martedì 31 luglio 2012

IDA MAGLI SEI TUTTI NOI! - “MACCHÈ PROFESSORE, MONTI HA INSEGNATO A TRENTO NEL ’69, CHE È UGUALE ALLA LAUREA DEL TROTA IN ALBANIA” - “IL CRAC DELL’EURO L’AVEVO ANNUNCIATO NEL ’96: È UN GOLPE PER LEVARE POTERE AI POPOLI E CONSEGNARLO A BUROCRATI E BANCHIERI EUROPEI. A OGNI CRISI, CHIEDONO “PIÙ EUROPA”. MA IL PROBLEMA È CHE LA MONETA NON PUÒ ESSERE SGANCIATA DA UNO STATO. E LA BCE È UNA BANCA FASULLA”…


Andrea Morigi per "Libero"
Ida MagliIDA MAGLI
L'aveva predetto nei suoi numerosi interventi, in libri e articoli: l'Europa non sta in piedi. L'antropologa Ida Magli ora magari teme di passare per Cassandra, ma nel frattempo approfondisce la sua analisi.
Immaginava un crollo così repentino?
«Come lei sa è da tanti anni che lo vado dicendo. È del 1996 il mio primo libro contro l'Europa. Avevo tentato di convincere anche gli industriali che la moneta unica era una scelta suicida».
ROTTURA EUROROTTURA EURO
Quali industriali?
«Ero stata invitata a tenere una relazione a un convegno sull'Europa, a Lecco, ospite del presidente dei Giovani Industriali, Marco Campanari».
Prima dell'istituzione dell'euro?
«Certo. E fu una discussione molto animata e simpatica. Io, in quell'occasione, ero il tecnico».
Non la tecnocrate, vero?
« Guardi che i tecnocrati non esistono. Le formule che ci mandano in rovina le fanno gli ingegneri finanziari».
PRODI AL LANCIO DELL EUROPRODI AL LANCIO DELL EURO
La tecnocrazia l'hanno teorizzata in molti, però. E per tanti professori è la prassi...
«Macché professori e professori!»
Nemmeno Monti merita la qualifica di professore tecnocrate, secondo lei?
«Nel Parlamento italiano ce ne sono tantissimi di professori. Uno che è stato due volte alla Commissione europea sarà un politico o no? Anche Antonio Martino è un professore. Mi dica lei che differenza passa fra i due».
Martino non ha votato il fiscal compact.
«Invece Monti ha insegnato a Trento nel 1969. È paragonabile al Trota che va all'università in Albania. Studiava anche Renato Curcio in quell'Università. Per questo mi chiedo come mai Berlusconi abbia nominato proprio Monti».
pannellaPANNELLA
Qual è la sua opinione in proposito?
«Che siamo sempre stati un popolo governato da traditori. Ho pubblicato anche un libro sulla storia d'Italia, sul filo conduttore dei tradimenti. E mi meraviglio che Berlusconi accetti un'uscita di scena simile. Eppure un giorno ci siamo svegliati e non avevamo più la democrazia».
Forse perché molti dicevano che il dittatore era Berlusconi?
«Allora vuol dire che passiamo da una dittatura all'altra. Ma è Berlusconi ad aver portato Monti, insieme a quella donnetta della Bonino, ai vertici della Commissione europea».
Non fu per un accordo con Pannella, in quel caso?
«Ho sempre pensato che Pannella fosse una persona sudicia. I suoi scioperi della fame sono capricci da bambini: "Mamma non mangio"... »
Ma i Radicali attingono alle radici del pensiero europeista, il federalismo, Spinelli...
«Balle. Nessun Paese potrebbe accettare di nominare commissari del genere. Si ricorda della Commissione Santer, costretta nel 1995 alle dimissioni per un buco di bilancio? Era proprio nel dipartimento della Bonino, quello degli aiuti all'emergenza. Erano spariti i soldi dei bambini del Biafra! E Monti dov'era? Non sorvegliava sul bilancio della Commissione?»
berlusconi montiBERLUSCONI MONTI
Ingenuo, magari?
«L'unico interrogativo vero che mi pongo, rispetto a quella classe dirigente europea è: avranno sbagliato per stupidaggine? Non si può affermarlo: erano tutti banchieri, non incompetenti. Volevano il disastro, cioè la fine degli Stati nazionali? Sospetto che vogliano che ci riduciamo alla morte consegnandoci al governo globale. Proprio qualche giorno fa, sul Corriere della Sera, si presentava il libro del figlio di Giorgio Napolitano, Giulio. La tesi principale è: serve la governance globale. Devo dedurre che anche il presidente della Repubblica voglia il governo globale».
Perché?
«Perché ogni volta che la Borsa va male, si risponde che "bisogna fare più Europa". E immancabilmente scatta un provvedimento. Ora avanza il fiscal compact. E come sempre, immancabilmente si perde un pezzetto di sovranità nazionale. Peccato che la Costituzione italiana non preveda il "tradimento". Sono stati furbi a evitarlo».
BERLUSCONI NAPOLITANOBERLUSCONI NAPOLITANO
Siamo al golpe, insomma?
«Questo è certo. Ma anche i giornalisti se ne sono disinteressati fino a quando c'è stato il problema economico. Prima sghignazzavano. In effetti il Parlamento europeo non conta nulla. È tutta una finzione. E l'Italia, dove sventola la bandiera europea da tutti gli edifici pubblici, la persegue più accanitamente degli altri. Dopotutto, nel Trattato di Lisbona, approvato così a fatica, non erano riusciti ad approvarne l'istituzione. Eppure la regola è che si può esporre quando ricorre la festa dell'Europa. Nemmeno l'inno si suona più».
Perché l'Europa suscita così scarsi entusiasmi?
«Perché come si fa a fare uno Stato senza i popoli? Se li vede, i cittadini che parlano 27 lingue diverse, innamorati di uno Stato siffatto? Anche i soldi sono uno strumento fatto dagli esseri umani. Se ci fossero i popoli, accadrebbe come ai melanesiani, che utilizzano le conchiglie, che funzionano benissimo come moneta di scambio. Le immagini delle banconote europee, invece, dimostrano il contrario: non riportano riferimenti alle realtà nazionali».
BERLUSCONI NAPOLITANOBERLUSCONI NAPOLITANO
Allora torniamo alle monete nazionali?
«Sì, la ragione principale è che la moneta non può essere sganciata da uno Stato. Non è una moneta sovrana. Siamo nella buffa condizione in cui i debiti degli Stati non sono sovrani. Uno Stato che non batte moneta non è sovrano. Perciò lavoriamo nel vuoto dal punto di vista della gestione statale della moneta. La Bce ha un nome ingannatore: non è affatto la banca centrale europea. La vogliono definire così, ma appartiene a dei soci privati, tra i quali Draghi, i Rothschild, i Rockefeller, la Regina del Belgio, la Banca d'Inghilterra. Sono loro i veri azionisti. Il loro direttivo non compra i titoli di Stato italiani per un motivo molto chiaro: per non mettersi a rischio».
Qualcuno li compra...
«Certo, nella speranza di guadagnarci moltissimo. E noi li dobbiamo mettere all'asta al 6,5- 7% d'interesse. Lo ripeto: la Bce è una banca fasulla. Quando Draghi dice che l'euro è irreversibile fa ridere. Come se il povero re Luigi XVI, salendo sulla ghigliottina, avesse detto che la monarchia era irreversibile».
Come evitiamo di farci decapitare?
«Torniamo a un governo politico».
Anche se c'è la crisi della politica?
«Un governo legittimo fa sempre la differenza, rispetto a uno non legittimo, nei confronti di coloro che speculano sui titoli di Stato».
Quindi andiamo a votare subito?
«Non è necessario. Visto che Monti ha chiaramente fallito, si può dare l'incarico a un politico qualsiasi, purché non sia Berlusconi».
Chiunque altro farà meglio di Monti?
«Almeno sarà in grado di gestire dignitosamente le prossime elezioni».

domenica 22 luglio 2012

PAOLO BORSELLINO UNA PERSONA NORMALE

io non sono un eroe
sono una persona normale
è palermo che non è normale
è la sicilia che non è normale
io semplicemente non giro la testa dall altra parte
non faccio finta di non vedere
PAOLO BORSELLINO

EURO-CRAC: COME PER LA MAFIA, SEGUITE IL MOVIMENTO DEI SOLDI E CAPIRETE TUTTO - 2 FRA MARZO E OGGI, 70 MILIARDI AL MESE HANNO LASCIATO MADRID. 47 MILIARDI DI EURO DALL’ITALIA E RAGGIUNTO, MENTRE LA MERKEL DICE NO A TUTTO, IL PARADISO TEDESCO! - 3- I TAGLI AL BILANCIO PUBBLICO E L’IMPOSIZIONE DI SEMPRE NUOVE TASSE SONO PER CASO UNO STIMOLO ALLA FUGA DEI CAPITALI? E I VARI DRAGHI E RIGOR MONTIS, SONO PER CASO QUELLI CHE TI TENGONO FERMO O TI DISTRAGGONO MENTRE OPERANO I MANOLESTA? - 4- SE IL PUNTO VERO È QUESTO, OVVERO IL RISUCCHIO DELLA RICCHEZZA DI INTERE NAZIONI, NON MERITAVA DI ESSERE NASCOSTA IN UN TRAFILETTO QUESTA NOTIZIA: “NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2012 GLI ITALIANI HANNO COMPRATO PIÙ CASE ALL’ESTERO CHE IN ITALIA”. A FINE ANNO, GLI ITALIANI CHE AVRANNO PRESO CASA OLTREFRONTIERA SARANNO 40 MILA. SEMPRE IN TESTA LONDRA, PUR COSTOSA, PER LE MIGLIORI CONDIZIONI FISCALI -

MONTI MERKELMONTI MERKEL
1- IL RISUCCHIO DI ANGELONA, LA C.I. CHE TI LASCIA SUL PAVIMENTO...
Che senso ha l'interminabile teatrino di summit e dichiarazioni sull'Eurozona da parte dei cosiddetti governanti? Soprattutto, è davvero un teatrino? Ma davvero i famosi mercati, ai quali in passato è stato scioccamente affidato il ruolo di "misura di tutte le cose", approfittano delle lentezze e delle divisioni politiche per piazzare i loro colpi miliardari? A guardare anche solo i dati ufficiali dei capitali depositati presso la Bce, si capisce che non c'è nessun teatrino. Come per le indagini di mafia, seguite il movimento dei soldi e capirete tutto.
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Oggi ci aiuta molto bene la Repubblica degli Illuminati: "Capitali in fuga verso Berlino. Da Madrid 70 miliardi ogni mese, ma l'Italia frena l'emorragia". Al di là del titolo (parzialmente) tranquillizzante per l'Italia, nel pezzo di Maurizio Ricci è spiegato benissimo chi vince e chi perde al giochetto delle euro-supposte. "Il rumore, dice qualche operatore, è quello di un gigantesco risucchio. (...) La fuga di capitali riguarda tutti i paesi deboli, Italia compresa, ma nelle ultime settimane ha assunto un ritmo esasperato in Spagna. Secondo alcune stime, fra marzo e oggi, l'emorragia di euro che sta fiaccando Madrid ha raggiunto i 70 miliardi al mese. Gli analisti di una grande banca come Credit Suisse valutano che, se proseguisse per tutto il 2012, raggiungerebbe i 500 milioni di euro". Insomma, metà del Pil spagnolo migrerebbe all'estero.
BUNDESBANKBUNDESBANK
E dove vanno tutti questi denari? A Santo Domingo insieme a quelli di Dell'Utri? Ancora un po' di pazienza. Il fenomeno spagnolo si replica anche da noi: "Da marzo, 47 miliardi di euro in titoli a medio e lungo termine sono svaniti oltre frontiera. In realtà, nelle ultime settimane, la situazione si è stabilizzata e il deflusso dei capitali, notano gli analisti della banca svizzera, è molto rallentato, mentre si avvitava la crisi spagnola". Bene, la principale destinazione non sono i paradisi fiscali, ma la Germania. "Dallo scorso autunno la Bundesbank ha accumulato un enorme attivo, a cui fanno da contraltare il boom dei passivi contabili della Banca di Spagna e di quella dI'Italia".
Seguono le cifre dei rapporti fra le banche dei singoli paesi, con la conferma che "i capitali fuggono dall'Italia e dalla Spagna verso la Germania e lì si fermano, senza più tornare indietro, sotto forma di prestiti bancari". Le banche italiane hanno 281 miliardi di prestiti e 12 miliardi di depositi presso la Bce. Le banche tedesche hanno preso 80 miliardi di prestiti e hanno accumulato 275 miliardi in deposito.
mario DRAGHI E MONTImario DRAGHI E MONTI
Ecco il risucchio dei soldi da Nord a Sud. Ecco che succede nei forzieri delle banche mentre la Merkel dice di no a tutto. A questo punto bisognerebbe saperne cogliere le conseguenze politiche. O almeno farsi qualche domanda. I tagli al bilancio pubblico e l'imposizione di sempre nuove tasse sono per caso uno stimolo alla fuga dei capitali? E i vari Draghi e Rigor Montis, insieme alle parole d'ordine come "spread", "sobrietà" e "spending review", sono per caso quelli che ti tengono fermo o ti distraggono mentre operano i manolesta?
VITTORIO GRILLIVITTORIO GRILLI
Se il punto vero è questo, ovvero il risucchio della ricchezza di intere nazioni, non meritava di essere nascosta in un trafiletto nelle pagine economiche questa notizia: "Nel primo semestre del 2012 gli italiani hanno comprato più case all'estero che in Italia" (Corriere, p. 27). A fine anno, gli italiani che avranno preso casa oltrefrontiera saranno 40 mila. Sempre in testa Londra, pur costosa, per le migliori condizioni fiscali.
2- NON FA SOSTA L'EUROSUPPOSTA (GOVERNARE COL TERRORE)...
In attesa dell'agguato finale di agosto, titoloni sulla Spagna, in modo da preparare il campo a nuovi "sacrifici". La Repubblica degli Illuminati sempre in prima linea nella nobile semina: "Spagna nell'abisso. ‘Finiti i soldi, siamo al crac" (p.1). "Schauble: a rischio altri Paesi. Grilli: noi con le carte in regola" (p. 3).
Wolfgang SchaubleWolfgang Schauble
Sarà, ma intanto abbiamo altro di cui vantarsi: "Tasse, l'Italia prima al mondo. Pressione al 55%. La Confcommercio: battiamo il Nord Europa" (Stampa, p. 1). Protesta a tutta prima perfino il Messaggero di Calta-riccone: "In Italia il record di tasse". Ancora terrorismo dal Giornale: "L'ultimo regalo della Merkel: è in arrivo una patrimoniale. L'ipotesi tedesca per i Paesi con debito alto è un prelievo forzoso sopra i 250 mila euro" (p. 29
MANCINO NICOLAMANCINO NICOLA
3- MENO MALE, ANCHE RE GIORGIO CERCA LA VERITA' SU BORSELLINO...
Fiato ai tromboni e lucidate gli occhi ai coccodrilli di Stato. "Napolitano: verità sulle torbide ipotesi", titola la Stampa dei Corazzieri in Panda. Imbarazzante editoriale del Messaggero, firmato dall'indimenticabile ex direttore Paolo Graldi: "Il Quirinale simbolo della voglia di verità" (p.1). Sì, specialmente il suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio. Al telefono con Nicola Mancino, l'uomo che sussurra all'orecchio di Re Giorgio non stava nella pelle dalla "voglia di verità".
NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpegNICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO jpeg
Trombonate a parte, Repubblica intervista la sorella di Paolo Borsellino: ‘Quel conflitto del Colle con la procura fa perdere fiducia nelle istituzioni'. Rita Borsellino critica ancora il presidente: abbiamo dovuto subire la sua mossa senza capirla, è difficile da accettare" (p. 7)

4- L'IDIOTA IN REDAZIONE (O PEGGIO?)...
L'ipocrisia e la retorica che sbavano dalle pagine di oggi sono ben rappresentate da questo demenziale francobollo del Corriere, intitolato "E il figlio Manfredi fa nove arresti": "Tra le persone in cella c'è pure il presunto referente della famiglia mafiosa di Randazzo: particolare che ha reso la casuale sovrapposizione con la ricorrenza PARTICOLARMENTE GRADITA al figlio del magistrato ucciso da Cosa nostra" (p. 3). Purtroppo non c'è la firma dell'autore.
LORIS D AMBROSIOLORIS D AMBROSIO
5- PREPARARSI ALLA LATITANZA...
L'8 marzo il senatore Dell'Utri era all'estero. Alla vigilia della sentenza della Cassazione che avrebbe potuto mandarlo in galera (invece ha rispedito il processo in appello), il Secolo XIX e il Cetriolo Quotidiano avevano scoperto che chiamandolo sul cellulare rispondeva una segreteria telefonica in lingua. L'Agenzia Ansa ha invece pervicacemente sostenuto con vari lanci che "il Senatore" era a casa sua a Milano. Bene, oggi i pm di Palermo e di Firenze hanno scoperto che non era così.
paolo borsellinopaolo borsellino
A un amico intercettato, il senatore bibliofilo diceva: "C'è un oceano di mezzo...parlano spagnolo". Sulla Stampa di Torino si legge addirittura - ma solo oggi - che Dell'Utri era a Santo Domingo, "ufficialmente per un viaggio di piacere" (p. 10). Ufficialmente? La faccenda viene ricostruita bene su Repubblica: "Dell'Utri, i soldi di Berlusconi a Santo Domingo. Inviati 24 ore prima della sentenza". L'interrogatorio a Firenze di Ezio Cartotto, ex Dc milanese e tra i fondatori di Forza Italia: "Marcello una volta mi ha detto: se parlo io, Silvio è nei pasticci" (p. 9).
Intanto, a proposito di pasticci, "Rispuntano a sorpresa gli emendamenti anti-Veronica. Nel decreto la richiesta di modifiche al diritto di famiglia che permetterebbero a Berlusconi di garantire Marina e Pier Silvio" (Repubblica, p. 10). Faranno mica parte del pacchetto di prepensionamento del Banana da Palazzo Chigi?
stato mafiastato mafia
6- UN CELESTE CANDIDO CANDIDO...
"Formigoni si sfoga: ‘Verbali falsificati, ho rimborsato Daccò'. Il governatore replica a Repubblica e la Procura di Milano apre un'indagine sui giornalisti del Fatto, ma non sulle talpe" (Giornale, p. 12). Micidiali, perché scritte sul Corriere, tre righe di un pezzo di Andrea Senesi: "La linea difensiva di Roberto Formigoni è chiarissima: buttarla in politica" (p. 16).
dellutri berludellutri berlu
7- BYE BYE LIGRESTOS?...
"Unipol conquista Fonsai, fuori i Ligresti. Versati 400 milioni in Premafin. Cimbri: ‘Ora pensiamo al piano industriale"(Repubblica, p. 24). Ma finora avevate altro da fare?
8- FREE MARCHETT...
Alle scuole di giornalismo del Regno, oggi segnaliamo la lettura di codesto pezzo della Stampa: "Il manager di Intesa che nuota controcorrente. Castagna designato alla Banca dei Territori. Il dg del Banco di Napoli è schivo, poco mondano e non gli piace apparire. Ex campione di nuoto, ha fatto traversate in mare aperto da Suez al Nilo" (p. 29)
MARINA E PIERSILVIO mediumMARINA E PIERSILVIO medium
9- ULTIME DA UN POST-PAESE...
"Tu che straparli di Carlo conosci l'orrore di Piazza Alimonda?" Oggi è l'anniversario della morte di Carlo Giuliani, al G8 di Genova. Per saperne di più digita http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=9071
colinward@autistici.org

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-euro-crac-come-per-la-mafia-seguite-il-movimento-dei-soldi-e-capirete-41791.htm

Fmi e Germania hanno truccato le carte per papparsi l'Italia

di Carlo Pelanda
Da un paio di mesi sto cercando di capire perché il costo di rifinanziamento del debito italiano sia il doppio di quello che sarebbe giusto in base ai dati economici fondamentali ed alle azioni recenti del governo. Il Centro studi di Confindustria stima che il differenziale realistico – appunto, basato sull’analisi dei fondamentali –  tra titoli di debito italiani e tedeschi (spread) dovrebbe essere di 164 punti e non di quasi 500. E avverte che se i tassi teorici e reali convergessero, l’Italia, nel medio termine, tornerebbe in crescita invertendo la tendenza recessiva e, soprattutto, la crisi del credito, e bancaria, che dipende direttamente dall’eccesso di sfiducia sul nostro debito. Se non convergeranno, invece, la recessione sarà devastante, in avvitamento.
Per evitare tale scenario catastrofico - Confindustria ritiene necessario uno scudo anti-spread più efficace di quello ora in discussione nelle sedi europee. Sensato. Ma l’efficacia dello scudo anti-spread risentirà comunque dell’opinione del mercato in relazione all’Italia. Con questo in mente ho chiesto spiegazioni ai principali attori del mercato finanziario. La risposta concorde è stata: leggiti cosa scrive il Fondo monetario sull’Italia, che è la fonte dati principali a cui si ispirano tutti quelli che devono valutare i rischi sovrani, e, visto che sei del mestiere, capirai perché pretendiamo un premio di rischio del 6% e oltre per comprare titoli decennali di debito italiano, e perché siamo incerti se acquistarli o meno. Ma è immotivato l’eccesso di negatività del Fmi sull’Italia, ho risposto. Prova che sbaglia, hanno ribattuto scettici. Per questo sono andato a confessare parecchi analisti e funzionari del Fondo, raccogliendo le confidenze che qui sintetizzo.
L’estate rovente - Nella tarda primavera del 2011, quando la crisi si estese all’Italia, una parte dello staff del Fmi, in particolare quello di nazionalità italiana, voleva che il Fondo rendesse pubbliche le analisi sulla sostenibilità del debito e sui fondamentali dell’economia italiana che non giustificavano l’inasprirsi della pressione dei mercati e il conseguente innalzamento dello spread. Questa posizione uscì sconfitta per due motivi. Primo, si formò un asse occulto tra il direttore generale Lagarde e il rappresentante tedesco presso il Fmi, con la benedizione di quello francese, volto a mantenere altissima la pressione sul’Italia. Non solo il Fmi non dischiuse le  valutazioni favorevoli sull’Italia ma chiese, con il sostegno tacito della Germania, un monitoraggio rafforzato sull’Italia,  strumento che dal 2004 a oggi è stato utilizzato solo per Nigeria e  Giamaica. Tale mossa, nelle intenzioni dell’alta direzione del Fmi e della Germania, doveva essere il precursore per costringere l’Italia ad accettare un «programma» di circa 90 miliardi: non tanto per rifinanziare il debito pubblico italiano, ma finalizzato a mettere sotto controllo totale (un prestito serve ad imporre condizioni) le decisioni economiche e di bilancio del governo italiano. Infatti nel vertice G20 di Cannes, nel novembre 2011, Lagarde annunciò una nuova forma di prestito (Precautionary and Liquidity Line; PLL) che molti analisti e giornalisti – si vedano le agenzie Bloomberg e Reuters  di quel periodo – valutarono concepita specificamente per mettere in gabbia l’Italia. Secondo motivo. Il governo italiano non intervenne a sostegno degli analisti che volevano ripristinare la verità tecnica sull’Italia e questi, non sentendosi sostenuti dal governo interessato, smisero di insistere. Ed è ancora così, misteriosamente.
Tesi tedesca - Da allora le pubblicazioni ufficiali del Fmi tendono fedelmente a riflettere la posizione tedesca sull’Italia: consolidamento fiscale e riforme strutturali in tempi ed intensità insostenibili. Non trovano spazio in tali pubblicazioni le analisi interne del Fondo che mostrano come nella crisi dell’euro l’effetto contagio sia dirompente; come i tassi italiani si muovano in risposta ad analoghi movimenti di quelli spagnoli. Se si fosse dato spazio a queste analisi, la conclusione sarebbe stata che l’Italia era vittima di contagio e che avrebbe dovuto beneficiare del supporto sistemico della Bce, cosa che la Germania assolutamente non voleva. Nelle analisi pubblicate, inoltre, non vi è traccia delle preoccupazioni dello staff per gli alti tassi di interesse italiani che, lungi dal facilitare le riforme, ne ostacolano la loro realizzazione proprio per mancanza di accesso ai mercati a costi sostenibili. Ugualmente, non vi è alcuna critica pubblica o semipubblica alla Bce, che, invece, dallo staff Fmi viene percepita come elemento del problema, non della soluzione. Anzi, in ossequio alla volontà tedesca, la Bce viene inserita nella troika che impone e controlla la condizionalità dei Paesi membri dell’euro, un fatto assolutamente inedito nella storia del Fmi e che trova la ferma opposizione degli Stati Uniti. In tutte le pubblicazioni, con l’eccezione – per altro insufficiente - dell’ultimo numero del Fiscal Monitor,  non vi è alcun tentativo di analizzare in forma separata e specifica l’Italia che, invece, viene sempre appaiata alla Spagna o ad altri Paesi periferici. Quest’approccio metodologicamente infondato e politicamente distorto, in quanto i problemi dell’Italia sono diversi dagli altri, nonché molto minori,  continua in questi giorni in cui l’Italia continua a essere associata alla Spagna senza che si faccia chiarezza sul percorso di riforme intrapreso da Roma in una condizione strutturalmente molto più solida rispetto a quella di Madrid.
Colpe e assedi - L’Italia è certamente colpevole di disordine economico, per esempio la lentezza delle riforme e l’inconsistenza di gran parte dei politici, partiti e sindacati. Inoltre non possiamo nasconderci che nel 2011 ha perso credibilità in modo totale. Ma i suoi fondamentali sono decenti, ha fatto riaggiustamenti economici, pagati con il sangue del popolo produttivo, come nessuna altra nazione. E, pur se da poco, comincia a tagliare spesa pubblica invece che alzare le tasse ed a valutare, pur ancora timidamente, operazioni patrimonio contro debito. Francamente non si merita uno spread così alto e devastante né tantomeno che le valutazioni del Fmi non riconoscano gli aspetti positivi e specifici della nazione. Si tratta di guerra economica condotta dalla Germania contro l’Italia, per  indebolirla e meglio condizionarla, o  solo di una diversità o di errori analitici, per la loro tipica ansia che distorce le visioni, dei tedeschi? Alcuni indizi fanno propendere per la prima ipotesi, dal momento che sono in atto tentativi di conquista di posizioni di controllo nei settori industriali, dell’energia (Ansaldo) e bancario e forti compressioni della presenza italiana nei mercati esteri.
Linea prudente - Il governo Monti non vuole rispondere, e un suo esponente mi ha suggerito di non portare questo tema sulla stampa dopo un primo articolo pubblicato su Il Foglio, perché  sta tentando una strategia non conflittuale di convincimento della Germania, nella paura che Berlino possa «catastrofarci» se la denunciamo e sfidiamo. O preferisce tenere nascosti i difetti di gestione dell’immagine italiana presso il Fmi e altrove? Per questo chiedo alle Commissioni parlamentari Esteri e Difesa, se possibile in sessione congiunta in quanto il problema è di sicurezza nazionale, di chiamare in audizione chi può dettagliare ed espandere gli indizi qui riferiti per decidere se siamo oggetto di un attacco o meno e se, in caso, il governo sia attrezzato per la giusta difesa. Secondo me la nazione è sotto attacco e dovrebbe reagire con massima durezza e determinazione. Ma è meglio che siano le istituzioni ad accertarlo in modi approfonditi, vigileremo che lo facciano.
http://www.carlopelanda.com/

http://www.liberoquotidiano.it/news/Esteri/1062143/Fmi-e-Germania-hanno-truccato-le-carte--per-papparsi-l-Italia.html

AGOSTO, EURO ADDIO? - DOPO IL VENERDÌ NERO, SUDARIO MONTI E CIPRESSO GRILLI SCAVANO LE TRINCEE PER QUESTI "MALEDETTI CINQUANTA GIORNI" CHE CI SEPARANO DALLA DECISIONE DEI GIUDICI COSTITUZIONALI TEDESCHI SUL MECCANISMO SALVA-STATI - "UN'ALTRA MANOVRA CORRETTIVA OLTRE CHE INUTILE SAREBBE DANNOSA PERCHÉ SI RISCHIEREBBE UN AVVITAMENTO DELLA CRISI” – E DOPO AVER VISTO GLI SCONTRI DI MADRID, MONTI USA TONI MOLTO CONCILIANTI CON I SINDACATI…

Francesco Bei per La Repubblica
La tensione a Palazzo Chigi è alle stelle. Monti un po' se l'aspettava, perché "la speculazione batte sempre più forte il venerdì", quando i mercati s'infiammano prima della chiusura del week-end. Ma non così forte. Un venerdì nero, che aumenta i timori per quello che potrebbe accadere in agosto. Per questi "maledetti cinquanta giorni", come li chiama un ministro, che ci separano dalla decisione dei giudici costituzionali tedeschi sul Meccanismo salva-stati. Cinquanta giorni in cui l'Italia si sta attrezzando per cavarsela da sola.
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Qualche argine è stato già tirato su da Vittorio Grilli. Il ministro dell'Economia ha annullato l'asta di Btp del 14 agosto: con i tassi schizzati oltre il 6% sarebbe stata un rischio troppo forte. In più il 25 luglio il Tesoro italiano lancerà un'operazione di concambio, offrendo un Btp con rendimento al 4,75% per riacquistare altri titoli meno convenienti in giro sul mercato secondario. Ma ad agosto sono 31 i miliardi di debito pubblico che andranno in scadenza e dovranno essere rimborsati.
L'allarme è ai massimi livelli. Lo hanno compreso bene i ministri riuniti ieri mattina a Palazzo Chigi. Prima del Consiglio dei ministri hanno visto i funzionari del Tesoro aggirarsi preoccupatissimi per i corridoi del palazzo. Facce tese, sguardi smarriti. Lo stesso presidente del Consiglio, man mano che le Borse affondavano e lo spread spagnolo e italiano saliva, si allontanava per consulti telefonici. Si parla di contatti con la Bce, per certo c'è che Monti chiama Napolitano, avvertendolo che la situazione si è fatta "preoccupante". E non a caso il capo dello Stato, poco prima di mezzogiorno, al Quirinale descrive una crisi che "minaccia il futuro dell'Italia".
HOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLESHOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLES
Parole pesantissime, frutto della triangolazione con il premier e con il governatore della Bce Mario Draghi. A Napolitano Monti si rivolge anche per informarlo della decisione di tenere una conferenza stampa in coincidenza con l'inizio della riunione (in teleconferenza) dell'eurogruppo. Una comunicazione che, almeno nelle intenzioni del capo del governo, dovrebbe rassicurare gli italiani e gli investitori.
Il punto fermo di Monti, ripetuto anche ieri con i suoi collaboratori, è che l'Italia non chiederà aiuto al Fondo Monetario. "Non abbiamo bisogno di aiuti esterni, ce la possiamo fare da soli". Certo, a patto che a settembre si apra finalmente l'ombrello europeo dell'Esm, finora rimasto chiuso anche per la strenua opposizione di Olanda e Finlandia, i dobermann del rigore. E non a caso il primo agosto Monti volerà a Helsinky per lanciare la sua "operazione simpatia" e presentare al primo ministro Jyrki Katainen i conti in ordine dell'Italia.
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Nel frattempo, nei "cinquanta maledetti giorni" in cui il paese sarà indifeso, l'unica speranza è affidata alla Bce. Lo conferma un montiano di ferro come Benedetto Della Vedova: "L'inflazione sta scendendo sotto il 2 per cento e lo statuto della Bce impone a Draghi di difendere la stabilità monetaria dell'area euro. Così, per contrastare la deflazione, potrebbe procedere a un "quantitative easing", ovvero a un acquisto di titoli pubblici dei paesi più deboli, che farebbe abbassare anche lo spread italiano". In questo modo i membri "nordici" del board non potrebbero opporsi.
MONTI GRILLIMONTI GRILLI
È una scommessa, ma del resto l'attacco ad agosto se lo aspettano tutti. Non solo a Roma. Nel palazzo Justus Lipsius, racconta un funzionario di rientro da Bruxelles, è stata preallartata l'unità di crisi finanziaria del "SitCen", il Joint Situation Centre. È l'intelligence dell'Unione europea e dovrà tenere gli occhi aperti per cogliere i primi segnali di smottamento, avvertendo i vertici comunitari.
Umberto Croppi e Della VedovaUmberto Croppi e Della Vedova
Quanto all'Italia, per Monti non c'è molto altro da fare. "Un'altra manovra correttiva oltre che inutile sarebbe dannosa - ha spiegato il premier a Casini e agli altri leader politici incontrati nelle ultime 48 ore - perché si rischierebbe un avvitamento della crisi. La vera priorità ora è far ripartire la crescita e attirare investimenti grazie a un incremento della competitività".
Per far questo, più che i partiti, serve la collaborazione delle parti sociali. E non a caso, dopo aver sparato a zero contro la concertazione, ieri Monti ha usato toni molto concilianti con i sindacati. Ha dato loro atto del "senso di responsabilità" nell'evitare inutili tensioni sociali. Proprio nel giorno in cui in Spagna centinaia di migliaia di persone protestavano per la politica di austerity di Mariano Rajoy.

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/agosto-euro-addio-dopo-il-venerd-nero-sudario-monti-e-cipresso-grilli-scavano-le-41835.htm

A che punto è la notte

CINQUE ANNI DI FOLLIE FINANZIARIE

A che punto è la notte

Il fondo salva-Stati non risolverà i problemi
Serve un’unione politica irreversibile

CINQUE ANNI DI FOLLIE FINANZIARIE
A che punto è la notte
Il fondo salva-Stati non risolverà i problemi
Serve un’unione politica irreversibile
Era il luglio di cinque anni fa quando si avvertirono i primi scricchiolii in alcune banche americane, francesi e tedesche. Da allora abbiamo vissuto la più forte recessione dagli anni Trenta, la crescita è rallentata, e trovare un lavoro è diventato difficile dovunque. Questa crisi ci ha insegnato alcune verità.
Primo: le crisi finanziarie, soprattutto quelle scatenate da aumenti ingiustificati nei prezzi delle abitazioni producono, quando la bolla poi scoppia, recessioni molto lunghe. Le banche, dopo aver concesso mutui con grande leggerezza, senza chiedersi se il cliente debitore sarebbe stato in grado di sostenere le rate, subiscono perdite ingenti e devono ricapitalizzarsi. Ma a quel punto trovare capitali privati non è facile, e se interviene lo Stato, il debito pubblico esplode, come è accaduto in Stati Uniti, Irlanda e Spagna. Così il credito non riprende e l’economia ristagna a lungo. Lo abbiamo imparato dal libro di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria (Il Saggiatore, 2010) lettura consigliata per l’estate. Il titolo è volutamente ironico: questa volta «non» è diverso, la storia è piena di crisi finanziarie seguite da lunghe recessioni. Il Giappone è solo l’esempio più recente: non si è mai davvero ripreso dagli effetti della bolla immobiliare scoppiata nel 1989, e il debito pubblico ha raggiunto il 200 per cento del reddito nazionale. I due grafici visibiliqui illustrano in modo chiaro la durata di queste crisi e il ciclo del credito prima e dopo la crisi.

Secondo: occorre abbandonare l’illusione che per riprendere a crescere basti un po’ di spesa pubblica. Per vent’anni il Giappone le ha provate tutte: porti, metropolitane, alta velocità: il debito pubblico si è triplicato, ma la crescita non è mai arrivata. E anche il programma fiscale di Obama, se forse ha attenuato la recessione americana, certo non è riuscito a ridurre la disoccupazione e a far ripartire velocemente l’economia. E nel frattempo anche gli Stati Uniti hanno accumulato livelli di debito molto onerosi. Sono ancora Reinhart e Rogoff a mostrare che quando il debito pubblico sale oltre certi livelli diventa un macigno che rallenta a lungo la crescita.
Terzo: per risanare il sistema finanziario bisogna separare le banche dalla politica. In entrambe le direzioni: riducendo il potere dei politici sul sistema finanziario e l’influenza dei banchieri sui governi. Non è un caso che la prima banca che cinque anni fa entrò in difficoltà, fosse una cassa di risparmio pubblica tedesca: la IKB Deutsche Industriebank di Düsseldorf. Fallì perché concedeva prestiti a condizioni non di mercato alle imprese amiche dei politici suoi azionisti e per far tornare i conti acquistava mutui immobiliari, apparentemente molto redditizi, in Florida e Nevada, i due Stati in cui la bolla immobiliare americana fu più acuta. Una vicenda analoga a quella delle Caixas spagnole: se il governo di Madrid non le avesse protette fino all’ultimo, negando che fossero tutte fallite, forse oggi la Spagna sarebbe in una situazione meno drammatica. Oggi le banche pubbliche tedesche si oppongono con forza al trasferimento dei poteri di vigilanza alla Banca centrale europea: temono occhi indipendenti con cui sarebbe difficile venire a patti. Se l’avessero vinta, l’unione bancaria non vedrebbe la luce e l’euro avrebbe i giorni contati. Ma l’indipendenza deve essere anche nel senso contrario. Nella vicenda del Libor, il tasso interbancario londinese, i rapporti fra la Banca d’Inghilterra e i dirigenti di Barclays sono parsi a volte eccessivamente confidenziali. Esercitare moral suasion è il mestiere più difficile di un banchiere centrale, un’arte che richiede discrezione, ma che non deve mai lasciar dubbi sull’indipendenza dell’autorità preposta a vigilare sulle banche. Negli Stati Uniti le riforme proposte dall’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker, che vietano alle banche commerciali di intraprendere attività speculative, rimangono in gran parte inapplicate, per l’influenza che Wall Street continua a esercitare su Washington. La riforma Dodd-Frank è un complicatissimo pasticcio entro i cui meandri certe pratiche oscure potrebbero continuare.

Quarto: la crisi ha dimostrato la fragilità del progetto europeo. Finché tutto andava bene le fondamenta tenevano. Da quando è scoppiata la crisi, la costruzione traballa pericolosamente. Ma invece di trovare una soluzione, i politici europei non fanno che accusarsi tra loro ritardando gli interventi necessari. È ormai chiaro che l’euro non si salverà con scorciatoie e tappabuchi come gli eurobonds o i fondi salva-Stato. Affidare il salvataggio dell’euro alla speranza che le «formiche del Nord» salvino «le cicale del Sud» socializzando i loro debiti è ingiusto, politicamente impossibile, ma soprattutto non servirebbe a nulla. Un salvataggio senza una maggiore integrazione politico- economica dell’eurozona avrebbe solo l’effetto di dare alle cicale la possibilità di rimandare riforme già troppo a lungo procrastinate. Dopo di che le tensioni tra Sud e Nord riesploderebbero con più forza. L’euro si salva (se si vuol farlo) con un piano coerente di medio termine di integrazione bancaria, fiscale e politica dell’eurozona. Ciò non significa gli Stati Uniti d’Europa, ma un’architettura coerente che permetta all’unione monetaria di funzionare. Una prima decisione, dopo aver affidato la vigilanza bancaria alla Bce, potrebbe essere un primo passo nel trasferimento della sovranità sui propri conti pubblici. Ad esempio si potrebbe decidere (seguendo una proposta che è stata avanzata in Germania) che se un Paese non rispetta gli obiettivi sui conti pubblici, la nuova legge finanziaria che si renderà necessaria (incluse le riforme indispensabili per renderla credibile) non sarà scritta dal governo di quel Paese, ma dalla Commissione di Bruxelles, e non sarà votata dal suo Parlamento, ma dal Parlamento europeo (una proposta che dovrebbe però essere accompagnata da un rafforzamento della credibilità dell’istituzione di Strasburgo). A fronte di una simile decisione la Germania e gli altri Paesi del Nord potrebbero decidere che si è fatto un passo sufficientemente irreversibile verso l’unione politica da giustificare interventi atti a garantire che il sistema non esploda prima di raggiungere il traguardo finale. Per esempio concedere una licenza bancaria allo European stability mechanism (Esm), cioè consentire che la nuova istituzione europea abbia accesso alla liquidità della Bce, condizione necessaria affinché la quantità di eventuali acquisti di titoli pubblici sia sufficiente a renderli credibili. Oppure creare, sempre attraverso l’Esm, una garanzia europea sui depositi bancari (analogamente a quanto avvenne negli Stati Uniti durante la Grande depressione) cioè l’impegno, qualunque cosa accada, a rimborsarli in euro. È ciò che Angela Merkel ripete da tempo: siamo pronti a correre dei rischi, ma solo a fronte di progressi concreti nel trasferimento di sovranità.
Quinto: i compiti a casa dobbiamo continuare a farli, non solo quando lo spread sale. Accusare i tedeschi per le mancanze della nostra storia recente è puerile. Gli italiani non si sono ancora ben resi conto di quanto complessi debbano essere questi compiti. Ci si illude se si pensa che basti «ridurre gli sprechi». Serve ben altro: occorre ripensare a quello che il nostro Stato può e non può fare. Bisogna evitare che di servizi pubblici di fatto gratuiti beneficino anche i ricchi, e non solo le famiglie indigenti. Occorre ridurre le tasse che gravano su chi lavora e produce. È molto difficile crescere con un debito pubblico che supera il 100% del Pil e un peso fiscale che per i contribuenti onesti è tra i più alti al mondo. Serve una «rivoluzione » del nostro Stato sociale, non solo ritocchi. La Germania ha iniziato a farlo dieci anni fa, e ora ne trae i benefici.
Sesto: la giustizia sociale va garantita creando il più possibile pari opportunità per tutti. Una delle ragioni dell’incremento della disuguaglianza che ha preceduto la crisi è stata la crescita del premio retributivo per chi ha accumulato capitale umano, cioè ha studiato. L’investimento in formazione ha reso di più e favorito chi poteva permetterselo. Non demonizzare la ricchezza quindi, ma offrire a tutti la possibilità di acquisire gli strumenti necessari. Premiare il merito, punire le rendite di posizione, scardinare i privilegi, rendere il mercato più equo, colpire l’evasione. Seconda lettura per l’estate: Luigi Zingales, A capitalism for the people, New York, Basic Books 2012.
Il tempo sta per scadere. Come scrisse Rudi Dornbusch, uno degli economisti più lucidi del Novecento: «Le crisi spesso durano molto più a lungo di quanto si pensi. Ma poi svoltano e si avvitano in un baleno. Ci vogliono dei mesi, ma poi basta una notte».
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi22 luglio 2012 | 9:23



Spiegel: «Fmi vuole bloccare aiuti alla Grecia»

Il giornale tedesco parla di esponenti del Fondo intenzionati a chiudere i rubinetti per l'immente default a settembre

EUROPA E CRISI ECONOMICA
Spiegel: «Fmi vuole bloccare aiuti alla Grecia»
Il giornale tedesco parla di esponenti del Fondo intenzionati a chiudere i rubinetti per l'immente default a settembre

Proteste dei lavoratori  vicino ad Atene (Afp)Proteste dei lavoratori vicino ad Atene (Afp)
Il Fondo monetario internazionale vuole bloccare gli aiuti economici alla Grecia. Lo Spiegel scrive che alti esponenti dell'Fmi hanno già comunicato questa intenzione alle autorità di Bruxelles, con la conseguenza di un probabile default di Atene nel prossimo mese di settembre. Attualmente la Troika formata da Fmi, Ue e Bce sta esaminando il modo in cui Atene sta applicando il programma di riforme concordato, ma secondo il settimanale di Amburgo «appare chiaro che il governo greco non riuscirà a ridurre entro il 2020 il debito pubblico al 120% del Pil».
«USCITA DA EURO CONTROLLABILE» - Nel caso in cui ad Atene venisse concesso più tempo, ciò causerebbe secondo la troika un esborso maggiore degli aiuti compreso tra 10 e 50 miliardi di euro, che molti Paesi dell'Eurozona non sono disposti ad accollarsi. In aggiunta a ciò, Olanda e Finlandia avrebbero posto come condizione della loro partecipazione agli aiuti alla Grecia che anche l'Fmi se ne assuma una parte. Lo Spiegel scrive inoltre che, secondo l'opinione dei Paesi dell'Eurozona, un'uscita della Grecia dall'euro sarebbe controllabile. Dal Fondo Monetario per il momento non è arrivata né conferma né smentita.


http://www.corriere.it/economia/12_luglio_22/spiegel-il-fondo-monetario-vuole-sospendere-aiuti-grecia_cef56cb0-d3da-11e1-83bd-0877fdcd1621.shtml

Monti potrebbe facilmente incassare 50 miliardi della VERA evasione ma non vuole

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Da quando si è insediato il governo Monti, abbiamo assistito a numerosi proclami sull'evasione fiscale, tra mirabolanti proclami e operazioni mediatiche, passando per leggi "ammazza privacy", con il fisco che setaccerà non solo i nostri conti correnti, ma persino la bolletta del telefono. Ma i soldi della VERA EVASIONE, i MILIARDI DI EURO esportati all'estero dai "grandi evasori" (e probabilmente, in parte provento di altre attività illecite) non li vuole toccare!!! Potrebbe recuperare facilmente 50.000.000.000 di euro, che non aspettano altro che essere prelevati, come spiega l'articolo di seguito. C'è l'accordo con la Svizzera, altre nazioni europee lo hanno già fatto... ma il nostro governo, evidentemente, NON VUOLE QUEI SOLDI! Preferisce purgare i deboli.
50 miliardi sono una bella somma: avrebbero permesso di non aumentare la pressione fiscale, o quantomeno di evitare le tasse che più hanno colpito le fasce deboli della popolazione, generando l'ondata di suicidi alla quale stiamo assistendo. Persino il PDL - che a queste misure è sempre contrario - sembra aver dato segnali di apertura: Ma Mario Monti non vuole saperne. E le FALSE "opposizioni" COLLUSE, tacciono...
di seguito l'articolo de "Il Fatto Quotidiano":
Il governo continua a dire no all’accordo con Berna sui 150 miliardi di capitali evasi che tassati potrebbero finanziare lo sviluppo. Germania, GB e Austria lo hanno già fatto. L’Europa dice sì e ora anche il Pdl apre
I soldi sono lì, a portata di mano, facili da incassare. E tutti in una volta, senza stare a racimolare un miliardo qua e uno là tra accise sulla benzina e i blitz utili, e spettacolari, come quello di ieri della Guardia di Finanza negli agriturismi in vista del ponte del Primo maggio. Nelle casse delle banche svizzere si stima ci siano almeno 150 miliardi di euro degli evasori italiani e lo Stato potrebbe prendersene fino a 50. Ma al governo non sembrano interessare.
“Full compliance”, piena conformità. È questa l’espressione che toglie ogni alibi al governo Monti. Nella conferenza stampa di mezzogiorno del 17 aprile il commissario europeo alla Fiscalità,Algirdas Šemeta, spiega ai giornalisti che gli accordi di Gran Bretagna, Germania e Austria con la Svizzera sono compatibili con il diritto comunitario . E quindi nel 2013 produrranno i loro effetti.

Partiamo dalla fine: il 13 aprile l’Austria firma l’accordo con la Svizzera. Funziona così: nei forzieri elvetici ci sono almeno 20 miliardi di euro austriaci frutto di evasione. I residenti austriaci titolari dei conti o i beneficiari dei trust e degli altri strumenti giuridici per nascondere le tracce, se vogliono mantenere i loro capitali in Svizzera dovranno pagare una sanzione una tantum del 30 per cento, modulata poi a seconda della durata dei depositi, che può nella pratica oscillare tra il 15 e il 38 per cento. È una specie di condono fiscale, è vero, ma di entità ben diversa da quel 5 per cento applicato da Giulio Tre-monti ai suoi tempi. E soprattutto gli effetti continuano: tutti i proventi dei capitali e degli altri strumenti finanziari (dai dividendi ai capital gain) saranno tassati al 25 per cento ogni anno. La Svizzera si accolla il ruolo di esattore per conto dell’Austria e in cambio conserva il segreto bancario, l’unico vero strumento che le è rimasto per attirare i capitali nel Paese (visto che spesso derivano da evasione fiscale o altre pratiche illecite). Il governo di Berna si trova infatti sotto pressione, soprattutto dagli Stati Uniti, per rivelare i segreti dei conti bancari (celebre il caso di Ubs, che è stata costretta a farlo, in piccola parte).
Preferisce quindi agire da sostituto d’imposta, ma tenere un po’ di riservatezza. Da mesi ci sono trattative tra Berna, la Germania e la Gran Bretagna che hanno raggiunto accordi simili. L’applicazione si stava complicando perché la Commissione europea temeva gli effetti distorsivi di provvedimenti che, di fatto, sanano le posizioni illecite del passato. “Ma si è trovato un escamotage, i pagamenti una tantum vengono presentati come l’acconto di quanto verrà chiesto a chi ha soldi in Svizzera dopo l’approvazione di un accordo complessivo tra i 27 Paesi Ue che il commissario Šemeta continua ad auspicare”, spiega Rita Castellani, una delle animatrici dell’iniziativa “Operazione Guardie Svizzere” per fare pressione sul governo italiano. In Germania la Spd, il partito socialdemocratico, si è opposta all’accordo negoziato dal governo di Angela Merkel e ha ottenuto condizioni ancora più punitive per gli evasori: un prelievo una tantum tra il 21 e il 41 per cento (invece che tra il 19 e il 34) e una patrimoniale colossale del 50 per cento per chi eredita un conto svizzero e non lo dichiara al fisco tedesco. Le associazioni dei contribuenti in Germania, all’inizio scettiche, ora sono entusiaste della formulazione dell’accordo e chiedono la sua immediata applicazione. I l flusso di denaro verso Berlino comincerà nel 2013.
Pochi giorni fa il ministro delle Finanze elvetico, Eveline Widmer-Schlumpf, ha detto in un’intervista che “la Svizzera sta portando avanti con Italia e Francia il tema della tassazione degli asset detenuti in conti svizzeri da cittadini dei due Paesi, ma un negoziato formale deve ancora iniziare”. Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti aveva concentrato, con un certo successo, le sue attenzioni soprattutto su San Marino. E il governo Monti ha chiarito la sua posizione all’inizio del mandato: favorevole agli accordi con la Svizzera per far pagare gli evasori ma nel quadro di un’intesa comunitaria, anche per non incorrere nel rischio di sanzioni da parte della Commissione Ue. La quale però adesso ha dato il via libera. E l’accordo fatto dall’Austria toglie ogni alibi all’Italia. A cui un po’ di gettito in più, nel 2013, farebbe comodo visto che la recessione farà diminuire le entrate attese su cui è stata impostata l’ultima manovra Salva Italia.


http://www.nocensura.com/2012/05/monti-potrebbe-facilmente-incassare-50.html

giovedì 19 luglio 2012

EURO-CRAC - STAVOLTA È IL FONDO MONETARIO A DARE AI MERCATI IL VIA PER L’ATTACCO SPECULATIVO CHE PIOMBERÀ SU ITALIA E SPAGNA A FERRAGOSTO: “SOPRAVVIVENZA DELL’EURO IN PERICOLO” - PER IL FONDO SALVA-STATI ESM SERVE IL VIA LIBERA DELLA CORTE TEDESCA A SETTEMBRE, E MERKEL AGGIUNGE MAZZATE: “OTTIMISTA? SÌ, MA AD OGGI POTREBBE NON FINIRE BENE: SERVONO MISURE”. OVVERO FISCAL COMPACT E UNIONE BANCARIA. MA NON L’ATTIVISMO DI DRAGHI CHE CHIEDE IL FMI…

L'FMI: L'ITALIA TAGLI SPESE E TASSE. "IN PERICOLO LA SOPRAVVIVENZA DELL'EURO"...
Elena Polidori per "
la Repubblica"euro crisieuro crisi
Allarme del Fmi: la crisi europea si è «intensificata», la ripresa è debole e ora emergono pure incognite «sulla stessa sopravvivenza » di Eurolandia. All'Italia, questi esperti consigliano di tagliare le spese per ridurre le tasse e aiutare la crescita. Anche Angela Merkel non è certa che il progetto europeo funzionerà. «Non è ancora costruito in maniera tale da assicurare che tutto andrà bene. Dobbiamo lavorarci, ma sono ottimista».
Le nubi si addensano anche su quattro tra i maggiori istituti bancari europei, Hsbc, Credit Agricole, Deutsche Bank e Societe Generale.
CHRISTINE LAGARDECHRISTINE LAGARDE
Secondo il Financial Times sarebbero nel mirino delle autorità di controllo per aver cercato di manipolare il tasso di riferimento, l'Euribor. Europa sempre a rischio, dunque. «In un punto a metà strada, scomodo e insostenibile », nell'analisi del Fmi tutta dedicata agli affanni dei Paesi che aderiscono alla moneta unica.
Per «fermare la caduta della fiducia» - ecco l'obiettivo - ci vuole «una dichiarazione unificata di sostegno da parte dei governi con un chiaro calendario delle decisioni». Bisogna dimostrare «l'inequivocabile impegno dei politici a sostenere la zona euro». Merkel guarda ai Paesi più deboli «che hanno molto lavoro da fare» per riconquistare il bene prezioso della fiducia e «superare la crisi del debito e della competitività».
ANGELA MERKELANGELA MERKEL
Ammette che l'economia tedesca «va bene se i vicini europei stanno bene ». Intervistata dal sito del suo partito, la Cdu, dichiara: «L'Europa è il nostro futuro. La Germania non perderà le sue caratteristiche in questa unione, dobbiamo farne parte per affrontare le sfide sempre più globali che ci aspettano».
Dichiarazioni d'intenti. Ma anche provvedimenti precisi per uscire dalla crisi. Il Fmi ne abbozza qualcuno. Per esempio: ci vuole «un deciso passo verso una unione più completa». La prima priorità è l'unione bancaria. Sono urgenti misure immediate per la crescita. Vanno realizzati i provvedimenti decisi dal Consiglio Ue di fine giugno.
MARIO DRAGHI MARIO MONTIMARIO DRAGHI MARIO MONTI
La Bce potrebbe giocare un ruolo maggiore nella crisi del debito attraverso nuovi tagli dei tassi, acquisti di titoli di stato e iniezioni di liquidità. Il suo mandato andrebbe esteso in modo da consentirle di svolgere funzioni di prestatore di ultima istanza. Tutte ricette viste come il fumo agli occhi dalla Germania e dai paesi nordici dell'euro.
Fra i provvedimenti necessari subito vi è pure l'uso flessibile del fondo Esm che deve poter ricapitalizzare direttamente le banche deboli, altra questione ancora molto controversa nel dibattito politico europeo. I mercati «finanziari restano sotto pressione », avvisa il Fmi in una giornata in cui le Borse chiudono tutte in positivo, sebbene lo spread rimanga sempre elevato: 481 punti quello italiano, ben 576 lo spagnolo.
Ai paesi euro il Fondo ricorda che la disoccupazione resterà alta, anche se con diseguaglianze enormi tra le diverse aree: si va dal 5,5% della Germania al 24% della Spagna. Alle nazioni più deboli, tra cui l'Italia, non basteranno i prossimi quattro anni per tornare ai livelli di disoccupazione precrisi. Per il governo Monti vi sono alcune
raccomandazioni specifiche. Per esempio, quella di «porsi come obiettivo un surplus strutturale complessivo pari all'1% del Pil come àncora per la nuova regola fiscale» del pareggio di bilancio in Costituzione.
LA TRASPARENTE SEDE DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCALA TRASPARENTE SEDE DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA
Tra le riforme sono ben visti interventi su energia, servizi pubblici locali e ordini professionali per «ridurre il costo del fare impresa e aumentare la concorrenza ». Va limitato il coinvolgimento dello stato nell'economia. Ci vogliono stress test anche per le banche piccole. Nel mercato del lavoro andrebbe ridotto «il dualismo, aumentata la partecipazione e decentralizzato il processo di fissazione dei salari».


2 - MERKEL: "OTTIMISTA SULL'EURO MA NON SO SE FINIRÀ BENE"...
Tonia Mastrobuoni per "la Stampa"

Naturalmente il progetto europeo non è ancora costruito in modo tale che possiamo essere certi che tutto finirà bene». Pur avendolo formulato con goffa cautela, questo concetto espresso ieri da Angela Merkel ha regalato all'euro un altro sontuoso tonfo contro il dollaro. Certo, la cancelliera ha aggiunto di essere «ottimista» e che «dobbiamo continuare a lavorare», ma intanto il mercato lavorava a martellare la moneta unica a quota 1,2266 contro il biglietto verde.
Jurgen StarkJurgen Stark
La notizia non è di per sé negativa per l'industria dell'eurozona, anzi, la stessa mossa della Bce di abbassare i tassi di interesse a 0,75% o la decisione di martedì del presidente della Fed Ben Bernanke di rimandare l'attesa terza mega operazione di liquidità, hanno avuto l'effetto di rafforzare il dollaro e dare un po' di respiro all'euro e dunque alle prospettive per l'export.
Ma il problema è che l'atteggiamento di qualcuno sta alimentando anche le pressioni sui titoli di Stato dei Paesi periferici perché sembra dare sostanza alla percezione di una spaccatura in due dell'Eurozona. Lo spread tra i Bund tedeschi e i Btp è di nuovo salito a 488 punti e quello con i Bonos spagnoli a 576 punti.
fondo monetario internazionalefondo monetario internazionale
Complice, forse, l'ex membro del board della Bce, Jürgen Stark che ha chiesto apertis verbis che i Paesi più deboli escano dalla moneta unica. «Vedo la necessità per un consolidamento in Eurolandia» ha detto l'economista tedesco che lasciò a fine 2011 l'incarico perché in disaccordo con l'acquisto di bond italiani e spagnoli da parte della Bce. Per Stark «l'asse franco-tedesco deve essere mantenuto perché non va persa l'integrazione tra i Paesi "core", altrimenti corriamo il rischio di causare un disastro di proporzioni storiche».
Ormai, mentre la Fed ha invitato ieri la Bce ha giocare un ruolo maggiore nella risoluzione dell'eurocrisi, alcuni analisti esaminano seriamente ipotesi di un «euro-nocciolo» o di un'eventuale uscita della Germania dall'euro. Ed Yardeni, ad esempio, è convinto che essendo la Bundesbank enormemente esposta attraverso il sistema delle banche centrali verso l'Eurozona (Target2), Berlino subirebbe perdite ingenti.
«Tuttavia, più a lungo rimarrà nell'euro, più salato sarà il conto, per la Germania. Un buonissimo motivo per abbandonarlo adesso, prima che il conto diventi ancora più salato». E l'occasione buona, conclude Yardeni, potrebbe essere la sentenza del 12 settembre della Corte costituzionale tedesca sul fondo salva-Stati Esm. Una bocciatura, lo ha ricordato proprio ieri il membro del comitato esecutivo della Bce Jörg Asmussen, significherebbe «il fallimento dell'Esm così com'è stato concepito». Una prospettiva disastrosa soprattutto per Italia e Spagna: addio salva-spread, addio ricapitalizzazione diretta delle banche.
Da Roma, però, il ministro dell'Economia Vittorio Grilli ostenta ottimismo. Esclusa, per ora, una manovra-bis «noi continuiamo sulla nostra strada così come l'abbiamo definita». E che il salva-Stati non sarà operativo da subito non mette in ansia il governo: «Non deve preoccupare» una pausa di due mesi, ha scandito, sia perché attualmente è già in funzione il salva-Stati temporaneo Efsf, sia perché ad agosto non sono previste aste di titoli di Stato italiani. Infine, Grilli ha quantificato l'impegno italiano nell'Esm: «14,33 miliardi di euro di capitale "paid-in", da versare entro il 2014 con le seguenti scadenze: 5,73 miliardi nel 2012 e nel 2013 e 2,87 miliardi nel 2014».

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/euro-crac-stavolta-il-fondo-monetario-a-dare-ai-mercati-il-via-per-lattacco-41733.htm

MILANO ALLA DERIVA SUI DERIVATI - JP MORGAN, DEUTSCHE BANK, UBS E DEPFA BANK ANCHE SE CONDANNATE SE LA CAVERANNO CON UN MILIONE E MEZZO DI EURO CIASCUNA - IL REATO CONTESTATO E’ TRUFFA AGGRAVATA AI DANNI DEL COMUNE DI MILANO – LE BANCHE AVREBBERO INTASCATO ILLECITAMENTE 100 MILIONI – C’E’ ANCHE IL FIGLIO DI BASSOLINO (UBS) TRA I NOVE MANAGER COINVOLTI…

MF-DJ)Il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, nell'ambito del processo sui derivati che ha coinvolto il comune del capoluogo lombardo, ha chiesto la condanna di quattro banche a una pena pecuniaria di 1,5 mln di euro per ogni istituto, la confisca di 72 mln come profitto dei reati contestati e l'interdizione per un anno a contrarre con la pubblica amministrazione.PALAZZO MARINO SEDE DEL COMUNE DI MILANOPALAZZO MARINO SEDE DEL COMUNE DI MILANO
Le quattro banche coinvolte sono Jp Morgan, Deutsche Bank, Ubs filiale di Londra e Depfa Bank. Per le tredici persone fisiche imputate nel processo l'accusa, a quanto si e' appreso, ha chiesto quattro assoluzioni e nove condanne. Le assoluzioni, per insufficienza di prove, riguardano i due ex manager di Palazzo Marino, Giorgio Porta e Mario Mauri e due funzionari di Jp Morgan, Simone Rondelli e Francesco Rossi Ferrini.
comune di milanocomune di milano
Per Antonia Creanza (Jp Morgan), Marco Santarcangelo (Depfa) e Wiliam Marrone (Depfa) il Pm ha chiesto una condanna a dodici mesi e mille euro di multa mentre 11 mesi e 900 euro di multa sono stati chiesti per Carlo Arosio e Tommaso Zibordi (entrambi di Deutsche Bank). Per Gaetano Bassolino (Ubs) e Matteo Stassano (Ubs) il magistrato ha chiesto la condanna a 10 mesi e 800 euro di multa. Per Fulvio Molpetti (Jp Morgan), la condanna richiesta e' di 8 mesi e 700 euro e per Alessandro Foti (Ubs), 6 mesi e 600 euro. A tutti l'accusa contesta il reato di truffa aggravata ai danni del comune di Milano.
IL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO ALFREDO ROBLEDOIL PROCURATORE AGGIUNTO DI MILANO ALFREDO ROBLEDO
La vicenda prende avvio da una operazione in derivati tra il Comune di Milano e le quattro banche che, secondo gli inquirenti, avrebbero tratto da questa operazione un profitto illecito quantificato in 100 mln.
Ubs si e' detta pronta a contestare "con fermezza le dichiarazioni finali del Pm nelle nostre repliche conclusive in autunno e dimostreremo che non sussistono basi legittime per qualsiasi condanna o sanzione a carico di Ubs o dei suoi attuali ed ex dipendenti accusati".

Questo il commento, affidato a una nota, della stessa Ubs la quale ritiene "che i fatti presentati al processo dimostrino l'assenza di collusione tra le banche e il Comune di Milano, nessuna frode da parte di alcun individuo impiegato presso Ubs e nessun danno per il Comune di Milano.
Gaetano bassolinoGaetano bassolino
"Le evidenze emerse in aula non supportano le condanne e le sanzioni richieste dal Pm nei confronti di Ubs o dei suoi dipendenti imputati", conclude la banca.
Anche Jp Morgan ha commentato le decisioni del procuratore aggiunto Robledo. "Accogliamo con rispetto le richieste del Pubblico Ministero nei confronti della banca e dei suoi esponenti", ha sottolineato la banca, "tanto quelle di assoluzione di Francesco Rossi Ferrini e Simone Rondelli, quanto quelle di condanna, nella convinzione che tutti i nostri dipendenti e la banca abbiano agito con professionalita' e in maniera del tutto appropriata nel contesto delle operazioni con il Comune di Milano, e confidiamo in un sereno giudizio da parte della Corte".

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/milano-alla-deriva-sui-derivati-jp-morgan-deutsche-bank-ubs-e-depfa-bank-anche-41730.htm

OBAMA TREMA: IL PRESIDENTE IN SCADENZA, DETESTATO DAI POTERI DI WALL STREET CHE FINANZIANO ROMNEY, SA BENISSIMO CHE IL SUO DESTINO È LEGATO A DUE FATTORI: LA SOPRAVVIVENZA DELL’EURO IN SPAGNA E IN ITALIA E LO STATUS QUO IN MEDIO ORIENTE - 2- SE ISRAELE DICHIARA GUERRA ALL’IRAN, CON LA CONSEGUENTE DISCESA IN CAMPO DEGLI STATI UNITI, SAREBBE IL COLPO DEL KO ALLE SUE SPERANZE DI ESSERE RIELETTO - 3-ECCO PERCHÉ L’ATTENTATO IN BULGARIA CHE HA FATTO STRAGE DI TURISTI ISRAELIANI E L’ASSEDIO AL REGIME DI ASSAD SONO DUE BOMBE PRONTE A FARLO SALTARE IN ARIA - 4- NEL CASO IN CUI IL GOVERNO DI NETANYAHU RIUSCISSE A FRENARE L’ISTINTO DI DARE UNA “LEZIONE” A TEHERAN, WALL STREET HA NELLA FONDINA QUELLE DIECI BANCHE AMERICANE CON LE LORO AGENZIE DI RATING CHE MANOVRANO LA SPECULAZIONE SULL’EURO -

DAGOREPORTObama trema: il presidente in scadenza, detestato dai poteri di Wall Street che finanziano il suo rivale Romney, sa benissimo che il suo destino è legato a due fattori: la sopravvivenza dell'euro in Spagna e in Italia e lo status quo in Medio Oriente. Una guerra con l'Iran, innescata da Israele con la conseguente discesa in campo di battaglia degli Stati Uniti, sarebbe il colpo del ko alle sue speranze di essere rieletto alla Casa Bianca.BARACK OBAMA A BOCCA APERTABARACK OBAMA A BOCCA APERTA
Ecco perché l'attentato in Bulgaria che ha fatto strage di turisti israeliani e il contemporaneo assedio al regime di Assad sono due bombe pronte ad esplodere sotto la prima poltrona della Casa Bianca.
BENJAMIN NETANYAHUBENJAMIN NETANYAHU
Nel caso in cui il governo di Netanyahu, grazie alla componente centrista di Kadima, riuscisse a frenare l'istinto di dare una "lezione" a Teheran, Wall Street avrebbe in mano, come arma, quelle dieci banche americane con le loro agenzie di rating pronte a manovrare la speculazione sull'euro. La famigerata ‘'guerra di agosto''.
2 - LA CATENA DEI SOSPETTI...
Maurizio Molinari per "la Stampa"

Una lunga serie di attentati, progettati o falliti, dall'inizio dell'anno e la macabra coincidenza di date con il massacro di Buenos Aires del 1994. Ecco l'elenco dei fatti che portano a suggerire che c'è l'impronta di Teheran sulla strage di turisti israeliani a Burgas, allungando sull'Europa i venti di guerra che spazzano il Medio Oriente.
ahmadinejad NUCLEAREahmadinejad NUCLEARE
Il 19 giugno scorso a Mombasa sono stati arrestati Ahmad Abolfathi Mohammad e Sayed Manour Mousavi, trovati in possesso di 15 kg di esplosivo destinato a colpire obiettivi «israeliani, americani, sauditi o britannici» secondo la versione delle autorità di Nairobi che, quando i due iraniani compaiono in tribunale il 2 luglio, li identificano come appartenenti alla «Forza Al Quds delle Guardie rivoluzionarie dell'Iran».
Bashar AssadBashar Assad
Passano poco più di dieci giorni e il 16 luglio ad essere arrestato dalla polizia locale, questa volta dentro un hotel di Limassol sull'isola di Cipro, è un cittadino iraniano in possesso di passaporto svedese. È parte di un piano teso a colpire un jet commerciale, che avrebbe fatto sosta a Nicosia in arrivo dalla Gran Bretagna con ultima destinazione Tel Aviv, con a bordo centinaia di israeliani.
Ad avere un passaporto svedese era anche uno degli iraniani implicati, a febbraio, nel fallito attentato contro l'ambasciatore israeliano in Thailandia. Anche in quell'occasione le indagini della polizia locale hanno portato verso la Forza Al Quds. Ma rispetto all'inizio dell'anno le cellule dell'unità delle Guardia della Rivoluzione iraniana che operano all'estero sembrano aver modificato obiettivo. L'operazione in Thailandia coincise infatti con alcuni attentati, falliti o parzialmente riusciti, in Azerbaigian, India e Georgia dove le vittime designate erano diplomatici dello Stato Ebraico o loro famigliari. Si è trattato in particolare di esecuzioni mirate, tese a eliminare ambasciatori o alti funzionari con esplosivi ad alto potenziale ma spesso instabili.
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Dall'inizio dell'estate invece i piani sventati a Cipro e Kenya, come anche l'attentato riuscito in Bulgaria, lasciano intendere che l'intenzione è colpire i turisti israeliani nelle destinazioni da loro più tradizionalmente frequentate. Bersagliare i turisti è più facile perché si muovono in gruppo, sono tanti e l'opera di prevenzione è complessa.
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La decisione di puntare su obiettivi più facili si deve probabilmente al fallimento degli attacchi ai diplomatici come anche alle pressioni da parte dei comandanti delle Guardie della rivoluzione sulle unità di Al Quds per poter vantare risultati concreti alle autorità di Teheran. Guidata da Qassem Suleimani, la Forza Al Quds (Gerusalemme) risponde infatti direttamente agli ordini del Leader Supremo della Rivoluzione, Alì Khamenei, ed è parte integrante del corpo dei pasdaran.
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La scelta di compiere attentati contro gli Stati considerati nemici dell'Iran viene spiegata, in ambienti di intelligence americani e europei, con la volontà di Teheran di rispondere all'assedio delle sanzioni internazionali, divenuto più efficace a seguito dei provvedimenti che dal 1 luglio colpiscono le esportazioni di prodotti petroliferi. Burgas sarebbe dunque solo una mossa in un piano più vasto, destinato ad infiammare Medio Oriente, Europa e Paesi arabi per far pagar caro alla comunità internazionale le sanzioni tese a bloccare il programma nucleare di Teheran.
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In tale cornice colpisce la coincidenza di date con l'attentato di Buenos Aires, avvenuto il 18 luglio del 1994 contro la sede della «Asociacion Mutual Israelita Argentina»: 85 vittime. Risale al 2006 l'atto d'accusa della giustizia argentina nei confronti di Teheran, nella persona dell'ex presidente Rafsanjani, per con i conseguenti mandati di cattura emessi dall'Interpol nel 2007 nei confronti di sette individui fra i quali spiccano Ahmad Vahidi, nominato nel 2009 ministro della Difesa da Mahmud Ahmadinejad, e Imad Fayez Mughnieh, l'ex regista dei più sanguinosi attacchi dagli Hezbollah ucciso a Damasco nel 2008.
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Forse non è un caso che gli Hezbollah sono stati i primi a reagire a Burgus affermando che «Mughnieh sarà vendicato in altra maniera» per far capire che questa volta Teheran non si è servita di loro, bensì dei propri corpi scelti. Con Assad che traballa a Hezbollah viene a mancare il maggior protettore e lo sceicco Nasrallah sembra voler prendere le distanza dai venti di guerra in arrivo dallo Stretto di Hormuz.

2 - I RISCHI DI UN PUZZLE DA INCUBO...
Vittorio Emanuele Parsi per "la Stampa"

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Da quando la crisi siriana ha preso avvio, il timore di tutti è stato che essa potesse far deflagrare l'intero Levante. Edi conseguenza, per i vincoli politici saldissimi che legano il regime di Assad, Hezbollah in Libano e la Repubblica islamica dell'Iran, accelerare il precipitare della tensione tra Teheran e Tel Aviv, continuamente alimentata dall'opaca vicenda del programma nucleare iraniano. I giorni di Assad e del suo regime appaiono sempre più contati.
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L'attentato che ieri ha provocato la morte, tra gli altri, del ministro della Difesa (generale Rajha), del capo dell'intelligence militare e cognato di Bashar al Assad (Assef Shawkat) e ha ferito gravemente quello degli Interni (Mohammed al Shaar) e segnala lo straordinario salto di qualità nelle capacità dei ribelli di colpire fin nel cuore dei palazzi del potere. L'attentato è avvenuto in una delle zone più sorvegliate di Damasco, proprio mentre era in corso una riunione dell'unità di crisi del governo e dopo che da giorni i combattimenti erano divampati in alcuni quartieri del centro della capitale.
Questa sola circostanza, mentre è ancora poco chiara la dinamica dei fatti, attesta però che oltre alle defezioni plateali che in queste settimane hanno coinvolto sempre più la cerchia dei collaboratori più vicini al raìs, se ne stanno evidentemente verificando altre, più silenti e letali, perché dissimulate da lealtà.
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Sono soprattutto i sunniti del regime a passare all'opposizione, contribuendo a rendere sempre più esplicita la natura alauita del potere degli Assad e in questo senso alimentando indirettamente la possibile deriva settaria della guerra civile in corso nel Paese. Agli occhi di molti membri della sua comunità, la morte del generale Rajha - il cristiano di più alto rango tra i dignitari di Assad - rischia di essere interpretata come un lugubre presagio del destino che potrebbe attendere la minoranza cristiana del Paese, dai ribelli accusata di essere rimasta leale al dittatore, i cui numeri si stanno già assottigliando.
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Analogamente a Saddam Hussein, anche Hafez al Assad (padre di Bashar) aveva fatto del «divide et impera» l'asse portante della propria strategia di controllo. Ambedue a capo di repubbliche socialiste e di fazioni rivali del partito Baath ed entrambi al governo di società religiosamente frammentate, sia l'uno che l'altro si erano sempre appoggiati sulle minoranze (sunniti e cristiani in Iraq, alawiti e cristiani in Siria) per controllare la maggioranza delle proprie popolazioni. Bashar ha proseguito sulle orme del padre, ovviamente. Ma proprio il dubbio sulla tenuta del regime potrebbe infiammare la lotta settaria ben oltre i confini siriani.
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Non è un caso che nel vicino Libano, il cui precario equilibrio poggia invece su un tanto esplicito quanto fragile compromesso costituzionale tra le sette, si facciano sempre più frequenti gli scontri tra sostenitori e oppositori del regime siriano (la cui influenza nel Paese dei Cedri è tornata a essere massiccia dopo che il partitomilizia di Hezbollah è diventato la formazione egemone del nuovo governo). Ieri persino nella centrale Hamra - quartiere prevalentemente sunnita di Beirut - sciiti e sunniti si sono sparati addosso, portando fin nel cuore della capitale quegli scontri finora concentrati nel Nord, nella zona di Tripoli.
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L'attentato di ieri in Bulgaria, in cui sette turisti israeliani hanno perso la vita e una ventina sono rimasti feriti, potrebbe non avere alcuna connessione con gli eventi finora analizzati. Ma le accuse rivolte all'Iran dal premier israeliano Benjamin Netanyahu di essere «responsabile» dell'attentato (che fa seguito ad alcuni altri in cui il coinvolgimento di cittadini iraniani è stato provato) e la sottolineatura di come questo atto terroristico sia stato perpetrato nel 18° anniversario dell'attacco alla comunità ebraica di Buenos Aires (di cui proprio Hezbollah è dagli israeliani ritenuto l'esecutore) creano comunque un collegamento gravido di fosche conseguenze politiche.
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È possibile che davvero l'Iran ed Hezbollah siano dietro questo attentato, che l'abbiano deciso con lo scopo deliberato di ammonire la comunità internazionale sui prezzi da pagare nel caso di un coinvolgimento troppo diretto nelle vicende siriane. È anche possibile che il governo israeliano sia balzato troppo rapidamente alle conclusioni, magari coltivando la pericolosa illusione di regolare i conti una volta per tutte con i propri avversari.
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Ad ogni modo, e per la prima volta, non è mai stato così concreto come in queste ore il rischio che l'irrisolta questione dell'accettazione della presenza di Israele nella regione (e del rispetto dei diritti del popolo palestinese) si saldi con le intifade arabe di questi due anni, con le lotte tra sciiti e sunniti (dal Bahrein al Libano) e con la vicenda atomica iraniana. Un puzzle da incubo.

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-obama-trema-il-presidente-in-scadenza-detestato-dai-poteri-di-wall-street-che-41728.htm