Guido Ruotolo per "la Stampa"
In tempi non sospetti, siamo al novembre del 1992, don Vito Ciancimino lascia tracce dei suoi incontri con il Ros dei carabinieri, con il colonnello Mario Mori, prima della strage di via D'Amelio. Come tanti altri materiali riaffiorati dagli archivi della famiglia Ciancimino 18 anni dopo quella tragica stagione, anche questo documento è stato consegnato alla Procura di Palermo.
Ciamcimino padre e figlio
Si tratta di una lettera indirizzata a un dirigente di Bankitalia il cui nome era compreso in una rosa di candidati a occupare la poltrona di presidente del Consiglio, in quel convulso autunno del '92.
Mercoledì Massimo Ciancimino sarà di nuovo in pellegrinaggio a Palermo, e poi a Caltanissetta, per una nuova serie di colloqui-interrogatori con i magistrati che indagano sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra, e sulla strage di via D'Amelio. E mercoledì Ciancimino jr dovrà anche spiegare la lettera nella quale il padre si assunse un ruolo di compartecipe di quella «cricca» - una decina di personalità, tra ministri in carica, funzionari e generali degli apparati di sicurezza - che, mentre crollava la Prima Repubblica abbattuta da Mani Pulite, lavorava a creare le condizioni per «una nuova entità politica».
falcone borsellino
L'incipit di questa lettera è chiarissimo: «Sono Vito Ciancimino il noto, questa mia lettera, a futura memoria, vuole essere un promemoria da ben conservare se realmente Lei deciderà di scendere in politica come da amici di regime mi è stato sussurrato.
Ritengo mio dovere precisare che direttamente e indirettamente faccio parte di quel "regime" che oggi, a causa di tutti loro e anche i miei sbagli costringeranno Ella, sicuramente persona super partes, e da me stimata e apprezzata nel tempo, nel tentativo di convincerla a prendere le redini di un Paese destinato allo sfascio. Sono stato condannato su indicazione del regime per il reato di mafia per mano di persone che a confronto con alcuni mafiosi sono dei veri galantuomini».
Non veste solo i panni del «profeta» don Vito Ciancimino. Scrive al suo interlocutore: «Faccio parte di questo regime e sono consapevole che solo per averne fatto parte ne sarò presto escluso. Al momento, sono utile per i loro ultimi disegni prima del "capolavoro finale"».
E' come se don Vito avvertisse che ben presto sarebbe finito in carcere, e ciò avvenne puntualmente un paio di settimane dopo aver spedito questa lettera.
MARIO MORI
«Dopo un primo scellerato tentativo di soluzione avanzato dal colonnello Mori per bloccare questo attacco terroristico ad opera della mafia, ennesimo strumento nelle mani del regime, e di fatto interrotto con l'omicidio del giudice Borsellino sicuramente oppositore fermo di questo accordo, si è deciso finalmente, costretti dai fatti, di accettare l'unica soluzione possibile per poter cercare di rallentare questa ondata di sangue, che al momento rappresenta solo una parte di questo piano eversivo».
Dunque, Ciancimino rivela al suo interlocutore che il colonnello Mori propone - anche se la ritiene «scellerata» - una soluzione per bloccare l'offensiva stragista. In tutti questi mesi, il figlio Massimo ha sempre sostenuto che, secondo don Vito, Mori, il signor Franco, lo stesso Provenzano suggerivano di trattare con Totò Riina e che suo padre era contrario: «Con quell'animale - diceva papà - non si può trattare».
ciancimino Nella lettera spedita nel novembre del '92, don Vito ammette che la trattativa si avvia dopo la strage di Capaci e prima di quella di via D'Amelio. Nello stesso tempo l'ex sindaco mafioso di Palermo rivela implicitamente che Paolo Borsellino era stato informato dei contatti in corso tra pezzi dello Stato e Cosa nostra, e che si opponeva.
Da questo punto di vista, la lettera consegnata da Ciancimino jr ai magistrati siciliani è una conferma a quanto ha ricostruito la Procura di Caltanissetta.
Via D'amelio
La missiva di don Vito Ciancimino si conclude così: «Tutta la vecchia gerarchia politica sarà destinata ad allinearsi a questo nuovo corso della storia della nostra Repubblica, che sta buttando le sue basi non più su un semplice imbroglio (quale fu secondo don Vito il referendum monarchia-repubblica, ndr), ma su "una vera e propria carneficina". Di tutto questo posso fornirle documentazione come prove e nomi e cognomi».
by dagospia
mercoledì 28 luglio 2010
LA LETTERA SEGRETA E PROFETICA DI DON VITO CIANCIMINO - indirizzata a un dirigente di Bankitalia candidatO aD occupare la poltrona di presidente del Consiglio, ALL’INDOMANI DELL’ATTENTATO DI CAPACI A FALCONE in quel convulso autunno del ’92, LA MISSIVA È STATA CONSEGNATA DAL FIGLIO MASSIMO ALLA PROCURA DI PALERMO - IL COLONNELLO MORI VOLEVA TRATTARE CON TOTÒ RIINA
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