giovedì 14 dicembre 2017

L’EUROPA SARA’ ANCHE PERFIDA MA NOI SIAMO COGLIONAZZI - L’ITALIA E’ RIUSCITA A SPENDERE SOLO 2,4 MILIARDI DEI 42,6 CHE L’UE CI HA DATO PER LE AREE PIU’ DEBOLI - SIAMO IN RITARDO SUL FRONTE DELLA SPESA MA ANCHE SU QUELLO DELLA PROGRAMMAZIONE: ABBIAMO IMPEGNATO SOLO IL 37% DEI FONDI A DISPOSIZIONE

Antonio Troise per “il Giorno”


La storia si ripete. E, anche questa volta, la classifica che arriva da Bruxelles è impietosa: l' Italia continua ad essere il fanalino di coda nell' utilizzo dei fondi europei. Certo, non siamo proprio gli ultimi della lista. Ci sono almeno quattro paesi, sui 28 dell' Unione, che sono stati in grado di fare addirittura peggio di noi: Spagna, Romania, Irlanda, Austria.

Altri due, Croazia e Slovacchia hanno le stesse percentuali di spesa. Ma c' è poco da stare allegri. Perché i fondi comunitari sono strutturati, come si sa, per cicli di sette anni. L'ultimo è partito nel 2014 e si chiuderà inesorabilmente nel 2020. Oggi, insomma, siamo praticamente a metà strada.


E, nei primi 36 mesi, l'Italia è riuscita a spendere appena il 3% della montagna di soldi che l' Europa ha stanziato per le aree più deboli: 42,67 miliardi. Eppure siamo il secondo Paese dell' Unione destinatario di questi denari, superati solo dalla Polonia, che può contare su una dote di circa 105 miliardi di euro.

Ma anche l' Italia non scherza. I fondi europei, insieme con il cofinanziamento a carico del Tesoro, possono infatti attivare investimenti per 73,67 miliardi. Quasi 10 miliardi all' anno da destinare allo sviluppo, una cifra che in tempi di vacche magre per il bilancio dello Stato vale più dell' oro. Ma non basta. Perché siamo fortemente in ritardo non solo sul fronte della spesa ma anche su quello della programmazione. Abbiamo impegnato, infatti, solo il 37% dei fondi a disposizione.


Nella speciale classifica contenuta nella relazione della commissione Ue sui fondi europei, nelle posizioni inferiori troviamo solo Slovacchia, Croazia, Cipro, Romania e Spagna. Per ora nessuno nel governo ha fatto suonare campanelli di allarme. Anzi, c' è un certo ottimismo.

Anche perché negli ultimi tempi, l' Italia ha accelerato il passo. Un dato per tutti. Nel 2011, a due anni dal ciclo di programmazione 2007-2013, la spesa era inchiodata al 15%, con il rischio concreto di dover restituire una buona parte delle risorse assegnate. Poi, però, il ministro della Coesione Claudio De Vincenti ha fatto un piccolo miracolo ed è riuscito a spendere il 110% dei fondi incassando, in più, i complimenti della commissaria Ue per le politiche regionali, Corina Cretu. Inoltre, per il nuovo ciclo, la scelta è stata quella di concentrare le risorse nei cosiddetti patti territoriali, che dovrebbero ribaltare le statistiche. Sempre che, ovviamente, non si perda altro tempo.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/rsquo-europa-sara-rsquo-anche-perfida-ma-noi-siamo-coglionazzi-162867.htm

domenica 3 dicembre 2017

AGNELLI, “UN MILIARDO NASCOSTO ALL’ESTERO”



 tesoro segreto di Gianni Agnelli esiste ed è ben nascosto all’estero. È un malloppo di almeno un miliardo di euro, forse più. Difficile scoprirlo e quantificarlo, perché schermato da fiduciari e prestanome e protetto in paradisi societari che rispondono picche alle rogatorie dei magistrati italiani. Eppure le tracce sono inequivocabili. Lo sostengono i pm di Milano Eugenio Fusco e Gaetano Ruta, in una richiesta d’archiviazione che chiude una vicenda giudiziaria lunga e complicata messa in moto dalla figlia dell’Avvocato, Margherita Agnelli, ma apre uno squarcio sul tesoro e sui suoi custodi eccellenti.
Tutto era nato dopo la morte di Gianni Agnelli. Margherita Agnelli de Pahlen sostiene che l’accordo di ripartizione dell’eredità, sottoscritto dalla famiglia nel 2004, nasconde un imbroglio: non considera una parte del patrimonio, nascosta all’estero. Avvia dunque una causa contro i gestori dei beni del padre: Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e Siegfrid Maron, tutti uomini di fiducia della madre, Marella Caracciolo. Ne nasce una grande Dynasty all’italiana. Margherita contro suo figlio, il presidente della Fiat John Elkann, e tutto il resto della famiglia. Un processo civile a Torino, uno penale a Milano. Una storia contorta: a Milano, l’avvocato Emanuele Gamna, già difensore di Margherita, dichiara ai magistrati di avere ricevuto pressioni dalla sua ex cliente e dal suo nuovo legale, Charles Poncet, affinché restituisse parte della parcella ricevuta, 15 milioni di euro. Margherita minacciava di denunciarlo per evasione fiscale, se non gli avesse restituito una fetta dei suoi soldi: sosteneva infatti che l’avvocato aveva fatto il doppio gioco e si era accordato con i suoi avversari. La denuncia di Gamna provoca l’iscrizione di Margherita e di Poncet tra gli indagati. Ma fa partire anche le indagini per verificare se sia vero quanto sostiene la figlia di Agnelli.
Ora Fusco e Ruta chiudono l’inchiesta. Chiedono al gip di archiviare le accuse a Margherita e al suo legale (tentata estorsione) e a Gamna (falso in scrittura privata). Ma mettono nero su bianco che il tesoro di Agnelli esiste: è “verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti”. Per questo, “l’iniziativa giudiziaria promossa da Margherita Agnelli non può essere liquidata come una pretesa avventata”, né “possono escludersi, in linea teorica, accordi tra le persone coinvolte per marginalizzare Margherita Agnelli sul piano economico”. Dov’è, però, il tesoro? Quanto è grande? Le domande rimangono senza risposte compiute, perché le indagini sono state bloccate sia in Liechtenstein sia in Svizzera dalla “mancata collaborazione delle autorità locali”. Eppure qualche frammento di verità emerge: società offshore, finanziarie, un conto segreto in terra elvetica. Ne parla un testimone, Paolo Revelli, ex managing director di Morgan Stanley. “Questi ha affermato”, scrivono Fusco e Ruta, “di avere sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all’avvocato Giovanni Agnelli per una cifra compresa fra gli 800 e il miliardo di euro, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfrid Maron”, uno dei consulenti personali dell’avvocato per la gestione del patrimonio. A Vaduz, in Liechtenstein, secondo i pm sono domiciliate invece fondazioni, trust e anstalt riconducibili a Gianni Agnelli. La fondazione Alkyone, per esempio, che faceva riferimento a “protectors” eccellenti come Gabetti, Grande Stevens e Maron. Erano dell’Avvocato anche tre moli (il 25, il 26 e il 27) del porto francese di Beaulieu, in Costa Azzurra, usati da Gianni Agnelli fin dagli anni Settanta. Uno è della Triaria Investments di Jersey, intestataria anche di uno dei conti correnti di Maron presso la Morgan Stanley di Zurigo. Gli altri due sono riconducibili alla Delphburn Limited (Isola di Man) e Celestina Company Limited (Jersey). Ma erano dell’Avvocato, secondo le testimonianze dei figli di Achille Boroli, l’imprenditore che nel 2004 li aveva rilevati.


L'immenso patrimonio in nero dell'Avvocato AgnelliI pm di Milano elencano le proprietà off-shore di Gianni: c'è un immenso patrimonio scheamato in Svizzera e Liechtenstein. Spunta anche un conto segreto da 1 mld a Zurigo

di Nino Sunseri

Certo non è la maniera più lusinghiera per celebrare il decennale della scomparsa dell’Avvocato Agnelli. Chiuse le celebrazioni solenni alla presenza del Capo dello Stato, spente le candele, appassiti i fiori resta una realtà oscura e limacciosa che certo non aiuta la memoria del defunto. Gian Luigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, i più stretti collaboratori di Gianni Agnelli,  concludono la carriera di fedeltà alla dinastia con una condanna a un anno e quattro mesi inflitta dalla Corte d’Appello di Torino (in primo grado erano stati assolti). Una pena che non sconteranno e certo non farà ombra alla loro fedina penale perchè fra una settimana il processo si chiuderà per la prescrizione. Resterà la macchia di cui si sono fatti carico come ultimo sacrificio offerto alla famiglia: l’operazione in derivati che, nel 2005 consentì agli eredi Agnelli di mantenere il controllo della Fiat bloccando l’avanzata delle banche creditrici. Condannati solo Franzo Grande e Gabetti: i più fedeli fra i fedelissimi di Giovanni Agnelli. Le società coinvolte, a cominciare da Ifi-Ifil (oggi Exor) e l’accomandita di famiglia assolte.
C’è amarezza nelle parole di Franzo Grande Stevens che mai si sarebbe aspettato di chiudere la carriera di avvocato dell’Avvocato con una condanna per aver servito gli interessi della famiglia fino all’estremo limite della sua sapienza giuridica.
Ma in fondo questo è ancora niente. Più mortificante per la memoria dell’Avvocato l’altra notizia uscita ieri dal Palazzo di Giustizia (Milano stavolta).  
Riguarda il ricorso di sua figlia Margherita. Un’appendice della lite che ha contrapposto la primogenita di Gianni alla madre Marella e ai figli John, Lapo e Ginevra. Uno scontro degno più di un anfiteatro da tragedia greca che non una sorda e fredda aula di tribunale. In questo cascame processuale  Margherita e l’avvocato Charles Poncet erano accusati di tentata estorsione ai danni di un altro avvocato, Emanuele Gamna accusato, a sua volta, di falso in scrittura privata. Una vicenda piuttosto intessuta di interessi incrociati che avevano tutta l’apparenza di ricatti. Ma la Procura di Milano ha archiviato.
Tutto chiuso tranne un particolare. Dai documenti emerge un conto segreto da un miliardo di euro dell’avvocato Agnelli in Svizzera. Frutto di evasione fiscale? Chi può dirlo visto che i magistrati italiani non sono mai riusciti ad avere accesso alle carte. A rivelarne l’esistenza Paolo Revelli, ex manager di Morgan Stanley. In una testimonianza del 21 dicembre 2009 dichiara di «avere sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all’avvocato Giovanni Agnelli per una cifra compresa fra gli 800 milioni e il miliardo di euro,  intestata a Siegfried Maron». Il banchiere svizzero che gestiva le finanze personali dell’avvocato. Dall’indagine sarebbe emersa anche la presenza di due società offshore e una finanziaria riconducibili a loro volta all’Avvocato e destinate a schermare la proprietà di tre moli in Costa Azzurra. Un tesoretto nella disponibilità diretta di Gianni Agnelli e custodito all’estero. Impossibile saperne di più per la mancata collaborazione di Svizzera e Liechtenstein. «Vi sono molteplici indizi che portano a ritenere  verosimile l’esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni non sono mai state compiutamente definite» scrivono i pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta.
http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/1189231/L-immenso-patrimonio-in-nero--dell-Avvocato-Agnelli.html