mercoledì 30 gennaio 2013
da LIBERO (27/07/10) -di Claudio Antonelli L'UNGHERIA STRESSATA BASTONA FMI E BANCHE
"Davide contro Golia.L'Ungheria contro il Fondo Monetario Internazionale,L'unione Europea e banche.Il governo del conservatore Viktor Orban è l'unico ad avere intrapreso la via della lotta ai big della finanza.Con una sostanziosa tassa agli istituti di credito e alle assicurazioni.Rispettivamente 0,45% e 5% degli utili.Una mazzata,che secondo i calcoli del governo magiaro,dovrebbe garantire un flusso di entrate di 200 miliardi di Fiorini (circa 700 milioni di euro),che saranno utilizzati per ridurre il deficit pubblico".Per far questo Orban ha dovuto praticamente mettere alla porta i rappresentanti del FMI e pure quelli della UE.
"Si tratta di una misura giusta e necessaria, ha affermato Orban, Poichè va incontro agli interessi della popolazione,in un periodo cosi difficile.Le banche d'altra parte sono all'origine della crisi globale e per questo è del tutto normale che contribuiscano a ripristinare la stabilità".
"Il governo ungherese ha perfino approvato un tetto ai salari dei dipendenti pubblici,compreso quello dei dirigenti della banca nazionale d'ungheria e del consiglio per le politiche monetarie,facendo inviperire il governatore della Banca Centrale,Andras Simor,che si è visto tagliare del 75% la retribuzione di 8 milioni di fiorini mensili,circa 27,000,40 volte il salario medio di un lavoratore ungherese.Infine Orban ha ridotto di 9 punti (dal 19 al 10%) la tassazione per le aziende con un fatturato annuo inferiore ai 500 milioni di fiorini (1,7 milioni di Euro) per di piu con effetto retroattivo al primo luglio.E ha vietato i mutui in valuta straniera che hanno favorito il debito verso l'estero.
RISPOSTE DI PAOLO BARNARD AI COMMENTI
COMMENTO 1:
La bce detiene il 5% dei titoli. il 95% sono sul mercato in mano a cittadini,imprese, banche, enti pubblici ecc. Il nostro debito pubblico è esploso con la lira ! Quando il governo abusava del signoraggio e l'inflazione era al 20%!
L'euro che ci azzecca ? Ma Barnard questo non lo dice, altrimenti qualcuno potrebbe capire! Mi raccomando il saggio riempilo di idiozie come queste del post vedrai che successone! dico sul serio!
P.BARNARD:
Appunto, se fosse vera la teoria del signoraggio la BCE avrebbe in mano il 95% dei bonds non il 5. E quel 95% in mano ai cittadini sono la ricchezza dei cittadini non il loro debito. Con la lira a debito altissimo e inflazione alta l'Italia era uno dei paesi più ricchi del mondo, proprio perché i mercati dei capitali sapevano benissimo che se lo Stato ha moneta sovrana (lira) il debito non è un problema e non declassano quello Stato. Oggi il Giappone ha il 200% debito sul Pil, il doppio di Italia e Grecia ma ha tassi bassissimi sul suo debito, perché ha moneta sovrana. L'euro c'azzecca perché non è più sovrano e gli Stati dell'eurozona devono prendere in prestito gli euro dai mercati di capitali a interessi decisi
da loro, non dagli Stati. Roma o Bonn devono andare a chiedere gli euro in prestito dai privati prima di spendere, pazzesco, e allora adesso il debito pubblico è veramente un problema, non prima con lira marco e franco... Non credo che qui le idiozie le dica Barnard, perché Barnard studia.
COMMENTO 2:
La sovranità monetaria è tipica delle dittature, nessuno deve potersi arricchire stampando moneta e nessuno deve aver il privilegio di avere soldi gratis, nè banca centrale nè politici. Questa è giustizia.Può anche essere giusto, ma se la moneta
divenisse del popolo cesserebbero di esistere gli Stati. Lo Stato può esistere solo perché può
imporre ai cittadini di pagare le tasse con la sua moneta. Togli quella finisce lo Stato.La banca centrale
non è responsabile del debito pubblico perchè quando stampa moneta compratitoli sul mercato secondario ergo può stampare
tutta la moneta che vuole ma il debito pubblico mica sale. Quello dipende dal rapporto entrate uscite dello
Stato. In sostanza, state confondendo due tematiche completamente differenti:l'emettere moneta (banche centrali) con il ricorso al debito (Stati).
P.BARNARD:
Vero.
COMMENTO
Le due cose non sono collegate altrimenti perchè paesi diversi dell'euro hanno debiti diversissimi ? Perchè la Danimarca pur avendo l'euro ha un debito/pil del 30%?Fattelo spiegare da bernard :)Perché prima dell'euro spendeva meno a debito, tutto qui. Ma oggi ha gli stessi problemi di tutti i 16 eurozona, vedi sopra.e visto che ci sei fatti spiegare anche il concetto di inflazione: stampare moneta per spenderla a interessi zero equivale a far crescere la quantità di denaro in circolazione con conseguente inflazione e impoverimento per tutti (vedi Venezuela, Cile sotto Allende, Zimbabwe ecc) a partire dalle fasce più deboli.
P.BARNARD:
Semplicistico, i problemi di Cile e altri erano ben altri, non certo l'inflazione in sé. Se lo Stato a moneta sovrana emette molta moneta, questo può in parte creare inflazione ma se quella moneta è diretta ad aumentare la produttività nazionale allora l'aumento dei prodotti pareggia l'inflazione e nulla accade.
Aspetta il mio saggio, ciao B.
16:56 Scritto da anglotedesco | Link permanente | Commenti (0) | Segnala | Tag: paolo barnard signoraggio libero claudio antonelli ungheria vikt | OKNOtizie | Facebook
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Ungheria nel mirino
Ungheria nel mirino
Pubblicato Domenica, 19 Febbraio 2012 11:35
di Umberto Mazzei
Le banche centrali si definiscono indipendenti se obbediscono ai dettami della banca internazionale. Il caso dell’Ungheria è rivelatore. Nel nuovo parlamento, hanno approvato modifiche alla costituzione ungherese con una maggioranza qualificata. Il cambiamento rilevante è la composizione della Banca Centrale dell’Ungheria, che migliora la supervisione del governo sulla propria moneta, il fiorino.
È scoppiato il pandemonio nell’Unione Europea. Il Primo Ministro, Victor Orban, è stato chiamato despota nazionalista e antidemocratico, tra altri epiteti peggiori. Washington ha parlato di “inquietudine” per la riforma. Parigi, del “problema con l’Ungheria” per la “deriva nazionalista e autoritaria” del governo. I media, del “grande debito pubblico dell’Ungheria” (Le Figaro), che è dell’80 per cento del PIL, come in Germania. Il FMI, la Banca Mondiale e l’UE hanno congelato i prestiti all’Ungheria. Il fiorino è crollato.
Tutta la sera del 18 gennaio l’Ungheria è stata sul banco degli imputati davanti al Parlamento Europeo. È criticata perché menziona Dio nella sua costituzione, come se altri paesi europei, come la Gran Bretagna (Dieu et mon droit, Dio è il mio diritto, ndt) o extraeuropei come gli Stati Uniti (In God we Trust, Crediamo in Dio, ndt) o musulmani (in nome di Allah) non lo menzionassero. È per pura ipocrisia. Quello che dà fastidio è che sia l’Ungheria a controllare la sua Banca Centrale.
In sintesi, si esige che il popolo ungherese, pur non utilizzando l’euro, rinunci a esercitare controlli, attraverso le autorità che ha eletto, sulla sua banca centrale. È stata commovente l’unanimità dei parlamentari della sinistra europea per difendere l’indipendenza delle banche centrali, per dare libertà ai “tecnocrati” imposti dal settore finanziario privato. Nel suo discorso, Daniel Cohn Bendit, è arrivato ad avvertire di possibili derive autoritarie stile Chàvez.
Si è anche sentito l’antico maoista, riciclatosi in liberista atlantista e attuale presidente dell’Unione Europea, Manuel Barroso, spiegando cosa significa rispettare la democrazia, punire con sanzioni finanziarie e altre ancora uno Stato membro dell’UE per una Costituzione votata nel suo Parlamento.
La Commissione Europea ha dato all’Ungheria un mese di tempo per emendare la sua Costituzione. I burocrati di Bruxelles – che nessuno ha eletto – vogliono annullare le riforme approvate da una maggioranza travolgente in un Parlamento eletto con un voto popolare. Il partito Jobbik già prepara un referendum popolare per uscire dall’UE.
In America latina ci sono stati episodi recenti che hanno a che fare con l’indipendenza delle banche centrali. Due anni fa l’Argentina voleva usare le sue riserve per pagare il debito, ma il presidente della Banca Centrale, Martin Redrado, preferì pagare gli interessi alle banche creditrici. Alla fine, nonostante l’appoggio internazionale, dovette rinunciare.
Questi fatti obbligano a ricordare la storia delle banche centrali e della loro funzione. L’emissione del denaro è una prerogativa dello Stato, che si fa secondo le necessità del paese. Parallelamente c’è stata l’attività dei cambiavalute, dai mercanti di shekel per il culto a Gerusalemme (moneta utilizzata dagli ebrei per pagare i sacrifici pubblici, ndt) fino ai banchieri italiani del Medioevo. Questi ultimi diedero alla banca privata la sua prima forma: custodire il denaro altrui ed emettere certificati di un valore riconosciuto, che circolavano a livello internazionale dietro la riscossione di una commissione.
Nel 1694 i due ruoli si fusero con la creazione della Banca d’Inghilterra. Fu una società privata, con azionisti segreti, che utilizzò in grande scala la riserva frazionaria, ossia emettere certificati di credito su un denaro che non si ha e incassare interessi su questi prestiti. È il modello della Federal Reserve degli Stati Uniti, un gruppo di banche private finanzia il governo statunitense con denaro inventato in cambio di Buoni del Tesoro che pagano interessi.
Guadagnare denaro con l’emissione non ha senso: si crea molto denaro per fare bolle e si vende; si ritira denaro perché si abbassino i prezzi e si compra. È il meccanismo attuale della finanza internazionale. I banchieri lucrano con il debito pubblico e la speculazione, a spese della gente.
Il debito pubblico dell’Eurozona, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna (al 2011) vale già 32 trilioni, la metà del Prodotto Mondiale (65 trilioni) e la causa è un aumento repentino provocato dal salvataggio delle banche private, rovinate nelle loro speculazioni, con denaro pubblico.
La causa non è la spesa sociale o il welfare europeo, come sostengono alcuni interessati a demolirlo per precarizzare ancora di più il lavoro e aumentare i profitti con salari bassi. La frode finanziaria continua con l’inflazione di attivi in bolle speculative per migliorare i bilanci. Il traffico con i famosi derivati non diminuisce anzi aumenta: da 601 miliardi nel 2010 a 707 miliardi nel 2011, secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea. È facile pronosticare che il 2012 vedrà crescere l’indignazione insieme agli indegni.
* Umberto Mazzei è Professore di Scienze Politiche dell’Università di Firenze e direttore dell’Istituto di Relazioni Economiche Internazionali a Ginevra. (www.ventanaglobal.info)
Fonte: www.comedonchisciotte.org
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di LUDO
http://www.signoraggio.info/index.php/7-notizie/51-ungheria-nel-mirino
LA BOCCASSINI POLVERIZZA IL GUATAMALTECO AD ORE, L’EX PM DI PALERMO INGROIA: “COME PUOI PARAGONARE LA TUA PICCOLA FIGURA DI MAGISTRATO A FALCONE? VERGOGNATI!” - 2. DA ILDA LA ROSSA UN FAVORE A BERSANI, ASSEDIATO A SINISTRA DAI “RIVOLUZIONARI CIVILI” CHE DOPO AVER ‘’INFANGATO’’ NAPOLITANO SI SONO MESSI IN TESTA, INSIEME AI COMPARI DI PIETRO E DE MAGISTRIS, PER NON PARLARE DI GRILLO, DI FAR PERDERE IL PD - 3. SOTTO EFFETTO DI TOGHE PESANTI? INGROIA REPLICA ALLA BOCCASSINI: “HO ATTESO INVANO UNA SMENTITA. L’UNICA A DOVERSI VERGOGNARE E’ LEI CHE, ANCORA IN MAGISTRATURA, PRENDE PARTE IN MODO COSI’ INDECENTE E ASTIOSO ALLA COMPETIZIONE POLITICA” - 4. L’AFFONDO: “MI BASTA SAPERE COSA PENSAVA DI ME BORSELLINO E COSA PENSAVA DI LEI”
LITE TRA LA BOCCASSINI E INGROIA "VERGOGNA, NON SEI COME FALCONE" "E TU PENSA PRIMA DI PARLARE"
Piero Colaprico per "la Repubblica"
ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA
Finché Antonio Ingroia non ha "sconfinato", Ilda Boccassini lo ha ignorato. Ma quando il neo-candidato ha accostato il suo nome a quello di Giovanni Falcone, Ilda Boccassini ha deciso che non era più il caso di tacere: «Ma come ha potuto Antonio Ingroia paragonare la sua piccola figura di magistrato a quella di Giovanni Falcone? Tra loro - sottolinea Ilda Boccassini - esiste una distanza misurabile in milioni di anni luce. Si vergogni». Una frase dura, che arriva all'indomani di una delle dichiarazioni di Ingroia a margine delle polemiche per le candidature: «Anche Falcone - diceva Ingroia - ha subito le critiche più forti dai colleghi magistrati ».
ILDA BOCCASSINI IN TRIBUNALE
In serata Ingroia partecipa a Ballarò e la sua non è una risposta altrettanto dura: «I miei maestri mi hanno insegnato a misurare le parole, Ilda Boccassini non ha letto le mie dichiarazioni. Quando sono entrato in politica, ho percepito una stizzita reazione, e questo ne è la riprova. Lo stesso era accaduto a Falcone, quando era andato al ministero. Prima di sparare a zero bisogna informarsi, non mi sono certo paragonato a Falcone».
Liquidare questa giornata come se fosse una questione che ha a che fare con la politica, o con i personalismi dentro la magistratura, sarebbe sbagliato. Se Ilda Boccassini affida al Tg de La7 la sua frase sui «milioni di anni luce» di differenza, e l'affida senza una ripresa in video o la registrazione della voce, è perché ritiene «la misura colma». Ingroia, rivendicando il diritto dei magistrati ad esprimere le opinioni, ha spesso partecipato in passato a programmi tv, a comizi, a incontri di partito, a conferenze, non evitando di rispondere sulle indagini in corso.
BOCCASSINI FALCONE
FALCONE GIOVANNI
Anche quando Ingroia parlava di Paolo Borsellino definendolo un suo maestro, Boccassini ha taciuto. Da ieri ha messo fine alle diplomazie.
A palazzo di giustizia, tra i detective, di lei si dice: «La dottoressa è una che parla con gli atti», intendendo gli atti giudiziari. Le cronache registrano negli ultimi trent'anni pochissime sue interviste; qualche incontro pubblico, specie con gli studenti; e anche i
dialoghi informali con pochissimi "estranei" sono sempre rimasti informali (o sono finiti).
«Da quando è procuratore aggiunto all'antimafia - dice uno dei suoi investigatori - è cambiata la musica per i magistrati del dipartimento. Lei sta qui dalla mattina alla sera e nessuno osa fare più il "copia e incolla" con gli atti della polizia giudiziaria, se lei li becca...». Boccassini è dunque una che «non molla». Ha indagato nella Palermo delle stragi e, tornata a Milano, ha insieme con Giuseppe Pignatone a Reggio Calabria messo in una morsa le famiglie di ‘ndrangheta del Nord.
Ingroia ha estimatori e detrattori. Ma tra i fatti incontrovertibili c'è che mentre le inchieste su quello che combina Cosa Nostra oggi a Palermo e in Italia sembrano languire, l'ex procuratore aggiunto palermitano si è dedicato soprattutto a riesaminare il "passato": come la trattativa, circa vent'anni fa, tra Stato e mafia, che tante critiche ha suscitato per i titoli di reato ipotizzati, per le telefonate registrate tra il Quirinale e l'ex ministro Nicola Mancino, per l'utilizzo dei documenti falsificati da Ciancimino jr. In ogni caso, Ingroia tra Guatemala per l'Onu e Roma per la politica, ha mollato il "fronte" della procura antimafia.
GIUSEPPE PIGNATONE
E quando uno con questo curriculum - rispettabile finché si vuole, ma diverso dal suo e da quello di Falcone - s'è messo nello stesso solco di un martire, e di «quel» martire che Cosa nostra ha eliminato per paura nei confronti di uno che non mollava la presa, Boccassini s'è indignata. E ha chiamato La7, come fece quando morì per infarto Loris D'Ambrosio, magistrato e collaboratore del presidente della Repubblica, e lei disse: «Era un galantuomo». Ed era anche lui citato nell'inchiesta firmata Ingroia.
GIORGIO NAPOLITANO E LORIS D'AMBROSIO
2. MARIA FALCONE: "USA GIOVANNI PER I VOTI, NON LO PERMETTO"
Salvo Palazzolo per "la Repubblica"
«Sono rimasta perplessa quando ho sentito Antonio Ingroia paragonarsi a Giovanni». Maria Falcone, sorella del giudice assassinato nel 1992, dice: «Rispetto la storia professionale dell'ex procuratore aggiunto di Palermo. Ma la storia di mio fratello è stata del tutto diversa. E non permetto a nessuno di parlare di Giovanni per autopromuoversi a livello politico».
DAMBROSIO MARIA FALCONE
Ingroia faceva riferimento agli attacchi arrivati da alcuni ambienti politici a suo fratello dopo la scelta di accettare l'incarico al ministero della Giustizia.
«Ma Giovanni Falcone non è mai entrato in politica. Non ha neanche partecipato a un convegno politico. Lo disse chiaramente in una intervista al Costanzo show, quando qualcuno gli contestava la decisione di accettare la proposta dell'allora ministro Martelli. Giovanni spiegò che non era andato a Roma per fare politica. Spiegò soprattutto che il posto di direttore degli affari penali che andava a ricoprire era destinato esclusivamente a un magistrato di Cassazione. Da quell'ufficio, sperava di riformare la legislazione antimafia».
BOCCASSINI GIOVANE
Qualche attacco è arrivato anche a Ingroia quando da magistrato ha denunciato l'inadeguatezza delle leggi antimafia per contrastare le complicità eccellenti di Cosa nostra.
«Ma Ingroia non è mai stato solo. Con lui ho visto parte del mondo del giornalismo e della politica. Giovanni, invece, era davvero solo, perché puntava a rompere un intero sistema,
che poi gli si è rivoltato contro. Avrà avuto al massimo quattro amici, e fra questi Ilda Boccassini. Per il resto, si è ritrovato contro tutto e tutti ».
BOCCASSINI
Nei mesi scorsi anche Ingroia ha parlato di indagini difficili: faceva riferimento all'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato. Crede in questo sforzo della magistratura palermitana che adesso chiede un processo contro mafiosi e uomini delle istituzioni?
«È importante andare avanti nelle indagini, soprattutto per scoprire se c'è stato un dialogo sotterraneo fra Stato e mafia. Ma, al momento, credo che non abbiamo prove inequivocabili di questo patto».
NICOLA MANCINO
Qualche mese fa, non ebbe dubbi nel manifestare solidarietà a Loris D'Ambrosio, il consigliere giuridico del Quirinale che i pm di Palermo avevano intercettato con l'ex ministro Mancino. Già allora aveva qualche perplessità sull'inchiesta coordinata da Ingroia?
«D'Ambrosio mi chiamò due giorni prima di morire, per ringraziarmi. Era profondamente amareggiato. Mi ribadì la correttezza del suo operato. Ma io non avevo alcun dubbio».
Cosa pensa dei magistrati che entrano in politica?
«Non entro nel merito delle loro scelte. Ma non dovrebbero più tornare in magistratura».
2 -INGROIA, BOCCASSINI ASTIOSA, SI INFORMI PRIMA DI PARLARE L'UNICA A DOVERSI VERGOGNARE E' LEI
(Adnkronos) - "Ho atteso finora una smentita, invano. Siccome non e' arrivata dico che l'unica a doversi vergognare e' lei che, ancora in magistratura, prende parte in modo cosi' indecente e astioso alla competizione politica manipolando le mie dichiarazioni. La prossima volta pensi e conti fino a tre prima di aprire bocca". Cosi' il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia, risponde alle dichiarazioni del pm di Milano Ilda Boccassini.
BOCCASSINI
"Quanto ai suoi personali giudizi su di me - prosegue l'ex procuratore - non mi interessano e alle sue piccinerie siamo abituati da anni. Mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino e cosa pensava di lei. Ogni parola in piu' sarebbe di troppo
3-ELEZIONI: INGROIA A MARIA FALCONE, MAI USATO NOME DEL FRATELLO
(Adnkronos) - "Alla signora Maria Falcone, con tutto il rispetto per il cognome che porta, dico: si informi prima di parlare. Io non ho mai usato il nome di Giovanni Falcone per i voti.
Lei invece si, quando si candido' per prendere il seggio al Parlamento europeo e non venne neppure eletta". Lo afferma Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione civile, rispondendo alle dichiarazioni della sorella di Giovanni Falcone che oggi, in un'intervista a Repubblica, ha espresso perplessita' su alcune affermazioni dell'ex procuratore ora leader di 'Rivoluzione Civile'.
LA GIOVANE BOCCASSINI
4-ELEZIONI: GRASSO A INGROIA, SBAGLIATO PARAGONE CON FALCONE
(Ansa) - 'Giovanni Falcone ha fatto cose talmente eclatanti che oggi, paragonarsi a lui, mi sembra un fuor d'opera'. Lo ha detto Pietro Grasso, capolista del Pd al Senato nel Lazio, ad Agora', su Rai Tre, in riferimento allo scontro tra il pm Ilda Boccassini e il leader di Rivoluzione civile Antonio Ingroia.
'C'e' da riconsiderare - continua Grasso - cio' che ha subito Giovanni Falcone nella sua vita: ha subito un attentato all'Addaura ed e' stato accusato di esserselo procurato da solo; e' stato accusato di aver insabbiato le carte dei processi nel rapporto con la politica; e' stato accusato di fare il professionista dell'antimafia; e' stato accusato di andare nei palazzi della politica, dove effettivamente e' riuscito a fare una legislazione che tutti ci invidiano'.
Secondo l'ex capo della Dna, 'la prima legge che bisognerebbe fare e' sulla corruzione: cercare di insinuare la possibilita' di denuncia da parte di corrotto o di corruttore per far emergere il reato'.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-la-boccassini-polverizza-il-guatamalteco-ad-ore-lex-pm-di-palermo-ingroia-come-50120.htm
UN COMPUTER UCCIDE MEJO DI UN MISSILE - IL PENTAGONO TAGLIA 20 MILA MARINES E QUINTUPLICA LE ASSUNZIONI PER GLI HACKER, TRA CUI MOLTI EX CRIMINALI INFORMATICI - GLI USA HANNO CAPITO CHE PER LE GUERRE 2.0 NON BASTANO PIÙ LE ARMI CONVENZIONALI: SERVE UN CYBER-ESERCITO PER DIFENDERE RETI MILITARI, DATI, BANCHE, RETI ELETTRICHE, SISTEMI DI TRASPORTO E DI TELECOMUNICAZIONE, ACQUEDOTTI…
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Johnny Lee, l'hacker famoso per i suoi attacchi al sistema remoto della playstation Nintendo Wii, è stato assunto dalla Microsoft dove ha sviluppato il sistema Kinect per la «console» dell'Xbox. George Hotz, l'hacker noto come Geohot che fece vedere i sorci verdi alla Sony è stato poi preso da Facebook che ha dato lavoro anche a Chris Putnam, uno che coi suoi virus aveva attaccato proprio la rete creata da Mark Zuckerberg. Da tempo i grandi gruppi americani - le imprese digitali, ma anche banche, società elettriche e tutte quelle più vulnerabili agli attacchi via web - hanno preso a dotarsi di squadre sempre più grosse di addetti alla cyber security.
PANETTA LEON
La stessa cosa ha cominciato a fare anche il Pentagono, che, mentre taglia di 20 mila unità il corpo dei Marines in ossequio alle nuove regoli di austerity fiscale, ha deciso addirittura di quintuplicare il suo piccolo esercito di cyber warriors. E che per questo, come avveniva un tempo in Francia coi reclutamenti per la legione straniera, non va troppo per il sottile: assume anche ex criminali informatici, sperando che siano davvero pentiti.
Creato tre anni fa per fronteggiare le minacce crescenti alle reti informatiche Usa e per fronteggiare gli sterminati eserciti di esperti di manipolazione delle reti che in Cina e Russia lavorano per il governo e le forze armate, il «Cyber command» del Pentagono, ha rivelato tre giorni fa il Washington Post, ha deciso di portare i suoi organici dagli attuali 900 ad almeno 4900 addetti.
HACKER
Esperti di reti capaci di costruire le difese in vista di una prossima guerra che, secondo molti esperti, non sarà combattuta con armi convenzionali ma con silenziosi attacchi informatici, usando byte al posto di bombe e missili per paralizzare la rete elettrica, bloccare le banche, mettere fuori uso i sistemi di telecomunicazione. Magari anche inquinare l'acqua potabile degli acquedotti, provocare incidenti ferroviari, far precipitare aerei in volo.
HACKER CINA USA
Scenari apocalittici di cui gli analisti discutono da molto tempo: proprio di questi tempi, tre anni fa, al Forum economico di Davos, diversi seminari furono dedicati alla minaccia di una guerra cibernetica. La senatrice del Maine Susan Collins ammise che il Congresso non solo non aveva idea di come reagire a una cyber war, ma non sapeva nemmeno indicare l'ente competente per preparare le difese, a parte il Pentagono per gli attacchi a strutture militari.
Allora, come raccontò il Corriere, al forum si esibì Pablo Holman, un celebre hacker che, convertitosi alla legalità, è diventato consulente per la sicurezza di varie aziende: inguainato in un inquietante abito di raso nero si trasformò in un Diabolik digitale, dimostrando di poter leggere, ad esempio, il numero della carta di credito di persone sedute di fronte a lui, in platea.
CODICE MATRIX JPEG
È a personaggi di questo tipo che, ora, ha cominciato a fare ricorso il Pentagono. Un po' perché gli esperti di sicurezza informatica, che in Cina sono centinaia di migliaia, nelle università americane vengono formati col contagocce: quelli diplomati con una competenza di alto profilo fino a un paio d'anni fa non erano più di 200 l'anno.
HACKER
Adesso, per trovare o preparare il personale dei suoi battaglioni informatici, il Pentagono, che in questo campo lavora in simbiosi coi servizi segreti, ha creato borse di studio, campi estivi, competizioni, stage e altre forme di apprendistato per reclutare nuovo personale specializzato in sistemi di sicurezza digitale.
HACKER PC
Ma non basta: così i militari cercano di convertire e reclutare anche hacker fino a ieri considerati degli avanzi di galera. Tutto è cominciato due anni fa quando l'esercito ha rotto il tabù presentandosi a DefCon: il raduno al quale ogni anno partecipano 10 mila genietti del male, i più abili «craccatori» di reti informatiche.
HACKER
I militari puntano sul patriottismo di ragazzi che sono sì degli hacker, ma pur sempre a stelle e strisce. Descrivere la minaccia che può venire da un attacco informatico non è, del resto, difficile: in un mondo nel quale, a parte malfattori e aziende pronte a tirare colpi bassi, almeno dieci Stati hanno la capacità tecnologica di lanciare attacchi micidiali alle strutture informatiche Usa, lo stesso ministro della Difesa Leon Panetta qualche mese ha detto apertamente che l'America rischia una «Pearl Harbor cibernetica».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/un-computer-uccide-mejo-di-un-missile-il-pentagono-taglia-20-mila-marines-e-50129.htm
SCAPPATI I BUOI, BANKITALIA CHIUDE LA STALLA E DICE BASTA AI TRUCCHI COI TITOLI TOSSICI - 2. STRETTA SULLA TRASPARENZA DEI BILANCI DELLE BANCHE: TUTTE LE OPERAZIONI IN DERIVATI COME ALEXANDRIA E SANTORINI DI MPS DOVRANNO ESSERE RIPORTATE SUI CONTI - 3. LE NUOVE NORME SONO STATE VARATE IL 15 GENNAIO A POCHI GIORNI DALL'ESPLOSIONE DELLA BOLLA MEDIATICA: DUNQUE IL GOVERNATORE IGNAZIO VISCO SAPEVA E HA CERCATO DI METTERE UNA TOPPA AL BUCO NELLE REGOLE DI VIGILANZA (SI FA PER DIRE) - 4. IL GIRO DI VITE È RETROATTIVO, COSÌ GLI SCERIFFI DI PALAZZO KOCH PASSERANNO AL SETACCIO I BILANCI DI TUTTI GLI ISTITUTI DEL PAESE: A VIA NAZIONALE SOSPETTANO (EUFEMISMO) CHE L'IMMONDIZIA NON FOSSE SOLO NELLA DISCARICA DI SIENA, CHE ANCHE ALTRE BANCHE ABBIANO TRUCCATO LE CARTE O SECRETATO CONTRATTI FUORI LEGGE - 5. MA LA REPUBBLICA DEI DRAGHI SA BENISSIMO CHE ENTRANDO NELL’EURO, IL PAESE È FALLITO -
Francesco De Dominicis per "Libero"
La Banca d'Italia corre ai ripari: mai più casi Monte paschi e stop ai derivati nascosti nei bilanci degli istituti di credito. Via Nazionale prova dunque a mettere una toppa: l'attuale assetto regolamentare, come dimostrato proprio dal caso Mps, consente ai top manager delle banche, seppur violando la legge, di nascondere le manovre spericolate e le perdite sui derivati finanziari.
BANKITALIA
BANCA ITALIA
Il dossier Mps ha costretto la vigilanza a varare una stretta alle norme sulla trasparenza dei bilanci. Un giro di vite comunicato a tutte le banche del Paese il 15 gennaio scorso, a pochi giorni dall'esplosione mediatica dello scandalo di Rocca Salimbeni e quando le indagini della procura di Siena sulle operazioni spericolate di Mps targate «Alexandria» e «Santorini» erano già avviate da settimane.
Si tratta di una stretta retroattiva. Perché «il primo bilancio interessato è quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2012» si legge nella lettera di Bankitalia di cui Libero è in possesso. In buona sostanza, gli sceriffi di palazzo Koch passeranno al setaccio i bilanci dello scorso anno per verificare la presenza di buchi o di conti gonfiati, proprio con i derivati o altre attività finanziarie ad altissimo rischio.
MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Si spiega così l'intervento regolatorio. Che Bankitalia "giustifica" con la necessità di adeguare le norme italiane a quelle europee. Norme (stiamo parlando, tecnicamente, degli Ias) che «richiedono la pubblicazione di maggiori informazioni sulle operazioni di cessione di attività finanziarie» si legge ancora nel documento di via Nazionale firmato dal governatore Ignazio Visco.
Secondo cui «le novità introdotte accrescono la trasparenza informativa sulle operazioni di cessione di strumenti finanziari (a esempio, cartolarizzazioni, pronti contro termine passivi) nelle quali gli intermediari cedenti mantengono una qualche forma di rischio sulle attività cedute».
GIUSEPPE MUSSARI
È proprio il caso Alexandria, definito repo, cioè il titolo venduto da Mps alla banca d'affari giapponese Nomura, in cambio di liquidità immediata a fronte di un impegno trentennale assai oneroso. Contratto sottoscritto dall'ex presidente Mps Giuseppe Mussarinel 2009 che ha cagionato il «buco» da 500 milioni di euro registrato da Mps nel 2012 e che ha imposto ai nuovi vertici di Rocca Salimbeni di aumentare, lo scorso dicembre, fino a 3,9 miliardi di euro la richiesta di Monti bond al Tesoro.
GIUSEPPE MUSSARI E MARIO DRAGHI
L'operazione Alexandria è proprio quel tipo di «pronto contro termine» pericolosi sui quali si concentra l'attenzione dell'istituto centrale. Bankiitalia è al centro di polemiche, in relazione alla questione Monte paschi. Non a caso ieri palazzo Koch ha diffuso un ampio documento in cui sono riportati tutti gli interventi di vigilanza a partire dal 2008.
La tensione è alta. Da via Nazionale sono arrivate rassicurazioni sia sul Monte paschi sia sulla stabilità dell'intero sistema bancario. In ogni caso, serviva una svolta. Le nuove indicazioni per redigere i bilanci sono contenute in un documento di 110 pagine, nel quale passo passo viene illustrato come riportare tutte le informazioni sui derivati e le altre operazioni finanziarie avventate.
MARIO DRAGHI ANNAMARIA TARANTOLA
Le nuove regole dell'authority sembrano costruite in modo tale da non lasciare spazio a dubbi ai manager bancari e soprattutto spazi vuoti nei quali nascondere perdite o operazioni illecite, tali da mettere in bilico la «sana e prudente gestione della banca». Le istruzioni indicano come riportare nei bilanci «specifiche informative» sui «crediti deteriorati», sulle «perdite da cessione» e sulla «distribuzione delle esposizioni per cassa e fuori bilancio». Regole più severe, poi, su «derivati di copertura» e «rischio di liquidità»; riscritto il capitolo sulle «operazioni di cessione» delle attività finanziarie (come Alexandria e Santorini).
MARIO DRAGHI FIRMA LA NUOVA BANCONOTA DA 5 EURO
È probabile che l'attività e le indagini dei piemme senesi su Mps abbiano accelerato - se non addirittura condizionato - la mossa di via Nazionale. In assenza di poteri più ampi e diretti sul ponte di comando delle banche, Bankitalia scommette sulla «trasparenza» dei bilanci. La scelta del mezzo (la «roneata», quella con cui da sempre si anticipano i contenuti di provvedimenti della massima importanza) tradisce l'urgenza e pure qualche preoccupazione da parte di Bankitalia. A palazzo Koch, forse, sospettano che anche altre banche abbiano truccato le carte o secretato documenti su movimenti più o meno illeciti. Forse d'ora in poi non basterà più chiudere in una cassaforte un contratto fuori legge.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-scappati-i-buoi-bankitalia-chiude-la-stalla-e-dice-basta-ai-trucchi-coi-50128.htm
MA QUANTO E’ PICCOLO IL MONDO! INDOVINATE DOVE INSEGNA ‘’ARCHIVISTICA GENERALE” LA MOGLIE DI MASSIMO D’ALEMA, LA PROFESSORESSA LINDA GIUVA? MASSÌ, ALL’UNIVERSITÀ DI SIENA, NELLA SEDE DISTACCATA DI AREZZO, MAGARI COSÌ È PIÙ VICINA A ROMA - 2. DEL RESTO, NELLA MANGIATOIA DI SIENA L’UNIVERSITÀ, REGNO DEL PROBIVIRO DEL PARTITO LUIGI BERLINGUER, IN 5 ANNI HA ACCUMULATO PIÙ DI 300 MILIONI DI “BUCO” NEL BILANCIO - 3. IL PALIO DEL CAOS: C’È CHI CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO DELLA BANCA, C’È CHI CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO DELL’UNIVERSITÀ, E IL COMUNE È GIÀ COMMISSARIATO - 4. SAPETE QUAL È L’IDEA GENIALE DEL RETTORE RICCABONI, INTERCETTATO AL TELEFONO CON BERLINGUER, PER RISANARE I CONTI? NON PAGARE I DEBITI AL MONTE DEI PACCHI! -
SIENA PERDE L'ATENEO - I REVISORI CHIEDONO IL COMMISSARIAMENTO
Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"
Due righe fulminanti, in linguaggio tecnico ma inequivocabili: il collegio dei revisori dei conti dell'Università di Siena invoca l'immediato commissariamento "prima che la situazione economica, finanziaria e patrimoniale degeneri ulteriormente". Così si conclude il documento con cui, pochi giorni fa, i tre esperti - Cesare Lamberti, Massimiliano Bardani e Laura Pedron - hanno espresso parere contrario all'approvazione del bilancio preventivo 2013.
Per la rossa Siena è una beffa stratosferica: i censori contabili invocano la prima applicazione della riforma Gelmini proprio nell'ateneo governato per lunghi anni da Luigi Berlinguer, padre della riforma che la pupilla di B. ha sovvertito. Lo stato di dissesto per le Università infatti non esisteva prima della Gelmini, e anzi non esiste di fatto neppure adesso: il ministro tecnico Francesco Profumo non ha ancora varato i decreti attuativi che consentirebbero la procedura di dissesto.
Se il rettore di Siena, Angelo Riccaboni, non fosse professore ordinario di economia aziendale si potrebbe sospettare che non abbia capito. Avrà dunque altri motivi per dichiarare, come ha fatto il 5 dicembre scorso inaugurando solennemente l'anno accademico, che "la fase più acuta della crisi è superata". E per vantarsi, come ha fatto davanti al senato accademico, di una lettera di congratulazioni del ministro dell'Economia Vittorio Grilli per "l'azione di risanamento intrapresa".
Certo, è vero che le cose non vanno più così male come quattro anni fa, quando venne rivelata una voragine da 270 milioni di euro in un ateneo che ha un bilancio inferiore ai 200 milioni l'anno. Ma è anche vero che il 2012 si è chiuso con ulteriori 46 milioni di perdite, e la previsione, forse ottimistica per il 2013 è di un rosso ancora a quota 19 milioni.
Adesso metteteci sopra la ciliegina: la strategia dell'economista Riccaboni per risanare l'Università è di non pagare i debiti al Monte dei Paschi. Proprio così, lo notano, con un certo trapelante raccapriccio, i sindaci revisori nella loro relazione tenuta finora accuratamente riservata. E notano anche che meglio sarebbe utilizzare il beneficio conseguente per accelerare il risanamento, anziché, come ha deciso Riccaboni, per fare nuovi investimenti e "far tornare a crescere" il campus senese (perché a Siena la mania di grandezza è dura a morire).
E così il cerchio si chiude. Non solo il Monte, malato grave, taglia i fondi alla Mens Sana basket, al Siena calcio e al Palio. Non solo la Fondazione, azionista al collasso del Monte, deve tagliare le sue generose erogazioni, anche quelle all'Università. Ma l'Ateneo a sua volta decide di sospendere per cinque anni il pagamento delle sue rate di mutuo a Mps. Un vero e proprio kamasutra dell'insolvenza incrociata. E così c'è chi chiede il commissariamento della banca, c'è chi chiede il commissariamento dell'Università, e il Comune è già commissariato.
Ormai sotto la torre del Mangia i tempi sono maturi per l'intervento delle truppe Onu. Non è una battuta. Tra pochi giorni lo stato maggiore degli accademici senesi sfileranno a vario titolo a palazzo di Giustizia, dove potrebbero incrociarsi con l'ex presidente del Monte, l'amico Giuseppe Mussari, e altri big della banca finiti nei guai. Ognuno ha i suoi guai. Piero Tosi, delfino di Luigi Berlinguer e rettore dal 1994 al 2006, è alle prese con una richiesta di rinvio a giudizio per il dissesto dell'Università.
Il suo mandato terminò su intervento della procura di Siena, che lo ha rinviato a giudizio per tentata concussione, con l'accusa di aver indotto a ritirarsi l'unico altro aspirante al posto di ricercatore a cui puntava suo figlio Gian Marco: per fortuna è stato assolto, e quindi padre e figlio vivono felici e contenti nella stessa facoltà, medicina.
Al posto di Tosi venne il rottamatore antiberlingueriano Silvano Focardi, che portò alla procura tutte le carte che dimostravano lo sfascio dei conti e il buco da 270 milioni. Ma anche il censore è finito nei guai, diventando celebre per le accuse sui finanziamenti alla sua contrada del Palio e sugli acquisti di quantitativi smodati di aragoste con soldi pubblici (la difesa sostiene che le aragoste servivano per certe ricerche nel campo della biologia marina). Anche Focardi attende la decisione sul rinvio a giudizio.
E quindi venne Riccaboni, l'uomo della restaurazione berlingueriana (sempre nel senso di Luigi), che il 21 luglio 2010 è stata eletto contro Focardi per soli 16 voti su 570 votanti. In questo caso tra pochi giorni si decide sul rinvio a giudizio di dieci membri, di cui sette professori, della commissione elettorale: l'accusa (che non riguarda Riccaboni) è di aver truccato il voto.
L'indagine è scattata subito dopo l'elezione di Riccaboni, che è stato intercettato mentre chiedeva lumi a Berlinguer, il quale lo rassicurava: convinto che l'inchiesta non poteva bloccare la nomina del nuovo rettore, sarebbe andato l'indomani a spiegare la situazione alla Gelmini. Due giorni dopo il ministro della Pubblica istruzione ratificò la nomina di Riccaboni.
2- MA QUANTO E' PICCOLO IL MONDO! INDOVINATE DOVE INSEGNA ARCHIVISTICA LA MOGLIE DI MASSIMO D'ALEMA, LINDA GIUVA? MASSÌ, ALL'UNIVERSITÀ DI SIENA, MA NELLA SEDE DISTACCATA DI AREZZO COSÌ È PIÙ VICINA A ROMA
Biografia da http://www.sissco.it/ - Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea
Linda GIUVA - Università di Siena
Dopo aver lavorato per oltre ventanni nell'Amministrazione archivistica italiana, è approdata all'Università degli Studi di Siena, sede di Arezzo dove insegna Archivistica generale in qualità di professore associato. Si è occupata di archivi di partiti politici, di singole personalità e svolge ricerche nel campo dell'innovazione applicata alla gestione documentale nelle pubbliche amministrazioni.
E' membro del comitato scientifico della Fondazione Istituto Gramsci di Roma.
Fa parte del Comitato direttivo dell'Associazione Bianchi Bandinelli.
E' membro del Comitato per l'Edizione nazionale delle opere di Gramsci.
E' consulente al progetto "Archivi della città di Bologna" della Fondazione Cassa di risparmio di Bologna e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
È membro del Comitato nazionale "Italiane al voto: donne e culture politiche".
Fa parte del comitato scientifico del progetto "Archivi storici" dell'Amministrazione provinciale di Arezzo.
Fa parte del comitato scientifico per la valorizzazione dell'archivio di Robert Katz, presso il Comune di Pergine.
Fa parte del Comitato scientifico del Centro per la cultura d'impresa di Milano.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-ma-quanto-e-piccolo-il-mondo-indovinate-dove-insegna-archivistica-generale-la-moglie-50150.htm
COLLE DEI PASCHI – A COSA SERVE LO SCANDALO MPS? A BRUCIARE I DUE CANDIDATI ALLA NAPO-SUCCESSIONE PRODI E AMATO (AMATO DA RE GIORGIO) – “MORTADELLA” ERA A PALAZZO CHIGI AL TEMPO DELL’OPERAZIONE ANTONVENETA MENTRE IL DOTTOR SOTTILE NON È FIGURA ESTRANEA AL SISTEMA SIENA E CON BASSANINI È STATO IL GRANDE SPONSOR DI MUSSARI – MINACCE DI QUERELE E VECCHI RANCORI: GLI EFFETTI PIÙ GRANDI DI MPS SI VEDRANNO DOPO LE ELEZIONI….
Martino Cervo per "Libero"
C'è tutta una letteratura complottista che sostiene che il vero motivo della caduta del governo di Romano Prodi nel 2008 sia stato il calendario. La legislatura iniziata dopo la seconda sfiducia al Professore, infatti, avrebbe così avuto una durata «naturale» fino al 2013, cioè la scadenza del settennato di Napolitano. In coincidenza con la battaglia che molti giudicano l'unica degna di essere combattuta: quella per il Colle. E con un Parlamento nuovo.
GIORGIO NAPOLITANO
Le cose non sono andate in maniera lineare: il governo Berlusconi IV si è sfaldato per le fiamme dello spread e per la sua inconsistenza politica, Napolitano ha portato Monti a palazzo Chigi, e sarà ancora lui a incaricare il prossimo premier. Ma, comunque, ci siamo. Gli eserciti per piazzare il successore del «migliorista» stanno iniziando a disporsi sul campo, con la cautela di una battaglia in cui spesso, all'ultimo, la spuntano le seconde file.
OCC43 PRODI AMATO
Sono settimane in cui anche la percezione delle notizie può avere un impatto nel «bruciare» candidati. Da un paio di giorni le indagini relative a Mps, col relativo «salvataggio» a cura del Tesoro coi Monti-bond, si sono affacciate sui più importanti quotidiani di informazione economica e finanziaria. Sul Financial Times un secco resoconto dei fatti appariva sotto un titolo che lasciava poco spazio alla cronaca: «A scandal in Siena. Monte dei Paschi shows Italian banks need to reform»: scandalo a Siena.
AMATO BASSANINI
Il Monte dei Paschi mostra l'esigenza di riforme del sistema bancario italiano. Tra le righe una critica radicale al «Byzantine arrangement», il sistema bizantino del rapporto tra fondazioni e banche, che non investe solo l'istituto bancario senese. Ecco, se è lo stesso «sistema» a essere posto in discussione, è difficile non considerare più esposte le figure che hanno contribuito a plasmarlo. Due di queste, Giuliano Amato e Romano Prodi, sono senza grossi misteri tra i più autorevoli nomi in corsa per il Quirinale.
GIUSEPPE MUSSARI
Ovviamente nessuno dei due è neppure lontanamente chiamato in causa nel merito della intricata vicenda del Monte, che spetta anche alla procura chiarire. Dal punto di vista puramente politico, soprattutto Amato ha avuto un ruolo di primo piano nel creare la cornice giuridica che ha permesso la diffusione e lo sviluppo delle fondazioni bancarie in Italia. Fondazioni che restano un pilastro dell'economia italiana (quasi 90 enti che gestiscono almeno 50 miliardi di euro), proprio per la loro vocazione al rapporto col territorio.
Assieme a Carlo Azeglio Ciampi (allora governatore), è proprio Amato, nel 1990, a spendersi per una riforma che di fatto introduce le fondazioni (l'altro nome impossibile da non citare è quello di Pinza). Otto anni dopo (in mezzo c'è anche un intervento di Lamberto Dini), gli stessi protagonisti normano la disciplina degli ambiti di attività delle fondazioni, destinandole in sostanza al non profit. Anche con il successivo intervento di Giulio Tremonti, a restare scoperto è sempre il nervo dei rapporti con la politica.
CARLO AZEGLIO CIAMPI - COPYRIGHT PIZZI
Come illustra il caso Mps, molto spesso i cda delle Fondazioni sono espressione della politica, con tutto ciò che ne consegue. Lo sa bene lo stesso Amato, che da ministro del Tesoro del governo D'Alema è stato stuzzicato da un'interrogazione parlamentare nel febbraio 2000 proprio a proposito dello Statuto della fondazione Mps: «In base alla separazione tra politica e amministrazione, decisa in questi anni, personalmente, in qualità di ministro », disse Amato rispondendo a Marco Taradash, «non ho alcuna competenza in ordine all'approvazione dei singoli statuti che competono alla direzione generale per il Tesoro [...].
Per quanto riguarda lo statuto della fondazione del Monte dei Paschi, devo dire che ancora non è stato esaminato dagli uffici. [...] Nessuno tra gli statuti sin qui esaminati ha ritenuto di esaurire le rappresentanze presenti nella fondazione nei soli nominati dagli enti locali: questo è un caso davvero singolare. [...] La domanda che sostanzialmente pone l'onorevole Taradash è la seguente: può il nominante nominare se stesso e, in un secondo tempo, dimettersi dall'incarico che gli ha consentito di nominarsi e, a quel punto, risultare compatibile? Si tratta di una domanda che rivolgerò ai miei uffici e attenderò con gusto la risposta».
Se l'obiettivo era fugare i sospetti che la politica potesse essere troppo contigua al mondo delle fondazioni, si sono viste risposte più efficaci. In realtà poi la norma sugli statuti è stata rivista. Resta il fatto che proprio Amato, come ha mostrato una dettagliata ricostruzione di Marco Alfieri per Linkiesta. it, non è figura estranea al sistema di potere senese, tanto da aver appoggiato l'ascesa di Mussari assieme a Franco Bassanini. Anche qui, ovviamente, nulla di male.
Tornando alla corsa per il Colle, una padronanza intima del sistema italiano e dei suoi gangli economici è un vantaggio competitivo. Se tuttavia proprio quei gangli sono «sotto osservazione», il discorso può cambiare. E anche il ruolo di advisor di Deutsche Bank (istituto che avrebbe un ruolo nell'accordo sui derivati che hanno fatto detonare i problemi di Mps) rischia di non essere più il migliore dei biglietti da visita. Secondo alcuni, lo stesso Amato avrebbe avuto proprio nei contrasti devastanti (e tutti interni alla sinistra) sulle scalate 2005 uno stop decisivo per la corsa al Colle.
Non è escluso che vecchi rancori tornino a esplodere. E Prodi? Il Professore era a palazzo Chigi al tempo dell'operazione Antonveneta. A Bologna, è - come normale - vicino alla fondazione cittadina. La suscettibilità con cui ha reagito minacciando querele per un ironico articolo del vicedirettore di Libero Franco Bechis sui legami tra l'ex premier e i cinesi la dice lunga sulla delicatezza del pedigree da esibire in certe fasi. E fa pensare che gli effetti più grossi di Mps potrebbero vedersi dopo il 24 e 25 febbraio.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/colle-dei-paschi-a-cosa-serve-lo-scandalo-mps-a-bruciare-i-due-candidati-50154.htm
martedì 29 gennaio 2013
CUCÙ! IL MONTE DEI PACCHI SARÀ LA GRANDE SORPRESA NELLE URNE? IN UNA SETTIMANA HA SPOSTATO OLTRE IL 5% DELL’ELETTORATO. E IL PEGGIO DEVE ANCORA ARRIVARE! - 2. LE PRODEZZE DI MUSSARI E COMPAGNI “TOLGONO” CONSENSI AL CENTROSINISTRA (-1,8) E IN PARTICOLARE AL PD (-1,6). MA PROPORZIONALMENTE TOLGONO MOLTO DI PIÙ ALLA LISTA DI MONTI (-1,0): “PERCEPITO DAGLI ITALIANI COME L'UOMO DELLE BANCHE” (IL 47,3 RITIENE CHE L'IMU SULLA PRIMA CASA SIA STATA “MESSA” PER SALVARE LA BANCA SENESE) - 3. SE IL CENTRODESTRA NEL SUO COMPLESSO NON SE NE È AVVANTAGGIATO (SOLO +0,2, MA +1 IL PDL), IL VERO “FENOMENO” È IL SALTO ALTISSIMO DI BEPPE GRILLO: +2,5 PER CENTO -
M.Antonietta Calabrò per Corriere della Sera
Negli Usa la chiamano l'« October surprise», cioè l'avvenimento imprevisto che accade nel mese precedente le elezioni del presidente degli Stati Uniti e che è in grado di «cambiare» il voto degli americani, tradizionalmente fissato il primo martedì di novembre. Lo scandalo Mps costituirà la January surprise nostrana? Nel giro di una settimana ha «spostato» più del cinque per cento dell'elettorato in base ai sondaggi svolti venerdì e sabato scorso da Euromemedia Research . Anche se il centrodestra nel suo complesso non se ne è avvantaggiato (solo +0,2, ma +1 il Pdl).
BERSANI_MONTI
Le vicende del Montepaschi «tolgono» al centrosinistra (-1,8) e in particolare al Pd (-1,6). Ma proporzionalmente tolgono molto di più alla Lista Monti (-1,0): e questo vuol dire che «il premier in ogni caso viene percepito dagli italiani come l'uomo delle banche e dell'aiuto alle banche», commenta Alessandra Ghisleri, la sondaggista di fiducia di Silvio Berlusconi, che è stata anche l'unica a testare il caso Mps su un campione significativo della popolazione italiana. L'effetto negativo su Monti si spiega anche perché il 47,3 degli italiani, ritiene che l'Imu sulla prima casa sia stata «messa» per finanziare la banca senese.
BEPPE GRILLO DURANTE UN COMIZIO
Il vero «fenomeno» è che la scorsa settimana è aumentato moltissimo Beppe Grillo: +2,5 per cento. E così proprio mentre il Financial Times immortalava il comico italiano in un'enorme foto in prima pagina, sabato scorso il Movimento 5 Stelle ha raggiunto il 13,1 «diventando», sempre per la Ghisleri, il terzo partito italiano (con un incremento del 25 per cento del suo elettorato in una sola settimana, ma è dato ancora in forte crescita).
Aumentano dello 0,3 e dello 0,1 rispettivamente la lista «Giustizia e libertà (Bonino-Pannella)» e «Fermare il declino» di Oscar Giannino. Aumentano infine di un altro 2,1 gli indecisi, un contenitore in cui si travasano i delusi dal Pd.
BEPPE GRILLO AD UN COMIZIO
Ieri, dunque la situazione testata dalla Ghisleri era: totale centrodestra al 32,4 (con Pdl al 22,2). Totale centrosinistra 35 (con il Pd per la prima volta sotto il 30 per cento, a 29,5). Soprattutto, il centro in discesa al 12,9 con la Lista Monti in calo dell'1 per cento. Questi dati divergono parzialmente dal sondaggio SkyTg24 elaborato da Tecnè in cui la coalizione di centrosinistra è sì «valutata» al 34,9, ma quella di centrodestra (Pdl-Lega ed altri) sfiora solo il 28 per cento (27,9) con la conseguenza che Scelta civica-Monti-Udc e Fli si attestano al 14,5 per centro, mentre Grillo la segue, seppure a distanza ravvicinata (14,2).
SILVIO BERLUSCONI E DIETRO LA SCRITTA TASSE JPEG
Il «debole» risultato del centrodestra si spiega, nel sondaggio Tecnè, anche con il fatto che secondo questo istituto di ricerca, la Lombardia sarebbe «tornata» al centrosinistra, con una differenza di 1,5 in più rispetto al centrodestra. Anche se gli incerti ed il non-voto sfiorano il 30 per cento dell'elettorato: costituiscono insomma la «terza coalizione». Questo «risultato» in Lombardia, secondo Tecnè, sarebbe comunque insufficiente per permettere alla coalizione del Pd di raggiungere la maggioranza a Palazzo Madama (vista la perdita di Sicilia e Veneto).
SILVIO BERLUSCONI JPEG
Il sondaggio del Tg di La7, anticipato su Twitter da Enrico Mentana, si avvicina un po' a quello di Euromedia Research : dà un calo dell'1,1 del Pd, una risalita del Pdl al 20 per cento, Monti che torna sotto il 10 e Grillo al 13,7.
ALESSANDRA GHISLERI
Le altre domande del sondaggio di Ghisleri che riguardano lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena permettono di valutare come si potrebbe protrarre nel tempo l'effetto Mps. Solo l'8,3 per cento degli elettori pensa che non vi siano coinvolti i partiti e ben il 41, 4 percento ritiene che vi sia coinvolto il Pd. Ben il 20,2 per cento degli italiani ritiene che sia una responsabilità di tutti i partiti insieme.
In ogni caso il 71,8 per cento degli italiani ritiene che i partiti vi siano coinvolti: al minimo però il Pdl (solo il 2,5 per cento degli italiani lo pensa) e la Lega Nord (lo 0,3 lo pensa). Un dato che di per sé segna la distanza tra i partiti e i cittadini su questo scandalo bancario. Inoltre, ben il 31,2 per cento degli elettori di Pd+Sel ritiene che nello scandalo sia coinvolto il Partito democratico. Quindi, «l'invettiva del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ("li sbraniamo") è stata una scelta obbligata più che altro per uscire dall'angolo», commenta Ghisleri.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-cuc-il-monte-dei-pacchi-sar-la-grande-sorpresa-nelle-urne-in-una-50062.htm
LA NOTTE DELLE OMBRE “ILLUMINATA” DA UN AWACS AMERICANO? - I MISTERI DI USTICA NON FINISCONO MAI: IL RISARCIMENTO ALLE VITTIME RIAPRE IL CASO DEL DC9, E SPUNTA UN AEREO RADAR USA SULLA VERTICALE DELL’ISOLA D’ELBA - IL “RAGGIO” DELL’AWACS E’ DI 460 CHILOMETRI: L’AEREO REGISTRO’ TUTTI I MOVIMENTI NEI CIELI, COMPRESI QUELLI DEI CACCIA FRANCESI CHE (SECONDO COSSIGA E NON SOLO) FURONO RESPONSABILI DELL’ABBATTIMENTO…
VIDEO- COSSIGA: ""SE QUALCHE GIORNALISTA INSISTE, CHISSÀ CHE NON ABBIA UN'INCIDENTE D'AUTO".
http://video.corriere.it/ustica-cossiga-se-giornalista-insiste-potrebbe-avere-incidente/d5ff361e-69ec-11e2-9ade-d0fed6564ad7
Andrea Purgatori per il "Corriere della Sera"
USTICA
Sembra la storia di O.J. Simpson, l'ex campione di football americano che dopo aver ucciso moglie e amante nel 1994 la scampò clamorosamente in sede penale ma fu riconosciuto colpevole in sede civile e condannato a risarcire le famiglie delle vittime. In realtà, una differenza con quella vicenda c'è.
E cioè che un processo penale sulle cause della strage di Ustica non è mai stato celebrato perché l'inchiesta è ancora aperta e due magistrati della Procura di Roma (Amato e Monteleone) sono in attesa che alcuni dei Paesi direttamente o indirettamente coinvolti nell'abbattimento del DC9 Itavia (Francia e Libia su tutti) rispondano alle rogatorie italiane, possibilmente senza reiterare silenzi, omissioni e bugie dietro cui si sono nascosti negli ultimi trentatré anni.
I RESTI DELLAEREO DELLITAVIA INABISSATOSI NEI MARI DI USTICA
La Nato, grazie alla pressione discreta ma determinata del capo dello Stato e del suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, consegnò alla nostra magistratura l'elenco degli aerei militari in volo la sera del 27 giugno 1980 (una quindicina) identificandoli tutti ad eccezione di due/tre caccia, che dall'incrocio con i dati registrati sui tracciati radar del sito della Difesa aerea di Poggio Ballone risultarono appartenere all'Armée de l'air che operava sulla base corsa di Solenzara in Corsica.
USTICA BIG
Più specificamente, il radar italiano aveva visto i caccia decollare e rientrare a cavallo dell'ora dell'abbattimento del DC9 (le 20,59). Peccato che su questo punto cruciale la posizione francese sia sempre stata negativa, al punto da dichiarare che l'attività di volo sulla base era cessata a partire dalle ore 17.
In totale contraddizione con quanto dichiarato da alcuni testimoni oculari, tra i quali il generale dei carabinieri Bozzo, collaboratore del generale Dalla Chiesa. La storia si è ripetuta di recente con le autorità di Bruxelles. In quei giorni del 1980 a Solenzara c'erano dei caccia della difesa aerea belga. Gli equipaggi videro o seppero qualcosa? La risposta è stata questa: non possiamo dire nulla per motivi di sicurezza nazionale. Quale? Quella belga? O quella francese?
STRAGE DI USTICA
I magistrati italiani sarebbero arrivati a un'altra scoperta. L'identificazione di un aereo radar americano Awacs, che al momento dell'esplosione del DC9 stazionava sulla verticale dell'isola d'Elba. All'identificazione, i magistrati hanno fatto seguire una rogatoria agli Stati Uniti per conoscere natura di quella missione, nomi dei componenti dell'equipaggio e dati di registrazione ancora disponibili. L'Awacs vide cosa accadde?
Possibile. Anzi, quasi certo. Che si trattasse di un Boeing 707 E-3A Sentry l'aveva scoperto il giudice Rosario Priore nel corso della sua inchiesta. Conferme erano venute da ufficiali e sottufficiali di Poggio Ballone, della base di Grosseto e dallo Stato Maggiore della Prima Regione Aerea. Ma sulla qualità della missione, sulla nazionalità e la rotta era emerso poco o nulla. Anche perché i documenti che avrebbero potuto aiutare l'indagine erano stati distrutti, guarda caso, tra il 1988 e il 1989.
AWACS
È stato il working group sulla strage di Ustica della Nato a rimettere l'Awacs al centro dello scenario. E durante le due visite di lavoro dei magistrati della Procura di Roma a Bruxelles, gli specialisti dell'Alleanza (nei termini formali che sembrano non dire e invece dicono molto), hanno escluso che nel 1980 quell'aereo - la cui esistenza era stata da loro stessi certificata nell'allegato del 2 ottobre 1997, trasmesso dal consigliere giuridico De Vidts all'ambasciatore italiano presso la Nato, Jannuzzi - fosse in forza alla Nato che ne aveva ricevuti 17 ma a partire dal 1982, e implicitamente ne hanno confermato la nazionalità.
All'epoca l'E-3A Sentry in dotazione alla US Air Force montava un radar capace di monitorare il traffico aereo in un raggio di oltre 460 chilometri. Dunque, ciò che accadde la sera del 27 giugno 1980 nel cielo di Ustica fu inquadrato dall'Awacs che, secondo tracciati e testimonianze, era sotto il comando della Quinta ATAF (Allied Tactical Air Force).
AWACS
E fu inquadrata nel suo svolgimento anche la missione dei caccia francesi che si dirigevano verso il Tirreno meridionale e che l'ex presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga (ma non solo lui) indicò come responsabili dell'abbattimento del DC9. Adesso la palla torna all'Eliseo. Chi busserà alla porta del presidente Hollande per chiedere conto del segreto inconfessabile della strage di Ustica?
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/la-notte-delle-ombre-illuminata-da-un-awacs-americano-i-misteri-di-ustica-non-50064.htm
MPS: UN REGOLAMENTO DI CONTI-CORRENTI - PARLA MAZZONI DELLA STELLA, EX SINDACO DI SIENA E VICEPRESIDENTE DELLA BANCA FINO AL ‘97 - “I DERIVATI? PRIMA DI SPOLPARE MPS, NON AVREBBERO INCISO. BRUCIATI 14 MLD? MOLTI DI PIÙ!” - “LO SCORSO OTTOBRE I NUOVI VERTICI HANNO DATO CARTE SCOTTANTI A PM, BANKITALIA E CONSOB, SENZA RISULTATO. E UNA MANINA FATATA HA PASSATO IL MATERIALE AL ‘FATTO’” - OVVERO: PROFUMO NON SI FIDAVA DELLE AUTORITÀ, SERVIVA UNA VALANGA STAMPA…
Nicola Cariglia per http://www.pensalibero.it/
VITTORIO MAZZONI DELLA STELLA
"Tanti anni fa, nel 2003, telefonai ad un bravissimo alto dirigente del Monte dei Paschi e gli domandai perché fosse andato in pensione, dal momento che si trovava in una posizione di rilievo e poteva restare al lavoro ancora per molto tempo. Mi rispose testualmente: " vedi Vittorio, prima c'erano i democristiani e bisognava svegliarsi a buio perché andavano nel pollaio e mangiavano le ‘ova. Ma ora non basta, questi mangiano le galline!".
Per farmi un'idea del pandemonio che sta squassando Siena, la sua Banca, il mondo del credito e, di conseguenza, la politica tutta, a livello nazionale, parlo con Vittorio Mazzoni della Stella.
GIUSEPPE MUSSARI
E' un testimone autorevole di decenni di vita cittadina: socialista da sempre e per sempre, vicepresidente della Provincia dal '79 all'81, Sindaco di Siena per sette anni ('83-'90), facente funzioni di presidente del Monte dei Paschi nel '90 e '91, vicepresidente dal '92 al '97. E' stato anche amministratore delegato della consociata Capital Service fino al 1999. Mazzoni della Stella nel Monte ci ha passato la vita, avendovi fatto anche una carriera tutta interna nel suo Ufficio Studi.
Tra noi, non può essere una intervista ma una chiacchierata tra amici. Ci conosciamo da più di mezzo secolo: una amicizia nata al Liceo Forteguerri di Pistoia che abbiamo frequentato assieme. Doveva essere una classe di fissati con la politica. Ad un certo punto, lui era sindaco socialista di Siena, io vicesindaco socialdemocratico di Firenze, un altro compagno di studi vicesindaco socialista di Pistoia, un altro ancora senatore del MSI. Una classe di fissati, ma pluralisti.
VITTORIO MAZZONI DELLA STELLA CON FRANCO CECCUZZI
Mazzoni della Stella ha sempre avuto una riconosciuta qualità: sa cogliere il nocciolo dei problemi con immagini fulminanti che sono altrettante battute: "credimi, i derivati sono una questione marginale. Prima che questi si vendessero l'argenteria, quelle perdite sarebbero state, al massimo, come togliere un pelo ad un bove."
ANTONIO VIGNI
Vediamo perché: "nel 1997, pur da vicepresidente, ho firmato il bilancio di MPS, già SpA, ma non ancora quotata in borsa. Lo feci in sostituzione di Giovanni Grottanelli De' Santi che nel frattempo era diventato presidente della Fondazione. Un bilancio certificatissimo, per il passaggio da Istituto di Credito di diritto Pubblico a SpA e per lo scorporo tra patrimonio della Fondazione (all'epoca la più ricca di Italia) e patrimonio bancario. Ecco, tramite quel bilancio, Banca MPS "esibiva" 14.460 miliardi di lire di patrimonio netto ai fini di vigilanza e plusvalenze implicite calcolate prudentemente tra 15.000 e 20.000 miliardi di lire".
Faccio immediatamente il conto della serva, e devo constatare che i 14 miliardi di euro evocati da Beppe Grillo nell'ultima assemblea societaria, i soldi che sarebbero spariti in questi 15 anni, sono tutt'altro che una bufala. "Guarda - mi dice Vittorio - per avere un' idea ancora più vicina alla realtà, torniamo ai nostri primi manuali di diritto e consideriamo oltre al "danno emergente" anche il lucro cessante". I soldi bruciati, una massa sicuramente enorme, avrebbero naturalmente dato i loro frutti. Consideriamo anche questo, ed ecco che i 14 miliardi di Grillo sono una approssimazione per difetto".
ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA
Una voragine, che chiama in causa un cumulo di responsabilità. Altro che derivati!
"I derivati? E' come se uno facesse una strage e, dopo averla fatta, tirasse un calcio ad un cane. Ci sono due filoni di comportamenti da tenere distinti. Sul primo, gli illeciti penali, sono da sempre e come sempre garantista. Se la vedranno i magistrati e le varie parti in causa, danneggiati e danneggiatori. Posso dire che una volta tanto il mio garantismo trova conforto nel fatto che anche la magistratura senese è garantista ed estremamente cauta".
Credo di avere capito e porto la conversazione su un piano maggiormente esplicito. Per esempio, come mai proprio ora tutto questo casino,questa accelerazione, dopo polemiche, voci, che avevano lasciato immutata la situazione. Una sorta di stallo perpetuo.
IGNAZIO VISCO
"Una manina fatata ha passato il materiale al Fatto Quotidiano. Era passato troppo tempo da quando, nel 2010, gli ispettori di Banca Italia avevano accertato i prodotti tossici e la tenuta irregolare dei libri. Ed anche la trasmissione da parte degli attuali vertici, lo scorso ottobre, di una scottante documentazione a procura, Banca di Italia e Consob non aveva avuto miglior fortuna."
Evidentemente qualcuno non si è fidato di coloro che sono chiamati a vigilare e adottare provvedimenti. "C'è un regolamento di conti all'interno di una vicenda che è criminale. Della quale, però, sono già del tutto evidenti le responsabilità politiche. Una Banca tra le più solide è stata spolpata e rapinata sistematicamente ed usata per alimentare quel potere che è il solito che poi decide sugli assetti dei vertici bancari. Una spirale nella quale si è finiti col giocare in maniera sempre più spregiudicata, spinti anche dalla volontà di coprire gli errori e le porcherie precedenti.
IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS
Si sono comportati come giocatori di azzardo che cercano di rifarsi con colpi sempre più arrischiati. I derivati dopo la acquisizione di Antonveneta. Antonveneta dopo la Banca del Salento. Perché la Banca del Salento, quando fu acquisita, esibiva un patrimonio netto da 440 miliardi di lire e fu pagata oltre sei volte il suo valore. Io, poi, preferirei comperare Antonveneta a 9 miliardi di euro che il Salento a 2,5 miliardi di euro".
Proprio questi due acquisti, si sa, sono da tempo indicati come due dei maggiori errori compiuti dalla Banca e da chi ne era a capo. Errori che si trascinano dietro un cumulo di chiacchiere sulle quali solo la magistratura potrà dire una parola definitiva. Ma l'idea di scaricare tutto sul management della Banca o della Fondazione, proprio non sta in piedi.
"La classe politica di Siena, che ha deciso Sindaci, Presidenti della Provincia e, di conseguenza i vertici di Fondazione e Banca MPS, è sempre stata PDS, DS, Ulivo, PD. Gli altri, il PDL, sotto il tavolo aspettando le briciole, ed anche questo spiega molto. Con gli amministratori nominati dalla politica della prima repubblica, dunque con i ladri per antonomasia, il Monte dei Paschi esibiva i conti che ti ho detto prima. Aveva 23.000 dipendenti contro i 31000 di oggi.
I dirigenti erano una cinquantina e sono arrivati a 500 prima che ne mandassero 150 in pensione anticipata. E tutto questo, bada bene, nonostante la drastica riduzione del perimetro del Monte dei Paschi che possedeva Banca Toscana, Credito Lombardo, Cassa di Risparmio di Prato, Steinhauslin, e altri istituti e filiali in mezzo mondo".
L'affresco mi sembra sufficientemente completo. Va da se che le responsabilità non riguardano la sola classe politica senese del PD. Come minimo occorre allargare l'orizzonte all'intera Toscana, ove il ruolo della banca senese, a condizionamento e intreccio con la politica non è meno evidente.
Ma è il minimo, appunto.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/mps-un-regolamento-di-conti-correnti-parla-mazzoni-della-stella-ex-sindaco-di-siena-50068.htm
LE “MANCE” DI MUSSARI - IL “MONTE” NON HA UN RAPPORTO SPECIALE SOLO CON IL PD MA ANCHE CON LA CGIL - LA BANCA OFFRE CONVENZIONI A PENSIONATI E IMMIGRATI ISCRITTI AL SINDACATO - SPESE RIDOTTE, BANCOMAT GRATUITO IL PRIMO ANNO, TASSI FAVOREVOLI PER LO SCOPERTO E ABBATTIMENTO DEL 50% DEI COSTI PER LA GESTIONE DEI TITOLI - RAPPORTO COSÌ STRETTO CHE “L’UNITÀ”, PER PARLARE DI MAZZETTE, TITOLA: “ANTONVENETA E IL SOSPETTO DI MANCE…”
- LE MANCE DELL'UNITÀ
Da "Libero" - Il quotidiano del Pd, l'Unità, dà conto dello scandalo che ha coinvolto la banca legata a doppio filo con il Pd. L'indagine, come si sa, mette sotto la lente l'aumento della valutazione di Antonveneta: 6,3 miliardi quando la comprò Santander; 9,3 miliardi quando, pochi mesi dopo, la comprò Mps. Due miliardi sospetti. E titola appunto il quotidiano fondato da Antonio Gramsci: «La cara Antonveneta e il sospetto di mance». Mance? Si vede che dalle parti del Pd le mazzette le chiamano così.
GIUSEPPE MUSSARI
2 - I RAPPORTI SPECIALI DELLA BANCA CON IL PD E LA CGIL
Franco Bechis per "Libero"
Ha una convenzione con il Partito democratico direzione nazionale, ormai estesa a gran parte delle federazioni locali. È sui conti correnti del Monte dei Paschi di Siena che ora affluiscono i finanziamenti pubblici al Pd, come quelli privati e la percentuale che viene chiesta dal partito sullo stipendio dei propri eletti, designati e nominati in incarichi pubblici e privati. Ma il Monte dei Paschi di Siena ha un rapporto commerciale speciale con l'intera galassia rossa: partito, associazioni, sindacato di riferimento.
SUSANNA CAMUSSO
È la banca rossa che si gioca questo primato ormai con un solo concorrente: il gruppo Unipol, nato e cresciuto fra le cooperative rosse. La banca rossa della rossa Toscana da una parte e la banca rossa della rossa Emilia dall'altra. Non è un caso se spesso fra i due gruppi c'è stata tensione (come all'epoca dei contrapposti piani su Bnl), se il partito si è spaccato spesso fra i tifosi dell'uno e dell'altro polo finanziario.
Monte dei Paschi di Siena ha una convenzione bancaria quadro con tutta la Cgil di Susanna Camusso. È una convenzione talmente importante e favorevole da essere stata inserita fra i principali motivi di adesione alla Cgil nelle ultime campagne tesseramento del sindacato guidato dalla Camusso.
PIERLUIGI BERSANI
Per non fare torto a nessuno dei due poli finanziari rossi la Cgil ha sottoscritto una convenzione assicurativa con il gruppo Unipol e una bancaria con Mps che «prevede per gli iscritti alla Cgil agevolazioni importanti nella gestione dei conti correnti, per i mutui, per i risparmi, i prestiti personali, anche a favore dei lavoratori atipici e immigrati». Infatti le convenzioni Mps- Cgil sono più di una, in modo da dare un prodotto adeguato per ogni categoria assistita dal sindacato.
C'è una convenzione generale di cui possono usufruire tutti gli iscritti. Ma ce ne è una per i pensionati della Camusso sottoscritta fra la banca senese e lo Spi-Cgil: 5 euro di spese bancarie al trimestre per operazioni illimitate, bancomat gratuito il primo anno, tassi assai favorevoli anche per lo scoperto di conto corrente da una a sei mensilità della pensione ricevuta, e in più (per chi avesse questo privilegio), abbattimento del 50% di tutti i costi standard per la gestione, amministrazione e custodia di titoli, e addebito gratuito di tutte le utenze in conto corrente.
C'è una convenzione per gli immigrati iscritti alla Cgil, che abolisce le commissioni su rimesse e bonifici all'estero fino a 250 euro e da lì in poi applica una commissione dello 0,15%. Si tratta in genere di condizioni assai vantaggiose, che non poche volte hanno provocato le proteste di altre forze sindacali che non sono riuscite ad avere con la banca rossa o altri istituti di credito convenzioni paragonabili. Anche una parte consistente dell'associazionismo rosso ha trovato nel Monte dei Paschi di Siena la banca di riferimento, e chissà se il solido rapporto riuscirà a sopravvivere alla bufera politico-finanziaria di queste ore.
CLAUDIO SARDO
Ci sono convenzioni specifiche ad esempio con buona parte della galassia Arci. Le condizioni dipendono anche dal numero degli iscritti. Il contratto ad esempio con Arci pesca è buono, ma non così favorevole come quello dei pensionati Cgil. Gli sconti maggiori riguardano l'abbattimento del 50% delle spese di custodia titoli e delle spese di istruttoria per le pratiche di mutuo fondiario, per cui sono garantiti finanziamenti a 40 anni.
Tassi più favorevoli di quelli di mercato anche per i prestiti personali a rimborso rateale per importi fino a 60 mila euro rimborsabili in un arco massimo di dieci anni. La raffica di convenzioni dimostra come il Monte dei Paschi sia diventata ben al di là di Siena la banca rossa per eccellenza per il Pd, la Cgil e tutto il loro retroterra. Come lo dimostra la progressiva trasformazione compiuta dalla metà degli anni Novanta in banca di riferimento delle lotte intestine al Pd.
Qualcosa si è capito durante le primarie dell'autunno scorso, quando Matteo Renzi, infilzato da Pier Luigi Bersani per il suo rapporto con Davide Serra e i paradisi fiscali, lo ha zittito: «Spieghi lui Mps e le operazioni con Banca 121 e Antonveneta». Parole non colte nella loro profondità. Assai interessanti ora che è esploso lo scandalo finanziario legato proprio a quelle operazioni di Mps.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/le-mance-di-mussari-il-monte-non-ha-un-rapporto-speciale-solo-con-il-50082.htm
PIÙ SPENDI, MENO SPENDI! – IL NOBEL KRUGMAN INSISTE CONTRO IL RIGORE OTTUSO DELL’EURO-ZONA - “LA CRISI IN EUROPA NON È FINITA. L’INGHILTERRA È IN RECESSIONE E IN GRECIA LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE È AL 60% - GLI SPREAD CALATI SOLO GRAZIE ALLA BCE, MA ORA SONO I POLITICI A RISCHIARE IL COLLASSO SE NON AFFRONTANO IL PROBLEMA DELLA CRESCITA. L’UNICA CHE SI STA RIPRENDENDO È L’AMERICA, CHE NON HA MAI SMESSO DI SPENDERE”…
Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
PAUL KRUGMAN
Europa, attenta: «La tua crisi finanziaria si è stabilizzata grazie alla promessa della Bce di comprare i titoli dei Paesi in difficoltà, ma ora rischi il collasso politico, se i governi non affronteranno in fretta l'emergenza della crescita e della disoccupazione». L'avvertimento arriva dal premio Nobel per l'economia Paul Krugman, mentre risponde alle domande del pubblico venuto a sentirlo all'organizzazione culturale 92Y di Manhattan.
Dai recenti incontri di Davos è uscito un messaggio relativamente incoraggiante, sulla stabilizzazione della crisi. Lei è d'accordo?
PAUL KRUGMAN
«Per gli Stati Uniti sì, per l'Europa meno. Cominciamo col dire che questa è stata una crisi Nord-Atlantica, nel senso che si è sviluppata a cavallo tra i due continenti, con modalità abbastanza simili: bolla edilizia, banchieri poco responsabili, depressione. Negli Usa adesso ci sono segnali di ripresa concreti, dovuti probabilmente al naturale ciclo economico, e al fatto che il governo non ha combinato troppi guai.
MARIO DRAGHI
L'indebitamento delle famiglie è sceso e il settore edilizio ha rallentato molto, ma nel frattempo la popolazione ha continuato a crescere, e quindi ora ci troviamo con una situazione di carenza nel campo abitativo. Sono passati cinque anni, ormai, dall'inizio della depressione: il nostro settore bancario è stato risanato, le aziende siedono su enormi profitti che non investono, e anche Wall Street celebra. Ci sono gli elementi per la ripresa, anche se la situazione resta molto dura, soprattutto per i quattro milioni di persone disoccupate da oltre un anno».
BARACK OBAMA
E in Europa?
«E' diverso. Il settore finanziario si è stabilizzato, e gli interessi stellari che venivano pagati da alcuni Paesi sui propri titoli di stato sono effettivamente scesi. Questo è accaduto soprattutto perché la Banca centrale europea ha detto chiaramente che avrebbe comprato i bond di tali Paesi in difficoltà, se fosse stato necessario. Il problema, però, è che questi progressi non si sono ancora trasmessi all'economia reale, dove la sofferenza resta elevata. In Paesi come la Grecia la disoccupazione giovanile è al 60%: cosa succederà, quando il sistema politico arriverà al collasso? Questa è la domanda fondamentale da porsi, cioè quanto a lungo si può tenere una situazione del genere».
BEN BERNANKE JPEG
Quale soluzione suggerisce?
«La Gran Bretagna ha scelto la via dell'austerità, e sta scivolando di nuovo nella recessione. Gli Stati Uniti, per fortuna, hanno resistito alle pressioni che chiedevano forti tagli alla spesa, e sono in fase di ripresa».
I pericoli del "fiscal cliff" e del debito sono superati?
«Devo ammettere che su questo punto ho sbagliato, perché credevo che i repubblicani fossero abbastanza folli da spingere il Paese nel baratro. Per questo avevo proposto al governo di coniare una moneta di platino da un trilione di dollari, cosa che può legalmente fare, e usarla per stampare moneta con cui pagare i suoi conti. Non è servito, perché i repubblicani hanno fatto marcia indietro, e se non hanno scelto la strada del collasso ora, è difficile che lo facciano tra qualche mese».
MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI JPEG
Una scelta che molti liberal rimproverano a Obama è stata quella di aver investito molti soldi per salvare le banche. Condivide questa critica?
«Salvare il sistema finanziario era necessario, anche se io avrei nazionalizzato un paio di banche, tipo Citigroup. Nello stesso tempo, però, bisognava avviare programmi per sostenere la gente, ad esempio i sottoscrittori onesti di mutui che non riuscivano più a pagare. C'erano i soldi, ma non è stato fatto per due motivi: la convinzione che bastasse salvare le banche, e il timore di aiutare persone che non lo meritavano».
Lei ha criticato il governo americano, e anche quelli europei, per non aver adottato stimoli più forti per la crescita.
ANGELA MERKEL E SAMARAS
«In un momento di crisi come questo, non c'era altro da fare: bisognava anche stampare più moneta, perché tanto con i tassi a zero sarebbe stato facile risalire e bloccare l'eventuale inflazione. Ho criticato anche il mio ex collega di Princeton Bernanke, perché alla Fed non ha fatto quello che predicava come professore, ma ho capito che si è trovato davanti ad ostacoli politici enormi, e in fondo ora è l'unico che sta prendendo sul serio la lotta alla disoccupazione».
Dunque questi stimoli, come l'acquisto di titoli che la Fed sta facendo ormai da mesi, andrebbero estesi anche all'Europa. Ma fino a quando?
«Fino al ritorno della piena occupazione, in teoria. O comunque fino a quando la disoccupazione non sarà scesa sotto la soglia strutturale precedente alla crisi».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/pi-spendi-meno-spendi-il-nobel-krugman-insiste-contro-il-rigore-ottuso-delleuro-zona-50086.htm
GLI ITALIANI IN CRISI RINUNCIANO ALLE POMPE - CROLLA SOTTO I COLPI DELLE TASSE IL CONSUMO DI BENZINA: -10,5% IN UN ANNO - LE ACCISE CI HANNO UCCISO E LO STATO CI PERDE PURE: RISCHIO “BUCO” DA 2,6 MILIARDI DI EURO - COLPA DELL’ “EFFETTO LAFFER”: A FRONTE DI UNA TASSAZIONE ECCESSIVAMENTE ELEVATA I CONSUMI VANNO A PICCO E TRASCINANO GIU’ LE ENTRATE FISCALI - ASSICURAZIONI, PEDAGGI E MULTE SI IMPENNANO…
Sandra Riccio per "La Stampa"
POMPE DI BENZINA JPEG
Il caro benzina riduce i consumi Le vendite calate del 10,5% in un anno
Troppe tasse Il prezzo per litro di benzina in Italia supera la media europea di 25,4 centesimi, di cui 23,1 centesimi sono dovuti a un maggior carico fiscale
I prezzi del carburante sono toppo alti per colpa delle accise e così lo Stato incassa molto meno dalla vendita di benzina e gasolio. Un boomerang che nel solo mese di dicembre è costato al Fisco quasi il 10% di entrate. Nei trenta giorni esaminati, il gettito relativo a questa particolare voce, è infatti rimasto indietro del 7,2%.
CARO BENZINA
Il calcolo dei soldi che mancano all'appello lo ha fatto il Centro Studi Promotor (Csp) che ha già lanciato l'allarme sull'intero 2013: di questo passo lo Stato rischia di veder sparire circa 2,6 miliardi di tasse. Basta che nei prossimi 12 mesi il trend prosegua sugli stessi livelli di dicembre. La colpa, sottolinea il Centro Studi, è del cosìddetto effetto Laffer, «cioè il calo del gettito a fronte di una tassazione eccessivamente elevata».
CARO BENZINA
Ma il portafogli degli automobilisti, si sa, è già parecchio bersagliato da balzelli vari e rincari continui. Solo nelle ultime settimane sono scattati aumenti in autostrada, aumenti delle multe e dell'Rc Auto. Già l'anno scorso molte famiglie avevano messo un freno alla spesa alla pompa. Dal bilancio dell'ultimo anno emerge infatti che i consumi di benzina e gasolio in Italia sono calati del 10,5%. Ma lasciare l'auto in garage non è bastato. Dai dati elaborati dal Csp risulta infatti che la spesa complessiva è salita a 67,4 miliardi con una crescita del 4,7% proprio per effetto delle tasse più alte.
CARO BENZINA
Dove sono andati questi soldi? L'Erario ha incassato 36,5 miliardi di euro (il 12,4% in più dell'anno prima) mentre i restanti 30,9 miliardi li ha intascati l'industria petrolifera e i distributori che però lamentano un calo di introiti del 3%. «Dunque l'Erario - sottolinea il Csp finora è stato l'unico soggetto a trarre vantaggio dall'attuale situazione dei consumi e dei prezzi di benzina e gasolio. Per ora, infatti, l'effetto Laffer ha interessato solo il mese di dicembre e non ha quindi compromesso il bilancio dell'annata per l'Erario, ma potrebbe comprometterlo seriamente nel 2013».
POMPE DI BENZINA
Il calo a dicembre delle entrate per lo Stato è «l'ennesima conferma di una nefasta gestione di tutto ciò che riguarda l'automotive adottata in particolare dall'ultimo Governo» rincara la dose Federauto, l'associazione che rappresenta i concessionari di autovetture. «Ai 2,6 miliardi che rischiano di mancare all'appello come conseguenza del calo del gettito dai carburanti, si aggiungono - precisa il presidente Filippo Pavan Bernacchi - i 3 miliardi di euro di mancati introiti per lo Stato nel 2012 (tra Iva e tasse varie) perché gli italiani non comprano più autoveicoli».
FISCO
Intanto il peso delle tasse si calcola al distributore. «Se consideriamo i dati al 1° dicembre per la benzina il prezzo italiano supera quello medio europeo di 25,4 centesimi. Questa differenza è dovuta per 23,1 centesimi a un maggior carico fiscale e per 2,3 centesimi a un maggior prezzo industriale. Per il gasolio il maggior prezzo alla pompa in Italia è di 26,3 centesimi, 24,4 centesimi di maggiori imposte, 1,9 centesimi di maggior prezzo industriale» spiega Promotor.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/gli-italiani-in-crisi-rinunciano-alle-pompe-crolla-sotto-i-colpi-delle-tasse-il-50091.htm
CASSE VUOTE, STIPENDI D’ORO - MENTRE SPOLPAVANO LE CASSE DI MPS A BOTTE DI ACQUISIZIONI FOLLI E DERIVATI, MUSSARI E I DIRIGENTI SI AUMENTAVANO COSTANTEMENTE I COMPENSI - UN ANNO FA, NEL PIENO DELLA CRISI DI LIQUIDITÀ, LA BANCA HA REGALATO AL DG VIGNI 4 MILIONI LORDI “PER AGEVOLARE LA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO” - AI CONSIGLIERI DA 100 A 400 MILA EURO L’ANNO PER PRESENZIARE E NON CONTROLLARE…
Paolo Bracalini e Gian Marco Chiocci per "il Giornale"
MUSSARI VIGNI
L'ex presidente Mussari si aumenta fino a 350mila euro lo stipendio che era già corposo di suo (400mila). Il numero due Vigni si è beccato 4 milioni di euro di buonuscita, come «adeguato riconoscimento per l'opera svolta di questi anni alla guida della Banca».
VIGNI MUSSARI
Eccoli i protagonisti del crac Mps. Partiamo da Vigni, direttore generale di Banca Monte dei Paschi dal 2006 fino al 12 gennaio 2012, quando il Cda della banca approva - come si legge nella Relazione sulla remunerazione 2012 - il suo licenziamento. Vigni, braccio destro del presidente Mussari in Mps, è l'autore principale dell'operazione Antonveneta, l'iceberg che apre una falla spaventosa nel Titanic senese.
Anche lui è indagato, come Mussari, dalla Procura di Siena. Quando il nuovo Cda si riunisce il dg non è ancora ufficialmente sotto indagine, ma dentro Rocca Salimbeni sanno tutto, e decidono il siluramento. Immediato ma addolcito, diciamo così, da un «incentivo» alle dimissioni, 4 milioni di euro tondi tondi, oltre allo stipendio annuale di 1,6 milioni di euro. «Nella riunione del 12 gennaio 2012 il Consiglio di amministrazione ha approvato la risoluzione del rapporto di lavoro, in via consensuale, con il dottor Antonio Vigni, dal 2006 direttore generale della Banca.
HPA12 VINCENZO LUISA DESARIO PIERLUIGI FABRIZI
La Banca ha corrisposto al dottor Vigni la somma lorda di 4 milioni di euro a titolo di incentivo per agevolare la risoluzione del rapporto di lavoro». Al danno si aggiunge la beffa quando i nuovi capi di Mps scrivono che così «si è mirato a coniugare la politica del contenimento dei costi con l'obiettivo di assicurare al dott. Vigni l'adeguato riconoscimento per l'opera svolta in questi anni alla guida della Banca».
Certo, c'è il contratto nazionale dei dirigenti che prevede un compenso per la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro, ma di fronte al disastro Mps-Antonveneta, con responsabilità precise, 4 milioni di euro come «incentivo» a non restare più nella banca, appaiono una beffa.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE
La banca e la Fondazione, dal 2006 in poi soprattutto, vengono spolpate, e i loro amministratori continuano a incassare compensi d'oro. A cominciare dal presidente Mussari, che appena arrivato, nel 2006, si aumenta l'indennità di carica. Il suo predecessore, Pierluigi Fabrizi, presidente Mps nel 2005, percepiva 372mila euro come stipendio annuale, Mussari, pochi mesi dopo, ne prende 483.780. Ma non basta, perché solo qualche anno dopo, nel 2009, lo stipendio di Mussari è già lievitato a 716mila euro, come minimo.
ALBERTO MONACI
«In conformità a quanto previsto dallo Statuto - si legge in una relazione ufficiale - in data 25 Giugno 2009 l'Assemblea della Banca ha deliberato di riconoscere al Presidente Avv. Giuseppe Mussari un compenso annuo fisso lordo di 700.000,00, comprendente anche l'emolumento spettante come membro del Consiglio, cui si potrà aggiungersi un'ulteriore parte variabile fino ad un massimo di 150.000,00 eventualmente da attribuire su delibera del Cda». C'è da togliere però dai 70mila ai 100mila euro l'anno, ogni anno, dalla retribuzione dell'avvocato Mussari.
La cifra, cioè, che regolarmente, per dieci anni, il presidente Mps ha versato nelle casse del Pd di Siena (quasi 700mila euro regalati da Mussari al partito), pratica seguita da molti altri top manager e dirigenti della banca. La liquidazione quando è uscito per andare a presiedere l'Abi, nel 2012, quella sembra che la banca l'abbia risparmiata, perché non è prevista per la presidenza, anche se va aggiunto invece il compenso da presidente della Fondazione Mps, incarico precedente di Mussari e ben retribuito, attorno ai 250mila euro (le fondazioni non hanno obblighi di rendere noti i compensi...).
ALFREDO MONACI SIMONETTI ROBERTO
Stipendi d'oro anche per i consiglieri di amministrazione di Banca Mps. Stiamo all'ultimo bilancio, quello del 2012. Più di 400mila euro l'anno per il vicepresidente vicario Ernesto Rabizzi (che poi regalava 75mila euro l'anno al Pd senese, anche lui un simpatizzante...), un po' meno, 145mila euro, per il vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone, suocero di Casini e capo di un impero di costruzioni. Minimo 100mila euro per gli altri, con un exploit del consigliere Alfredo Monaci, fratello del presidente del consiglio regionale (Pd) Alberto Monaci.
Grazie agli svariati emolumenti nelle controllate del gruppo oltre che per la sedia nel cda, ad Alfredo Monaci è spettato un compenso annuo di 263mila euro. Ora l'ex consigliere ha rotto col Pd e corre con la Lista Monti, alla Camera. Più di 240mila euro anche per il professor Di Tanno, presidente del collegio dei sindaci di Mps, l'organo che doveva controllare che tutte le operazioni, negli anni caldi dell'acquisizione Antonveneta e di altre acrobazie finanziarie finite male, fossero corrette e trasparenti. Nella finanza, più ancora che in politica, chi sbaglia non paga. Ma viene pagato.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/casse-vuote-stipendi-doro-mentre-spolpavano-le-casse-di-mps-a-botte-di-acquisizioni-50095.htm
GRILLO ZOMPA SUL MONTE - IL COMICO CHIEDE LE DIMISSIONI DI BERSANI DA SEGRETARIO PD, E UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA SU MPS: “FA IMPALLIDIRE PARMALAT E IL BANCO AMBROSIANO. CRAXI, IN CONFRONTO, RUBAVA CARAMELLE” - LA RISPOSTA SCEMA DI CULATELLO: “NON PRENDO LEZIONI DA AUTOCRATI DA STRAPAZZO. IO ALMENO HO UN PARTITO CHE POTREBBE CHIEDERE LE DIMISSIONI. A GRILLO CHI PUÒ CHIEDERLE?”…
COMMISSIONE D'INCHIESTA PER IL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Dal blog www.beppegrillo.it
GRILLO MPS
Nel 1995 viene privatizzato il Monte dei Paschi di Siena, chi comanda è la Fondazione MPS (55%) attraverso i rappresentanti del Comune, presenti con membri quasi tutti di area pd, che dal dopoguerra governa la città (8 nominati dal Comune, 5 dalla Provincia, uno da Regione, Unisi e Diocesi).
GRILLO IN GIACCA ALL ASSEMBLEA DI MPS
La Fondazione vive solo di dividendi e le sue quote sono vendute nel tempo a vari personaggi come Caltagirone e Gnutti. Per remunerare gli azionisti MPS comincia a vendere le sue proprietà, tra cui le partecipazioni bancarie (San Paolo,Generali), intere banche come la Cassa di Risparmio di Prato e gli immobili (tenuta di Fontanafredda, palazzi Monte Mario a Roma) che remunerano i nuovi azionisti ma sono in realtà frutto del risparmio di secoli dei senesi. MPS viene spolpata.
La sinistra ha compiuto la sua missione di consegnare una banca pubblica che funzionava dal 1500 alla Borsa e alla speculazione. Il valore di MPS prima della privatizzazione era di circa 20miliardi di euro, oggi ne vale meno di 2 e ogni giorno il suo titolo diminuisce.
GRILLO ALLA ASSEMBLEA MPS
Oggi 10.000 dipendenti rischiano il posto di lavoro. La giunta comunale Ceccuzzi è caduta. La Fondazione non ha più la maggioranza delle azioni (ha dovuto venderle) e si prospetta la nazionalizzazione e il licenziamento di forse 10.000 persone.
Storia di un saccheggio
- Banco Santander compra Antonveneta per 6, 6 miliardi di euro
GRILLO ARRIVA AL MONTE DEI PASCHI
- Banco Santander si accorge di aver fatto un pessimo affare, scorpora Interbanca da Antonveneta, valutata 1,6 miliardi, e cerca un compratore, il valore della banca reale è di circa 3 miliardi
- Monte dei Paschi compra Antoveneta per 10,3 miliardi pochi mesi dopo
- MPS si accolla anche il passivo di Antoveneta per 7,9 miliardi
- MPS valeva all'epoca 9 miliardi e compra Antoveneta che ha metà dei suoi sportelli (1.000 contro 2.000) per una cifra, 10,3 miliardi, superiore allo stesso valore di MPS
- MPS non ha 10,3 miliardi, quindi si indebita, il titolo crolla
GRILLO ALL ASSEMBLEA DI MONTEPASCHI
- Per questa operazione il presidente di MPS Mussari (ex presidente anche della Fondazione MPS) viene premiato con la presidenza dell'ABI senza che nessun partito o organo di vigilanza si opponga
- La procura della Repubblica di Siena apre un'inchiesta sull'enorme minusvalenza dell'operazione Antonveneta. Pari circa a circa 14 miliardi di euro, 28.000 miliardi delle vecchie lire, una finanziaria, uno scandalo che rischia di far impallidire la Parmalat
PIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI
- La Fondazione MPS, azionista di maggioranza di MPS, indica all'assemblea dei soci della banca la nomina di Alessandro Profumo alla carica di presidente. Profumo ex ad di Unicredit è rinviato a giudizio al tribunale di Milano con l'accusa di frode fiscale
- Profumo punta subito sulla riduzione del personale pari a 4.300 senza avviare una causa come MPS contro i responsabili del disastro
SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
- La Fondazione deve vendere parte della sua proprietà azionaria di MPS e passa dal 55% al 35%
- Per evitare il fallimento di MPS Monti eroga un prestito di 3,9 miliardi, cifra equivalente alla Imu sulla prima casa
- Grillo parla di "buco" di 14 miliardi all'assemblea degli azionisti del 25 gennaio 2013, il buco a cui si riferisce era la sottrazione di valore attraverso le operazioni legate ad Antonveneta
LOGO ANTONVENETA
- Lunedì 28 gennaio 2013 i pm che indagano sull'affare Antonveneta scoprono bonifici internazionali per 17 miliardi
- Subito dopo emergono somme rilevanti che sarebbero rientrate in Italia con lo Scudo Fiscale voluto dal Pdl e approvato grazie all'assenza in aula di molti deputati del pdmenoelle
CRAXI IN TRIBUNALE
Di fronte a questo colossale furto ai danni degli italiani, il cui conteggio finale non è forse ancora concluso, chiedo:
- la verifica dei patrimoni dei segretari del pd e di tutti i nominati nella fondazione MPS dal comune di Siena, della Provincia di Siena, della Regione Toscana dal 1995
- la pubblicazione dei nomi di tutti coloro che hanno goduto dello Scudo Fiscale con l'ammontare degli importi rientrati in Italia
- le dimissioni immediate di Bersani da segretario del pd
Il M5S chiederà l'istituzione di una commissione d'inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento.
BERSANI GRILLO
MPS fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, dietro a questo colossale saccheggio, come avvenne allora, ci può essere di tutto. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini.
2 - BERSANI A GRILLO, NON PRENDO LEZIONI DA AUTOCRATI STRAPAZZO
(ANSA) - Il segretario del Pd Pierluigi Bersani rispedisce al mittente la richiesta di dimissione dal partito avanzata da Beppe Grillo. "Chi dice cose fuori dal segno ne risponde - ha detto Bersani -. Aggiungo che vorrei capire da che pulpito democratico Grillo parla di dimissioni, io ce l'avrei un partito che potrebbe chiedermele. A Grillo chi può chiederle? Ecco, allora lezioni non ne dia per favore che da quel lato non ne prendo, da autocrati da strapazzo non ne prendo".
DARIO FRANCESCHINI
3 - MPS: FRANCESCHINI,GRILLO TRA UN PO' NON SA PIU' COSA SPARARE
(ANSA) - "Faccio presente a Grillo che mancano trenta giorni al voto e se va così l'ultima settimana non sa più cosa sparare". E' la risposta di Dario Franceschini alla richiesta di dimissioni di Pierluigi Bersani avanzata dal leader del Movimento Cinque Stelle riguardo alla vicenda Montepaschi: "Grillo per sua natura le deve sparare molto grosse e quindi per fare notizia ogni giorno la spara più grossa del giorno prima", ha spiegato il capolista Pd alla Camera in Emilia-Romagna a margine di una visita all'Ima di Ozzano dell'Emilia.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/grillo-zompa-sul-monte-il-comico-chiede-le-dimissioni-di-bersani-da-segretario-pd-50107.htm
lunedì 28 gennaio 2013
MONTE DEI PACCHI - UN DIRIGENTE AVVERTI’ RIPETUTAMENTE IL DG VIGNI DEL PERICOLO “ALEXANDRIA” (“UN MOSTRO DORMIENTE CHE SI SAREBBE RISVEGLIATO PRESTO”): CACCIATO! – E SPIEGA AI PM DI SIENA COME FUNZIONA IL TRUCCO - SE LE OPERAZIONI IN DERIVATI PASSANO ATTRAVERSO UN BROKER, SI PUO’ FORMARE UNA “PROVVISTA” OCCULTA - SE IL TITOLO SALE LA BANCA CI GUADAGNA LO STESSO - SE SCENDE ASPETTA LA SCADENZA…
Paolo Mondani per il "Corriere della Sera"
SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
L'interposizione di un broker nelle operazioni in derivati di Mps potrebbe essere servita a nascondere provviste illecite. Come? Facciamo l'esempio di un titolo di Stato che vale nominalmente 100 milioni, ma sul mercato ha un prezzo inferiore. Il broker lo vende aggiungendoci un margine che sarà il suo profitto. Se successivamente i tassi di interesse si abbassano e il titolo sale la banca ha guadagnato.
MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Se invece i tassi si alzano e il prezzo del titolo scende la banca può comunque decidere di tenerselo fino a scadenza quando sarà rimborsato a 100 e quindi in ogni caso presenterà un profitto rispetto al prezzo pagato. L'operazione è profittevole per tutti: il broker, la banca, che però incassa molto meno di quel che avrebbe potuto. Ma nessuno se ne accorge
È uno dei dirigenti che ha descritto Alexandria ai magistrati di Siena. Ore di deposizione raccolte ai primi di gennaio alla fine delle quali ha depositato molti atti tra cui lo schema-Alexandria. Ma a parte i documenti consegnati, i tanti che aveva nella sede del Monte sono misteriosamente spariti insieme ai suoi documenti personali.
MUSSARI VIGNI
I magistrati senesi gli hanno chiesto di fare l'autopsia alla finanza derivata made in Siena e lui ha dato persino prova di tutti i warning inviati ovunque ai vari livelli della banca.
Va premesso che il dirigente in questione è stato per anni alla guida di una Filiale Estera del Gruppo Montepaschi e chiede di rimanere anonimo solo perché teme ritorsioni che potrebbero compromettere il suo futuro lavorativo. Anche perché è stato tra i primi dirigenti ad essere licenziato dal nuovo management senza apparente spiegazione e ora è ancora senza lavoro.
PAOLO MONDANI
A chi lanciò il suo allarme? Snocciola i nomi: dal direttore generale Vigni all'Audit interno, dal capo dei crediti al risk management fino a tutti i capi dell'Area Estero. «Dissi a tutti che Alexandria era un mostro dormiente che si sarebbe risvegliato presto». Reazioni nessuna. Fu preso per visionario. Molti sapevano e arrivarono presto i guai e fu fatto rimpatriare con pochissimo preavviso, tanto che la Financial Services Authority, che regolamenta l'attività finanziaria, inviò una lettera a Rocca Salimbeni nella quale chiedeva perché venisse rimosso. «Ma risposte naturalmente non ne arrivarono».
GIANLUCA BALDASSARRI
Come è noto Alexandria venne pianificata dall'Area Finanza diretta da Gianluca Baldassarri che «riceveva ordini dai direttori generali che si sono avvicendati in quegli anni». Perché «nessuno può davvero pensare che fare tutti quei derivati e investire 25 miliardi di euro in Btp poteva essere una decisione assunta dal solo Baldassarri».
Il desk di Londra si occupava della gestione dei fondi di capitale della banca. E in troppe operazioni sono stati usati broker stranieri per intermediare titoli. «La via di utilizzare i broker piuttosto che quella di trattare direttamente con un'altra banca è sicuramente molto poco trasparente». Dietro le commissioni si intravedono ben altre operazioni.
Come funziona l'investimento su un titolo dove c'è un broker come intermediario? «Facciamo l'esempio di un titolo che vale nominalmente 100 milioni e il cui vero valore di mercato sia 97. In questa differenza si infila il diavolo». E il diavolo che fa?
LOGO DRESDNER BANK
«Diciamo che lo si può pagare 98,5, quindi più 1,5, lasciando questo 1,5 al broker intermediario. A questo punto possono capitare due cose: i tassi si abbassano e il titolo sale diciamo fino a 105. La banca ha guadagnato 6,5 milioni ed è contenta. Se invece i tassi si alzano e il prezzo del titolo scende a circa 95 la banca comunque decide di tenerselo fino a scadenza quando sarà rimborsato a 100 e quindi in ogni caso presenterà un profitto di 1,5 rispetto al prezzo pagato. Comunque vada ci guadagnano tutti: il broker, la banca, ma molto meno di quel che avrebbe potuto. Però tanto nessuno se ne accorge».
FIAT08 FRANZO GRANDE STEVENS LAP
Tra i broker usati per confezionare Alexandria si è parlato della coreana Coyro, di Lutifin, di Enigma services ma potrebbero non essere tutti. All'ex dirigente chiedo se sa che nel 2007 l'Area finanza di Baldassarri aveva investito decine di milioni di dollari su un prodotto strutturato chiamato Anthracite legato alla performance dei fondi della società londinese Tarchon di Alberto Marolda, fratello di Giovanni che con Raffaele Ricci erano i capi salesman della Dresdner Bank, gli uomini che con Baldassarri pianificarono Alexandria.
Annuisce. Chiedo ancora se sa che uno dei consiglieri indipendenti del nuovo consiglio d'amministrazione del Montepaschi è l'avvocato Michele Briamonte, allievo prediletto di Franzo Grande Stevens, consulente dello Ior e membro dell'advisory board del fondo Tarchon. Risposta secca: «Sembra che le cose facciano veramente fatica a cambiare».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/monte-dei-pacchi-un-dirigente-avverti-ripetutamente-il-dg-vigni-del-pericolo-alexandria-un-49995.htm
BELLA NAPOLI VOLERÀ A WASHINGTON A PRENDERE GLI ORDINI DI FINE SETTENNATO: A CHI AFFIDARE IL PROSSIMO GOVERNO? - OBAMA CHE TIFA MONTI, NON SOPPORTA BERLUSCA NEMMENO IN FOTO MA ANCHE DI BERSANI NON SI FIDA - RE GIORGIO AVRÀ L’OCCASIONE ANCHE DI SOTTOPORRE ALLA CASA BIANCA UN ELENCO DI ‘PAPABILI’ PER LA SUCCESSIONE AL QUIRINALE - LA VISITA, PREVISTA DAL 13 AL 16 FEBBRAIO, ANTICIPA DI DIECI GIORNI IL VOTO…
Paolo Mastrolilli per "la Stampa"
Giorgio Napolitano farà un'ultima visita negli Stati Uniti come presidente della Repubblica italiana, a metà del prossimo mese, e tornerà ad incontrare Barack Obama alla Casa Bianca. I dettagli del viaggio non sono ancora definiti, ma le date saranno dal 13 al 16 febbraio. A quanto si apprende a Washington, è stato il presidente americano a chiedere al collega di vedersi un'ultima volta, prima della fine del suo mandato al Quirinale. Una proposta che si è concretizzata in uno scambio di lettere cominciato subito dopo la sua rielezione.
GIORGIO NAPOLITANO E OBAMA
A novembre scorso, infatti, Napolitano aveva inviato un messaggio personale di congratulazioni. Obama aveva risposto ringraziandolo, e gli aveva detto che avrebbe voluto vederlo ancora. Il problema era individuare la forma migliore e i tempi per l'appuntamento.
L'ipotesi di un viaggio in Italia del presidente americano non è stata giudicata opportuna, perché sarebbe avvenuto proprio nella fase finale della campagna elettorale, con il rischio di creare imbarazzi. Nello stesso tempo, però, Napolitano era bloccato a Roma dagli sviluppi politici interni, e dal fatto che a partire dal 15 aprile si comincerà a votare per la sua successione.
Le due cancellerie si sono messe al lavoro per trovare una soluzione praticabile, e sono arrivate alla conclusione che la strada più opportuna da seguire era quella di una visita a Washington del presidente italiano, da organizzare nella prima metà di febbraio. Così è stato scelto il periodo dal 13 al 16 del mese, e ora si sta completando il programma del viaggio.
OBAMA BERLUSCONI
Napolitano ha una lunga consuetudine con gli Stati Uniti, essendo stato il primo leader del Partito comunista a visitarli ufficialmente. Con Obama, poi, si è creato subito un rapporto speciale, consolidato nel corso degli anni durante i vari incontri avvenuti tra i due. Il capo della Casa Bianca venne ricevuto al Quirinale nel luglio del 2009, pochi mesi dopo il suo insediamento, durante la visita che fece in Italia per partecipare al G8 dell'Aquila. Già in quella occasione si stabilì un clima di cordialità e convergenza di vedute, confermato poi nel viaggio compiuto da Napolitano in America nel maggio del 2010.
Allora, mentre la crisi economica faceva sentire i suoi effetti negativi tanto sugli Stati Uniti, quanto sull'Europa, Obama fece un appello affinché il Vecchio continente conservasse la sua unità. Il capo del Quirinale rispose dando assicurazioni sulla determinazione a salvare la moneta unica, e a difendere il progetto politico che ha garantito oltre mezzo secolo di pace alla regione più colpita dalla violenza della Seconda Guerra Mondiale. Obama e Napolitano si sono poi rivisti nel maggio del 2011 a Varsavia, a margine del vertice dell'Europa centrale, confermando la simpatia reciproca e la condivisione dei punti di vista sul destino del continente.
MONTI E BERSANI A CERNOBBIO
Durante l'intervento in Libia, e nel periodo in cui la crisi economica ha aggredito in maniera particolare l'Italia, facendola apparire come l'anello debole che minacciava di incrinare l'euro, il presidente è diventato l'interlocutore della Casa Bianca, lavorando intensamente per favorire il ritorno alla stabilità.
La crisi non è ancora del tutto alle nostre spalle, ma oggi Roma è percepita nella comunità globale con valutazioni molto diverse da quelle della fine del 2011. Incontrando ancora Napolitano prima della fine del suo mandato per discutere le prospettive future dei due paesi, Obama intende dare il proprio riconoscimento e quello dell'amministrazione americana per la centralità del ruolo svolto dal collega del Quirinale in questi anni difficili, proprio per favorire la tenuta dell'Italia, dell'Europa, e di una comune visione della politica internazionale.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/bella-napoli-voler-a-washington-a-prendere-gli-ordini-di-fine-settennato-a-chi-50017.htm
L’ALTRA CAMPANA MPS - ALESSANDRO DAFFINA, CAPO DI ROTHSCHILD IN ITALIA, RACCONTA LA TRATTATIVA FRA BOTIN E MUSSARI - “MPS E BNP ERANO LE BANCHE PIÙ INTERESSATE ALL’ACQUISTO DI ANTONVENETA” - “BOTIN E MUSSARI GIÀ SI CONOSCEVANO. BOTIN PREFERÌ MPS A BNP PERCHÉ VOLEVA CHIUDERE LA TRATTATIVA. GLI SPAGNOLI DI SANTANDER FECERO CAPIRE DI NON VOLER VENDERE A MENO DI 9 MLD €, MA IN REALTÀ PUNTAVANO A 10 MLD”...
Federico De Rosa per il "Corriere della Sera"
Nel 2007 il Santander, fresco di scalata alla Abn Amro con Royal Bank of Scotland e Fortis, contatta la Rothschild perché trovi un compratore per le attività italiane ereditate dalla banca olandese: Antonveneta e Interbanca. Alessandro Daffina, 53 anni, è il capo di Rothschild in Italia. Fece da raccordo tra il presidente spagnolo Emilio Botin e Giuseppe Mussari.
ALESSANDRO DAFFINA
Come nacque l'intesa tra Mps e Santander?
«Ad agosto 2007 incontrai Botin a Barcellona con i miei colleghi spagnoli. Ci manifestò l'intenzione di dismettere la partecipazione in Antonveneta e chiese quali potessero essere i potenziali acquirenti».
Perché lo chiese a voi?
«Rothschild aveva rappresentato Abn Amro nella contesa con Bpi su Antonveneta. Era successo quasi due anni prima, ma avevamo una buona conoscenza della banca. È stato l'elemento fondamentale».
EMILIO BOTIN PRESIDENTE BANCO SANTANDER
Perché?
«Quando Santander decise di vendere non aveva il controllo, presidente e amministratore delegato erano di nomina olandese, e non poteva avere accesso alle informazioni, indispensabile per iniziare la procedura di vendita».
È Botin a chiedere di contattare Siena?
«Il processo fu interattivo, nel senso che noi proponemmo quattro banche e Botin due».
Ricorda chi erano?
«Furono interpellate Bnp Paribas, Credit Agricole, Unicredit, Ubi e Montepaschi. Credo anche Deutsche Bank».
EMILIO BOTIN
Chi scelse Mps?
«Con Botin facemmo un primo sondaggio, breve, raccogliendo risposte molto incoraggianti da Mps e Bnp. Credit Agricole chiese tempo».
Botin conosceva Mussari?
«Si erano conosciuti prima dell'operazione, credo in occasione di un Palio. Durante i negoziati si parlavano al telefono».
Ha mai avuto a che fare con intermediari nel corso delle trattative con Mps?
«No. Mps aveva degli advisor (Merrill Lynch e Mediobanca, ndr) ma non li ho incontrati».
MUSSARI
Con Ettore Gotti Tedeschi, il rappresentante del Santander in Italia?
«Parlavamo direttamente con Madrid».
Pressioni per vendere a Siena?
«Nel modo più assoluto, no».
Può fare chiarezza sulla cifra pagata?
«Sono circa 9 miliardi».
In più tranche e senza due diligence?
«Quando Santander decise di vendere non aveva ancora il pieno controllo di Antonveneta e non poteva consentire una due diligence a favore dell'acquirente. Nemmeno loro l'avevano fatta».
MERRILL LYNCH
E sul pagamento?
«Non faceva parte del nostro mandato, credo sia stato fatto in diverse tranche per consentire a Mps di reperire le risorse necessarie».
Tra le quali c'è il famoso Fresh 2008. Rothschild che ruolo ha avuto?
«Nessuno: eravamo gli advisor del Santander, non potevamo avere alcun ruolo».
MEDIOBANCA
Ha lavorato per Siena su altre operazioni, tipo equity, obbligazioni o derivati?
«Mai».
E con la Fondazione Montepaschi?
«Abbiamo iniziato nel 2011 assistendola nella rinegoziazione del debito e nel collocamento di quote di Mps a investitori privati».
Perché Bnp Paribas non rilanciò?
«Botin ci disse che preferiva dare l'esclusiva a Mps. Temeva che cercare un miglioramento avrebbe ritardato la chiusura dell'operazione».
MEDIOBANCA
Il prezzo di 9 miliardi fu proposto da Mps?
«Quando Botin e Mussari si misero d'accordo sull'operazione fu anche il giorno in cui per la prima volta il banchiere spagnolo ci disse che 9 miliardi era il prezzo minimo al quale avrebbe venduto. Credo puntasse a 10. Di certo aveva interesse a incassare una forte plusvalenza per dimostrare la bontà della scalata ad Abn. È anche vero che non poteva assegnare ad Antonveneta un valore inferiore ai 7,5 miliardi pagati da Abn Amro nell'Opa».
SEDE CENTRALE MONTE DEI PASCHI DI SIENA
Un prezzo enorme. Gonfiato?
«Rispetto al 2007 le valutazioni delle banche sono scese anche del 70-80%. Unicredit capitalizzava 70 miliardi e oggi ne vale 27, ma se togliessimo i 16 miliardi dei vari aumenti di capitale dovremmo confrontarli con 11. Questo vale per la stragrande maggioranza delle banche europee. Non si può dire che solo Antonveneta era cara, era un mondo totalmente diverso e confrontarlo con quello attuale non ha senso».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/laltra-campana-mps-alessandro-daffina-capo-di-rothschild-in-italia-racconta-la-trattativa-fra-50015.htm
mercoledì 23 gennaio 2013
UN HARD-DISK FA TREMARE L’EUROPA - 2,9 GIGA CON I NOMI DI MIGLIAIA DI EVASORI FISCALI VIP NELLE MANI DELLA POLIZIA SPAGNOLA - E’ IL “DOSSIER FALCIANI”, DAL NOME DELL’INFORMATICO CHE HA PORTATO VIA I FILE DALLA SEDE DI GINEVRA DELL’HSBC - ALL’INTERNO CI SAREBBERO LE PROVE DI UNA EVASIONE FISCALE DA 100 MILIARDI DI EURO, CON 130MILA NOMINATIVI D’ORO - ANCHE CASI DI CORRUZIONE? LA VITA DI FALCIANI AD ALTISSIMO RISCHIO…
Alessandro Oppes per il "Fatto quotidiano"
I misteri contenuti in un hard disk da 2,9 giga sarebbero in grado di togliere il sonno a migliaia di imprenditori, politici, campioni sportivi, celebrità di vari paesi (Italia compresa), che disponevano di conti bancari presso la filiale dell'Hsbc di Ginevra. Solo una persona è in grado di decifrare le informazioni criptate contenute in quei file: è l'informatico italo-francese Hervé Falciani, che trafugò i documenti quando lavorava nella sede elvetica della banca britannica.
HERVE FALCIANI
Da quando, alla vigilia di Natale, Falciani ha lasciato il carcere madrileno di Valdemoro, dove era rinchiuso dal luglio scorso (l'avevano arrestato al suo arrivo a Barcellona), la sua collaborazione con le autorità spagnole sembra aver cominciato a dare frutti significativi. E non siamo che all'inizio.
L'ingegnere informatico 35enne, al quale già nel 2009 la Procura di Nizza aveva sequestrato i file contenenti i dati bancari di 130 mila evasori fiscali di tutta Europa (invano, un anno prima, spacciandosi per un tal Ruben al-Chidiak, Falciani aveva tentato di venderli al banco Audi di Beirut), da un mese vive sotto strettissima protezione in una località segreta alla periferia di Madrid. Secondo le indiscrezioni pubblicate negli ultimi giorni dalla stampa spagnola, in queste settimane ha cambiato domicilio già due volte.
FALCIANI LA TALPA
E la sua residenza è sempre sorvegliata, 24 ore su 24, da almeno 8 agenti. Ogni volta che mette il naso fuori di casa, dicono che indossi un giubbotto anti-proiettile, proprio come fece il giorno di dicembre in cui abbandonò il carcere di Valdemoro. Frequenti, praticamente quotidiane, le visite che riceve: Procura anti-corruzione, Agenzia tributaria, Unità centrale di delinquenza economica e fiscale della polizia.
FALCIANI
Vogliono sapere, chiedono che il pirata informatico li aiuti a vederci chiaro. Del resto, è questa la condizione che gli hanno posto per restituirgli la libertà, ignorando - almeno per il momento - la richiesta di estradizione presentata dal governo di Berna, che lo vorrebbe processare per spionaggio economico e rivelazione di segreto bancario.
JUAN CARLOS
Se è vero quello che sostiene il portale digitale Vozpopuli, che cita "fonti della polizia", la collaborazione di Falciani potrebbe consentire di mettere a segno il più clamoroso "colpo del secolo": dal misterioso hard disk emergerebbero fino a 100 miliardi di euro di capitali sottratti al fisco spagnolo e depositati nei conti svizzeri dell'Hsbc. Un'enormità, rispetto agli appena 3 miliardi svelati finora dai documenti trasmessi a Madrid dalla procura di Nizza.
INAKI URDANGARIN
Ma, oltre alla frode fiscale, i file conterrebbero le prove di numerosi casi di corruzione. Tra i nomi contenuti nella lista, ci sarebbero quelli dell'ex-tesoriere del Partito Popolare Luís Bárcenas e dell'ex-presidente della Confindustria spagnola Gerardo Díaz Ferran (attualmente in carcere).
Ma i sospetti - sollevati dal partito Izquierda Unida - si indirizzano anche verso la famiglia reale: dal genero di Juan Carlos, Iñaki Urdangarin (già sotto inchiesta per corruzione ), alla Infanta Cristina, e all'amica, o forse amante, del re, Corinna Zu Sayn-Wittgenstein. Vista l'enormità delle potenziali rivelazioni, la magistratura spagnola sembra determinata ad andare fino in fondo. Poco importa l'origine "illecita" della documentazione. Tutto il contrario di quanto avvenuto in Italia, dove diverse commissioni tributarie e sezioni penali di tribunali hanno ritenuto inutilizzabile la "lista Falciani" perché "sottratta in modo fraudolento".
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/un-hard-disk-fa-tremare-leuropa-29-giga-con-i-nomi-di-migliaia-di-49783.htm
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