venerdì 9 marzo 2012
“MISTER PRESIDENT, MY NAME IS MICHELE SINDONA” - A BABBO MORTO, SBUCA UNA LETTERA INVIATA NEL 1981 A REAGAN DAL BANCHIERE CONDANNATO PER L’OMICIDIO DI AMBROSOLI, CHE AVEVA RAPPORTI CON MAFIA, MASSONERIA, P2, NONCHÉ CARO AD ENRICO CUCCIA - SINDONA CHIEDEVA LA GRAZIA, RICORDANDO A REAGAN IL SUO APPOGGIO A NIXON: UN MLN $ DI CUI PERÒ NON POTEVA DIRE LA PROVENIENZA - POI FACEVA STRANE ALLUSIONI A UN PERSONAGGIO CHE VOLEVA ACQUISTARE I QUOTIDIANI ANTI-AMERICANI (E GELLI MISE LE ZAMPINE SUL CORRIERE)...
Paolo Biondani e Andrea Sceresini per "l'Espresso"
Michele Sindona Mister President, my name is Michele Sindona. Comincia così uno dei documenti più sorprendenti sui misteri d'Italia, rimasto nascosto per oltre trent'anni. Una lettera firmata dal banchiere, condannato per l'omicidio dell'eroe borghese Giorgio Ambrosoli e per molto altro. Il destinatario è il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan. Il contenuto è esplosivo: fatti, allusioni e mezze verità che, col senno di poi, suonano come un ricatto.
Michele Sindona È il settembre 1981. L'uomo d'affari siciliano sta chiedendo aiuto al politico più potente del mondo. Sindona si sente ancora forte e vuole uscire subito dal carcere americano dove ha cominciato a scontare 25 anni di reclusione per il crack della Franklin National Bank. Le inchieste stanno già smascherando i suoi legami con la mafia palermitana, la P2 e la finanza nera vaticana.
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Eppure Sindona è convinto di avere ancora un asso nella manica. E decide di giocarlo con Reagan. Gli scrive presentandosi come paladino dei valori occidentali "perseguitato da giudici comunisti". Confessa trame segrete. Fa nomi e cognomi. E racconta di aver raccolto "finanziamenti anonimi" anche per la destra repubblicana. Il partito di Reagan.
sindona michele pz001Il rapporto diretto tra l'uomo delle trame e la Casa Bianca era considerato una leggenda. Ora "l'Espresso" ha recuperato l'originale della lettera e altre centinaia di pagine inedite del carteggio. Le missive erano sepolte in un archivio nella casa brasiliana di Nino Sindona, il figlio del banchiere, che ha accettato di parlarne in un'intervista video. "Non la conoscevamo, ma questa lettera di Sindona a Reagan ha tutti i crismi dell'autenticità", hanno confermato due tra i più profondi conoscitori della vicenda: Gianni Simoni, il magistrato che indagò sulla morte del banchiere, e Umberto Ambrosoli, avvocato come il padre che Sindona fece ammazzare nel 1979.
L'obiettivo della lettera è chiaro sin dalle prime righe: ottenere la grazia. Sindona scrive subito: "Sono detenuto nel centro medico del carcere di Springfield, il mio numero di matricola è 00450-054". Ma perché il presidente americano dovrebbe scomodarsi per lui? In quelle 31 pagine Sindona rivendica rapporti privilegiati con i vertici della Cia, del Tesoro e delle forze armate. Citando testimoni, si dichiara amico e consigliere dell'ex presidente Richard Nixon.
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E mette nero su bianco: "Quando Nixon si è candidato alla rielezione, ho personalmente raccolto fondi per la sua campagna nei circoli di business italiani". Sindona non dice quanti soldi, né chi li avesse versati. Però allude. E l'unico nome accompagnato da una cifra lo spende parlando di uno strano contributo poi rifiutato. "Ho offerto un milione di dollari a Nixon attraverso il suo tesoriere elettorale Maurice H. Stans.
Ho però puntualizzato che non potevo dichiarare le fonti, per non esporre i donatori, me compreso, a ritorsioni della sinistra italiana. Stans mi chiese cosa volevo come ricompensa. Gli risposi: "Dica a Nixon di non scordarsi dell'Italia". Poi però, con una lettera datata 9 novembre 1972, Stans ha risposto che mi ringraziava, ma era spiacente di non poter accettare a causa delle leggi sulla trasparenza dei finanziatori elettorali. Un esempio di onestà ignorato dai politici italiani".
Ronald Reagan
Riletta oggi - alla luce delle verità giudiziarie sui rapporti tra Sindona e politici corrotti, grandi evasori, mafia italo-americana, finanza criminale, massoneria e trame golpiste - quell'allusione a sostenitori anonimi assume un'eco inquietante. La caduta di Nixon per lo scandalo Watergate (agosto 1974), come ha poi documentato la commissione Anselmi, coincide in Italia con un cambio di strategia della P2, che da loggia militare-eversiva diventa rete politico-economica capace di impadronirsi del potere dall'interno dello Stato.
Nella lettera a Reagan, il banchiere siciliano sembra quasi rivendicare la paternità di questa nuova fase della "lotta occidentale anti-comunista", citando tra l'altro "una riunione con Nixon a Venezia". Sindona ricorda di aver salvato dal fallimento, nel 1971, l'unico quotidiano americano stampato in Italia, il "Rome-Daily American", "per evitare che finisse nelle mani delle sinistre".
Giorgio Ambrosoli E questo "d'intesa con l'ambasciatore Graham Martin". Ma Sindona descrive un'operazione molto più ambiziosa: acquistare i più importanti giornali italiani per creare un nuovo polo mediatico anti-Pci. Il progetto viene illustrato nei dettagli in un dossier successivo alla lettera, indirizzato a Reagan tramite Philip Guarino, massone, responsabile della propaganda dei repubblicani americani.
Nei primi anni Settanta, racconta Sindona, "molti giornali italiani erano a corto di denaro e schierati su posizioni anti-americane. La maggior parte era praticamente in vendita. Per comprarli, sarebbero bastati pochi milioni di dollari, facili da procurare con l'aiuto di Washington". La sua idea è far arrivare "nuovi finanziamenti pubblicitari".
Il piano ruota attorno a "un nuovo proprietario ufficiale", di notoria fede "anticomunista". "L'amministrazione Nixon si mostrò seriamente interessata, ma di lì a poco, sfortunatamente, scoppiò lo scandalo Watergate, e il progetto venne accantonato". Ma chi era il misterioso "imprenditore indipendente" pronto a scalare la stampa italiana?
Michele Sindona non fa nomi. "Io stesso non lo conosco", racconta oggi suo figlio Nino, "però so che tra i giornali da acquistare c'era certamente "Il Corriere della Sera". Giulio Andreotti era tra i pochi al corrente del piano, che poi fu illustrato a Licio Gelli". Forse è una coincidenza. O forse una profezia. Fatto sta che nella seconda metà degli anni '70 , mentre la P2 cambia pelle, l'intero gruppo Rizzoli finisce sotto il controllo della loggia di Gelli. A cui dal 1973 è iscritto anche Sindona.
RICHARD NIXON Resta da capire se Reagan abbia mai risposto al bancarottiere. Umberto Ambrosoli, aggrottando le ciglia, ha un'illuminazione: "Tra gli atti del processo per l'omicidio di mio padre ho visto una comunicazione dell'amministrazione americana che solo ora comincio a spiegarmi: un rifiuto alla grazia per Sindona". Anche l'ex magistrato Simoni trova riscontri: "Stile, toni, firma e contenuti della lettera sono tipici di Sindona, compresa la tesi piduista del complotto di giudici comunisti.
La stessa che oggi viene portata avanti da Silvio Berlusconi, tessera 1816". E i parallelismi non si fermano qui. "Se fosse ancora vivo, mio padre sarebbe berlusconiano", confessa Sindona junior, dalla sua casa con guardia armata. "L'ex premier ha realizzato i sogni di mio padre: meno Stato, più mercato, media privatizzati. Berlusconi è riuscito laddove mio padre è stato sconfitto. Ha avuto più fortuna, ma le idee, in fondo, sono le stesse".
andreotti giulio
E sulla morte del banchiere, avvelenato in cella con un caffè al cianuro, che dice il figlio? Per i giudici italiani fu un suicidio mascherato da omicidio. Ora anche Nino Sindona esclude la teoria del complotto: "Credo sia giunto il momento di dire le cose come stanno. Mio padre non è stato ucciso: si è suicidato. Noi in famiglia non abbiamo mai avuto dubbi. Era depresso, fiaccato, senza più speranze. Sapeva come procurarsi il veleno e dove nasconderlo. È stato metodico, fino all'ultimo".
by dagospia
IL BORSELLINO ABBANDONATO - A TRADIRLO NON È STATO SOLO UN UFFICIALE INFEDELE DELL´ARMA O UN MINISTRO DELLA REPUBBLICA COLLUSO. A TRADIRE BORSELLINO È STATO UN PATTO CHE LO STATO HA FATTO CON LA MAFIA - LA STRAGE DI VIA D´AMELIO LA MAFIA SICILIANA L´HA PIÙ SUBITA CHE CERCATA - CI VORREBBE UN PENTITO. MA NON DI COSA NOSTRA. CI VORREBBE UN PENTITO DI ROMA. UNO CHE, QUELL´ESTATE, FACEVA IL MINISTRO O STAVA IN QUALCHE ALTO COMANDO…
Attilio Bolzoni per "la Repubblica"
borsellino
A tradire Paolo Borsellino non è stato solo un ufficiale infedele dell´Arma o un ministro della Repubblica colluso, un poliziotto corrotto, un «giuda» nel Palazzo. A tradire Paolo Borsellino è stato un patto che hanno voluto tanti, troppi in Italia. Un patto che lo Stato ha fatto con la mafia.
Se non si parte da qui, da questa evidente verità che si è cercata di nascondere per molto tempo, non scopriremo mai nulla di quelle bombe di vent´anni fa. A nemmeno due mesi dalla strage di Capaci, Paolo Borsellino è stato sacrificato per salvare qualcun altro e per far proseguire, «spingere», una negoziazione fra pezzi delle Istituzioni e pezzi di una Cosa Nostra siciliana che non poteva all´improvviso sparire dalla scena.
attentato via d'amelio
L´inchiesta di Caltanissetta sul massacro di via Mariano D´Amelio è un primo passo - ma solo il primo - che ci può avvicinare alla realtà di quell´estate del 1992, agli intrighi e alle congiure che si sono consumate alle spalle di Paolo Borsellino, solo e disperato in mezzo a potenti d´Italia che stavano trattando con il nemico.
Il procuratore Sergio Lari e i suoi magistrati hanno avuto il merito di ribaltare un´indagine avvelenata dagli apparati e il coraggio di chiedere qualche mese fa la revisione del processo per sei ergastolani - tutti condannati per l´assassinio di Borsellino e dei cinque poliziotti della sua scorta - ma la «storia» dell´autobomba di via Mariano D´Amelio è ancora da riscrivere nella sua interezza.
GASPARE SPATUZZA Non basta il sicario Gaspare Spatuzza per capire chi ha ordinato davvero la morte di Borsellino e perché doveva morire proprio quell´estate. Spatuzza è servito per scardinare un´inchiesta costruita in laboratorio per depistare, Spatuzza ha consentito ai pubblici ministeri di Caltanissetta di ricominciare daccapo. È solo l´inizio, è stata l´inchiesta sull´inchiesta: adesso deve cominciare quella vera.
Ci sono altri personaggi - ex ministri dell´Interno come Nicola Mancino, ex ministri della Giustizia come Giovanni Conso, ex alti funzionari del dipartimento penitenziario, generali, ex capi della polizia - che sanno probabilmente cosa è accaduto e però restano muti. Ci sono altri personaggi che hanno ricordato dopo quasi due decenni - ma tutto, proprio tutto? -, i famosi «smemorati» come l´ex presidente della Camera Luciano Violante, l´ex Guardasigilli Claudio Martelli, l´ex direttore degli Affari Penali Liliana Ferraro, che sono stati costretti ad ammettere che «sapevano» anche loro qualcosa solo quando un personaggio scaltro e calcolatore come Massimo Ciancimino li ha trascinati nella vicenda.
Giovanni Conso
Quel Ciancimino al quale i magistrati di Caltanissetta non hanno mai creduto e che, nei loro atti, viene descritto come uno «che sembra essere più favorevole agli interessi di Cosa Nostra che a quelli dello Stato».
Ci sono stati e ci sono ancora troppi silenzi istituzionali intorno agli ultimi due mesi di vita del procuratore Paolo Borsellino. Cosa nascondono quei silenzi? È questo il passo successivo che dovranno fare i procuratori di Caltanissetta se vogliono davvero capire il perché di via D´Amelio soltanto cinquantasette giorni dopo la bomba che ha ucciso Giovanni Falcone.
In quei due mesi le «trattative» fra Stato e mafia si sono intrecciate, sovrapposte. Non ce n´è stata solo una di trattativa. Una è quella che è stata già individuata con robusti riscontri. Gli ufficiali del Ros dei carabinieri in contatto con l´ex sindaco Vito Ciancimino, il «papello» presentato da Totò Riina per fermare le stragi, le paure di alcuni uomini politici che avrebbero contattato gli apparati per «sondare» la mafia e convincerla a non mettere più bombe.
NICOLA MANCINO Fra le migliaia di carte dell´indagine affiora il nome del generale Antonino Subranni, al tempo il capo dei reparti speciali dell´Arma. La moglie di Paolo Borsellino, Agnese, ha raccontato ai pubblici ministeri che suo marito le aveva confidato poco prima di morire che il generale era «punciutu», che era mafioso. Due colleghi e amici, Alessandra Camassa e Massimo Russo, hanno ricordato invece che - durante il loro ultimo incontro a Palermo - Borsellino ha parlato loro di «un amico che l´aveva tradito».
LUCIANO VIOLANTE Sono tutti pezzi importanti di un quadro che i magistrati di Caltanissetta hanno messo insieme per ricostruire chi considerava Paolo Borsellino un «ostacolo» a ciò che stava avvenendo, ai patti che si stavano stipulando fra il giugno e il luglio del 1992.
Ora l´inchiesta è veramente a un bivio. Se i magistrati di Caltanissetta in futuro saranno abili come lo sono stati fino a oggi, forse riusciranno a decifrare tutti i passaggi ed entrare nell´intrigo. Ma se si fermeranno solo nei dintorni di Cosa Nostra sarà molto difficile saperne di più. La strage di via D´Amelio - questa è almeno la nostra sensazione - la mafia siciliana l´ha più subita che cercata.
shar26 claudio martelli
Ci vorrebbe un pentito. Ma non di Cosa Nostra. Ci vorrebbe un pentito di Roma. Uno che, quell´estate, faceva il ministro o stava in qualche alto comando.
by dagospia
giovedì 8 marzo 2012
SCOPPIA UNA NUOVA BOMBA SU VIA D’AMELIO - IL PROCURATORE DI CALTANISSETTA SERGIO LARI, IN UN'INTERVISTA RILASCIATA A RADIOCOR, METTE IL DITO NELLA PIAGA DELLA TRATTATIVA STATO-MAFIA: 'BORSELLINO SI SENTIVA TRADITO DA QUALCUNO. UNO DEI SOSPETTATI E' IL GENERALE DEI CARABINIERI ANTONIO SUBRANNI' - EX COMANDANTE DEL ROS, INDAGATO IN PASSATO ANCHE PER IL DEPISTAGGIO DURANTE LE INDAGINI SULL'ASSASSINIO DI PEPPINO IMPASTATO, SUBRANNI HA UNA FIGLIA, DANILA, CHE E' L'ADDETTO STAMPA DELL'EX MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ANGELINO ALFANO, ATTUALE SEGRETARIO DEL PDL…
MAFIA: PM LARI, 'BORSELLINO SI SENTIVA TRADITO'
Radiocor - 'Borsellino si sentiva tradito da qualcuno. Uno dei sospettati e' il generale Antonio Subranni'. Il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, in un'intervista rilasciata a Radiocor, dopo gli ultimi sviluppi sulla strage di via D'Amelio, parla dello sconforto di Borsellino e delle sue confidenze affidate 'alla moglie e ad alcuni stretti collaboratori' a proposito del fatto che 'si sentiva tradito da qualcuno'. Si sa da chi, e' stato identificato quel qualcuno? 'No, abbiamo soltanto dei sospetti ma i sospetti non hanno dignita''.
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L'ipotesi Subranni? 'E' un sospetto'. Il riferimento e' al generale dei carabinieri Antonio Subranni, che e' stato comandante del raggruppamento operativo speciale, Ros, dell'Arma, e indagato in passato anche per il depistaggio durante le indagini sull'assassinio di Peppino Impastato.
La figlia del generale Subranni, Danila, tra l'altro, e' l'addetto stampa dell'ex ministro della Giustizia Angelino Alfano, attuale segretario del Pdl. La procura di Caltanissetta ha chiesto, e ottenuto, per tre degli indagati arrestati oggi (tra cui il boss Salvatore Madonia) l'aggravante dei fini terroristici nell'esecuzione dell'attentato a Borsellino.
'Un intento terroristico - sottolinea Lari - che nascondeva dietro di se' la volonta' di attuare una trattativa facendo capire quale fosse la pericolosita' di Cosa nostra per ottenere dallo Stato, tra le altre cose, benefici sulla legislazione carceraria e sui collaboratori di giustizia come era nelle intenzioni di Salvatore Riina'.
2- MAFIA:VIA D'AMELIO;GRASSO, NO MANDANTI ESTERNI MA CONCORRENTI
(ANSA) - "L'inchiesta ha aperto una pista da verificare, ovvero la presenza di uomini dello Stato che dopo le stragi del '92 volevano bloccare altri agguati contattando direttamente esponenti mafiosi. Altro elemento nuovo la presenza nella strage di via D'Amelio di un personaggio esterno a Cosa nostra che portò la Fiat 126 in un garage dove venne poi preparata per l'eccidio". Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, nel corso della conferenza stampa a Caltanissetta sui nuovi arresti per la strage di via D'Amelio scaturiti dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza.
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"Insomma - ha aggiunto - questa inchiesta in cui bisogna parlare di concorrenti esterni e non di mandanti esterni, è un punto di arrivo per certi versi ma anche un punto di partenza per altre indagini". Grasso ha fatto anche riferimento ad alcuni elementi nuovi raccolti dai magistrati della Dda nissena. "Borsellino veniva considerato dalla mafia un 'ostacolo' alla trattativa - ha spiegato il capo della Dna - ciò provocò il fallimento di un altro omicidio eccellente, quello dell'on. Calogero Mannino, perché l'urgenzà era l'agguato al giudice palermitano".
Infine una notazione amara: "Possiamo affermare con certezza che la strategia stragista di Cosa nostra cominciò con l'agguato fallito dell'Addaura. Ci dispiace però - ha sottolineato Grasso - che questi fatti si avvicinano alla prescrizione, dato che non ci furono vittime. Per episodi del genere non dovrebbe essere possibile".
3- STRAGE DI VIA D'AMELIO, INCHIESTA BIS. QUATTRO NUOVI ARRESTI, ANCHE BOSS MADONIA
Da www.ilfattoquotidiano.it
Secondo l'accusa, Madonia partecipò alla più importante riunione di Cosa nostra, quella in cui venne deciso di dare il via alla stagione stragista. Il ruolo di Madonia è stato tracciato dai collaboratori di giustizia Nino Giuffre' e Giovanni Brusca La Dia di Caltanissetta, su richiesta della Dda, ha eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere nell'ambito della nuova inchiesta sulla strage del 19 luglio del '92 in via D'Amelio, dove furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cusina.
I provvedimenti a firma del Gip di Caltanissetta Alessandra Giunta riguardano il capomafia palermitano Salvatore Madonia, 51 anni, Vittorio Tutino, 41 anni, Salvatore Vitale, 61 anni, tutti già detenuti e l'ex pentito di Sommatino (Caltanissetta), Calogero Pulci, 52 anni. Salvatore Madonia, detto Salvuccio, è considerato uno dei mandanti della strage. Pulci, risponde solo di calunnia aggravata perché nel processo "Borsellino Bis" in appello incolpò falsamente Gaetano Murana, di aver partecipato alle fasi esecutive dell'attentato di via D'Amelio. Murana venne poi condannato all'ergastolo.
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Il Gip di Caltanissetta contesta al boss mafioso palermitano Salvatore Madonia l'aggravante di aver organizzato la strage di via D'Amelio per fine terroristici, con lo scopo di indurre lo Stato a trattare con Cosa nostra sotto l'urto di un'azione eclatante.
TRATTATIVA, LO STATO SAPEVA
Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Caltanissetta, con le deposizioni dell'allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli, e di Liliana Ferraro, che aveva preso il posto di Giovanni Falcone come direttore Affari penali del ministero, pochi giorni prima di essere ucciso Paolo Borsellino venne messo al corrente di una visita del capitano del Ros dei carabinieri Giuseppe De Donno alla Ferraro. In quell'occasione, De Donno le parlò tra le altre cose, di una iniziativa del Ros con Vito Ciancimino per "fermare le stragi" o "lo stragismo". Secondo i Pm, l'ufficiale rappresentava anche il suo superiore, il colonnello Mario Mori, e cercava un "supporto politico".
Martelli, sentito dalla Procura, ha detto che la Ferraro gli comunicò il colloquio con De Donno: "Sono rimasto perplesso -ha affermato- poiché mi sono chiesto come mai De Donno avesse utilizzato proprio il termine ‘stragi', posto che in quel momento si era verificata solo la strage di Capaci". La Ferraro aveva invitato De Donno a riferire a Borsellino dei suoi contatti con Ciancimino, e poi lo fece lei stessa personalmente il pomeriggio del 28 giugno 1992: "Il dottor Borsellino non ebbe alcuna reazione, mostrandosi per nulla sorpreso e quasi indifferente alla notizia, dicendomi comunque che se ne sarebbe occupato lui'", ha riferito la Ferraro.
BORSELLINO CON MOGLIE E FIGLIO Ferraro ha ricordato anche una conversazione telefonica con Borsellino sabato 18 luglio 1992: "Mi disse che era in partenza il lunedì successivo e che al ritorno si sarebbe fermato a Roma per avere un altro colloquio con me perché voleva parlarmi di tutte le questioni che avevamo in sospeso. Più esattamente mi disse "‘poi dobbiamo parlare', sicché ritenni che vi potesse essere un nesso con le discussioni avvenute il 28 giugno 1992″. Ma l'indomani pomeriggio, Borsellino e cinque agenti della sua scorta furono dilaniati dall'autobomba di via D'Amelio.
ELEMENTI ESTERNI A COSA NOSTRA
Annotano i giudici: "Con riferimento al possibile coinvolgimento nella strage di Via D'amelio di soggetti esterni a Cosa nostra è opportuno evidenziare che fino ad oggi non sono emersi elementi di prova utili a formulare ipotesi accusatorie concrete a carico di individui ben determinati da sottoporre al vaglio di un giudice". E ancora: "In particolare, su questo peculiare versante probatorio nessun elemento concretamente utilizzabile è emerso dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, che è stato addirittura incriminato da questa Procura per calunnia".
Tuttavia, la Procura evidenzia "che elementi indiziari in ordine alla possibile presenza e partecipazione alle stragi del 1992 , ma anche all'attentato dell'Addaura del 1989, di soggetti esterni, emerge da altre investigazioni condotte da questa Procura basate su fonti probatorie diverse da Massimo Ciancimino: sicché su questo tema di indagine la partita non può affatto definirsi conclusa".
Strage via d'Amelio
BORSELLINO UCCISO PERCHÉ OSTACOLO ALLA TRATTATIVA
Inoltre, secondo i magistrati, Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia perché era percepito da Riina come un "ostacolo" alla trattativa con esponenti delle istituzioni. Una trattativa che "sembrava essere arrivata su un binario morto" che il capomafia voleva "rivitalizzare" con una sanguinaria esibizione di potenza. Questo lo scenario disegnato dalla Procura di Caltanissetta. "La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa nostra".
Si legge negli atti della Procura di Caltanissetta "Dalle indagini è altresì risultato", scrivono i PM nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia, "che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ‘ostacolo' da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage".
MASSIMO CIANCIMINO INATTENDIBILE
Nell'ordinanza, poi, si definisce inattendibile il contributo di Massimo Ciancimino che, interrogato il 17 marzo 1993, tentò di collocare l'inizio della trattativa in un momento successivo all'attentato di via D'Amelio e riferì "di avere cominciato i colloqui con De Donno dopo la strage Borsellino, in ciò andando contro le stesse successive ammissioni del cap. De Donno, e contro le stesse dichiarazioni del col. Mori, che riferiscono entrambi di un inizio dei colloqui con Vito Ciancimino da parte di De Donno già nel mese di Giugno del 1992″.
impastato peppino
Interrogato dai magistrati, Brusca sull'anticipazione dell'attacco contro Borsellino, ha detto: "Non ho mai parlato con Riina del fatto che il Dr. Borsellino sia stato ucciso in quanto ostacolo alla trattativa. Si tratta di una mia interpretazione basata sulla conoscenza che ho dei fatti di Cosa nostra, ma anche delle vicende processuali cui ho partecipato. Mi venne detto da Riina che vi era ‘un muro' da superare ma in quel momento non mi venne fatto il nome di Borsellino. E' sicuro, comunque, che vi fu un'accelerazione nell'esecuzione della strage", ha detto Brusca, interrogato dai magistrati. La Procura di Caltanissetta rileva che la scelta di colpire Borsellino con nuovo eclatante attentato a meno di due mesi dalla strage di Capaci in cui il 23 maggio del '92 era stato ucciso Falcone, potrebbe essere ritenuta "talmente avventata ed imprudente da apparire per ciò solo poco credibile".
Anche perche' il 19 luglio 1992, quando scoppio' l'autobomba in via D'Amelio, mancavano pochi giorni dalla scadenza del termine di approvazione del decreto legge dell'8 giugno 1992, contenente, tra l'altro, la modifica dell'art. 41 bis dell'Ordinamento penitenziario, e la strage avrebbe annullato "tutte le possibilita' di modifica che pure erano parse possibili nel corso del cammino parlamentare del decreto stesso", osservano i Pm nisseni.
Ma, "se si riflette sulle caratteristiche umane e criminali del cosi' detto ‘capo dei capi' quali emergono dalle dichiarazioni rese nei suoi confronti dai numerosi collaboratori di giustizia che lo hanno conosciuto e frequentato", secondo i magistrati, "e' del tutto plausibile che Salvatore Riina, noto per la sua feroce determinazione criminale, abbia potuto confidare che con il compimento di un ulteriore attentato di quella gravita' si potesse rivitalizzare una ‘trattativa' che sembrava essere arrivata su un binario morto, non curandosi delle conseguenze negative che da tale iniziativa sarebbero potute conseguire per la sua organizzazione criminale".
INDAGATO MANNINO
Secondo la Procura di Caltanissetta, "questa conclusione è legittimata, tra l'altro, dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Giovanni Brusca a proposito dell'ordine ricevuto da Salvatore Riina di sospendere, nel giugno 1992, l'esecuzione dell'attentato omicidiario nei confronti dell'on. Calogero Mannino perche' ‘vi era una vicenda più urgente da risolvere'".
Il giudice Paolo Borsellino
Mannino, ex ministro democristiano e segretario della Dc siciliana, è stato di recente iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa, per ipotetiche pressioni che, temendo di essere ucciso, avrebbe esercitato all'epoca delle stragi per un ammorbidimento del regime carcerario del 41 bis.
L'ordine dato dal boss corleonese di interrompere la preparazione dell'agguato contro Mannino, secondo i magistrati di Caltanissetta, "appare rivelatore della decisione da parte del Riina quanto meno di ‘anticipare' l'esecuzione del progetto omicidiario gia' deliberato - dalla commissione provinciale di Palermo di cosa nostra nel dicembre del 1991 - nei confronti del dott. Paolo Borsellino".
Borsellino, due giorni dopo la strage di Capaci, aveva incontrato il capo del Ros dei carabinieri Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, e "il primo luglio 1992, con certezza, il dott. Borsellino aveva incontrato al Ministero dell'Interno il capo della polizia Parisi ed il Prefetto Rossi, nonche' il ministro Mancino", ricostruiscono i Pm a proposito dei contatti istituzionali del magistrato nei giorni dell'approccio dei carabinieri con l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, indicato come il tramite della trattativa.
by dagospia
martedì 6 marzo 2012
L’ULTIMO TANGO(BOND) AD ATENE - SE I CREDITORI PRIVATI NON ADERISCONO IN MASSA ALLA SFORBICIATA DI OLTRE IL 70% DEL DEBITO DI ATENE, SCATTERÀ IL TAGLIO UNILATERALE (COME SUCCESSE PER L’ARGENTINA) CON CONSEGUENTE DEFAULT DELLA GRECIA - MOLTI SPERANO DI CONTRATTARE A OLTRANZA PER SPUNTARE CONDIZIONI DI RECUPERO MIGLIORI MA LE BANCHE HANNO FIUTATO PUZZA DI CRAC E HANNO ACCETTATO: MEGLIO INCASSARE IL 30% DEL DOVUTO CHE RIMANERE A BOCCA ASCIUTTA COME MOLTI ITALIANI FREGATI DAI TANGO-BOND…
Sandro Iacometti per "Libero"
Il governo di Atene continua, ovviamente, a mostrare ottimismo. Ma l'epilogo argentino della crisi greca è dietro l'angolo. Se le adesioni dei creditori privati alla sforbiciata di oltre il 70% del valore netto del debito non raggiungerà i livelli attesi, scatterà il taglio unilaterale con conseguente default della Grecia.
grecia - Papademos
Le agenzie di rating hanno già previsto l'eventualità portando il giudizio di merito delle obbligazioni di Atene al gradino più basso della scala. E in qualche modo anche il governo ha ammesso che l'opzione non è così peregrina. «Questa è la nostra migliore offerta», ha detto fuori dai denti il ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, «perché è l'unica offerta esistente».
Ma in assenza di un'adesione volontaria, Atene è pronta ad usare le maniere forti, ovvero l'imposizione automatica delle perdite ai creditori con le clausole di azione collettiva. «Con un'adesione quasi universale non sarà necessario», ha spiegato Venizelos, «Ma queste clausole esistono nel nostro ordinamento, e siamo pronti a mettere in atto i provvedimenti legislativi se necessario».
I tempi sono ormai strettissimi. Il termine per la chiusura della trattativa tra banche e investitori privati finalizzata all'abbattimento di 107 miliardi di euro del debito del Paese scade giovedì. L'accordo prevede un taglio nominale del 53,5%, attraverso l'emissione di nuovi titoli a 30 anni con cedola fra il 3 e il 4,3%. Il vero taglio si aggira dunque sul 70% in quanto i titoli di nuova emissione saranno quotati ampiamente sotto il loro valore. Il governo è convinto che almeno il 75% dei debitori aderirà al contratto di swap.
BNP
Il quotidiano greco Kathimerini cita funzionari della banca centrale secondo i quali la partecipazione degli investitori avrebbe superato l'80%. Tra le due percentuali la differenza non è di poco conto. Finora, infatti, l'Isda (l'associazione internazionale su swap e derivati) ha escluso l'operazione dai "credit event", che si verificano in presenza di un default. Ma molti analisti sono convinti che se non aderirà più del 75% dei detentori di bond, che è la soglia al di sotto della quale il governo farà scattare la conversione automatica del debito, la decisione potrebbe essere facilmente rivista.
A quel punto si finirebbe dritti dritti in una situazione di tipo argentino, che dopo aver congelato i suoi debiti per 4 anni, offrì uno swap prendere o lasciare con sforbiciate del 70%. E chi, come molti italiani, non aderì sperando di spuntare condizioni migliori è rimasto, ancora oggi, sostanzialmente a bocca asciutta.
Le incognite sul tavolo sono sterminate. L'accordo con i creditori è infatti una precondizione per accedere ai nuovi fondi da 130 miliardi di euro. Soldi che potrebbero anche non bastare. Secondo l'ultimo rapporto compilato dalla troika Ue-Bce-Fmi, citato dal Der Spiegel, la Grecia potrebbe aver bisogno di un terzo piano di aiuti da 50 miliardi nel 2015. Non c'è infatti certezza che Atene possa tornare a rifinanziarsi sui mercati nel 2015.
DEUTSCHE BANK Un sostegno alle speranze del governo greco, che ieri ha anche lanciato un appello ai connazionali per far rientrare i soldi depositati all'estero, è arrivato dai grandi creditori. Dodici grandi istituti e assicurazioni internazionali, tra cui Bnp, Deutsche Bank, Aza, Allianz e anche la nostra Intesa, hanno già fatto sapere che intendono aderire all'offerta. A questo punto, evidentemente, ritengono un buon risultato anche riuscire a portare a casa un 30% del credito.
by dagospia
venerdì 2 marzo 2012
IN AMERICA RICICCIANO I FAMIGERATI DERIVATI - GLI STESSI SPECULATORI CHE SCOMMISERO SUL CROLLO DEL MERCATO IMMOBILIARE AMERICANO ADESSO COMPRANO I TITOLI TOSSICI A PREZZI STRACCIATI SICURI CHE IL LORO VALORE RISALIRÀ A BREVE - AD ATTIRARE È UN MIX DI QUOTAZIONI MOLTO BASSE, PROSPETTIVE DISCRETE SULL’ECONOMIA E SUL MERCATO IMMOBILIARE E LA DECISIONE DELLE GRANDI BANCHE DI PAGARE 26 MLD $ PER CHIUDERE LE CAUSE SULLE VENDITE SCORRETTE DI MUTUI AI CONSUMATORI…
Glauco Maggi per "La Stampa"
wall street
Il mattone americano del mercato reale si sta risvegliando, dicono i numeri di gennaio, ma la spia più significativa della ripresa non viene dai movimenti dei prezzi (leggero calo) e delle vendite (buon incremento) delle case, quanto dalle mosse degli investitori, fondi ed hedge fund, nel settore del "mattone finanziario".
Sì, proprio quei famigerati bond «subprime» (tossici) che nessuno voleva più tre anni fa e che hanno affondato le borse e fatto fallire la Lehman Brothers. L'interesse verso gli Mbs (Mortgage Backed Securities, titoli basati sui mutui) è tornato, e ad animare il trend ci sono alcuni di quei gestori che avevano visto giusto nello scommettere contro, quando la bolla si stava gonfiando, e ora si fidano ancora del loro fiuto per anticipare la corsa (futura ma sicura) di queste obbligazioni. Ad attirarli è un mix di quotazioni molto basse, di sperabile miglioramento dell'economia, e di rinascente fiducia nel mercato immobiliare.
wall street
L'associazione nazionale degli intermediari americani (Nar) ha comunicato qualche giorno fa che a gennaio gli scambi di case già sul mercato sono aumentati del 4,3% a un tasso annuo di 4,57 milioni, il più alto dal maggio del 2010. Le vendite di case sono cresciute del 13% nell'ultimo semestre, e anche se non è ancora in vista il livello dei 6 milioni di affari che viene considerato ottimale dagli esperti in una economia florida, «il trend è chiaramente verso l'alto», commenta Ian Shepherdson, capo economista di High Frequency Economics.
A incoraggiare ci sono pure le prospettive del mercato del lavoro. Se cresce come negli ultimi due o tre mesi (a gennaio si sono aggiunti 243 mila posti, e il tasso di disoccupati è sceso all'8,3%) le famiglie che possono pagare i loro mutui aumentano, e le case ipotecate diminuiscono. E' appunto ciò che interessa a quegli investitori in bond sorretti dai mutui, che infatti hanno iniziato a comprare.
Borsa Economia
Greg Lippman era un trader di Deutsche Bank che capì con pochi altri, nel 2006-2007, che il mattone stava scoppiando e che le obbligazioni costruite sui mutui andavano vendute "short", guadagnando con quella scommessa negativa. Oggi ha una finanziaria con altri partner, e insieme a fondi comuni come Fidelity e a vari hedge funds fa parte di una avanguardia di speculatori che puntano su quegli stessi titoli per cavalcarne il rialzo, dopo aver goduto del tracollo.
I prezzi dei bond sono ancora tanto scontati che persino se i prezzi delle case calano ancora del 10%, e i mutui falliti aumentano, questi investitori sono convinti di trarne un profitto. In un rapporto spedito ai suoi clientela, citato dal New York Times, Lippman ha spiegato: «Data la sua significativa sottoperformance nel 2011, noi crediamo che il prodotto (gli Mbs Ndr) ha una quotazione così scontata rispetto al mercato che non si vedeva da tanto tempo».
borsa
In aggiunta ai dati confortanti sul mercato del mattone, pure la notizia recentissima che le grandi banche hanno accettato di pagare 26 miliardi di dollari ai governi statale e federale per chiudere le cause sulle vendite scorrette di mutui ai consumatori è stata letta come un ulteriore e forte segnale di ritorno alla normalità.
Di qui l'idea di Lippman, e degli altri neospeculatori, di esporsi pesantemente ai bond ex tossici. La corsa alla nuova Bolla è partita.
by dagospia
martedì 21 febbraio 2012
IERI, MOGGI, DOMANI - LA PROVA REGINA DELLO SCANDALO DI CALCIOPOLI CHE HA DATO IL LÀ ALL’INCHIESTA SU LUCIANONE & CO È UN VIDEO. CHE NON SI TROVA PIÙ. IL FILMATO RITRAE, O MEGLIO DOVREBBE RITRARRE, IL TAROCCAMENTO DEI SORTEGGI ARBITRALI NELLA STAGIONE 2004/2005 - UN DVD CHE SERVI’ AL GIUDICE BORRELLI PER SPEDIRE ALL’ÌNFERNO LA JUVENTUS…
Gian Marco Chiocci per "il Giornale"
Moggi La prova regina dello scandalo di Calciopoli che ha dato il là all'inchiesta su Moggi & co (le tenui motivazioni di condanna sono state rese note il 6 febbraio scorso) è un video. Che non si trova più. Il filmato ritrae, o meglio dovrebbe ritrarre, il taroccamento dei sorteggi arbitrali nella stagione 2004/2005. Il dvd girato il 13 maggio 2005 nel centro tecnico di Coverciano da uno dei carabinieri dell'indagine Off Side ha costituito materiale per la condanna a tre anni col rito abbreviato di Antonio Giraudo e di alcuni arbitri. Non solo.
chiocci È stato utilizzato dal magistrato Francesco Saverio Borrelli, allora inquirente della Federcalcio, per imbastire il processo sportivo del 2006 che ha stravolto il calcio italiano con la retrocessione della Juve e la revoca di due scudetti. E soprattutto ha rappresentato il perno d'accusa dei pm napoletani Narducci, Beatrice (e poi Capuano) nelle indagini e poi al dibattimento.
Un documento importantissimo. Peccato, però, che quella fondamentale ripresa audio-video nei fascicoli del rito ordinario e dell'abbreviato non c'è, nonostante della sua visione abbia parlato il pm napoletano Stefano Capuano nell'ultima udienza, l'9 novembre 2011: «Andate a vedere il filmato anche voi, il filmato parla chiaro (...) rappresenta esattamente quanto vergato dal maresciallo Ziino, l'ho visto io, era senza audio». Impossibile per le difese avere copia dell'originale.
SAVERIO BORRELLI
Tant'è che la Corte d'appello di Napoli spiega che «il filmato da riprodurre non è in possesso di questa cancelleria» mentre il 23 gennaio 2012, la nona sezione del Tribunale, sottolinea che il video ce l'ha «l'ufficio di Procura dal 29 luglio 2009». Ce l'ha dunque il pm? La domanda ha un senso perché la stessa istanza, rivolta alla procura, è caduta nel vuoto. Perché non esce? E perché si è arrivati alle condanne (abbreviato, Federcalcio, Napoli) senza metterlo a disposizione degli imputati, lasciando a questi ultimi le fotocopie dei fotogrammi delle immagini estrapolate dal filmato?
Durante la camera di consiglio del processo napoletano, al giudice Casoria che secondo alcune indiscrezioni ne avrebbe preteso la visione, sarebbe stato risposto che no, al momento, non era possibile dare un'occhiata come suggerito dal pm. Le difese sono certe che la sequenza delle immagini riversate nel rapporto del maresciallo Sergio Ziino non rappresenta il cronologico svolgersi degli eventi di quella mattina.
Paolo Bergamo da corriere it Le foto sono mischiate. Ad arte o per sbaglio? Quel video è scomparso dalle aule giudiziarie ma è stato in parte trasmesso il 15 dicembre 2009, in una fiction de La7 su Calciopoli, poche ore dopo le condanne del rito abbreviato. E cosa si vedeva in quello spezzone? Che a differenza di quanto riportato nel rapporto del maresciallo, dove si asseriva che era stato il designatore Paolo Bergamo a estrarre la pallina «incriminata» dall'urna trasparente davanti a dieci giornalisti e altri testimoni (c'era pure un notaio), a tirar fuori la sfera dello «scandalo» è stato in realtà un cronista.
Nel caso specifico Riccardo Bianchi, della Provincia di Como. L'interessato, nell'udienza del primo ottobre 2010 a Napoli, affermerà: «Arrivai a Coverciano 15 minuti prima del sorteggio (...). Pairetto, come da procedura, ha estratto le pallina con le partite, mentre io ho estratto quelle coi nomi degli arbitri (...). Nessuno mi suggerì di muovere la mano a seconda di colpi di tosse, e certo Bergamo e Pairetto non mi indirizzarono in alcun modo: l'avessero fatto nei giorni precedenti avrei potuto fare lo scoop della vita e sarei diventato famoso. Il sorteggio fu regolarissimo».
Pier luigi Pairetto da corriere it Di questo giornalista nel rapporto non c'è traccia. O meglio «nella foto numero 9» che lo ritrae viene invece definito «dipendente Figc» che indossa una «divisa ufficiale della federazione». A prescindere dal fatto che Bianchi è in abiti civili, quel che è più grave è che viene immortalato a cose fatte, a sorteggio effettuato, con Bergamo intento a leggere il nome dell'arbitro. Mentre nella foto successiva, la 10, si vede il segretario della commissione arbitrale Manfredi Martino portare le buste per l'estrazione, a urne ancora vuote, col sorteggio ancora da fare.
Perché quest'inversione? Un abbaglio? Le coincidenze diventano troppe se si osservano le foto a seguire: nella numero «12» il tavolo è vuoto, le urne vuote, le sedie vuote, e dei designatori non c'è traccia. Le buste delle palline portate in quel momento da Martino sono intatte. All'improvviso, dopo un primo piano di Bergamo (foto 13), ecco la foto 14: tutti al loro posto, dietro al tavolo, buste intatte, urne vuote e il giornalista Bianchi pronto. Il clou arriva con la foto numero 17 quando, scrivono i carabinieri, «a Bergamo cade sul tavolo una pallina». In sentenza l'episodio dubbio viene platealmente ridimensionato.
y rj26 ant giraudo
Il sospetto che l'errata disposizione delle immagini non sia casuale nasce dal fatto che è la sequenza delle fotografie estratte dal video (fantasma) sembra fatta apposta - ad occhi disattenti - a dimostrare l'inciucio. Ma come poi dirà il giudice Casoria nel motivare la sentenza di condanna di Moggi «che il sorteggio non sia stato truccato è emerso in maniera sufficientemente chiara al dibattimento.
Incomprensibilmente il pm si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si aprivano, di sfere scolorite, di altri particolari, se il meccanismo del sorteggio per la partecipazione a esso di giornalista e notaio era tale da porre i due designatori nell'impossibilità di realizzare la frode».
Per la cronaca nessun giornalista convocato per i sorteggi è stato interrogato durante le indagini. Quando sono sfilati al processo hanno smentito grossolanamente le elucubrazioni degli inquirenti. Che ci voleva ad ascoltarli prima? E ancora. Sui sorteggi taroccati i pm forse avrebbero fatto bene a dare un'occhiata all'archiviazione dell'inchiesta di Torino (pm Maddalena, estate 2004) nata su ipotesi di doping e finita ai presunti intrallazzi di Moggi, Pairetto e Giraudo (tutti assolti).
CALCIOPOLI - IL GIALLO DEL VIDEO-FANTASMA SPARITO IN PROCURA
Bene: nella richiesta di archiviazione, poi accolta, si legge: «È uno dei designatori che materialmente estrae dall'urna la pallina della partita, mentre è materialmente un giornalista sportivo a estrarre dall'altra urna la pallina dell'arbitro (...). Data la presenza di un notaio e di un giornalista (mai lo stesso per ogni sorteggio) pare fortemente improbabile, se non del tutto inverosimile ritenere che i sorteggi fossero truccati».
In quell'inchiesta, per escludere intrallazzi nei sorteggi, fu determinante Manfredi Martino, segretario della Can (Commissione arbitrale di serie A) che per i pm di Napoli rappresenterà, al contrario, il teste chiave proprio sui sorteggi. Martino in dibattimento non ha fatto una gran figura. Nelle motivazioni viene definito prima «inaffidabile» e poi presentato dai pm «come colui che doveva far luce sulle irregolarità, quando ha solo prodotto un coacervo di risposte da presa in giro, tipo il colpo di tosse del designatore Bergamo nel bel mezzo del sorteggio dell'arbitro Collina, non imputato, per la partita Milan-Juve, nemmeno presente nei capi di imputazione».
by dagospia
mercoledì 15 febbraio 2012
EURO-CRAC - L’EUROGRUPPO IN VIDEOCONFERENZA (STAFFETTA MONTI-GRILLI) RINVIA LE DECISIONI SULLA GRECIA AL 20 FEBBRAIO: “RESTA ALTRO LAVORO DA FARE” - SECONDO I RUMORS, GLI EUROCRATI VOGLIONO RINVIARE ANCHE GLI AIUTI AD ATENE A DOPO APRILE (QUANDO CI SARANNO LE ELEZIONI), SGANCIANDO SOLO UN “CONTENTINO” DA 30 MLD €, INVECE DI 130, CHE NON SCONGIURA AFFATTO IL DEFAULT - “BILD” CONFERMA CHE LA CRISI NON È RISOLTA: “BANCHE TEDESCHE STANNO SOTTOSCRIVENDO CLAUSOLE CON UNA MONETA DIVERSA DALL’EURO”…
CRISI: GRECIA; UE, ANCORA LAVORO DA FARE...
(ANSA) - "La Grecia ha fatto molto, ma resta altro lavoro da fare, e siamo fiduciosi che l'Eurogruppo sarà nelle condizioni di prendere le necessarie decisioni lunedì": queste le conclusioni dell'Eurogruppo che oggi si è tenuto via teleconferenza.
JUNCKER
"Sono stati fatti progressi sostanziali rispetto a ieri: primo, abbiamo ricevuto forti assicurazioni dai leader delle due coalizioni nel governo greco. Secondo, la troika ha finalizzato l'analisi sulla sostenibilità del debito ellenico, e terzo, troika e governo hanno individuato misure di consolidamento per altri 325 milioni di euro", si legge nella nota finale dell'Eurogruppo firmata dal presidente Jean Claude Juncker.
MOAVERO-GRILLI-MONTI
Ma "altre considerazioni sono necessarie, in particolare sul rafforzamento della sorveglianza", che monitorerà l'applicazione del programma di austerità e assicurerà che l'attenzione del governo sia sempre alla riduzione del debito. "Tali misure rafforzeranno ancora di più la sostenibilità del debito", spiega Juncker. Che annuncia: "Sulla base di questi elementi che attualmente sono sul tavolo, sono fiducioso che l'Eurogruppo sarà in grado di prendere tutte le decisioni necessarie il 20 febbraio".
VITTORIO GRILLI 2 - GRECIA: MONTI LASCIA STRASBURGO, GRILLI CONTINUA CONFERENCE CALL EUROGRUPPO
(Adnkronos/Aki) - Il premier Mario Monti ha lasciato l'Europarlamento di Strasburgo per ritornare a Roma. Il viceministro all'economia Vittorio Grilli, secondo quanto si apprende, ha sostituito il premier nelle discussioni in conference call con i colleghi dell'eurozona. Monti non ha voluto rispondere alla domanda dei giornalisti se ll'Eurogruppo debba prendere una decisione oggi o meno sul secondo pacchetto di aiuti ad Atene. In ogni caso il premier ha dato appuntamento alla stampa lunedi' e martedi' prossimi a Bruxelles, dove sono in programma da tempo le riunioni mensili di Eurogruppo ed Ecofin.
BILD 3 - BILD; ALCUNE BANCHE SI PREPARANO A CROLLO EURO - IN NUOVI CONTRATTI FINANZA CLAUSOLA PREVEDE MONETA TRANSIZIONE
(ANSA) - Le prime banche e le prime assicurazioni tedesche si preparano all'eventualità di un crollo dell'euro: lo scrive oggi il tabloid Bild. I contratti finanziari internazionali, continua il tabloid di Axel Springer, prevedono infatti una "clausola" aggiuntiva nel caso di una "uscita dall'euro". Si stabilisce ad esempio che l'affare verrà realizzato "in euro o nella valuta valida al momento di una transizione della Germania", cita Bild.
grecia - Papademos"Se dunque non c'é più l'euro - sottolinea il tabloid rendendo il testo più esplicito - vale la moneta che gli succederà". Inoltre nei contratti si scrive che in caso di azione legale si segue il diritto tedesco, "anche questa una garanzia contro una possibile fine dell'euro". Il giornale interpreta come segnali chiari di un inasprimento della crisi del debito i dati economici della Grecia, lo slittamento dell'eurogruppo che avrebbe dovuto decidere degli aiuti (sostituito da una teleconferenza) e l'incitamento del presidente della Bosch, Franz Fehrenbach - che risale a ieri - a fare uscire Atene dall'eurozona.
merkel 4 - GRECIA, ZONA EURO VALUTA RINVIO PIANO AIUTI...
(Reuters) - I funzionari dei ministeri delle Finanze della zona euro stanno esaminando diverse modalità per far slittare alcune parti o addirittura tutto il secondo pacchetto di salvataggio per la Grecia, evitando comunque un default disordinato del paese.
LA GRECIA ANNEGA Lo hanno riferito alcune fonti Ue, spiegando che lo slittamento potrebbe protarsi addirittura fino a dopo le elezioni greche di aprile. Se da un lato infatti la gran parte degli elementi del pacchetto, che sarà di complessivi 130 miliardi di euro, sono a posto, i ministri delle Finanze non sarebbero soddisfatti circa il pieno impegno dei leader politici greci sulle riforme.
Non è neanche chiaro se il rapporto debito/Pil della Grecia, che attualmente è di circa il 160% verrà tagliato al 120% entro il 2020 per effettto dell'accordo siglato da Atene con la 'troika' Ue/Fmi/Bce. "Ci sono proposte per rinviare il pacchetto greco o per suddividerlo, in modo da evitare un default immediato senza sborsarlo interamente", ha detto a Reuters una fonte coinvolta nei preparativi della conference call dei ministri delle Finanze della zona euro in agenda più tardi.
SALVATAGGIO GRECO
"Discuteranno le varie opzioni", ha spiegato, aggiungendo: "C'è pressione da parte di diversi paesi per rinviare finchè non ci sarà un impegno concreto da parte della Grecia, che potrebbe non arrrivare fino a quando non si saranno svolte le elezioni". Germania, Finlandia e Olanda sono i paesi che spingono per un rinvio del pacchetto fino alle nuove elezioni, dicono altri due funzionari spiegando che la Germania è la più categorica.
GRECIA SCONTRI DI PIAZZA jpegSecondo la proposta, un accordo sullo swap del debito tra la Grecia e il settore privato - che porterebbe a un taglio del debito di Atene di 100 miliardi di euro attraverso una riduzione nominale dei bond del 50% - potrebbe essere raggiunto nelle prossime settimane, permettendo alla Grecia di evitare il mancato pagamento dei 14,5 miliardi di debito in scadenza il 20 marzo. Circa 30 miliardi di euro dei 130 previsti nel piano di aiuti sarebbero una sorta di "contentino" da pagare agli investitori privati per incoraggiarli ad aderire allo swap. Questa parte del pacchetto di salvataggio sarebbe raccolta e utilizzata, e ci potrebbe anche essere bisogno di circa 30 miliardi per sostenere la ricapitalizzazione delle banche greche, ma il grosso dei fondi non verrebbe scucito.
GRECIA SCONTRI DI PIAZZA jpeg
5 - GRECIA: LA SCURE DI BNP SUI BOND PREANNUNCIA ACCORDO CON IIF...
Vittorio da Rold per Radiocor - La svalutazione del 75% dei bond greci annunciata da Bnp Paribas significa che la banca francese ha messo in conto che il Private sector involvement (Psi) - deciso il 26 ottobre al vertice Ue di Bruxelles tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy da un lato e da Charles Dallara (IFF) e Jean Lemierre (Bnp Paribas) per i privati - e' sul punto di essere finalmente approvato.
BNP
L'accordo infatti prevede perdite per i privati del 50% del valore facciale dei 200 miliardi di bond detenuti dai grandi investitori, oltre allo swap del 30% del restante 100 miliardi con bond dell'Efsf e all'emissione di nuovi bond a 30 anni del restante 70% a un tasso del 3,6%. Come 'sweetener', addolcitore o facilitatore, ci sarebbero i 30 miliardi di euro dei 130 miliardi complessivi che Ue e Fmi devono dare alla Grecia se si vuole evitare il default disordinato il 20 marzo, data in cui scadono 14,5 miliardi di euro di titoli ellenici.
Se Bnp Paribas ha accantonato pe rdite del 75% sui bond greci significa che ormai questa e' la cifra prevista dall'accordo Psi in dirittura d'avvio. A condizione che Atene rispetti le misure di austerita' che la troika chiede: altrimenti i 130 miliardi non verranno concessi. A quel punto scatterebbe il piano B, l'uscita di Atene dall'euro, e la svalutazione dei bond sarebbe del 100%, un quarto in piu' del previsto. Un danno grave, ma comunque gestibile.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/euro-crac-leurogruppo-in-videoconferenza-staffetta-monti-grilli-rinvia-le-decisioni-sulla-grecia-al-35592.htm
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