lunedì 29 aprile 2013

IN EUROPA IL BENESSERE ESISTE: SI CHIAMA NORVEGIA ED È LONTANA DALL’EURO Mentre il vecchio Continente affonda, qualche chilometro più a nord c’è un Paese in cui esistono ricchezza e il benessere - La Norvegia ha il petrolio (gestito dallo Stato), ma soprattutto non ha l’euro - Risultato? Opere pubbliche splendide e un reddito pro capite di 85 mila $ l’anno...


Luciano Gulli per "il Giornale"
PETROLIO NORVEGIAPETROLIO NORVEGIA
Ci avevano già pensato i Vichinghi, latrando alla luna e sacrificando mon¬tagne di merluzzi a Odino, al quale si chiedeva un miracolo rivelatosi al di là delle sue possi¬bilità. Perfino gli occupanti na¬zisti, nella seconda guerra mon¬diale, ci avevano fatto più di un pensierino. Ma ci voleva il know how, e una montagna di soldi. Ora i norvegesi, beati lo¬ro, avendo sia quello che que¬sti, il sogno se lo fabbricano da soli, senza chiedere aiuto a nes¬suno, come sono abituati a fare da quelle parti. Un tunnel.
Il primo tunnel marino al mondo. E in men che non si dica si andrà dal fiordo di Bergen a quello di Ålesund. Un' oretta, diciamo. Forse due, esa¬gerando. Mentre oggi ci vuole una vita, e miliardi di giri d'eli¬ca, e miliardi di tubetti di pasti¬glie contro il mal di mare, per co¬prire quella distanza. Sempre che il mare, lì al largo, non pren¬da quell'aspetto, in certe stagio¬ni dell'anno, che consigliava perfino ai vichinghi, che erano i vichinghi, di tirare in secco i navigli e portarseli via terra, a for¬za di braccia, da un fiordo all'al¬tro.
Lungo un po' più di 1700 me¬tri, scavato ai piedi di una mon¬tagna verdissima, il tunnel costerà 1,7 miliardi di corone (cir¬ca 200 milioni di euro, cioè una quarantina di euro a testa). Si comincia a scavare fra cinque anni e sarà percorribile all'ini¬zio degli anni Venti. Qualcuno dice che non val la pena. I fauto¬ri del progetto sostengono inve¬ce che l'opera favorirà il turi¬smo, e decongestionerà le stra¬de costiere dal traffico pesante, con bei vantaggi per l'ambien¬te.
SALMONI NORVEGIASALMONI NORVEGIA
Non è il solo progetto faraoni¬co al quale stanno pensando a quelle latitudini. Un paio di me¬si fa, da Oslo, era arrivata la noti¬zia di un progetto che riguarda¬va un ponte galleggiante di 4 chilometri che dovrebbe rispar¬miare ai viaggiato¬ri 20 ore di ma¬re per meglio collegare Kristian¬sund e Trondheim, sulla costa occidentale del Paese. Costo stimato: 24,5 milioni di dollari.
NORVEGIANORVEGIA
Uno dice: un sacco di soldi! Ma dimentica che stiamo par¬lando di un Paese nel quale si legano le vigne con le salsicce, proprio come nella contrada di Bengodi descritta dal Boccac¬cio. Una specie di Dubai del ma¬re del Nord al quale noi del Me¬diterraneo guardiamo come i parenti poveri allo zio d'Ameri¬ca. Perché lì, nel paese del sole di mezzanotte, delle aurore bo¬reali e dei salmoni che sembra¬no drogati, tanto sono gagliar-di, sono riusci¬ti a fare un pa¬io di cosette in cui noi abbia¬mo toppato al¬la grande.
NORVEGIANORVEGIA
Punto pri¬mo, la Norve¬gia è uno dei pochi Stati eu¬ropei in attivo (più 10 per cento), men¬tre il nostro de¬bito pubblico viaggia verso l'infinito e ol¬tre (diciamo il 125 per cento del Pil). Punto secondo, è una delle po¬che nazioni europee a non aver ade¬rito all'euro. E anche questo vuol dire. Poi, verso gli anni Set¬tanta, ci si è messo il petrolio, certo.
IN NORVEGIA IL PRIMO TUNNEL NAVALEIN NORVEGIA IL PRIMO TUNNEL NAVALE
Ma mentre noi ce lo sa¬remmo fatto soffiare dalle gran¬di compagnie internazionali, lanciandoci in spensierati giri di valzer con la finanza interna¬zionale globalizzata, lassù han¬no pensato che era più pruden¬te fare come gli italiani fecero negli anni Cinquanta, quelli del boom, quando tutti i settori industriali strategici erano in mano allo Stato e c'era un tipo, all'Eni, che si chiamava Enrico Mattei.
Ed ecco i risultati. Primo Pae¬se per sviluppo economico, so¬stenibilità ambientale, sicurezza e facilità di accesso alle fonti energetiche, secondo uno stu¬dio realizzato dal World econo¬mic forum. Un Ente pensionisti¬co statale in attivo, come in atti¬vo sono tutti i settori dell'ener¬gia (Statoil, Statkraft, Norsk Hydro) che funzionano come orologi svizzeri e producono ricchezza.
PETROLIO NORVEGIAPETROLIO NORVEGIA
Il reddito pro capite è il più alto del mondo, con qua¬si 85 mila dollari all'anno, an¬che questo segno di una equità e di un'uguaglianza sociale che in Italia, dove il 10 per cento del¬la popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza ci sogniamo. Via dall'euro, e via anche dall'Opec, l'organizzazione dei produttori mondiali di petro¬lio. I norvegesi non si indebita¬no con la Bce e hanno fermato sul bagnasciuga il feroce capita¬lismo globalizzato, mentre i de¬nari che arrivano dal petrolio (che si trivellano in proprio) consente un welfare che anche in Svezia oggi si sognano.
Si dirà: ma loro sono 5 milio¬ni, mentre noi italiani siamo 60 milioni. Vero. Ma il punto di forza, forse, è che di italiani, lassù, ce ne sono pochissimi, e quasi tutti sono turisti.

mercoledì 24 aprile 2013

MORO PER SEMPRE - TRE TRATTATIVE PER UNA CONDANNA A MORTE Il caso-Moro tra depistaggi e sedute spiritiche - Mentre sui giornali impazzava la “fermezza” ben tre trattative erano aperte: una di Paolo VI, una coordinata da Leone e Fanfani e una dei servizi con Tito, palestinesi e altri gruppi arabi - Ma Moro doveva morire…


Carlo Vulpio per "Il Corriere della Sera"
Trentacinque anni dopo, ecco Aldo Moro. Cosa sappiamo? Cosa ricordiamo? A malapena, che lo statista democristiano - più volte presidente del Consiglio, ministro e sicuro prossimo capo dello Stato - fu sequestrato a Roma il 16 marzo 1978 dalle Brigate rosse e fu poi ritrovato cadavere, sempre a Roma, il 9 maggio dello stesso anno.
MOROMORO
Forse i più «informati» sapranno che in quei 55 giorni di prigionia si fronteggiarono un «partito della fermezza» (quasi tutte le formazioni politiche, Pci in testa), contrario a ogni negoziato con i terroristi, e un «partito della trattativa» (i radicali, ai quali poi si aggiunsero i socialisti), che invece voleva salvare l'ostaggio. Poi, più nulla.
Tutto sepolto da quei luoghi comuni che, ripetuti dalla tv fino allo stremo e tradotti in carta stampata di libri e giornali, diventano «storia». Nel caso Moro, essi sanciscono che l'omicidio del presidente Dc fu l'esito tragico e inevitabile di quella contrapposizione. Punto. E che non se ne parli e non se ne dubiti più.
Aldo MoroALDO MORO
Ecco, proprio quest'ultima tesi è la prima delle falsità messe in circolazione trentacinque anni fa e da allora sempre riproposta come «verità storica». Pur tra depistaggi, doppi e tripli giochi di spie dell'Est e dell'Ovest e persino sedute spiritiche (celebre quella a cui partecipò Romano Prodi e che attende ancora una spiegazione) che indicavano in «Gradoli» (la via di Roma, non il comune del Viterbese in cui vennero indirizzate le ricerche) la prigione dello statista, Moro non doveva essere ucciso, ma doveva essere liberato.
Anzi, stava per essere liberato, e grazie non a una, ma a ben tre trattative, condotte su tre piani e da tre soggetti diversi: i nostri servizi, che trattavano «con Tito, i palestinesi e altri gruppi arabi; Paolo VI (che chiede la liberazione di Moro senza condizioni, ma tratta riservatamente); e poi la trattativa coordinata da Leone e Fanfani».
prodiPRODI
Solo che all'ultimo momento, proprio il giorno prima della «esecuzione», la decisione di risparmiare la vita di Moro cambiò. Cosa accadde di preciso, e perché, nessuno è ancora in grado di dirlo con certezza. Di sicuro però c'è che Moro, con la sua visione lunga di creare in Italia le condizioni per l'alternanza alla guida del Paese (non per il coinvolgimento puro e semplice del Pci nel governo) alterava gli equilibri di Yalta, poiché l'ingresso dei comunisti al governo di un Paese nell'area di influenza occidentale sarebbe stato un pericoloso precedente, che avrebbe legittimato gli americani a fare altrettanto nei Paesi dell'area sovietica, creando il pluripartitismo e sostenendo le forze a loro più vicine.
Questa lettura del caso Moro, ben raccontata da Alessandro Forlani nel libro La zona franca (Castelvecchi, pp. 321, 19,50), non è un esercizio di dietrologia, ma di critica, diciamo pure di critica «sciasciana», nel senso che non si accontenta delle facili ricostruzioni «storiche», né delle presunte «verità processuali», ma si affida al ragionamento, alla logica, alle testimonianze dirette dei protagonisti, ai fatti.
Intervento di Giancarlo LeoneINTERVENTO DI GIANCARLO LEONE
E un fatto, tra i tanti riportati alla memoria e messi in relazione logica tra loro, era, scrive Forlani, «la contrarietà di Moro alla dismissione delle grandi industrie, lo statista non voleva che l'Italia diventasse a breve un Paese in cui l'economia fosse basata sul terziario (insomma, un grande supermercato)».
Come un fatto era pure l'avversione di Moro all'idea di un'Italia trasformata in base strategica per destabilizzare il Medio Oriente e consentire alle compagnie petrolifere occidentali di assicurarsi più facilmente il petrolio di quelle aree.
Il libro di Forlani, infine (ma forse soprattutto), ha il grande merito di riabilitare la parola «trattativa». Che quando viene utilizzata per salvare vite umane - di leader o di gente comune - non è una brutta parola, ma risponde a un'idea di ragion di Stato che mette al primo posto la vita umana, come dicevano in quei giorni lo stesso Moro, Bettino Craxi, Giuliano Vassalli e poi anche il figlio di Aldo Moro, Giovanni.
MariaPia FanfaniMARIAPIA FANFANI
Si trattò con i palestinesi nel 1973, dopo l'attentato che costò la vita a 32 persone a Fiumicino. La stessa magistratura si disse pronta a trattare per Mario Sossi, sequestrato dalle Br nel 1974, allentando le misure carcerarie per i detenuti di estrema sinistra.
COSSIGACOSSIGA
E nel 1977 lo stesso Paolo VI (anche la Chiesa ha, per fortuna, sempre trattato in questi casi) si offrì come ostaggio quando i terroristi tedeschi della Raf dirottarono un aereo. E poi si trattò nel 1980, per il giudice Giovanni D'Urso, e nel 1981, per l'assessore regionale della Campania, Ciro Cirillo.
Come pure si è trattato con mafie e poteri vari, e non una volta sola, per salvare vite innocenti. Anche per Moro si trattò, ma non andò come doveva andare. Moro doveva morire.

A CHE SERVE IL QUIRINALE? LA PREMIATA FALEGNAMERIA GIFUNI L’ex segretario generale della presidenza della Repubblica Gaetano Gifuni ha utilizzato manodopera e materiali della tenuta di Castelporziano per fare i mobili di casa sua - È stato condannato a un anno e 5 mesi per peculato e abuso d’ufficio...


Da "La Stampa.it"
Gaetano GifuniGAETANO GIFUNI
Ha utilizzato la manodopera della tenuta presidenziale di Castelporziano per costruire alcuni mobili di legno destinati alla sua abitazione privata. Per questo l'ex segretario generale della presidenza della Repubblica Gaetano Gifuni è stato condannato dal Tribunale di Roma ad un anno e 5 mesi di reclusione.

Una vicenda giudiziaria avviata intorno a presunte irregolarità nella gestione della tenuta presidenziale sul litorale romano. Nei confronti dell'ex alto funzionario la pena è stata sospesa. Il tribunale capitolino gli contesta i reati di abuso d'ufficio e peculato. La VIII sezione penale ha, inoltre, condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione il nipote di Gifuni, Luigi Tripodi, che era al vertice dell'ufficio tenuto e giardini della tenuta. Quest'ultimo è stato, invece, assolto dall'accusa di essersi appropriato di oltre 4 milioni di euro tra il 2002 e il 2008.

I giudici di piazzale Clodio hanno assolto dalle accuse l'ex direttore della tenuta di Castelporziano Alessandro De Michelis, Giorgio Calzolari, un funzionario del servizio tenute e giardini del Quirinale, e Paolo Di Pietro, contabile della tenuta presidenziale.
LE CHAT DI GAETANO GIFUNILE CHAT DI GAETANO GIFUNI
Secondo l'accusa l'ex segretario generale del Quirinale nell'estate del 2006 «avrebbe utilizzato materiale acquistato dalla tenuta, per la falegnameria interna, per la realizzazione e posa in opera di un armadio bianco, di un secondo armadio con ante scorrevoli, di un tavolino e di una tettoia parasole» per il suo appartamento romano di via Valadier.
Palazzo delle scuderie del quirinalePALAZZO DELLE SCUDERIE DEL QUIRINALE
Nel corso del processo la difesa di Gifuni aveva puntualizzato che i reati contestati riguardano la fruizione di manodopera del valore di poco più di due mila e 500 euro e per alcuni materiali di legno, del valore complessivo di poco più di due mila euro.

Commentando la decisione del tribunale, Gifuni ha ribadito di «nutrire rispetto per la sentenza pronunziata dal tribunale di Roma ma certamente non posso condividerla». «Non nascondo - conclude Gifuni - la profonda amarezza e il senso di sconcerto che provo in questo momento, dopo oltre 53 anni spesi, con dedizione e lealtà, al servizio delle istituzioni. Amarezza e sconcerto che sono soltanto in parte attenuati dalla fiducia di veder riconosciuta la mia innocenza dai giudici di appello, ai quali, ovviamente, farò ricorso».

CASINI GENERALI: MA CHE PIACERE COMPRARE CASE SOTTOCOSTO PER I FAMIGLIARI La prima moglie di Pierfurbino, Roberta Lubich, e le figlie hanno comprato a prezzo superconveniente degli appartamenti a Roma - Il venditore? Generali, che li aveva assorbiti insieme a Ina Assitalia - La palazzina adiacente acquistata da Caltariccone, che ha sfrattato gli inquilini…


Estratto dal libro di Mario Giordano "Tutti a Casa!", edito da Mondadori
Quelli della famiglia Casini. Dove si racconta come si sono sistemate alla grande la moglie e le figlie dell'ex presidente della Camera.
Libro di Mario Giordano - Tutti a casa - MondadoriLIBRO DI MARIO GIORDANO - TUTTI A CASA - MONDADORI
Pierferdinando Casini non risulta titolare di immobili a Roma, e nella sua Bologna possiede solo piccole frazioni di tre appartamenti (20,5 vani in tutto) ereditati dal padre, insieme alla mamma e ai suoi fratelli. Evidentemente, per chi vive con la figlia del grande costruttore Caltagirone è più difficile trovare una casa politica che una casa da abitare.
Eppure anche l'ex presidente della Camera è stato coinvolto in Svendopoli, per una vicenda che ha al centro la sua prima moglie, Roberta Lubich, e le sue figlie. Tutte e tre, infatti, risultano proprietarie di appartamenti a Roma, in una bella palazzina in via *****, che facevano parte del patrimonio Ina-Assitalia, poi assorbito dalle Generali: Roberta Lubich ha 8 vani al pianterreno, più una piccolissima cantina; Carolina Casini ha 8,5 vani al primo piano e Benedetta Casini ha 4,5 vani al terzo piano (entrambi con cantina).
Furono acquistati fra l'aprile e il giugno 2007 a prezzi assai convenienti: appena 323.000 euro per il primo (che secondo la stima Cerved vale tre volte tanto, cioè 1.028.976 euro), 586.000 euro per il secondo (che secondo la stima Cerved vale il doppio, cioè 1.093.287 euro) e 306.000 euro per il terzo (che secondo la stima Cerved vale 578.799 euro). Nell'occasione comprò, sempre nella stessa palazzina, anche la mamma di Giordano.
MARIO GIORDANO - copyright PizziMARIO GIORDANO - COPYRIGHT PIZZI
QUELLI CON IL PAPÀ (O IL MARITO) IMPORTANTE 
Roberta Lubich, l'allora suocera di Pierferdi: 586.000 euro per un appartamento al secondo piano. Come sia nato questo business di casa Casini l'ha raccontato «l'Espresso». Nell'aprile 2007 il palazzo viene venduto dalle Generali a una società creata appositamente per l'occasione da Franco Corlaita, un manager bolognese, di area Udc, amico di Pier Ferdinando. Prezzo: 1.750.000 euro.
CASINI E AZZURRA CALTAGIRONE ALLA PRESENTAZIONE MILANESE DEL MESSAGGERO FOTO TOIATICASINI E AZZURRA CALTAGIRONE ALLA PRESENTAZIONE MILANESE DEL MESSAGGERO FOTO TOIATI
La procedura è atipica, come scrive il settimanale, perché non vengono venduti i singoli appartamenti agli inquilini, ma l'intero palazzo alla società di Corlaita, che a sua volta rivende dando priorità agli inquilini (con relativi benefici). Ancor più singolare è che ciò avvenga nel palazzo dove risiedono moglie e figlie di Pierferdinando, e non invece nel palazzo accanto: quest'ultimo, infatti, viene rivenduto anch'esso in blocco dalle Generali, ma a un altro imprenditore, che al contrario del primo non rivende agli inquilini, bensì li costringe ad andare via.
PIERFERDINANDO CASINI CON EX MOGLIE ROBERTA LUBICHPIERFERDINANDO CASINI CON EX MOGLIE ROBERTA LUBICH
E chi è il costruttore senza cuore? Ironia della sorte: Francesco Gaetano Caltagirone, il nuovo suocero di Casini. A questo punto è legittima una domanda: perché due procedure così diverse? Perché un palazzo viene venduto in blocco a un costruttore (futuro suocero di Casini), che se ne impipa delle proteste degli inquilini e li caccia, e un altro viene venduto in blocco a un diverso imprenditore (amico di Casini), che invece è così premuroso con gli inquilini residenti?
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE CON FIGLIA AZZURRA E PIERFERDINANDO CASINIFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE CON FIGLIA AZZURRA E PIERFERDINANDO CASINI
Difficile rispondere alla domanda. Di sicuro c'è solo che la famiglia Casini ha la fortuna di risiedere nel palazzo giusto, quello in cui si può comprare con lo sconto. Lo vedi, alle volte, che significa essere baciati dalla dea bendata? E così moglie e figlie di Pierferdi si sistemano: fra l'altro, quest'ultimo partecipa all'atto in qualità di genitore, mediante un procuratore. E per convincere il giudice tutelare ad approvare l'acquisto, presenta una perizia in cui risulta che è «molto conveniente».

Se è molto conveniente per chi compra, dev'essere un poco sconveniente per chi vende, evidentemente. Ma i venditori non si preoccupano affatto: le Generali non possono forse sopportare una piccola perdita? E allora via, a firmare l'atto, senza batter ciglio...

LARGHE INTESE A ROMA? A PALERMO SI ADEGUANO E I GRILLINI FINISCONO IN CROCETTA - Crocetta rottama il “modello Sicilia”, laboratorio per l’asse Pd-M5S - I grillini lasciano la maggioranza dopo la bocciatura di tutti i loro emendamenti in commissione Bilancio - Cancelleri e i suoi avevano recuperato 330mln € da sprechi e spese inutili…


Giuseppe Lo Bianco per "Il Fatto Quotidiano"
Rosario Crocetta dice ai giovani pd di provare "disprezzo" quando sente Grillo parlare di "golpe'', nella home page del suo blog il leader di M5S ospita un "pezzo" di un sito di Palermo che bolla il governo siciliano: è segnato da "scandali vecchi e nuovi, dal volto clientelare, tardo democristiano".
Rosario CrocettaROSARIO CROCETTA
A Roma gli accordi nazionali virano verso le "larghe intese" e nell'isola va prematuramente in soffitta il "modello Sicilia", travolto da una rottura dichiarata, da mesi nell'aria, tra i grillini e il presidente antimafia, Rosario Crocetta: "Anche in Sicilia ormai il modello è quello dell'inciucio Pd-Pdl la rivoluzione di Crocetta è finita prima di cominciare", dicono i deputati regionali del movimento 5 Stelle.
"Sono veramente dispiaciuto - prova a gettare acqua sul fuoco Crocetta - il dialogo per me è sempre aperto, con loro e con tutti i gruppi parlamentari, per fare rinascere la Sicilia e farla uscire dalla situazione drammatica che vive".
La corda del rapporto politico, già tesa con l'approvazione della doppia preferenza di genere nell'urna, osteggiata dai grillini per il pericolo di voto di scambio, appare definitivamente spezzata con la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati in commissione Bilancio: il governo "li ha cestinati tutti - ha detto Salvatore Siragusa - tra cui quelli sul reddito di dignità e il microcredito alle piccole e medie imprese.
Rosario CrocettaROSARIO CROCETTA
Non li hanno neppure guardati, nessun dibattito, presi e buttati. Stanno abbandonando il ‘modello Sicilia', se mai è esistito, in nome dell'inciucio col Pdl, in linea con quanto sta avvenendo a Roma".
giancarlo cancelleriGIANCARLO CANCELLERI
E se il capogruppo Giancarlo Cancelleri assicura che "non cambieremo il nostro atteggiamento nei confronti del governo Crocetta, non siamo in Parlamento per passare il tempo a giocare, ma siamo qui per lavorare per il bene della Sicilia", a scatenare la rabbia dei grillini è stato il sorriso aperto di Crocetta all'ennesima barzelletta di Berlusconi colto da un fotografo a Montecitorio durante l'elezione del capo dello Stato: "Effettivamente - dice Siragusa - quella foto ci ha colpiti. È solo la conferma di ciò che pensavamo. Noi, comunque, continueremo a fare quello che facevamo prima, cioè approviamo solo quei provvedimenti che ci convincono. E basta".
Senza la stampella grillina lo scoglio del bilancio da superare si fa ora più duro per la giunta Crocetta, a meno di non accettare, come a Roma, l'abbraccio mortale del Pdl, come vuole l'Udc: "Sosteniamo la proposta della Cisl siciliana per un grande accordo strategico in grado di salvare e rilanciare la Sicilia. Siamo in una fase politica dove c'è la necessità di un governo di larghe intese a Palermo come a Roma", ha detto ieri il segretario siciliano Gianpiero D'Alia che con il Pd sostiene il governo Crocetta. Intanto il bilancio dovrebbe approdare stamane in aula, ma sembra che la discussione verrà rinviata di due giorni per permettere l'esame dei 160 emendamenti.
GIANPIERO D'ALIAGIANPIERO D'ALIA
"Non faremo ostruzionismo a prescindere - prova ad abbassare i toni Cancelleri - ma daremo il nostro assenso solo alle cose che condividiamo". E annuncia: "Ci saranno momenti di acredine tra noi e Crocetta, ma noi non cambieremo il nostro modo di agire. Perché noi chiediamo solo il bene della Sicilia".
Nelle pieghe del bilancio il M5S ha recuperato circa 330 milioni di euro colpendo sprechi e spese inutili. Circa 110 milioni ha proposto di destinarli a sostegno del sistema di piccole e medie imprese, una parte per finanziare il ‘reddito di dignità' (440 euro per qualche migliaio di siciliani ‘poverissimi'), e il resto per finanziare la riduzione dell'Irap e la legge regionale in favore dei lavoratori della formazione professionale. Spero che in commissione domani (oggi, ndr) si possa trovare un momento di condivisione".

ANTENNA LIBERA! - GRILLO VUOLE FAR PASSARE IL WI-FI SULLE ONDE RAI - MA CI AVEVA GIÀ PROVATO IL GOVERNO PRODI Nel 2007 la proposta di un’infrastruttura WiMax per offrire la connessione a banda larga su tutto il territorio e a basso costo - Ma fu scelta la strada delle aste (miliardarie) con gli operatori privati. Che hanno creato un sistema chiuso da cui ora è difficile tornare indietro…


DAGOREPORT
Banda larga in mobilità. I grillini hanno qualche idea ma alcune proposte molto valide risalgono a qualche anno fa. Sotto l'ultimo governo Prodi.

E' apparsa sul blog di Grillo una proposta per la creazione di una rete a banda larga radiomobile che permetta l'accesso ad internet in mobilità. La proposta prevede l'utilizzo della rete di Ray Way, società del gruppo RAI che gestisce il segnale televisivo con circa 2200 ponti radio, come punti di accesso e distribuzione del segnale con tecnologia WiFi.
wimaxWIMAX
La proposta comporta una serie di problemi legati alla natura giuridica della società del gruppo RAI (che non è un operatore telefonico) ed alla trasformazione del segnale, perché esso sia realmente ricevibile (il WiFi ha una portata di qualche decina di metri rispetto ai chilometri di una normale cella GSM, UMTS o LTE);
BEPPE GRILLO SU BILD jpegBEPPE GRILLO SU BILD JPEG
esistono inoltre alcuni problemi legati alla fruizione vera del segnale in maniera bidirezionale, la caratteristica tipica della rete internet (tecnicamente poit-to-point), che la differenzia dalle trasmissioni broadcast, dove l'operatore trasmette e tutti ricevono lo stesso segnale, senza poter dialogare con l'emittente (che è il motivo per cui Sky chiede di allacciare il decoder alla linea telefonica per avere il segnale di ritorno).
Il progetto è interessante è risolverebbe in parte il problema della diffusione sul territorio italiano di una rete a banda larga. Non è peró una novità. Nel 2007, durante il governo Prodi, ci fu una proposta altrettanto valida, con molti meno problemi della proposta dei grillini.
La proposta, preparata dalla segreteria tecnica dell'allora vice-premier Rutelli, intendeva sfruttare l'avvento di una nuova (all'epoca) tecnologia: il WiMAX, che non è nient'altro che protocollo internet (IP) radiomobile a larghissima banda. L'occasione venne dalla messa a punto di tale nuovo protocollo (in tutto il mondo) non soggetto ad alcuna royalty né restrizione e che ne permetteva un uso gratuito da parte del fornitore del servizio e contemporaneamente dalla liberazione di alcune bande di frequenza nel trafficatissimo spettro delle frequenze radio italiane da parte del ministero della Difesa presieduto dal Ministro Parisi.
wimaxWIMAX
Il progetto prevedeva la creazione della Società della Rete WiMAX SpA costituita dal Ministero delle Telecomunicazioni alla quale conferire le frequenze liberate dal ministero della Difesa. Il passaggio successivo prevedeva un'asta pubblica per l'ingresso in aumento di capitale (soldi) di soci investitori (tutti, esclusi gli operatori di telecomunicazioni) per raccogliere fondi da destinare alla creazione degli hot spot WiMAX su tutto il territorio; infine la quotazione in borsa, non prima di aver definito una governance del nuovo operatore che evitasse la costituzioni di maggioranze che potessero "deviare" dal modello di business definito (una vera public company).
La società gestore della rete WiMAX sarebbe poi andata a vendere all'ingrosso l'accesso alla rete attraverso gare pubbliche alle quali avrebbero partecipato fornitori di accesso (in tutte le regioni italiane), che successivamente avrebbero venduto al dettaglio (ai privati) l'accesso. Il risultato sarebbe stata la nascita di una rete a banda larga radiomobile su uno standard aperto (il WiMAX), a basso costo perché in protocollo IP, ad alta copertura del territorio (la cella WiMAX copre decine di chilometri) ed a costo zero per lo stato.
ROMANO PRODIROMANO PRODI
L'allora Ministero delle Telecomunicazioni decise invece di organizzare un'asta pubblica direttamente sulle frequenze liberate dal ministero della Difesa, con il risultato di impedire una vera infrastruttura alternativa a quella degli altri grandi operatori (che peró operano su protocollo chiuso, il GSM e l'UMTS), che non gradivano tale operazione, perché nessuno dei partecipanti all'asta aveva le risorse per creare una rete nazionale.
Francesco RutelliFRANCESCO RUTELLI
Mentre altri paesi europei portavano avanti il modello di asta diretta sulle frequenze (che garantiva poter far cassa subito), l'idea dei promotori era inoltre quello di creare un nuovo standard di privatizzazione (lo spettro di frequenze), con liberalizzazione" preventiva". L'idea dei grillini non è quindi originale e, seppur incompiuta, altri governi hanno provato a realizzare una vera autostrada digitale per il paese oramai tanti anni fa.
Articolo Corsera sulla notizia: http://www.corriere.it/tecnologia/economia-digitale/13_aprile_19/wi-fi-antenne-rai_0bfa437e-a8d3-11e2-bb65-9049b229b028.shtml

sabato 20 aprile 2013

il nuovo che avanza

abbiamo il nuovo presidente della repubblica giorgio napolitano ,dunque dopo un parlamento ed un governo che non sa governare di politici incapaci di fare una legge elettorale seria , ci ritroviamo dopo un elezione democratica ma senza idee precise i vecchi politicanti non sono riusciti a fare un nuovo governo e nemmeno a eleggere un nuovo presidente della repubblica e dunque cosa hanno fatto ...... hanno lasciato tutto come prima .
la cosa spaventosa e che loro sono i campioni del nulla e forse e dico forse adesso il popolo incomincierà a ribbellarsi , ma si sa che l italiano si indigna solo per il calcio, per la politica la sua indigniazione dura il tempo di un orgasmo.
il mantecatore

venerdì 19 aprile 2013

presidente della repubblica italiana

oramai si è arrivati ad una pazzia tutti i candidati si stanno bruciando ecco i possibili scenari.
prodi vince in volata con i voti dei ds dalemiani , o alla fine vince il candidato del movimento 5 stelle ma che va bene anche hai ds e avranno un governo di sinistra con appoggio esterno del movimento.
ipotesi pazzesca ma possibile mario draghi per far contenta l europa e le banche.
il mantecatore

DRAGHI,PRODI,E LE LOBBY

Una sola domanda, Draghi sapeva quello che stava accadendo o meglio, sapeva che prima o poi i prodotti spazzatura, i derivati, avrebbero puzzato di marcio, perchè non ha fatto nulla? Devo dare atto a Ferrero (Rifondazione Comunista) di essere stato l'unico politico che alla sua nomina di Governatore della Banca d'Italia ha sollevato delle perplessità sul soggetto Su questo post mi limiterò a riportare pubblicazioni ma una cosa è certa, quello che c'è scritto corrisponde a cose e a fatti di seguito accaduti ed è a dir poco inquietante perchè al di là di Cossiga (di cui allego il video) un po tutta la sinistra ha un senso reverenziale verso un personaggio, che di fatto, in qualità di vice presidente europa della Goldman Sachs, ha contribuito a diffondere e a promuovere, i così detti "prodotti spazzatura" , quei famosi derivati che stanno piegando e piegheranno l'economia mondiale. Altra piccola precisazione per chi legge, se le cose riportate sono vere (e personalmente ritengo di si) la P2 di Gelli a confronto è assolutamente meno di zero. Ma una persona intelligente lo capirà facilmente solo leggendo. Mario Draghi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Mario Draghi (Roma, 3 settembre 1947) è un economista e finanziere italiano. Dal 16 gennaio 2006 è Governatore della Banca d'Italia, il primo con un mandato a termine di sei anni, rinnovabile una sola volta. Biografia [ Studi e Carriera Accademica [ Nel 1970 ha conseguito la laurea in Economia con 110 e lode presso l'Università La Sapienza di Roma, avendo come relatore il Professor Federico Caffè. In seguito continua gli studi presso il Massachusetts Institute of Technology con Franco Modigliani e Robert Solow, ottenendo il PhD nel 1976. Dal 1975 al 1978 insegna, come professore incaricato, nelle università di Trento, Padova, Venezia e Firenze dove poi, dall'81 al '91, ricopre il ruolo di professore ordinario di Economia e politica monetaria Gli incarichi nello Stato [ È stato artefice delle più importanti privatizzazioni delle aziende statali italiane avendo ricoperto diversi incarichi nel Ministero del Tesoro durante gli anni novanta. Nel 1991 viene nominato Direttore generale del Tesoro, incarico mantenuto fino al 2001 fra l'alternarsi di 10 governi. Dal '93 al 2001 è inoltre Presidente del Comitato Privatizzazioni. Ha fatto parte del consiglio d'amministrazione di diverse banche ed aziende come Eni, IRI, Banca Nazionale del Lavoro e IMI Nel 1998 ha firmato il testo unico sulla finanza, noto anche come "Legge Draghi" (DL 24 febbraio 1998 n. 58, entrato in vigore nel luglio 1998), che ha introdotto la normativa per l'Offerta Pubblica di Acquisto e la scalata delle società quotate in borsa. Telecom Italia sarà la prima società oggetto di OPA, da parte dell'Olivetti di Roberto Colaninno, a iniziare la stagione delle privatizzazioni. A questa hanno fatto seguito la liquidazione dell'IRI e le privatizzazioni di ENI, della quale Goldman Sachs acquisì l'intero patrimonio immobiliare, ENEL, Credito Italiano e Banca Commerciale Italiana. Carriera internazionale [ Dal 1984 al 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente per l'Europa, con incarichi operativi, di Goldman Sachs, quarta banca d'affari al mondo. Governatore di Bankitalia [ Il 29 dicembre 2005 è stato nominato Governatore della Banca d'Italia. Durante un'intervista alla trasmissione televisiva Unomattina, nel gennaio 2008, il Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga lo ha definito "un vile affarista... socio della banca d'affari americana Goldman Sachs" e responsabile della "svendita dell'industria pubblica italiana quand'era direttore generale del tesoro" L’Italia consegnata a Goldman Sachs Nel 2005 la banca d'affari Goldmans Sachs - la stessa che si è assicurata il dominio in Italia con Draghi governatore, e presto se lo assicurerebbe con Prodi premier - è stata la prima nel mondo come «consulente» in fusioni e acquisizioni (m&a). Mario Draghi a Bankitalia, proveniente dalla Goldman Sachs. Mario Monti uscente dalla Commissione, è stato assunto alla Goldman Sachs. Romano Prodi, futuro presidente del Consiglio, nella sua vita è entrato infinite volte a servizio della Goldman Sachs: era lì che trovava lavoro quando usciva dal settore pubblico italiano. Non sarà un conflitto d'interessi? Un tantino? Poco poco? Ma non si può eccepire. E' vietato. Nel quadro che ha creato Il Corriere dei Montezemolo e del resto del salotto buono, una nuova Mani Pulite (stavolta contro le sinistre arroccate attorno alle COOP), queste nomine e assunzioni ci dicono che non sarà più permesso formulare domande politicamente poco corrette, criticare le scelte degli Illuminatissimi Fratelli. E' la consegna dell'Italia ai poteri forti e alla banca d'affari americana. Chissà che miele secerne la Goldman Sachs per attrarre così importanti maggiordomi dei poteri forti, o che linfa secerne l'Italia, per suscitare le cupidigie della Goldman Sachs: non abbiamo già dato, in privatizzazioni? Gioielli industriali dell'IRI, pagati mille volte dai contribuenti italiani, non sono già stati svenduti tutti per un boccone di pane? Non ha già regalato Ciampi la Nuovo Pignone, leader mondiale, alla sua concorrente americana? E le banche d'affari americane, Goldman Sachs, Merril Lunch e Morgan Stanley, non hanno già incamerato allora - quando la prima Mani Pulite rese impossibile la difesa di quei gioielli, fu per questo che Craxi fu distrutto - 3 mila miliardi in grasse commissioni, per la loro esperienza nelle privatizzazioni? Chissà. Sembra ieri quel 2 giugno 1992, quando il «Britannia», panfilo di sua maestà britannica, arrivò di fronte a Civitavecchia con tutti i banchieri della City a bordo (Warburg e Barclay, Coopers Lybrand, Barino, eccetera) a intimare le condizioni della finanza anglo sullo smantellamento delle partecipazioni statali. Una torta da 100 mila miliardi, come scrisse Massimo Gaggi, giornalista de Il Corriere che era a bordo. Ci andò anche Mario Draghi, d'ora in poi intoccabile e non criticabile governatore di Bankitalia. Allora era direttore del Tesoro. E dovette giustificarsene in audizione parlamentare: «dopo aver svolto l'introduzione me ne andai, e la nave partì senza di me…in questo modo evitai ogni possibile sospetto di commistione». Il Britannia infatti prese il largo. In acque internazionali, su suolo britannico, gli italiani invitati ascoltarono le condizioni. Fatto è che Draghi, nell'introduzione, aveva lodato le privatizzazioni così: «uno strumento per limitare l'interferenza politica…un obbiettivo lodevole»: lo stesso programma de Il Corriere oggi. Allora, il tecnocrate dettava la linea politica. Bastava: poi scese. Restarono, fra gli altri, Rainer Masera (un altro intoccabile), Giovanni Bazoli (Ambroveneto), Beniamino Andreatta: che sarebbe diventato di lì a poco ministro. Nel governo Amato, al Bilancio; nel governo Ciampi agli Esteri, nel governo Prodi alla Difesa. Un coccolone ha impedito al Beniamino tecnocratico di ricoprire altri ministeri, di perfezionare i danni. Gli altri, purtroppo, sono vegeti e pronti. A consegnare l'Italia a Goldman Sachs. Nel settembre '93, alla privatizzazione della Comit fu incaricata di presiedere la Lehman Brothers; a quella del Credit, la Goldman Sachs. In verità Franco Nobili, il precedente capo dell'IRI, aveva dato quest'ultimo incarico alla Merrill Lynch; ma a quel punto Nobili era in prigione in attesa di giudizio per Mani Pulite (solo il tempo necessario: poi sarà prosciolto con formula piena), e comandava Prodi. Fu Prodi a dare l'incarico alla Goldman Sachs, «della quale era stato consulente fino a pochi giorni prima». (1) La Merrill Lynch, nel giorni in cui aveva l'incarico, aveva offerto alla Deutsche Bank il pacchetto di Credito Italiano in proprietà all'IRI per 6 mila lire ad azione. La Goldman Sachs fissò il valore del Credit a 2.075 lire per azione, meno della quotazione in Borsa, che era sulle 2.230 lire. Insomma vendette per 2.700 miliardi qualcosa che ne valeva almeno 8 mila. Persino l'Espresso si chiese: «è dunque un regalo quello che l'IRI sta facendo al mercato? Dal punto di vista patrimoniale è così». Prodi ne ha fatti, di regali. L'Italgel, 900 miliardi di fatturato, venduta per 437 alla Nestlé. La Cirio-Bertolli-De Rica (CBD), 110 miliardi di fatturato, valutata sui 1.350 miliardi, venduta a una finanziaria lucana mai sentita, la FISVI di tale Francesco Lamiranda, «appoggiato dalla sinistra democristiana della Campania» secondo Il Corriere. Era la sua unica credenziale, perché Lamiranda soldi non ne aveva. Offrì dapprima 130 miliardi, poi 310. Avrebbe pagato, chiarì, vendendo i pezzi dell'azienda che si offriva di comprare. Ma restò l'unico acquirente. Un'asta ci voleva: non fu fatta. Bisognava vendere a questo Lamiranda. Pietro Larizza, allora capo della UIL, descrisse l'operazione così: «la FISVI acquista senza avere ancora i soldi per pagare; per formare il capitale necessario, vende una parte di ciò che ha comprato; per quel che rimane cerca ancora soci finanziatori per completare l'acquisto». Antonio Bassolino (un merito gli va riconosciuto) denunciò alla Procura di Napoli quell'affare: «c'è il pericolo che privatizzazioni fatte in questo modo espongano pezzi del nostro apparato produttivo alle mire speculative e affaristiche». Era peggio di così. Un perito di nome Renato Castaldo scoprì che dietro lo sconosciuto Lamiranda c'era l'Unilever, la multinazionale olandese. «E' documentato che la Unilever», scriveva, ha «inviato offerte, condotto trattative dirette e indirette con l'IRI…predisponendo anche le clausole da inserire nel contratto» fra Prodi (IRI) e Lamiranda. L'Unilever? Prodi è stato consulente dell'Unilever dal '90 al '93, come consulente di vaglia, a decidere le acquisizioni. Ecco dov'è il miele che Goldman Sachs cerca. Ecco dov'è la linfa che trovano i grand commis nella Goldman Sachs. L'ape cerca i fiori, i fiori si volgono all'ape. E' una storia d'amore. Non amano noi, però. Ci vogliono spogliare. NOTE 1) Massimo Pini, «I giorni dell'IRI, storie e misfatti da Beneduce a Prodi», Mondatori, 2000, pagina 238. Gran parte delle informazioni di questo articolo vengono dal libro di Pini. di Maurizio Blondet EFFEDIEFFE 03/01/2006 da http://www.tuttotrading.it/granditemi/economica/051230mariodraghigovernatore.php# La Goldman Sachs Co. è sicuramente una delle banche d’affari private più potenti del mondo. Sorta nel 1869 a Manhattan (New York) grazie a due immigrati tedeschi: Marcus Goldman e Samuel Sachs[1]. In questi giorni Mario Draghi è stato nominato governatore di Bankitalia, al posto del dimissionario Antonio Fazio. Cosa c’entra, direte voi, Mario Draghi con il colosso bancario? C’entra eccome: Mario Draghi è vicepresidente della Goldman Sachs per l’Europa, la cui sede centrale ha gli uffici nel miglio quadrato più ricco (e potente) del mondo: la City di Londra! Questa cittadella grande all’incirca 2.6 km quadrati, è certamente piccola di dimensione ma non per influenza, visto che nelle sue street hanno sede le più importanti multinazionali e/o banche del globo! Come mai un uomo legato e stipendiato molto bene da una banca privata così potente viene nominato direttore della Banca più influente d’Italia? Quella banca, per intenderci, che s’incamera il Signoraggio monetario nazionale e una parte del Signoraggio europeo? Ma chi è questo Mario Draghi? Facciamo un passo indietro. Il professor Draghi è stato dal 1991 al 2001 Direttore Generale del Tesoro e presiede dal 1993 il Comitato per le Privatizzazioni, egli infatti è l’artefice delle grandi privatizzazioni statali (dall’IRI alla Telecom, Enel, Eni e altre grandi aziende dello Stato). Quindi un personaggio di tutto rispetto! Talmente di rispetto che fu uno dei privilegiati ospiti alla colazione (non da Tiffany) ma a bordo del panfilo reale della regina Elisabetta, il “Britannia”. Siamo nel 1992, e ci troviamo al largo di Civitavecchia, ma non su territorio italiano ma inglese. Qui vennero decise le sorti economiche dell’Italia. (vedi precedente articolo) Il 1992 fu un anno molto particolare: crisi Prima Repubblica, uragano Tangentopoli, attacco alla lira da parte del filantropo George Soros che Carlo Azeglio Ciampi non riuscì o non volle impedire. E non è tutto, sentite a tal proposito cosa disse in quegli anni Reginald Bartholomew (ambasciatore americano a Roma e futuro presidente di Merril Lynch Italia): «Continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi barriera per gli investimenti esteri»[2] Avete capito? Rimuovere ogni barriera per gli investimenti esteri!!! E’ proprio quello che hanno fatto Draghi & C. Ha talmente lavorato bene, che oggi Draghi è stato premiato con la direzione della Banca d’Italia. «Una scelta di alto profilo»[3] dice Romano Prodi in merito al nuovo capo di Palazzo Koch! E ci credo: il leader della sinistra è stato (e forse lo è ancora) consulente guarda caso proprio della Goldman Sachs (nonché presidente dell’Iri per ben due volte), e uno dei protagonisti della svendita italiana. In tredici anni decine e decine di grosse aziende nostrane passarono in mani straniere (per esempio Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Ferrarelle, e moltissime altre).[4] Quindi non è poi strano che Mario Draghi piaccia tanto a Prodi, anche perché sembrerebbe, e qui il condizionale è d’obbligo, che la campagna elettorale di Romano siafinanziata da una certa Linda Costamagna[5], una privata signora. Fin qui nulla di male. Ma se venisse fuori che questa signora è la moglie di Claudio Costamagna, Amministratore delegato della Goldman Sachs per l’Europa[6], la cosa cambierebbe? Certo che sì. Ma allora…non è che questo colosso - membro della potentissima lobbies bancaria internazionale - ha tutte le intenzioni di privatizzare l’intero Stato, aprendo ulteriormente all’estero (alle sorelle) e controllando il sistema monetario del nostro paese? Questa preoccupazione non è campata in aria, visto che dopo l’incontro sul “Britannia” (tra le cui banche ospiti c’erano proprio i vertici della Goldman) sono iniziate quelle mega privatizzazioni e acquisizioni che hanno depredato e svenduto i patrimoni pubblici. E poi come non preoccuparsi, se il nuovo controllore del sistema monetario e/o bancario (governatore di Bankitalia) italiano e il capo del governo (prossimo) IL RIFERIMENTO E' A PRODI sono finanziati e controllati dalla stessa banca d’affari privata? da http://www.tuttotrading.it/granditemi/economica/051230mariodraghigovernatore.php# Mario Monti il puro passa (strapagato) alla Goldman Sachs Maurizio Blondet 15/12/2005 Mario Monti, ex-commisario europero alla concorrenza, nuovo acquisto della banca d'affari Goldman Sachs Giorni fa, Gerard Schroeder è stato sepolto da una marea di critiche per aver accettato ora che non è più cancelliere di diventare capo del consiglio dei garanti del gasdotto del Baltico. Questo gasdotto, che evita di passare attraverso la Polonia (ostile a Mosca) e salda un'alleanza strategica tra Berlino e Mosca, è stato voluto dallo stesso Schroeder in accordo con Putin. «Conflitto d'interessi!», strillano i grandi media servili ai poteri forti. Su Il Corriere del 13 dicembre, André Glucksmann strilla «la Gazprom si compra l'Europa!» (1) e si scatena in un disgustoso attacco contro l'ex Cancelliere. «Schroeder ha preso la bustarella per i servizi resi a Putin», per dare libero sfogo al dispetto con cui la nota lobby likudista vede l'asse russo-tedesco. «Politicamente, è una mascalzonata ed è la sola motivazione: scavalcando Polonia, Ucraina, Paesi Baltici, Putin li punisce»: evidentemente la lobby voleva che Putin continuasse a pagare royalty ai suoi nemici. E sperava in Angela Merkel per cancellare l'oleodotto che libera la Germania dalla dipendenza dal petrolio medio-orientale, ossia dai voleri israelo-americani. «Ma Putin ha anticipato la firma del contratto, ed ora la Merkel ha le mani legate», sbava Glucksmann (2). Urla e strepiti per il «conflitto d'interessi» di Schroeder, pesanti allusioni alla sua disonestà. Frattanto arriva un'altra notizia, accolta con rispettoso silenzio dalla stampa asservita. Mario Monti, l'uomo-Fiat che è stato commissario europeo alla concorrenza, come Schroeder ha trovato un impiego nel privato. Se lo è «comprato» la Goldman Sachs - prima banca d'affari della nota lobby - per uno stipendio «che non è stato reso noto», ma che non è sbagliato ritenere miliardario (3). I giornali britannici ricordano che Mario Monti «è celebrato per la sua dedizione nell'aprire i mercati europei alla competizione» (ossia per i servizi che ha reso alla globalizzazione), per aver «combattuto Francia e Germania» (la «vecchia Europa» odiata da Sharon) e «per aver rifiutato l'offerta del premier Berlusconi che lo voleva ministro delle Finanze nel 2004». Per contro, è noto che Mario Monti «diventerà ministro nel futuro governo Prodi». Anche Prodi consulente della Goldman Sachs fino all'altro ieri, ed oggi finanziato dalla banca d'affari per la sua campagna elettorale. A quel che pare, a pagare Prodi è Linda Costamagna, una privata signora che per caso è moglie di Claudio Costamagna, gran capo della Goldman Sachs per l'Europa. Varrà la pena di ricordare che la Goldman fu tra le capofila delle banche usurarie che vennero, a bordo del Britannia, lo yacht della regina d'Inghilterra, a imporre i loro metodi per la privatizzazione dei gioielli dell'IRI. A quell'epoca salì sullo yacht anche Mario Draghi. E anche lui oggi è alla Goldman Sachs. I banchieri anglo-israeliti fecero allora grandi affari, e se ne ripromettono ancor più dal prossimo centro-sinistra al governo. Ecco perché Il Corriere strilla che Schroeder ha un «conflitto d'interessi» per i suoi accordi con Putin, e tace sul conflitto d'interessi enorme, passato e futuro, di Mario Monti alla Goldman Sachs. E' la legge talmudica in atto: due pesi e due misure. Maurizio Blondet Questo filmato è da non perdere (con conseguente commento) il 2 giugno del 1992 il Governatore della Banca d'Italia partecipa ad un incontro sulla nave inglese Britannia, panfilo di Elisabetta II, in cui vengono illustrati i piani di privatizzazione delle industrie statali italiane ad alcuni dei maggiori personaggi della finanza.Arrivò di fronte a Civitavecchia con tutti i banchieri della City a bordo (Warburg e Barclay, Coopers Lybrand, Barino, eccetera) a intimare le condizioni della finanza anglo-italiana sullo smantellamento delle partecipazioni statali.Una torta da 100 mila miliardi, come scrisse Massimo Gaggi, giornalista de Il Corriere che era a bordo.Ci andò anche Mario Draghi, i dirigenti dell'ENI, dell'AGIP, dell'IRI, dell'Ambroveneto, del Creditoop, della Comit, delle Generali e della Società Autostrade. Ed altri personaggi "importanti" tra cui Rainer Masera, Giovanni Barzoli e Beneamino Andreatta. Quest'ultimo, sino a quando un ictus lo ha fermato, dopo quella crociera ha fatto molta strada ed è stato ministro nei governi Amato, Ciampi e Prodi.Draghi d'ora in poi intoccabile e non criticabile governatore di Bankitalia. Allora era direttore del Tesoro.E dovette giustificarsene in audizione parlamentare: «dopo aver svolto l'introduzione me ne andai, e la nave partì senza di me...in questo modo evitai ogni possibile sospetto di commistione».In verità Franco Nobili, il precedente capo dell'IRI, aveva dato quest'ultimo incarico alla Merrill Lynch; ma a quel punto Nobili era in prigione in attesa di giudizio per Mani Pulite (solo il tempo necessario: poi sarà prosciolto con formula piena), e comandava Prodi.Fu Prodi a dare l'incarico alla Goldman Sachs, «della quale era stato consulente fino a pochi giorni prima».La Merrill Lynch, nel giorni in cui aveva l'incarico, aveva offerto alla Deutsche Bank il pacchetto di Credito Italiano in proprietà all'IRI per 6 mila lire ad azione.La Goldman Sachs fissò il valore del Credit a 2.075 lire per azione, meno della quotazione in Borsa, che era sulle 2.230 lire.Insomma vendette per 2.700 miliardi qualcosa che ne valeva almeno 8 mila. Persino l'Espresso si chiese: «è dunque un regalo quello che l'IRI sta facendo al mercato? Dal punto di vista patrimoniale è così».Prodi ne ha fatti, di regali. In quei giorni la Banca d'Italia bruciò, secondo le diverse stime, da 40.000 a 100.000 miliardi di lire, di fatto prosciugando le riserve valutarie della nostra Banca centrale. Per molto meno altri governatori, in altre parti del mondo, sono stati licenziati. Noi Ciampi, per premio, lo abbiamo mandato prima a Palazzo Chigi, poi al Quirinale. Romano Prodi, un uomo della Goldman&Sachs, al tempo stesso presidente dell'iri e consulente della multinazionale Unilever, protagonista, allepoca, della discussa privatizzazione di Cirio, Bertolli e De Rica. La Goldman&Sachs, appunto la banca daffari che aveva finanziato nel 1993 la campagna elettorale di Prodi con un miliardo di lire versato sul conto corrente della ASE S.r.l. di cui lo stesso Prodi era socio insieme alla moglie. Una banca strumento della svendita-rapina del patrimonio pubblico italiano.Disse in quegli anni Reginald Bartholomew (ambasciatore americano a Roma e futuro presidente di Merril Lynch Italia): "Continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la necessit� di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi barriera per gli investimenti esteri" Capito? Rimuovere ogni barriera per gli investimenti esteri!!! Ed è proprio quello che hanno fatto Prodi, Ciampi, Draghi & C.Hanno talmente lavorato bene, che oggi Draghi è stato premiato con la direzione della Banca d�Italia. "Una scelta di alto profilo"] dice Romano Prodi in merito al nuovo capo di Palazzo Koch! E ci credo: il leader della sinistra è stato (e forse lo è ancora) consulente guarda caso proprio della Goldman Sachs (nonchè presidente dell'iri per ben due volte), e uno dei protagonisti della svendita italiana. In tredici anni decine e decine di grosse aziende nostrane passarono in mani straniere (per esempio Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Ferrarelle, e moltissime altre)... Ho un dubbio?? atroce, alla luce di questi fatti documentati, se Prodi ha attuato o no la svendita dei nostri "gioielli" alla sua datrice di lavoro (documentata) Goldman Sachs. da: http://it.youtube.com/watch?v=ZBSErn2Uab0 Chi è Draghi, nuovo governatore di Bankitalia da http://www.pmli.it/biografiadraghi.htm Accolto da un coro pressoché unanime e plaudente, Mario Draghi è divenuto il nuovo governatore della Banca d'Italia il 29 dicembre. Per lui sono stati sprecati le lodi e gli aggettivi specie da parte del "centro-sinistra": "una scelta di alto profilo" (Prodi), "Una guida forte e sicura per Bankitalia" (Veltroni), una "biografia intellettuale di tutto rispetto" (Liberazione), "Ama il dialogo, il lavoro di staff, la discussione, circondarsi di intelligenze" (il manifesto). Ma chi è veramente il nuovo governatore che viene presentato come una sorta di "salvatore della patria", colui che sarà capace di restituire "prestigio" e "credibilità" a Palazzo Koch e all'Italia intera a livello internazionale? Draghi è innanzitutto il grande privatizzatore che ha contribuito in prima persona a svendere tutto il patrimonio industriale e finanziario pubblico gettandolo nelle fauci del mercato privato italiano e internazionale con un costo sociale altissimo soprattutto in termini di occupazione. È l'uomo dell'alta finanza massonica internazionale da Soros, ai Rothschild, alla Goldman Sachs, accusato di essere "l'anima nera" dei "poteri forti" internazionali organizzati in associazioni di tipo massonico come Bilderberg e Trilateral alle cui converticole è stato spesso presente. Draghi è nato nel 1947 a Roma. Frequenta il liceo dei gesuiti Massimo. Il suo compagno di scuola è il futuro presidente della Fiat e di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, che, guarda caso, oggi è stato uno dei suoi principali sponsor. Negli anni '70, all'università, è allievo prediletto di Federico Caffè, col quale si laurea in economia e che, da barone, imporrà la sua carriera accademica. Studia e insegna nei migliori campus Usa e consegue un Ph.d in Economics presso il Massachussetts Institute of Technology (MIT). Gli Usa saranno una sua seconda patria. Poi verrà anche Londra, o per meglio dire la City. Dal 1981 torna in Italia e insegna all'Università di Firenze. Alla fine degli anni '80 approda nei corridoi ministeriali come consigliere economico del ministro del Tesoro Giovanni Goria, che lo designa a rappresentare l'Italia negli organi di gestione della Banca Mondiale. Draghi comincia così a tessere i suoi forti legami internazionali e interni. Nel '90 è consulente proprio della Banca d'Italia con Ciampi governatore, del quale si dice a tutt'oggi sia uomo fidato. Alla Banca d'Italia lavorava anche il padre di Draghi, Carlo, all'epoca di Donato Menichella. Nel 1991 diventa direttore generale del Tesoro. Fino ad allora un incarico poco ambito. Ma Draghi riesce a trasformare quell'incarico in una delle poltrone chiave del potere economico e finanziario del Paese. Negli stessi anni è membro del Comitato monetario della CEE e del G7, nonché presidente di Gestione Sace. Dal '91 al '96 è nel CdA dell'IMI e dal '93 presiede il Comitato per le privatizzazioni. Dal '94 al '98 è presidente del G10 Deputies. Al nome di Draghi si lega anche il nuovo testo per la finanza societaria, che passa alla storia, appunto, come Legge Draghi. Una legge che contiene le nuove regole sull'Opa. In sostanza, per dieci anni, fino al 2001, Draghi resta alla torre di controllo dell'industria e della finanza pubbliche nonostante la giostra di ministri e di governi che si sono succeduti: dal governo Andreotti, che lo nominò la prima volta, a quelli Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema, ancora Amato e ancora Berlusconi. La chiave di volta della sua inarrestabile carriera, sembra essere il 2 giugno del 1992 quando Draghi partecipa a una "crociera" sul lussuoso yatch "Britannia" della regina Elisabetta d'Inghilterra che incrocia a largo di Civitavecchia. Tra i passeggeri figurano i rappresentanti delle banche più importanti e dell'alta finanza "giudaico-anglosassone", Barings, Barchlay's e Warburg, il banchiere e speculatore internazionale George Soros e, per l'Italia, Mario Draghi, Beniamino Andreatta, collaboratore di Prodi, e, sembra, il ministro del Tesoro Barucci. Si dice che su quella nave sia stata messa a punto e deliberata una strategia che doveva portare alla svalutazione della lira e alla completa privatizzazione delle partecipazioni statali italiane a prezzi stracciati grazie alla svalutazione. Non vi sono prove, ma certo ciò che avvenne a distanza di soli tre mesi, non può essere pura coincidenza. Fatto sta che a settembre dello stesso anno viene lanciato un attacco speculativo che porta a una svalutazione della lira del 30% ed al prosciugamento della riserva della Banca d'Italia con Ciampi che arriva a bruciare 48 miliardi di dollari. Una crisi che portò anche allo scioglimento del Sistema Monetario Europeo (SME). E subito dopo si apre la stagione delle privatizzazioni: da Eni a Telecom, da Imi a Comit, al Credit, a Bnl. Passano in mano del mercato estero, oltre a buona parte del sistema bancario, i colossi dell'energia e delle comunicazioni, la Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Galbani, Negroni, Ferrarelle, Peroni, Moretti, Perugina, Mira Lanza e molte altre aziende dei settori strategici. A governare lo smantellamento dell'Iri c'è Prodi col quale Draghi vanta un'antica amicizia e collaborazione nata nella frequentazione del Centro di studi economici bolognese Prometeia del DC Andreatta. Sono tanto forti i legami di Draghi con buona parte della finanza internazionale, che Ciampi affida a lui tutto il lavoro diplomatico legato a superare le resistenze in Europa all'entrata dell'Italia nell'euro nel gruppo di testa. La lunga stagione di Draghi al ministero del Tesoro si chiude solo nel 2001, quando il ministro Tremonti chiama a sostituirlo Domenico Siniscalco. Draghi lascia via XX Settembre e torna ad insegnare negli Stati Uniti. Dopo soli 5 mesi, nel 2002 entra in Goldman Sachs a Londra di cui ben presto diviene vicepresidente per l'Europa. Un altro clamoroso caso di conflitto d'interesse. Nel curriculum di Draghi pochi ricordano il curioso riacquisto di una fetta di Seat da parte della Telecom che l'aveva appena ceduta. O del fatto che si è reso conto dell'affare "Telekom Serbia" solo quattro mesi dopo che l'operazione era stata conclusa. O della vendita alla Goldman Sachs per tremila miliardi delle vecchie lire dell'intero patrimonio immobiliare dell'Eni appena un anno prima, nel dicembre 2000, di essere nominato vicepresidente guarda caso proprio della Goldman Sachs. Altro che "ottimo servitore dello Stato". Piuttosto un ottimo servitore degli interessi speculativi dell'alta finanza e del capitalismo italiano e internazionale, quanto se non di più del deposto Antonio Fazio dal quale lo distinguono solo le principali correnti e lobby politiche, economiche e finanziarie di riferimento, che a volte agiscono in combutta, a volte in contrapposizione. 18 gennaio 2006 Il super potere forte, Goldman Sachs “L’Europa è in vendita, Goldman sta acquistando”. La statunitense banca d’affari è, senza ombra di dubbio, il vero centro di potere privato mondiale, che è scesa, ultimamente, più agguerrita che mai per fare shopping in Europa. Fondata nel 1869 a Manhattan, grazie a due immigrati tedeschi: Marcus Goldman e Samuel Sachs, oggi, è una vera forza “imperialista”, col dire di Vladimir Ilic Uljanov detto Lenin. La Goldman Sachs è una vecchia conoscenza del nostro Paese. Tant’è. Nel 1992, banchieri, finanzieri e manager italiani, statunitensi e anglo-olandesi si incontrarono sul panfilo della regina Elisabetta, Britannia, e discussero del processo di privatizzazioni. Allora, si stabilì, di fatto, lo smantellamento del capitalismo pubblico italiano a prezzi stracciati. Guarda caso, tra i croceristi eccellenti c’era il finanziere George Soros, super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione, a capo del “Quantum fund” (diretta emanazione del gruppo Rothschild) e protagonista di una incredibile serie di crack provocati in svariate nazioni, potendo contare su smisurate liquidità di diversa provenienza a volte ignota e oscura. A giugno, Britannia navigava nelle acque del Tirreno e tre mesi dopo, sarà settembre nero. In quel mese, ci fu la svalutazione del 30% della lira, facendo perdere, all’Italia, risorse, pari a 50 miliardi di dollari. Allora, in Bankitalia, c’erano il governatore Ciampi e il direttore centrale Dini, che fronteggiarono il maxi attacco speculativo nei confronti della lira. Tanto per cambiare, l’operazione fu resa perfetta, grazie allo zampino dell’agenzia di rating Moody’s che declassò, senza leggere e scrivere, i Bot. Chi pagò caramente il crollo della lira, fu il risparmiatore italiano. Al che, Bettino Craxi puntò l’indice contro “una quantità di capitali speculativi provenienti sia da operatori finanziari che da gruppi economici”, parlando di “potenti interessi che pare si siano mossi alla scopo di spezzare le maglie dello Sme”, e di un “intreccio di forze e circostanze diverse”. In quel periodo, il governo italiano, che usciva sfiancato finanziariamente dalla svalutazione, avviò il processo di privatizzazione. Come dire, la ciliegina finale. All’evento, la Goldman Sachs non si fece trovare impreparata, visto che ha il dono di trovarsi al momento giusto e al posto giusto, quando in giro c’è profumo di affari. La banca giocò, allora, un ruolo decisivo e, oggi, corsi e ricorsi storici, sta facendo altrettanto per l’Europa, facendo più private equality e shopping nel settore delle infrastrutture, immobili e tecnologie. Aggiunge al mestiere di banca d’affari, l’attività di “compradores”, ossia rileva pezzi importanti di attività economiche. Si serve per gli acquisti di fondi e/o di strumenti finanziari esterni costituiti ad hoc, accompagnandosi, però, nelle operazioni, ad altri investitori. In questi giorni, la banca d’affari è impegnata ad acquistare il maggiore operatore portuale inglese, la Associated Britisch Ports, per 4 miliardi. Prima aveva rilevato per 3,7 miliardi il 51% di una grande fetta immobiliare della catena tedesca Karstadt. Quanto all’Italia, Goldman Sachs è sbarcata da tempo. Nel 2000, in Italia, fece shopping e business, avendo al fianco il suo fondo Whitehall, nel ramo immobiliare. Comprò dall’Eni, in via di dismissioni di rami secchi, l’area immobiliare di 300 mila metri quadrati di San Donato Milanese per circa 3000 miliardi di vecchie lire, dove dovevano trasferirsi i locali della Rai di Corso Sempione. Fu il primo grande acquisto immobiliare, ma non l’ultimo. Infatti subito dopo ne fece altri, tra cui gli immobili della Fondazione Cariplo nonché, con un altro big Usa, Morgan Stanely, i patrimoni mattonari di Unin, Ras e Toro. Sul piano industriale, la Goldman Sachs è presente nel capitale di Pirelli Cavi, mentre, recentemente, ha fatto il suo ingresso nel fondo Management&Capitali di Carlo De Benedetti. Nel 2001, il neo governatore di Bankitalia, Mario Draghi, quando si dimise da direttore generale del Tesoro e da responsabile delle privatizzazioni, passò armi e bagagli alla vice presidenza della Goldman Sachs International. In quel periodo, la banca d’affari svolse il ruolo di “advisor” di Abn Amro e di Banco di Bilbao: la banca olandese ha comprato l’AntonVeneta e gli spagnoli la Bnl. Inoltre, nel board di Goldman Sachs ha figurato anche Romano Prodi. Al momento, Mario Monti è l’unico italiano rimasto nella banca d’affari come consulente. Uomini forti per un potere superforte. di Biagio Marzo L’Opinione - Edizione 72 del 03-04-2006 Lo spettro delle svendite incombe sull’Eni Dopo aver lasciato lo Stato “in mutande”, gli ex di Goldman Sachs guardano al colosso energetico Ora che un dirigente della Goldman Sachs guida la Banca d’Italia e un consulente della Goldman Sachs si prepara a guidare il governo delle sinistre vogliamo che lorsignori lo sappiano: li teniamo d’occhio. Siamo noi, il popolo italiano, i loro datori di lavoro: se li vedremo obbedire di nuovo a Goldman Sachs lo denunceremo con tutti i mezzi. Perché le loro passate azioni non ci lasciano tranquilli. Queste azioni sono già state raccontate, ma vale la pena di metterle in luce più chiara. Tutto comincia nel settembre 1992, quando il finanziere americo-ungaro-israeliano George Soros lancia un attacco speculativo contro la lira. Carlo Azeglio Ciampi è capo di Bankitalia. La sola cosa che dovrebbe fare sarebbe una telefonata alla Banca Centrale tedesca (Bundesbank), la più potente d’Europa e chiedere: mi sostenete? Ossia: siete disposti a spendere centinaia di milioni di dollari per acquistare lire, sostenendo il corso della nostra moneta? Se quelli rispondevano di no, ogni difesa era inutile, perché impossibile, dato che Soros usava l’effetto-leva dei derivati: per ogni dollaro che puntava, era come ne puntasse cento. Bankitalia, a quel punto, doveva fare solo una cosa: lasciare fluttuare la lira ai venti della speculazione. Invece Ciampi “difende” la lira da solo: dilapidando 48 miliardi di dollari in valuta estera e prosciugando le riserve valutarie di Bankitalia. E come previsto la manovra non riesce. La lira si svaluta del 30%. Ciò significa che da quel momento, gli stranieri che vogliono acquistare le industrie di stato e parastato italiane, potranno pagarle il 30% in meno. La preparazione alle svendite era già avvenuta. Il panfilo “Britannia” della regina d’Inghilterra era apparso davanti a Civitavecchia (2 giugno 1992), per dettare le condizioni delle privatizzazioni. Il “Britannia” era carico di finanzieri della City, delegati dei Warburg, dei Baring, dei Barclays: costoro convocano sul Britannia (ossia su suolo inglese) esponenti di spicco dell’Iri, dell’Eni, dell’Agip, della Comit, di Assicurazioni Generali e, come si sa, Mario Draghi, allora direttore del Tesoro, dipendente pubblico italiano. Draghi scende prima che il “Britannia” prenda il largo diventando suolo inglese ma ha il tempo di fare un discorsetto in cui approva l’urgenza di privatizzare per sottrarre le industrie di Stato alla politica. Fatto sta che, sceso Draghi, i finanzieri di Londra si dividono, come al mercatino dell’usato, i gioielli dell’economia italiana. E si profilano altri sconti. Difatti, di lì a poco, sale al governo Giuliano Amato: anche lui un coccolino dei “poteri forti” finanziari internazionali. Basta a indicarlo il fatto che Amato, braccio destro di Bettino Craxi, viene miracolosamente esentato dalla bufera di Tangentopoli. In quel frangente, guarda caso, l’agenzia Moody’s - di punto in bianco, e senza che sia accaduto nulla di nuovo - “declassa” l’Italia, mettendola fra i paesi a rischio d’insolvenza. Risultato: lo Stato deve pagare interessi più alti sui Buoni del Tesoro, se vuole che qualcuno glieli compri. Lo Stato si dissangua; e poiché subito Soros lancia la speculazione sulla lira, tutto peggiora. È una manovra concertata fra Moody’s, Soros e i suoi banchieri di riferimento (Rotschild)? Io penso di sì. Ricordo un fatto degno di nota: fra i più accaniti speculatori contro la lira nella fase iniziale dell’attacco di Soros, si segnalano Goldman Sachs e Warburg. Quei Warburg che poi “consigliano” al governo italiano di rivolgersi a Goldman Sachs per gestire le privatizzazioni. E così l’alta finanza internazionale si sceglie i gioielli di stato, con calma, soppesandoli come la massaia che compra i peperoni al mercato. Perché costano poco: le privatizzazioni 93-94 renderanno allo stato solo 26 mila miliardi; Ciampi da solo, nella sua inutile “difesa della lira”, ha speso il doppio (denaro pubblico, di noi contribuenti). Tutti ci commuoviamo quando il nonno d’Italia ci esorta ad aver fiducia nella Patria. Chissà se ha sventolato il tricolore anche nella riunione del Bilderberg del 22-25 aprile 1993, che si riunì in Grecia e aveva il tema Italia all’ordine del giorno. Non lo sappiamo perché la riunione, come sempre, fu a porte chiuse. Certe fonti danno presente Ciampi a quella riunione, ma non ne siamo sicuri, e non possiamo esserlo, data la segretezza che le circonda. Erano presenti, si dice, anche Gianni Agnelli coi suoi fidi: Mario Monti, Antonio Meccanico, Tommaso Padoa Schioppa, Renato Ruggero. Patrioti anche loro. Ma di quale patria? Il fatto è che, dopo quella riunione del Bilderberg, Ciampi fa una mossa delle sue: “internazionalizza” il debito pubblico italiano, fino a quel momento prevalentemente interno. È una scelta grave e non necessaria. All’epoca gli italiani, coi loro risparmi, comprano volentieri i Bot. Per lo Stato, è un vantaggio enorme: perché s’indebita coi suoi cittadini (a cui può chiedere “sacrifici”, ossia di pazientare a farsi pagare gli interessi) e nella sua moneta, la lira, che può stampare a volontà. Invece, Ciampi offre i Bot sui mercati finanziari esteri. Dove gli interessi dovrà pagarli in dollari, ossia in una valuta su cui non ha il controllo e che non può stampare quando vuole. Di fatto, mette il debito italiano nelle mani della grande finanza - le solite Goldman Sachs, Warburg, Barclays - e alla mercè delle “valutazioni” delle agenzie cosiddette “indipendenti” come Moody’s. La mossa di Ciampi riduce l’Italia nella situazione di un paese del terzo mondo; e senza alcuna necessità. Ecco la storia passata. Per questo dico: teniamoli d’occhio, i lorsignori che tornano al comando dell’Italia Questi vogliono ancora svendere qualcosa. Che cosa? Alcune fonti ci dicono: l’Enel, ma soprattutto l’Eni. S’intende, i due nostri relativi colossi sono già stati privatizzati. Ma, soprattutto l’Eni, non fa ancora del tutto gli interessi anglo-americani che nel settore dell’energia mirano ad accaparrarsi la disponibilità diretta delle fonti petrolifere, e mettere sotto controllo unico gli attori secondari nel gran mercato del greggio e del gas. L’hanno provato a fare con il petrolio russo: crollo organizzato del rublo, deficit alle stelle, un Boris Eltsin ben felice di vendere le vecchie imprese sovietiche a qualunque prezzo. Fu così che i Rotschild prestarono a un piccolo avventuriero russo, Khodorkovski, i soldi per comprare a prezzi da usato la Yukos. Ora che Vladimir Putin si è ripreso la Yukos e fa una “propria” politica nazionale energetica con la sua Gazprom, gli anglo-americani cercano in tutti i modi di isolare la Russia. La presenza di aziende relativamente autonome come l’Eni ostacola questo processo di soffocamento. Occhio a lorsignori. Italiani di destra e di sinistra, di centro e di sotto e di sopra: teniamoli d’occhio noi, perché non c’è nessun altro che faccia gli interessi italiani. di Maurizio Blondet La Padania [Data pubblicazione: 14/01/2006] Mario Draghi & la lobbies bancaria Marcello Pamio - 30/12/2005 La Goldman Sachs & Co. è sicuramente una delle banche d’affari private più potenti del mondo. Sorta nel 1869 a Manhattan (New York) grazie a due immigrati tedeschi: Marcus Goldman e Samuel Sachs[1]. In questi giorni Mario Draghi è stato nominato governatore di Bankitalia, al posto del dimissionario Antonio Fazio. Cosa c’entra, direte voi, Mario Draghi con il colosso bancario? C’entra eccome: Mario Draghi è vicepresidente della Goldman Sachs per l’Europa, la cui sede centrale ha gli uffici nel miglio quadrato più ricco (e potente) del mondo: la City di Londra! Questa cittadella grande all’incirca 2.6 km quadrati, è certamente piccola di dimensione ma non per influenza, visto che nelle sue street hanno sede le più importanti multinazionali e/o banche del globo! Come mai un uomo legato e stipendiato molto bene da una banca privata così potente viene nominato direttore della Banca più influente d’Italia? Quella banca, per intenderci, che s’incamera il Signoraggio monetario nazionale e una parte del Signoraggio europeo? Ma chi è questo Mario Draghi? Facciamo un passo indietro. Il professor Draghi è stato dal 1991 al 2001 Direttore Generale del Tesoro e presiede dal 1993 il Comitato per le Privatizzazioni, egli infatti è l’artefice delle grandi privatizzazioni statali (dall’IRI alla Telecom, Enel, Eni e altre grandi aziende dello Stato). Quindi un personaggio di tutto rispetto! Talmente di rispetto che fu uno dei privilegiati ospiti alla colazione (non da Tiffany) ma a bordo del panfilo reale della regina Elisabetta, il “Britannia”. Siamo nel 1992, e ci troviamo al largo di Civitavecchia, ma non su territorio italiano ma inglese. Qui vennero decise le sorti economiche dell’Italia. (vedi precedente articolo) Il 1992 fu un anno molto particolare: crisi Prima Repubblica, uragano Tangentopoli, attacco alla lira da parte del filantropo George Soros che Carlo Azeglio Ciampi non riuscì o non volle impedire. E non è tutto, sentite a tal proposito cosa disse in quegli anni Reginald Bartholomew (ambasciatore americano a Roma e futuro presidente di Merril Lynch Italia): «Continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi barriera per gli investimenti esteri»[2] Avete capito? Rimuovere ogni barriera per gli investimenti esteri!!! E’ proprio quello che hanno fatto Draghi & C. Ha talmente lavorato bene, che oggi Draghi è stato premiato con la direzione della Banca d’Italia. «Una scelta di alto profilo»[3] dice Romano Prodi in merito al nuovo capo di Palazzo Koch! E ci credo: il leader della sinistra è stato (e forse lo è ancora) consulente guarda caso proprio della Goldman Sachs (nonché presidente dell’Iri per ben due volte), e uno dei protagonisti della svendita italiana. In tredici anni decine e decine di grosse aziende nostrane passarono in mani straniere (per esempio Buitoni, Invernizzi, Locatelli, Ferrarelle, e moltissime altre).[4] Quindi non è poi strano che Mario Draghi piaccia tanto a Prodi, anche perché sembrerebbe, e qui il condizionale è d’obbligo, che la campagna elettorale di Romano siafinanziata da una certa Linda Costamagna[5], una privata signora. Fin qui nulla di male. Ma se venisse fuori che questa signora è la moglie di Claudio Costamagna, Amministratore delegato della Goldman Sachs per l’Europa[6], la cosa cambierebbe? Certo che sì. Ma allora…non è che questo colosso - membro della potentissima lobbies bancaria internazionale - ha tutte le intenzioni di privatizzare l’intero Stato, aprendo ulteriormente all’estero (alle sorelle) e controllando il sistema monetario del nostro paese? Questa preoccupazione non è campata in aria, visto che dopo l’incontro sul “Britannia” (tra le cui banche ospiti c’erano proprio i vertici della Goldman) sono iniziate quelle mega privatizzazioni e acquisizioni che hanno depredato e svenduto i patrimoni pubblici. E poi come non preoccuparsi, se il nuovo controllore del sistema monetario e/o bancario (governatore di Bankitalia) italiano e il capo del governo (prossimo) sono finanziati e controllati dalla stessa banca d’affari privata? L’unica cosa certa è che i vertici delle lobbies bancarie internazionali, gli stessi che stanno controllando le economie planetarie, avranno un altro ottimo motivo per festeggiare a capodanno. http://miemezzeverita.splinder.com/