venerdì 11 gennaio 2013

E’ MORTO IL “BOSS DAL CUORE TENERO” CHE RIVELO’ A FALCONE I SEGRETI DI COSA NOSTRA - ANTONINO CALDERONE SI PENTI’ NEL 1987, DISGUSTATO DALLA UCCISIONE DI QUATTRO BAMBINI - A MARSIGLIA INCONTRO’ MANGANELLI, AL QUALE AFFIDO’ LA SUA FAMIGLIA: “DA QUESTA SERA LEI HA UNA MOGLIE E TRE FIGLI. SI SENTE IN GRADO DI SALVARMELI QUESTI TRE PICCOLI E QUESTA DONNA?” - SU CAPACI DISSE: “NON E’ GIUSTO, NON DOVEVA FINIRE COSI’…”

Felice Cavallaro per il "Corriere della Sera" ANTONINO CALDERONE Parlò dei cavalieri del lavoro di Catania mandando in carcere duecento mafiosi e tanti loro complici, ma il pentimento o, come qualcuno sostenne, la conversione di Antonino Calderone cominciò quando nella città di Nitto Santapaola i boia di Cosa Nostra uccisero quattro bambini, «colpevoli» di disturbare un quartiere, di non rispettare le regole, di non ossequiare i mammasantissima. Eppure questo boss dal cuore tenero, pentitosi nel 1987 e morto ieri a 77 anni, il grande passo forse non l'avrebbe mai fatto se non avesse avuto al suo fianco una donna capace di scuoterlo dalle atrocità, costringendolo a cedere, a mettersi nelle mani di Giovanni Falcone, di altri magistrati e soprattutto dell'attuale capo della polizia Antonio Manganelli. Non a caso proprio Manganelli ha dato ieri la notizia del decesso avvenuto oltreoceano in località segreta affrettandosi a manifestare la solidarietà umana a quella signora e ai suoi tre figli che in qualche modo si vide affidare. FALCONE Accadde tutto a Marsiglia il 16 aprile di quell'anno, nella carcere dove Falcone con i suoi colleghi Gioacchino Natoli e Giusto Sciacchitano arrivò per interrogarlo. Ma Calderone prima chiese che fosse ammessa la moglie, poi si rivolse proprio a Manganelli, allora dinamico funzionario di un pool investigativo nato con Gianni De Gennaro e Alessandro Panza. Un colloquio riportato da Pino Arlacchi nel libro «Gli uomini del disonore». STRAGE CAPACI Battute indelebili per Manganelli al quale il boss si rivolse con una domanda secca: «Lei, dottore è sposato?». Rispose di no, Manganelli. E Calderone: «Allora mi ascolti bene. Da questa sera lei ha una moglie e tre figli. Si sente in grado di salvarmeli questi tre piccoli e questa donna?». Risposta immediata: «Le do la mia parola. Per lei non lo so, ma per loro le do la mia parola». Battute teatrali di una tragedia reale che aveva per sfondo la carneficina dei parenti di Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, gli altri due storici pentiti di Cosa Nostra. Battute teatrali non a caso trasformate un paio di anni fa in un testo messo in scena dallo Stabile di Palermo, scritto da Dacia Maraini e interpretato da Pino Caruso, «Mi chiamo Antonino Calderone». Un incipit capace di scuotere le platee affollate soprattutto da folle di studenti: «Mi chiamo Antonino Calderone. Ho cinquantasei anni e ho molte cose da dire sulla mafia...». ANTONIO MANGANELLI Ne raccontò di storie. Dai delitti commessi agli appalti truccati, dalle estorsioni agli agguati preparati, fino al dolore per aver visto uccidere il fratello a capo della sua cosca, Giuseppe. Evento che lo mise in guardia contro gli amici di un tempo. Viatico per quel passo poi agevolato dalla moglie con cui aveva aperto una lavanderia a Marsiglia. La città dove arrivò Falcone. E con lui parlò perché, disse, «Falcone è un uomo d'onore». GIANNI DE GENNARO Un complimento, a modo suo. Compreso dal giudice che compilò centinaia e centinaia di pagine di verbali. Consolidando un rapporto che scatenò infine la rabbia dello stesso Calderone dopo la strage di Capaci sfogandosi al telefono con Manganelli: «Non è giusto, non doveva finire così». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/e-morto-il-boss-dal-cuore-tenero-che-rivelo-a-falcone-i-segreti-di-49234.htm

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