mercoledì 30 novembre 2016

ECONOMIA E POLITICA / I liberal delusi da Obama di Mario Margiocco

«Un tremendo risveglio dalle speranze di un anno fa... l'amministrazione prevede alta disoccupazione per anni... stiamo assistendo a un terribile fallimento nazionale». Così il Nobel Paul Krugman, faro dei progressisti americani in economia, scorticava il bilancio 2011 della Casa Bianca appena presentato. Non era un attacco a Obama, ma la constatazione che ai sogni segue la realtà. 

I progressisti americani amano ancora Barack Obama? Da molti mesi è un rapporto difficile. Già nell'inverno scorso c'erano stati malumori, legati prima alla scelta della squadra economica, che riportava in auge gli uomini di Bill Clinton e del suo ex ministro del Tesoro, Bob Rubin, mai amati a sinistra perché espressione dei corporate democrats e amici più di Wall Street che di Main Street. Gli americani si erano rivolti a Obama perché «volevano disperatamente credere in qualcuno - scriveva a febbraio sul New Yok Times Maureen Dowd - ma il debutto li ha lasciati scettici». 

A marzo 2009, scrivendo sul Washington Post, uno dei più noti esperti di storia finanziaria e firma del giornalismo progressista americano, William Greider, alzava il tiro. «L'approccio di Obama finora è stato quello di rinvigorire i nomi famosi di Wall Street, e i suoi consiglieri economici gli dicono che questo è l'imperativo "responsabile", e non importa se può offendere il popolo bue. Obama evidentemente concorda. E non sembra accorgersi che i tecnocrati ciechi lo stanno conducendo in una strada senza sbocco».

C'erano a maggio alcuni passaggi legislativi che facevano rizzare le orecchie a sinistra, quello sulle carte di credito e quello sugli aiuti all'immobiliare. Disattendevano entrambi promesse esplicite di Obama. Un limite ai tassi usurari da parte delle banche, che non arrivava in una legge, per il resto buona, sulle carte di credito. E la facoltà per i giudici fallimentari di rivedere entità, durata e rate del mutuo, alla luce dei valori immobiliari crollati.
Sull'economia l'americano medio si è fatto alcune idee. La crisi è colpa soprattutto dei grandi banchieri di Wall Street e di un Congresso che li ha aiutati. Il costo è stato addossato al contribuente, è la convinzione, che lega le colpe di Wall Street alla disoccupazione abnorme e tenace. Obama si è dimostrato troppo amico di Wall Street, e troppo poco dell'americano medio, è la conclusione. C'è una quota di populismo, ma si tratta comunque di una risposta a gravi errori commessi dalle élite.

Il terreno era quindi pronto quando a giugno 2009 la Casa Bianca e il Tesoro presentavano le proposte di riforma finanziaria. «La falsa riforma finanziaria di Obama» titolava The Nation, la "bandiera della sinistra" come si autodefinisce il più vecchio settimanale americano. Sotto quel titolo, l'incipit di Greider era inequivocabile: «La cosa più fastidiosa nell'appello di Barack Obama per una riforma finanziaria è il modo con cui il presidente ha falsificato la nostra situazione. Ha cercato di far apparire come se tutti fossero implicati nel disastro finanziario e quindi alla fine nessuno fosse colpevole». Joe Nocera, firma finanziaria di punta del progressista New York Times, un giornale che da 50 anni la destra americana invita a boicottare, riteneva che nelle proposte del governo c'era «solo un lontano profumo di Roosevelt». Come dire che a fronte di quelle del '33-35 erano acqua fresca.

Il distacco fra la sinistra democratica e il presidente, non irreversibile ma serio, maturava nel corso dell'estate e probabilmente lo scritto che meglio coglie il passaggio è di Frank Rich, commentatore del New York Times, e anche qui il titolo è inequivocabile: «Ma Obama ci starà per caso prendendo in giro?». Scriveva Rich: «La paura più grossa è che Obama possa essere solo un altro amico del big business, che prende in giro gli elettori più o meno come fanno i repubblicani quando dicono di essere grandi amici del common guy». Arianna Huffington dell'Huffington Post, il giornale online che si è speso molto per Obama nel 2008, non era da meno. «Incredibilmente ingenuo», era il suo giudizio dopo l'incontro di Obama con il mondo della finanza, alla Federal Hall di New York nel settembre 2009. L'elenco potrebbe essere lungo, non dimenticando gli articoli bisettimanali sul Times e il blog di Krugman, e i numerosi interventi e il libro appena uscito, Freefall, cioè il capitombolo, dell'ancor più progressista Nobel Joseph Stiglitz.

Si è arrivati così al risultato del Massachusetts, quando a metà gennaio 2010 lo stato più liberal ha consegnato a un repubblicano il seggio che fu dei Kennedy. Messaggio chiarissimo. Sarà stata una sorpresa, ma non del tutto, per chi aveva seguito questi umori. E poi alla ricomparsa di Paul Volcker a fianco del presidente, dopo oltre un anno di oblio. Quello che Volcker chiede piace ai progressisti, perché impedirebbe ad alcune grandi banche, le protagoniste della crisi, di ripetere gli errori. Ma, si chiede il sito di Simon Johnson, ex capo economista del Fondo monetario e non particolarmente progressista ma molto letto a sinistra, «quello di voler adottare la Volcker rule è forse qualcosa di più di uno slogan di marketing?». Il popolo progressista spera, e aspetta, ma ha da tempo ritirato la cambiale in bianco.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/03-febbraio-2010/liberal-delusi-obama.shtml

Obama, finto progressista e amico di Wall Street Dopo 8 anni il rapporto malsano tra politica e finanza è rimasto. Ecco perché ora Sanders e Trump vanno forte. MARIO MARGIOCCO

L’America di oggi è stata definita a inizio marzo 2016 dall’ex sindaco di New York Michael Bloomberg un Paese «arrabbiato e frustrato» a causa della «stagnazione dei salari all’interno» e del «declino del peso internazionale».
Con Washington che «non sa offrire risposte adeguate».
Ma non si può scaricare sulla presidenza di Barack Obama, in politica interna, responsabilità che non sono solo sue.
Già ereditava un’economia in declino, con una classe media in arretramento e da 20 anni.
È facile minimizzarne i risultati, sui tre o quattro grandi temi qualificanti: la crisi del 2008, il rilancio dell’economia e le nuove regole finanziarie; la riforma sanitaria; l’ambiente; la fine della guerra in Iraq e un Medio Oriente diverso.
Le truppe sono state ritirate nel 2011-2012, ma alla chetichella da ultimo 4 mila uomini sono tornati, e non c’è un Medio Oriente diverso, se non in peggio, colpa assai più di George W. Bush che di Obama (sulla politica estera vedere ''Il giudizio della Storia non sarà clemente'').
PROMESSE ESAGERATE. In politica interna in particolare le aspettative erano così alte, le promesse hope and changeyes we can e the audacity of hope così altisonanti che era inevitabile, dopo la poesia, la prosa.
Ma si è andati oltre. È emerso che il primo a non credere troppo in quelle promesse, utili per vincere ma non per governare, era Obama stesso.
Questo gli ha creato subito una frattura a sinistra. La tesi, diffusa anche in Italia, è che Obama non abbia potuto fare perché i repubblicani con in mano il Congresso dal 2010 glielo hanno impedito.
Vero solo in parte. A volte non ha fatto di sua iniziativa.
A BRACCETTO CON WALL STREET. Obama si presentava non solo come la risposta a quel clima di connivenze tra Wall Street e Washington che aveva reso così grave la crisi, ma come la fine dello strapotere a Washington di big business e grande finanza.
Uomo nuovo per definizione, prometteva uomini nuovi e politiche nuove, e lo faceva con grande enfasi.
Si può rileggere o riascoltare, utile e chiarificatore esercizio, il discorso tenuto a Green Bay, Wisconsin, il 22 settembre 2008.
«Votatemi. E se lo fate, ve lo prometto, cambieremo insieme l’America». 
A quella data Obama, questo il suo vizio d’origine, aveva già incominciato a imbarcare nella sua squadra, mettendo ai margini i vari Paul Volcker e altri che erano stati fino ad allora la sua immagine, gli uomini dei Clinton, quintessenza della Washington da cambiare.
Affiderà presto loro, molto vicini a Wall Street, le leve dell’economia. 
RIFORME SCRITTE DAI BANCHIERI. Sulla finanza ancora il 7 marzo 2016, incontrando alla Casa bianca tutti i controllori federali dei vari enti preposti, ha rivendicato il lavoro svolto perché «non è vero che non abbiamo fatto molto come invece si dice sui media e nella polemica politica. Siamo stati severi con le nuove regole finanziarie».
Ma non la pensa così Mervyn King, ex governatore della Banca d’Inghilterra, secondo cui anche negli Stati Uniti «banchieri e regolatori sono stati collusi nell’orchestrare una spirale di regole complesse che si autosmentiscono».
È noto che la riforma finanziaria firmata da Obama, la Dodd-Frank, l’hanno scritta soprattutto i banchieri.

La riforma sanitaria è stata un passo avanti, ma non per tutti




Controversa è stata anche la riforma sanitaria, certamente un passo avanti (per 15-20 milioni di americani, non per tutti) che non è affatto - come si crede a volte in Italia - un sistema universale pubblico di tipo canadese e quindi europeo.
Si tratta piuttosto, come spiega bene un sito dedicato dell’agenzia Bloomberg, di un tentativo di allargare la base dei tutelati salvando il sistema di medicina privata, cioè addossando ad altri - assicurati e in parte minore le casse pubbliche - i costi relativi.
Insomma, con la Obamacare c’è chi pagando e a volte con aiuti pubblici ha una copertura che prima non aveva, e c’è chi ha meno copertura o paga di più per avere la stessa.
AMBIGUO SULL'AMBIENTE. Quanto all’ambiente, anche qui Obama è stato bifronte: ha introdotto una robusta normativa ambientalista, ma ha favorito ampiamente il fracking(tecnica estrattiva di petrolio e gas naturale che sfrutta la pressione dei liquidi per provocare delle fratture nel terreno), esaltato l’autosufficienza energetica americana, oltre a lasciare disastri finanziari, dopo il crollo del prezzo del greggio, e guai ecologici, data l’invasività del sistema.
FINANZIAMENTI SOLO DAI PRIVATI. Se al centro della proposta riformista di Obama c’era nel 2008, ed è così, il rapporto malsano fra potere economico e politica, lo stesso punto da cui sono ripartiti Bernie Sanders e in parte il singolare Donald Trump, anche qui l’equivoco è all’origine.
Obama infatti fu nel 2008 il primo candidato di un grande partito a rinunciare, dopo oltre 20 anni, al finanziamento elettorale pubblico per potere avere mano libera con quello privato.
E, cosa nota ma confermata da Hillary Clinton meno di un mese fa, «Obama ha preso nel 2008 da Wall Street più soldi di quanto chiunque altro abbia mai preso». 
TROPPE VOLTE MARCIA INDIETRO. Il 21 marzo 2009 l’Associated press scriveva: «Al potere da due mesi, ha fatto marcia indietro in una serie di casi, disinvoltamente cambiando posizione come suggerito dalle circostanze e coprendosi politicamente per evitare di sminuire credibilità e autorità».

Un sondaggio della Brookings lo pone al 18esimo posto tra i presidenti




Fra i numerosi casi, oltre alla finanza, c’erano - per citarne due - il cosiddetto cramdown, promessa elettorale, cioè il potere dato ai giudici di rivedere il peso dei mutui caso per caso, totalmente dimenticato.
«Ma che prezzo, che cosa ha pagato Wall Street per le sue miserabili decisioni?», chiedeva al Senato nel silenzio della Casa bianca uno dei sostenitori del cramdown, ampiamente sconfitto al voto (due terzi del Congresso sono vicini a Wall Street, e di questo il giudizio su Obama deve tenere conto). Aveva pagato la campagna di Obama, ecco cosa.
PROPOSITI LETTERA MORTA. Un altro caso è quello dell’Efca (Employee Free Choice Act), la legge di cui anche Obama era nel 2007 fra i firmatari per bloccare il crollo della sindacalizzazione nelle imprese americane, pilotato dalle imprese stesse.
Nonostante le promesse, Obama non ha fatto nulla da presidente per difendere il progetto, rimasto lettera morta, pur parlando ogni tanto di diritti sindacali, difesi nel settore pubblico, che però non è il nocciolo del problema.
Il 44esimo presidente americano non è stato quel leader transformational che aveva promesso di essere.
Ha prodotto molto dal punto di vista legislativo e normativo e forse il tempo gli sarà più amico, nel giudizio degli storici.
Per ora un sondaggio della Brookings fra politologi lo pone al 18esimo posto, ma in modo controverso e molto dibattuto.
DISILLUSIONE PALPABILE. La disillusione fra i progressisti è palpabile, e i fenomeni populistici di Sanders, e Trump sul fronte opposto, parlano chiaro. Se Washington fosse cambiata, non sarebbero così forti.
Nell’agosto 2011 James Galbraith, economista autorevole, figlio di John Kenneth Galbraith e come suo padre uomo decisamente di sinistra in America, scriveva: «Il presidente non è un progressista, non è quello che ancora gli americani chiamano un liberal. È un attivo protagonista in un’epica scena di finta politica, una persona di fiducia del potere economico, il cui compito è neutralizzare la sinistra con timori e distrazioni e poi convergere a destra e produrre risultati conservatori».
Allora Obama sembrava pronto a forti tagli al welfare state che sono stati assai più contenuti. Oggi il giudizio sarebbe meno severo, ma non del tutto diverso.
http://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2016/03/24/obama-finto-progressista-e-amico-di-wall-street/164997/

IL NOSTRADAMUS DE NOANTRI - NEL 1998 GIUSEPPE CAPUANO AVEVA GIA’ PREVISTO TUTTO: DALLA CRISI DELLO SPREAD AL CRAC DELLA GRECIA, DAI VANTAGGI "ESCLUSIVI" PER LA GERMANIA AL FLOP DEL CONTROLLO DELL'INFLAZIONE - AVEVA ANCHE MESSO IN GUARDIA PRODI E CIAMPI, MA NESSUNO DETTE RETTA AL FUNZIONARIO DEL MINISTERO...

Francesco De Dominicis per Libero Quotidiano

nostradamus
Dalla crisi dello spread al crac della Grecia, dai vantaggi "esclusivi" per la Germania al flop del controllo dell'inflazione: tutti i danni e gli effetti collaterali cagionati dall'euro messi nero su bianco. Non in una (facile) analisi postuma. Ma in una previsione ragionata e dettagliata, ma rimasta inascoltata. Dunque, non è un pianto sul latte versato, di cui oggi abbondano gli scaffali (anche virtuali) delle librerie del Paese. Siamo nel 1998 e la moneta unica è alle porte: a gennaio dell'anno successivo comincerà a sostituire i coni nazionali nelle transazioni e nei contratti, per poi entrare materialmente nelle tasche dei cittadini a gennaio 2002.

Quindici anni fa, Giuseppe Capuano – oggi alto dirigente del ministero per lo Sviluppo economico – è un economista già noto fra gli addetti ai lavori. Tuttavia, il suo libro Moneta unica, sviluppo economico e economie locali: una analisi critica della politica economica dell'euro resta nei cassetti delle stanze del potere. Letto, sì. Ma non adeguatamente considerato. Senza dubbio viene snobbato (consapevolmente?) da chi – dentro e fuori i confini nazionali – sta guidando la macchina della transizione all'area euro e del successivo change over.
giuseppe capuano

La lettura delle considerazioni di Capuano non avrebbe consentito addirittura di evitare tutti i guasti della moneta unica di cui oggi ci si lamenta; certamente avrebbe messo in guardia, limitando il discorso all'Italia, chi era allora sul ponte di comando: ovvero il premier Romano Prodi, il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. Ma non solo.

Certo, è difficile – oggi – dire quale sarebbe stato lo stato di salute dell'economia europea, se l'architettura dell'area euro avesse avuto qualche correzione in corsa. La lunga crisi di questi anni, del resto, è figlia anche di fattori esogeni, su tutti il crac della finanza Usa, prima coi mutui subprime del 2007 e poi con il default di Lehman Broters, il 15 settembre 2008. A deprimere la crescita, peraltro, contribuiscono anche le difficoltà delle economie asiatiche e problemi di natura globale.

giuseppe capuano
L'euro, ovviamente, ha fatto la sua parte. E Capuano l'aveva scritto. Partiamo dallo spread. La crisi del debito pubblico in Italia ha portato il differenziale di rendimento a 570 punti base nel novembre 2011, era già stata prevista 13 anni prima. "L'andamento dei tassi di interesse dell'Unione europea – si legge nel libro – sarà influenzato anche da fattori esogeni al sistema (ciclo economico internazionale, pressioni speculative, rapporti di forza tra le varie valute mondiali, politica monetaria della Fed), che potenzialmente potrebbero creare delle tensioni monetarie e quindi condizionare al rialzo i tassi di interesse interni".

PRODI CIAMPI
In poche righe è sintetizzato quello che è accaduto a partire dall'estate di cinque anni fa, quando le pressioni internazionali sul governo italiano sono cresciute a dismisura, costringendo il presidente del consiglio in carica, Silvio Berlusconi, a rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Una procedura tanto anomala (il Parlamento non aveva sfiduciato il governo) quanto rapida: in pochi giorni, l'ex Cavaliere fu sostituito dal professor Mario Monti – fresco di nomina a senatore a vita – che si mise alla testa di un cosiddetto esecutivo tecnico, conseguenza proprio di quelle "pressioni speculative" previste e denunciate da Capuano nel 1998.

BERLUSCONI SPREAD
Capitolo Germania. Nelle 90 pagine del testo del dirigente ministeriale, viene ampiamente previsto lo strapotere tedesco, quella egemonia economica oggi presa di mira nei partiti e nei movimenti anti euro. Scrive Capuano: "Le politiche di convergenza realizzate dai governi nel periodo 92-98 hanno finito da un lato per rafforzare le aree forti (leggasi Germania, ndr) dall'altro per allontanare le aree deboli con effetti negativi sul processo di coesione". Fari puntati, poi, sull'austerity e su quell'ossessione per il rigore nei conti pubblici che: L'Ue "ha costretto a marce forzate i governi a rientrare nei parametri previsti con la conseguenza di rallentare la crescita e i processi di coesione economica".

EFFETTO DOMINO SULLO SPREAD jpeg
Vantaggi immediati, come la stabilizzazione delle finanze pubbliche e una crescita apprezzabile, e guai nel futuro, a cominciare dall'inflazione:"Nel breve periodo - si legge ancora - ci sarà una convergenza delle economie europee, ma nel lungo periodo a causa degli squilibri reali il controllo degli aggregati monetari, di bilancio e del tasso di inflazione sarà più difficile".

MERKEL BUNDESTAG
C'è un passaggio, poi, tra le tante osservazioni dell'autore, che lascia a dir poco l'amaro in bocca. Ovvero quando Capuano scrive che la creazione dell'area monetaria unica avrebbe portato a un "percorso squilibrato con un aumento della disoccupazione e una accelerazione dei divari regionali". Ossia: il conto, alle fine, lo pagheranno i più deboli: Spagna, Grecia, Italia. È andata così: hanno "vinto" la Germania e pochi altri. E, purtroppo, si sapeva.


http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/nostradamus-de-noantri-1998-giuseppe-capuano-aveva-gia-previsto-136800.htm

giovedì 17 novembre 2016

L'UOMO DEI MISTERI CHE ACCUSA LA FIAT DA MORTO - DURISSIMO IL NECROLOGIO DI LUCHINO REVELLI BEAUMONT: ''PER 20 A RISCHIO DELLA PROPRIA VITA AL SERVIZIO DELLA FIAT, POI IMMEMORE E INSENSIBILE AL GRAVISSIMO DANNO ESISTENZIALE DA LUI SOFFERTO'' - LA STORIA INCREDIBILE DEL 'MINISTRO DEGLI ESTERI' DI AGNELLI CHE PORTÒ L'AZIENDA IN RUSSIA E CINA, FECE INVESTIRE GHEDDAFI E ORGANIZZÒ IL RITORNO DI PERON IN ARGENTINA. RAPITO A PARIGI DAI TERRORISTI, FU 'PENSIONATO' IN FRETTA E FURIA..

Giorgio Arnaboldi per “la Verità
il necrologio di luchino revelli beaumont

«Una notizia può nascondersi ovunque, anche dietro un annuncio funebre». L’insegnamento dei vecchi giornalisti con le mani sporche d’inchiostro ha un riscontro modernissimo: fra i necrologi del Corriere della Sera di sabato scorso ce n'è uno che non può passare inosservato. «Con la speranza cristiana di riunirsi alla sua Maria Elda si è conclusa a 97 anni la lunga, intensa, travagliata esistenza dell’Avvocato Luchino Revelli Beaumont, volontario di guerra, sottotenente di artiglieria. Per vent' anni anche a rischio della propria vita al servizio della Fiat, poi immemore e insensibile al gravissimo danno esistenziale da lui sofferto».

Immemore e insensibile, come dire che l' azienda simbolo del nostro Paese gli ha voltato le spalle almeno pubblicamente e non ha più voluto sentir parlare di lui. Di lui che era una leggenda. Di lui che era il Marchionne degli anni Settanta. Di lui che era il ministro degli Esteri di Gianni Agnelli e aprì la strada allo sbarco in Unione Sovietica, in Argentina, in Brasile superando ostacoli politici e ambientali grandi come l' Everest e favorendo il periodo di massima espansione del marchio italiano nel mondo.
luchino revelli beaumont

Di lui che partecipò al ritorno di Peron in Argentina dall' esilio a Madrid. Di lui che fu rapito a Parigi da un commando di guerriglieri mentre rivestiva la carica di direttore generale di Fiat Francia e per 89 giorni fu in bilico fra la vita e la morte, prima di essere rilasciato in cambio di un riscatto di due milioni di dollari. Come si usa dire oggi: tanta roba. La vita di Luchino Revelli Beaumont non si può nascondere o sottostimare. È come un airbag, al primo urto si libera e riempie tutto lo spazio possibile.

Nasce a Genova nel 1919 da un' antica famiglia piemontese che ha dato il cognome a filosofi, letterati, politici, giureconsulti. Il padre è un geografo, socio dell' Accademia dei Lincei e amico di Papa Pio XI. Nel dopoguerra Luchino è un giovane avvocato che entra nell' orbita Fiat e fa carriera in fretta accanto a Gianni e Umberto Agnelli. Nel 1968 viene nominato responsabile dell' ufficio di Parigi e gli viene affidato un compito che potrebbe trasformarsi nella prima, grande fusione fra produttori d' auto: un accordo operativo tra Fiat e Citroen.

luchino revelli beaumont
La casa francese è in difficoltà ma conta sul miglior settore «tecnologia e ricerca» d' Europa, quella italiana è in espansione e vorrebbe accelerare sull' innovazione. Matrimonio perfetto, la famiglia Agnelli spinge per farlo, Francois Michelin (proprietario di Citroen) e André Bettencourt (ministro francese dell' Industria) sono d' accordo. Il veto arriva direttamente da Charles de Gaulle con la frase: «Impossibile, la Citroen è la Francia».

All' inizio degli anni Settanta Luchino diventa ministro degli Esteri degli Agnelli, coordina le operazioni diplomatiche che portano all' apertura della fabbrica Fiat a Togliattigrad (un calco di Mirafiori), poi lo sbarco in Argentina a Cordoba e quello in Brasile. Sono anni in cui le multinazionali americane fanno fatica a conquistare l' Est europeo e l' America Latina per via delle forti tensioni politiche e la diplomazia della Fiat ha buon gioco.

gianni agnelli
Revelli Beaumont è in prima fila anche nello sbarco in Cina con il marchio Iveco, più avanti parteciperà ai negoziati per l' ingresso di Gheddafi con capitale libico nella Fiat. La sua abilità lo porta a diventare consigliere del presidente egiziano Nasser nell' operazione di nazionalizzazione del Canale di Suez. È un Marchionne degli anni Settanta, forse anche di più. E la similitudine diventa del tutto calzante quando Revelli Beaumont riesce a vendere la Simca (che faceva parte del gruppo Fiat) alla Chrysler.

Il suo posto nella piramide del potere a Torino è molto in alto, ma la stagione dei guai sta per cominciare. Tutto parte dall' Argentina, dove le tensioni sociali sono fortissime. Nel 1971 un commando dell' Esercito rivoluzionario del popolo (una cellula trotzkista) sequestra e uccide Oberdan Sallustro, presidente di Fiat Argentina e uomo molto duro con gli operai.

gianni agnelli fiat
Luchino Revelli Beaumont viene mandato a Cordoba a trattare con i terroristi e a gestire l' esplosiva situazione. Racconta la figlia Laura in una lunga intervista al quotidiano spagnolo El Pais: «Mio padre stava a Cordoba, dove tentarono di rapirlo, ma nessuno allora lo rivelò. L' abbiamo saputo anni dopo, lui era molto utile alla Fiat. E questo fatto che tutti in azienda sapevano tranne noi, dimostra che la responsabilità della Fiat fu grande. Allora l' azienda era uno Stato nello Stato».

A Cordoba il contesto è esplosivo, in fabbrica non vi sono certezze di portare avanti la produzione, in tutta l' Argentina regna il caos. Allora Revelli Beaumont si fa venire un' idea pazzesca e affascinante per stabilizzare la situazione: favorire il ritorno di Juan Domingo Peron. Il Caudillo è in esilio a Madrid e Luchino, dopo aver cucito rapporti nel sottobosco del peronismo, gli parla alla Puerta De Hierro, la casa che in futuro sarà acquistata dal calciatore Jorge Valdano.

giovanni agnelli
Spiega la figlia Laura: «Il rientro di Peron avrebbe significato il ritorno a una calma sociale vera e la Fiat era molto interessata a questo. Più pace, un Paese più equilibrato, meno scioperi. Per questo la Fiat finanziò l' operazione. Anch' io conobbi Peron. Bisognava consegnargli una lettera a mano e io, che dovevo andare a Madrid, mi trovai nelle condizioni di farlo. Restai delusa, mi parlò della sua ammirazione per Mussolini. Però era galante, colse una rosa nel suo giardino e me la donò».

La missione riesce, Luchino Revelli Beaumont è sull' aereo che riporta il Caudillo a Buenos Aires il 20 giugno 1973. Il ministro degli Esteri della real casa sabauda sembra all' apice del successo, ma l' operazione «Ritorno» lo costringe a conoscere e a frequentare un mondo che segnerà il suo destino. Luchino vive a Parigi in rue de la Pompe, con il suo stile e la sua imponenza sembra non conoscere ostacoli.

i familiari luchino revelli beaumont
Ma la sera del 13 aprile 1977 viene sequestrato da un sedicente commando rivoluzionario del popolo argentino, in pratica peronisti di sinistra. Unico sequestro politico in Francia, unica azione rivendicata dai guerriglieri fuori dall' Argentina. Una prigionia di 89 giorni, un feuilleton mediatico che lascia i francesi incollati al televisore. I rapitori chiedono un riscatto di 30 milioni di dollari; per comprendere l' enormità basti ricordare che un lustro più tardi gli Stati Uniti metteranno una taglia di 25 milioni su Saddam Hussein.

Luchino viene rilasciato dopo tre mesi di prigionia in un luogo che la polizia francese sembra conoscere ma non prende d' assalto. Riscatto: solo due milioni. La cosa lascia presumere che dietro la patina politica ci sia una semplice estorsione. La figlia Laura, che nove anni fa decise di far riaprire il caso per illuminarne i punti oscuri, spiega così a El Pais l' intrigo internazionale: «Mio padre fu vittima di un insolito intreccio di interessi politici ed economici, ai quali si aggiunsero le relazioni che aveva con Peron».

luchino revelli beaumont
Il mandante sarebbe Hector Villalon, faccendiere argentino molto potente a quell' epoca, poi diventato un intoccabile in Brasile come grande elettore di Lula. Sarà lui a comprare a Buenos Aires la pizzeria Il Filo da una vecchia conoscenza del terrorismo italiano: Giovanni Ventura. Villalon si dichiara estraneo a una storia che la polizia francese ha sempre trattato con enorme discrezione. Lo stesso presidente Giscard d' Estaing liquida la faccenda con la frase: «È una storia fra italiani e argentini».

Luchino Revelli Beaumont esce distrutto da questa esperienza. Durante la prigionia subisce un processo politico ed è costretto a scrivere un libro nero della Fiat in Argentina; il manoscritto sarebbe nelle mani di Villalon. Almeno così sostiene Juan Gasparini, biografo di uno dei rapitori condannati in Francia otto anni dopo il sequestro. Quando viene rilasciato, Luchino è preda della sindrome di Stoccolma, inneggia a Bakunin, la sua vita è distrutta. Una commissione di psichiatri lo dichiara invalido mentale al 100% e la Fiat lo pensiona in fretta a 58 anni.
luchino revelli beaumont 2

Le Monde scrive che «la Fiat si rifiuta di pagare le spese sanitarie». Accantonato e dimenticato molto in fretta, non rivedrà più la famiglia Agnelli e trascorrerà il resto dell' esistenza a ricapitolare quegli anni e quegli eventi, protetto amorevolmente dalla famiglia. Il buen retiro dell' uomo che fu eminenza grigia dell' Avvocato diventa Courmayeur, ne sarà cittadino onorario.

Quando riceve l' onorificenza dice: «Ho 93 anni ma vengo qui da 94 perché la mamma mi portò per la prima volta quando ero nella sua pancia. Per me la montagna è una sola, il Bianco». Pur in quel paradiso, fino all' ultimo giorno i suoi fantasmi lo vengono a trovare. E lui non sa se temere quelli con il volto dei nemici o degli amici.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/uomo-misteri-che-accusa-fiat-morto-durissimo-necrologio-136046.htmrapimento luchino revelli beaumont


La famiglia, Wall Street, l’establishment e gli estremisti: le quattro tribù attorno a Donald Trump La galassia dei gruppi di potere che si contendono l’influenza sul neoeletto presidente americano, e che puntano ai posti chiave nella sua amministrazione: il più agguerrito sembra essere il clan familiare di Giuseppe Sarcina, corrispondente da New York

Quelli di Wall Street puntano alla poltrona del Tesoro


La partita sull’economia sembra al riparo dalle grandi turbolenze della Trump Tower. Sui nomi per il Ministero del Tesoro ci sono state finora poche discussioni. La prima scelta del presidente eletto sarebbe Carl Icahn , uno dei raider più famosi e controversi del mondo. Ma Icahn ha 80 anni e ha già fatto capire che toccherà a qualcun altro. Molto probabilmente a Steven Mnuchin, 53 anni, gestore di un hedge fund, 17 anni alla Goldman Sachs. Nel 2007, con il fondo OneWest Bank, Mnuchin ha condotto speculazioni sugli immobili e i cosiddetti mutui subprime, guadagnando ingenti profitti, mentre esplodeva la grande bolla immobiliare che innescò la grande crisi. Ieri Mnuchin è comparso alla Trump Tower e ha delineato, per titoli, l’agenda economica: «Imposte, regolamenti, commercio e infrastrutture». La parte di Wall Street schierata con Trump è dunque soprattutto occupata ad assicurarsi la poltrona del Tesoro, tenendola al riparo dagli estremisti. Nella dinamica della Torre dorata Mnuchin può contare sull’appoggio del genero del presidente, Jared Kushner: entrambi fanno parte della comunità ebraica di New York.

http://www.corriere.it/esteri/cards/quattro-tribu-attorno-donald/quelli-wall-street-puntano-poltrona-tesoro.shtml

mercoledì 9 novembre 2016

SE TRUMP nomina come ministro del tesoro un ex dirigente della goldman sachs non cambierà nulla , come dice qualcuno cambiano i burattini ma non il burattinaio


Trump occhi Goldman allume Mnuchin per segretario del Tesoro

Donald Trump sta segnalando che vuole nominare il suo presidente di finanza di campagna, Steven Mnuchin, come segretario al Tesoro, secondo una persona vicina alla campagna.
La preferenza di Trump per l'alunno Goldman Sachs è l'ultima prova che il candidato presidenziale del GOP sarebbe incline ad assumere funzionari con esperienza nel mondo degli affari avrebbe dovuto vincere le elezioni della prossima settimana, nonostante il tono anti-establishment che ha dominato la campagna.
"E 'difficile vedere come un partner di Goldman Sachs di seconda generazione avrebbe assicurato una posizione di primo piano in un'amministrazione consegnato da un vento populista", ha detto Compass Point analista Isaac Boltansky.
Fox Business primo ha riportato i commenti di Trump Giovedi. Anthony Scaramucci, un gestore di hedge fund e Trump raccolta fondi con stretti legami con la campagna, ha confermato il rapporto. Alla domanda se crede Trump sta indicando al personale che vorrebbe Mnuchin per servire come segretario al Tesoro, Scaramucci ha detto "sì".
squadra di transizione di Trump ha cercato per i dirigenti del settore privato che potrebbe essere chiamato al gabinetto reale sviluppatore immobiliare.
Eppure nomina Mnuchin per eseguire Tesoro potrebbe affrontare resistenza da progressisti e sostenitori di riforma finanziaria, che stanno spingendo il prossimo presidente di nominare consiglieri economici disposti a reprimere a Wall Street.


Mnuchin ha lavorato per 17 anni in Goldman Sachs. In seguito ha guidato OneWest Bank, ceduta a CIT Group nel 2015. Egli serve ora a bordo di CIT ed è il presidente e amministratore delegato della società di investimento privato Dune Capital Management.
In un'intervista del luglio con CNBC, Mnuchin ha detto che la Legge del 2010 Dodd-Frank, che ha rafforzato la regolamentazione del settore finanziario, "ha bisogno di essere guardato." Ha detto che ci sono aspetti positivi e negativi della legge, secondo un profilo che Bloomberg ha pubblicato nel mese di agosto. Trump ha detto che vuole smantellare Dodd-Frank.
"Parola che Trump sarebbe andato con Steven Mnuchin come segretario al Tesoro suggerisce che nella scelta tra la sua persona politica populista e la sua storia di vita come un ragazzo ricco girato uomo d'affari, un Presidente Trump sarebbe poco diversa rispetto, ad esempio, un presidente Romney", ha detto Jeff Hauser, direttore del Progetto Revolving Door.
"E 'difficile vedere Mnuchin giro di vite a Wall Street", ha detto Hauser, il cui gruppo no-profit scruta appuntamenti esecutivo filiali. "In effetti, si immagina agenda bancario Mnuchin sarebbe quello di riabilitare la reputazione di Trump con Wall Street."
Un portavoce della campagna di Trump non ha risposto a una richiesta di commento.
Ben White contribuito a questo rapporto.

http://www.politico.com/story/2016/11/steven-mnuchin-treasury-donald-trump-230716

martedì 1 novembre 2016

The Powell Memo (pubblicato su www.reclaimdemocracy.org) Memorandum Powell, pubblicato il 23 Agosto 1971 Questa pagina e la nostra introduzione sono state pubblicate il 3 Aprile 2004

Introduzione
Nel 1971, Lewis F. Powell, allora un avvocato aziendale e membro del comitato di 11 corporazioni, scrisse al suo amico Eugene Sydnor, Jr, Direttore della Camera di Commercio degli Stati Uniti. Il memorandum era datato 23 Agosto 1971, due mesi prima della nomina di Powell alla Corte Suprema degli Stati Uniti, nominato da Richard Nixon.
Il Memorandum Powell non divenne disponibile al pubblico per molto tempo dopo la sua conferma alla Corte. E’ trapelato a Jack Anderson, un editorialista sindacale e liberale, che si interessò al documento quando lo citò come ragione per dubitare dell’obiettività legale di Powell. Anderson ammonì che Powell “avrebbe potuto usare la sua posizione alla Corte Suprema per mettere le sue idee in pratica... in nome degli interessi del business”.
Per quanto il memorandum non fu la sola influenza, la Camera e gli attivisti delle aziende presero a cuore il suo consiglio e iniziarono a costruire una schiera di istituzioni designate a spostare la pubblica opinione e le credenze nel corso degli anni e delle decadi. Questo memorandum ha influenzato o ispirato la creazione dell’Heritage Foundation, del Manhattan Institute, del Cato Institute, del Citizens for a Sound Economy, Accuracy in Accademe e altre potenti organizzazioni. Il loro obiettivo di lungo periodo inizio a dare i suoi profumati frutti negli anni ‘80, in coordinazione con la filosofia dell’Amministrazione Regan “Hands-off Business”. [traducibile con “via le mani dal business” N.d.T.]
La cosa più importante di queste istituzione era il loro concentrarsi sull’educazione, sullo spostamento dei valori, e sulla costruzione dei movimenti, una concentrazione che condividiamo, anche se generalmente con obiettivi contrastanti. Una delle nostre grandi frustrazioni è che le fondazioni “progressiste” e i fondatori non siano riusciti ad imparare dal successo di queste istituzioni aziendali e il declino del finanziamento al Democracy Movement che noi e altre organizzazioni con obiettivi similari stiamo cercando di costruire. Invece loro si concentrano in maniera schiacciante sul controllo dei danni, sui risultati provvisori e a breve termine i quali offrono una piccola speranza per il cambiamento sistemi di cui noi abbiamo disperatamente bisogno per ribaltare la tendenza alla crescita del dominio delle aziende.
Noi vediamo deprimenti piccoli segni di cambiamento. Le istituzioni progressiste abbracciano avidamente strumenti come il web e le e-mail come speranze per far svoltare la nazione in una direzione progressista. Ma non succederà. Questi sono strumenti che possono e devono essere usati per raccogliere fondi e mobilitare le persone con più efficenza ( e noi ci affidiamo a questi in maniera massiccia), ma strumenti e tattiche non sono i sostituti adatti per una visione ed una strategia a lungo termine.
Quindi la visione politica di Powell influenzò le sue decisioni giudiziarie? Le prove sono contraddittorie. Powell sostenne l’espansione dei privilegi aziendali e scrisse il parere di maggioranza nella causa First National Bank of Boston vs Bellotti; una decisione del 1978 che ha effettivamente inventato un “giusto” Primo Emendamento per le corporazioni per influenzare i quesiti elettorali. Sulle problematiche sociali era un moderato il cui voto spesso sorprese i suoi sostenitori.
The Powell Memorandum
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Memorandum Confidenziale:
Attacco al Sistema Americano di Libera Impresa

DATA: 23 Agosto 1971
A: Sig. Eugene B. Sydnor, Jr., Chairman, Education Committee, U.S. Chamber of Commerce FROM: Lewis F. Powell, Jr.
Questo memorandum è sottoposto su vostra richiesta come base per la discussione del 24 Agosto con il Sig. Booth (vicepresidente esecutivo) e altri alla Camera di Commercio degli Stati Uniti. Lo scopo è di identificare il problema e suggerire possibili percorsi di intervento per ulteriori considerazioni.
Dimensioni dell’Attacco
Nessuna persona ragionevole può mettere in discussione che il sistema economico americano sia sotto un ampio attacco
1. Questo varia per portata, intensità, per tecniche impiegate e per livello di visibilità.
Ci sono sempre stati alcuni che si sono opposti al Sistema Americano ed hanno preferito quello socialista o qualche altra forma di statismo (comunismo o fascismo). Inoltre ci sono sempre stati i critici del sistema, le cui critiche sono state sane e costruttive in quanto l’obbiettivo era migliorare piuttosto che sovvertire o distruggere.
Ma quello che ora ci riguarda è del tutto nuovo nella storia dell’America. Non si tratta di attacchi sporadici o isolati di relativamente pochi estremisti o anche della minoranza dei quadri socialisti. Piuttosto l’assalto al sistema di impresa è ampio e perseguito con coerenza. Sta guadagnando slancio e converte.
Origini dell’Attacco
Le origini sono varie e diffuse. Esse includono, non inaspettatamente, i Comunisti, la Nuova Sinistra e altri vari rivoluzionari che vorrebbero distruggere l’intero sistema, sia politico che economico. Questi estremisti della sinistra sono molto più numerosi, meglio finanziati e sempre meglio accolti ed incoraggiati da altri elementi della società come mai prima nella nostra storia. Ma rimangono una piccola minoranza, e non sono la principale causa di preoccupazione.
Le più inquietanti voci che si uniscono al coro dei critici vengono da elementi perfettamente rispettabili della società: dai campus universitari, dal pulpito, dai media, dalle riviste intellettuali e di letteratura, dalle arti, dalle scienze e dai politici. Nella maggior parte di questi gruppi, il movimento contro il sistema è partecipato solo da minoranze. Eppure questi sono spesso i meglio articolati, i più accesi e i più prolifici nello scrivere e nel parlare.
Inoltre molti dei media, per vari motivi ed in vari modi, o volontariamente accorda loro una pubblicità unica a questi “attacanti”, o almeno permette loro di sfruttare i media per i loro scopi. Questo è veri specialmente per la televisione, che ora gioca un ruolo predominante nella formazione del pensiero, delle attitudini e delle emozioni della nostra gente.
1 Variamente chiamato: il “sistema di libera impresa”, “capitalismo” e “sistema del profitto.” La Il sistema politico americano della democrazia sotto la guida della legge è anchʼesso sotto attacco, spesso dagli stessi individui e dalle stesse organizzazioni che cercano di minare il sistema dʼimpresa
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The Powell Memorandum
Uno dei paradossi più sconcertanti del nostro tempo è misura in cui il sistema dell’impresa tollera, se non proprio partecipa, alla sua stessa distruzione.
I Campus dai cui molte critiche vengono emanate sono finanziati da (i) fondi fiscali generati in larga parte dal mondo degli affari americano e (ii) contributi dei fondi di capitali controllati o generati dallo stesso business americano. Le commissioni dei Fiduciari delle nostre università sono prevalentemente composti da uomini e donne che sono leader nel sistema.
La maggior parte dei media, incluse il sistema delle Tv nazionali, sono posseduti e teoricamente controllati da aziende le quali dipendono dai profitti e dal sistema d’impresa per sopravvivere.
Tono dellʼAttacco
Questo memorandum non il luogo per documentare in dettaglio il tono, il carattere o l’intensità dell’attacco. Le seguenti citazioni saranno sufficienti a dare un’idea generale:
William Kunstler, accolto caldamente nei campus ed elencato in un recente sondaggio come il “più ammirato avvocato americano” incita la platea come segue:

“Voi dovete imparare a combattere nelle strade, a ribellarvi, a sparare con le pistole. Impareremo a fare tutte quelle cose di cui i padroni hanno paura2 [Owners - Proprietari nell’originale N.d.T.]” I New Leftists che tengono conto dei consigli di Kunstler stanno iniziando ad agire, non solo contro gli uffici di reclutamento militare e contro le fabbriche di munizioni, ma contro una varietà di affari: “Dal Febbraio 1970, le filiali (della Bank of America) sono state attaccate 39 volte, 22 volte con dispositivi esplosivi e 17 con bombe incendiarie o da piromani3.” Anche se i portavoce dei New Leftists stanno avendo successo nel radicalizzare migliaia di giovani, la più grande causa di preoccupazione sta nell’ostilità di riformatori e liberali rispettabili. E’ la somma totale dei loro punti di vista e della loro influenza che potrebbe fatalmente indebolire o distruggere il sistema.
Una descrizione agghiacciante di quello che sta venendo insegnato in molti dei nostri campus è stata descritta da Stewart Alsop:
“Yale, come ogni altro college, sta laureando decine di giovani brillanti che stanno praticando le ‘politiche della disperazione [the politics of despair - nell’originale N.d.T.]’. Questi giovani uomini disprezzano il sistema politico ed economico americano... (le loro) menti sembrano essere completamente chiuse. Loro ragionano, non attraverso discussioni razionali, ma per slogan irrazionali4.” Un recente sondaggio in 12 campus rappresentativi ha riportato che: “Almeno la metà degli studenti è a favore della socializzazione delle industrie di base degli Stati Uniti5.”
Un professore in visita al Rockford College dall’Inghilterra ha tenuto una serie di letture intitolata “La Guerra Ideologica Contro la Società Occidentale”, nella quale egli documenta in che misura i membri della comunità intellettuale stanno conducendo una guerra ideologica contro le imprese e contro i valori della società occidentale. In una prefazione a queste letture, il famoso Dr Milton Friedman di Chicago avvertì: “E’ cristallino che le fondamenta della nostra libera società siano sotto un forte attacco ad ampio raggio, non dai
2 Richmond News Leader, 8 Giugno 1970. Editoriale di William F. Buckley, Jr.
3 N.Y. Times Service, articolo, ristampato dal Richmond Times-Dispatch, 17 Maggio 1971 4 Stewart Alsop, Yale e il Pericolo Mortale, Neewsweek, 18 Maggio 1970
5 Editoriale, Richmond Times-Dispatch, 7 Luglio 1971.
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The Powell Memorandum
Comunisti o altre cospirazioni, ma da persone fuorviate che ripetono a pappagallo ed involontariamente servono fini che non vorrebbero intenzionalmente promuovere6.”
Forse il più efficace antagonista del mondo degli affari americano è Ralph Nader, che, largamente grazie ai media, è diventato una leggenda del suo tempo e un idolo di milioni di Americani. Un recente articolo di Fortune parla di Nader nella maniera seguente:
“La passione che lo guida, ed egli è un uomo appassionato, ha lo scopo di voler sfasciare del tutto il bersaglio del suo odio, ossia il potere delle aziende. Egli pensa, e lo dice senza mezzi termini, che i dirigenti aziendali devono andare in prigione per aver defraudato i consumatori con merci scadenti, avvelenato il cibo con additivi chimici e aver volontariamente prodotto prodotti non sicuri che potrebbero mutilare o uccidere gli acquirenti. Sottolinea inoltre come non stia parlando solo di imbonitori porta a porta [Fly-By-Night hucksters nell’originale N.d.T.], ma del top management delle grandi compagnie d’affari7. [blue chip business8 nell’originale N.d.T.]
Un assalto frontale è stato fatto al nostro governo, al nostro sistema di giustizia e alla libera impresa dal Professor Charles Reich di Yale nel suo libro largamente pubblicizzato: “The Greening of America” pubblicato nello scorso inverno.
I precedenti riferimenti illustrano l’ampio, infuocato attacco al sistema stesso. Ci sono innumerevoli precedenti di questi colpi che minano la confidenza e confondono il pubblico. Gli obbiettivi preferiti sono le proposte di incentivi fiscali attraverso variazioni dei tassi d’ammortamento e i crediti d’investimento. Queste sono di solito descritte dai media come “agevolazioni fiscali”, “scappatoie” o “benefici fiscali” a beneficio del business. Come visto da un editorialista del Post, queste misure saranno a beneficio “solo dei ricchi e delle grandi compagnie9.”
E’ sconcertante come molti politici utilizzino la stessa argomentazione, ossia che le misure fiscali di questo tipo siano di beneficio solo al “business” senza beneficiare “il povero.” Il fatto che questo sia o una demagogia politica o un’ignoranza economica è di scarso conforto. Questa impostazione di “ricco” contro “povero”, del business contro le persone, è il tipo più economico e pericoloso di politica
LʼApatia e le Mancanze del Business
Qual’è stata la risposta del business a questo massiccio assalto ai suoi fondamenti economici, alla sua filosofia, al suo diritto di continuare a gestire i propri affari e quindi alla sua integrità?
La dolorosa triste verità è che il business, inclusi i consigli di amministrazione e i maggiori dirigenti di grandi e piccole compagnie e organizzazioni a tutti i livelli, spesso hanno risposto, se non del tutto, con la riappacificazione, l’inettitudine e ignorando il problema. Ci sono certo molte eccezioni a questa radicale generalizzazione. Ma l’effetto netto di queste risposte è stato di fatto scarsamente visibile.
6 Dr Milton Friedman, Professore di Economia, nella prefazione alla lezione del Dr. Arthur A. Shenfield al Rockford College intitolata “La Guerra Ideologica Contro la Società Occidentale”, copyright 1970 del Rockford College.
7 Fortune. Maggio 1971, p. 145. Questa analisi di Fortune sullʼinfluenza di Nader la citazione della visita di Nader ad un college dove è stato pagato $2500 per “denunciare le grandi aziende americane con un linguaggio velenoso... portando a (travolgento e spontanei) scoppi dʼapplausi” quando gli è stato chiesto se avesse intenzione di correre per la presidenza.
8 Un investimento di altissima qualità con un rischio inferiore alla media di perdita di capitale o di riduzione del reddito. Il termine è generalmente utilizzato per fare riferimento a titoli di società con una lunga storia di guadagni sostenuti e pagamenti di dividendi. Definizione ripresa da http://business.yourdictionary.com/blue- chip. N.d.T.
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9 The Washington Post, editoriale di William Raspberry, 28 Giugno 1971
The Powell Memorandum
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In tutta franchezza, deve essere riconosciuto che gli imprenditori non sono stati addestrati o equipaggiati per condurre questa guerrilla con quelli che fanno propaganda contro il sistema, cercando insidiosamente e costantemente di sabotarlo. Il ruolo tradizionale dei dirigenti è stato quello di gestire, di produrre, di vendere, di creare lavoro, di fare profitti, di migliorare lo standard di vita, di essere guide della comunità, di servire nei consigli degli istituti di carità ed educativi, ed in generale di essere buoni cittadini. Questi hanno portato avanti i loro compiti molto bene.
Ma hanno mostrato poco stomaco per confronti aspri con i loro critici, e scarse abilità in efficaci dibattiti intellettuali e filosofici.
Un editoriale recentemente apparso sul Wall Street Journal era intitolato: “Un appunto alla GM: Perché non controbattere?10 ” Anche se indirizzato alla GM, l’articolo era un avvertimento a tutte le aziende americane. L’editorialista St. John scriveva:
“La General Motors, come tutte le aziende americane in generale, è “chiaramente nei guai” perché un bromuro intellettuale è stato sostituito a una chiara esposizione del proprio punto di vista.”Il Sig. St. John ha quindi commentato la tendenza dei leader d’affari a scendere a compromessi e a placare le critiche. Egli cita le concessioni che Nader ha ottenuto dal management, e parla di “ visione fallace che molti imprenditori hanno verso i loro critici.” Egli traccia un parallelo con la tattica errata di molti presidi dei college: “I presidi hanno imparato troppo tardi che la pacificazione serve a distruggere la libertà di parola, la libertà accademica e le genuine borse di studio. Una richiesta radicale di un campus concessa dai direttori può solo essere seguita da un fresco raccolto il quale presto scalerà quella che sarà una resa senza condizioni.” [corsivo dell’autore. N.d.T.]
Non è necessario essere pienamente d’accordo con il Sig. St. John. Ma la maggior parte degli osservatori concorderà che l’essenza del suo messaggio è il tono. Il business americano è “chiaramente nei guai”; la risposta all’ampio ventaglio di critiche è stata inefficace, ed ha incluso la pacificazione; è venuto il momento, anzi era atteso da tempo, per la saggezza, l’ingegno e le risorse del business americano di essere radunate contro quelli che vorrebberlo distruggerlo.
Responsabilità dei Dirigenti Aziendali
Che cosa dovrebbe essere specificatamente fatto? La prima cosa essenziale, un prerequisito ad ogni azione efficace, è per gli imprenditori considerare questo problema come una responsabilità primaria della gestione aziendale.
La necessità primaria è per gli imprenditori riconoscere che il fine ultimo potrebbe essere la sopravvivenza, sopravvivenza di quello che noi chiamiamo libero sistema d’impresa, e tutto quello che questo significa per la forza e per la prosperità dell’America e la libertà del suo popolo.
E’ da molto passato il tempo quando un amministratore delegato di una azienda maggiore si liberava delle sue responsabilità mantenendo una soddisfacente crescita dei profitti, tenendo debitamente conto delle responsabilità pubbliche e sociali dell’azienda. Se il nostro sistema deve sopravvivere, i vertici devono essere altrettanto attenti a tutelare e a preservare il sistema stesso. questo comporta molto di più che una accresciuta enfasi sulle “relazioni pubbliche” o negli “affari governativi”, due aree nelle quali le aziende hanno da tempo investito somme sostanziali.
Un significativo primo passo per le singole aziende potrebbe essere il designare un vice presidente esecutivo (con più poteri degli altri vice) la cui responsabilità è di neutralizzare, sul fronte più ampio, l’attacco al sistema delle imprese. Il dipartimento delle relazioni pubbliche potrebbe essere uno dei compiti fondanti
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10 Jeffrey St. John, The Wall Street journal, 21 Maggio 1971.
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assegnati a questo dirigente, ma le sue responsabilità dovrebbero comprendere alcuni tipi di attività riportati oltre nel rapporto. Il suo budget ed il suo staff dovranno essere adeguati allo scopo.
Il Possibile Ruolo della Camera di Commercio
Ma le attività indipendenti e non coordinate delle singole aziende, per quanto importanti esse siano, non saranno sufficienti. La forza sta nell’organizzazione, in un’attenta pianificazione di lungo periodo e un’attuazione, in coerenza con l’azione per un indefinito periodo di anni, in un grado di finanziamento disponibile solo con uno sforzo congiunto, e in un potere politico disponibile solo attraverso un’azione unitaria e una organizzazione nazionale.
Inoltre vi è una comprensibile riluttanza da parte di ogni azienda nell’andare troppo lontano e rendersi visibile come bersaglio.
Il ruolo della Camera di Commercio è quindi fondamentale. Altre organizzazioni nazionali (specialmente quelle di vari gruppi industriali e di commercio) dovrebbero unirsi nello sforzo, ma nessun’altra organizzazione appare essere così ben posizionata come la Camera. Essa unisce una posizione strategica con un’ottima reputazione e un sostegno su larga base. Inoltre, e questo è un merito incommensurabile, ci sono centinaia di Camere di Commercio locali che possono giocare un ruolo fondamentale di sostegno.
E’ appena necessario dire che prima di intraprendere un qualsiasi programma, la Camera dovrebbe studiare ed analizzare le possibile linee d’azione e di attività, pesando i rischi contro le probabilità di efficacia e di fattibilità. Considerazioni dei costi, l’assicurazione del sostegno finanziario e di altro tipo da parte dei membri, adeguatezza dello staff e problemi similari richiederanno le considerazioni più premurose.
Il Campus
L’assalto al sistema imprenditoriale non è montato nell’arco di pochi mesi. Si è gradualmente evoluto durante le scorse due decadi, appena percettibile nelle sue origini e ha beneficiato (sic) di una gradualità che ha provocato una scarsa consapevolezza e molta meno reazione reale.
Anche se le origini, le fonti e le cause sono complesse ed interdipendenti, e ovviamente difficili da identificare senza una attenta qualifica, c’è ragione di credere che il campus sia la fonte singola più dinamica. Le facoltà di scienze sociali solitamente includono membri che sono insensibili al sistema imprenditoriale. Essi possono variare da Herbert Marcuse, marxista membro della Università della California a San Diego e convinto socialista, all’ambivalente critico liberale che trova molto di più da condannare che da lodare. Questi membri delle facoltà non necessitano di essere in maggioranza. Sono spesso delle persone attraenti e magnetiche; sono insegnanti stimolanti, e la loro contestazione attira gli studenti che li seguono; sono scrittori prolifici e docenti; sono autori di molti dei libri di testo ed esercitano un’enorme influenza, molto maggiore del loro numero, sui loro colleghi e nel mondo accademico.
Le facoltà di scienze sociali (il sociologo, l’economista, il politologo e molti storici) tendono ad essere liberamente orientate, anche quando non sono presenti estremisti di sinistra. Questa non è una critica di per sé, in quanto la necessità di un pensiero liberale è essenziale per un punto di vista bilanciato. La difficoltà è che il “bilanciato” brilla per la sua assenza in molti campus, con pochi membri di orientamento conservatore o convincimenti moderati e, anche quei relativamente pochi, spesso sono meno articolati ed aggressivi dei loro colleghi di crociata.
La situazione, che va avanti da molti anni con lo squilibrio in peggioramento, ha avuto un enorme impatto su milioni di giovani studenti americani. In un articolo sul settimanale Barron’s, cercando una risposta al perché così tanti giovani sono disillusi al punto di diventare rivoluzionari, si dice: “perché gli è stato insegnato così.11” o, come ha fatto notare l’editorialista Stewart Alsop, scrivendo della sua università: “Yale, come ogni
11 Barronʼs National Business and Financial Weekly, “La Rottura Totale con lʼAmerica, La Quinta Conferenza Annuale degli Studiosi Socialisti.” 15 Settembre 1969.
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altro college maggiore, sta laureando decine di giovani brillanti... che disprezzano il sistema politico ed economico americano.”
Poiché questi “giovani brillanti”, dai campus di tutto il paese, cercano opportunità per cambiare un sistema del quale gli è stato insegnato di diffidare, se non proprio di “disprezzare”, essi cercano impiego nei centri di reale potere ed influenza nel nostro paese, nello specifico: (i) nei media d’informazione, specialmente nella televisione; (ii) nel governo, come uomini dello staff e consulenti a vari livelli; (iii) nella politica elettiva; (iv) come docenti e scrittori, e (v) nelle facoltà a vari livelli di educazione.
Molti entrano nel sistema delle imprese, nel business e nelle professioni, e per la maggior parte scoprono velocemente la falsità di quello che gli è stato insegnato. Ma quelli che schivano la corrente principale del sistema spesso rimangono in posizioni chiave di influenza dove possono formare l’opinione pubblica e spesso dare forma all’azione del governo. In molti casi questi “intellettuali” finiscono in agenzie di regolamentazione o dipartimenti del governo con grande autorità sul sistema delle imprese in cui non credono.
Se l’analisi precedente è approssimativamente giusta, una delle priorità delle operazioni del business, e delle organizzazioni come la Camera, è di affrontare l’origine nel campus di questa ostilità. Poche cose sono più santificate nella vita americana della libertà accademica. Sarebbe fatale attaccare questo principio. Ma se la libertà accademica consiste nel ritenere le qualità di “apertura”, “equità” ed “equilibrio”, che sono essenziali per il suo significato intellettuale, c’è una grande opportunità per un’azione costruttiva. La spinta di questa azione deve essere di ripristinare le qualità sopra menzionate nel mondo accademico.
Cosa Si Può Fare per il Campus
La responsabilità ultima per l’integrità intellettuale nei campus deve rimanere nelle amministrazioni e nelle facoltà dei nostri college e delle nostre università. Ma organizzazione come la Camera possono assistere e attivare cambiamenti costruttivi in molti modi, inclusi i seguenti:
Staff di Studiosi
La Camera dovrebbe considerare la creazione di uno staff di studiosi altamente qualificati nelle scienze sociali che credono nel sistema. Dovrebbe includere molti studiosi di fama nazionale la cui autorità sarebbe ampiamente rispettata, anche quando in disaccordo.
Staff di Oratori
Ci dovrebbe essere inoltre uno staff di oratori della massima competenza. Questo potrebbe includere gli studiosi e certamente quelli che parlano per la Camera dovrebbero articolare il prodotto degli studiosi.
Ufficio degli Oratori
In aggiunta al personale standard, la Camera dovrebbe avere un Ufficio degli Oratori, il quale dovrebbe includere gli avvocati più abili ed efficienti dal vertice del business americano.
Valutazione dei libri di testo
Lo Staff degli Studiosi (o preferibilmente un gruppo di studiosi indipendenti) dovrebbe valutare i libri di testo delle scienze sociali, specialmente quelli di economia, di scienze politiche e di sociologia. Questo dovrebbe essere un programma persistente.
L’oggetto di questa valutazione dovrebbe essere orientato verso il ripristino del bilanciamento essenziale per la genuina libertà accademica. Questo includerebbe l’assicurazione di un trattamento equo e di fatto del nostro sistema di governo e del sistema d’impresa, dei suoi successi, della sua relazione base per i diritti e le libertà individuali, e la comparazione con i sistemi del socialismo, del fascismo e del comunismo. La maggior parte dei libri di testo esistenti hanno una qualche sorta di comparazione, ma molti in maniera superficiale, parziale e non equa.
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Abbiamo visto il movimento per i diritti civili insistere nella riscrittura di molti libri di testo nelle nostre università e nelle nostre scuole. I sindacati, nella stessa maniera, insistono che i libri siano equi dal punto di vista dei lavoratori organizzati. Altri gruppi di cittadini interessati non hanno esitato a recensire, analizzare e criticare i libri e il materiale scolastico. In una società democratica, questo può essere un processo costruttivo e dovrebbe essere considerato come un aiuto ad una genuina libertà accademica e non come un intrusione in essa.
Se gli autori, gli editori e gli utilizzatori dei libri di testo sanno che saranno soggetti, onestamente, equamente e in maniera approfondita, ad una recensione e ad una critica da eminenti studiosi che credono nel sistema americano, ci si può attendere un ritorno ad un bilanciamento più razionale.
Par Condicio nel Campus
La Camera dovrebbe insistere su di una divisione uguale del tempo nel circuito degli oratori dei college. L’FBI pubblica ogni anno una lista dei discorsi tenuti nei college da comunisti dichiarati. Nel 1970 il numero ha superato i 100. Ci sono state, certamente, molte centinaia di apparizioni dei Leftists e degli ultra liberali che sollecitano i punti di vista indicati precedentemente nel rapporto. Non c’è stata una corrispondente rappresentazione del mondo degli affari americano, o di individui o organizzazioni che sono apparse a sostegno del sistema di governo e di business americano.
Ogni campus ha i suoi gruppi formali ed informali che invitano degli oratori. Ogni scuola di legge da la stessa cosa. Monti college ed università sponsorizzano ufficialmente programmi di lezioni e conferenze. Noi tutti sappiamo dell’inadeguatezza della rappresentazione del business americano.
Si dirà che pochi inviti verranno offerti agli oratori della Camera12. Questo indubitabilmente sarebbe vero a meno che la Camera aggressivamente non insista sul diritto di essere ascoltata, in effetti, insistendo su una “divisione equa del tempo”. Le amministrazioni delle università e la grande maggioranza dei gruppi studenteschi e dei comitati non sarebbero viste di buon occhio essendo messe nella posizione di rifiutare pubblicamente un forum con diverse vedute, in quanto questa è la classica scusa per permettere ai comunisti di parlare.
I due ingredienti essenziali sono (i) avere oratori attraenti, articolati e ben informati; e (ii) esercitare un certo grado di pressione, sia pubblica sia privata, potrebbe essere necessario per assicurare le opportunità di parlare. L’oggetto deve essere sempre l’informare e chiarire e non semplicemente propagandare.
Bilanciamento delle Facoltà
Forse il più fondamentale problema è lo squilibrio delle facoltà. Correggere questo è davvero un progetto a difficile ed a lungo termine. Eppure deve essere intrapreso come una parte del programma complessivo. Questo significherebbe sollecitare la necessità per un bilanciamento delle facoltà sugli amministratori universitari e sui consigli di fondazione.
I metodi da impiegare richiedono una particolare attenzione, e le ovvie insidie devono essere evitate. Una pressione impropria sarebbe controproducente. Ma i concetti basilari di bilanciamento, equità e verità difficilmente incontreranno resistenza, se presentati ai consigli di fondazioni, per mezzo di scritti e discorsi, e con appelli alle associazioni e ai gruppi di ex allievi.
Questa è una lunga strada e non per i deboli di cuore. Ma se perseguita con integrità e convinzione essa potrebbe portare ad un rafforzamento sia della libertà accademica sia dei valori che hanno fatto dell’America la società più produttiva di tutte.
12 In molti campus la libertà di parola è stata negata a coloro che esprimano punti di vista moderati o conservatori.
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Scuole di Specializzazione nel Business
La Camera dovrebbe godere di un particolare rapporto con le scuole di specializzazione nel business. Molto di quello che è stato suggerito sopra si applica a queste.
Non dovrebbe la Camera anche richiedere corsi specifici in queste scuole che trattino l’intero ambito del problema individuato in questa relazione? Questo è ora un addestramento essenziale per i dirigenti del futuro.
Istruzione Secondaria
Mentre la prima priorità dovrebbe essere a livello dei college, le tendenze di cui sopra sono sempre più evidenti nelle scuole superiori. Programmi d’azione, su misura per le scuole superiori e simili a quelli menzionati, dovrebbero essere presi in considerazione. L’attuazione potrebbe divenire un programma maggiore per le locali camere di commercio, anche se il controllo e la direzione, specialmente il controllo qualità, mantenuto dalla Camera Nazionale.
Cosa Si Può Fare per il Pubblico?
Raggiungere i campus e le scuole secondarie è fondamentale per il lungo periodo. Raggiungere il pubblico generale potrebbe essere più importante nel più breve periodo. La prima premessa è quella di stabilire gli staff di eminenti professori, scrittori e oratori, faranno le riflessioni, le analisi, gli scritti e i discorsi. Sarà essenziale avere personale che sia profondamente familiare con i media e su come comunicare efficientemente con il pubblico. Tra i mezzi più evidenti troviamo i seguenti:
Televisione
Il network televisivo nazionale dovrebbe essere monitorato nella stessa maniera dei libri di testo e dovrebbe essere tenuto sotto costante sorveglianza. Ciò vale non solo per i “cosiddetti” programmi educativi (come “Selling of the Pentagon”), ma alle “news analysis” giornaliere, le quali spesso includono il più insidioso tipo di critica al sistema d’impresa13. Sia che questa critica risulti dall’ostilità o da un’ignoranza economica, il risultato è la graduale erosione della confidenza nel “business” e nella libera impresa.
Questo monitoraggio, per essere efficace, richiederebbe un esame costante dei testi di adeguati campioni di programmi. I reclami, ai media e alla Commissione Federale per le Comunicazioni, dovranno essere fatti prontamente e vigorosamente qualora i programmi siano sleali o inaccurati.
Un pari tempo dovrebbe essere richiesto quando appropriato. Lo sforzo dovrebbe essere fatto per vedere che i programmi del tipo forum (The Today Show, Meet the Press) abbiano almeno le stesse opportunità per i sostenitori del sistema americano di partecipare a questi programmi quanto per quelli che lo attaccano.
Altri Media
Anche la radio e la stampa sono importanti, e ogni mezzo a disposizione dovrebbe essere impiegato per sfidare e rifiutare attacchi sleali, così come presentare i casi affermativi attraverso questi media.
Le Riviste Accademiche
E’ specialmente importante per la “facoltà degli studiosi” della Camera pubblicare. Una delle chiavi per il successo dei membri della facoltà di sinistra e liberali è stata la loro passione per la “pubblicazione” e per le “lezioni”. Una passione simile deve esistere tra gli studiosi della Camera.
Incentivi potranno essere ideati per indurre a pubblicare maggiormente studiosi indipendenti che credono nel sistema.
13 Eʼ stato stimato che il telegiornale serale dei vari network raggiungano ogni giorno qualcosa come 50,000,000 di americani.
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The Powell Memorandum
Ci dovrà essere un flusso abbastanza costante di articoli degli studiosi presentati su un largo spettro di riviste e periodici, passando dalle riviste popolari (Life, Look, Reader’s Digest, etc.) a quelle intellettuali (Atlantic, Harper’s, Saturday Review, New York, etc.)14, a varie riviste professionali.
Libri, Opuscoli e Paperback
Le edicole, negli aeroporti, nelle supermercati ed ovunque, sono piene di paperback e pamphlet che sostengono di tutto, dalla rivoluzione all’amore libero. Nessuno ne può trovare di attraenti e ben scritti dalla “nostro parte.” Sarà difficile contendere l’attenzione dei lettori con un Eldridge Cleaver o anche con un Charles Reich, ma non di meno lo sforzo deve essere fatto, su una scala abbastanza larga e con un’appropriata immaginazione per assicurarne un qualche successo, altrimenti questa opportunità per educare il pubblico sarà irrimediabilmente persa.
Annunci a Pagamento
Il business paga centinaia di milioni di dollari ai media per la pubblicità. La maggior parte di questi sostiene specifici prodotti; molti sostengono un’immagine istituzionale; e alcune frazione di questi sostengono il sistema. Ma quest’ultimo è stato più o meno tangente ed è stato raramente parte di uno sforzo continuo ed importante per informare ed illuminare il popolo americano.
Se il business americano devolvesse solo il 10% della sua spesa annuale per questo scopo generale, essa sarebbe una spesa simil-governativa.
LʼArena Politica Dimenticata
Nell’analisi finale, il guadagno, a stretto giro di rivoluzione , è quello che il governo realizza. Il business è stato il capro espiatorio preferito di molti politici per molti anni. Ma la misura di quanto oltre sia andato il gioco si capisce meglio nelle visioni contro il business che vengono ora espresse da molti candidati per la Presidenza degli Stati Uniti.
E’ ancora la dottrina marxista che i paesi siano controllati dalle grandi aziende. Questa dottrina, consistentemente parte della propaganda di sinistra in tutto il mondo, ha un largo seguito tra gli americani.
Eppure, come ogni uomo d’affari sa, pochi elementi della società americana, oggi, hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporation, o anche i milioni di azionisti delle stesse corporation. Se qualcuno ne dubitasse, fategli intraprendere il ruolo di “lobbista” a favore del punto di vista prima che i comitati del Congresso si riuniscano. La stessa situazione si ha nelle aule legislative della maggior parte degli stati e città. Oggi non si esagera dicendo che, in termini di influenza politica con il rispetto del corso della legislazione legislativa e governativa, i dirigenti del business americano siano veramente gli “uomini dimenticati”.
Esempi attuali di impotenza del business, a del quasi disprezzo con cui il punto di vista degli imprenditori viene visto, sono le fughe precipitose dei politici per sostenere quasi tutte gli atti legislativi in relazione al “consumismo” o all’ “ambiente”.
I politici riflettono quello che credono essere il punto di vista maggioritario dei cittadini. E’ quindi evidente che la maggior parte dei politici si sta rendendo conto che il giudizio che il pubblico ha per gli imprenditori e per il loro punto di vista è di scarsa simpatia. [sympathy nell’originale, valente anche come comprensione N.d.T.]
14 Un esempio di un tipo di articolo che non può rimanere senza risposta è apparso sul popolare “The New York” il 19 Luglio 1971. Questo era intitolato “Un Manifesto Populista”, dellʼultra liberale Jack Newfield, che sostiene che “la necessità alla radice del nostro paese è quella di ridistribuire la ricchezza.”
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Il programma educativo sopra suggerito sarebbe designato ad illuminare il pensiero pubblico, non tanto sul ruolo dell’imprenditore singolo, quanto sul sistema che egli amministra e che provvede per le merci, i servizi e il lavoro dal quale il paese dipende.
Ma non si possono più post-porre azioni politiche dirette, mentre si aspetta un graduale cambiamento dell’opinione pubblica da effettuarsi attraverso l’educazione e l’informazione. Il business deve imparare la lezione, tanto tempo fa appresa dai lavoratori e da altri gruppi d’interesse. Questa è la lezione che il potere politico è necessario; che questo potere deve essere assiduamente (sic) coltivato; e che quando necessario, esso deve essere usato aggressivamente e con determinazione, senza quell’imbarazzo e senza quella riluttanza che sono state così caratteristiche del business americano.
Per quanto possa risultare sgradito alla Camera, essa dovrebbe considerare l’assunzione di un maggior e più vigoroso ruolo nell’arena politica.
Opportunità Trascurate nelle Corti
Il business americano e il sistema d’impresa sono stati colpiti tanto dalle Corti quanto dai rami legislativo ed esecutivo del governo. Sotto il nostro sistema costituzionale, specialmente con una Corte Suprema favorevole agli attivisti, il giudizio potrebbe essere il più importante strumento di cambiamento sociale, politico ed economico.
Le altre organizzazioni e gli altri gruppi, riconosciuto questo, sono state molto astute nello sfruttare le azioni giuridiche sul business americano. Forse i più attivi sfruttatori del sistema giudiziario sono stati i gruppi politici che vanno dai “liberali” alla sinistra estrema.
L’Unione Americana per le Libertà Civili ne è un esempio. Essa intraprende o interviene in decine di casi ogni anno, e fa mettere in fila fascicoli da amici della Corte Suprema in un numero di casi durante ogni seduta di quella corte. I sindacati, i gruppi per i diritti civili ed ora le imprese di interesse pubblico sono estremamente attive nell’area giuridica. Il loro successo, spesso a spese del business, non è stato irrilevante.
Questa è una vasta area di opportunità per la Camera, se vorrà intraprendere il suo ruolo di oratrice per conto del business americano e se, in cambio, il business ha la volontà a finanziarla.
Come con il rispetto per gli studiosi e per gli oratori, la Camera necessiterà di uno staff di avvocati altamente competenti. In situazioni speciali, questo dovrebbe essere autorizzato ad ingaggiare, per apparire come consigliere amico nella Corte Suprema, avvocati di reputazione e fama nazionale. La più grande cura dovrebbe essere esercitata nella selezione di casi nei quali partecipare, o nel caso di istruire. Ma l’occasione merita lo sforzo necessario.
Il Potere Trascurato degli Azionisti
Il membro medio del pubblico pensa che al “business” come una entità aziendale impersonale, posseduta da gente molto ricca e gestita da dirigenti sovra-pagati. C’è un quasi totale fallimento nell’apprezzare che il “business”, attualmente, abbraccia in un modo o nell’altro, la maggior parte degli americani. Quelli per cui il business fornisce un lavoro, costituiscono una classe abbastanza ovvia. Ma per il 20 milioni di azionisti, la maggioranza dei quali sono di modeste dimensioni, sono i reali detentori, i reali imprenditori, i veri capitalisti del nostro sistema. Essi forniscono il capitale che alimenta il sistema economico che ha prodotto il più alto standard di vita in tutta la storia. E ancora gli azionisti sono stati inefficaci come i dirigenti aziendali nella promozione di una genuina comprensione del nostro sistema o nell’esercizio di influenza politica.
La domanda che richiede un’approfondito esame è come possa essere il peso e l’influenza degli azionisti, 20 milioni di votanti, mobilitato per sostenere (i) un programma educativo e (ii) un programma di azione politica.
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Alle singole aziende è richiesto oggi di fare numerosi rapporti agli azionisti. Molte di queste hanno inoltre costose “riviste” che vengono date ad impiegati e azionisti. Queste opportunità di comunicare possono essere usate in maniera molto più efficiente come mezzo educativo.
L’azienda stessa deve dare prova di moderazione nell’intraprendere una azione politica e deve, di sicuro, completamente rispettare le leggi. Ma non è fattibile, attraverso un affiliato della Camera o altrimenti, istituire una organizzazione nazionale di azionisti americani e dare loro abbastanza muscoli da essere influenti?
Un Atteggiamento Più Aggressivo
Gli interessi del business, specialmente del grande business e le loro organizzazioni nazionali di commercio, hanno provato a mantenere un basso profilo, specialmente rispetto all’azione politica.
Come suggerito nell’articolo del Wall Street Journal, è stato abbastanza caratteristico della media dei dirigenti aziendali essere tolleranti, almeno in pubblico, con quelli che attaccavano le loro aziende e il sistema. Molti pochi imprenditori o organizzazioni delle imprese hanno risposto a tono. C’è stata una predisposizione a placare, ad avvertire l’opposizione che si voleva un compromesso, o come possibile farla svanire in tempo utile.
Il business ha deviato il confronto politico. Il business, abbastanza comprensibilmente, è stato respinto dalla molteplicità di domande non - negoziabili fatte costantemente da gruppi di tutti i tipi.
Mentre non sarebbe interesse del business responsabile, e nemmeno della Camera di Commercio degli Stati Uniti, intraprendere tattiche irresponsabili di alcuni gruppi di pressione, è essenziale che oratori a favore del sistema d’impresa, a tutti i livelli e ad ogni opportunità, siano molto più aggressivi che in passato.
Non ci devono essere esitazione ad attaccare i Nader, i Marcuse e altri che apertamente cercano di distruggere il sistema. Non ci dovrebbe essere la minima esitazione a fare pressione vigorosamente in tutte le arene politiche per sostenere il sistema d’impresa. Né ci dovrebbe essere riluttanza a penalizzare politicamente quelli che vi si oppongono.
Sotto questo aspetto molte lezioni posso essere apprese dai lavoratori organizzati. Il capo della AFL-CIO può non apparire agli imprenditori come il più accattivante od orientato al pubblico dei cittadini. Eppure, per molti anni i capi dei sindacati hanno fatto quello per cui erano pagati molto efficacemente. Possono non essere amati, ma sono stati rispettati, dove canta di più, dai politici, nei campus, e tra i media.
E’ tempo per il business americano, che ha dimostrato la più grande capacità in tutta la storia di produrre e di influenzare la decisioni dei consumatori, di applicare il loro grande talento vigorosamente alla preservazione del sistema stesso.
Il Costo
Il tipo di programma descritto sopra (che include un’ampia combinazione di base di educazione e azione politica), se intrapreso a lungo termine ed con uno staff adeguato, richiederebbe il più generoso sostegno finanziario delle aziende americane mai ricevuto. La partecipazione ad alti livelli negli affari della Camera sarebbe inoltre richiesta.
Lo staff della Camera dovrebbe essere aumentato significativamente, con la massima qualità stabilito e mantenuto. I salari dovrebbero essere ai livelli di quelli pagati ai dirigenti chiave e dei più prestigiosi membri della facoltà. Professionisti dalle grandi abilità nella pubblicità e nel lavorare nei media, oratori, avvocati e altri specialisti dovrebbero essere reclutanti.
E’ possibile che l’organizzazione della Camera stessa potrebbe beneficiare dalla ricostruzione. Per esempio come suggerito dalle esperienze dei sindacati, l’ufficio di Presidenza della Camera potrebbe essere una
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posizione di carriera full - time. Per assicurare la massima efficacia e la continuità, il capo dell’ufficio esecutivo della Camera non dovrebbe cambiare ogni anno. Le funzioni ora in larga parte svolte dal consiglio potrebbero essere trasferite ad un presidente del consiglio dei soci, annualmente eletto tra i soci. La direzione, ovviamente, continueranno ad esercitare politiche di controllo.
Il Controllo della Qualità è Essenziale
Ingredienti essenziali dell’intero programma deve essere la responsabilità e il “controllo di qualità”. Le pubblicazioni, gli articoli, i discorsi, i programmi dei media, la pubblicità, le pratiche brevi nelle corti, e le apparizioni prima dei comitati legislativi, tutto deve essere dei più esatti standard di accuratezza e di eccellenza professionale. Devono meritarsi il massimo rispetto per il loro livello di pubblica responsabilità e di scolarizzazione, sia che si sia d’accordo sotto i punti di vista o meno.
Rapporto con la Libertà
La minaccia al sistema d’impresa non è solamente un problema d’economia. E’ anche una minaccia alla libertà individuale.
E’ questa una grande verità, ora sommersa dalla retorica della nuova sinistra e di molti liberali, deve essere riaffermata se questo programma deve avere un significato.
Sembra esserci scarsa consapevolezza che la sola alternativa alla libera impresa sono vari gradi di regolamentazioni burocratiche delle libertà individuali, che variano da un moderato socialismo al tallone di ferro delle dittature di destra o di sinistra.
Noi in America ci siamo già spostati molto in avanti per certi aspetti sotto uno stato socialista, come se i bisogni e le complessità una società largamente urbana richiedessero tipi di regolazioni e di controllo che prima non fossero necessari prima. In alcune aree, come la regolamentazione e il controllo, hanno compromesso seriamente sia la libertà di business che dei lavoratori, oltreché quello del pubblico in generale. Ma la maggior parte delle libertà rimane: la proprietà privata, i profitti privati, i sindacati, la contrattazione collettiva, la scelta dei consumatori, e l’economia di mercato nel quale la competizione largamente determina i prezzi, la qualità e la varietà dei beni e dei servizi forniti ai consumatori.
Oltre questo attacco ideologico al sistema stesso (discusso in questa relazione), i suoi elementi essenziali sono minacciati da una tassazione iniqua e, più recentemente, dall’inflazione la quale sembra essere incontrollabile15. Ma, qualunque possa essere la causa della diminuzione della libertà economica, la verità è che la libertà come concetto è indivisibile. Come dimostrano le esperienze degli stati socialisti e totalitari, la contrazione e la negazione della libertà economica è seguita inevitabilmente dalla restrizione governative sugli altri altri diritti cui siamo affezionati. E’ questo il messaggio, soprattutto, che deve essere portato nelle case di tutto il popolo americano.
Conclusioni
E’ appena necessario dire che i punti di vista espressi sopra sono sperimentali e indicativi. Il primo passo dovrebbe essere uno studio approfondito. Ma questo sarebbe un futile esercizio a meno che Il Consiglio di Amministrazione della Camera non accetti le fondamentali premesse di questo studio, ossia che il sistema di business e di impresa sono in grossi guai e che l’ora è tarda.
15 Il recente “blocco” dei prezzi e dei salari può ben essere giustificato dalla corrente crisi inflazionaria. Ma se imposto come misura permanente il sistema dʼimpresa avrà subito un colpo quasi mortale.

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