lunedì 27 marzo 2017

WALL STREET AVVERTE TRUMP: SE NON MANTIENI LA PROMESSA SUL FISCO TI GIRIAMO LE SPALLE – GIA’ INIZIATO IL DEFLUSSO DI INVESTIMENTI IN AZIONI VERSO L’EUROPA DOPO IL RITIRO DELLA RIFORMA SANITARIA: IN POCHI GIORNI USCITI DAGLI USA 9 MILIARDI DI DOLLARI PER L’ACQUISTO DI TITOLI QUOTATI NEL VECCHIO CONTINENTE, E L’EURO CRESCE

Vito Lops  per il Sole 24 Ore


L’andamento di Borsa da metà marzo parla chiaro: l’indice S&P 500 di Wall Street ha perso quasi il 2% mentre le Borse europee - che pure oggi sono in flessione - hanno resistito guadagnando in media circa l’1 per cento. È forse presto per tracciare un nuovo trend di mercato, ma se il buongiorno si vede dal mattino quanto visto recentemente sui mercati può essere interpretato come un chiaro segnale di rotazione dall’azionario statunitense verso quello europeo. Se vogliamo, si tratta di una rotazione nella rotazione, dato che da diverso tempo è in corso una rotazione dei portafogli da bond verso le azioni.

Del resto, il cambio di registro viene evidenziato anche dal contestuale deflusso di denaro dagli Stati Uniti; -9 miliardi di dollari, la variazione negativa più ampia dallo scorso giugno. Il quadro è completato dal concomitante rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro. Oggi con un euro si acquista l’equivalente di 1,08 dollari. A metà marzo se ne compravano 1,06 (a fine dicembre 1,03). Come mai Wall Street pare stia perdendo colpi mentre le Borse europee sembrano più toniche? Ci sono almeno due fattori che ci aiutano a capirlo, uno politico e l’altro finanziario.


TRUMP PERDE QUALCHE COLPO 
Dopo un avvio schioppettante a suon di slogan (alcuni peraltro contradditori) Donald Trump, dalla vittoria alle elezioni dello scorso novembre, ha dato un’enorme scossa alle Borse e al dollaro. Ora però il presidente Usa è atteso alla prova dei fatti. A questo punto le azioni di Wall Street hanno più da perdere che da guadagnare. Perché già scontano il migliore degli scenari possibili (ovvero che tutte le promesse di Trump si concretizzino senza intoppi e che queste spingano le aziende quotate a Wall Street a far crescere gli utili). Se qualcosa dovesse andare storto, gli investitori sono pronti a ritirare un po’ di fiches dalla Borsa Usa e a posizionarle altrove, magari proprio nel Vecchio Continente.


Lo si è visto chiaramente nelle ultime sedute quando Wall Street ha sofferto la difficoltà di Trump a rimuovere l’Obamacare, la riforma sanitaria tanto cara al suo predecessore. Venerdì sera, proprio quando era previsto il voto alla Camera su richiesta di Trump la proposta di riforma sanitaria (Ryancare) è stata ritirata.

Questo flop è considerato un test importante dagli investitori sulle capacità di Trump di trasformare in azione politica le tante promesse della campagna elettorale. Perché il rally delle Borse è stato sostenuto proprio da queste promesse. Gli investitori temono che i legislatori repubblicani possano avere le stesse difficoltà quando al Congresso arriveranno altre proposte di legge tra cui quella per tagliare le tasse


Mentre Trump si sta scontrando con le prime difficoltà, dall’Europa invece arriva qualche segnale di distensione politica. La sconfitta dell’euroscettico Geert Wilders alle elezioni olandesi e l’avanzata nei sondaggi in Francia del candidato centrista Emmanuel Macron a discapito dell’anti-sistemica Marine Le Pen stanno rasserenando un po’ gli animi degli investitori. Rendendo ora la piazza europea meno bollente di come potesse sembrare qualche mese fa.

UNA QUESTIONE DI PREZZI 
Oltre al fattore politico c’è poi quello finanziario. Le azioni a Wall Street valgono oggi 18 volte gli utili attesi. Quelle europee 14 volte. Ciò vuol dire che tecnicamente le azioni statunitensi sono più care e che, se in Europa il rischio politico dovesse nei prossimi mesi stemperarsi, secondo molti addetti ai lavori c’è margine perché le Borse europee vadano in parte a ridurre il divario di valutazione con gli Usa.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/wall-street-avverte-trump-se-non-mantieni-promessa-fisco-ti-giriamo-144519.htm

mercoledì 15 marzo 2017

BOHEMIAN CLUB: IL LATO OSCURO DEI POTENTI ECCO CHE COSA FANNO I POTENTI DEL MONDO ALL'INSAPUTA DEI LORO POPOLI (a cura di Claudio Prandini)

INTRODUZIONE
 
Il Papa è recentemente tornato dal suo viaggio negli Usa durante il quale ha incontrato il Presidente Bush che non ha perso l'occasione per ribadire la propria fede in Dio e la propria campagna in difesa dei valori della cristianità. Non c'è nulla di cui stupirsi in queste dichiarazioni, sono tipiche di quasi tutti i leader occidentali, però bisogna porsi alcune domande: siamo sicuri che la fede di questi leader non sia solo di "facciata"? Ad esempio cosa direbbe il Papa a Bush se sapesse che il buon Presidente si diverte in estate a passare qualche settimana nei boschi della California vestito di rosso davanti ad un gufo di 15 metri detto Moloch?  Il dio Moloch, qui rappresentato da un gufo, era una divinità pagana che prevedeva anche sacrifici umani... Ed infatti ciò che ha allarmato più volte la stampa locale è il fatto della "sparizione di un elevato numero di turisti avventuratisi in quel luogo maledetto" ed ha parlato della scoperta di "alcuni cadaveri orrendamente mutilati, sacrificati al culto di Canaan e di Moloch...".
 
Così, una volta all'anno a metà luglio, molti tra i grandi della terra si ritrovano in un bosco di sequoie come membri del Bohemian Club che da più di cento anni riunisce nel Bohemian Grove i leader dell'economia e della politica mondiale. E che ci crediate o no tutto sembra avvalorare il fatto che non ci troviamo di certo di fronte ad un gruppo di boy scout in campeggio in un bosco a 120 km da San Francisco, ma bensì in qualcosa di ben altra portata. Che cosa decideranno quest'anno, tra un rito esoterico ed evocazioni varie, riguardo alle sorti del mondo? Il menu è vario: ulteriore rialzo del prezzo del petrolio, attacco all'Iran, false flag, possibilità o meno di un presidente di colore (Obama), ecc... Non dimentichiamo che fu proprio in questo Bosco Boemo che nel 1942 si decise l'utilizzo della bomba atomica in guerra!
"San Massimiliano Kolbe, richiamandosi biblicamente al «serpente» del Genesi (3,15) e al «drago» dell'Apocalisse (12,2), afferma ripetutamente che il pericolo più terribile e più nefasto per la fede è sicuramente la Massoneria. Scrive egli infatti: «La Massoneria è senza dubbio il capo del serpente infernale. Non dico i massoni, perché sono persone infelici, ma le loro finalità, la loro organizzazione rivolta contro Dio e contro la felicità delle anime» (Massimiliano Kolbe, Scritti, Roma 1997, p. 1839). Esemplarmente, san Massimiliano mette anzitutto al sicuro quella carità che lo preoccupa primariamente per la salvezza dei massoni, poveri erranti, «persone infelici»; nello stesso tempo, però, vuole colpire l'errore, o meglio, la somma degli errori che costituiscono la Massoneria, questa organizzazione vasta e potente, che estende i suoi seducenti e mortiferi tentacoli su tutto il pianeta-terra, a livello di economia e di politica, di filosofia e di sociologia.
È per tutto questo, infatti, che la Massoneria veniva chiamata «Sinagoga di satana» dal Sommo Pontefice, il Beato Pio IX, e i membri della Massoneria venivano chiamati dallo stesso Albert Lantoine (33° della Gran Loggia di Francia) «Serviteurs de Satan», a servizio attivo in quella che dal padre Giovanni Caprile veniva chiamata «Città di Satana», in contrapposizione evidente all'agostiniana «Città di Dio»... In una lettera del 1927 alle alunne della 3ª e 4ª magistrale di Wirow, il santo lamenta lo spandersi dell'immoralità (e della conseguente irreligiosità) diffusa nelle città e nei villaggi polacchi del suo tempo, attraverso l'arte, la stampa, il teatro, il cinema, la moda, ed equipara il capo del serpente infernale, schiacciato dalla Madonna (secondo il testo della Volgata del Gn 3,15), alla massoneria, «la quale dirige tutto questo movimento antireligioso e immorale e mette a disposizione grosse somme di denaro per la formazione di nuove sette»(vedere qui).
BOHEMIAN CLUB, CIRCOLO SATANICO
di Alfredo Lissoni - il SEGNO del soprannaturale,  n° 239 maggio 2008
II nome può evocare quello di un circolo di annoiati dandy ottocenteschi, ma del Romanticismo i membri del Bohemian Club hanno assai poco. Costoro sono nomi altisonanti della politica, dell'economia e della finanza internazionale (Italia compresa) e persino del jet-set: i Bush, Dick Cheney, Tony Blair, Colim Powell, Donald Rumsfeld, Karl Rove, Henry Kissinger, David Rockfeller, il vicepremier israeliano Shimon Peres, l'ex vice-presidente Al Gore, il vice portavoce della Casa Bianca Newt Gingrich, l'ex presidente dell'Università di Harvard Lawrence Summers e perfino il cantante degli U2 e benefattore internazionale, Bono Vox e l'attore nonché governatore della California Arnold Schwarzenegger. Il Club Boemo annovera solo persone che contano e comandano: presidenti, generali, banchieri, leader di compagnie petrolifere, vertici di multinazionali, proprietari di TV, tutti uniti dal discutibile gusto per i raduni notturni in una località inaccessibile ai più, denominata Boschetto Boemo, una pineta che dà il nome a questo gruppo massonico.


Là, per due settimane di fila, ogni seconda metà di luglio, i potenti si siedono sulle rive di un laghetto in una foresta nel nord della California, davanti a un gufo gigante di pietra ai piedi del quale un feticcio umano viene cremato con un rito sacrificale officiato da sacerdoti che indossano mantelli da druidi. Il luogo della macabra cerimonia si richiama alla ritualità pagana: è la boscaglia di Monte Rio Redwoods, foresta nella contea di Sonora, a 120 km da San Francisco. Il Boschetto Boemo (Bohemian Grove) è in realtà una foresta di altissimi abeti rossi secolari che ricopre oltre mille ettari, tutti di proprietà della setta politica. Il richiamo al "rosso sangue" pare non sia casuale: Bohemian Grove si trova al centro di un territorio storicamente chiamato la "sacra Sonoma", un tempo abitato dai tenebrosi pellerossa Pomo, adoratori di una "Via della Morte", un percorso "sacro" ove si compivano i riti divinatori e di cremazione. Questo ed altri luoghi di Sonoma sono tuttora oggetto di grande interesse da parte di seguaci di riti satanici e neopagani, che attribuiscono al Bohemian Grove un singolare significato poiché credono sia posto all'incrocio di due "linee esoteriche" che collegano i principali siti sacri di Sonoma. Lungo questo percorso "magico" sarebbe possibile evocare forze demoniache ed energie sataniche potenti al punto da controllare l'intero pianeta.
Sia come sia, il raduno estivo annuale del Club è una tradizione iniziata nel 1899. Dell'antico Bohemian Club (B.C.) hanno fatto parte molti presidenti degli Stati Uniti, prevalentemente repubblicani. Oltre ai già citati Bush, presidenti e petrolieri, vi figurano Herbert Hoover (che amava definire il B. C. "il più grande party maschile della Terra"; maschile perché le donne - prostitute d'alto bordo a parte - vi sono rigorosamente escluse); e c'erano anche Dwight Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, Ronald Reagan e Bill Clinton. Tutti sedettero dinnanzi al laghetto al centro della boscaglia, quel laghetto sulle cui sponde si svolgono ogni anno la cerimonia sacrificale notturna in onore del Grande Gufo e le adunanze in occasione dei "Discorsi sulla riva del lago", in cui si parla di religione, filosofia, scienza, economia e politica, o meglio di come controllare completamente il pianeta. 
A raduno finito i "boemi" si ritirano nei venti lussuosi "accampamenti" dislocati nel bosco. Ma in realtà, secondo il S. Francisco Chronicle, gli incontri non terminano così, ma si consumano "rituali pagani” e si partecipa a conferenze e a spettacoli di intrattenimento di vario genere. Il primo sabato del campo estivo si compie il tradizionale rito del Cremation of Care (traducibile con "cremazione dell'intento") chiaramente di origine occulta: una processione funebre a lume di torcia con uomini vestiti di rosso e con legni appuntiti addosso che concludono il rito con l'apertura di una bara contenente uno scheletro nero di legno vestito da donna, rappresentante appunto il Care ". 
Goliardate, rispondono i diretti interessati. Ma è credibile che gli uomini più potenti del mondo si riuniscano segretamente per giocare come matricole di primo pelo? In realtà, al B. C. si consumerebbe ben altro: decisioni segrete, tra strani riti e sesso, spesso con minorenni affatto consenzienti, molti dei quali verrebbero addirittura sacrificati al diavolo; il tutto verrebbe filmato e le pellicole hard, o snuff movies, girerebbero tra gli adepti d'alto bordo e, affermano i maligni, servirebbero a CIA ed FBI per ricattare i potenti a causa delle loro devianze sessuali. Alcuni riti sessuali prevederebbero l'adescamento di giovani legati a membri appartenenti a gruppi esoterici o satanici.
L'americana Cathie O'Brien, figlia di genitori militanti nella Loggia massonica blu, sostiene di essere stata portata da piccola a questi raduni, di cui tra l'altro capiva assai poco. Diversi uomini politici avrebbero approfittato di lei. Da allora Cathie avrebbe subito ripetutamente violenze di ogni genere, pressioni psicologiche e persino lavaggi del cervello, per cancellarle dalla mente - una volta divenuta adulta e quindi potenzialmente pericolosa per l'enclave massonica - il ritorno di quelle esperienze. Testimonianze di questo genere sono però scarsamente attendibili, in quanto rasentano spesso la paranoia. Ben più interessanti le inchieste condotte dai vari reporter, una volta scoperta l'esistenza del circolo massonico.




LA STAMPA INDAGA


Un giornale locale, il The Santa Rosa Sun, in passato ha denunziato "la sparizione di un elevato numero di turisti avventuratisi in quel luogo maledetto" ed ha parlato della scoperta di "alcuni cadaveri orrendamente mutilati, sacrificati al culto di Canaan e al demone Moloch".
Saperne di più, anche per separare la realtà dalle leggende macabre, è molto difficile.
Attorno alla proprietà centinaia di poliziotti tengono lontani i curiosi e i contestatori del Bohemian Grove Action Network che da 25 anni manifestano contro questo evento. Un evento che, secondo loro, serve per prendere in segreto decisioni politiche che poi condizionano il destino del mondo, come la guerra in Iraq e le strategie sul Medio Oriente (fu proprio nel Bosco Boemo che nel 1942 si decise l'utilizzo della bomba atomica in guerra).


Ciò che stona, nelle giustificazioni dei Boemi, che pretendono di occuparsi unicamente di politica in un ameno boschetto, sono le descrizioni di persone che si aggirano nude per la foresta rossa, urinando sugli alberi e recitando strane formule magiche. Ad accorgersene fu, nel 2000, il reporter del S. Francisco Chronicle Alex Jones, che riuscì ad infiltrarsi in una di queste riunioni ed ebbe successo nel riprendere totalmente in video, l'esecuzione del rito della cremazione. "Si teneva sotto la statua di un gufo di pietra alto 40 piedi che i membri del gruppo chiamano Moloch", disse Jones. "Moloch era anticamente una antica divinità pagana a cui era dedicato un culto che prevedeva anche sacrifici umani. Il famoso anchorman della CBS Walter Cronkite ha eccezionalmente prestato la voce al gufo per i rituali. L'ex presidente Richard Nixon è stato registrato mentre parlava di attività omosessuali nel Boschetto, mentre è stato ampiamente documentato che ogni anno pornostars maschili e femminili vengono invitate al ritrovo annuale". Anche la stampa inglese ha investigato sul Bosco Boemo, spiando i propri leader.
Ciò che hanno scoperto è poco rassicurante. "Tony Blair e moglie sono ossessionati dalle pratiche New Age ed assidua è la loro partecipazione a rituali aztechi e di rinascita, riti che, come è noto, prevedono sacrifici umani", commentò il quotidiano londinese The Guardian. Secondo il London Times, Blair "ha preso delle decisioni politiche in base a certe letture New Age che sostengono l'esistenza di una forza segreta chiamata The Light, La Luce...". Proprio l'evocazione di questa "luce" permetterebbe ai Boemi di padroneggiare energie in grado di conferire il potere.
La genesi di questa credenza è facilmente rintracciabile: si tratta di una blasfema parodia della figura del Dio cristiano; la "luce" dei Boemi non è quella di Dio, ma quella che il reverendo esorcista Donald Omand, inglese, ha ribattezzato "la luce di Satana".
Gufi magici, sacrifici umani, evocazioni di diavoli, rituali aztechi e pellirossa; si può credere o meno a tutto ciò, ma ciò che sconcerta è che a credervi siano alcuni dei maggiori leader del pianeta. E ciò che allarma è che le principali decisioni politiche, quelle che condizionano i destini del pianeta, vengano presi da un'enclave massonica decisamente fuori di testa.

http://www.parrocchie.it/correggio/ascensione/bohemian_club.htm



venerdì 10 marzo 2017

Come gli Agnelli hanno rapinato l’Italia lungo un intero secolo 07/11/2015 Scritto da Gerardo

Come gli Agnelli hanno rapinato l’Italia lungo un intero secolo 
Gioanin lamiera, come scherzosamente gli operai chiamavano l’Avvocato, ha succhiato di brutto; ma prima di lui ha succhiato suo padre; e prima di suo padre, suo nonno Giovanni. Giovanni Agnelli Il Fondatore. Hanno succhiato dallo Stato, cioè da tutti noi. E’ una storia della Fiat a suo modo spettacolare e violenta, tipo rapina del secolo, questa che si può raccontare – alla luce dell’ultimo blitz di Marchionne – tutta e completamente proprio in chiave di scandaloso salasso di denaro pubblico. Un salasso che dura da cent’anni. Partiamo dai giorni che corrono. Per esempio da Termini Imerese, lo stabilimento ormai giunto al drammatico epilogo (fabbrica chiusa e operai sul lastrico fuori dai cancelli). Costruito su terreni regalati dalla Regione Sicilia, nel 1970 inizia con 350 dipendenti e 700 miliardi di investimento. Dei quali almeno il 40 per cento è denaro pubblico graziosamente trasferito al signor Agnelli, a vario titolo. La fabbrica di Termini Imerese arriva a superare i 4000 posti di lavoro, ma ancora per grazia ricevuta: non meno di 7 miliardi di euro sborsati pro Fiat dal solito Stato magnanimo nel giro degli anni. Agnelli costa caro. Calcoli che non peccano per eccesso, parlano di 220 mila miliardi di lire, insomma 100 miliardi di euro (a tutt’oggi), transitati dalle casse pubbliche alla creatura di Agnelli. Nel suo libro – “Licenziare i padroni?”, Feltrinelli – Massimo Mucchetti fa alcuni conti aggiornati: «Nell’ultimo decennio il sostegno pubblico alla Fiat è stato ingente. L’aiuto più cospicuo, pari a 6059 miliardi di lire, deriva dal contributo in conto capitale e in conto interessi ricevuti a titolo di incentivo per gli investimenti nel Mezzogiorno in base al contratto di programma stipulato col governo nel 1988». Nero su bianco, tutto “regolare”. Tutto alla luce del sole. «Sono gli aiuti ricevuti per gli stabilimenti di Melfi, in Basilicata, e di Pratola Serra, in Campania». A concorrere alla favolosa cifra di 100 miliardi, entrano in gioco varie voci, sotto forma di decreti, leggi, “piani di sviluppo” così chiamati. Per esempio, appunto a Melfi e in Campania, il gruppo Agnelli ha potuto godere di graziosissima nonché decennale esenzione dell’imposta sul reddito prevista ad hoc per le imprese del Meridione. E una provvidenziale legge n.488 (sempre in chiave “meridionalistica”) in soli quattro anni, 1996-2000, ha convogliato nelle casse Fiat altri 328 miliardi di lire, questa volta sotto la voce “conto capitale”. Un bel regalino, almeno 800 miliardi, è anche quello fatto da tal Prodi nel 1997 con la legge – allestita a misura di casa Agnelli, detentrice all’epoca del 40% del mercato – sulla rottamazione delle auto. Per non parlare dell’Alfa Romeo, fatta recapitare direttamente all’indirizzo dell’Avvocato come pacco-dono, omaggio sempre di tal Prodi. Sempre secondo i calcoli di Mucchetti, solo negli anni Novanta lo Stato ha versato al gruppo Fiat 10 mila miliardi di lire. Un costo altisssimo è poi quello che va sotto la voce”ammortizzatori sociali”, un frutto della oculata politica aziendale (il collaudato stile “privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite”): cassa integrazione, pre-pensionamenti, indennità di mobilità sia breve che lunga, incentivi di vario tipo. «Negli ultimi dieci anni le principali società italiane del gruppo Fiat hanno fatto 147,4 milioni di ore di cassa integrazione – scrive sempre Mucchetti nel libro citato – Se assumiamo un orario annuo per dipendente di 1.920 ore, l’uso della cassa integrazione equivale a un anno di lavoro di 76.770 dipendenti. E se calcoliamo in 16 milioni annui la quota dell’integrazione salariale a carico dello Stato nel periodo 1991-2000, l’onere complessivo per le casse pubbliche risulta di 1228 miliardi». Grazie, non è abbastanza. Infatti, «di altri 700 miliardi è il costo del prepensionamento di 6.600 dipendenti avvenuto nel 1994: e atri 300 miliardi se ne sono andati per le indennità di 5.200 lavoratori messi in mobilità nel periodo». Non sono che esempi. Ma il conto tra chi ha dato e chi ha preso si chiude sempre a favore della casa torinese. Ab initio. In un lungo studio pubblicato su “Proteo”, Vladimiro Giacché traccia un illuminante profilo della storia (rapina) Fiat, dagli esordi ad oggi, sotto l’appropriato titolo”Cent’anni di improntitudine.
Ascesa e caduta della Fiat”. Nel 1911, la appena avviata industria di Giovanni Agnelli è già balzata, con la tempestiva costruzione di Motori per navi e sopratutto di autocarri, «a lucrare buone commesse da parte dello Stato in occasione della guerra di Libia». Non senza aver introdotto, già l’anno dopo, 1912, «il primo utilizzo della catena di montaggio», sulle orme del redditizio taylorismo. E non senza aver subito imposto un contratto di lavoro fortemente peggiorativo; messo al bando gli “scioperi impulsivi”; e tentato di annullare le competenze delle Commissioni interne. «Soltanto a seguito di uno sciopero durato 93 giorni, la Fiom otterrà il diritto di rappresentanza e il riconoscimento della contrattazione collettiva» (anno 1913). Anche il gran macello umano meglio noto come Prima guerra mondiale è un fantastico affare per l’industria di Giovanni Agnelli, volenterosamente schierata sul fronte dell’interventismo. I profitti (anzi, i “sovraprofitti di guerra”, come si disse all’epoca) furono altissimi: i suoi utili di bilancio aumentarono dell’80 per cento, il suo capitale passò dai 17 milioni del 1914 ai 200 del 1919 e il numero degli operai raddoppiò, arrivando a 40 mila.
«Alla loro disciplina, ci pensavano le autorità militari, con la sospensione degli scioperi, l’invio al fronte in caso di infrazioni disciplinari e l’applicazione della legge marziale». E quando viene Mussolini, la Fiat (come gli altri gruppi industriali del resto) fa la sua parte. Nel maggio del ’22 un collaborativo Agnelli batte le Mani al “Programma economico del Partito Fascista”; nel ’23 è nominato senatore da Mussolini medesimo; nel ’24 approva il “listone” e non lesina finanziamenti agli squadristi.
Ma non certo gratis. In cambio, anzi, riceve moltissimo. «Le politiche protezionistiche costituirono uno scudo efficace contro l’importazione di auto straniere, in particolare americane». Per dire, il regime doganale, tutto pro Fiat, nel 1926 prevedeva un dazio del 62% sul valore delle automobili straniere; nel ’31 arrivò ad essere del 100%; «e infine si giunse a vietare l’importazione e l’uso in Italia di automobili di fabbricazione estera». Autarchia patriottica tutta ed esclusivamente in nome dei profitti Fiat. Nel frattempo, beninteso, si scioglievano le Commissioni interne, si diminuivano per legge i salari e in Fiat entrava il “sistema Bedaux”, cioè il “controllo cronometrico del lavoro”: ottimo per l’intensificazione dei ritmi e ia congrua riduzione dei cottimi. Mussolini, per la Fiat, fu un vero uomo della Provvidenza. E’ infatti sempre grazie alla aggressione fascista contro l’Etiopia, che la nuova guerra porta commesse e gran soldi nelle sue casse: il fatturato in un solo anno passa da 750 milioni a 1 miliardo e 400 milioni, mentre la manodopera sale a 50 mila. «Una parte dei profitti derivanti dalla guerra d’Etiopia – scrive Giacché – fu impiegata (anche per eludere il fisco) per comprare i terreni dove sarebbe stato costruito il nuovo stabilimento di Mirafiori». Quello che il Duce poi definirà «la fabbrica perfetta del regime fascista». Cospicuo aumento di fatturato e di utili anche in occasione della Seconda guerra mondiale. Nel proclamarsi del tutto a disposizione, sarà Vittorio Valletta, nella sua veste di amministratore delegato, a dare subito «le migliori assicurazioni. Ponendo una sola condizione: che le autorità garantissero la disciplina nelle fabbriche attraverso la militarizzazione dei dipendenti». Fiat brava gente. L’Italia esce distrutta dalla guerra, tra fame e macerie, ma la casa torinese è già al suo “posto”. Nel ’47 risulta essere praticamente l’unica destinataria dell’appena nato “Fondo per l’industria meccanica”; e l’anno dopo, il fatidico ’48, si mette in tasca ben il 26,4% dei fondi elargiti al settore meccanico e siderurgico dal famoso Piano Marshall. E poi venne la guerra fredda, e per esempio quel grosso business delle commesse Usa per la fabbricazione dei caccia da impiegare nel conflitto con la Corea. E poi vennero tutte quelle autostrade costruite per i suoi begli occhi dalla fidata Iri. E poi venne il nuovo dazio protezionistico, un ineguagliabile 45% del valore sulle vetture straniere… E poi eccetera eccetera. Mani in alto, Marchionne! Questa è una rapina. – See more at: http://www.marx21.it/index.php/storia-teoria-e-scienza/storia/445-come-gli-agnelli-hanno-rapinato-litalia-lungo-un-intero-secolo#sthash.YG8cBqib.iCEKLj8o.dpuf

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