ride). Qui c’è, vedo la Deutsche Bank, scusate...

INTERROGATORE
... Per piacere!

ANTONIO FAZIO
La Morgan Stanley, L’Ubs, L’Unicredito che ha collocato, la Morgan Stanley, la Morgan Stanley, L’ Akros, questa è italiana, la Credit Suisse Boston, vado avanti... e qui evidentemente non erano solo le banche italiane che non hanno capito è tutto un sistema bancario. Mi sembra che purtroppo, ahimè, così come non avevamo capito, nessuno di noi, se qualcuno afferma di sapere se sapesse da tempo, mi domando, qualcuno che afferma che sapeva da tempo di questo perché non ha fatto riferimento ai giudici o alla Consob.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
L’ex Governatore della Banca d’Italia forse non sapeva che qualcuno in realtà c’aveva provato. A Parma lo conoscono tutti, il ragioniere Valla. Nel ‘95, a seguito di un’interrogazione parlamentare nella quale si chiede di fare chiarezza sui prestiti concessi a Tanzi dalla Cassa di Risparmio di Parma per 650 miliardi e quella del Monte per 90 miliardi di lire, la procura apre un’inchiesta e incarica lo studio Valla di dare un’occhiata ai conti. Analizza i bilanci degli anni ‘93, ‘94, ‘95, di circa 180 società di Tanzi: l’indebitamento è elevatissimo. La Parmalat, insomma, vive sul finanziamento di banche compiacenti... anche quando alcuni funzionari indicavano cautela.

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Pur indicando cautela, i finanziamenti passavano lo stesso.

SIGFRIDO RANUCCI
Si eh? E nel ruolo di Gorreri e Silingardi è stato importante far passare questi finanziamenti?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Beh, sicuramente è importante, sicuramente la Parmalat ha avuto un canale privilegiato, avendo queste due persone a capo... a capo... non all’interno, a capo! A capo dei due istituti.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E’ lo stesso Tanzi, come dichiara ai magistrati, a chiedere a Goria e De Mita di porre a capo della cassa di risparmio di Parma Luciano Silingardi, ex sindaco della Parmalat SpA. Così come Tanzi interviene sulla nomina di Gorreri a Capo della Banca del Monte dopo aver parlato con Craxi.

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Quando c’erano da finanziare, discutere dei finanziamenti della Parmalat, il presidente Gorreri che era un dipendente della Parmalat, si assentava 5 minuti. Non so, si assentava alle 16;45, rientrava alle 16;50.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Finanziamenti di miliardi di lire come si legge dai verbali delle banche concessi in appena 5 minuti. E per far piu’ in fretta si ricorreva a qualsiasi mezzo.

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Potrebbe anche essere che in banca avessero già dei moduli di richiesta fido già firmati da Tanzi, ecco.

SIGFRIDO RANUCCI
In bianco?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
In bianco, potrebbe essere anche questo. Cioè, adesso... tutto potrebbe essere.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma Lei di questo ha trovato traccia documentale o... ?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Cosa abbiam trovato noi, dei moduli in bianco firmati, eh?

COLLABORATRICE VALLA
Qualche modulo in bianco firmato, si.

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Firmato, senza data, con l’importo?

COLLABORATRICE VALLA
Senza data, si, in bianco.

SIGFRIDO RANUCCI
Firmati da Tanzi?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Firmati da Tanzi, si. Si, Magari con l’importo, ecco...

SIGFRIDO RANUCCI
Si trattava di importi importanti?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Importi importanti, certo.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Se di tutto questo si era accorto un semplice ragioniere di provincia, perché non l’ha fatto la Banca d’Italia che con la sua Centrale Rischi, poteva monitorare i debiti che Tanzi aveva con tutte le banche italiane e le filiali delle banche estere presenti nel nostro paese?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Basta guardare i bilanci. Cioè io con i miei pochi mezzi, ho guardato questo. La Centrale del Rischio della Banca D’Italia, volendo poteva benissimo guardarci, ma molto meglio di me, insomma ecco.

SIGFRIDO RANUCCI
E perché non l’ha fatto secondo Lei?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Ecco, questo qua non lo so io.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Analizzando quei soli dati di cui era in possesso, il ragionier Valla aveva scritto nella sua perizia che la Parmalat non poteva andare avanti per molto, era il 1997.

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Fare dei debiti maggiori per coprire dei debiti minori, aumenti sempre i debiti. Ad un certo momento si arriva ad un capolinea.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
In effetti a Parma, che è un buco di provincia tutti già sapevano, se ne parlava alla fermata degli autobus, nei bar, nei salotti buoni... ce ne parlano anche in taxi.

LUCA CHIANCA
Cioè, s’è sempre saputo che non andava bene?

TASSISTA
Sono 30 anni, era quella tipica ditta che si diceva “casca sempre in piedi” perché aveva le spalle coperte. C’era la DC, c’era il Partito Socialista, c’era il Vaticano, c’erano anche le banche dietro. Io vado a chiedere 10 mila euro in banca, mi rovesciano come un calzetto e poi non è detto che me li danno.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Ma poi a chi importava veramente, se non c’era evento che non fosse sponsorizzato dalla Parmalat, e se finalmente il patron Tanzi era riuscito in quello che sembrava un sogno: portare il Parma in serie A. Una ubriacatura, un passo dallo scudetto, le coppe europee, i grandi giocatori.

DA UNA TELECRONACA BRUNO PIZZUL
“La finta ed il tiro... ed il goal strepitoso”

SIGFRIDO RANUCCI
Lei questa perizia la dà al magistrato?

MARIO VALLA - RAGIONIERE
Io l’ho consegnata alla Procura quando ho finito.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E il gip di Parma, Adriano Padula, archivia perizia e inchiesta sui prestiti delle banche a Tanzi. Ma dopo emerge un problema.

ANONIMO
Padula viaggiava gratis!

SIGFRIDO RANUCCI
A spese di... ?

ANONIMO
A spese di Tanzi!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Padula in quegli anni aveva anche assolto nel ’98 Tanzi e Tonna dall’accusa di false comunicazioni sociali. Ma un’ispezione del Ministro della Giustizia Roberto Castelli, nel 2005 appura che il giudice in passato ha fatto pressioni presso la Parmalat per poter avere con la moglie sconti per i soggiorni nei villaggi e nelle suite del gruppo Parmatour. E dopo esser stato trattato da vip, in qualche occasione, il magistrato ha addirittura dimenticato di pagare il conto... oltre 12 mila euro che viene saldato solo a distanza di due anni dal crac e con l’ispezione del ministero in corso. Padula viene sanzionato dal CSM.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Bellezze e guai della piccola provincia, dove tutti si conoscono e tutti si frequentano.
Poi quando salta fuori il buco si scoprono anche i rapporti troppo stretti fra il procuratore capo Panebianco e qualche sostituto con il gruppo Parmalat e le banche amiche di Tanzi.
Quindi è facile capire perché per anni nessuno ha approfondito. Da una parte la procura amica, (Panebianco ha lasciato e 2 magistrati sono stati trasferiti dal CSM), dall’altra la lunga lista di politici, che all’occorrenza la parola buona la mettevano. E poi le banche, più prestiti fanno più interessi e commissioni incassano. Quelle stesse banche che hanno emesso bond fino all’ultimo e che hanno sempre detto di essere all’oscuro di come andavano realmente le cose, il commissario Bondi ha fatto causa e se dovesse vincerla dovranno tirare fuori un bel po’ di soldi. Nel frattempo però... budella d’oro.

GIUSEPPE ODDO - “IL SOLE 24 ORE”
Per esempio Deutsche Bank tra proventi, recuperi, conseguiti al momento del default e recuperi in seguito alle operazioni di concordato speciale, ha incassato 217 milioni di euro contro un credito originario di 154 milioni di euro e quindi il recupero complessivo è stato nell’ordine del 140% del credito originario.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Unicredito aveva un credito da 171 milioni di euro, ha incassato 212 milioni, il 124% in piu’. Capitalia 123% in piu’, questo secondo dati diffusi dal commissario Bondi.

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè una grande abbuffata è stata per le banche?

GIUSEPPE ODDO - “IL SOLE 24 ORE”
Sostanzialmente si, a giudizio di Bondi.

7/03/2006 - TRIBUNALE DI MILANO: DICHIARAZIONE DI CALISTO TANZI
“Parmalat, come pure gli altri dirigenti o amministratori, hanno vissuto un rapporto drogato con gran parte degli istituti di credito con cui si è operato”.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
A partire dal 1996 le banche internazionali hanno emesso obbligazioni per 10 miliardi di euro sulle quali hanno incassato commissioni favolose. E qualcuna anche qualcosa di piu’ delle commissioni, per esempio l’ Ubs quando sottoscrive un bond di 420 milioni di dollari.

GIUSEPPE ODDO - “IL SOLE 24 ORE”
Un esempio per tutti potrebbe essere quello del famoso Bond Tot, che fu sottoscritto dall’Ubs, un Bond di 420 milioni di dollari ma alla Parmalat andarono soltanto 110 milioni di dollari. Il resto fu utilizzato dalla Parmalat per sottoscrivere un altro Bond che era stato emesso dal banco Totta delle isole Cayman, il cui capitale in caso di default della Parmalat, non sarebbe stato incassato dalla Parmalat ma poi come effettivamente avvenne, fu incassato dall’Ubs.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Il risultato è che formalmente la Parmalat incassa 420 milioni di dollari, in realtà nelle sue casse ne finiscono solo 110. La differenza, ben 290 milioni, sono finiti nelle tasche della banca svizzera come assicurazione contro l’insolvenza del gruppo di Collecchio. Tanzi in sostanza è come se avesse scommesso e perso sul rischio del suo fallimento. Ma aveva bisogno disperato di soldi per continuare la sua politica frenetica di acquisizioni.

EX MANAGER PARMALAT
La maggior parte delle nostre acquisizioni furono fatte di fretta per coprire delle perdite, mascherare dei bilanci, di far vedere che l’azienda cresceva perché piu’ cresce piu’ ti danno dei soldi e le banche erano sempre lì dietro a te: “Compra, compra, ti do i soldi, ti do i soldi!”... e si comprava anche per fare un favore alle banche.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E le banche ricambiano il favore. La Citigroup, come si legge in questo prospetto, ha rassicurato i propri clienti invitandoli a comprare azioni della parmalat fino all’8 dicembre del 2003, cioè a pochi giorni dal crac... .Ma soprattutto le banche internazionali hanno messo in piedi società con sede nei paradisi fiscali attraverso le quali, all’oscuro del mercato, finanziano la Parmalat. L’obiettivo è di dar l’idea di una società solida nella quale puoi investire serenamente. Una di queste si chiama Buconero. Ha la sede in uno stato dalle maglie larghe, il Delaware, ed è riconducibile alla Citibank.

VITTORIO MALAGUTTI - AUTORE DI “BUCONERO SPA”
E’ servita per convogliare oltre 100 miliardi di lire sottoforma di contratto di associazione di partecipazione verso il gruppo Parmalat. In sostanza in questo modo la Parmalat riusciva a finanziarsi senza far comparire quei soldi come debito.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
La Buconero, pur evocando l’imminente crac, era servita a nascondere agli occhi del mercato i finanziamenti ricevuti. Così come Bank of America, in occasione di un finanziamento al gruppo di Tanzi nel ‘99 crea un veicolo societario che permette alla Parmalat di portare l’investimento fuori bilancio. E cioè Bank of America crea la Food Holding che con la Parmalat SpA si serve di un ente caritatevole con sede nelle Cayman, si avete capito bene, un ente caritatevole, per raccogliere 300 milioni di dollari sul mercato degli obbligazionisti e finanziare la Parmalat Brasile che tecnicamente era già fallita. Le firme in calce al documento sono di Gregory Johnson responsabile security Bank of America e Fausto Tonna.

EX MANAGER PARMALAT
Tutte in generale si muovevano così, italiane ed estere, e c’era la gara a darci i soldi.

SIGFRIDO RANUCCI
Paradossale!

EX MANAGER PARMALAT
E’ paradossale perché una società che è quasi in bancarotta, o comunque alla frutta, ha costantemente le banche lì che la vogliono finanziare.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Che la Parmalat fosse una gallina dalle uova d’oro le banche lo sapevano bene. Negli appunti di Luca Sala, manager di Bank of America, scritti nell’agenda del ‘93, si evidenzia che la società di revisione non è indipendente, che il gruppo di Collecchio ha bisogno di finanziamenti, ma soprattutto che è una macchina per far soldi! Sapevano già tutto nel ‘93.

SIGFRIDO RANUCCI
Chi è quello che chiedeva di piu’ di comprare?

EX MANAGER PARMALAT
Beh, Geronzi è stato uno di quelli che sicuramente ha chiesto. Tanzi aveva un rapporto, secondo me, di sudditanza nei confronti di Geronzi. Lo ammirava e lo temeva. Pensava che Geronzi fosse una persona... importante lo era, ma che ad un certo punto lo avrebbe anche aiutato. Tonna invece pensava che Geronzi non ci avrebbe mai aiutato nel momento del bisogno. Purtroppo aveva ragione Tonna.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
“Il momento del bisogno” a volte può coincidere col bisogno di qualcun altro. Parmalat era inserita in un sistema che si autoalimentava e si autoproteggeva, almeno fino a quando qualcuno si mette di traverso. Nel 2002 Tanzi ha bisogno di 50 milioni di euro per le casse del turismo e li chiede all’ amico di sempre, Geronzi, ovvero Banca di Roma di cui Tanzi è consigliere di amministrazione. Chi deve erogare il prestito è la sua controllata: l’istituto Medio Credito Centrale. Amministratore delegato: Matteo Arpe che però si oppone, perché Parmatour è decotta, ma il prestito viene erogato ugualmente, sotto la regia di Cesare Geronzi ma non alla Parmatour, alla Parmalat, solo che questo prestito nello stesso giorno transita dal conto Parmalat al conto Parmatour. Contestualmente avviene un’altra operazione: cioè Tanzi mentre chiede il prestito compra una società piena di debiti. Secondo i magistrati sarebbe stata un’imposizione di Geronzi. Ovvero io i 50 milioni te li dò, ma tu mi liberi da un bidone.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Tanzi avrebbe dovuto comprare a Messina l’azienda di acqua minerali Ciappazzi, un marchio storico per la Sicilia, finito in mano all’imprenditore romano Giuseppe Ciarrapico, re delle acque minerali e delle cliniche romane. Un re senza vestiti però, le cui casse erano disastrate. E molti debiti erano proprio con la Banca di Geronzi.

EX MANAGER PARMALAT
Ciarrapico, che era il proprietario della Ciappazzi, doveva vendere questo asset che in realtà non valeva niente, erano soldi che Ciarrapico non era in grado di restituire alla banca, quindi la banca ci obbligò a comprare Ciappazzi. Noi demmo i soldi a Ciarrapico e Ciarrapico di ritorno alla banca. L’acquisto della Ciappazzi fu sicuramente fatto per fare un favore a Geronzi.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Gli operai della Ciappazzi, appena saputo dell’acquisto da parte di una grande multinazionale come la Parmalat, brindano.

OPERAIO 1
Caspita! Essere acquistati da una multinazionale, dopo anni di precarietà perché si lavorava a singhiozzo, e così via dicendo, ho detto: “Siamo a posto!”

SIGFRIDO RANUCCI
E invece?

OPERAIO 1
Posso anche dirle che il 70% dei dipendenti si sono anche lanciati a fare dei mutui, comprare la macchina, case, chi si è sposato addirittura.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Ma ben presto scoprono quanto è amaro quel calice.

OPERAIO 2
Una volta mancavano i tappi, una volta mancavano le etichette, una volta mancavano le preforme per soffiare, una volta si rompeva la macchina per una fascia elastica e ci si metteva 3,4 giorni perché loro dicono che non avevano i soldi per comprarla, cioè una cosa che costava allora 5, 6 euro non si poteva comprare.

OPERAIO 3
Ci hanno staccato la luce per un paio di mesi, per attivarla ho dovuto mandare i soldi perché non si lavorava... giusto non avevano bisogno neanche della luce.

OPERAIO 2
L’acqua ce l’avevamo, si perdeva a mare, non so quanta se ne perdeva: 14, 15, 16 mila litri al minuto.

SIGFRIDO RANUCCI
E ancora oggi perde?

OPERAIO 2
E ancora oggi perde che va tutta al mare quest’acqua, tutta!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
40 operai che sono ancora per strada, 16 mila litri al minuto sprecati che da 5 anni vanno a finire in mare in una terra assetata di acqua e di lavoro come la Sicilia. Sapete perché? La Ciappazzi non aveva la concessione per imbottigliare!

SIGFRIDO RANUCCI
Voi sapevate che non c’era la licenza per estrarre?

EX MANAGER PARMALAT
Si, si, si sapeva tutto. Sono quelle cose che si fanno sapendo di fare una cazzata storica, dal punto di vista industriale, però la fai perchè la banca ti tiene il coltello puntato e la devi fare. Non puoi dire di no a Geronzi, come fa Tanzi a dire di no a Geronzi?

SIGFRIDO RANUCCI
Dopo che voi avete detto si alla Ciappazzi è arrivato il prestito che avevate chiesto, giusto?

EX MANAGER PARMALAT
Si, si fece in modo che la Banca di Roma desse dei soldi al Turismo passando da Parmalat. Questa fu un’operazione molto scorretta perché la Banca di Roma sa perfettamente che i soldi andranno al turismo.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E dopo il danno la beffa per gli operai, perché la società che li aveva acquistati era esterna alla Parmalat era la Cosal una delle centinaia di scatole cinesi di Tanzi. E quindi non hanno potuto godere dei privilegi dell’amministrazione straordinaria.

OPERAIO 2
La cosa noi l’abbiamo saputa dopo che siamo stati licenziati che era una ditta fantasma a Reggio Calabria.

SIGFRIDO RANUCCI
Voi non siete riusciti neanche a rientrare nella Legge Marzano?

OPERAIO 2
No.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Senza scomodare Banca d’Italia, Consob, società di revisioni e banche varie, sarebbe stato sufficiente che qualcuno parlasse con questi operai già nel 2002 per capire quale fosse il reale stato delle casse di Tanzi un anno prima del crac.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Uno si domanda ma perché se a chiedere soldi è Parmatour, vengono dati a Parmalat. Perché Parmatour è una società disastrata: come si fa a dare 50 milioni di euro a qualcuno quando sai già che non te li potrà restituire? E così formalmente vengono dati alla Parmalat che invece ha una società quotata e quindi dà maggiori garanzie. Solo che Parmalat era già messa male e in mezzo ci sarebbe il favore delle acque minerali. La Procura di Parma sulla vicenda ha rinviato a giudizio Cesare Geronzi, per usura. Geronzi attraverso il suo legale dichiara:
1) di ignorare che la Banca fosse a conoscenza del cattivo stato di salute di Parmalat.
2) che Tanzi non è stato costretto ad acquistare la Ciappazzi, ma già da tempo pensava di entrare nel mercato delle acque minerali.
Adesso andiamo in pubblicità e poi vedremo come una società che aveva i conti in rosso già dagli anni 80 è riuscita poi a quotarsi in borsa.

Bene, quando Parmalat crolla tutti si meravigliano, molti fanno finta perché in realtà già dalla fine degli anni 80 i debiti con le banche ammontano a centinaia di miliardi di lire e c’è Odeon Tv che succhia un sacco di soldi quindi il rischio di andare a gambe all’aria è alle porte. Per evitare il fallimento bisognerebbe andare in borsa. Prima però ci sono i conti da sistemare. Come hanno fatto?

ANALISTA FINANZIARIO
L’unica alternativa che vi era in quel momento era potere quotarsi.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Per quotarsi in borsa occorrevano soldi e anche tanti per poter aggiustare i conti: almeno 120 miliardi di lire.

SIGFRIDO RANUCCI
Questo prestito da chi viene erogato?

ANALISTA FINANZIARIO
Viene erogato da una serie di istituti e il capofila di questi istituti era fondamentalmente il Monte Paschi di Siena.

SIGFRIDO RANUCCI
Perché il Monte Paschi di Siena?

ANALISTA FINANZIARIO
Beh, in quel momento era la banca che era più vicina a Tanzi, probabilmente anche per motivi politici.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Una parte di quel prestito arriva dall’Icle, un’ istituto di credito, che per statuto non avrebbe potuto prestare i soldi alla Parmalat visto che erano destinati ai lavoratori residenti all’estero e in modeste entità. Nel verbale del consiglio di amministrazione si legge che il presidente e alcuni dei sindaci revisori erano assolutamente contrari al finanziamento perché c’erano dei punti oscuri all’interno dei bilanci e perché secondo loro la Parmalat non sarebbe mai stata in grado di restituire i soldi prestati. Alla fine però il prestito viene concesso ugualmente.

ANALISTA FINANZIARIO
Parmalat senza quel finanziamento non poteva continuare, ergo se non fosse stato concesso, per Parmalat sarebbe stata probabilmente la fine.

SIGFRIDO RANUCCI
Quindi si può dire che tecnicamente Parmalat era già fallita nel 1989?

ANALISTA FINANZIARIO
Si.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Ma per compiere l’ultimo passo prima della quotazione in borsa Tanzi avrebbe dovuto liberarsi di Odeon Tv, che aveva debiti per 160 miliardi di lire. Una macchia nera nei bilanci della Parmalat, e per lavarla ci voleva una società estera, la Sasea, e un lavandaio della finanza, così è stato definito Florio Fiorini.

FLORIO FIORINI – EX DIRIGENTE ENI
Prendevamo le aziende decotte e tentavamo di rimetterle a posto. Lei pensi che oggi Tamoil, se non c’eravamo noi, era fallita.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Con il socio Parretti avevano tentato senza successo anche con la Metro-Goldwyn-Mayer. Ma Fiorini è stato soprattutto l’ex direttore finanziario dell’Eni. Negli anni ottanta era lui che finanziava di nascosto i partiti. I cassieri chiamavano e lui versava nei conti protetti all’estero come quello di Larini per conto di Craxi. Stavolta però a chiamarlo è Bronzetti, il direttore dei Fidi del Monte dei Paschi di Siena.

FLORIO FIORINI – EX DIRIGENTE ENI
Parlando con Bronzetti diceva: “Eh, ma voi avete comprato la MGM perché non parlate di questa tv, avreste grandi appoggi da De Mita e così via...

SIGFRIDO RANUCCI
Lei poi ce li ha avuti questi appoggi da De Mita?

FLORIO FIORINI – EX DIRIGENTE ENI
Nessuno, con De Mita non ci abbiamo mai parlato. L’unico praticamente contatto politico che avemmo insieme a Tanzi è che prima di firmare, siccome il presidente della Sipra era un uomo nominato da Andreotti, volle che Tanzi ed io andassimo da Andreotti a dire: “Presidente, noi pigliamo sta baracca di Tanzi e quello che davate a Tanzi lo date anche a noi”.

SIGFRIDO RANUCCI
Quanto aveva in dote, come contratto Sipra di pubblicità Odeon Tv all’epoca?

FLORIO FIORINI – EX DIRIGENTE ENI
80 miliardi all’anno.

SIGFRIDO RANUCCI
Che voi non riuscite mai a prendere?

FLORIO FIORINI – EX DIRIGENTE ENI
No.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Fiorini compra Odeon tv pagandola una lira piu’ i debiti e fallisce poco dopo. Ma fece un gran favore a Tanzi che apparentemente risanato si quota e rastrella soldi dal mercato e chi avrebbe dovuto controllarne i bilanci a quel punto era la Consob. Perché non l’ha fatto? La risposta di un ex dirigente dell’ufficio insaider della Consob è semplice.

FABRIZIO TEDESCHI – EX DIRIGENTE CONSOB
Direi che sono quasi sicuro che non è mai stato guardato perché è una società grossa e quindi controllare i bilanci di una società grossa richiede moltissimo dispendio di energie. Bisogna anche guardare dei bilanci esteri con normative diverse

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè Lei mi sta dicendo che i bilanci delle grandi società la Consob non li guarda con attenzione?

FABRIZIO TEDESCHI – EX DIRIGENTE CONSOB
Non li guarda con la dovuta attenzione, penso.

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè quindi i bilanci di Eni, i bilanci di Fiat, i bilanci delle grandi società italiane non vengono controllate, che sono quotate in borsa?

FABRIZIO TEDESCHI – EX DIRIGENTE CONSOB
Vengono controllati, secondo me, solo in caso di necessità, in caso di eventi traumatici.

SIGFRIDO RANUCCI
Saranno contenti gli azionisti a sapere questa notizia!

FABRIZIO TEDESCHI – EX DIRIGENTE CONSOB
Mah, io la do un pò per scontata.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Noi invece non lo diamo per scontato anche perché quando nel 2003 la Consob chiede spiegazioni a Tanzi sui bilanci, la barca comincia a fare acqua da tutte le parti. L’ultima spiaggia a quel punto è l’uomo piu’ potente del momento.

EX MANAGER PARMALAT
Tanzi non voleva andare da Berlusconi a chiedergli aiuto, mentre io e Stefano abbiamo spinto tantissimo affinché lui andasse e andò anche Stefano fra l’altro.

DAGLI INTERROGATORI – CALISTO TANZI
“Verso la fine di novembre 2003, ho detto a Berlusconi che stavamo attraversando un momento molto brutto, che stavamo in piena bufera e che avevamo bisogno del suo intervento presso le banche e presso la Consob”.

EX MANAGER PARMALAT
Berlusconi dice:“ Per la Consob provo a vedere se possiamo fare qualcosa, per le banche non posso fare niente perché e’ tutto in mano alla sinistra!”

DAGLI INTERROGATORI – CALISTO TANZI
“Devo aggiungere che in occasione di un incontro che ho avuto in Consob, ho potuto constatare che la Consob mi ha trattato con gentilezza e mi ha dato tempo per chiarire gli aspetti della vicenda Parmalat”.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Le banche invece fanno pressione per rientrare dei soldi, e impongono la nomina di Bondi alla guida del gruppo di Collecchio. Le giornate che precedono e seguono il crac della Parmalat, sono scandite da alcuni episodi misteriosi. Per esempio non si è mai saputo perché a Collecchio, come si legge in un’informativa della Digos, in un bar vicino alla sede della Parmalat finanziaria si presentano due libanesi, sospettati di riciclaggio e legati ad ambienti terroristici. Incontrano un personaggio che viaggia su un auto intestata alla Parmalat. Un personaggio che ancora oggi non è stato possibile identificare. Come è un mistero l’apparizione di Antonio Manieri un finanziere pugliese, che si presenta pochi giorni prima del crac per salvare la Parmalat e mette sul piatto miliardi di euro che conserva all’estero.

EX MANAGER PARMALAT
Manieri mise sul tavolo una cifra di 3 miliardi e 800 milioni di euro.

SIGFRIDO RANUCCI
Enorme!

EX MANAGER PARMALAT
Una cifra impressionante!

SIGFRIDO RANUCCI
E da dove venivano questi soldi, l’avete mai saputo voi?

EX MANAGER PARMALAT
No, mai, è lì il problema. Quando poi Manieri si decise a far passare i soldi e farli depositare presso il San Paolo Imi a Torino, ci fu un episodio particolare perché io dubitavo che il Manieri avesse tanti soldi, Tanzi mi diceva: “No, i soldi li ha, perché anche Geronzi mi ha detto che ce li ha. Poi ad un certo punto il Manieri doveva fare dei versamenti e l’avvocato di Manieri, un certo Torrente, riceve una telefonata, mette in viva voce il telefono e questo qui del San Paolo Imi dice: “Stanno arrivando dei bonifici da tante sedi differenti internazionali, La pregherei di stoppare l’invio dei bonifici, perché sono cifre troppo alte, abbiamo bisogno di piu’ tempo perché non riusciamo a gestirle”. Fatto sta che poi non venne dato il nulla osta al trasferimento da parte della Banca d’Italia. Evidentemente questi soldi non erano puliti.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Geronzi ci fa sapere che Manieri non sa chi sia. Sta di fatto che dopo lo stop di Banca Italia, il finanziere sparisce. E ancora oggi non è chiaro chi è Manieri e a che gioco giocassero i protagonisti di quella vicenda. Ma il mistero piu’ grande rimane il viaggio di Natale di Calisto Tanzi che pochi giorni prima di essere arrestato vola con la moglie a Madrid poi a Lisbona per pregare la madonna di Fatima e poi in Ecuador a Quito. E’ stato solo un viaggio di vacanza ha sempre detto il cavaliere. Ma a Quito viene raggiunto dal Commercialista Corno, il cui nome nei primi interrogatori è stato tenuto nascosto e dal suo uomo di fiducia: un ex nazionale di rugby e manager della Bonatti: Ettore Giugovaz.

EX MANAGER PARMALAT
So che Giugovaz in Ecuador era un personaggio sicuramente conosciuto, stimato e quotato. Si trovano e cosa facciano non lo so... sicuramente non si fanno gli auguri di Natale a Quito. So che in questo viaggio va anche Corno, che e’ un commercialista brianzolo, abbiano favorito un occultamento del denaro.

SIGFRIDO RANUCCI
Ma dove secondo te?

EX MANAGER PARMALAT
In Ecuador... con la complicità di chi non lo so perché c’è un locale ecuadoregno che ci manca eh! Ci vuole l’ecuadoregno potente che chiude il cerchio.

SIGFRIDO RANUCCI
E che cosa ha nascosto, un tesoro?

EX MANAGER PARMALAT
Dei soldi, dei soldi! Ma non miliardi di euro, massimo dai 10 ai 15 milioni... non di più.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Ma chi è Ettore Giugovaz? L’ ex giocatore di rugby è uno dei personaggi piu’ misteriosi di tutta la vicenda Parmalat. Tanzi ne aveva fatto una specie di ambasciatore presso istituzioni e lobby internazionali. Serve aprire le porte del mercato americano alla Parmalat? Ci pensa Giugovaz, che contatta Robert Gray, uomo legato ai fratelli Bush. La Parmalat viene accusata in Ecuador di diluire il latte con l’acqua? Ci pensa Giugovaz che interviene presso i deputati locali. E in Ecuador l’ex campione di rugby è una vera potenza. Ha contatti con il Ministero delle Finanze, e addirittura con il presidente della Repubblica Gutierrez.
In uno studio professionale di Milano, dall’etichetta anonima, si trova una persona che è ancora in strettissimo contatto con Ettore Giugovaz, una persona che è stata testimone della preparazione del viaggio in Ecuador la notte di Natale.

SIGFRIDO RANUCCI
Mi può dire che esattamente che cosa gli ha chiesto Tanzi in Ecuador?

ANONIMO
io credo che non gli abbia chiesto proprio niente, cioè gli hanno detto cosa faccio adesso.

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè, lo fa venire da...

ANONIMO
Ma non è che l’ha fatto venire, Tanzi era lì e diceva: “Cosa faccio?” e poi mi ha detto: “Torna indietro, cosa fai lì? Non so cosa fai lì, sei tu che mi hai detto: “Vado in Ecuador, dove vado?” E io gli ho detto: “Vai a Quito, vai a vederti i vulcani”, pensava che fosse in vacanza veramente! Poi si è infilato il Corno, il commercialista che voleva fare il colpo della vita a 75 anni e prendersi l’incarico del risanamento della Parmalat. Dice: “Senti un po’, non sarebbe il caso di andare da Tanzi a spiegare la legge Bondi, a spiegare e a convincerlo a tornare indietro”. Perché lui già si vedeva come lo studio che prendeva in mano la Parmalat e la rimetteva in ordine.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Secondo questa testimonianza la storia di Tanzi della “vacanza improvvisata” non starebbe più in piedi. A smentirla oltre questa testimonianza c’ è l’agendina di Giugovaz, pubblicata in un libro uscito in questi giorni, che collega Giugovaz, Corno, Tanzi e la Parmalat già otto giorni prima del crac e della trasferta in Sudamerica. Giugovaz sembra seguire la crisi della Parmalat (indicata con la sigla PLT) già dall’ 8 dicembre. Da allora ha frequenti contatti con Tanzi, indicato con la sigla CT, e i suoi familiari, e soprattutto con il commercialista Giacomo Corno. Spostamenti frenetici tra Parma, Milano, Bergamo, Madrid e Lugano che è l’ultimo viaggio prima di partire il 24 dicembre con Giacomo Corno per l’Equador e raggiungere Tanzi. I due lo incontrano la mattina del 25 e ancora a pranzo, con la moglie. Per poi rientrare in Italia.
Ma i contatti tra Giugovaz e Tanzi continuano, anche il 27 a pranzo, e programmano un incontro per il 28 con la moglie e la figlia Francesca. Per poi andare a Lissone dal commercialista Corno. Ma a quell’incontro Tanzi non c’è: è stato arrestato la sera prima dalla Guardia di Finanza. Per capire cosa c’è dietro quella serie di contatti che continuano anche dopo l’arresto di Tanzi. Bisogna fare un passo indietro, all’11 dicembre quando a Parma, si incontrano Giugovaz Tanzi e Corno. Una freccia collega il nome del commercialista a una sigla NEW PLT, che starebbe per Nuova Parmalat. Corno, sentito da noi al telefono, ha detto di non voler rilasciare interviste e di non ricordare il perché del viaggio in Sud America ed il motivo di tutti quegli incontri. Ma dalla ricostruzione che abbiamo appena fatto, quello in Ecuador, non sembra essere stato un viaggio di vacanza tra amici, come ha sempre detto Tanzi. Con l’azienda agonizzante e migliaia di risparmiatori disperati, con l’ azienda agonizzante e migliaia di risparmiatori disperati, stava pianificando come rimettere le mani sulla nuova Parmalat. Come dire: errare è umano...

MILENA GABANELLI IN STUDIO
E’ ovviamente un’ipotesi, forse neanche tanto peregrina, ma un’ipotesi. E siamo arrivati alla fine della storia. Come abbiamo detto la Parmalat non è mai fallita perché è entrata nel decreto salva imprese quindi si sono salvati tanti posti di lavoro, Bondi l’ha risanata e oggi va bene. Agli obbligazionisti truffati, a parziale risarcimento del danno sono state date le azioni della nuova Parmalat, poca roba, ma nel frattempo però il valore è più che raddoppiato. A Milano il processo per aggiotaggio è in corso, a Parma partirà a marzo. Bondi chiede alle banche che restituiscano alla Parmalat il dovuto. Invece i risparmiatori vogliono indietro il mal tolto. Ora siccome si tratta di una multinazionale i risparmiatori stanno un po’ dappertutto, e da altre parti si organizzano in altro modo. Negli Stati Uniti si chiama class action. Se questa class action venisse autorizzata secondo voi chi dovrà pagare il conto?

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Quest’uomo è il giudice distrettuale di New York, Lewis Kaplan. Ha autorizzato una Class Action, cioè un’azione legale collettiva, contro la nuova Parmalat. A chiederla sono stati gli investitori stranieri tagliati fuori dai risarcimenti come il fondo Hermes che aveva 50 milioni di dollari in azioni Parmalat. Al quale si sono poi aggiunti altri investitori in tutto il mondo. In Nord America sono stati bidonati anche i poveri minatori dell’Alaska che avevano investito le loro pensioni nei bond Parmalat. E l 'avvocato che è riuscito a convincere il giudice Kaplan a mettere la nuova Parmalat sul banco degli accusati nella class action è Stuart Grant.

SIGFRIDO RANUCCI
Signor Grant, l’amministratore della Parmalat Bondi ha detto che non teme la class action, non ha valore in Italia e quindi è tranquillo.

STUART GRANT - AVVOCATO
Bondi dice tante cose, ha la sua strategia. Ha presentato una tesi difensiva che la corte americana ha respinto. Se Bondi ritiene che la class action non sarà riconosciuta in Italia, lo vedremo quando gli investitori presenteranno le loro richieste di risarcimento. E’ inutile che cerchi di convincermi su cosa farà o non farà il tribunale italiano. Vedremo!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Kaplan è stato inflessibile. Grazie alla legge Marzano la Parmalat non è fallita: ha concordato. E allora da una parte c’è la vecchia Parmalat Finanziaria che è in amministrazione straordinaria, che ha Bondi come commissario di governo. Dall’altra quella nuova: la Parmalat SpA. Una public company che ha sempre Bondi come manager, per gli americani un mostro giuridico a due teste difficile da comprendere.

STUART GRANT - AVVOCATO
Credo che il giudice Kaplan sia stato semplicemente fedele al concordato, è tutto molto chiaro. Si dice che la nuova Parmalat sarà il successore e si farà carico sia degli asset, sia delle responsabilità della vecchia Parmalat. Il giudice quindi è stato fedele a quanto stabilito dalla legge italiana e ha detto: “Volete gli asset? Bene! Anche le responsabilità fanno parte del pacchetto”.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Ma se la class action verrà certificata tra pochi mesi cosa potrebbe accadere?

STUART GRANT - AVVOCATO
Poniamo il caso che la class action abbia successo e che quindi la sentenza venga portata in Italia e che il tribunale di Parma a sua volta la approvi. La nuova Parmalat allora sarebbe costretta a emettere un gran numero di nuove azioni, senza poter fare un aumento di capitale, che verrebbero date ai membri della class action. In tal modo gli attuali azionisti sarebbero significativamente colpiti. Le loro azioni varrebbero molto meno.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Impossibile quantificare a oggi a quanto ammonterebbe il risarcimento, perché alla class action potranno aderire tutti coloro che dimostreranno di essere stati danneggiati. E siccome la Nuova Parmalat è per l’87% in mano ai piccoli azionisti, potrebbe verificarsi l’incredibile paradosso che a pagare ancora una volta siano sempre loro... i vecchi obbligazionisti ai quali sono state date come parziale risarcimento, le azioni della Nuova Parmalat.

STUART GRANT - AVVOCATO
Gli obbligazionisti, i vecchi investitori che erano creditori attraverso lo strumento dei Bond e che hanno ottenuto azioni attraverso il concordato... beh, si, ora rischiano di dover pagare una seconda volta.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Anche perché alcune delle banche che fino a pochi mesi erano azioniste della nuova Parmalat si sono liberate delle loro azioni, proprio nei giorni in cui negli Stati Uniti veniva autorizzata la class action, ma forse è solo una coincidenza.

STUART GRANT - AVVOCATO
Le banche sono furbe, molto furbe!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Anche gli avvocati! E visto che i risparmiatori non possono aspettarsi buone nuove dalla giustizia americana cosa devono aspettarsi da quella italiana? L’avvocato Federico Grosso è il legale del Comitato istituito dal San Paolo che tutela come parte civile 32 mila truffati, gli stessi a cui la banca aveva venduto i bond Parmalat. E così ha pensato bene di inserire nello statuto una clausola ben precisa.

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
Il San Paolo ha detto: “Io vi metto a disposizioni gli strumenti materiali, cioè i quattrini per fare le cause, l’unica cosa che io non pago delle cause contro di noi, quindi il comitato ha soltanto un limite: non fare causa al San Paolo!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Il San Paolo che ha collocato il maggior numero di bond sul mercato dice: “Vi pago l’avvocato ma vi impegnate a non farmi causa”. Qualcuno può pensare che sia stata un’abile mossa per evitare una pioggia di richieste di risarcimento da parte dei suoi clienti. Ma a fino a oggi quanto hanno messo in tasca i risparmiatori truffati?

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
Il punto dei risarcimenti è indubbiamente la questione dolente.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E’ dolente si! Perché i danni patrimoniali verranno liquidati solo a sentenza definitiva, ch’ è’ al di là da venire. Una buona notizia era arrivata dalla sentenza di questa estate a Parma dove 3 manager colpevoli di bancarotta hanno chiesto il giudizio abbreviato e il giudice ha deciso di riconoscere ai risparmiatori un anticipo per i soli danni morali del 10% del valore nominale delle obbligazioni.

SIGFRIDO RANUCCI
Che sarebbe?

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
Che sarebbe in totale, per quanto riguarda i 32 mila rappresentati da me, circa 40 milioni di euro.

SIGFRIDO RANUCCI
Cioè c’è un problema?

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
Certo che c’è un problema.

SIGFRIDO RANUCCI
Questi non ce l’hanno i soldi per pagare.

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
In realtà anche perché purtroppo in questo primo processo, la banca alle spalle, l’impresa alle spalle... non c’è!

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Già, si spera di recuperare i soldi quando verranno condannate le banche che per ora sono a processo a Milano con i manager della Parmalat accusate di aver dato false informazioni al mercato finanziario. Ma grazie alla Cirielli già sono prescritti i reati commessi nel 1999 e 2000.
La procura aveva pragmaticamente avviato i patteggiamenti, ma le parti civili si sono opposte. Fra 3 anni i tempi saranno scaduti per tutti.

FEDERICO GROSSO - AVVOCATO
C’è il rischio della Cirielli a Milano, non c’è il rischio della Cirielli a Parma e per fortuna nei confronti della bancarotta non sono state diminuite le pene perché Berlusconi non... ..non ce l’ha fatta, l’ha diminuite per i falsi in bilanci in maniera clamorosa. Per la bancarotta non ce l’ha fatta, non è arrivato in tempo.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
A Parma Banche e Manager di Collecchio devono difendersi dall’accusa di bancarotta fraudolenta che si prescrive in 12 anni. Ma il processo comincerà solo il prossimo 14 marzo data in cui, strana coincidenza, comincerà anche quello della Cirio. E a gestire il processo del crac piu’ grande d’Europa è un tribunale troppo piccolo e quei pochi magistrati, soli in una procura di provincia che deve anche dividersi tra ordinaria amministrazione e rapimenti di bambini. Soli, contro uno stuolo di avvocati agguerriti di 56 imputati eccellenti.
E nel frattempo... Tanzi continua a vivere nella sua lussuosa villa, che non è stata sequestrata perché è intestata alla moglie Anita... .Arriviamo proprio quando sta per uscire con la sua auto rossa. Cerchiamo di fermarlo ma con uno scatto felino ci evita. Dove andrà il cavaliere così di corsa?

SIGFRIDO RANUCCI
Cercavo il signor Tanzi... sa quando torna signora?

AL CITOFONO ANITA TANZI
Non lo so proprio.

SIGFRIDO RANUCCI
E’ vero che lui sta adesso investendo sui succhi di frutta?

AL CITOFONO ANITA TANZI
Guardi, non so proprio nulla, buongiorno!

EX MANAGER PARMALAT
Secondo me, Calisto Tanzi sta lavorando alla Jaffa, indirettamente ovviamente.

SIGFRIDO RANUCCI
Attraverso chi, lo sai?

EX MANAGER PARMALAT
Eh, con i soldi, non so, della moglie, con i soldi suoi però sta secondo me facendo un qualcosa per il figlio. Io son convinto che se la Jaffa andrà in porto, Stefano andrà a lavorare alla Jaffa.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
E quindi il futuro di Stefano dovrebbe essere assicurato... e intanto lavora come consulente alla Bioslim di Mantova.

AL TELEFONO DONNA
Pronto?

LUCA CHIANCA
Buongiorno, potrei parlare con il dottor Stefano Tanzi?

AL TELEFONO DONNA
Eh... , non è in azienda...

LUCA CHIANCA
Quando lo trovo in azienda?

AL TELEFONO DONNA
E... non so dirle perché è sempre fuori per lavoro, quindi e... Lei è un cliente?

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Francesca Tanzi invece, nonostante la catastrofe di Parmatour, coltiva ancora la sua passione per il turismo e lavora in questa agenzia del marito alla periferia di Padova.

LUCA CHIANCA
Buongiorno!

DONNA AGENZIA VIAGGI
Buongiorno!

LUCA CHIANCA
Cercavo la dottoressa Francesca Tanzi.

DONNA AGENZIA VIAGGI
Aspetti che vedo perché so che era impegnata per altre cose. Non è manco attivo il computer.

LUCA CHIANCA
Lei lavora qui comunque, no?

DONNA AGENZIA VIAGGI
Non sarebbe il suo posto di lavoro questo. Di norma è... esterna.

LUCA CHIANCA
Quindi al momento è fuori per lavoro o per l’agenzia.

DONNA AGENZIA VIAGGI
Si, si.

SIGFRIDO RANUCCI FUORI CAMPO
Tonna, il duro manager della Parmalat, lavora vicino Collecchio presso la Prisma, una società che produce porte per ascensori...

EX MANAGER PARMALAT
Alla fine di sto crac, secondo me, resterà una bolla... una bolla di sapone, pufff! Non ci resterà niente! In Italia non c’è la certezza della pena. E’ una cosa vergognosa in un paese civile e lo dico contro il mio interesse... se tu pensi che io se verrò condannato a 10 anni, che è una cosa che fa paura no, dico: “Beh, adesso che cosa faccio? Niente!” non mi succede niente. 1/3 mi viene condonato per rito abbreviato, 3 anni mi vengono abbonati con l’indulto, un po’ di carcere l’ho già fatto, farò un po’ di servizi sociali che consisteranno nel lavorare quello che faccio adesso, cioè praticamente prendo 10 anni e non faccio niente.

MILENA GABANELLI IN STUDIO
Tocca sempre andare a rivangare il caso Enron, un crac molto simile a quello della Parmalat. In quel caso la legislazione americana, per tutelare i risparmiatori, ha risposto subito con una riforma che obbliga le banche e gli investitori professionali a correre i rischi maggiori quando il titolo è rischioso. Così ci penseranno due volte prima di sottoscrivere le emissioni. Un provvedimento banale, ma molto efficace che noi preferiamo non adottare, noi però facciamo delle altre cose.
A proposito di sconti... Ad aprile scorso dalla presidenza del consiglio è uscito un disegno di legge delega che prevede la riduzione delle pene per i reati di bancarotta. Cosa vuol dire? Che in un caso come quello Parmalat dove oggi le pene previste arrivano ad un massimo di 10 anni, si dimezzano. Questo significa che automaticamente i tempi di prescrizione passano dai 19 di oggi ai 7 e mezzo. Fortunatamente quella proposta è stata stoppata, ma qualcuno l’ha pensata e scritta. E se quel qualcuno dovesse ritirala fuori ed avere miglior destino, in un colpo solo si cancellano i processi Parmalat e Cirio. Tutti salvi da Tanzi a Cragnotti a Geronzi. Come dire... Tanto lavoro per nulla.

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BUCONERO S.p.A. 

 

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