giovedì 21 febbraio 2019

UN PICCOLO GRANDE EROE ITALIANO

Rileva l’azienda fallita che lo ha licenziato e assume i colleghi


Nel 2011 la filiale italiana della multinazionale Anovo dichiara fallimento. Enzo Muscia, 48 anni, ex dipendente, ipoteca la casa, rileva l’azienda e riassume i colleghi.

Nel 2011 la multinazionale francese Anovo manda a casa i 320 dipendenti della filiale di Saronno. Enzo Muscia, allora direttore commerciale, ipoteca la casa e investe la sua liquidazione per acquistare la ditta. Nel 2013 nasce così la A-Novo, specializzata nell’assistenza post vendita di apparecchiature elettroniche (telefoni, computer, strumenti medicali ecc). Oggi l’azienda ha 38 lavoratori, tutti ex dipendenti, e un fatturato da due milioni di euro.

Un fulmine a ciel sereno

«Ho iniziato in azienda come tecnico specializzato al banco di riparazione, 26 anni fa», racconta Enzo Muscia a Millionaire. Grazie alle opportunità di crescita interna, negli anni Muscia ricopre diversi ruoli, fino alla direzione commerciale. «Nel 2011 la filiale italiana aveva 320 dipendenti, un portfolio clienti ampio e importante, con i migliori brand del settore, come Philips. Produceva utili. Non c’era nessun sentore che ci potessero licenziare. Non c’era stato nessun ridimensionamento precendente. Poi, come un fulmine a ciel sereno, ci comunicano che la case madre, quotata in Borsa, vuole chiudere la filiale per risanare i conti».

Il fallimento di Anovo

Il risanamento prevede la cassa integrazione, l’intervento di un curatore fallimentare e il fallimento. «Anche il curatore, vedendo il livello di competenze, gli utili, la richiesta di mercato, crede che la chiusura di Anovo sia un peccato. Mi contatta. Insieme a 20 persone creo un ramo d’azienda sotto curatela fallimentare, per un periodo di 12 mesi, che servivano a cercare qualcuno che ricapitalizzasse l’azienda fallita. Cerchiamo di convincere i clienti a rimanere con noi. Ma a novembre del 2012 rientriamo in cassa integrazione come tutti gli altri». Nessuno ha comprato l’Anovo. E l’azienda è destinata a chiudere.

La decisione in una settimana

«Non si poteva buttare via tutto, le conoscenze, le esperienze di più di 20 anni di lavoro. Non ho avuto un attimo di esitazione. In una settimana ho deciso che avrei acquisito io l’azienda. Il primo problema da affrontare era trovare le risorse finanziarie. Ho chiesto agli istituti bancari, ma volevano che garantissi con le mie risorse personali, che fossi io il primo a credere nel progetto». Muscia ipoteca la casa e investe i suoi risparmi. «Chiamo 8 colleghi e inizio a bussare alla porta di ogni cliente. Alcuni mi danno fiducia».

Una scommessa vinta

La nuova società si chiama A-Novo. «Era una scommessa. Non avevamo risorse. Ci siamo dovuti occupare personalmente di tutto, anche della ristrutturazione dei locali. Ci siamo rimboccati le maniche. Avevo poco, ma ci credevo tanto».
In 3 anni e mezzo l’azienda cresce. Ora ha 38 dipendenti. «Il merito è delle persone che hanno contribuito a questa rinascita. Devo ringraziare la squadra e chi ci ha dato fiducia. Un buon generale non può far niente senza un buon esercito. E viceversa. Perché l’azienda è fatta di persone. Ci sono state tantissime difficoltà. E ancora oggi dormo sempre con un occhio aperto. Ma sono soddisfatto del coraggio che ho avuto».

Una lezione di coraggio

«Il mio consiglio? Non fermarti di fronte ai muri. Abbi coraggio, collabora con gli altri e credici fino in fondo. In Italia la competenza c’è e dobbiamo fare di tutto per mantenerla qui. Abbiamo tutte le carte per farcela».
Info: www.anovoitalia.it
https://www.millionaire.it/rileva-lazienda-fallita-lo-licenziato-assume-colleghi/

mercoledì 6 febbraio 2019

LA GERMANIA SE LA COMANDA - ANGELA MERKEL SALVA L’ENNESIMA BANCA TEDESCA CON I SOLDI PUBBLICI, IN BARBA ALLE REGOLE EUROPEE – PER SCONGIURARE IL CRAC DELLA NORDLB (PARTECIPATA DAL LANDER DELLA BASSA SASSONIA) IL GOVERNO HA MESSO SUL PIATTO 3,7 MILIARDI DI EURO – ALLA FACCIA DEL BAIL-IN! PERCHÉ SE LO FANNO I TEDESCHI NON È AIUTO DI STATO?

Antonio Grizzuti per “la Verità”


Chi fa da sé, fa per tre. Dalla regola aurea che la Germania applica nei settori più svariati, dall' industria alla politica estera, ovviamente non poteva essere esente il comparto bancario. Quando c' è da introdurre nuove regole, o applicare alla lettera quelle già esistenti, Berlino è sempre in prima fila.

Nel momento in cui si tratta, invece, di lavare i panni sporchi in casa, Angela Merkel e soci hanno sempre pronto un valido escamotage per aggirare le norme esistenti. L' ultimo, recentissimo, esempio è rappresentato dal salvataggio di Norddeutsche landesbank girozentrale (più comunemente nota come Nordlb), una delle banche commerciali più grandi a livello nazionale.


Nordlb è una delle sette banche regionali tedesche (landensbanken), una particolare tipologia di istituto bancario che esiste solo in Germania, partecipato dallo Stato tramite i Lander (cioè i governi federali) e dalle associazioni regionali delle Casse di risparmio.
La maggioranza delle azioni della banca, attualmente, è di proprietà dello Stato federale della Bassa Sassonia (59,13%), mentre lo Stato della Sassonia Anhalt detiene poco più del 5% del pacchetto.


I riflettori si erano accesi su Nordlb lo scorso novembre con la pubblicazione dei risultati degli stress test condotti dall' Eba, l' Autorità bancaria europea. Nell' occasione, l' istituto aveva conseguito il peggiore risultato sul piano nazionale. Fino a ora, la banca aveva retto all' urto della crisi, tuttavia sui bilanci hanno pesato oltre 7 miliardi di crediti deteriorati erogati alle imprese del settore navale.

Dopo la pubblicazione dei risultati degli stress test, nonostante le rassicurazioni dei dirigenti, è stato da subito chiaro che le cose si stavano mettendo per il verso sbagliato. Fallito il tentativo di fusione con un' altra banca locale, hanno iniziato a circolare con sempre più insistenza le voci che davano come probabile un dissesto, qualora entro febbraio non si fosse trovata una soluzione alternativa.



Ma in Germania non si sono fatti prendere dal panico, e anziché invocare il tanto amato bail in (la procedura europea che regola la risoluzione degli istituti di credito) hanno pensato bene di giocare la partita in casa. Per prima cosa hanno rifiutato, cortesemente ma con decisione, le offerte di due fondi americani (Cerberus capital management e Centerbridge partners), riservandosi però la possibilità di vendere loro gli Npl.

Quindi, è stato orchestrato un vero e proprio salvataggio casalingo. Sul piatto, la ragguardevole cifra di 3,7 miliardi di euro: 1,2 miliardi sono stati messi a disposizione dall' associazione tedesca che riunisce le Casse di risparmio, mentre altri 1,5 li ha sganciati il governo della Bassa Sassonia. Quest' ultimo, poi, si è riservato di staccare un altro assegno da 1 miliardo di euro qualora si rendesse necessario.


Anche se consentirà di salvare la banca dal fallimento, l' operazione non sarà indolore. Come detto, i due fondi esteri faranno razzia di crediti deteriorati, verosimilmente con ampio margine. Gli analisti stimano che, a seguito delle perdite derivanti dalla cessione di Npl, l' anno prossimo il Cet1 ratio (l' indice che misura la stabilità patrimoniale degli istituti di credito) dovrebbe scendere sotto le soglie regolamentari, anche se solo temporaneamente.


Ma con questa piroetta finanziaria Nordlb si sgancia anche da un comparto industriale nel quale è attiva da sempre, quello navale appunto. L' allarme lanciato nelle ultime settimane dagli armatori tedeschi riguarda il rischio che questa vicenda incida negativamente su un settore già di per sé molto provato, rendendo ancora più debole la posizione della flotta mercantile di Berlino. Ma le critiche più imponenti, anche sul versante interno, riguardano la natura stessa del sistema bancario tedesco.

Nella sessione del Parlamento della Sassonia svoltasi ieri, verdi e liberaldemocratici hanno contestato aspramente la decisione di mettere in atto l' intervento statale che, sostengono i detrattori, produrrà inevitabili ricadute sui contribuenti. Le opposizioni denunciano anche il pericolo che l' Unione europea, finora anche fin troppo tollerante nei confronti della «manina» tedesca sulle banche, possa sollevare l' obiezione che l' operazione si configuri come aiuto di Stato.



Senza dubbio il nostro sistema bancario sconta un problema di capitalizzazione ma, come dimostrano i risultati economici del 2018 diffusi ieri da Intesa Sanpaolo, i nostri istituti sanno perfettamente come realizzare profitti. Viceversa, il modello tedesco non è affatto esente da limiti e difetti.

È singolare perciò parlare di unione bancaria quando uno dei suoi pilastri, il sistema di risoluzione delle banche, viene disatteso oppure applicato con tanta discrezionalità.

Salvo poi, da parte degli stessi Paesi che lo aggirano con tanta facilità, esigerne la rigida applicazione altrove.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/germania-se-comanda-angela-merkel-salva-rsquo-ennesima-banca-194869.htm