giovedì 31 ottobre 2013
COME SONO MORTI ADRIANO OLIVETTI ED ENRICO MATTEI? Pubblicato su 30 ottobre 2013 da LUCIOGIORDANO
DI PAOLO BROGI
In margine allo sceneggiato su Adriano Olivetti che si è concluso questa sera con la seconda puntata. Due domande, anzi tre: come è morto Adriano Olivetti? E come è morto un anno dopo, nel 1961, Mario Tchou? Che fine fece il supercalcolatore elettronico Elea, che dopo la morte dei due finì alla General Electric americana? E infine: come è morto subito dopo, nel 1962, Enrico Mattei dell’Eni?
Tra il 1960 e il 1961 l’Italia fu decapitata del programma che insidiava la supremazia americana rappresentata dalla Ibm. Un anno dopo con un altro morto veniva spezzato il sogno di autonomia energetica gestito da Enrico Mattei.
Poco tempo fa è stato Carlo Debenedetti ad avanzare l’ipotesi che Mario Tchou, un genio dell’informatica (nella foto con Roberto Olivetti), sia stato ucciso dagli americani.
Un dato è certo, dopo la morte di Tchou e di Olivetti il cammino dell’informatica in Occidente prese un’altra strada, quella americana. E dopo Mattei la supremazia delle Sette Sorelle diventò inossidabile…
Ma torniamo all’Olivetti e al suo mago elettronico Mario Tchou: chi era Tchou? Ecco la scheda di Wikipedia:
Mario Tchou (recte: Mario Zhū[1]; Roma, 1924 – Santhià, 9 novembre 1961) è stato un ingegnere italiano di origine cinese, esperto di elettronica, tra gli sviluppatori dell’Olivetti, noto per il ruolo avuto nello sviluppo del progetto di alta tecnologia Olivetti Elea.
Nato a Roma nel 1924, era figlio di Evelyn Waugh e del diplomatico Tchou Yin, che lavorava all’interno del Consolato della Cina imperiale presso la Santa Sede. Intraprese gli studi in Italia, laureandosi poi negli Stati Uniti al Politecnico dell’Università di New York. All’età di 28 anni fu chiamato a insegnare all’Università Columbia di New York.
Data la sua conoscenza dell’elettronica, nel 1955 Adriano Olivetti lo portò in azienda, e gli affidò l’incarico di formare un gruppo di lavoro che, in collaborazione con l’Università di Pisa, aveva l’obiettivo di progettare e costruire un calcolatore elettronico tutto italiano, su suggerimento di Enrico Fermi, utilizzando i 150 milioni già stanziati (per un sincrotrone realizzato invece successivamente a Frascati) per la Calcolatrice Elettronica Pisana a valvole. In seguito lavorò al più grande Olivetti Elea, il massimo supercomputer a transistor dell’epoca, costruito in 40 esemplari.
L’attività di Mario Tchou era improntata a una visione che puntava sull’alta innovazione. Nel laboratorio di Barbaricina (quartiere di Pisa) raccolse i migliori cervelli, tutti giovani:
Egli considerava l’Italia «allo stesso livello dei paesi più avanzati nel campo delle macchine calcolatrici elettroniche dal punto di vista qualitativo. Gli altri però ricevono aiuti enormi dallo Stato. Gli Stati Unitistanziano somme ingenti per le ricerche elettroniche, specialmente a scopi militari. Anche la Gran Bretagna spende milioni di sterline. Lo sforzo di Olivetti è relativamente notevole, ma gli altri hanno un futuro più sicuro del nostro, essendo aiutati dello Stato»[3].
Il giovane ingegnere cercò personalmente di avvicinarsi a Ivrea, la sede storica piemontese dell’Olivetti, per abbattere il muro di diffidenza che gli impiegati del settore meccanico avevano nei confronti della neonata divisione elettronica. Ma anche i tentativi di Tchou si dimostrarono vani: il settore meccanico e quello elettronico restarono divisi, come le rispettive sedi, l’una a Ivrea, l’altra a Borgolombardo, vicino aMilano, dove si trasferì nel 1960 il gruppo di Barbaricina.
Mario Tchou morì in un incidente d’auto il 9 novembre 1961, a soli 37 anni, mentre si recava a Ivrea per discutere del progetto di una nuova architettura hardware a transistor, basata su un nuovo software: il nuovo progetto avrebbe dovuto utilizzare come linguaggio di programmazione preferenziale il Palgo, derivativo dell’ALGOL, e un assembler di nome PSICO. L’improvvisa morte di Tchou, successiva di un anno alla morte prematura di Adriano Olivetti, decretò la fine del progetto Elea (il laboratorio guidato da Tchou fu in seguito venduto alla General Electric). Entrambe le morti chiudono un’importante stagione per l’elettronica italiana, che vedeva allora la leadership industriale e tecnologica della Olivetti.
Nel 2013, Carlo De Benedetti, che guidò negli anni 80 e 90 l’Olivetti, avanzerà l’ipotesi che l’incidente mortale in cui rimase convolto Tchou sia stato provocato dai servizi segreti americani per favorire l’IBM.
Nota personale: Mario Tchou era fratello di Maria Tchou, sposata con Riccardo Mamo, cugino di Paolo Padovani, mio suocero, che aveva lavorato con Adriano Olivetti nelle edizioni di Comunità. Paolo diceva che Mario era un vero genio.
http://luciogiordano.wordpress.com/2013/10/30/come-sono-morti-adriano-olivetti-ed-enrico-mattei/
Adriano Olivetti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Adriano Olivetti (Ivrea, 11 aprile 1901 – Aigle, 27 febbraio 1960) è stato un imprenditore, ingegnere e politico italiano, figlio di Camillo Olivetti (fondatore della Ing C. Olivetti & C, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere)[1] e Luisa Revel e fratello dell'industriale Massimo Olivetti. Uomo di grande e singolare rilievo nella storia italiana del secondo dopoguerra, si distinse per i suoi innovativi progetti industriali basati sul principio secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della comunità[2].
on. Adriano Olivetti
Bandiera italiana Parlamento italiano
Camera dei deputati
Luogo nascita Ivrea
Data nascita 11 aprile 1901
Titolo di studio Laurea in Ingegneria Chimica
Professione Imprenditore
Partito Movimento Comunità
Legislatura III
Gruppo Misto
Indice [nascondi]
1 Biografia
2 Adriano Olivetti e la politica
2.1 Dal primo dopoguerra agli anni del consenso fascista
2.2 Il dopoguerra e l'impegno nel Movimento Comunità
3 Adriano Olivetti e la fabbrica
3.1 Morte
3.2 Pubblicazioni personali
4 Note
5 Bibliografia
6 Filmografia
7 Voci correlate
8 Altri progetti
9 Collegamenti esterni
Biografia[modifica | modifica sorgente]
Nacque sulla collina di Monte Navale, nelle vicinanze di Ivrea l'11 aprile del 1901, dal padre Camillo, ebreo, e dalla madre Luisa Revel, valdese. Nel 1924 conseguì la laurea in ingegneria chimica al Politecnico di Torino e, dopo un soggiorno di studio negli Stati Uniti insieme a Domenico Burzio (Direttore Tecnico della Olivetti), durante il quale poté aggiornarsi sulle pratiche di organizzazione aziendale, entrò nel 1926 nella fabbrica paterna ove, per volere di Camillo, fece le prime esperienze come operaio. Divenne direttore della Società Olivetti nel 1932, anno in cui lanciò la prima macchina per scrivere portatile chiamata MP1, e presidente nel 1938.[3]
Si oppose al regime fascista con momenti di militanza attiva. Partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini ed altri alla liberazione di Filippo Turati (lo stesso Adriano era alla guida dell'auto che lo portò fuori dal paese).Badoglio lo accusò di esporre l'Italia in cattiva luce con gli USA. Durante gli anni della Guerra riparò in Svizzera da dove si mantenne in contatto con la Resistenza. Dal 1931 la questura di Aosta (dalla quale l'imprenditore necessitava avere la certificazione di appartenenza alla razza ariana a causa delle origini del padre ebreo) definì il giovane Olivetti come sovversivo.[4] Rientrato dal suo rifugio alla caduta del regime, riprese le redini dell'azienda. Alle sue capacità manageriali, che portarono la Olivetti ad essere la prima azienda del mondo nel settore dei prodotti per ufficio, unì un'instancabile sete di ricerca e di sperimentazione su come si potesse armonizzare lo sviluppo industriale con l'affermazione dei diritti umani e con la democrazia partecipativa, dentro e fuori la fabbrica. Sotto l'impulso delle fortune aziendali e dei suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni cinquanta raggruppò una quantità straordinaria di intellettuali che operavano (chi in azienda chi all'interno del Movimento Comunità) in differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.[5]
Alla fine del 1945 pubblicò il suo libro "L'ordine politico delle comunità" nel quale sono espresse quelle idee che supporteranno il Movimento Comunità fondato nella città di Torino nel 1948. Nello stesso anno entrò a far parte del Consiglio direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, cui aveva aderito dieci anni prima. Nel 1937 aveva partecipato ad una serie di studi su un piano regolatore della Valle d'Aosta.[4]
Nel 1949 Olivetti si convertì al cattolicesimo «per la convinzione della sua superiore teologia»[6]. Nel 1950 espose la sua visione del primato in campo politico dell'Urbanistica e della Pianificazione. L'urbanistica fu solo una delle tante passioni di Olivetti che si interessò di storia, filosofia, letteratura ed arte. È al suo personale rifinanziamento che si deve la rinascita della rivista "Urbanistica". Nel 1953 decise di aprire una fabbrica di macchine calcolatrici a Pozzuoli offrendo posti di lavoro con salari sopra le medie e assistenza alle famiglie degli operai la cui produttività in questo stabilimento superò quella dei colleghi nella fabbrica di Ivrea. Nel 1956 fu eletto sindaco di Ivrea e due anni dopo ottenne due seggi in Parlamento candidandosi con il Movimento Comunità. Il suo voto fu rilevante per la fiducia al governo Fanfani. Nel 1957 la National Management Association di New York premiò l'attività di direzione d'azienda internazionale di Olivetti. Il 27 febbraio 1960 morì improvvisamente durante un viaggio in treno da Milano a Losanna a causa di una devastante emorragia cerebrale. Al momento del decesso l' Azienda, fondata dal padre e da lui per lungo tempo diretta, vantava una presenza su tutti i maggiori mercati internazionali, con circa 36.000 dipendenti, di cui oltre la metà all'estero.[4]
Nel 1962 nasce la Fondazione Adriano Olivetti per volontà di familiari, amici e collaboratori, con l’intento di raccogliere e sviluppare l’impegno civile, sociale e politico che ha distinto l’operato di Adriano Olivetti nel corso della sua vita.[5]
Adriano Olivetti e la politica[modifica | modifica sorgente]
Dal primo dopoguerra agli anni del consenso fascista[modifica | modifica sorgente]
Adriano Olivetti ebbe un rapporto dialettico con il padre Camillo. Apparentemente visse la ribellione tipica dei figli "intelligenti" nel confronto dei padri altrettanto "intelligenti". Si può comunque affermare che tra Adriano e Camillo Olivetti ci fu sempre identità di vedute nelle linee generali della politica e dell'idealità anche se, spesso e volentieri, Adriano ebbe modo di affermare anche in quel campo la propria autonomia e la propria statura intellettuale.
Camillo Olivetti sappiamo, fu un cauto interventista sopravvivendo in lui lo spirito risorgimentale. Adriano, in sintonia, dopo Caporetto si arruolò volontario pur non combattendo in quanto la guerra finì prima che potesse raggiungere il fronte. Adriano si laureò in ingegneria chimica presso il Politecnico di Torino, fu una ribellione a metà nei confronti del padre, che sicuramente l'avrebbe preferito ingegnere meccanico. A metà, perché le sue inclinazioni erano all'epoca più vicine alla cultura umanistica che non a quella scientifica.
Nel 1919 collaborò con il padre alla redazione de L'Azione Riformista: è provato da numerosi riferimenti del padre, anche se non siamo in grado di riconoscere gli articoli scritti da Adriano Olivetti in quanto anonimi o firmati con uno pseudonimo. Quando nel 1920 Camillo decise di sospendere la pubblicazione di quel settimanale canavesano da lui ritenuto troppo provinciale e quindi privo di un'influenza reale nella politica, Adriano convinse il padre a cedere a lui e a dei suoi giovani amici[7] quel foglio, che tuttavia non andrà oltre al 1920.
Sappiamo che collaborò anche con Tempi Nuovi il settimanale politico torinese che il padre promuoverà con Donato Bachi (che ne sarà il direttore) e altri progressisti. Con la svolta, prima critica, poi più marcatamente antifascista di quel giornale, ci fu anche la svolta politica di Adriano Olivetti, anche influenzato dall'ambiente culturale del Politecnico e dall'amicizia con la famiglia Levi. In particolare con Gino Levi suo compagno di corso.
Acutamente, Natalia Levi Ginzburg nel libro Lessico famigliare descrive in questi termini il rapporto tra Adriano Olivetti e la propria famiglia[8]:
« Fra questi amici ce n'era uno che si chiamava Olivetti, e io ricordo la prima volta che entrò in casa nostra, vestito da soldato perché faceva in quel tempo il servizio militare. Adriano aveva allora la barba, una barba incolta e ricciuta, di un colore fulvo; aveva lunghi capelli biondo fulvi, che si arricciolavano sulla nuca ed era grasso e pallido. La divisa militare gli cadeva male sulle spalle, che erano grasse e tonde; e non ho mai visto una persona, in panni grigio verdi e con pistola alla cintola, più goffa e meno marziale di lui. Aveva un'aria molto malinconica, forse perché non gli piaceva niente fare il soldato; era timido e silenzioso, ma quando parlava, parlava allora a lungo e a voce bassissima, e diceva cose confuse ed oscure, fissando il vuoto con i piccoli occhi celesti, che erano insieme freddi e sognanti. »
Con la famiglia Levi, Adriano fu tra i protagonisti della rocambolesca fuga di Filippo Turati. Ospitato prima dai Levi nella loro casa di Torino, Turati raggiunse poi Ivrea. Fece tappa nella notte in casa di Giuseppe Pero, dirigente della Olivetti, per ripartire al mattino seguente in una macchina guidata da Adriano che raggiungerà Savona, dove li aspettava Sandro Pertini con cui l'esule si imbarcò per la Corsica per poi raggiungere la Francia e Parigi.
Come abbia potuto, Adriano Olivetti, non essere coinvolto nell'inchiesta fascista che seguì alla fuga di Turati non è chiaro. Possiamo solo formulare due ipotesi: una, che riguarda la fortuna o la superficialità delle indagini; l'altra, (che può solo essere ipotizzata) riguardante protezioni che vennero dagli ambienti "giodiani" torinesi. Sappiamo dagli articoli su Tempi Nuovi che la redazione, almeno fino al 1923 ebbe un rapporto di reciproca stima con il fascismo torinese di Mario Gioda, il quale sia pur scomparso nel 1924, aveva lasciato numerosi seguaci nella federazione torinese.
L'antifascismo di Adriano si era già espresso immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere di Giacomo Matteotti nella manifestazione che promosse, insieme al padre, al teatro Giacosa di Ivrea nel 1924. Maggiore prudenza Adriano Olivetti la dimostrò nei confronti del regime, parallelamente all'assunzione di responsabilità nella fabbrica di Ivrea.
Adriano Olivetti venne nominato Direttore generale, si sposò con Paola Levi, sorella di Gino. Paola, insofferente al provincialismo eporediese, lo convinse a trasferire casa a Milano; questa fu una delle svolte culturali per Adriano, perché nel capoluogo meneghino poté incontrare quell'intellighenzia che lo avvicinò in seguito all'architettura, l'urbanistica, la psicologia e la sociologia.
Ebbe ancora problemi con il Regime, quando il fratello di Gino e Paola Levi, Mario (che lavorava alla Olivetti), venne fermato alla frontiera con la Svizzera, essendo l'auto carica di manifestini di Giustizia e Libertà. Riuscì a fuggire, ma la conseguenza fu che Gino Levi e il padre furono arrestati, rimanendo per circa due mesi nelle patrie galere. Adriano in quel frangente si mobilitò e molto spese del suo per difendere il suocero e l'amico cognato. È quello il periodo in cui a Camillo Olivetti fu momentaneamente ritirato il passaporto.
Tuttavia i rapporti con il fascismo migliorarono negli anni trenta. Sarà soprattutto l'incontro con gli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, i quali erano la punta più avanzata di quel razionalismo in architettura che in un primo periodo venne sostenuto anche da Mussolini. I due architetti erano i corrispondenti italiani del grande Le Corbusier, il quale, pure lui, per un certo periodo fu estimatore di Mussolini in quegli anni che saranno definiti del consenso[9], tanto che Figini e Pollini aderirono al partito fascista.
Sicuramente Adriano da loro fu influenzato; essi saranno infatti gli architetti della nuova Olivetti e saranno anche, con Adriano, estensori del Piano per la provincia di Aosta (di cui Ivrea faceva parte in quegli anni). Non sappiamo con quanta convinzione, ma ad ogni modo è provato[10] che Adriano Olivetti chiese ed ottenne la tessera al PNF. Non solo, ma fu ricevuto da Mussolini a Palazzo Venezia dove l'industriale eporediese presentò il suo piano al Duce.
Le sue affinità politiche del periodo furono con Giuseppe Bottai che nel fascismo sempre rappresentò una voce fuori dal coro. Prudente tanto da non farsi radiare come avvenne a Massimo Rocca, Bottai fu pur sempre uno spirito libero che rappresentò l'altra faccia del fascismo, quella meno totalitaria e folcloristica e più problematica. Queste qualità comunque non impedirono poi a Bottai di essere un convinto promulgatore del Manifesto della Razza e uno tra i più fanatici sostenitori delle leggi razziali fasciste.
Quello con il Regime fu un feeling di breve durata. In architettura i gusti di Mussolini cambiarono: dal razionalismo passò ad un'architettura di regime che intendeva riecheggiare i fasti della Roma Imperiale.
In ogni caso, il piano della Valle d'Aosta ebbe ancora una mostra a Roma, i giornali ne parlarono, come dimostra una lettera che Camillo scrisse ad Adriano:
« Sig Adriano Olivetti Roma
Ho visto i tuoi articoli sulla Stampa e sulla Gazzetta del popolo per il piano per la Provincia di Aosta, e spero che questo tuo lavoro ti possa dare molta gloria, ma pochi fastidi.
Sulla Gazzetta del Popolo ho osservato che il tuo nome è stato omesso. Non so se l'articolo è stato scritto da te (nel qual caso ti avverto che non bisogna essere troppo modesti) oppure da altri che non ha voluto menzionare il tuo nome, nel qual caso vorrei sapere la causa (…) »
(lettera presente nell'archivio storico Olivetti)
Poi fu il silenzio, con la guerra d'Africa prima, la guerra di Spagna e poi, il secondo conflitto mondiale, il consenso di Adriano Olivetti si affievolì fino a portarlo ad un aperto antifascismo.
Il dopoguerra e l'impegno nel Movimento Comunità[modifica | modifica sorgente]
Nel 1945 Olivetti pubblicò L'ordine politico delle Comunità che va considerato la base teorica per un'idea federalista dello Stato che, nella sua visione, si fondava appunto sulle comunità, vale a dire unità territoriali culturalmente omogenee e economicamente autonome. Divenne un sostenitore del federalismo europeo dopo aver conosciuto Altiero Spinelli durante l'esilio in Svizzera, iniziato da Olivetti nel 1944 a causa della sua attività antifascista.
Nel 1948 fondò a Torino il "Movimento Comunità" e si impegnò affinché si realizzasse il suo ideale di comunità in terra di Canavese. Il movimento, che tentava di unire sotto un'unica bandiera l'ala socialista con quella liberale, assunse nell'Italia degli anni cinquanta una notevole importanza nel campo della cultura economica, sociale e politica. Scopo dell'iniziativa politica era creare un movimento socio-tecnocratico di una trentina di deputati in grado di costituire l'ago della bilancia fra il centro (egemonizzato dalla Democrazia cristiana) e la sinistra (egemonizzata dal PCI). Nel 1955 durante la seconda edizione del premio Compasso d'Oro ad Adriano Olivetti viene attribuito il primo "Gran Premio Nazionale", prestigioso riconoscimento datogli per la sua influenza nell'industria e nel design italiano[11]. Nel 1958 Olivetti fu eletto deputato come rappresentante di "Comunità". La sua morte prematura sancì la fine del movimento.
Adriano Olivetti e la fabbrica[modifica | modifica sorgente]
Adriano Olivetti riuscì a creare nel dopoguerra italiano un'esperienza di fabbrica nuova ed unica al mondo in un periodo storico in cui si fronteggiavano due grandi potenze: capitalismo e comunismo. Olivetti credeva che fosse possibile creare un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, tanto che l'organizzazione del lavoro comprendeva un'idea di felicità collettiva che generava efficienza.
Gli operai vivevano in condizioni migliori rispetto alle altre grandi fabbriche italiane: ricevevano salari più alti, vi erano asili e abitazioni vicino alla fabbrica che rispettavano la bellezza dell'ambiente, i dipendenti godevano di convenzioni. Anche all'interno della fabbrica l'ambiente era diverso: durante le pause i dipendenti potevano servirsi delle biblioteche, ascoltare concerti, seguire dibattiti, e non c'era una divisione netta tra ingegneri e operai, in modo che conoscenze e competenze fossero alla portata di tutti.
L'azienda accoglieva anche artisti, scrittori, disegnatori e poeti, poiché l'imprenditore Adriano Olivetti riteneva che la fabbrica non avesse bisogno solo di tecnici ma anche di persone in grado di arricchire il lavoro con creatività e sensibilità. Adriano Olivetti credeva nell'idea di comunità, unica via da seguire per superare la divisione tra industria e agricoltura, ma soprattutto tra produzione e cultura. L'idea, infatti, era quella di creare una fondazione composta da diverse forze vive della comunità: azionisti, enti pubblici, università e rappresentanze dei lavoratori, in modo da eliminare le differenze economiche, ideologiche e politiche. Il suo sogno era di riuscire ad ampliare il progetto a livello nazionale, in modo che quello della comunità fosse il fine ultimo.
Morte[modifica | modifica sorgente]
In occasione della ricerca di nuovi fondi di prestito presso banche svizzere per rilanciare l'azienda, il 27 febbraio 1960 Adriano Olivetti prese il treno Milano-Losanna, tuttavia egli fu colto da improvviso malore sul treno, già dopo il confine, nei pressi di Aigle, in Svizzera. Inutili furono i soccorsi, così come non fu nemmeno eseguita l'autopsia, tanto da supporre, a tutt'oggi, l'ipotesi di un complotto[12] a favore delle lobby americane.
Pubblicazioni personali[modifica | modifica sorgente]
Adriano Olivetti "Ai Lavoratori. Discorsi agli operai di Pozzuoli e Ivrea", Edizioni di Comunità, 2012.
Adriano Olivetti "Democrazia senza partiti", Edizioni di Comunità, 2013.
Adriano Olivetti "Il cammino della Comunità", Edizioni di Comunità, 2013.
Adriano Olivetti "Il mondo che nasce", Edizioni di Comunità, 2013.
Adriano Olivetti, Città dell'uomo, Milano, Edizioni di Comunità, 1959.
Adriano Olivetti, L'ordine politico delle Comunità dello Stato secondo le leggi dello spirito, Roma, Edizioni di Comunità, 1946.
Adriano Olivetti, L'ordine politico delle Comunità. Le garanzie di libertà in uno stato socialista, a cura di Renzo Zorzi, Milano, Edizioni di Comunità, 1970.
Adriano Olivetti, L'ordine politico delle Comunità. Le garanzie di libertà in uno Stato socialista, Ivrea, Nuove Edizioni Ivrea, 1945.
Adriano Olivetti, Società, Stato, Comunità. Per un'economia e politica comunitaria, Milano, Edizioni di Comunità, 1952.
Note[modifica | modifica sorgente]
^ Storia di un'impresa. URL consultato il 18/06/2013.
^ L'imprenditore rosso. URL consultato l'11/06/2013.
^ Storia di un'impresa. URL consultato il 18/06/2013.
^ a b c Adriano Olivetti-La storia siamo noi. URL consultato il 10/06/2013.
^ a b Fondazione Adriano Olivetti: A. Olivetti (html).
^ Davide Cadeddu, «Adriano Olivetti, le utopie al potere», Avvenire, 25 febbraio 2010.
^ dal commiato di Camillo ai lettori Azione Riformista 1919
^ il padre di Natalia Ginzburg, Giuseppe Levi, fu un brillante docente di anatomia all'università di Torino. Adriano Olivetti ne sposerà la figlia Paola Levi, sorella di Natalia
^ Renzo De Felice, Gli anni del consenso, Einaudi
^ Valerio Ochetto, Adriano Olivetti, Milano, Mondadori, 1985
^ premio compasso d'oro. URL consultato il 17 febbraio 2013.
^ http://luciogiordano.wordpress.com/2013/10/30/come-sono-morti-adriano-olivetti-ed-enrico-mattei/
Bibliografia[modifica | modifica sorgente]
Valerio Ochetto, Adriano Olivetti. La Biografia, Edizioni di Comunità, 2013.
Federico Bilò, Ettore Vadini, Matera e Adriano Olivetti, Fondazione Adriano Olivetti, Collana Intangibili, n.23, 2013
Roberto Scarpa, Il coraggio di un sogno italiano, Scienza Express, 2013
Giancarlo Liviano D'Arcangelo, La città dell'uomo, in Id., Invisibile è la tua vera patria. Reportage del declino. Luoghi e vite dell'industria italiana che non c'è più, Il Saggiatore, 2013
La Biblioteca di Adriano Olivetti, Fondazione Adriano Olivetti, Collana Intangibili, n.21, 2012.
Sandro Pisani, "Le città di Olivetti", MultiMediaDocumentary, 2012
AA.VV. "In me non c'è che futuro", Sattva Films, 2011
AA.VV., "Adriano Olivetti cinquant'anni dopo", Fondazione Adriano Olivetti, Collana Intangibili, n.17, 2011
Marco Peroni, Riccarco Cecchetti (a cura di), "Adriano Olivetti un secolo troppo presto", Becco Giallo, 2011
Alberto Saibene (a cura di), "Fabbrica e Comunità. Scritti autobiografici", Edizioni dell'Asino, 2011
Giuseppe De Rinaldis, "Chi era il socialista Adriano Olivetti?", Editrice UNI Service. 2011.
Giuseppe De Rinaldis, "Una vita ben spesa" - Adriano Olivetti: tra Ivrea, Aosta, Matera, Sorrento, Napoli, Pozzuoli, Ivrea. Edizioni Bolognino Ivrea, 2010.
AA.VV., Adriano Olivetti, la fabbrica dei Valori, ciclo di 7 puntate in podcast da Passioni di Rai Radio 3 (febbraio 2010)
Emanuele Piccardo,Lettera22, ed. plug_in, 2010
AA.VV., La lezione politica di Adriano Olivetti. Conversazioni su: Costruire le istituzioni della democrazia di Sergio Ristuccia, Fondazione Adriano Olivetti, Collana Intangibili, n.9, 2009.
Sergio Ristuccia, Costruire le istituzioni della democrazia. La lezione di Adriano Olivetti, politico e teorico della politica, Venezia, Marsilio, 2009.
Vico Avalle, Ugo Aluffi, Pino Ferlito, La saga degli Olivetti. 1908 - 2008, seconda edizione a cura di Ugo Avalle, Bollengo (To), Edito dal Comune di Bollengo, 2009.
Beniamino de' Liguori Carino, Adriano Olivetti e le Edizioni di Comunità (1946-1960), Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, 2008.
Davide Cadeddu, Il valore della politica in Adriano Olivetti, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, 2007.
Davide Cadeddu, La riforma politica e sociale di Adriano Olivetti (1942-1945), Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, 2006.
Franco Filippazzi, ELEA: storia di una sfida industriale, in Luigi Dadda, La nascita dell'informatica in Italia, Milano, Polipress, 2006.
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Mario Caglieris, Olivetti, addio. Un sogno premonitore, Ivrea, Bolognino Editore, 2005.
Paolo Bricco, Olivetti, prima e dopo Adriano: industria, cultura, estetica, Napoli, L'Ancora del Mediterraneo, 2005.
Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, Einaudi, 2005
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Luciano Gallino, L'impresa responsabile. Un'intervista su Adriano Olivetti, Torino, Edizioni di Comunità, 2001.
Franco Ferrarotti, La società e l'utopia. Torino, Ivrea, Roma e altrove, Roma, Donzelli Editore, 2001.
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Valerio Castronovo, Grandi e piccoli borghesi: la via italiana al capitalismo, Roma-Bari, Laterza, 1988.
Giancarlo Lunati, Con Adriano Olivetti alle elezioni del 1958, All'insegna del pesce d'oro, Vanni Scheiwiller, 1985.
Valerio Ochetto, Adriano Olivetti, Milano, Mondadori, 1985.
Umberto Serafini, Adriano Olivetti e il Movimento Comunità: una anticipazione scomoda, un discorso aperto, Roma, Officina, 1982.
Alberto Mortara, Protagonisti dell'intervento pubblico: Adriano Olivetti, in «Economia Pubblica», n. 3, 1982, pp. 105-118.
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Franco Ferrarotti, Attualità del pensiero politico di Adriano Olivetti, in AA.VV, Studi in onore di Paolo Fortunati, vol. II, Bologna, Clueb, 1980.
Geno Pampaloni, Adriano Olivetti: un'idea di democrazia, Milano, Edizioni di Comunità, 1980.
Giuseppe Berta, Le idee al potere: Adriano Olivetti tra la fabbrica e la comunità, Milano, Edizioni di Comunità, 1980.
Luciano Cafagna, Adriano Olivetti, patrono del Sessantotto. L'eredità ideologica dell'industriale di Ivrea, in «Corriere della Sera», 7 ottobre 1985, p. 3.
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«Olivetti, Adriano», Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani.
Lidia Galimberti, «Olivetti, Adriano», Enciclopedia dei ragazzi (2006), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani.
Filmografia[modifica | modifica sorgente]
Lettera22, un documentario di Emanuele Piccardo su Adriano Olivetti, 2009
Michele Fasano, In me non c'è che futuro, libro+DVD, Sattva Films, 2011.
Adriano Olivetti - La forza di un sogno - Luca Zingaretti, (2013)
Voci correlate[modifica | modifica sorgente]
Lettera 22
Olivetti ELEA
Negozio Olivetti
Altri progetti[modifica | modifica sorgente]
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Controllo di autorità VIAF: 72205040
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SILURO GIUDIZIARIO PER IL GOVERNO LETTA-NAPOLITANO: PRESSIONI DELLA MINISTRA CANCELLIERI PER FAR USCIRE DI GALERA GIULIA LIGRESTI, LA FIGLIA DI DON SALVATORE! - 2. LE INTERCETTAZIONI DELLA PROCURA DI TORINO LA INCHIODANO, DI FRONTE AI MAGISTRATI CONFERMA LE MOSSE PER LA SCARCERAZIONE LAMPO: “GIULIA SOFFRE DI ANORESSIA E RIFIUTA IL CIBO. HO SENSIBILIZZATO I DUE VICE CAPI DI DIPARTIMENTO DEL DAP”. - 3. QUANTI DETENUTI HANNO IL MINISTRO PER AMICO? IL FIGLIO DELLA CANCELLIERI, PIERGIORGIO PELUSO, ERA DIRETTORE GENERALE DELLA FONSAI SPOLPATA DAI LIGRESTO’S. “SONO BUONA AMICA DI GABRIELLA FRAGNI (COMPAGNA DI LIGRESTI) DA PARECCHI ANNI” - 4. ALTRO AVVERTIMENTO AL QUIRINALE CONTRO EVENTUALI SALVA-BANANA: LA CANCELLIERI, FEDELISSIMA DI RE GIORGIO, SI È SCHIERATA SUBITO PER L’AMNISTIA. E ORA SI DIMETTERÀ? -
Ottavia Giustetti per "La Repubblica"
"La persona che potrebbe fare qualcosa per Giulia è il ministro Cancellieri": il 17 agosto la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, intercettata, parla al telefono con il cognato, Antonino Ligresti, e trascina il ministro della Giustizia negli atti dell'inchiesta su Fonsai che è costata l'arresto all'intera famiglia del finanziere siciliano.
Chiamata direttamente da Antonino, il ministro della Giustizia risponde, e si attiva.
Parla con i due vice capi di dipartimento del Dap, il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, per "sensibilizzarli" sul fatto che Giulia Maria Ligresti soffre di anoressia. Il 28 agosto, dopo che il ministro della Giustizia si è interessata della sua situazione in cella, finalmente Giulia vede aprirsi le porte del carcere.
ligresti salvatore
LIGRESTI SALVATORE
"Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione" spiega più tardi Cancellieri, davanti al procuratore aggiunto, Vittorio Nessi, che è volato a Roma per sentirla e che ha cercato di ricostruire l'intera vicenda. E la parentesi che la riguarda si chiude rapidamente senza alcun risvolto penale: non c'è un nesso provato tra il suo attivarsi e la scarcerazione della donna.
Ciononostante, nel verbale di interrogatorio del 22 agosto resta traccia delle parole e dell'interessamento personale del ministro della Giustizia a un aspetto privato dell'inchiesta su Fonsai. Tutto comincia il 17 agosto. Giulia Ligresti è in carcere da un mese e ha già detto di voler patteggiare, ma il giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta dei suoi avvocati che chiedono sia mandata ai domiciliari.
jonella e salvatore ligresti
JONELLA E SALVATORE LIGRESTI
I parenti sono preoccupati che non stia bene e che possa ricadere nell'anoressia di cui ha sofferto in passato. La telefonata tra Gabriella Fragni e il fratello dell'ingegnere di Paterno desta l'allerta della procura di Torino che, esaminando i tabulati telefonici dei familiari degli indagati, si accorge che alcuni contatti con la Cancellieri ci sono stati, fin dal giorno degli arresti. Si attivano perciò controlli più approfonditi.
Giulia Ligresti
GIULIA LIGRESTI
La vicinanza tra il ministro e la famiglia dell'ingegnere di Paternò è un fatto noto, come pure che il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso, sia stato dirigente della compagnia assicurativa Fondiaria Sai. Il nome di Peluso compare spesso nelle carte dell'inchiesta torinese, mai però in veste di indagato. «Essendo io buona amica della Fragni da parecchi anni - ha spiegato il ministro al procuratore - ho ritenuto, in concomitanza con l'arresto dell'ingegnere e delle figlie, di farle una telefonata di solidarietà sotto l'aspetto umano».
Giulia Ligresti
GIULIA LIGRESTI
Cancellieri e Fragni si sentono più di una volta per telefono. Tanto che la compagna di Salvatore Ligresti, quando la situazione della figlia Giulia non trova soluzione, parla con il cognato e suggerisce di contattarla come ultimo tentativo. Gli avvocati difensori, Gianluigi Tizzoni e Alberto-Mittone, che avevano già parlato di un possibile patteggiamento, si sono visti respingere l'istanza di scarcerazione dal giudice Silvia Salvadori, nonostante il parere favorevole della procura.
L'intera famiglia è travolta dal timore che la donna possa non reggere. E si gioca l'ultima carta: è a questo punto che la compagna di Salvatore, parlando al telefono con il cognato, dice che la sola persona che possa fare qualcosa per Giulia è il ministro Cancellieri. La telefonata resta impigliata nella rete delle intercettazioni e la Fragni sentita il 20 agosto conferma di averlo detto.
Nuccio Peluso AnnaMaria Cancellieri
NUCCIO PELUSO ANNAMARIA CANCELLIERI
Il ministro Cancellieri davanti al magistrato torinese, pochi giorni dopo, racconta cosa è successo poi: «Effettivamente ho ricevuto una telefonata da Antonino Ligresti che conosco da molti anni. Ligresti mi ha rappresentato la preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia Maria la quale, soffre di anoressia e rifiuta il cibo. In relazione a tale argomento ho sensibilizzato i due vice capi di dipartimento del Dap, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati».
Cancellieri spiega, e il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, titolare dell'inchiesta sul falso in bilancio insieme al sostituto procuratore Marco Gianoglio, riporta nel verbale. Il ministro dice di avere a cuore la salute dei detenuti in generale. Ma poi chiarisce, proseguendo nel racconto, che il suo interessamento diretto è stato per un carcerato soltanto: Giulia Maria Ligresti. Nel frattempo intorno al caso della figlia di Salvatore succedono fatti inconsueti.
In procura a Torino, poco dopo ferragosto, arriva via fax un referto inviato dalle psicologhe dell'istituto penitenziario dove Giulia è detenuta. Medici e assistenti sociali, apparentemente senza nessuna sollecitazione, spediscono il documento ai pm per segnalare lo stato di depressione della donna e certificare che le sue condizioni di salute sono incompatibili con il carcere.
CANCELLIERI NAPOLITANO SEVERINO ORNAGHI BARCA AGLI STATI GENERALI DELLA CULTURA
CANCELLIERI NAPOLITANO SEVERINO ORNAGHI BARCA AGLI STATI GENERALI DELLA CULTURA
Questo li obbliga a nominare un medico legale, il quale, accertato l'effettivo disagio della detenuta, fa in modo che in pochi giorni a Giulia Maria vengano concessi i domiciliari. Jonella, la sorella, rimasta qualche settimana nel carcere di Cagliari (era stata arrestata mentre si trovava in vacanza in Costa Rei), è stata trasferita a Torino. Salvatore, invece, è sempre rimasto ai domiciliari.
Piergiorgio Peluso di Unicredit
PIERGIORGIO PELUSO DI UNICREDIT
Unico sfuggito alla misura cautelare è Paolo Gioacchino che risiede in Svizzera. Giulia Maria torna a casa il 28 agosto, undici giorni dopo che lo zio ha chiamato il ministro. E cinque giorni dopo l'sms di «rassicurazioni» che rivela la stessa Cancellieri: «Ieri sera Antonino Ligresti mi ha inviato un sms chiedendomi se avessi novità e gli ho risposto che avevo effettuato la segnalazione nei termini che ho spiegato, nulla di più».
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-siluro-giudiziario-per-il-governo-letta-napolitano-pressioni-della-ministra-cancellieri-per-far-65619.htm
MA È UN SINDACATO O UNA BANCA D’AFFARI? - COME LA CISL DI BONANNI INCASSA MILIONI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Fioccano i conflitti d’interesse nel sindacato bianco: da Eustema, che fattura 43 milioni di euro fornendo servizi alla P.A., alle società di brokeraggio assicurativo - Vorticosi giri societari, tra fiduciarie, cessioni e quote di minoranza - La Cisl è in perdita, dismette le attività immobiliari, ma non quelle in cui è in conflitto d’interessi…
LE INCHIESTE SUGLI AFFARI DELLA CISL DI STEFANO SANSONETTI PER "LA NOTIZIA"
www.lanotiziagiornale.it
- SE QUESTO E' UN SINDACATO - GLI INTRECCI FINANZIARI DELLA CISL TRA ITALIA, AMERICA E LUSSEMBURGO
Pubblicato da Dagospia il 5 marzo 2013
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/se-questo-e-un-sindacato-gli-intrecci-finanziari-della-cisl-tra-italia-america-e-51946.htm
Raffaele Bonanni
RAFFAELE BONANNI
- BUSINESS RICCO MI CISL FICCO - I SUPER RICAVI DEL SINDACATO DI BONANNI CON GLI APPALTI PRESI DAGLI ENTI PREVIDENZIALI
Pubblicato da Dagospia l'8 agosto 2013
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/business-ricco-mi-cisl-ficco-i-super-ricavi-del-sindacato-di-bonanni-con-gli-60957.htm
2. CISL, GLI AFFARI D'ORO DI BONANNI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Salvatore Cannavò per "il Fatto Quotidiano"
La Cisl, con la crisi imperante, è costretta alle pulizie di casa. Soprattutto sul lato della struttura finanziaria, dismettendo le attività estranee a quella tipicamente sindacale e che qualche guaio hanno finora creato al suo segretario, Raffaele Bonanni. Il quale, non volendo più essere associato ad attività che poco hanno a che vedere con la tutela dei lavoratori e che, in alcuni casi, denotano un vistoso conflitto di interessi, ha deciso di sbaraccare tutto.
Raffaele Bonanni
RAFFAELE BONANNI
Dellai Bonanni Bombassei e Rossi
DELLAI BONANNI BOMBASSEI E ROSSI
Nel corso dell'estate è iniziata la ritirata strategica: dismissioni di quote azionarie in attività di viaggio e turismo, via la cooperazione internazionale ma, soprattutto, marcia indietro nella gestione della società più importante del mondo Cisl. Eustema nasce a fine anni ‘80 su iniziativa di tre giovani ingegneri di area Cisl che andarono dall'allora segretario, Franco Marini, per chiedere sostegno nell'avvio di una struttura, allora innovativa, di ingegneria informatica, allestimento di software, realizzazione di siti web e gestioni integrate per aziende pubbliche e private. Si cominciò con una joint-venture con la società leader del settore, la Olivetti, e la stessa finanziaria della Cisl, la Finlavoro.
L'azienda è cresciuta molto arrivando, lo scorso anno, a fatturare oltre 43 milioni di euro con un utile netto di 1,5 milioni. A supportare questa crescita, un parco clienti di tutto rispetto: strutture come A2A, Adr, Bnl, Agenzia del Demanio, Comune di Roma, Consiglio di Stato, Enac e Enav, Ferrovie dello Stato, Guardia di finanza, Ibm, Inail e Inps, vari ministeri, Poste Italiane, Telecom Italia e molte altre. L'anomalia è facilmente intuibile: una lunga lista di strutture pubbliche, in cui il ruolo della Cisl è tutt'altro che secondario, sostengono l'attività, e gli utili, di un'azienda di proprietà della stessa Cisl.
BONANNI E MARCHIONNE
BONANNI E MARCHIONNE
Conflitto di interessi del tutto particolare, quindi, tanto che nel 2011, Cgil, Cisa e Usb dell'Inps firmarono un documento comune per denunciare un possibile "conflitto di interessi o almeno una questione etica". I competitori della Cisl denunciavano che "la spesa per informatica dell'Istituto previdenziale è cresciuto dai 185 milioni del 2006 ai 500 milioni del 2011".
La partecipazione della Cisl in Eustema, fino a quel momento, era suddivisa tra la finanziaria del sindacato, Finlavoro e la federazione dei pensionati. Ma nel 2010 iniziano una serie di operazioni finanziarie.
Bonanni e Bombassei
BONANNI E BOMBASSEI
Viene costituita una struttura ad hoc, Innovazione lavoro Srl cui viene conferito il 33,6% di Eustema. Innovazione lavoro, a sua volta, faceva capo a un'altra struttura, Laboratorio del lavoro, associazione "non riconosciuta" che ha sede a Roma, in via Ancona 20, stesso indirizzo della controllata e facente capo al segretario Cisl, Raffaele Bonanni e al fiduciario del sindacato di via Po per tutte le operazioni finanziarie, Donatello Bertozzi.
LOGO CISL
LOGO CISL
Nell'agosto di quest'anno, però, Laboratorio del lavoro, in ossequio alla linea di dismissione, vende le proprie quote in Innovazione lavoro a due società, E-World Consultants e Marises srl, che fanno riferimento ai due fondatori di Eustema, Enrico Luciani e Stefano Buscemi, oltre che a fiduciare emanazione di banche popolari. Quest'ultime, però, a maggio vendono le proprie quote ai parenti dello stesso Luciani. L'incasso della cessione è significativo: 1,5 milioni di euro che Laboratorio del lavoro, assicurano in Cisl, "ha provveduto già a girare nelle casse del sindacato". Si tratta di un introito straordinario importante per il bilancio del sindacato che, nel 2012, ha chiuso con una perdita di 1,13 milioni di euro.
Franco Marini
FRANCO MARINI
Resta la stranezza di un'operazione che vede come controparti società che hanno tutte la stessa sede: anche E-World, infatti, ha domicilio in via Ancona 20. La Cisl assicura che si tratta di una compravendita in cui si sono impegnati i dirigenti di Eustema "i quali hanno a cuore il futuro della società" ma allo stesso tempo ammette che l'azienda inizia a soffrire sul fronte delle commesse pubbliche. Strano, quindi, che i due dirigenti si assumano un peso così rilevante. Va comunque detto che la Cisl resta in Eustema con Finlavoro, detenendo direttamente il 35% delle quote, garantendo, per il momento, la presenza e l'accesso a eventuali dividendi.
Grazie ai quali, Finlavoro può registrare a bilancio immobilizzazioni finanziarie per 1,6 milioni di euro di cui oltre un milione detenuto in fondi di investimento. Se l'annuncio di ritirata strategica è quindi parziale sul fronte finanziario - e visto l'intreccio tra le società, non del tutto certo - la Cisl non dismette certamente la proprietà immobiliare fondata su 5000 locali, tutti utilizzati per la propria attività sindacale, e fiore all'occhiello dell'organizzazione.
Ma resta in piedi la partecipazione a un'altra struttura inconsueta, la Marte broker, società di brokeraggio assicurativo posseduta al 50% con il Gruppo Gpa che, come recita la brochure aziendale, "ha maturato una notevole esperienza nel settore degli Enti pubblici". Tra i clienti, infatti, ci sono "oltre 700 tra Enti e Aziende pubbliche" rappresentati in larga misura da Enti locali, Aziende sanitarie e ospedaliere, Società di Servizi pubblici.
Alcuni esempi: il Comune di Bologna, le regioni Emilia Romagna, Marche e Sicilia, il Ministero della Salute, le province di Livorno e Bologna, le autorità portuali di Salerno e Savona, le società di trasporto pubblico di Milano o di Firenze, l'università degli Studi di Pavia o la Scuola superiore S. Anna di Pisa. Ancora strutture pubbliche in cui la Cisl è forte e opera con vigore. Anche finanziario.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ma-un-sindacato-o-una-banca-daffari-come-la-cisl-di-bonanni-incassa-milioni-65602.htm
José Mujica, il presidente più povero del mondo: “Voglio vivere come il mio popolo” Il capo di stato dell'Uruguay risponde alle domande di Al Jazeera sorseggiando mate nella sua casa di contadino pochi giorni dopo il via libera alla legalizzazione della produzione, vendita e consumo di marijuana. "Un presidente deve servire la sua gente. Per me i poveri sono coloro che hanno bisogno di troppo, perché vivono perennemente nell'insoddisfazione". continua su: http://www.fanpage.it/jese-mujica-poverta-uruguay/#ixzz2jID08Ir5 http://www.fanpage.it
Dimenticate le sale affrescate, le poltrone di velluto, gli abiti firmati e le auto blu. Dimenticate le foto dei rotocalchi sulle vacanze in yacht dei nostri politici, la compagnia di avvenenti signorine e il corteo di guardie del corpo. Provate ora a immaginare un uomo minuto – di fronte a una giornalista internazionale – vestito con un semplice maglione, seduto al tavolo di una casa umile, mentre sorseggia del mate versandolo da un thermos di plastica. E ora pensate che quell'uomo è un capo di Stato. Per l'esattezza José Mujica, il presidente più povero del mondo, balzato negli ultimi giorni all'onore delle cronache di tutto il mondo per aver permesso per la prima volta la legalizzazione totale della marijuana. La legge, approvata alla Camera bassa, dovrebbe arrivare in Senato entro la fine dell'anno: se verrà approvata l'Uruguay diventerà il primo paese al mondo a regolamentare la produzione, vendita e il consumo libero di “erba” tra le persone adulte. Una proposta che funge anche da banco di prove e potrebbe in futuro essere esportata in tutta l'America Latina, dove sono numerosi i governi di sinistra. Dal Brasile al Venezuela, dall'Ecuador all'Argentina.
Mujica risponde alle domande di una giornalista di Al Jazeera, rivendica la sua scelta di liberalizzare il consumo di marijuana e spiega che ogni altra soluzione proibizionista nel mondo si è rivelata fallimentare. Poi non perde l'occasione per denunciare la “leggerezza” dell'Onu, incapace di pacificare vaste aree del pianeta. “Il dio mercato organizza ormai le nostre economie, le scelte politiche, le nostre abitudini di vita e addirittura fissa tariffe anche per la felicità. Sembra che siamo nati esclusivamente per consumare: quando non possiamo più farlo il sentimento che proviamo è di frustrazione”. Per questo di fronte alle telecamere di Al Jazeera Pepe Mujica rivendica ancora la sua scelta di vivere in povertà e rinunciare alle abitazioni lussuose che spettano ai capi di stato uruguayani. “Chi critica la mia scelta è il vero povero. Per me i poveri sono coloro che hanno bisogno di troppo, perché vivono perennemente nell'insoddisfazione”. E infine aggiunge: “Per me un presidente è un uomo al servizio della repubblica. E' un funzionario, non un re, né un Dio. Come tale deve essere sostituito al termine del suo lavoro. Io sono contrario alla ri-elezione. Non sopporterei di possedere terreni e altri beni di lusso. Credo che un presidente debba vivere come vive la maggioranza della popolazione, che deve servire e anche rappresentare”.
Ma Mujica non si esime dal commentare lo scandalo che sta travolgendo gli Stati Uniti sullo spionaggio degli altri Paesi del mondo. “L'America ha paura, molta paura, perché nella sua storia si è creata molti nemici. Chi ha nemici ha paura. Ma il ventre dell'America Latina sta conquistando anche la società americana. Tutto è destinato a cambiare”.
http://www.fanpage.it/jese-mujica-poverta-uruguay/#ixzz2jHxq08HZ
martedì 22 ottobre 2013
TUTTI I DEPISTAGGI PORTANO A USTICA - PER LA CASSAZIONE, È “ACCERTATO” CHE AD ABBATTERE IL DC9 FU UN MISSILE - LE INDAGINI SUL DISASTRO FURONO DEPISTATE Accolto il ricorso degli eredi della compagnia aerea Itavia: per la Corte, la tesi del missile sparato da aereo ignoto risulta “consacrata” - Ora servirà un nuovo processo civile (sic!) per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea…
USTICA, DEPISTAGGIO ACCERTATO
(ANSA) - Il "depistaggio" delle indagini sul disastro aereo di Ustica deve considerarsi "definitivamente accertato" e per questo serve il nuovo processo civile per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. Lo ha deciso la Cassazione dando ragione al ricorso degli eredi della proprietà dell'Itavia.
2 - USTICA: CASSAZIONE, CONSACRATA TESI MISSILE. SÌ A RIAPERTURA PROCESSO CONTRO MINISTERI DIFESA E TRASPORTI
(ANSA) - ROMA, 22 OTT - La tesi "del missile sparato da aereo ignoto", quale causa dell'abbattimento del DC9 Itavia caduto al largo di Ustica il 27 giugno 1980, risulta "oramai consacrata" anche "nella giurisprudenza" della Cassazione. Lo sottolinea la stessa Suprema corte accogliendo il ricorso dell'erede del patron della compagnia area Itavia.
http://www.dagospia.com/rubrica-29/Cronache/tutti-i-depistaggi-portano-a-ustica-per-la-cassazione-accertato-che-ad-abbattere-il-65042.htm
OBAMA STANGA: DOPO I 13 MILIARDI DI MULTA PER JP MORGAN, ORA TREMA BANK OF AMERICA (BATOSTA DA 6 MLD IN ARRIVO) Jp Morgan multata per 13 miliardi per la “frode” ai danni di azionisti e investitori sui mutui subprime - Il “boss” Jamie Dimon, che aveva sfidato il governo, sconfitto su tutti i fronti: l’inchiesta penale resta aperta, possibili class-action - Su Bank Of America la mannaia di una sanzione da 6 miliardi…
Federico Rampini per La Repubblica
La multa segna un record storico: 13 miliardi di dollari, la sanzione più costosa che si ricordi non solo negli annali di Wall Street, ma in quelli del capitalismo americano. Non è solo questo che fa scalpore, nella vicenda della JP Morgan Chase. Il giorno dopo l'annuncio dell'accordo - ancora provvisorio - raggiunto tra la più grande banca americana e il Dipartimento di Giustizia, ieri la piazza finanziaria stava cercando di misurarne tutti i significati e le conseguenze.
Bank_of_America_Merrill_Lynch
BANK_OF_AMERICA_MERRILL_LYNCH
La sensazione infatti è che l'offensiva giudiziaria dell'Amministrazione Obama contro JP Morgan segni un vero spartiacque. Nei quattro anni del primo mandato di Barack Obama, si era notata l'assenza di procedimenti penali contro i banchieri, colpevoli della crisi dei mutui subprime. Sanzioni ce n'erano state, di tipo economico, ma nulla che sembrasse un "game-changer", un atto capace di imprimere una svolta alle regole del gioco, al modo di comportarsi dei banchieri.
Bank of America
BANK OF AMERICA
Nel frattempo, è vero, Obama aveva portato a casa l'imponente riforma Dodd-Frank, che però guardava in avanti fissando nuove regole sui mercati, non poteva saldare i conti sui danni del passato. Ora si volta pagina, a quanto sembra. E non a caso il pugno duro di Obama coinvolge in prima persona il banchiere più potente, politicamente più accorto,
più rispettato da tutti: Jamie Dimon.
JAMIE DIMON
JAMIE DIMON
Proprio lui sarà il primo a dover rispondere in toto delle frodi perpetrate all'epoca dei mutui subprime: di questo infatti si tratta, il procedimento in questione imputa alla JP Morgan di avere letteralmente raggirato i propri clienti, e perfino i propri azionisti, all'epoca in cui confezionava finanza tossica contenente i crediti relativi ai mutui subprime, e piazzava quei prodotti a clienti ignari del vero rischio che correvano.
JAMIE DIMON
JAMIE DIMON
L'entità della sanzione è già di per sè un evento, tanto più se si tiene conto dei punti di partenza. Mesi fa, Dimon prese l'inedita decisione di coinvolgersi di persona nella vicenda giudiziaria, scendendo in campo per negoziare direttamente col segretario alla Giustizia, Eric Holder. Ebbene, la prima offerta di Dimon per patteggiare fu di un miliardo di dollari.
JPMORGAN
JPMORGAN
Ora ha dovuto accettare di pagarne 13 volte tanto. Per quanto JP Morgan abbia le spalle larghe, e abbia già accantonato ampie riserve di bilancio per spese legali, la multa farà andare in rosso il suo bilancio trimestrale: una cosa mai accaduta durante la crisi del 2008-2009. E non solo. Benchè questa fosse la richiesta più cruciale del banchiere nel corso del negoziato, Dimon non l'ha spuntata sulla de-penalizzazione. Il patteggiamento civile e il pagamento della maxi-multa, in questo caso, non comporta la cessazione dei procedimenti penali, in particolare quello promosso dallo Stato della California.
jp morgan
JP MORGAN
Questo ha conseguenze potenzialmente rilevanti. Non solo perchè evitando di chiudere la partita penale il governo mantiene una spada di Damocle sulla testa di Dimon, che potrebbe essere a sua volta condannato. Inoltre, il Dipartimento di Giustizia strappa alla banca un'ammissione di colpa che, unita alla non-estinzione della causa penale, può essere gravida di conseguenze aprendo la stura alle class action di azionisti, clienti, investitori.
OBAMA E WALL STREET
OBAMA E WALL STREET
E' chiaro inoltre che il ministro Holder ha voluto partire dalla "regina" di Wall Street, per farne un caso-pilota che diventerà il modello per azioni analoghe. Già Bank of America si sente "la seconda della lista" con una sanzione di 6 miliardi in arrivo. Colpire Dimon per primo, ha anche un significato politico.
Dimon fu l'unico a uscire con una reputazione indenne dal disastro del 2008, e ne approfittò per diventare capo-lobbista quando le banche organizzarono la loro offensiva politica contro la riforma Dodd-Frank. Ma già due anni fa incappò nel brutto incidente della "balena di Londra", che scavò 6 miliardi di perdite nel suo bilancio per operazioni di dubbia liceità sui derivati.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/obama-stanga-dopo-i-13-miliardi-di-multa-per-jp-morgan-ora-trema-bank-65047.htm
Gioco d’azzardo e politica, M5S: “Finanziamenti alla fondazione di Letta” “Non è difficile vedere il filo rosso che, in maniera legale, ma deleteria per il Paese, unisce politica e gioco d'azzardo", spiega il senatore grillino Endrizzi: "VeDrò nel 2010 è stata sponsorizzata da due multinazionali, Lottomatica e Sisal". E il premier, secondo i 5 Stelle, non è il solo ad avere avuto benefici da quelle aziende
Politica e gioco d’azzardo, un legame pericoloso e sempre più consolidato. Il nome è quello di Enrico Letta, e l’attacco viene dai banchi del Movimento 5 Stelle. Perché se non possono definirla azione illegale, almeno ci tengono a denunciarla. L’intervento arriva dopo lo scoop del programma “Le Iene”, e a pronunciarlo è Giovanni Endrizzi, senatore del Veneto ed educatore del Sert a Rovigo, dove si occupa di ludopatia e dipendenze. “Non è difficile vedere il filo rosso che, in maniera legale, ma deleteria per il Paese, unisce politica e gioco d’azzardo”, ha affermato in Senato il grillino che non ha paura di fare nomi. Il primo è quello del premier del Partito Democratico e a capo della fondazione VeDrò: “Il Think Thank nel 2010 è stato sponsorizzato da due multinazionali, Lottomatica e Sisal. In quell’occasione Letta ricevette 15 mila euro di contributo da Porsia, titolare della Hbg, una delle più grandi aziende del settore”. L’attacco è al primo ministro che due anni fa ha ottenuto un finanziamento per il suo “pensatoio giovane” da multinazionali del gioco d’azzardo. Una di queste, Sisal, dal 2010 è presieduta da Augusto Fantozzi, ex ministro di Romano Prodi. La cifra versata sarebbe di circa 20 mila euro confermati dal tesoriere Riccardo Capecchi. Proprio lui, a Il Secolo XIX, ha spiegato come la partecipazione dei due sponsor fosse legata ad una “maggiore comprensione del fenomeno del gioco, delle sue conseguenze sociali e delle ricadute fiscali”. Tanto da presentare sempre in quell’occasione, una simulazione di Texas Holdem, uno dei giochi più diffusi online.
Letta è solo il primo di un lungo elenco. Nella lista, secondo il senatore M5S, “c’è anche il nuovo ministro della cultura Bray”, direttore al tempo stesso della rivista Italianieuropei: “Anche in quell’ambito, abbiamo rilevato importanti contratti pubblicitari con le industrie del gioco d’azzardo. Per questo ci chiediamo, a chi andrà la delega ai giochi? Forse al nuovo sottosegretario Giorgetti, per anni con lo stesso ruolo sotto il governo Berlusconi?”. Si fa riferimento alla denuncia di Matteo Iori, presidente del Conagga, Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo, che ha la sua sede proprio a Reggio Emilia, patria del neoministro e sindaco dimissionario Graziano Delrio. Tanti i nomi che risultano una volta aperto il capitolo relazioni tra politica e gioco, e il riferimento è all’inchiesta di Conagga e agli articoli de Il Fatto Quotidiano.
“Apprendiamo”, ha continuato Endrizzi, “che Snai ha finanziato regolarmente: Gianni Alemanno, Margherita, Udc, Ds, Mpa e Gianni Cupèrlo del Pd. Ci sono ex politici e loro parenti entrati nel business: Augusto Fantozzi, presidente Sisal, Vincenzo Scotti, che lanciò “Formula Bingo” insieme a Luciano Consoli, uomo di fiducia di D’Alema. Francesco Tolotti dell’Ulivo che con Nannicini, Vannucci, Salerno e Gioacchino Alfano, nel 2007 riuscì a far modificare il Testo Unico che regola le slot-machine”. E poi ancora, citano i 5 Stelle, l’onorevole Laboccetta e Massimo Ponzellini. C’è anche Antonio Cannalire, proprietario della Jackpot Game che a Milano gestiva sale da gioco d’azzardo insieme alla Finanziaria Cinema, di proprietà di Marco Jacopo Dell’Utri, figlio di Marcello Dell’Utri. “Non possiamo omettere Pellegrino Mastella, figlio di Clemente Mastella, che attraverso Sgai e Betting 2000 dei fratelli Renato e Massimo Grasso avviò altre aziende di gioco. Fra queste King Slot e Wozzup, poi indagate per gravissimi reati”. Tra gli altri anche il governo Berlusconi, con la decisione di liberalizzare il gioco d’azzardo online, “esattamente qualche giorno prima che la Mondadori acquisisse il controllo del 70% di Glaming, azienda che opera nel settore”.
I 5 Stelle, tra discussioni sulla compattezza interna e nuove strategie di comunicazione cercano di avviare l’attività parlamentare. Il gioco d’azzardo è la prima grande battaglia che intendono portare avanti. “Sono certo”, ha concluso Endirzzi, “che la maggioranza di voi non ha alcun legame di lobby e condivide l’urgenza di una stretta normativa contro slot machines e giochi online che lucrano su gravissimi danni per cittadini e famiglie”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/22/politica-e-gioco-dazzardo-m5s-finanziamenti-alla-fondazione-di-letta/602879/
L'ombra delle lobby sul governo Letta: Enel, Eni, Sky, Vodafone tra i finanziatori della sua fondazione Quanto peseranno sul prossimo esecutivo? D'altronde la posizione del vice segretario del Pd sulle privatizzazioni è nota: "Patrimonio pubblico alto, bisogna vendere"
Il premier incaricato Enrico Letta gode di un consenso bipartisan. E non solo nella politica. La sua fondazione politica, Vedrò, è finanziata da enti pubblici, semipubblici e privati. Indistintamente. Come scrive L'Espresso sul proprio sito web, i finanziamenti annui dell'associazione ammontano a circa 800mila euro annui. Non si sa quanto ciascun finanziatore versa a Vedrò. Si sa però chi sono: Enel, Eni, Autostrade per l'Italia, Lottomatica, ma anche Vodafone, Sky, Telecom Italia e Nestlè.
Il peso delle lobby sul futuro governo - Spiega Mattia Diletti, uno dei massimi esperti di lobby e think tank: "Quello che colpisce però del sistema di finanziamento riguarda soprattutto i finanziatori piuttosto che i finanziati. Sono prevalentemente ex monopoli pubblici, che hanno un rapporto ancora stretto con la politica e che finanziano un po' tutti, con cifre ridotte, a pioggia, sia la destra che la sinistra". Ovviamente, il tutto è fatto alla luce del sole. Ma quanto influiscono sui programmi della fondazione tutti questi sponsor? E quanto potranno pesare sulle prossime scelte politiche del probabile futuro premier? Un premier che, dal canto suo occupa una poltrona di prestigio in sei diversi think tank. Tra questi, Arel fondato dal suo padrino Beniamino Andreatta, Trecentosessanta, Aspen, Vedrò, appunto. Un record, visto che solo Innocenzo Cipolletta e Stefano Zamagni sono presenti in altrettante associazioni e fondazioni.
Come si comporterà Letta? - Quanto potranno pesare queste lobby sull'operato dell'eventuale premier, si diceva. Domanda a cui per ora non è possibile dare una risposta. E' invece nota la posizione di Letta sul tema delle privatizzazioni delle aziende pubbliche: "Dobbiamo lavorare molto sul tema delle privatizzazioni", ha affermato qualche tempo fa. E ancora: "Il patrimonio pubblico è ancora enorme: bisogna cominciare a mettere nel mirino nuove privatizzazioni pezzi di Eni, Enel e Finmeccanica". E poi: "Sarà uno dei temi del nostro governo, quando gli elettori ci faranno governare", concludeva il prossimo presidente del Consiglio". Bene, quel momento è arrivato. Come si comporterà, al riguardo, Enrico Letta?
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1231098/L-ombra-delle-lobby-sul-governo-Letta--Enel--Eni--Sky--Vodafone-tra-i-finanziatori-della-sua-fondazione.html
INUTILE PAGARE LE TASSE: NEL 2032 UN ASTEROIDE POTREBBE DISTRUGGERE IL MONDO - 2. GLI ASTRONOMI UCRAINI E AMERICANI SI STANNO ACCAPIGLIANDO SU TV135, L’ASTEROIDE DI 400 METRI DI DIAMETRO AVVISTATO DALL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO DELLA CRIMEA - 2. PER GLI UCRAINI È DESTINATO A COLPIRE LA TERRA IL 26 AGOSTO 2032 CON UNA POTENZA PARI A 2.500 BOMBE ATOMICHE, CAPACE QUINDI DI INNESCARE CONSEGUENZE APOCALITTICHE - 3. PER LA NASA, INVECE, “LA POSSIBILITÀ DI UN IMPATTO AL MOMENTO È UNA SU 48 MILA…” -
Maurizio Molinari per "La Stampa"
L'allarme arriva dall'Osservatorio astronomico della Crimea, ma la Nasa getta acqua sul fuoco. Si tratta di TV135, un asteroide di dimensioni massicce che, secondo gli astronomi ucraini, è destinato a colpire la Terra il 26 agosto del 2032 con una forza pari a 2500 bombe nucleari, capace di innescare conseguenze apocalittiche, soprattutto se dovesse investire zone densamente popolate.
OSSERVATORIO DELLA CRIMEA CHE HA SCOPERTO L ASTEROIDE KILLER
OSSERVATORIO DELLA CRIMEA CHE HA SCOPERTO L ASTEROIDE KILLER
L'asteroide è stato avvistato lo scorso 16 settembre, quando è transitato a 6,7 milioni di km dal nostro Pianeta. Una stima iniziale parla di un diametro di 400 metri e all'inizio del mese è stato classificato fra i 10.332 oggetti spaziali scoperti che si trovano nei pressi della Terra.
Gli scienziati ucraini gli hanno assegnato un livello di pericolosità 1 su 10 - sulla base della «Scala di Torino» usata per valutare le minacce di asteroidi e comete - come avvenuto in precedenza in un unico caso, visto che la totalità degli altri asteroidi vengono classificati 0, ovvero innocui al punto da poter essere ignorati.
L AREA DI DANNO SE UN ASTEROIDE DI QUATTROCENTO METRI SI SCHIANTASSE SULLA TERRA
L AREA DI DANNO SE UN ASTEROIDE DI QUATTROCENTO METRI SI SCHIANTASSE SULLA TERRA
L'unico altro asteroide di categoria 1 è il VK184, scoperto nel 2007, a cui si assegna 1 possibilità su 2700 di investire la Terra nel 2048. Tanto il TV135 che il VK184 hanno dimensioni inferiori dell'asteroide che si ritiene abbia colpito la Terra 65 milioni di anni fa, determinando la scomparsa dei dinosauri, ma ciò non toglie che il livello di allerta sia alto soprattutto nella Federazione russa, che il 15 febbraio scorso è stata colpita dall'impatto di un asteroide pari ad un'esplosione di 440 kilotoni, causando danni ingenti.
ASTEROIDE SCOPERTO DAI RICERCATORI UCRAINI
ASTEROIDE SCOPERTO DAI RICERCATORI UCRAINI
La reazione della Nasa è stata nel segno della prudenza: in un comunicato ha precisato che c'è il 99,9984% delle possibilità che Tv135 mancherà la Terra. Ma poiché il timore, a livello teorico, esiste, l'Agenzia spaziale assicura che nei prossimi mesi sarà il «Minor Planet Centre» di Cambridge, in Massachusetts, a tenere d'occhio l'asteroide al fine di «perfezionare l'osservazione e i calcoli».
ASTEROIDE KILLER
ASTEROIDE KILLER
C BEF medium
C BEF MEDIUM
Per Don Yeomans, manager del programma della Nasa che segue gli asteroidi nel Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California, «ci troviamo davanti ad una nuova scoperta che richiede ulteriori osservazioni» e comunque «dai dati finora disponibili» la previsione è che «la possibilità di un impatto al momento è 1 su 48 mila e verrà significativamente ridotta nei prossimi mesi fino ad essere del tutto esclusa».
Ma Leonid Sokolov dell'Università di San Pietroburgo obietta che «il compito degli astronomi è effettuare ogni tipo di calcoli e previsioni per evitare di essere colti di sorpresa dagli eventi del cosmo», come avvenuto in febbraio in Siberia.
http://www.dagospia.com/rubrica-29/Cronache/1-inutile-pagare-le-tasse-nel-2032-un-asteroide-potrebbe-distruggere-il-mondo2-gli-65020.htm
giovedì 17 ottobre 2013
BANCHE-ROTTE - SERVONO ALMENO 50-70 MILIARDI PER SALVARE I GIGANTI DEL CREDITO DI CASA NOSTRA E I BANCHIERI BUSSANO A DENARI CON IL GOVERNO. I clienti, come dice il ceo di UniCredit Ghizzoni, “glielo mettono in quel posto” e le banche vogliono garanzie dallo Stato per arginare il buco senza fondo delle sofferenze, arrivate a 140 miliardi di euro - Ma così a prenderselo in quel posto saranno tutti gli italiani.
Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"
Una cena a porte chiuse a Roma, palazzo De Carolis, cento metri da palazzo Chigi. Era il tempio dei riti di potere di Cesare Geronzi, adesso è l'avamposto romano del numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni.
bassanini - amato
BASSANINI - AMATO
Ieri sera una selezionatissima rappresentanza di banchieri, uomini delle istituzioni (come il presidente della Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini), e "power broker" come l'inossidabile Gianni Letta e la direttrice di Confindustria Marcella Panucci, hanno accolto l'invito di Ghizzoni e si sono messi a tavola per ascoltare l'idea meravigliosa del direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro: "Un maxi programma di garanzie parziali, volte alla mitigazione del rischio per gli operatori privati".
Linda Lanzillotta e Franco Bassanini
LINDA LANZILLOTTA E FRANCO BASSANINI
In parole povere, lo Stato deve garantire una somma tra i 50 e i 70 miliardi per coprire la spalle alle banche. "Un piano di garanzie parziali per un ammontare di 50-70 miliardi - ha spiegato Nicastro - potrebbe generare un'offerta di credito per 100-140 miliardi, il tutto con un impatto estremamente limitato sul deficit pubblico a partire dal 2015". C'è però impatto sul debito, come hanno scritto giorni fa al premier Enrico Letta il presidente dell'Associazione bancaria (Abi) Antonio Patuelli e quello della Confindustria Giorgio Squinzi, avanzando una proposta analoga.
Le banche italiane dunque se la passano male, e 140 miliardi è esattamente l'ammontare delle loro sofferenze, cioè i crediti che non riescono a farsi rimborsare da clienti che, come disse Ghizzoni stesso, glielo "mettono in quel posto". La soluzione proposta dai banchieri e che d'ora in poi se qualcuno "glielo mette in quel posto" scatti la garanzia statale: questo darebbe vigore alla ripresa economica.
ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA FEDERICO GHIZZONI E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO FOTO LA PRESSE
ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA FEDERICO GHIZZONI E LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO FOTO LA PRESSE
Il problema è molto serio, perché qui non si tratta di furbetti del quartierino ma di grandi banche davvero conciate male. In altri grandi Paesi (Gran Bretagna e Germania su tutti) la crisi degli ultimi anni è stata accompagnata da massicci sostegni alle banche. In Italia, complice la penuria delle casse pubbliche, si è preferito buttare la polvere sotto il tappeto.
NAPOLETANO E GHIZZONI A BAGNAIA
NAPOLETANO E GHIZZONI A BAGNAIA
Adesso le banche danno segnali contraddittori. In vista del passaggio alla vigilanza unica europea e ai connessi esami del sangue sulla solidità del patrimonio, dicono che le regole Bankitalia sono le più severe, e che se si seguissero i parametri di altri Paesi le sofferenze risulterebbero ridotte di un terzo. Però poi fanno trapelare notizie allarmate, utili per creare un clima favorevole all'intervento dello Stato.
bankitalia big
BANKITALIA BIG
Per esempio quella delle ispezioni Bankitalia in corso presso le due banche maggiori, Unicredit e Intesa, con attenzione particolare "all'adeguatezza delle rettifiche di valore sui crediti deteriorati": in pratica sulla solidità patrimoniale a fronte delle perdite sui crediti che non tornano indietro. Lo stesso ex premier Romano Prodi ieri ha spezzato una lancia a favore delle banche, scrivendo ieri nel suo editoriale sul Messaggero che per far ripartire l'economia bisogna "ridare fiato al nostro sistema bancario, eccessivamente punito da una rigida interpretazione delle nuove regole europee e, dopo sei anni di crisi, ovviamente appensantito da un insopportabile peso di debiti cattivi.
ANDREA CECCHERINI E GIORGIO SQUINZI A BAGNAIA
ANDREA CECCHERINI E GIORGIO SQUINZI A BAGNAIA
Esso non è più in grado di fare il proprio mestiere". L'ex presidente dell'Iri sa di che cosa parla: si prepara un salvataggio bancario di fronte al quale quello per il quale Mussolini creò l'Iri ottant'anni fa impallidisce.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/banche-rotte-servono-almeno-50-70-miliardi-per-salvare-i-giganti-del-credito-di-64776.htm
Il Governo “sconta” altri 100 milioni di euro ai padroni delle slot. Ma perché? Scritto da Articolotre.com |Pubblicato Mercoledì, 16 Ottobre 2013 07:53
Un emendamento presentato e approvato nell'ambito del decreto Imu favorisce nuovamente i "signori delle slot machine", scontando loro altri 100 milioni per chiudere il contenzioso con la Corte dei Conti.
Il decreto Imu continua a far discutere e le polemiche attorno ad esso, che dovrà essere convertito nei prossimi giorni, non accennano a placarsi. Nello specifico, sta suscitando scandalo un emendamento presentato dal governo e successivamente approvato che avrebbe come fine quello di diminuire ulteriormente la multa per la sanatoria riservata ai concessionari delle slot machine.
I concessionari, infatti, nel caso in cui paghino subito il 20% del danno quantificato nella sentenza di primo grado potranno chiudere immediatamente il contenzioso davanti alla Corte dei Conti, relativo al mancato collegamento degli apparecchi alla rete AAMS tra il 2004 ed il 2006.
Soltanto qualche settimana fa s'era già riscontrato uno "sconto" per i padroni delle slot machine. La prima stesura del provvedimento prevedeva infatti che le concessionarie versassero il 25% della multa complessiva -del valore di 2,5 miliardi di euro- per un totale di circa 600 milioni di euro. Ora, se le dieci concessionarie decidessero di aderire spenderebbero rispettivamente: Bplus 179 milioni, Cirsa Italia 24 milioni, Sisal Slot 49 milioni, Gtech 20 milioni, Gmatica 30 milioni, Codere 23 milioni, HBG 40 milioni, Gamenet 47 milioni, Cogetech 51 milioni e Snai 42 milioni.
http://www.infiltrato.it/economia/il-governo-sconta-altri-100-milioni-di-euro-ai-padroni-delle-slot-ma-perche
martedì 15 ottobre 2013
FLOP MACHINES! IL CONDONO PER LE CONCESSIONARIE DI SLOT SI RIVELA UN FALLIMENTO: ADERISCONO SOLO IN SEI Invece dei 620 milioni previsti nel decreto Imu, il governo Letta ne incassa solo 290. Pronto un ulteriore sconto sulla multa da 2,5 miliardi. All’attacco i grillini: “Aberrante, ci metteremo di traverso”. E i renziani: “Condono flop? E arriva la stangata sulle accise”.
DECRETO IMU, ADERISCONO SEI CONCESSIONARI SLOT. DA QUESTI LO STATO INCASSERA POCO PIU DI 290 MILIONI
(ilVelino/AGV NEWS) - Sono sei i concessionari degli apparecchi che hanno aderito alla sanatoria slot per chiudere il contenzioso con la Corte dei Conti con il pagamento del 25% della multa da 2,5 miliardi di euro. Hanno aderito Gtech (ex Lottomatica), Snai, Gamenet, Sisal, Cogetech e Cirsa. Da questi lo Stato incassera poco piu di 290 milioni di euro, 330 milioni di euro in meno rispetto ai 620 milioni previsti in caso di adesione completa dei dieci concessionari di gioco condannati.
Con la rimodulazione del 25% gli importi sarebbero cosi ripartiti: Cogetech 63,7 milioni, Sisal 61,2 milioni, Gamenet 58,7 milioni, Snai 52,5 milioni, Cirsa 30 milioni e Gtech 25 milioni. Tra coloro che non aderito Bplus avrebbe sanato 211 milioni, Hbg 50, Gmatica 37,5 e Codere con 28,7 milioni. I termini potrebbero cambiare in vista dell'emendamento governativo al Decreto Imu che abbasserebbe al 20% la percentuale per chiudere il contenzioso con 495 milioni e una proroga al 4 novembre per l'adesione, che e anche la data entro cui le societa che hanno aderito oggi possono modificare la propria istanza per beneficiare delle novita introdotte con l'emendamento del Governo.
2 - SANATORIA SLOT: STATO RISCHIA DI INCASSARE MENO DELLA META DEL PREVISTO
(ilVelino/AGV NEWS) - La copertura finanziaria derivante dalla sanatoria sulle maxipenali potrebbe ridursi a meno della meta di quanto il governo aveva in previsione. Lo sconto dal 25 al 20 per cento dei 2,5 miliardi di euro di sanzioni comminate dalla Corte dei Conti per il distacco delle new slot dalla rete Sogei nel periodo dal 2004 al 2007, che tanta contrarieta ha catalizzato nella discussione parlamentare, non ha compattato il fronte dei concessionari di gioco.
A quanto apprende IL VELINO, in base alle intenzioni raccolte tra gli operatori al massimo lo Stato potrebbe incassare 209 milioni di euro sui 495 previsti. I soggetti intenzionati ad aderire sarebbero Lottomatica/Gtech (che con lo sconto al 20 per cento dell'importo iniziale pagherebbe 20 milioni di euro), Sisal (49 milioni), Snai (42 mln), Cogetech (51 mln) e Gamenet
Attualmente non sono propensi ad aderire Cirsa (24 mln), Gmatica (30 mln), Codere (23 mln) e Hbg (40 mln). Resta assolutamente inassimilabile ai due schieramenti, per le note vicende della proprieta, la posizione di Bplus, che con i suoi 169 milioni di euro previsti in sanatoria costituisce un fronte a se stante. Mancherebbero all'appello quindi complessivamente 286 milioni di euro. Senza contare poi un'altra partita che si sta giocando in queste ore e che probabilmente contribuira a definire le posizioni dei concessionari, sia quelli attualmente schierati nel fronte del "no" che quelli propensi a pagare: sono aperte numerose trattative per ulteriori agevolazioni sia sulla percentuale stessa della sanatoria che sulle modalita e su eventuali dilazioni di pagamento.
3 - IMU, CECCONI (M5S): ULTERIORE SCONTO SLOT ABERRANTE, CI METTIAMO DI TRAVERSO
(ilVelino/AGV NEWS) - E' allo studio del comitato dei nove dell'assemblea di Montecitorio, dove e in esame il decreto Imu, la riformulazione presentata dai relatori Marco Causi (Pd) e Rocco Palese (Pdl) all'emendamento del governo depositato ieri sull'ulteriore 'sconto' ai concessionari di giochi. L'emendamento, che sara votato alla ripresa dei lavori dell'aula, ha suscitato le proteste del M5s che ha parlato di esecutivo "in ginocchio di fronte alla lobby delle slot".
"E' aberrante che il governo si interponga tra un primo e un secondo grado di giudizio, perche la Corte dei conti ha gia deciso che le concessionarie di slot devono pagare 2,5 miliardi di sanzioni", spiega al VELINO Andrea Cecconi. Il deputato del M5s ricorda che "il governo aveva gia previsto nel decreto sull'Iva un abbassamento della sanzione ai concessionari di slot dal 25 al 20 per cento e ora l'hanno riproposto nel decreto Imu". Operazione contro la quale "ci mettiamo di traverso in tutti i modi - sottolinea Cecconi - perche non e assolutamente possibile che il governo si intrometta tra magistratura e concessionari pur di prendere questi soldi".
4- IMU, BONACCORSI: FLOP CONDONO SLOT? PAGANO FASCE DEBOLI
(ilVelino/AGV NEWS) - "Se venisse confermato che il discutibile condono riservato ai concessionari di slot machines si sia rivelato un flop, troverebbero conferma i peggiori timori paventati nelle ultime settimane: a pagare la manovra elettorale sull'Imu sono le fasce piu deboli". E' quanto dichiara la deputata del Partito democratico, Lorenza Bonaccorsi.
"A quanto sembra - spiega Bonaccorsi - sui 620 milioni di euro previsti dalla sanatoria delle macchinette, lo Stato incassera solo 290 milioni di euro. Il resto dovrebbe quindi essere reperito con aumenti alle accise e agli acconti Irpef e Irap. Dopo l'aumento di un punto dell'Iva, passata dal 21 al 22 per cento, si tratta di un'altra misura che colpisce indiscriminatamente tutti gli italiani, quindi con una maggiore incidenza sulle fasce deboli. Il discutibile condono sulle slot machines - aggiunge la parlamentare Pd - non soltanto ha creato un trattamento di favore per un settore che sta causando gravissimi problemi sociali a livello territoriale, come possono testimoniare tutti i sindaci, ma ora si rivelera anche l'ennesima mazzata sui meno abbienti".
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/flop-machines-il-condono-per-le-concessionarie-di-slot-si-rivela-un-fallimento-aderiscono-64644.htm
lunedì 14 ottobre 2013
E’ IOR QUEL CHE LUCCICA - DIETRO IL CRAC DEL GIGANTE SANITARIO “CASA DIVINA PROVVIDENZA” C’È UNO STRANO CONTO ALLA “BANCA DI DIO” I giudici fallimentari hanno scoperto maxi parcelle ad alcuni professionisti e uscite mal documentate - Seguendo il denaro, si arriva così a un conto allo Ior sul quale moltissimi soldi hanno fatto “scalo” per poi rientrare, in parte con lo scudo fiscale, di nuovo in Italia - La suora con 27 mln di euro sul conto…
Giuliano Foschini per "La Repubblica"
Tra la Puglia e la Basilicata ci sono 1.500 persone che rischiano un posto di lavoro. Mentre sul conto corrente di una suora ultrasettantenne, dopo un passaggio da un deposito dello Ior, ci sono 27 milioni di euro che, sospetta ora la magistratura, probabilmente non dovevano essere lì. Ma sarebbero dovuti servire per salvare i lavoratori e le loro famiglie.
IOR
IOR
La storia è quella della Casa divina provvidenza, un gigante della sanità convenzionata da queste parti con strutture a Foggia, Bisceglie e Potenza. Dopo anni di casse integrazioni e ammortizzatori sociali vari finanziati dallo Stato, nonostante i milioni di euro che ogni anno arrivavano da Puglia e Basilicata per l'attività assistenziale svolta, la Cdp dopo anni di crisi non ha potuto fare altro che certificare un buco di bilancio da mezzo miliardo di euro e portare i libri in tribunale.
L'amministrazione ha chiesto di accedere a un concordato preventivo per salvare continuità aziendale e posti di lavoro Ma la questione, dalla giustizia fallimentare, ora si è spostata anche a quella penale.
IOR istituto per le opere di religione
IOR ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE
Analizzando la richiesta del nuovo management dell'ente (il nuovo dg si chiama Giuseppe De Bari, indagato nell'inchiesta del porto di Molfetta), i giudici fallimentari hanno scoperto conti strani, con un'azienda che intascava tanto e spendeva tantissimo. Da qui la decisione di inviare la documentazione alla procura di Trani.
CASA DIVINA PROVVIDENZA
CASA DIVINA PROVVIDENZA
Il procuratore Carlo Maria Capristo, l'aggiunto Francesco Giannella e il pm Silvia Curione cominciano gli accertamenti e si imbattono in una serie di strane transazioni: maxi parcelle ad alcuni professionisti (450mila euro, i due legali sono ora indagati insieme con la madre generale, suor Marcella Cesa) e soprattutto uscite mal documentate. Seguendo il denaro, si arriva così a un conto corrente dello Ior sul quale questi soldi transitano per poi rientrare, in parte con lo scudo fiscale, di nuovo in Italia.
CASA DIVINA PROVVIDENZA jpeg
CASA DIVINA PROVVIDENZA JPEG
Non però sui conti correnti della Casa divina Provvidenza ma su quelli di un altro ente, Casa di Procura, amministrato da una suora settantenne, Assunta Puzzello. I magistrati chiedono e ottengono il sequestro di quei 27 milioni, nonostante i legali della suora sostengano che la Casa di Procura non sia un ente fittizio e quei soldi non siano il frutto di una struttura finanziaria parallela che serviva a nascondere i soldi dai creditori come invece sospetta la procura. "Quel denaro - insiste la religiosa - arriva dagli accantonamenti dell'attività sanitaria assistenziale svolta dalle suore". Sono vecchie pensioni e contributi mai pagati, dice.
I magistrati però non ne sono affatto convinti. Tanto che si apprestano a chiedere una rogatoria alla Città del vaticano per capire qualcosa in più su quel conto Ior. Forti anche di una vecchia lettera, appena acquisita agli atti dell'inchiesta, nella quale l'allora vice presidente dell'ente, il commendatore Lorenzo Leone (deceduto negli anni scorsi), scrive al Vaticano parlando di una situazione di benessere della struttura e di una dote di 60 miliardi delle vecchie lire nella disponibilità delle Ancelle della Divina Provvidenza (l'equivalente dei 27 milioni di euro sequestrati ora). Siamo negli anni ‘90, poco prima delle richieste di aiuto alle casse pubbliche da parte della Casa che intascava comunque milioni di euro dalla sanità pubblica pugliese e lucana per il lavoro svolto.
Leone non è uno qualsiasi in Vaticano: vicinissimo a padre Donato De Bonis, braccio destro di Marcinkus, ha disponibilità su una serie di conti correnti nelle banche del Vaticano. Compreso uno dalla denominazione "Suore Ancelle della Divina Provvidenza-Bisceglie".
In attesa di sciogliere alcuni di questi nodi, la Procura si è opposta al concordato preventivo dell'ente, chiedendone il fallimento. L'udienza decisiva si
terrà il 5 novembre.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/e-ior-quel-che-luccica-dietro-il-crac-del-gigante-sanitario-casa-divina-provvidenza-64527.htm
sabato 12 ottobre 2013
Marine Le Pen spaventa Draghi: Francia sovrana, addio Ue
Il rigore è miracoloso, perché produce crescita. Magia? No: errore. O meglio: falsificazione della realtà, grazie a dati incompleti, parziali e truccati. Così la comunità economica internazionale ha clamorosamente bocciato Harvard, il santuario del neoliberismo imbroglione, e il falso “vangelo” di Ken Rogoff e Carmen Reinhart, fondato su cifre sballate. Proprio Harvard è la sede che Mario Draghi ha scelto per “rispondere” a distanza a Marine Le Pen, che promette di fare della Francia il paese che scardinerà l’impostura di Bruxelles. La scelta dell’euro è irreversibile, ha sottolineato testualmente Draghi, evidentemente a nome dei super-banchieri che rappresenta. Dall’euro non c’è ritorno (come dall’inferno) perché, dice l’ex stratega della Goldman Sachs, esponente di una micidiale super-lobby come il Gruppo dei Trenta, la moneta unica è frutto di una storica decisione degli Stati europei. Curiosa concezione della storia: come se la vicenda del mondo non fosse una trama fluida di continui cambiamenti. Tutto è sempre reversibile, compresa la miserabile moneta europea. Sta a dimostrarlo la Le Pen: sovranità e fine dell’austerity, o la Francia saluterà non solo l’euro, ma anche l’Unione Europea.
I sondaggi del “Nouvelle Observateur” che danno il Front National primo partito francese alle europee della primavera 2014 fanno tremare non solo Marine Le Penl’Eliseo, ma anche l’Unione Europea e i suoi veri padroni, i “Masters of Universe” che pilotano l’atroce crisi europea attraverso l’Eurotower di Francoforte affidata all’ex banchiere centrale italiano. «Se le elezioni confermassero i risultati dei sondaggi, la vittoria di una forza dichiaratamente antieuropea porterebbe i mercati a scommettere nuovamente sull’uscita dei paesi periferici dall’area euro», scrive il “Keynes blog” in una nota ripresa da “Come Don Chisciotte”. «Non si può escludere che a quel punto la Le Pen, che si dice già pronta a guidare la Francia come presidente, potrebbe diventare un esempio da seguire nelle periferie europee». Di fronte al 24% pronosticato dal sondaggio, François Hollande non ha avuto meglio da dire che occorre «rialzare la testa di fronte agli estremismi e alla xenofobia».
Il successo annunciato della Le Pen «è dovuto in buona parte al fatto che la Francia socialista ha abbassato la testa di fronte alla Germania: Hollande aveva promesso in campagna elettorale di ricontrattare il Fiscal Compact e imporre una svolta all’Europa, ma ha infranto questa promessa già pochi giorni dopo la vittoria», sottolinea il blog. Le classi dirigenti europee sembrano ignorare totalmente la popolarità di chi denuncia in modo diretto l’abuso di potere commesso da Bruxelles, e «insistono nel percorrere la strada del rigore e dell’abbattimento dei redditi». In realtà, l’ostinazione nel non prendere atto dell’insostenibilità dell’euro sembra resistere di fronte all’evidenza, «sorretta dall’illusione che l’austerità e le “riforme strutturali” stiano producendo un nuovo equilibrio nell’Eurozona». Presto, il successo della Le Pen contagerà anche l’Italia, dove «una classe dirigente incapace di autocritica si illude di ottenere qualcosa dall’Ue rispettando alla lettera i parametri di Maastricht e presentandosi in Europa con il cappello in mano». Scriveva Keynes: «Le persone timide in posizione di responsabilità sono un passivo per la nazione».
Fonte: libreidee.org
http://www.signoraggio.it/marine-le-pen-spaventa-draghi-francia-sovrana-addio-ue/
Marra: Obama minaccia la morte dell’economia purché non si tocchi il signoraggio…
Marra: Obama minaccia la morte dell’economia purché non si tocchi il signoraggio, e nemmeno i repubblicani accennano che si può risolvere tutto semplicemente decidendo che gli USA quei soldi, anziché comprarli dalla Federal Reserve, li producano da sé..
È una situazione veramente surreale quella che vive ormai il mondo: tutti, cioè, sanno ormai che il problema è il signoraggio, ma nessun osa dire che si può risolvere ogni dramma semplicemente consentendo che gli Stati producano i soldi da sé, ovvero senza doverli follemente comprare dalle banche centrali..
Obama in particolare minaccia la fine dell’economia se non potrà finanziarla con altro debito pubblico (comprare soldi dalla Federal Reserve), e i repubblicani, che sono pronti ad assistere a qualunque cataclisma pur di mandarlo a gambe all’aria, neanch’essi fanno la minima allusione alla vera soluzione: confiscare penalmente la Federal Reserve, far indossare delle robuste camice di forza ai suoi principali responsabili unitamente a Obama e agli altri rei di aver taciuto sul signoraggio, e cominciare a produrre a costo zero i soldi che servono senza doverli comprare da nessuno e senza causare alcuna svalutazione, come appunto accade quando i soldi li produce lo Stato (approfondisci da Marra.it – QUI ).
Che è poi la stessa cosa che accade in Italia e nel resto del mondo, perché la dirigenza politica, governativa e mediata del mondo, e la magistratura, sono pronte ad assistere alla rovina globale pur di non dire di no al fatto che le banche centrali sono assurdamente private e vendono agli Stati i soldi – che essi dovrebbero produrre da sé al costo della carta e dell’inchiostro – facendoseli pagare con i buoni del tesori.
Nei video connotati da molta muliebrità per renderne più veloce la divulgazione, e nei documenti invece molto scientifici, in dieci lingue, con i quali mi sono sforzato e mi sforzo di rendere nota nel mondo la parola signoraggio, calcolando che man mano sempre più gente comincerà a chiedersi cosa significa, continuo a chiamare costoro, da anni, criminali, massoni venduti alle banche eccetera, ma la verità è che ci troviamo di fronte ad una singolare forma di follia moderna che si configura come una non meno singolare forma di ‘sobrietà’.
È quindi ‘sobrio’ quello psicotico cronico di Letta, così come sono ‘sobri’ quegli psicotici cronici di Obama, Merkel, Napolitano, Draghi eccetera.
Che si può fare? Si può solo continuare a dire queste cose finché un numero adeguato di cittadini le avrà capite, perché il sapere è in sé rivoluzionario, dato che produce il confronto, e nel confronto ogni forma di prevaricazione si dissolve. Il momento dovrebbe essere vicino.
Come mai l’intera classe dirigente e la magistratura mondiale sono psicotiche?
Perché vigono delle logiche in virtù delle quali, se non sei affetto da quel certo particolare tipo di psicosi (fatto anche di molta abiezione, pochezza, ignoranza, voracità ecc.), non puoi diventare nulla..
Speriamo di vedere presto diciamo almeno i ‘primi’ 5.000 dinanzi ad un tribunale internazionale che li mandi a finire i giorni giocando a carte tra loro e bevendo bibite analcoliche colorate sui verdi prati di un moderno manicomio criminale in qualche luogo ameno.
Per me che li ho così tanto combattuti, e detestati, sarebbe un grande onore se gli Stati accettassero la mia offerta di una ventina di ettari in Toscana, su una pianura dove, recintata da un bel muro per proteggerli dalla pubblica ira, costruire la struttura per ospitarli, in modo da poterli guardare mentre scrivo dalle finestre del podere sul poggio dove spesso dimoro e magari, chissà, prima o poi perdonarli e andarli a trovare di tanto in tanto.
9.10.2013
Alfonso Luigi Marra
http://www.signoraggio.it/marra-obama-minaccia-la-morte-delleconomia-purche-non-si-tocchi-il-signoraggio/
mercoledì 2 ottobre 2013
FISCO INFERNO – PERCHE’ LA PROCURA GENERALE DI MILANO HA TOLTO AL POOL DI FRANCESCO GRECO 7 INCHIESTE SU REATI DI TIPO FISCALE? Fatto valere un articolo del codice penale che prevede l’avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale - La procura lombarda minimizza: percentuale minima rispetto ai 6 mila procedimenti – Un magistrato: Di solito ci accusano di essere troppo inquisitori, stavolta ci dicono che siamo di manica larga…
Gianni Barbacetto per "Il Fatto Quotidiano"
Non era mai successo a Milano: un giudice dell'indagini preliminari che rifiuta d'archiviare alcune inchieste e una procura generale che le richiama a sé per avocazione, facendo le indagini al posto della procura. È successo sette volte negli ultimi mesi, da aprile a settembre, a proposito di sette indagini di tipo fiscale assegnate al dipartimento che si occupa di reati economici, coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
IL PM DI MILANO FRANCESCO GRECO AL CELLULARE
IL PM DI MILANO FRANCESCO GRECO AL CELLULARE
Per sette volte il gip Andrea Salemme ha rifiutato di concedere l'archiviazione, chiesta dalla procura. La palla è passata allora al sostituto procuratore generale Carmen Manfredda, che ha ritenuto di coordinare le indagini assegnandole alla polizia giudiziaria, dopo aver ritenuto inadeguate quelle svolte della procura.
Nessun nome eccellente, in quei sette fascicoli, ma cifre evase anche considerevoli. Come quelle di una presunta frode fiscale milionaria che sarebbe stata realizzata da un'azienda d'arredamento con sede in Brianza. O come quelle di una contestata frode realizzata attraverso una società estera per un valore attorno ai 15 milioni di euro.
Le inchieste avocate dalla procura generale riguardano tasse non pagate complessivamente per milioni di euro da parte di società sottoposte a verifica fiscale e poi oggetto di denuncia penale alla magistratura presentata dall'ufficio Grandi contribuenti dell'Agenzia delle Entrate.
toghe large ro medium
TOGHE LARGE RO MEDIUM
La procura risponde spiegando che ritiene fisiologica una contestazione che riguarda solo sette casi sui 6 mila fascicoli che il dipartimento tratta ogni anno, con 1.500 decreti penali, massicci recuperi di imposte evase e richieste di archiviazioni che sono inferiori alla media delle archiviazioni totali chieste dalla procura di Milano. "Oltretutto l'agenzia delle entrate", spiega un magistrato, "ci manda accertamenti fiscali che riguardano cinque o sei anni fa, dunque a rischio prescrizione. Occorre fare una selezione per valutare quando sia il caso di indagare e quando il processo sia purtroppo destinato a morire".
Sui casi contestati sono ora comunque in corso nuove indagini che dureranno alcuni mesi, secondo le disposizioni della procura generale che si è sostituita al pm, ritenendo in alcuni casi troppo precipitose le archiviazioni richieste.
toghe
TOGHE
fisco
FISCO
Di solito, quando un gip giudica non adeguata la richiesta d'archiviazione, la respinge e ordina al pm nuove indagini. In questi sette casi, invece, è insolitamente intervenuta la procura generale, facendo valere un articolo del codice di procedura penale, raramente utilizzato, che prevede "l'avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale".
"Di solito ci accusano di essere troppo inquisitori e di far tintinnare eccessivamente le manette, questa volta", sospira un magistrato, "ci dicono invece che siamo troppo di manica larga...".
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/fisco-inferno-perche-la-procura-generale-di-milano-ha-tolto-al-pool-di-francesco-63852.htm
martedì 1 ottobre 2013
MORO PER SEMPRE – L’AGENTE USA: “IL SACRIFICIO DI MORO? NECESSARIO PER LA SALVEZZA DELL'ITALIA” La procura di Roma ha acquisito la cassetta dell'intervista di Minoli all’esperto Steve Pieczenik, che sul caso Moro ha parlato di “manipolazione strategica” per stabilizzare la situazione italiana: “fino alla fine temevo che liberassero Moro” - “Il ruolo di Craxi pro trattativa? Non me ne preoccupai, era stato già neutralizzato”…
Da repubblica.it
La procura di Roma ha acquisito la cassetta dell'intervista di Giovanni Minoli su Radio 24 a Steve Pieczenik, esperto di terrorismo, già consulente del Dipartimento di Stato Usa nel 1978. Pieczenik avrebbe indirizzato e gestito l'azione delle autorita' italiane con le Br nella vicenda poi culminata con la morte di Aldo Moro.
3. L'ESPERTO USA: "COSÌ MANIPOLAMMO IL CASO MORO"
Da "Il Sole24Ore"
A distanza di molti anni parla Steve Pieczenik, consulente del Dipartimento Usa nel 1978 in materia di terrorismo, componente del comitato di crisi voluto da Francesco Cossiga, allora ministro dell'Interno, durante il rapimento e poi l'uccisione di Aldo Moro da parte delle Br.
minoli
MINOLI
Ieri, a Mix24, Pieczenick ha rotto il silenzio e ha risposto per mezz'ora alle domande di Giovanni Minoli. Ha parlato di una «manipolazione strategica al fine di stabilizzare la situazione dell'Italia» in quel periodo. Racconta di aver temuto che Moro venisse alla fine rilasciato: «Mi aspettavo che le Br si rendessero conto dell'errore che stavano commettendo - con il rapimento - e che liberassero Moro, mossa che avrebbe fatto fallire il mio piano - ha spiegato l'ex consulente Usa - Fino alla fine ho avuto paura che liberassero Moro». La procura di Roma ha disposto l'acquisizione dell'intervista. Lo ha deciso il pm Luca Palamara, titolare dell'ultimo procedimenti aperto sul sequestro e l'omicidio dello statista Dc. Il magistrato intende sentire il consulente americano, potrebbe essere aperta una procedura di rogatoria internazionale.
GIANNI MINOLI
GIANNI MINOLI
Nel comitato di crisi per il rapimento Moro, Pieczenik sedeva insieme al criminologo Franco Ferracuti, l'esperto in difesa e sicurezza Stefano Silvestri, una grafologa e il magistrato Renato Squillante. «In quei giorni quotidianamente, anche più volte, parlavo con Cossiga» dice il consulente inviato a Roma dall'allora segretario di Stato americano Cyrus Vance. «Abbiamo passato insieme più di 40 giorni».
MORO
MORO
E, aggiunge, «Cossiga capì subito che il problema non era solo legato alla "persona" Moro - ma che doveva affrontare una crisi dello Stato, che avrebbe dovuto "stabilizzare" l'Italia». Di più: «A un certo punto, per poter incidere in una situazione di crisi, sono stato costretto a sminuire la posizione e il valore dell'ostaggio, a Cossiga ho suggerito di screditare la posta in gioco» fino a suggerirgli, rivela, di dire che quello delle lettere - le ultime soprattutto - non era il vero Aldo Moro. Così come bocciò l'iniziativa del Vaticano di raccogliere una cospicua somma di denaro, pare di dieci miliardi di lire, per pagare un riscatto. «In quel momento stavamo chiudendo tutti i possibili canali attraverso cui Moro avrebbe potuto essere rilasciato. Non era per Aldo Moro in quanto uomo: la posta in gioco erano le Brigate rosse e il processo di destabilizzazione dell'Italia».
Aldo Moro
ALDO MORO
ALDO MORO E GIULIO ANDREOTTI
ALDO MORO E GIULIO ANDREOTTI
Chiede Minoli: «Sostanzialmente, lei fin dal primo giorno ha pensato e ha detto a Cossiga: Moro deve morire?». «Per quanto mi riguarda, la cosa era evidente - risponde il consulente - Cossiga se ne rese conto solo nelle ultime settimane. Aldo Moro era il fulcro da sacrificare attorno al quale ruotava la salvezza dell'Italia».
Luca Palamara
LUCA PALAMARA
Incalzato su Bettino Craxi, che tentò in modo convinto di aprire una trattativa, Pieczenick si fa scappare una rivelazione inquietante che conferma molte ipotesi formulate su Tangentopoli e il ruolo americano che favorì la vicenda di Mani Pulite. «Non mi preoccupai sul possibile ruolo di Craxi, era stato già neutralizzato, gli stavamo dietro da tempo.
Avevamo il coltello dalla parte del manico, sapevamo qualcosa su di lui. Craxi era comunque compromesso, si era compromesso da solo». La procura di Roma intende acquisire anche un'intervista all'attrice Piera Degli Esposti, realizzata dalla giornalista del Tg5 Claudia Marchionni, in cui l'attrice racconta di essere stata in via Caetani dalle 11.30 all'una e mezza del 9 maggio 1978. Era rimasta appoggiata, racconta, quasi sempre alla Renault dov'era il cadavere di Moro, senza accorgersene, ma aggiunge anche che in quelle ore non arrivò nessuno.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/moro-per-sempre-lagente-usa-il-sacrificio-di-moro-necessario-per-la-salvezza-dell-63766.htm
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