venerdì 28 settembre 2012
AGNELLI IN FUGA DALL’ITALIA (STAVOLTA VOLANO IN OLANDA) - MENTRE MARPIONNE DISTRAE TUTTI PARLANDO DI MONTEPREZZEMOLO, CONFINDUSTRIA E MONTI BIS, NEL SEGRETO DELLE SALE RIUNIONI SI PREPARA LA FUSIONE CNH E FIAT INDUSTRIAL (MEZZI PESANTI E VEICOLI COMMERCIALI) - LA NUOVA SOCIETÀ DOVE ANDRA’ A PAGARE LE TASSE? BENVENUTI PAESI BASSI, ANTILLE E SCATOLE CINESI (DEL RESTO MARPIONNE LE PAGA IN SVIZZERA)…
Walter Galbiati per "la Repubblica"
SERGIO MARCHIONNE
Ogni giorno potrebbe essere buono. La fusione tra Case New Hollande (Cnh) e Fiat Industrial in una nuova società di diritto olandese potrebbe piombare sugli azionisti da un momento all'altro. Il Lingotto aveva detto di voler portare a termine l'operazione entro la fine dell'anno. E visto che deve concedere 60 giorni di tempo agli azionisti di minoranza per decidere se aderire o meno, i tempi cominciano a essere stretti. Sarebbe questo il primo vero e grande scippo all'Italia da parte degli Agnelli e del loro scudiero, Sergio Marchionne.
MARCHIONNE FIAT INDUSTRIAL JPEG
Perché qui non si parla solo di produzione e stabilimenti che vengono trasferiti all'estero, ma di un'intera società con un fatturato di 25 miliardi che migra in un altro Paese, europeo, ma con benefici societari, soprattutto fiscali, che vanno nell'esclusivo interesse degli azionisti di maggioranza.
L'annuncio dell'operazione è avvenuto prima dell'estate, a maggio, e ora è in attesa che gli amministratori indipendenti di Cnh si pronuncino sull'operazione. Un loro via libera aprirebbe le porte alla fusione, in quanto l'approvazione delle assemblee dei soci è pressoché scontata poiché gli Agnelli detengono la maggioranza di entrambe le società e gli azionisti di minoranza non hanno diritto a una votazione separata.
JOHN ELKANN MARCHIONNE
E in genere, portare l'azienda dall'Italia all'Olanda ha almeno un paio di significati: avere azioni con privilegi e risparmiare in tasse. Il primo lo ha confermato la società stessa nel suo annuncio: «gli azionisti che parteciperanno alle assemblee avranno due voti per ogni azione». I primi a beneficiarne saranno gli Agnelli. Con la fusione, la loro quota in Fiat Industrial si diluirebbe dal 30% al 27%, ma il doppio diritto di voto, blinderebbe di fatto il controllo della società. Gli altri azionisti avrebbero certo preferito un premio in denaro, ma questo è stato sistematicamente escluso. Quanto ai benefici fiscali, bisogna attendere i dettagli della fusione, sui quali Marchionne ha mantenuto il più stretto riserbo.
FIAT INDUSTRIAL
CASE NEW HOLLAND
Uno dei sistemi più utilizzati per creare holding in Olanda è conosciuto come 'dutch sandwich' (il 'panino olandese'), che consiste nel collocare una società holding madre nelle Antille Olandesi e la società holding figlia in Olanda, che a sua volta possiede l'operativa (l'unica che lavora) collocata in uno stato estero (per esempio, Usa e Italia). Il fine è di avere un beneficio fiscale (fino all'esenzione) sui dividendi prodotti dalle controllate o di avere minori aliquote di imposta.
CASE NEW HOLLAND
La Cnh ha già nominato il consiglio di indipendenti che si pronuncerà sulla convenienza dell'operazione. Tra di loro non c'è nemmeno un italiano: sono il professor Thomas Colligan, ex revisore della PwC, il professor Rolf Jeker, collettore di incarichi in Svizzera, Jacques Theurillat, avvocato esperto di tasse, il professor Edward Hiler e il banchiere ( tra l'altro ex Lehman Brothers) Kenneth Lipper.
Sono definiti indipendenti, anche se i primi tre percepiscono 115mila dollari l'anno da Cnh e gli altri circa 87mila dollari. Per sciogliere la loro riserva potranno avvalersi della consulenza, remunerata sempre da Fiat, di Jp Morgan e di Lazard con l'aiuto degli studi Cravath, Swaine & Moore LLP, De Brauw Blackstone Westbroek N.V e di Bonelli, Erede & Pappalardo. Questi ultimi sì, italiani.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/agnelli-in-fuga-dallitalia-stavolta-volano-in-olanda-mentre-marpionne-distrae-tutti-parlando-di-44624.htm
ALTRO CHE ROMNEY, GOLDMAN SACHS MANDA ALL’INFERNO OBAMA - IL VENERABILE LLOYD BLANKFEIN: “LA CULTURA DI WASHINGTON SOFFOCA LA CRESCITA: IL ‘FISCAL CLIFF’ (AUMENTO DI TASSE E TAGLIO DELLA SPESA PUBBLICA) È UNA BOMBA A OROLOGERIA: RISCHIAMO 4 PUNTI DI PIL E IL DECLASSAMENTO DEL RATING DEL DEBITO SOVRANO” - DOPO LA MANNAIA DEI POTERI FORTI, ADDIO ALLE SPERANZE DI OBAMA DI ESSERE RIELETTO?.... - -
Francesco Semprini per "La Stampa"
LLOYD BLANKFEIN
La chiama cultura «gotcha» (di stretta) la stessa che rende complicato a politici e autorità del settore finanziario di assumere il rischio che serve per rilanciare la crescita. E' un vero e proprio affondo a Washington quello di Lloyd Blankfein, ospite della Clinton Global Initiative, il grande simposio ideato da Bill Clinton al termine del doppio mandato da presidente.
LLOYD BLANKFEIN CEO OF GOLDMAN SACHS
«Business by design: crescita e opportunità» è il titolo della sessione a cui partecipa il numero uno di Goldman Sachs che non lesina critiche alla legge Dodd-Frank, l'ultima in materia di regolamentazione finanziaria, perché si è spinta troppo oltre rispetto alla necessità di limitare i rischi nata dopo la crisi finanziaria. «Ci sono troppe cinte e bretelle», dice Blankfein ricorrendo al consueto linguaggio didascalico.
Inoltre, secondo il presidente di Goldman, i politici e le autorità di settore che cercano il dialogo con il mondo degli affari devono sempre guardarsi le spalle. «I funzionari del Tesoro finiscono sempre per essere criticati ogni volta che incontrano i capi delle banche», prosegue Blankfein secondo cui l'economia americana «se la sta solo cavando alla meno peggio», nonostante le azioni della Federal Reserve siano volte a rilanciare la crescita.
BARACK OBAMA
TIMOTHY GEITHNER
Oltre tutto all'orizzonte c'è l'ombra del «fiscal cliff», ovvero la manovra congiunta di aumento della tassazione e taglio della spesa pubblica che scatteranno fra la fine dell'anno e l'inizio del 2013: «La gente dovrebbe iniziare a capire che questa è la vera bomba ad orologeria». Se non sarà raggiunto un accordo, l'impatto potrebbe esseri pari al 4% del Pil: «C'é un rischio sostanziale, se non agiamo l'impatto sarà molto negativo per il rating», prosegue il veterano di Wall Street. E non solo visto che le ricadute sarebbero anche di carattere politico visto che agli occhi degli osservatori la leadership non funziona come dovrebbe: «Meriteremmo una valutazione di governo disfunzionale».
E quindi perché «dovremmo meritare di essere la valuta di riserva se non siamo in grado di gestire lo stato di salute della nostra economia?». Blankfein difende comunque l'operato della Fed. Dato il suo mandato, il presidente Ben Bernanke «non aveva altra scelta che esercitare i propri poteri. Non c'é rischio di inflazione ora, ma ci sono timori sul lungo periodo. Nel frattempo però dovremmo preoccuparci dei pericoli attuali di posizioni eccessivamente deflattive».
GEORGE W BUSH
BILL CLINTON DEMOCRATIC NATIONAL CONVENTION
E dopo Washington, il timoniere di Goldman Sachs assesta un colpo anche a Pechino: «La Cina deve ancora dimostrare la sua capacità di riconoscere e correggere gli errori commessi nelle proprie attività di investimento». Non manca infine una considerazione meno tecnica e più sociale, ma che tuttavia ha chiare ricadute economiche, ovvero l'immigrazione. «Più dell'energia - chiosa il banchiere - gli immigrati sono l'asset più importante di questo Paese. Per questo dovremmo rendere loro le cose meno complicate».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/altro-che-romney-goldman-sachs-manda-allinferno-obama-il-venerabile-lloyd-blankfein-la-cultura-44412.htm
UNICREDIT E I SUOI DERIVATI - I PROPRIETARI DI “BALLOON”, STORICA AZIENDA DI MODA IN CRISI, DENUNCIANO LA BANCA PER AVERLI OBBLIGATI AD ACQUISTARE TITOLI DERIVATI RISCHIOSI COME CONDIZIONE PER OTTENERE PRESTITI (A TASSI USURARI) - LO STESSO “SISTEMA” CHE HA GIÀ RIDOTTO SUL LASTRICO CENTINAIA DI IMPRENDITORI - ROBERTO GRECO: “RISCHIAMO DI CHIUDERE: ABBIAMO PERSO 9 MLN € CON CUI AVREMMO RIPAGATO I DEBITI”…
Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera - Roma"
LOGO_BLUNAUTA
Il presidente di Balloon Spa, Roberto Greco, denuncia Unicredit per l'applicazione di tassi usurai. A fronte dei prestiti concessi accusa l'azienda - la banca l'avrebbe obbligata ad acquistare dei derivati rischiosi, con una perdita per le casse di circa 9 milioni di euro. Molti i punti vendita chiusi dopo l'estate. I pm hanno aperto un'inchiesta. Secondo la banca, l'esposizione di Balloon sarebbe superiore alle cifre finora dichiarate.
Tassi di interesse vicini all'usura. Condizioni vessatorie nei confronti dell'impresa indebitata. Obblighi tanto onerosi quanto soffocanti per l'impresa.
SEDE DI UNICREDIT A PIAZZA CORDUSIO
La Procura indaga su Unicredit per la denuncia presentata da «Balloon spa», l'impresa nata a fine anni Settanta da una felice attività di import dalla Cina della famiglia Greco. Nel fascicolo assegnato al pool dei reati economici, coordinato dall'aggiunto Nello Rossi, non ci sono iscritti per il momento. Gli investigatori ragionano su un aspetto in particolare: il fatto che, a fronte dei prestiti concessi all'impresa, la banca avrebbe obbligato il management alla compravendita di derivati particolarmente rischiosi. Una procedura in vigore anche per altre imprese ma che in questo caso, secondo una perizia di parte, depositata con la denuncia dall'avvocato Alessandro Diddi avrebbe rischiato di condannare l'azienda.
UNICREDIT
Le vicissitudini di «Balloon», già in crisi di liquidità e con diversi negozi sottoposti a chiusura obbligata dalla fine dell'estate, erano note solo in modo frammentario. Impresa dal fatturato in crescita fino agli anni Novanta, poi in crisi, quindi rilanciata con il marchio «Blunauta» (per il quale aveva sfilato anche l'attrice Charlize Theron) mentre una rete parallela di negozi, sotto il logo della mongolfiera («Balloon») continuava a vendere le collezioni precedenti a prezzi popolari. Trecento dipendenti nel suo momento più felice, ora ridotti a 120, tutti in cassa integrazione. Chiusi i negozi storici tra piazza Mignanelli e via Cola di Rienzo, l'impresa versa in uno stato di asfissia.
FEDERICO GHIZZONI UNICREDIT
Il debito di Balloon nei confronti di Unicredit si aggira attorno ai 6 milioni e mezzo di euro ma, secondo una perizia commissionata dalla stessa azienda, l'acquisto dei derivati imposto dall'istituto di credito sarebbe già costato all'azienda nove milioni di euro. Con un simile capitale nelle sue disponibilità la società presieduta ora da Roberto Greco avrebbe potuto riprendersi dall'impasse, lamenta il suo gruppo dirigente.
ROBERTO GRECO E SIGNORA
«Siamo sopravvissuti a diverse crisi economiche in passato ma ora rischiamo di chiudere per una gabbia finanziaria imposta» dice Greco, amareggiato. Secondo fonti Unicredit la banca avrebbe tentato di concludere un piano di rientro senza risultato mentre l'esposizione complessiva di Balloon sarebbe più alta di quella dichiarata indipendentemente dai derivati acquisiti. Una vicenda sulla quale è già in corso, dall'anno scorso, una controversia al Tribunale civile.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/unicredit-e-i-suoi-derivati-i-proprietari-di-balloon-storica-azienda-di-moda-in-44630.htm
LUCA JOSI, L’ULTIMO CRAXIANO - “IL RISULTATO DI TANGENTOPOLI? UNA CLASSE POLITICA DI SETTANTENNI ACERBI CHE HA PRODOTTO IL GENIALE RISULTATO DI AUTOCOMISSARIARSI A FAVORE DEI TECNICI. NOI I BANCHIERI, NEL ’92, LI AVEVAMO LASCIATI AL LARGO DI CIVITAVECCHIA SUL PANFILO BRITANNIA. QUESTI LI HANNO PORTATI AL GOVERNO” - “HO DOVUTO RIVEDERE LE MIE IDEE IN QUESTI ANNI: HO FIDUCIA NELLA MAGISTRATURA”…
Roberto Corradi per "Pubblico"
LUCA JOSI SILVIO SIRCANA
"Quel giorno a tirare le monetine c'era una marea di gente. Non posso ricordarmi di Fiorito, nonostante la mole. Però non posso neanche escludere che ci fosse. In questi 20 anni sembra che ci sia stato chiunque, quel giorno, a tirare i rubli a Craxi. E' quasi un mantra, ormai".
LUCA JOSI
Luca Josi nel 1992 aveva 25 anni, era il braccio destro di Craxi, combattente crepuscolare del Psi, era al Raphael, dalla parte di Bettino. Oggi è un produttore televisivo di successo, momentaneamente ai box per una contesa con la Rai, ma non rinnega nulla di quegli anni. Lui ed altri giovanissimi, dice, avevano capito che" il partito avesse un finanziamento illecito, come tutti i partiti, e che esplosa la questione fosse impossibile al proprio interno fare dei distinguo. E per questo si misero a difendere una storia non loro". Poi, arriva al colpo di scena: "Allora consideravo i pm nemici, ora dico: non c'è altra soluzione. Non stiamo parlando di politica ma di criminalità assortita"
LUCA JOSI
Domanda: Josi, che mi racconta?
Risposta: Io quel giorno al Raphael c'ero. Ci ripenso sempre. Avessimo avuto trenta compagni socialisti forse la storia sarebbe andata diversamente. Ma si erano dileguati tutti.
LUCA JOSI BOBO CRAXI
D: La storia non si fa con i "se".
R: E' vero. Ma ci penso spesso.
D: Dal '92 è cambiato il Paese. Non in meglio, direi. Lei che ne pensa?
R: Questi 20 anni sono stati tragici. L'Italia è andata nelle mani delle seconde, delle terze file, quelle che venivano dopo la prima linea, falcidiata dalla "rivoluzione" e che non aveva preparato nessun ricambio generazionale aprendo la strada a una banda di improvvisati. Oggi il dirigente non è più il prodotto di una selezione ma della sua capacità di adulazione.
Ci ritroviamo così con questa classe politica di settantenni acerbi che ha prodotto il geniale risultato di autocommissariarsi a favore di tecnici. Ora, se i tecnici, per definizione, esistono in quanto qualcuno gli commissiona del lavoro, come fanno a essere figure terze? In sostanza, come fanno a essere indipendenti dei dipendenti? Teniamo, poi, conto che molti di questi signori fanno parte di gruppi con fatturati pari al Pil di piccoli stati esteri. Piccoli stati di cui sono cittadini. Lei si sente tranquillo a farsi governare da uno straniero? Insomma: noi i banchieri, nel '92, li avevamo lasciati al largo di Civitavecchia sul panfilo Britannia. Questi li hanno portati al governo. Se la finanza ha prodotto la crisi si tratta, evidentemente, di un governo omeopatico.
LUCA JOSI E LUISA TODINI - COPYRIGHT PIZZI
PMCNO06 LUCA JOSI GIULIO VIOLATI
D: Bhe, insomma... Comunque lei e Francone, quella sera del Raphael, eravate ai lati opposti della barricata. E oggi lui ci teorizza la porchetta buttata nel mezzo come arma di mediazione politica. Ma è davvero questa la politica?
R: A raccontarla così, dai tempi di Tangentopoli fino a Fiorito, sembra che la politica sia il mondo dei peggiori. Invece non è così. Semmai è il mondo che fa esplodere il peggio di chi non è adatto a affrontare le responsabilità. O cerca il potere per fare altro. Poi oggi, fortunatamente, il mondo è cambiato: è possibile sapere molto di chiunque e chi fa politica oggi deve sapere che vive in una casa di vetro. Se non se ne rende conto è un cretino. Appunto.
PCC46 LUCA JOSI MYRTA MERLINO
D: L'origine del male nasce allora. Perché, salvo i momenti apicali, non vivevamo di polemiche e di scandali come oggi?
R: La politica che scandalizza rimane quella che ti mette sotto gli occhi fatti che puoi commisurare con la tua vita, coi tuoi redditi. Se qualcuno fa operazione che invece muovono centinaia di milioni di euro, o più, queste cifre immense cadono in una dimensione finanziaria, incommensurabile. Si vede ciò che sai leggere. Per questo l'azione di Grillo e di quelli che sono considerati gli sfasciacarrozze del sistema può essere meritoria. Come nell'ottocento chi dava strumenti nuovi per leggere la realtà trasformava dei sudditi in cittadini così chi oggi da delle lenti per capire i meccanismi della finanza, dell'industria e dell'economia aiuta a emancipare i popoli. Fa un'opera di alfabetizzazione pari a quella dei socialisti di fine ottocento.
CRAXI E JOSI
D: Quindi, il sistema, strutturato per non far parlare di sé, ora funziona.
R: Non mi parli di sistema. Mi sono trovato impelagato nel mio lavoro in un ginepraio giudiziario, proprio perché, per come mi dicono, il "sistema" io non lo conosco: sarei inadatto a confrontarmici. Ma se questo Paese è quello che manda sulla TV pubblica, il Palio di Siena che - non me ne vogliano i senesi - è forse la manifestazione più emblematica dell'elemento corruttivo, vogliamo dire che l'Italia, anche quella televisiva, è il Paese che la corruzione, per paradosso, la ufficializza?
CRAXI E JOSI AL RAPHAEL
D: E diciamolo. Però allora non posso non evidenziarle che l'unica arma che l'Italia ha, è e rimane la magistratura.
R: Io mi fido della magistratura e ho dovuto rivedere, lo ammetto, tante mie idee in questi anni (anche rileggendo i fatti del tempo). La magistratura oggi avrà un ruolo ancora più delicato che ai tempi di Mani Pulite. Sembra di intuire che il paese è in metastasi e se apri il paziente, trattandosi di uno Stato, non è che puoi richiudere e pensare "non c'è nulla da fare".
DICEMBRE BETTINO CRAXI CONTESTATO ESCE DALLHOTEL RAPHAEL DI ROMA
D: Ma in Rai che è successo?
R: Siamo in mezzo a una vicenda che d'imprenditoriale ha ormai poco ed è una vicenda da manuale civile e penale. Un Tribunale della Repubblica ha ordinato Rai a pagarci milioni di euro di fatture bloccate da quasi due anni. La Rai ha risposto: no. Evidentemente, la dirigenza precedente, voleva farci fallire. Vedremo ora.
CRAXI MANI PULITE
D: Lei si è vendicato con dei video caustici su youtube. Come finirà tutto questo?
R: C'è un'indagine, non parlo. Ho fiducia nella magistratura. Comunque alle prepotenze e ai soprusi non si cede mai.
D: Cosa vede per quest'Italia?
R: Spero che trovi coraggio. Ci vuole coraggio per fare tutto: per fare bene il politico, il giornalista, l'artista, il cittadino. Stanno per arrivare problemi enormi. Se non vai tu a cercarli, per affrontarli, loro troveranno te. E sarà peggio.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/luca-josi-lultimo-craxiano-il-risultato-di-tangentopoli-una-classe-politica-di-settantenni-acerbi-44627.htm
martedì 25 settembre 2012
Henry Kissinger e il gruppo Bilderberg dietro all'omicidio di Aldo Moro
HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL'OMICIDIO DI ALDO MORO
«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell'intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l'ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l'Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».
In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l'Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.
«Moro progettava di dare stabilità all'Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l'opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.
Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l'Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un'aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».
Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell'implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l'omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».
Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».
In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».
Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell'Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l'attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.
Daniel Estulin
fonte: conoscenzaliberta.myblog.it
http://www.nocensura.com/2012/06/henry-kissinger-e-il-gruppo-bilderberg.html
«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell'intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l'ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l'Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».
In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l'Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.
«Moro progettava di dare stabilità all'Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l'opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.
Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l'Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un'aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».
Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell'implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l'omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».
Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».
In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».
Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell'Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l'attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.
Daniel Estulin
fonte: conoscenzaliberta.myblog.it
http://www.nocensura.com/2012/06/henry-kissinger-e-il-gruppo-bilderberg.html
Aldo Moro morto per 500 lire?
Aldo Moro ucciso perchè voleva che fosse lo Stato e non le banche centrali a gestire la stampa del denaro? L'avvocato Marra ha provato a parlarne ospite di Columbro a "Vero", ma prima di poter entrare nel merito è stato interrotto dal "going";
La vicenda del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro presenta dei risvolti davvero interessanti. Per esempio, l’idea di emettere biglietti di stato a corso legale senza bisogno di chiedere banconote in prestito via Bankitalia-Bce, fu di Aldo Moro, che intendeva assolvere ai bisogni del popolo italiano, con l'emissione Sovrana, senza debito, di cartamoneta a corso legale. Fu così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”).
La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.
MORO PER ARRIVARE ALL'EMISSIONE DI BANCONOTE CARTACEE USO' UN DOPPIO ESCAMOTAGE:L'ITALIA POTEVA EMETTERE MONETE MA NON BANCONOTE (CHE DOVEVAMO ACQUISTARE DALLA "MAMMA" BCE CHE ALLORA SI CHIAMAVA "FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE". LE MONETE VENIVANO PERTANTO CONIATE ALLA "ZECCA DI STATO".
DOPO AVER PERMESSO L'EMISSIONE DI MONETE A VALORE 500 LIRE.....FU' FATTA UNA DEROGA CHE PERMISE L'EMISSIONE CONTEMPORANEA DEL CARTACEO....(POTEVANO COESISTERE 500 LIRE IN FORMA CARTACEA E METALLICA , IN QUANTO LA 500 LIRE ESSENDO ANCHE DI METALLO ERA COMUNQUE CONSIDERATA COME MONETA DA EMETTERE ALLA NS ZECCA)...
In seguito all’assassinio di Moro e alle dimissioni anticipate di Leone, l’Italia smise di emettere cartamoneta di Stato. La bancocrazia ci aveva anche provato prima a ricattare lo Stato, emettendo i famosiminiassegni per erodere il signoraggio che lo stato guadagnava con la propria moneta, ma poi, non essendo la “misura” sufficiente, ricorsero ai mitra e bombe.
Anche Pasolini per coincidenza, fece una brutta fine dopo aver pubblicamente espresso dei dubbi circa la connessione fra la sparizione di Moro e le 500 lire.
OSSERVAZIONI che P.P. Pasolini faceva già nel 1975:
Come mai quel 12 Dicembre 1969, furono proprio le sedi di tre Banche:
- Banca Nazionale dell’ Agricoltura, Piazza Fontana, Milano
- Banca Commerciale Italiana, Milano, (bomba inesplosa)
- Banca Nazionale del Lavoro, via Veneto, Roma ed essere prescelte quali luoghi deputati alle prime esplosioni di bombe con le quali si dette il via alla “Strategia della Tensione” ?
La Banca Nazionale dell’ Agricoltura aveva cominciato poco tempo prima ad emettere le 500 Lire cartacee con dicitura: “Biglietto di Stato a corso legale” L’emissione fu sospesa pochi giorni dopo l’attentato. Forse si è pensato bene di poter prendere più piccioni con una fava …? Nel film “Piazza delle cinque lune” viene spiegato che l’assassinio di Moro e’ un caso complicato che vede alte cariche ufficiali e servizi segreti implicati… ma non solo!
Certo le analogie tra A. Moro e JF Kennedy sono parecchie:
-le banconote senza signoraggio
-il complotto per l’assassinio
-i servizi segreti
-i mandanti
Le 500 lire di Moro sono del 1966.
RICORDATE CHE PRODI DIEDE UN INDIZIO CIRCA IL "COVO" DOV'ERA MORO (DISSE POI CHE INFORMAZIONI GLI ERANO STATE DETTE DURANTE UNA SEDUTA SPIRITICA), E NEGO' SEMPRE OGNI COLLEGAMENTO CON ASSOCIAZIONI SEGRETE.
Purtroppo le informazioni dovrete continuare a cercarle sul web perchè già è stata chiusa una pagina ns "sorella " per questi link... - fonte
sabato 15 settembre 2012
NON SIAMO MAI ANDATI SULLA LUNA
I PARTE - LE OBIEZIONI DI FONDO
Il quadro storico
Nel 1962 la tensione fra America e Russia era giunta ai massimi livelli. All'apice della guerra fredda, c'era stata la crisi dei missili di Cuba, che aveva portato Kruschev e Kennedy a giocarsi la partita su un bluff e contro-bluff a livello mondiale, vinto dal secondo a rischio di uno scontro atomico.
Russia e America, semplicemente, stavano cercando di dividersi il mondo.
Curiosamente, fu proprio l'assassinio di Kennedy a fare da pietra miliare nella storia della comunicazione, nel senso che molti oggi fanno risalire a quell'evento l'inizio della cosiddetta "era mediatica", nella quale - come avrebbe poi puntualizzatio Mac Luhan - "il mezzo è il messaggio". Ovvero, la TV "diventa" la realtà.
Prima obiezione - il "grande segreto"
Prima di tutto, non è affatto vero che sia necessario coinvolgere "migliaia", o anche solo "centinaia" di persone, nella colossale bugia. Anzi, molti degli addetti ai lavori sarebbero stati proprio le prime vittime di questo mastodontico inganno: a differenza di quello che si crede, le comunicazioni in diretta fra Apollo 11 e "Houston" erano avvenute soltanto per i primi dieci/quindici minuti dopo il lancio del Saturno. Dopodichè, per qualche motivo non chiaro, il ponte radio era stato rilevato da una misteriosa "stazione secondaria", lontana da Houston, che rimandava a sua volta le comunicazioni alla sala di controllo. Ovvero, le centinaia di persone che abbiamo visto alzarsi e applaudire all'unisono, al "touchdown" lunare di Apollo, in tutta probabilità stavano guardando lo stesso nastro registrato che abbiamo visto tutti noi.
(L'ipotesi più diffusa è che gli astronauti siano partiti davvero con il Saturno, e abbiano poi passato una settimana in orbita terrestre - mentre noi vedevamo lo spettacolo preregistrato dalla Luna- per poi riprendere la commedia "in diretta", al momento dell'ammaraggio nel Pacifico. E' noto al proposito l'episodio di un radioamatore australiano che avrebbe sentito chiaramente delle conversazioni fra astronauti e personale di terra, in un momento in cui la navicella doveva trovarsi addirittura dietro al lato coperto della Luna. L'altra ipotesi è che invece non fossero mai partiti con il Saturno, e che al momento del rientro siano stati trasportati in quota da un C-130, che li avrebbe sganciati sul Pacifico all'interno della loro navicella).
In ogni caso, diventa più facile spiegare quella strana espressione "agrodolce" che si nota spesso su tutti i "terzetti" di ritorno dalla missioni lunari. Il più delle volte, sembra più che altro che gli sia morto il gatto.
La giornata lunare
Una cosa fondamentale da tenere sempre presente, è che sulla Luna non ci sono le "giornate" come da noi, dove nell'arco di 12 ore ore si passa dal giorno alla notte piena, e poi di nuovo al giorno in altre 12 ore. Un intero giorno lunare, cioè il tempo che passa fra un'alba e l'altra sul nostro satellite, sulla Luna dura circa un mese (un giro intero intorno alla Terra). Quindi, se sulla Luna il sole sorge ad un qualunque punto dell'orizzonte, dopo 24 ore si sarà mosso, lungo il suo arco di rotazione, di soli 12° circa (12° x 30 giorni fa 360°, cioè un giro completo). Si è quindi in una specie di "tempo sospeso", dal momento dell'arrivo a quello della partenza, in cui la luce rimane praticamente immutata.
Vediamo ora il giornale di bordo di Apollo 11. Il LM (modulo lunare), chiamato Eagle, è allunato, secondo i dati ufficiali della NASA, alle ore 102:45:48. (Nella cronologia delle missioni la NASA usa il conteggio delle ore, dal momento della partenza dalla Terra, e non i giorni, proprio per il motivo visto sopra). Ecco l'estratto dell'Apollo Lunar Journal che riporta il momento in cui Armstrong ha comunicato che l'allunaggio era avvenuto. (Cliccare sull'immagine per la pagina originale, sul sito NASA).
Veniamo ora alla storica sortita sul suolo lunare dei primi due astronauti, avvenuta circa 7 ore dopo. L'Apollo Lunar Journal indica l'uscita di Armstrong sul portello esterno alle 109:19:16.
Quindi, una volta arrivati, gli astronauti hanno trascorso circa sette ore all'interno del LM, per poi scendere a calpestare il suolo lunare. Qui hanno svolto varie attività, fra cui la storica posa della bandiera, le foto-ricordo, le riprese video dei primi passi a gravità ridotta, le immagini dell'impronta umana sulla luna, ed infine una serie di esperimenti scientifici (ALSEP).
Sono quindi rientrati nel LM, ed alle 111:39:13 Alrdrin ha comunicato a Houston che il portello era stato richiuso e sigillato.
Sono quindi passate, dal momento dell'uscita, due ore abbondanti, e dopo altre due ore circa il Lem è ripartito alla volta della Terra. Questo porta quindi il totale di permanenza sulla Luna di Apollo 11 a circa 12 ore complessive, durante le quali il sole non dovrebbe aver cambiato posizione, sull'orizzonte, di più di 5-6° al massimo. Praticamente fermo.
Lunghezza delle ombre
Più in generale, i sei viaggi sono stati effettuati - ci dice sempre la NASA - in modo da far allunare il Lem, ogni volta, vicino alla "linea d'ombra" fra giorno e notte lunari, cioè con il sole appena sopra l'orizzonte. Questo spiega perchè, nella stragrande maggioranza delle foto, le ombre degli astronauti risultino particolarmente lunghe, proprio come quelle che si registrano sulla Terra col sole basso sull'orizzonte, subito dopo l'alba o subito prima del tramonto.
Teniamo presente questi elementi generali, perchè ci serviranno più avanti da supporto, nel corso dell'analisi delle fotografie.
TEMPERATURE E RADIAZIONI COSMICHE
Per ignoranza, o per abitudine, noi siamo abituati a considerare lo spazio cosmico come un "vuoto" assoluto. In realtà questo spazio è attraversato costantemente da poderose radiazioni solari, milioni di volte più forti di quelle che noi rivceviamo, filtrate dall'atmosfera, sulla Terra. Basti pensare alla differenza che si registra sulla nostra pelle se passiamo un'ora al sole nel tardo pomeriggio (quando i raggi solari ci arrivano in diagonale, e sono quindi maggiormennte filtrati dall'atmostera), e un'ora passata al sole a mezzogiorno (quando invece i raggi ci colpiscono in perpendicolare, ed attraversano uno strato più sottile di atmosfera).
Questo signore deve aver protratto un pò troppo a lungo la sua permanenza al sole, in alta montagna. E' bastato lo scarto di densità atmosferica che c'è con i livello del mare, per ridurlo in quelle condizioni.
Pensiamo ora di togliere del tutto il filtro atmosferico, e di passare un paio d'ore con il volto esposto ai raggi solari, protetti soltanto dallo schermo del casco. Per quanto filtrante possa essere il suo materiale trasparente, non è certo pensabile di poter passare più di un paio di secondi alla diretta luce del sole, senza friggere come cotechini. Al di là della radiazioni cosmiche, infatti, la superficie lunare raggiunge al sole delle temperature medie fra i cento e i duecento gradi centigradi, mentre all'ombra le temperature si abbattono drasticamente sotto i meno-cento gradi centigradi.
Come fa quindi questo astronauta a prendersi direttamente in faccia quei poderosi raggi solari, infischiandosene altamente? La NASA ci racconta che all'interno le tute sarebbero "refrigerate", ma la pelle è la pelle, e i raggi solari li riceve direttamente in faccia. Gli astronauti inoltre passano continuamente dalla luce all'ombra, subendo ogni volta uno scarto di irradiazione termica di quasi duecento gradi. Duecento, non venti. Se le tute fossero davvero "refrigerate", non appena gli astonauti passano all'ombra dovrebbero congelare come merluzzi del supermercato.
(Ad oggi inoltre non si conosce nessuna tecnologia in grado di raffreddare l'interno di una tuta, chiusa ermeticamente, senza un qualunque compressore/decompressore che si preoccupi di trasformare e disperdere il calore. Bisognerebbe infine spiegare come sia possiblie disperdere calore direttamente nel vuoto atmosferico.)
Ecco infatti una tabella, che mostra con chiarezza l'escursione termica a cui sarebbero soggetti degli astronauti sulla superficie lunare.
Escursione termica
Sulla Luna, non essendici atmosfera (che la avviluppa e "trattiene" il calore), gli oggetti si scaldano solo per irradiazione (o riflessione), ma non per diffusione.
Questo fa sì che lo scarto di temperatura fra luce e ombra sulla Luna sia molto più forte che non sulla Terra. Nel diagramma si vede la differenza fra l'escursione termica media ("mean") sulla Terra (in celeste), al Polo Sud (bianco), sulla Luna (in grigio), e su Marte (rosso). Come vedete, sulla Terra si può andare da circa 60° centigradi a meno 90°, mentre sulla Luna si possono raggiungere i 100° al sole, con una brutale caduta, all'ombra, di 140° sotto zero.
Se pensiamo a cosa si prova d'estate, usendo dall'acqua bagnati, nel passare dal sole all'ombra (dove lo scarto sarà al massimo di 10-15° centigradi), diventa difficile immaginare come abbiano potuto gli astronauti passare continuamente dal sole all'ombra, sulla Luna, senza accusare nessun problema.
LE MAGICHE HASSELBLAD
Un'altro problema, creato dal forte scarto termico, è quello delle condizioni fisiche della pellicola, che a quanto ci è detto era un' emulsione particolarmente sottile (per ottenere più scatti) del famoso Ektachrome 64/160. (L'unica alternativa valida, in quegli anni, era il Kodachrome 25, di definizione molto maggiore, ma probabilmente troppo lento per fotografare senza cavalletto).
Ora, a molti di voi sarà capitato di dimenticare la macchina fotografica sul cruscotto della macchina, al sole d'estate, con risultati sulla pellicola molto simili agli effetti speciali dei filmacci horror televisivi. Per quanto sulla Luna, come già detto, non vi sia diffusione del calore, le parti, all'interno della macchina, si toccano tutte, ed è quindi impensabile che l'involucro esterno raggiunga anche solo i cento gradi, ma la pellicola rimanga sotto i 30 gradi necessari per non iniziare a decomporsi.
Ma veniamo ora ai problemi veri e propri che si riscontrano nella fotografie scattate sulla Luna.
Il "problema del controluce" è uno dei problemi fondamentali che ricorrono un pò dovunqe, nelle foto delle varie spedizioni lunari. Vale quindi la pena di capirne a fondo i termini, per poter apprezzare meglio i difetti - vistosissimi all'occhio dell'esperto - delle fotografie lunari. (Questa spiegazione tecnica è soprattutto per chi non sia molto esperto di fotografia. Chi è già pratico può anche saltare direttamente alle foto incriminate).
Realizzare foto in controluce è da sempre stato un piacere e una dannazione insieme, per qualunque fotografo al mondo. Piacere, perchò di solito una persona risulta molto piu "bella" quando il suo volto non riceve direttamente in faccia i raggi solari (che creano brutte ombre sotto mento, naso, bocca ecc.), dannazione perchè il controluce ti obbliga sempre ad un compromesso, nel quale devi scegliere se esporre* per il soggetto in primo piano, che è in ombra - cioè illuminato solo dalla rifrazione della luce circostante - oppure per lo sfondo, che è invece illuminato direttamente dal sole.
Il compromesso impossibile
Ecco un classico esempio, in cui il fotografo ha eseguito due scatti, alla ricerca del miglior compromesso fra luce e ombra.
In ambedue i casi, i risultati sono insoddisfacenti. A sinistra, col diaframma più chiuso, lo sfondo è giusto, ma il soggetto è troppo scuro (in questo caso si dice che il fotografo "ha esposto per le luci", cioè ha dato la corretta impostazione al diaframma rispetto alle parti più luminose dell'immagine. A destra, aprendo invece il diaframma (esponendo "per le ombre"), il soggetto diventa accettabile, ma lo sfondo risulta troppo chiaro. Se si aprisse ancora il diaframma, per vedere ancora meglio il soggetto in ombra, lo sfondo diventerebbe completamente bianco.
Ecco altri due esempi di fotografie in controluce, esposte "per le luci".
Nonostante il gruppo di ragazzi abbia davanti la sabbia illuminata dal sole, e l'orso stia addirittura sulla neve, il terreno circostante non è in grado di riflettere luce a sufficienza per schiarire la parte in ombra delle loro figure (anche perchè la luce "rimbalza via" lontano da loro).
Come già detto però, per la figura umana i risultati sono mille volte migliori in controluce, poichè il soggetto è illuminato in maniera uniforme, e si evitano le profonde ombre che la luce del sole disegna impietosamente sul volto delle persone.
I PROFESSIONISTI
Per poter quindi fotografare la modella in controluce, i professionisti della moda ricorrono a diverse soluzioni tecniche, che implicano un equipaggiamento supplementare, una certa esperienza, e soprattutto degli aiutanti sul campo. Il metodo più comune è quello di usare dei grandi pannelli riflettenti, da posizionare accanto alla macchina fotografica, che rimandino verso il soggetto abbastanza luce solare da poterne pareggiare la luminosità con quella dello sfondo. (Importante: tali pannelli, per illuminare a sufficienza il soggetto, devono essere grandi almeno quanto il soggetto stesso). Ecco uno schema grafico, visto dall'alto:
Ed infatti, nella maggioranza dei casi, le foto degli astronauti sono così:
Quando le zone il luce sono esposte correttamente, quelle in ombra risultano praticamente nere. Come possiamo vedere quindi, Terra o Luna non fa una gran differenza, anche perchè il sole che ci illumina è lo stesso. (Queste foto in realtà sono state scattate sulla Terra, ma di notte - oppure in studio - e senza l'ausilio di pannelli riflettenti. Risultano quindi "giuste", ovvero come dovrebbero venire se fossero scattate sulla Luna).
Ma come si spiegano, a questo punto, altre foto lunari in cui di colpo le zone d'ombra sono leggibilissime, pur restando leggibile anche lo sfondo illuminato dal sole? Ecco alcuni degli esempi più eclatanti:
PRIMO PROBLEMA - CONTROLUCE E ZONE D'OMBRA
In una situazione lunare, con i contrasti forti e le ombre nette che abbiamo descritto, diventa praticamente impossibile spiegare da che cosa possa essere illuminata una qualunque zona d'ombra, come avviene in queste foto (Apollo 14), o in tante altre molto simili.
C' è pochissima differenza di esposizione fra la tuta dell'astronauta e il terreno retrostante (ovvero, qui magicamente sarebbe stato risolto il "compromesso impossibile", senza assistenti e senza pannelli riflettenti), e ci sono addirittura, in piena ombra, dei forti riflessi sulle parti metalliche, che non possono in nessun modo originare dalla luce "diffusa" circostante. Ricordiamo infatti che sulla Luna non c'è atmosfera, e non c'è quindi nemmeno quell'effetto di rifrazione atmosferica che troviamo sulla Terra.
Anche qui (Apollo 15) non c'erano oggetto voluminosi, in vicinanza del LEM, che potessero riflettere così tanta luce sulla parte in ombra. Non si spiegano quindi la luminosità, nè il contrasto, nè soprattutto quei forti riflessi nella protezione di alluminio. Che cosa genera quei riflessi? Che si tratti del terreno stesso, come abbiamo già visto con l'esempio dell'orso sulla neve, è tassativamente da escludere: qui non solo non c'è rifrazione nelle particelle di atmosfera, ma la luce è addirittura più radente ancora, e quindi "rimbalza" più lontano dal LEM (cioè verso di noi).
Richiamiamo infine l'attenzione su quello che dovrebbe essere il sole. A parte le dimensioni particolarmente striminzite (molto più vicine a quelle di un "bruto" da cinema, in realtà), puntare un obiettivo Leitz direttamente verso il sole, in mancanza inoltre di filtro atmosferico, equivale a "bruciare" completamente la pellicola in sovraespoisizione, a meno di chiudere il diaframma praticamente a zero. Ma in quel caso non si dovrebbe vedere assolutamente nulla delle zone in ombra del LEM. Provate a scattare una qualunque fotografia, che inquadri direttamente il sole, e poi osservate cosa si riesce a vedere nelle zone d'ombra degli oggetti compresi nell'inquadratura (sempre a causa del famoso "compromesso impossibile", spiegato più sopra).
Questi sono solo due esempi, fra i tantissimni che si riscontrano nelle serie fotografiche delle varie missioni lunari. La tentazione di "aiutare" l'immagine, schiarendo le zone in ombra senza sacrificare l'esposizione dello sfondo, illuminato dal sole, ha spesso tradito gli autori di questi evidenti falsi fotografici.
Esistono, nella fotografia di moda, svariati sistemi per "andare alle Maldive" senza dover ogni voltra andare alle Maldive. Eccone alcuni esempi, che funzionano in maniera diversa. Il primo a sinistra è un semplice fotomontaggio digitale, ovvero la foto della modella, fatta in studio, è sovrapposta ad un altra, scattata al mare. Il secondo è una plancia di supporto, su cui siede la modella (sempre in studio), mentre alle sue spalle viene proiettata una diapositiva. Il terzo infine è un semplice fondale colorato, che ricorda uno spazio aperto senza pretendere di ingannare nessuno.
Ma in ciascun caso è ovvio che si tratti di sistemi limitati, nei quali comunque il trucco, ovvero "la giunta" fra l'immagine in primo piano e l'ambiente sullo sfondo, si vede chiaramente.
E se è difficile oggi, con le tecnologie più moderne, riuscire a spacciare una foto in studio per una in esterni, figuriamoci trent'anni fa, quando gli unici strumenti a disposizione, oltre alle mani dello stampatore sotto l'ingranditore, erano le forbici e il cartoncino.
Per produrre sulla Terra foto simili a quelle che si otterrebbero sulla Luna, si possono usare almeno tre metodi diversi:
Il primo è quello di fotografare gli astronauti in studio con luce artificiale (i potenti "spot" da cinema), che imitino la luce del sole, in un ambiente ricreato appositamente. Come nei film di Fellini, dove la spiaggia di Rimini stava tutta dentro lo studio 5 di Cinecittà. (Nella foto accanto, la "palestra" originale degli astronauti, ricreata in studio).
Il secondo è quello di fotografarli sempre con potenti spot da cinema, ma in esterni, di notte, in situazioni desertiche somiglianti a quelle lunari (es. più sotto).
Il terzo infine è quello di fotografarli sempre in esterni, nelle stesse situazioni desertiche, ma di giorno, ritagliando poi in sede di stampa la parte di cielo e nuvole, e sostituendola con del nero qualunque (es. più sotto).
Ma in ciascun caso, indipendentemente dal metodo usato, va poi aggiunto in sede di stampa uno sfondo di tipo lunare "lontano" (la famosa diapositiva dei tropici, alle spalle delle modelle), che ovviamente non può essere presente nè in studio, nè in eventuali scorci di deserto che si siano trovati sulla Terra.
Qui scatta
IL PROBLEMA DELLO SFONDO: IL "DAVANTI", E IL "DIETRO"
Lasciamo la parola alle immagini.
Nella stragrande maggioranza delle foto lunari, la linea di giunta attraversa tutto il fotogramma, da parte a parte, e così le foto risultano la somma evidente di due metà ben distinte, senza nessuna zona di continuità che leghi i due piani. Si noti infine la differenza di colorazione fra i due terreni giustapposti.
Vi sono molti casi in cui gli astronauti hanno voluto documentare l'intera zona in cui si trovavano, con una panoramica a 360 gradi (fatta giustapponendo diversi scatti singoli). Il problema a questo punto diventa macroscopico, poichè di colpo ci si accorge di essere allunati ...
... su uno stranissimo plateau rialzato, separato dal mondo circostante da una vallata circolare, che però sulle mappe degli allunaggi non appare affatto!
Per vedere l'immagine panoramica in dimensioni reali andate qui (180 kb). (ATTENZIONE: Internet Explorer spesso riduce automaticamente le dimensioni di un'immagine che sia più larga dello schermo. Accertarsi di stare vedendo l'originale, che è largo almeno 5 volte la schermata del computer).
IL PROBLEMA DEL CONO DI LUCE
Questo è forse, fra tutti, il problema che condanna le foto lunari senza possibilità di scampo. Se si utilizzano gli spot da cinema di notte, sia in studio che in esterni, bisogna avere l'accortezza di usarne uno solo, per evitare doppie ombre. Questa purtroppo è una limitazione che ti permette di illuminare una zona di terreno limitata.
Tutto intorno al cono di luce proiettato dallo spot, infatti, si verificherà una zona di ombra progressiva, fino al buio assoluto. Ed ecco cosa succede, in tali condizioni, se si allarga un pò troppo l'inquadratura.
La parte di terreno più lontana dal soggetto risulta degradare verso l'ombra, mentre, se davvero ad illuminare fosse il sole, tutto il terreno dovrebbe risultare illuminato in maniera uniforme. Come ad esempio in questa immagine, a noi molto piu familiare, della pianura padana:
Come spiegare allora quell'ombra tutto intorno?
Ecco sotto la corrispondente panoramica a 360 gradi, che mostra l'intera zona di allunaggio di Apollo 11. E' praticamente piatta. Non vi erano quindi nelle vicinanze del LEM ostacoli o colline di alcun genere, che potessero proiettare ombre di quel tipo sul terreno circostante.
Accortisi probabilmente del difetto clamoroso, gli stessi responsabili NASA devono aver deciso di correggere il tiro, poichè da un certo punto in poi hanno iniziato a comparire sempre più foto fatte con il terzo metodo, quello delle foto scattate di giorno in esterni, con il cielo rimosso in seguito. Qui finalmente il terreno risulta tutto illuminato uniformemente, come dovrebbe essere.
La foto originale probabilmente era qualcosa di molto simile all'immagine sotto (noi abbiamo fatto il percorso inverso, aggiungendo un cielo qualunque a quella "lunare" sopra:
Sotto un altro esempio del procedimento che si userebbe scattando nel deserto di giorno, per rimpiazzare poi lo sfondo terrestre con il "buio" spaziale. Si scatta la foto "dietro casa"...
... e poi in camera oscura si cancella il cielo. (Noi qui abbiamo nuovamente fatto il percorso inverso, aggiungendo un cielo qualunque alla foto "lunare" della NASA). In fondo, il trucco è semplice.
Il problema è che ormai le prime foto, quelle con il "cono di luce", avevano fatto il giro del mondo.
NOTA: Una della accuse che viene invece rivolta erroneamente alla NASA, è quella di aver "dimenticato" di mostrare le stelle nel cielo lunare. E' invece corretto che non compaiano, poichè il diaframma imposto dalla luce solare, non filtrata dall'atmostefa, dovrebbe tranquillamente raggiungere valori tali per cui le stelle, più deboli e lontane, non si vedrebbero comunque.
Ecco infine un'altra immagine, che riassume almeno tre degli errori visti finora. Potete provate a vederli da soli, prima di continuare a leggere:
1) Sole particolarmente "anemico" (che ti permette addirittura un diaframma sufficiente a leggere le ombre, pur inquadrandolo direttamente!), 2) La zona in ombra illuminata da riflessi del tutto ingiustificati (il "compromesso impossibile" del controluce), e 3) il vistoso cono di luce al centro dell'immagine, dove il terreno risulta molto più chiaro che non ai lati (frecce gialle).
In preparazione la V PARTE.
Massimo Mazzucco
http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=19&page=4
Il quadro storico
Nel 1962 la tensione fra America e Russia era giunta ai massimi livelli. All'apice della guerra fredda, c'era stata la crisi dei missili di Cuba, che aveva portato Kruschev e Kennedy a giocarsi la partita su un bluff e contro-bluff a livello mondiale, vinto dal secondo a rischio di uno scontro atomico.
Russia e America, semplicemente, stavano cercando di dividersi il mondo.
In tutto questo, l'America era partita nettamente in ritardo nella corsa allo spazio, e mentre loro erano appena riusciti a mettere in orbita uno scimpanzè, sulle loro teste passava beffardo il "cosmonauta" Yuri Gagarin, che diventava così il primo essere umano ad essere uscito dall'atmosfera terrestre. Qualche mese dopo, Kennedy rilanciava a sorpresa, annunciando che l'America avrebbe "messo un uomo sulla Luna prima della fine del decennio". Quello che accadde dopo, fra lui e i dirigenti NASA, ha cominciato ad emergere soltanto negli ultimi anni, ma pare che sia stato un vero e proprio putiferio. Sarebbe infatti impossibile, a detta di ogni scienziato che si rispetti, che un qualunque essere vivente attraversi addirittura le Fasce di Van Allen, altrochè arrivare sulla Luna. (Le F. sono una stretta e poderosa cintura di radiazioni, che va da un polo all'altro della Terra, e che a sua volta protegge la Terra dalle radiazioni cosmiche, ma alla quale è impensabile per noi anche solo avvicinarsi. Ci hanno provato, negli ultimi anni, gli astronauti dello Shuttle, con risultati ben poco confortanti). |
Non sappiamo quindi in che momento esatto possa esser nata l'idea di "fingere il tutto", ma fra quel giorno e il fatidico 1969 - scadenza dell'impegno preso pubblicamente da Kennedy- qualcuno deve di sicuro averci almeno pensato.
In assenza di piazze, nelle quali convergere nei momenti di crisi, per la prima volta in quel Novembre del '63 gli americani, schoccati dall'assassinio del presidente, si erano riuniti attorno al "focolare elettronico", che da quel momento divenne per tutti la nuova "realtà". Fu così che quando, nel '69, la TV ci mostrò degli uomini sulla Luna, divenne automaticamente "vero" per tutto il mondo che l'uomo fosse andato sulla Luna. Lo aveva detto la TV. |
Prima obiezione - il "grande segreto"
Prima di tutto, non è affatto vero che sia necessario coinvolgere "migliaia", o anche solo "centinaia" di persone, nella colossale bugia. Anzi, molti degli addetti ai lavori sarebbero stati proprio le prime vittime di questo mastodontico inganno: a differenza di quello che si crede, le comunicazioni in diretta fra Apollo 11 e "Houston" erano avvenute soltanto per i primi dieci/quindici minuti dopo il lancio del Saturno. Dopodichè, per qualche motivo non chiaro, il ponte radio era stato rilevato da una misteriosa "stazione secondaria", lontana da Houston, che rimandava a sua volta le comunicazioni alla sala di controllo. Ovvero, le centinaia di persone che abbiamo visto alzarsi e applaudire all'unisono, al "touchdown" lunare di Apollo, in tutta probabilità stavano guardando lo stesso nastro registrato che abbiamo visto tutti noi.
(L'ipotesi più diffusa è che gli astronauti siano partiti davvero con il Saturno, e abbiano poi passato una settimana in orbita terrestre - mentre noi vedevamo lo spettacolo preregistrato dalla Luna- per poi riprendere la commedia "in diretta", al momento dell'ammaraggio nel Pacifico. E' noto al proposito l'episodio di un radioamatore australiano che avrebbe sentito chiaramente delle conversazioni fra astronauti e personale di terra, in un momento in cui la navicella doveva trovarsi addirittura dietro al lato coperto della Luna. L'altra ipotesi è che invece non fossero mai partiti con il Saturno, e che al momento del rientro siano stati trasportati in quota da un C-130, che li avrebbe sganciati sul Pacifico all'interno della loro navicella).
In ogni caso, diventa più facile spiegare quella strana espressione "agrodolce" che si nota spesso su tutti i "terzetti" di ritorno dalla missioni lunari. Il più delle volte, sembra più che altro che gli sia morto il gatto.
Questi sono Armstrong, Aldrin e Collins (in "quarantena", dopo l'ammaraggio), che vengono ricevuti e complimentati nientedimeno che da Nixon in persona. D'accordo, saranno anche stanchi, ma capita davvero tutti i giorni di tornare dalla Luna, e di incontrare il tuo presidente, per fare quella faccia?
Al di lì di quale sia il numero esatto di persone al corrente della messinscena, vi è un meccanismo, che si può definire "bugia nella bugia", che permette di salvaguardare un segreto di questo genere per lungo tempo, e nonostante le molte persone coinvolte. Bisogna che ciascuno di loro sia convinto che dalla salvaguardia di quel segeto derivi, ad esempio, la sicurezza nazionale ("se non fingiamo di arrivare per primi sulla Luna, i russi ci batteranno e domineranno il mondo"), ed ecco che i migliori difensori della bugia diventano proprio coloro che ne sono stati le prime vittime.
Certo, non sempre funziona, e non con tutti, specialmente quando di mezzo ci siano l'orgoglio, la passione, l'integrità e la professionalità di gente che ha dedicato la vita inseguendo un sogno, che di colpo gli si rivela impossibile. Ma la storia della NASA è anche costellata di strani "incidenti", nei quali hanno perso la vita astronauti che, casualmente, avrebbero manifestato un certo fastidio nell'essere stati "incastrati" in un meccanismo dal quale, ovviamente, non potevano più uscire.
Un pò come la mafia: quando ne conosci i segreti, ne fai parte anche tu per sempre.
Nelle immagini a lato, forse l'episodio più significativo di tutti. Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee erano i primi tre astronauti che avrebbero dovuto inaugurare il ciclo delle missioni Apollo.
Ma Apollo 1 non si levò mai da terra, poichè i tre morirono carbonizzati in uno stranissimo incidente durante una simulazione, nel quale nessuno dei mille tecnici presenti riuscì ad aprire il portello della capsula, mentre i tre soffocavano tragicamente al suo interno. Le cause effettive dell'incidente non furono mai chiarite.
Altri astronauti sono morti in circostanze non chiare, e fra questi anche due dei dodici che fecero ritorno dalla Luna. Ma questa non vuole essere un'indagine di carattere criminale, e ci accontentiamo di aver detto che vi sono molti casi sospetti, nell'arco dell'intera storia del progetto Apollo. LA NASA è in realtà un braccio militare "travestito" da civile, e non ci è quindi difficile credere che, di fronte ad interessi di queste dimensioni, non si stia a guardare troppo per il sottile per garantirne la realizzazione.
Approfittiamo per suggerire un'ulteriore, eventuale "vantaggio" che sarebbe derivato alla NASA dalla finzione dei viaggi lunari. Come già detto, stiamo parlando in realtà del braccio spaziale della difesa americana, ed i miliardi di dollari che il Congresso ha erogato in quel periodo, per andare sulla Luna, furono veri. Se quindi fu necessario spenderne solo una minima parte, per "andare" sulla Luna, qualche altro buon uso, "in nero" oltretutto, per i finanziamenti rimanenti lo avranno certo trovato. Al Pentagono la fantasia non è mai mancata, in quel senso.
Seconda obiezione - il silenzio dei russi
Anche qui, ovviamente, possiamo fare solo ipotesi. La prima è quella di immaginare che reazione ci sarebbe stata, nel mondo, se davvero al ritorno di Armstrong dalla Luna i russi avessero detto "non è vero!" Gli avremmo davvero creduto, nel momento in cui i veri sconfitti nella corsa allo spazio diventavano proprio loro? Non ci avrebbero fatto invece la figura della volpe con l'uva?
Ma il vero motivo del loro silenzio probabilmente è molto più profonodo, e molto più realistico. Una volta resisi conto di essere stati "fregati" dal bluff di Kennedy, per il rischio che correvano nel denunciarlo dalla loro particolarissima posizione, perchè non cercare invece un "compromesso" utile, come ad esempio un programma spaziale congiunto, in cui loro avrebbero avuto solo da guadagnare? (Dopo la partenza folgorante, il programma spaziale russo si era completamente arenato, probabilmente per mancanza di fondi).
Sarò un caso, ma nasce proprio in quegli anni il programma Apollo-Soyuz, che si è poi evoluto fino a portare insieme astronauti russi e americani nello spazio. Non fosse stato per la navicella di emergenza russa, dopo il recente disastro dello Shuttle Columbia, i tre astronauti americani che erano rimasti nella stazione orbitante non avrebbero avuto modo di rientrare sulla terra.
E così, mentre il popolo americano festeggiava la vittoria sul quello russo, i veri sconfitti erano le popolazioni di ambedue i continenti, alle quali fu fatta trangugiare una bugia storica di dimensioni colossali. Come sempre, i potenti si mettono d'accordo sopra le nostre teste, e i fessi restiamo comunque noi.
Al di lì di quale sia il numero esatto di persone al corrente della messinscena, vi è un meccanismo, che si può definire "bugia nella bugia", che permette di salvaguardare un segreto di questo genere per lungo tempo, e nonostante le molte persone coinvolte. Bisogna che ciascuno di loro sia convinto che dalla salvaguardia di quel segeto derivi, ad esempio, la sicurezza nazionale ("se non fingiamo di arrivare per primi sulla Luna, i russi ci batteranno e domineranno il mondo"), ed ecco che i migliori difensori della bugia diventano proprio coloro che ne sono stati le prime vittime.
Certo, non sempre funziona, e non con tutti, specialmente quando di mezzo ci siano l'orgoglio, la passione, l'integrità e la professionalità di gente che ha dedicato la vita inseguendo un sogno, che di colpo gli si rivela impossibile. Ma la storia della NASA è anche costellata di strani "incidenti", nei quali hanno perso la vita astronauti che, casualmente, avrebbero manifestato un certo fastidio nell'essere stati "incastrati" in un meccanismo dal quale, ovviamente, non potevano più uscire.
Un pò come la mafia: quando ne conosci i segreti, ne fai parte anche tu per sempre.
Nelle immagini a lato, forse l'episodio più significativo di tutti. Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee erano i primi tre astronauti che avrebbero dovuto inaugurare il ciclo delle missioni Apollo.
Ma Apollo 1 non si levò mai da terra, poichè i tre morirono carbonizzati in uno stranissimo incidente durante una simulazione, nel quale nessuno dei mille tecnici presenti riuscì ad aprire il portello della capsula, mentre i tre soffocavano tragicamente al suo interno. Le cause effettive dell'incidente non furono mai chiarite.
Altri astronauti sono morti in circostanze non chiare, e fra questi anche due dei dodici che fecero ritorno dalla Luna. Ma questa non vuole essere un'indagine di carattere criminale, e ci accontentiamo di aver detto che vi sono molti casi sospetti, nell'arco dell'intera storia del progetto Apollo. LA NASA è in realtà un braccio militare "travestito" da civile, e non ci è quindi difficile credere che, di fronte ad interessi di queste dimensioni, non si stia a guardare troppo per il sottile per garantirne la realizzazione.
Approfittiamo per suggerire un'ulteriore, eventuale "vantaggio" che sarebbe derivato alla NASA dalla finzione dei viaggi lunari. Come già detto, stiamo parlando in realtà del braccio spaziale della difesa americana, ed i miliardi di dollari che il Congresso ha erogato in quel periodo, per andare sulla Luna, furono veri. Se quindi fu necessario spenderne solo una minima parte, per "andare" sulla Luna, qualche altro buon uso, "in nero" oltretutto, per i finanziamenti rimanenti lo avranno certo trovato. Al Pentagono la fantasia non è mai mancata, in quel senso.
Seconda obiezione - il silenzio dei russi
Anche qui, ovviamente, possiamo fare solo ipotesi. La prima è quella di immaginare che reazione ci sarebbe stata, nel mondo, se davvero al ritorno di Armstrong dalla Luna i russi avessero detto "non è vero!" Gli avremmo davvero creduto, nel momento in cui i veri sconfitti nella corsa allo spazio diventavano proprio loro? Non ci avrebbero fatto invece la figura della volpe con l'uva?
Ma il vero motivo del loro silenzio probabilmente è molto più profonodo, e molto più realistico. Una volta resisi conto di essere stati "fregati" dal bluff di Kennedy, per il rischio che correvano nel denunciarlo dalla loro particolarissima posizione, perchè non cercare invece un "compromesso" utile, come ad esempio un programma spaziale congiunto, in cui loro avrebbero avuto solo da guadagnare? (Dopo la partenza folgorante, il programma spaziale russo si era completamente arenato, probabilmente per mancanza di fondi).
Sarò un caso, ma nasce proprio in quegli anni il programma Apollo-Soyuz, che si è poi evoluto fino a portare insieme astronauti russi e americani nello spazio. Non fosse stato per la navicella di emergenza russa, dopo il recente disastro dello Shuttle Columbia, i tre astronauti americani che erano rimasti nella stazione orbitante non avrebbero avuto modo di rientrare sulla terra.
La giornata lunare
Una cosa fondamentale da tenere sempre presente, è che sulla Luna non ci sono le "giornate" come da noi, dove nell'arco di 12 ore ore si passa dal giorno alla notte piena, e poi di nuovo al giorno in altre 12 ore. Un intero giorno lunare, cioè il tempo che passa fra un'alba e l'altra sul nostro satellite, sulla Luna dura circa un mese (un giro intero intorno alla Terra). Quindi, se sulla Luna il sole sorge ad un qualunque punto dell'orizzonte, dopo 24 ore si sarà mosso, lungo il suo arco di rotazione, di soli 12° circa (12° x 30 giorni fa 360°, cioè un giro completo). Si è quindi in una specie di "tempo sospeso", dal momento dell'arrivo a quello della partenza, in cui la luce rimane praticamente immutata.
Vediamo ora il giornale di bordo di Apollo 11. Il LM (modulo lunare), chiamato Eagle, è allunato, secondo i dati ufficiali della NASA, alle ore 102:45:48. (Nella cronologia delle missioni la NASA usa il conteggio delle ore, dal momento della partenza dalla Terra, e non i giorni, proprio per il motivo visto sopra). Ecco l'estratto dell'Apollo Lunar Journal che riporta il momento in cui Armstrong ha comunicato che l'allunaggio era avvenuto. (Cliccare sull'immagine per la pagina originale, sul sito NASA).
Veniamo ora alla storica sortita sul suolo lunare dei primi due astronauti, avvenuta circa 7 ore dopo. L'Apollo Lunar Journal indica l'uscita di Armstrong sul portello esterno alle 109:19:16.
Quindi, una volta arrivati, gli astronauti hanno trascorso circa sette ore all'interno del LM, per poi scendere a calpestare il suolo lunare. Qui hanno svolto varie attività, fra cui la storica posa della bandiera, le foto-ricordo, le riprese video dei primi passi a gravità ridotta, le immagini dell'impronta umana sulla luna, ed infine una serie di esperimenti scientifici (ALSEP).
Sono quindi rientrati nel LM, ed alle 111:39:13 Alrdrin ha comunicato a Houston che il portello era stato richiuso e sigillato.
Sono quindi passate, dal momento dell'uscita, due ore abbondanti, e dopo altre due ore circa il Lem è ripartito alla volta della Terra. Questo porta quindi il totale di permanenza sulla Luna di Apollo 11 a circa 12 ore complessive, durante le quali il sole non dovrebbe aver cambiato posizione, sull'orizzonte, di più di 5-6° al massimo. Praticamente fermo.
Lunghezza delle ombre
Più in generale, i sei viaggi sono stati effettuati - ci dice sempre la NASA - in modo da far allunare il Lem, ogni volta, vicino alla "linea d'ombra" fra giorno e notte lunari, cioè con il sole appena sopra l'orizzonte. Questo spiega perchè, nella stragrande maggioranza delle foto, le ombre degli astronauti risultino particolarmente lunghe, proprio come quelle che si registrano sulla Terra col sole basso sull'orizzonte, subito dopo l'alba o subito prima del tramonto.
Teniamo presente questi elementi generali, perchè ci serviranno più avanti da supporto, nel corso dell'analisi delle fotografie.
TEMPERATURE E RADIAZIONI COSMICHE
Per ignoranza, o per abitudine, noi siamo abituati a considerare lo spazio cosmico come un "vuoto" assoluto. In realtà questo spazio è attraversato costantemente da poderose radiazioni solari, milioni di volte più forti di quelle che noi rivceviamo, filtrate dall'atmosfera, sulla Terra. Basti pensare alla differenza che si registra sulla nostra pelle se passiamo un'ora al sole nel tardo pomeriggio (quando i raggi solari ci arrivano in diagonale, e sono quindi maggiormennte filtrati dall'atmostera), e un'ora passata al sole a mezzogiorno (quando invece i raggi ci colpiscono in perpendicolare, ed attraversano uno strato più sottile di atmosfera).
Questo signore deve aver protratto un pò troppo a lungo la sua permanenza al sole, in alta montagna. E' bastato lo scarto di densità atmosferica che c'è con i livello del mare, per ridurlo in quelle condizioni.
Pensiamo ora di togliere del tutto il filtro atmosferico, e di passare un paio d'ore con il volto esposto ai raggi solari, protetti soltanto dallo schermo del casco. Per quanto filtrante possa essere il suo materiale trasparente, non è certo pensabile di poter passare più di un paio di secondi alla diretta luce del sole, senza friggere come cotechini. Al di là della radiazioni cosmiche, infatti, la superficie lunare raggiunge al sole delle temperature medie fra i cento e i duecento gradi centigradi, mentre all'ombra le temperature si abbattono drasticamente sotto i meno-cento gradi centigradi.
Come fa quindi questo astronauta a prendersi direttamente in faccia quei poderosi raggi solari, infischiandosene altamente? La NASA ci racconta che all'interno le tute sarebbero "refrigerate", ma la pelle è la pelle, e i raggi solari li riceve direttamente in faccia. Gli astronauti inoltre passano continuamente dalla luce all'ombra, subendo ogni volta uno scarto di irradiazione termica di quasi duecento gradi. Duecento, non venti. Se le tute fossero davvero "refrigerate", non appena gli astonauti passano all'ombra dovrebbero congelare come merluzzi del supermercato.
(Ad oggi inoltre non si conosce nessuna tecnologia in grado di raffreddare l'interno di una tuta, chiusa ermeticamente, senza un qualunque compressore/decompressore che si preoccupi di trasformare e disperdere il calore. Bisognerebbe infine spiegare come sia possiblie disperdere calore direttamente nel vuoto atmosferico.)
Ecco infatti una tabella, che mostra con chiarezza l'escursione termica a cui sarebbero soggetti degli astronauti sulla superficie lunare.
Escursione termica
Sulla Luna, non essendici atmosfera (che la avviluppa e "trattiene" il calore), gli oggetti si scaldano solo per irradiazione (o riflessione), ma non per diffusione.
Questo fa sì che lo scarto di temperatura fra luce e ombra sulla Luna sia molto più forte che non sulla Terra. Nel diagramma si vede la differenza fra l'escursione termica media ("mean") sulla Terra (in celeste), al Polo Sud (bianco), sulla Luna (in grigio), e su Marte (rosso). Come vedete, sulla Terra si può andare da circa 60° centigradi a meno 90°, mentre sulla Luna si possono raggiungere i 100° al sole, con una brutale caduta, all'ombra, di 140° sotto zero.
Se pensiamo a cosa si prova d'estate, usendo dall'acqua bagnati, nel passare dal sole all'ombra (dove lo scarto sarà al massimo di 10-15° centigradi), diventa difficile immaginare come abbiano potuto gli astronauti passare continuamente dal sole all'ombra, sulla Luna, senza accusare nessun problema.
LE MAGICHE HASSELBLAD
Un'altro problema, creato dal forte scarto termico, è quello delle condizioni fisiche della pellicola, che a quanto ci è detto era un' emulsione particolarmente sottile (per ottenere più scatti) del famoso Ektachrome 64/160. (L'unica alternativa valida, in quegli anni, era il Kodachrome 25, di definizione molto maggiore, ma probabilmente troppo lento per fotografare senza cavalletto).
Ora, a molti di voi sarà capitato di dimenticare la macchina fotografica sul cruscotto della macchina, al sole d'estate, con risultati sulla pellicola molto simili agli effetti speciali dei filmacci horror televisivi. Per quanto sulla Luna, come già detto, non vi sia diffusione del calore, le parti, all'interno della macchina, si toccano tutte, ed è quindi impensabile che l'involucro esterno raggiunga anche solo i cento gradi, ma la pellicola rimanga sotto i 30 gradi necessari per non iniziare a decomporsi.
Ma veniamo ora ai problemi veri e propri che si riscontrano nella fotografie scattate sulla Luna.
Il "problema del controluce" è uno dei problemi fondamentali che ricorrono un pò dovunqe, nelle foto delle varie spedizioni lunari. Vale quindi la pena di capirne a fondo i termini, per poter apprezzare meglio i difetti - vistosissimi all'occhio dell'esperto - delle fotografie lunari. (Questa spiegazione tecnica è soprattutto per chi non sia molto esperto di fotografia. Chi è già pratico può anche saltare direttamente alle foto incriminate).
Realizzare foto in controluce è da sempre stato un piacere e una dannazione insieme, per qualunque fotografo al mondo. Piacere, perchò di solito una persona risulta molto piu "bella" quando il suo volto non riceve direttamente in faccia i raggi solari (che creano brutte ombre sotto mento, naso, bocca ecc.), dannazione perchè il controluce ti obbliga sempre ad un compromesso, nel quale devi scegliere se esporre* per il soggetto in primo piano, che è in ombra - cioè illuminato solo dalla rifrazione della luce circostante - oppure per lo sfondo, che è invece illuminato direttamente dal sole.
* Esposizione: Con qualunque tipo di macchina fotografica - automatica o manuale, a pellicola o digitale - prima di ogni scatto bisogna determinare la giusta quantità di luce che andrà a colpire la pellicola (o il sensore elettronico). Questo lo si fa regolando l'apertura del diaframma, ovvero il "buco" effettivo attraverso cui passa la luce. Troppa luce renderebbe la foto "bruciata" (slavata), troppo poca la renderebbe scura, o quasi nera. In gergo si dicono anche foto sovresposta e foto sottoesposta. "Esporre" quindi, significa determinare la quantità di luce che andrà a colpire la pellicola/sensore LCD.
Il diaframma degli obbiettivi fotografici funziona esattamemte come la pupilla dell'occhio umano, della quale in realtà è solo una rudimentale imitazione meccanica: aprendosi o chiudendosi a seconda delle situazioni, esso lascia passare la giusta quantità di luce che ci permetta sempre di vedere, senza per questo restare abbagliati. Quando noi passiamo dall'ombra al sole forte, inizialmente restiamo abbagliati, ma dopo un pò ci abituiamo. E' la nostra pupilla che nel frattempo si è chiusa, lasciando passare meno luce. Lo stesso accade quando passiamo dalla luce forte alla penombra: all'inizio è tutto buio, poi, man mano che la pupilla si apre, si comincia a vedere meglio. Il diaframma delle macchine fotografiche funziona nello stesso identico modo. Ma lo scatto fotografico è unico, e nelle situazioni di controluce - dove hai troppa luce "dietro", e troppo poca "davanti" - è praticamente impossibile trovare un compromesso che non sacrifichi o il soggetto in ombra, o lo sfondo illuminato dal sole. |
Il compromesso impossibile
Ecco un classico esempio, in cui il fotografo ha eseguito due scatti, alla ricerca del miglior compromesso fra luce e ombra.
In ambedue i casi, i risultati sono insoddisfacenti. A sinistra, col diaframma più chiuso, lo sfondo è giusto, ma il soggetto è troppo scuro (in questo caso si dice che il fotografo "ha esposto per le luci", cioè ha dato la corretta impostazione al diaframma rispetto alle parti più luminose dell'immagine. A destra, aprendo invece il diaframma (esponendo "per le ombre"), il soggetto diventa accettabile, ma lo sfondo risulta troppo chiaro. Se si aprisse ancora il diaframma, per vedere ancora meglio il soggetto in ombra, lo sfondo diventerebbe completamente bianco.
Ecco altri due esempi di fotografie in controluce, esposte "per le luci".
Come già detto però, per la figura umana i risultati sono mille volte migliori in controluce, poichè il soggetto è illuminato in maniera uniforme, e si evitano le profonde ombre che la luce del sole disegna impietosamente sul volto delle persone.
I PROFESSIONISTI
Per poter quindi fotografare la modella in controluce, i professionisti della moda ricorrono a diverse soluzioni tecniche, che implicano un equipaggiamento supplementare, una certa esperienza, e soprattutto degli aiutanti sul campo. Il metodo più comune è quello di usare dei grandi pannelli riflettenti, da posizionare accanto alla macchina fotografica, che rimandino verso il soggetto abbastanza luce solare da poterne pareggiare la luminosità con quella dello sfondo. (Importante: tali pannelli, per illuminare a sufficienza il soggetto, devono essere grandi almeno quanto il soggetto stesso). Ecco uno schema grafico, visto dall'alto:
Ecco a destra un esempio pratico: la modella è fotografata in controluce (il sole è dietro di lei, sulla sua spalla destra). Se alla destra del fotografo non ci fosse un assistente, che tiene un grande pannello riflettente rivolto verso la modella, i dettagli e i colori dell'abito non si apprezzerebbero a sufficienza. (Confrontate questa immagine con le foto-ricordo più sopra, e capite subito che qui ci deve essere "qualcosa in più" che schiarisce il corpo in ombra della modella). Così infatti si vede bene il vestito in controluce, ma si vede bene anche lo sfondo, che non è stato più necessario sacrificare "esponendo per le ombre". Sulla Luna però non si possono portare pannelli riflettenti, nè altre sorgenti di luce artificiale, se non altro perchè non ci sarebbe nessun assistente per manovrarli mentre si scattano le foto. E purtroppo sulla Luna la luce diffusa attorno all'astronauta è ancora minore di quella della Terra, poichè non c'è l'atmosfera, le cui particella rifrangono i raggi solari tutto intorno all'astronauta. |
Ed infatti, nella maggioranza dei casi, le foto degli astronauti sono così:
Quando le zone il luce sono esposte correttamente, quelle in ombra risultano praticamente nere. Come possiamo vedere quindi, Terra o Luna non fa una gran differenza, anche perchè il sole che ci illumina è lo stesso. (Queste foto in realtà sono state scattate sulla Terra, ma di notte - oppure in studio - e senza l'ausilio di pannelli riflettenti. Risultano quindi "giuste", ovvero come dovrebbero venire se fossero scattate sulla Luna).
Ma come si spiegano, a questo punto, altre foto lunari in cui di colpo le zone d'ombra sono leggibilissime, pur restando leggibile anche lo sfondo illuminato dal sole? Ecco alcuni degli esempi più eclatanti:
PRIMO PROBLEMA - CONTROLUCE E ZONE D'OMBRA
In una situazione lunare, con i contrasti forti e le ombre nette che abbiamo descritto, diventa praticamente impossibile spiegare da che cosa possa essere illuminata una qualunque zona d'ombra, come avviene in queste foto (Apollo 14), o in tante altre molto simili.
C' è pochissima differenza di esposizione fra la tuta dell'astronauta e il terreno retrostante (ovvero, qui magicamente sarebbe stato risolto il "compromesso impossibile", senza assistenti e senza pannelli riflettenti), e ci sono addirittura, in piena ombra, dei forti riflessi sulle parti metalliche, che non possono in nessun modo originare dalla luce "diffusa" circostante. Ricordiamo infatti che sulla Luna non c'è atmosfera, e non c'è quindi nemmeno quell'effetto di rifrazione atmosferica che troviamo sulla Terra.
Anche qui (Apollo 15) non c'erano oggetto voluminosi, in vicinanza del LEM, che potessero riflettere così tanta luce sulla parte in ombra. Non si spiegano quindi la luminosità, nè il contrasto, nè soprattutto quei forti riflessi nella protezione di alluminio. Che cosa genera quei riflessi? Che si tratti del terreno stesso, come abbiamo già visto con l'esempio dell'orso sulla neve, è tassativamente da escludere: qui non solo non c'è rifrazione nelle particelle di atmosfera, ma la luce è addirittura più radente ancora, e quindi "rimbalza" più lontano dal LEM (cioè verso di noi).
Richiamiamo infine l'attenzione su quello che dovrebbe essere il sole. A parte le dimensioni particolarmente striminzite (molto più vicine a quelle di un "bruto" da cinema, in realtà), puntare un obiettivo Leitz direttamente verso il sole, in mancanza inoltre di filtro atmosferico, equivale a "bruciare" completamente la pellicola in sovraespoisizione, a meno di chiudere il diaframma praticamente a zero. Ma in quel caso non si dovrebbe vedere assolutamente nulla delle zone in ombra del LEM. Provate a scattare una qualunque fotografia, che inquadri direttamente il sole, e poi osservate cosa si riesce a vedere nelle zone d'ombra degli oggetti compresi nell'inquadratura (sempre a causa del famoso "compromesso impossibile", spiegato più sopra).
Questi sono solo due esempi, fra i tantissimni che si riscontrano nelle serie fotografiche delle varie missioni lunari. La tentazione di "aiutare" l'immagine, schiarendo le zone in ombra senza sacrificare l'esposizione dello sfondo, illuminato dal sole, ha spesso tradito gli autori di questi evidenti falsi fotografici.
IV PARTE: IL PROBLEMA DELLO SFONDO, E IL PROBLEMA DEI CONI DI LUCE
Esistono, nella fotografia di moda, svariati sistemi per "andare alle Maldive" senza dover ogni voltra andare alle Maldive. Eccone alcuni esempi, che funzionano in maniera diversa. Il primo a sinistra è un semplice fotomontaggio digitale, ovvero la foto della modella, fatta in studio, è sovrapposta ad un altra, scattata al mare. Il secondo è una plancia di supporto, su cui siede la modella (sempre in studio), mentre alle sue spalle viene proiettata una diapositiva. Il terzo infine è un semplice fondale colorato, che ricorda uno spazio aperto senza pretendere di ingannare nessuno.
Ma in ciascun caso è ovvio che si tratti di sistemi limitati, nei quali comunque il trucco, ovvero "la giunta" fra l'immagine in primo piano e l'ambiente sullo sfondo, si vede chiaramente.
E se è difficile oggi, con le tecnologie più moderne, riuscire a spacciare una foto in studio per una in esterni, figuriamoci trent'anni fa, quando gli unici strumenti a disposizione, oltre alle mani dello stampatore sotto l'ingranditore, erano le forbici e il cartoncino.
COME E' POSSIBILE REALIZZARE SULLA TERRA DELLE FOTO "LUNARI"
Per produrre sulla Terra foto simili a quelle che si otterrebbero sulla Luna, si possono usare almeno tre metodi diversi:
Il primo è quello di fotografare gli astronauti in studio con luce artificiale (i potenti "spot" da cinema), che imitino la luce del sole, in un ambiente ricreato appositamente. Come nei film di Fellini, dove la spiaggia di Rimini stava tutta dentro lo studio 5 di Cinecittà. (Nella foto accanto, la "palestra" originale degli astronauti, ricreata in studio).
Il secondo è quello di fotografarli sempre con potenti spot da cinema, ma in esterni, di notte, in situazioni desertiche somiglianti a quelle lunari (es. più sotto).
Il terzo infine è quello di fotografarli sempre in esterni, nelle stesse situazioni desertiche, ma di giorno, ritagliando poi in sede di stampa la parte di cielo e nuvole, e sostituendola con del nero qualunque (es. più sotto).
Ma in ciascun caso, indipendentemente dal metodo usato, va poi aggiunto in sede di stampa uno sfondo di tipo lunare "lontano" (la famosa diapositiva dei tropici, alle spalle delle modelle), che ovviamente non può essere presente nè in studio, nè in eventuali scorci di deserto che si siano trovati sulla Terra.
Qui scatta
IL PROBLEMA DELLO SFONDO: IL "DAVANTI", E IL "DIETRO"
Lasciamo la parola alle immagini.
Nella stragrande maggioranza delle foto lunari, la linea di giunta attraversa tutto il fotogramma, da parte a parte, e così le foto risultano la somma evidente di due metà ben distinte, senza nessuna zona di continuità che leghi i due piani. Si noti infine la differenza di colorazione fra i due terreni giustapposti.
Vi sono molti casi in cui gli astronauti hanno voluto documentare l'intera zona in cui si trovavano, con una panoramica a 360 gradi (fatta giustapponendo diversi scatti singoli). Il problema a questo punto diventa macroscopico, poichè di colpo ci si accorge di essere allunati ...
Per vedere l'immagine panoramica in dimensioni reali andate qui (180 kb). (ATTENZIONE: Internet Explorer spesso riduce automaticamente le dimensioni di un'immagine che sia più larga dello schermo. Accertarsi di stare vedendo l'originale, che è largo almeno 5 volte la schermata del computer).
IL PROBLEMA DEL CONO DI LUCE
Questo è forse, fra tutti, il problema che condanna le foto lunari senza possibilità di scampo. Se si utilizzano gli spot da cinema di notte, sia in studio che in esterni, bisogna avere l'accortezza di usarne uno solo, per evitare doppie ombre. Questa purtroppo è una limitazione che ti permette di illuminare una zona di terreno limitata.
Tutto intorno al cono di luce proiettato dallo spot, infatti, si verificherà una zona di ombra progressiva, fino al buio assoluto. Ed ecco cosa succede, in tali condizioni, se si allarga un pò troppo l'inquadratura.
La parte di terreno più lontana dal soggetto risulta degradare verso l'ombra, mentre, se davvero ad illuminare fosse il sole, tutto il terreno dovrebbe risultare illuminato in maniera uniforme. Come ad esempio in questa immagine, a noi molto piu familiare, della pianura padana:
Come spiegare allora quell'ombra tutto intorno?
Ecco sotto la corrispondente panoramica a 360 gradi, che mostra l'intera zona di allunaggio di Apollo 11. E' praticamente piatta. Non vi erano quindi nelle vicinanze del LEM ostacoli o colline di alcun genere, che potessero proiettare ombre di quel tipo sul terreno circostante.
Ecco altri esempi, presi da missioni diverse, con il "cono di luce" chiaramente visibile.
A
Perchè mai il sole dovrebbe "dimenticarsi" di illuminare la zona di terreno indicata dalla freccia?
B
La foto sotto ci dà la possibilità di vedere sia davanti che dietro al fotografo
(poichè questo è riflesso nel visore dell'astronauta).
C
L'effetto che vedete in queste foto, oltretutto, è curiosamente identico a quello che si otterrebbe fotografando gli astronauti proprio con gli spot da cinema, sia in studio che in esterni, di notte (quello sotto è chiaramente un fotomontaggio). Perchè mai il sole dovrebbe "dimenticarsi" di illuminare la zona di terreno indicata dalla freccia?
B
La foto sotto ci dà la possibilità di vedere sia davanti che dietro al fotografo
(poichè questo è riflesso nel visore dell'astronauta).
C
Sotto vedete lo schema, visto dall'alto, della foto C, che si ottiene sommando quello che si vede alle spalle dell'astronauta a quello che si vede riflesso nel suo visore. Potete vedere chiaramente il "cono di luce", che inizia proprio sotto il gomito sinistro dell'astronauta, mentre sia il soggetto che il fotografo sono circondati da una penombra inspiegabile.
Accortisi probabilmente del difetto clamoroso, gli stessi responsabili NASA devono aver deciso di correggere il tiro, poichè da un certo punto in poi hanno iniziato a comparire sempre più foto fatte con il terzo metodo, quello delle foto scattate di giorno in esterni, con il cielo rimosso in seguito. Qui finalmente il terreno risulta tutto illuminato uniformemente, come dovrebbe essere.
La foto originale probabilmente era qualcosa di molto simile all'immagine sotto (noi abbiamo fatto il percorso inverso, aggiungendo un cielo qualunque a quella "lunare" sopra:
Sotto un altro esempio del procedimento che si userebbe scattando nel deserto di giorno, per rimpiazzare poi lo sfondo terrestre con il "buio" spaziale. Si scatta la foto "dietro casa"...
... e poi in camera oscura si cancella il cielo. (Noi qui abbiamo nuovamente fatto il percorso inverso, aggiungendo un cielo qualunque alla foto "lunare" della NASA). In fondo, il trucco è semplice.
Il problema è che ormai le prime foto, quelle con il "cono di luce", avevano fatto il giro del mondo.
NOTA: Una della accuse che viene invece rivolta erroneamente alla NASA, è quella di aver "dimenticato" di mostrare le stelle nel cielo lunare. E' invece corretto che non compaiano, poichè il diaframma imposto dalla luce solare, non filtrata dall'atmostefa, dovrebbe tranquillamente raggiungere valori tali per cui le stelle, più deboli e lontane, non si vedrebbero comunque.
Ecco infine un'altra immagine, che riassume almeno tre degli errori visti finora. Potete provate a vederli da soli, prima di continuare a leggere:
In preparazione la V PARTE.
Massimo Mazzucco
http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=19&page=4
giovedì 6 settembre 2012
LA TRUFFA DELLE AUTO IMMATRICOLATE: ALTRO CHE NEGATIVI, I DATI DI VENDITA DELLE AUTO IN ITALIA SONO DISASTROSI! MA VENGONO TRUCCATI: NEGLI ULTIMI TRE GIORNI DEL MESE OGNI CASA AUTOMOBILISTICA IMMATRICOLA MIGLIAIA DI AUTO: SOLO LE COSIDDETTE “KM ZERO”, TARGATE SENZA ACQUIRENTE. RIEMPIONO I PIAZZALI DEI CONCESSIONARI E VENGONO POI VENDUTE SOTTOCOSTO CON GUADAGNI IRRISORI PER I PRODUTTORI - 2- CHI È IL NUMERO UNO DELLE “KM ZERO”? FACILE, LA FIAT DI MARPIONNE! SOLO AD AGOSTO HA “VENDUTO” 12.165 AUTO, DI CUI BEN 8.136 NEGLI ULTIMI GIORNI: OLTRE IL 66% È QUINDI A “KM ZERO”! (CHISSÀ QUANTI QUOTIDIANI DOMANI RIPRENDERANNO QUESTA NOTIZIA
Riccardo Celi per "Linkiesta.it"
Il mercato dell'auto va male? No, va peggio: le statistiche "riservate" di agosto dicono che quasi la metà delle vetture nuove ha ricevuto la targa negli ultimi tre giorni del mese. Quasi tutte "km zero" senza un cliente, che poi vengono svendute. E la Fiat di Sergio Marchionne?
Nel mese di agosto appena concluso le immatricolazioni di auto nuove in Italia hanno segnato un nuovo picco negativo: appena 56.447 esemplari, con un calo del 20,23% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Il gruppo Fiat, che ha registrato complessivamente un -20,53%, ha dunque seguito quasi esattamente l'andamento del mercato. Numeri che hanno fatto masticare amaro l'ad Fiat Sergio Marchionne, il quale ha dichiarato di non aver mai visto, in quel mese, risultati così bassi e di temere che «la luce in fondo al tunnel [del mercato, ndr] potrebbe essere quella di un treno».
Sergio Marchionne fiat
In realtà, probabilmente Marchionne è preoccupato da ben altre cifre, quelle che vengono di solito fornite agli addetti ai lavori e che le statistiche ufficiali non rivelano. Sono i numeri delle vetture immatricolate negli ultimi tre giorni del mese, ossia quando i concessionari si precipitano a targare valanghe di auto che, in massima parte anche se non tutte, sono "km zero", ossia esemplari che non hanno ancora dei veri clienti, ma che le concessionarie si auto-immatricolano per raggiungere i loro obiettivi di vendita o, più frequentemente, quelli "suggeriti" dalle rispettive case automobilistiche.
Queste vetture, assolutamente nuove e diverse dalle altre semplicemente perché hanno già ricevuto una targa, per poter essere smaltite devono poi essere vendute a prezzi ulteriormente scontati rispetto a quelle identiche, ma ancora da immatricolare. Insomma, le "km zero" rappresentano un vero terzo mercato oltre a quello del nuovo e dell'usato, che permette di gonfiare i numeri ufficiali dichiarati da ogni costruttore e di vantare risultati di vendita e percentuali di penetrazione sul mercato in realtà del tutto fittizie.
SERGIO MARCHIONNE
Un giochetto che però costa caro, perché per i concessionari i margini di guadagno sulle "km zero" sono quasi nulli rispetto a quelli, già striminziti, generati dalle auto senza targa, mentre la cosa impatta ovviamente anche sulla redditività delle case, costrette comunque a supportare le reti di vendita con dei contributi in denaro che servono a rendere le "km zero" più appetibili per i clienti. In pratica, le "km zero" contribuiscono a svuotare i piazzali delle case automobilistiche (ma non quelli dei concessionari, che invece si riempiono ancora di più in attesa che il cliente arrivi), ma drogano i numeri del mercato e assottigliano ulteriormente i margini già risicati della filiera della distribuzione automobilistica e anche quelli dei costruttori.
MARCHIONNE ALLA FIAT IN SERBIA
Linkiesta è riuscita a procurarsi le tabelle riservate con le immatricolazioni "last minute", le quali mostrano una realtà devastante, che evidenzia un mercato "vero" ridotto assai peggio di quanto non dipingano le statistiche ufficiali: di quelle 56.447 vetture, infatti, quelle immatricolate in fretta e furia tra il 29 e il 31 agosto sono state ben 27.019, cioè il 47,87 per cento. E non si tratta di una sporadica pratica estiva, ma di un'attività abituale, che imperversa ogni fine mese ormai da anni.
MARCHIONNE FIAT
Purtroppo per l'ad Fiat, è proprio il gruppo che lui dirige a mostrare complessivamente grande solerzia nella corsa alle immatricolazioni dell'ultima ora: delle 12.165 Fiat targate nell'intero mese di agosto, 8.136, cioè il 66,88%, lo sono state negli ultimi tre giorni. E per gli altri marchi del gruppo le cose non sono andate meglio: per Alfa Romeo le "last three days" sono state 1.136 su 1.618 (68,97%), per Lancia 1.755 su 2.613 (67,16%) e per i marchi Chrysler/Jeep/Dodge, presi nel loro insieme, 149 su 293 (il 50,85%).
MArchionne Fiat
Le "km zero" si vendono a prezzi maggiormente scontati rispetto agli esemplari mai targati prima. In un certo senso, quindi, il fatto di venderle targate (e quindi già con un proprietario che appare sui documenti) costituisce un artificio per piazzarle a un prezzo largamente ribassato rispetto a quello di listino, e magari ancora più basso di quello già scontato dalle campagne promozionali. Insomma, si può parlare di vendite "sottocosto".
FIAT FREEMONT
Per amor di verità, va detto che la corsa alle immatricolazioni non è una specialità esclusiva di Fiat, ma un fenomeno che interessa tutte le marche, e se il gruppo italiano è primo come gruppo, viene battuto da un marchio che risulta il primo in classifica: la giapponese Honda, anche se con numeri complessivi ormai ridotti al lumicino rispetto alle dimensioni globali del mercato italiano.
fiat marcia 40mila
Infatti, delle 380 Honda immatricolate in Italia in agosto, 301 (cioè, un davvero preoccupante 79,21%) lo sono state negli ultimi tre giorni del mese. All'estremità opposta della classifica troviamo invece Porsche, che di vetture ne ha immatricolate con questa modalità solo 12 su 128 (il 9,38% del totale), seguita dalla DR dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio (quello che voleva/vorrebbe rilevare l'ex-stabilimento Fiat di Termini Imerese ora chiuso), che ne ha immatricolate appena 4 su 27, ma che come marca è praticamente quasi scomparsa dal mercato.
i_tre_operai_fiat
L'abitudine al superlavoro di fine mese non risparmia neppure le marche col blasone e altri grandi costruttori, sia europei, sia coreani: infatti, sono state targata del 29 al 21 agosto anche 973 delle 1.650 BMW (58,97%), 303 delle 568 Mini (53,35%), 2.235 delle 4.123 Ford (54,21%) e 906 delle 1.750 Hyundai (51,77%).
Fiat TERMINI IMERESE
Meno incline a ingolfarsi di "km zero" da rivendere, invece, appare il gruppo Volkswagen (non a caso, uno dei costruttori che, in Italia e anche in Europa, sembra reggere meglio all'urto della crisi che affligge il mercato: solo 1.509 delle 5.084 Volkswagen immatricolate in Italia in agosto (il 29,68%) ha ricevuto le targhe dal 29 al 31 del mese, mentre Audi fa ancora meglio: 538 auto su 2.213, il 24,30 per cento. E a questo proposito, è singolare che Sergio Marchionne, alla guida di un gruppo che in Italia immatricola centinaia di migliaia di auto "km zero" da vendere poi sottocosto o quasi, in un'intervista del 26 luglio all'International Herald Tribune che resterà negli annali abbia tuonato contro il gruppo Volkswagen, al contrario molto cauto in questa specialità, accusandolo di aver provocato un «bagno di sangue sui prezzi» per colpa dei troppi sconti. I numeri, infatti, dimostrano che il campione delle auto superscontate, almeno in Italia, è proprio Marchionne.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-la-truffa-delle-auto-immatricolate-altro-che-negativi-i-dati-di-vendita-delle-43564.htm#Scene_1
Il mercato dell'auto va male? No, va peggio: le statistiche "riservate" di agosto dicono che quasi la metà delle vetture nuove ha ricevuto la targa negli ultimi tre giorni del mese. Quasi tutte "km zero" senza un cliente, che poi vengono svendute. E la Fiat di Sergio Marchionne?
Nel mese di agosto appena concluso le immatricolazioni di auto nuove in Italia hanno segnato un nuovo picco negativo: appena 56.447 esemplari, con un calo del 20,23% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Il gruppo Fiat, che ha registrato complessivamente un -20,53%, ha dunque seguito quasi esattamente l'andamento del mercato. Numeri che hanno fatto masticare amaro l'ad Fiat Sergio Marchionne, il quale ha dichiarato di non aver mai visto, in quel mese, risultati così bassi e di temere che «la luce in fondo al tunnel [del mercato, ndr] potrebbe essere quella di un treno».
Sergio Marchionne fiat
In realtà, probabilmente Marchionne è preoccupato da ben altre cifre, quelle che vengono di solito fornite agli addetti ai lavori e che le statistiche ufficiali non rivelano. Sono i numeri delle vetture immatricolate negli ultimi tre giorni del mese, ossia quando i concessionari si precipitano a targare valanghe di auto che, in massima parte anche se non tutte, sono "km zero", ossia esemplari che non hanno ancora dei veri clienti, ma che le concessionarie si auto-immatricolano per raggiungere i loro obiettivi di vendita o, più frequentemente, quelli "suggeriti" dalle rispettive case automobilistiche.
Queste vetture, assolutamente nuove e diverse dalle altre semplicemente perché hanno già ricevuto una targa, per poter essere smaltite devono poi essere vendute a prezzi ulteriormente scontati rispetto a quelle identiche, ma ancora da immatricolare. Insomma, le "km zero" rappresentano un vero terzo mercato oltre a quello del nuovo e dell'usato, che permette di gonfiare i numeri ufficiali dichiarati da ogni costruttore e di vantare risultati di vendita e percentuali di penetrazione sul mercato in realtà del tutto fittizie.
SERGIO MARCHIONNE
Un giochetto che però costa caro, perché per i concessionari i margini di guadagno sulle "km zero" sono quasi nulli rispetto a quelli, già striminziti, generati dalle auto senza targa, mentre la cosa impatta ovviamente anche sulla redditività delle case, costrette comunque a supportare le reti di vendita con dei contributi in denaro che servono a rendere le "km zero" più appetibili per i clienti. In pratica, le "km zero" contribuiscono a svuotare i piazzali delle case automobilistiche (ma non quelli dei concessionari, che invece si riempiono ancora di più in attesa che il cliente arrivi), ma drogano i numeri del mercato e assottigliano ulteriormente i margini già risicati della filiera della distribuzione automobilistica e anche quelli dei costruttori.
MARCHIONNE ALLA FIAT IN SERBIA
Linkiesta è riuscita a procurarsi le tabelle riservate con le immatricolazioni "last minute", le quali mostrano una realtà devastante, che evidenzia un mercato "vero" ridotto assai peggio di quanto non dipingano le statistiche ufficiali: di quelle 56.447 vetture, infatti, quelle immatricolate in fretta e furia tra il 29 e il 31 agosto sono state ben 27.019, cioè il 47,87 per cento. E non si tratta di una sporadica pratica estiva, ma di un'attività abituale, che imperversa ogni fine mese ormai da anni.
MARCHIONNE FIAT
Purtroppo per l'ad Fiat, è proprio il gruppo che lui dirige a mostrare complessivamente grande solerzia nella corsa alle immatricolazioni dell'ultima ora: delle 12.165 Fiat targate nell'intero mese di agosto, 8.136, cioè il 66,88%, lo sono state negli ultimi tre giorni. E per gli altri marchi del gruppo le cose non sono andate meglio: per Alfa Romeo le "last three days" sono state 1.136 su 1.618 (68,97%), per Lancia 1.755 su 2.613 (67,16%) e per i marchi Chrysler/Jeep/Dodge, presi nel loro insieme, 149 su 293 (il 50,85%).
MArchionne Fiat
Insomma, tutti i marchi del gruppo Fiat mostrano percentuali di immatricolazioni negli ultimi tre giorni assai superiori a quel già tremendo 47,87% che rappresenta la media del mercato italiano. Gli stessi dati letti sotto un'altra luce spiegano che la media delle immatricolazioni in Italia dell'intero gruppo Fiat è stata in agosto di 553 auto al giorno, ma negli ultimi tre giorni il valore è schizzato a ben 2.712 pro/die, e dunque è crollato a 212 auto se non si tiene conto delle targhe richieste il 29, 30 e 31 del mese.
Le "km zero" si vendono a prezzi maggiormente scontati rispetto agli esemplari mai targati prima. In un certo senso, quindi, il fatto di venderle targate (e quindi già con un proprietario che appare sui documenti) costituisce un artificio per piazzarle a un prezzo largamente ribassato rispetto a quello di listino, e magari ancora più basso di quello già scontato dalle campagne promozionali. Insomma, si può parlare di vendite "sottocosto".
FIAT FREEMONT
Per amor di verità, va detto che la corsa alle immatricolazioni non è una specialità esclusiva di Fiat, ma un fenomeno che interessa tutte le marche, e se il gruppo italiano è primo come gruppo, viene battuto da un marchio che risulta il primo in classifica: la giapponese Honda, anche se con numeri complessivi ormai ridotti al lumicino rispetto alle dimensioni globali del mercato italiano.
fiat marcia 40mila
Infatti, delle 380 Honda immatricolate in Italia in agosto, 301 (cioè, un davvero preoccupante 79,21%) lo sono state negli ultimi tre giorni del mese. All'estremità opposta della classifica troviamo invece Porsche, che di vetture ne ha immatricolate con questa modalità solo 12 su 128 (il 9,38% del totale), seguita dalla DR dell'imprenditore molisano Massimo Di Risio (quello che voleva/vorrebbe rilevare l'ex-stabilimento Fiat di Termini Imerese ora chiuso), che ne ha immatricolate appena 4 su 27, ma che come marca è praticamente quasi scomparsa dal mercato.
i_tre_operai_fiat
L'abitudine al superlavoro di fine mese non risparmia neppure le marche col blasone e altri grandi costruttori, sia europei, sia coreani: infatti, sono state targata del 29 al 21 agosto anche 973 delle 1.650 BMW (58,97%), 303 delle 568 Mini (53,35%), 2.235 delle 4.123 Ford (54,21%) e 906 delle 1.750 Hyundai (51,77%).
Fiat TERMINI IMERESE
Meno incline a ingolfarsi di "km zero" da rivendere, invece, appare il gruppo Volkswagen (non a caso, uno dei costruttori che, in Italia e anche in Europa, sembra reggere meglio all'urto della crisi che affligge il mercato: solo 1.509 delle 5.084 Volkswagen immatricolate in Italia in agosto (il 29,68%) ha ricevuto le targhe dal 29 al 31 del mese, mentre Audi fa ancora meglio: 538 auto su 2.213, il 24,30 per cento. E a questo proposito, è singolare che Sergio Marchionne, alla guida di un gruppo che in Italia immatricola centinaia di migliaia di auto "km zero" da vendere poi sottocosto o quasi, in un'intervista del 26 luglio all'International Herald Tribune che resterà negli annali abbia tuonato contro il gruppo Volkswagen, al contrario molto cauto in questa specialità, accusandolo di aver provocato un «bagno di sangue sui prezzi» per colpa dei troppi sconti. I numeri, infatti, dimostrano che il campione delle auto superscontate, almeno in Italia, è proprio Marchionne.
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