domenica 31 marzo 2013
sabato 30 marzo 2013
RE GIORGIO HA TIRATO FUORI DALL'UOVO LA SORPRESA PASQUALE: DUE GRUPPI RISTRETTI DI "COMPETENTI DI DIVERSE CULTURE", UNO POLITICO ISTITUZIONALE E UNO ECONOMICO SOCIALE - 2. IN BREVE, SONO LE DUE SOLITE LOGGE MASSONICHE ANTAGONISTE D'ITALIA: UNA DI ISPIRAZIONE EX FRANCESE-FILOEUROPEA-BILDERBERG E L'ALTRA DI ISPIRAZIONE EX ANGLO AMERICAN-ATLANTICA, LE QUALI, DOPO AVER GIOCATO ALLE ELEZIONI E ALLA FORMAZIONE DEL GOVERNO SENZA ESITO COSTRUTTIVO OGGI, GIUSTAMENTE, RIPRENDONO IN MANO IL BOCCINO E VEDONO CHI “PICCHIA” MEGLIO E FA FILOTTO SUL BILIARDO ITALICO - 3. I BOOKMAKERS ACCETTANO SCOMMESSE SUL TANDEM GIANNI LETTA E GIULIANO AMATO -
DAGOREPORT/1
Ha passato una notte insonne Re Giorgio, ha meditato a lungo e quando stava per decidere di dimettersi, di fronte alla difficolta' della situazione e alle pretese di chi avrebbe voluto forzargli la mano, ha avuto un lampo di consapevolezza che ha fatto scomparire tutto lo sconforto, le delusioni e le amarezze dei giorni scorsi: "Resto a bordo, cazzo, non posso abbandonare ora la nave".
NAPOLITANO GALAN GIANNI LETTA
E ha tirato fuori dall'uovo la sorpresa pasquale: due gruppi ristretti di "competenti di diverse culture", uno politico istituzionale e uno economico sociale. I nomi dei componenti saranno resi noti oggi pomeriggio e si insedieranno martedì. In poche ore dovranno predisporre un programma limitato e condiviso di cose da fare subito. È presumibile che all'interno di questi due gruppi di lavoro vi sia già il prossimo presidente del Consiglio e parte della stessa lista dei ministri. I tempi: entro la settimana prossima.
BERSANI_NAPOLITANO
AMATO, NAPOLITANO, DE GENNARO
Re Giorgio mette così tutti a nudo di fronte alle proprie responsabilità, passando dal metodo al merito dopo che il metodo e' miseramente naufragato tra egoismi di parte, faide interne ai partiti pronte a scatenare Bruto e Cassio ovunque, e sfidandoli di fatto a votare contro un governo siffatto in Parlamento, cosa che si porterebbe dietro un disastro elettorale per le forze politiche che se ne dovessero rendere protagoniste.
Non c'è dubbio che il Presidente della Repubblica si e' schierato dalla parte del Paese di fronte ai miopi tatticismi di tanti improvvisati leader politici che sembrano aver smarrito il senso dello Stato solo per dar corso a piccole vendette e dispettose ritorsioni. E non c'è dubbio che per la politica tutta si tratta di una gravissima sconfitta.
Napolitano, di fronte ai nani politici che ha di fronte, si dimostra sempre di più un gigante e non a caso, ha detto oggi, "continuo ad avere fiducia nella possibilità di responsabile superamento del momento cruciale che l'Italia attraversa e continuerò ad agire così fino all'ultimo giorno del mio mandato come il senso dell'interesse nazionale mi suggerisce e non nascondendo al Paese le difficoltà che sto incontrando".
TRTLSE36 CLIO GIORGIO NAPOLITANO FAUSTO LELLA BERTINOTTI AMATO
Ora i politici, vecchi e nuovi, sono davvero tutti nudi davanti al Colle. Anche per Grillo sta per finire la comoda rendita di posizione di dire no a qualunque cosa: di fronte ai cambiamenti veri che l'Agenda Napolitano imporrà al Parlamento nei prossimi giorni attraverso il "suo" governo, anch'egli dovrà trovare il modo di dare una mano positiva al Paese se non vuol correre il rischio di una frantumazione anticipata della sua clamorosa ma anche fragile e contraddittoria creatura politica.
Ancora: Berlusconi non porta a casa gran parte delle sue eccessive pretese, per Bersani svanisce il sogno di essere il primo post comunista a salire a Palazzo Chigi attraverso un percorso elettorale e nel Pd da martedì nulla sarà più come prima. Del resto, la Jena Barenghi lo descrive benissimo su La Stampa di oggi: "se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi. Il Pd non ha scelto la terza via".
BEPPE GRILLO E ROMANO PRODI
Del resto, non poteva pretendere di fare governicchi inseguendo per di più i grillini che non vedevano l'ora di umiliarlo dopo che qualcuno lo ha illuso che un gruppo di senatori a 5 Stelle al Senato sarebbero confluiti nel gruppo misto per poterlo votare la fiducia. Ne' va sottaciuta la grave responsabilità dei cosiddetti giovani turchi, Orfini e Orlando in testa, che con saccenza e arroganza lo hanno spinto nel vicolo cieco.
SACCOMANNI-DRAGHI
Anche Berlusconi deve capire che nessuno può garantirgli nulla, non esiste nel nostro ordinamento questa possibilità. Ed invece le sue "tutele" può trovarle in un quadro di riforme e di cambiamento che un governo "terzo" come quello che si profila sarà in grado di fare, soprattutto se (come pare) insieme alla legge elettorale si pone l'obiettivo del superamento del bicameralismo, tema questo largamente condiviso. Dando così al "governo del Presidente" un orizzonte temporale da qui alle elezioni europee nella tarda primavera del 2014, con risultati tangibili per il Paese.
DE GENNARO NAPOLITANO AMATO
2. DAGOREPORT/2 - "SO' DDU' LOGGE"
"Non c'è dubbio - si legge su un'Agenzia stampa di Trivandrum, Kerala. India - il Presidente Napolitano ha chiarissimo il suo ruolo di armonizzatore degli apparenti opposti. Un vero Guru. Abbiamo visto: un signore con molti anni e molta esperienza, ex comunista - ex neoliberista - (tra poco) ex presidente ... abbiamo visto la sua deflezione oculare e l'abbiamo sentito parlare. Un discorso degno di Ermete Trismegisto, di Yogy Ramacharaka ... ispirato alla visione di un Nuovo Ordine Mondiale, chiarissimo". "Rimetto tutto nelle mani di Yin e Yang. Si confrontino, come fanno da millenni e se la sbrighino loro".
CLUB BILDERBERG CON MONTI DRAGHI NAPOLITANO
Resta da capire chi è Yin e chi è Yang. Secondo alcuni osservatori di Sri Lanka sono le due Logge massoniche antagoniste d'Italia: una di ispirazione ex francese-filoeuropea-Bilderberg e l'altra di ispirazione ex anglo american-atlantica, le quali, dopo aver giocato alle Elezioni e alla formazione del Governo senza esito costruttivo oggi - giustamente - riprendono in mano il boccino e vedono chi "picchia" meglio e fa filotto sul biliardo italico.
NAPOLITANO-GRILLO BY BENNY.
Secondo altri, osservatori più tradizionali: No! Non è così! I due gruppi che verranno incaricati dal Presidente, di cui è chiara solo che "hanno personalità", sono il vecchio centrodestra e il vecchio centro sinistra, incarnati nei loro ipotetici condottieri ancora non rivelati. I bookmakers inglesi accettano scommesse sul tandem Gianni Letta e Giuliano Amato.
Allora c'abbiamo ragione noi dicono gli osservatori di Sri Lanka: "so' ddu' Logge". Secondo altri ancora si tratta invece di Shiva e Visnù, chiamati a pronunciarsi in quel breve periodo in cui ancora il Presidente può fare Brahma.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-re-giorgio-ha-tirato-fuori-dall-uovo-la-sorpresa-pasquale-due-gruppi-ristretti-53303.htm
mercoledì 27 marzo 2013
FINANZA MARCIA - TUTTI AL BUFFETT FREDDO DI GOLDMAN SACHS Il miliardario-oracolo diventa uno dei primi azionisti della banca - La salvò durante la crisi del 2008 iniettando 5 miliardi e ora incassa una valanga di azioni, con una plusvalenza teorica di 1,4 mld - Blankfein sgancia ma guadagna il bollino di qualità da un guru “buono” della finanza…
Marco Valsania per "Il Sole 24 Ore"
WARREN BUFFETT
Warren Buffett si appresta a prendere un posto d'onore tra i primi dieci azionisti di Goldman Sachs. Per l'esattezza il nono, con una quota dell'1,9% nella storica banca d'investimento di Wall Street.
Il nuovo ruolo formale dell'Oracolo di Omaha e della sua corazzata finanziaria Berkshire Hathaway è il frutto del suo intervento di salvataggio a fianco di Goldman nel 2008. Buffett, in cambio di un investimento da cinque miliardi di dollari e del suo sostegno pubblico, durante la crisi aveva ricevuto un pacchetto di warrant, di diritti ad acquistare azioni a un prezzo prestabilito. Il recupero in Borsa messo a segno da allora da Goldman li ha adesso resi più preziosi alla vigilia della loro scadenza, in ottobre.
LLOYD BLANKFEIN
Il prezzo pattuito nel 2008 era di 115 dollari per azione, mentre oggi Goldman è quotata ben di più, 146 dollari. Contando che Buffett può accampare diritti su quasi 43,5 milioni di azioni, la sua partecipazione vale 6,4 miliardi, con un guadagno che si aggira sugli 1,4 miliardi qualora decidesse di intascare la differenza in contanti.
Goldman e Buffett hanno però preferito emendare i loro accordi e il guadagno a Buffett verrà versato interamente in titoli, inserendo appunto di diritto l'Oracolo di Omaha nell'elite dei soci della regina di Wall Street con 9,3 milioni di azioni. Il nuovo accordo, con la consacrazione a socio di primo piano di Buffett, entrerà in vigore il primo di ottobre.
WARREN BUFFETT
Ma se per Buffett l'operazione si è dimostrata un indubbio successo finanziario, anche Goldman ne esce rafforzata, in reputazione, dopo anni che l'hanno vista al centro delle polemiche sulle responsabilità negli eccessi che hanno scosso economia e mercati. Buffett è spesso cauto quando si tratta di esporsi a grandi banche: vanta partecipazioni significative soltanto in Wells Fargo e US Bancorp.
In passato pacchetti azionari in Goldman e Bank of America, che aveva rilevato sempre in cambio di aiuti anti-crisi, erano stati composti di titoli privilegiati, che garantivano elevate cedole. Goldman ha ricomprato non appena possibile, nel 2011, quelle «preferred share» che le costavano troppo, un dividendo da 500 milioni l'anno. A Buffett sono però rimasti i warrant.
WARREN BUFFETT
La nuova intesa è stata tenuta a battesimo da prese di posizione dei protagonisti. Buffett ha messo in chiaro di voler investire in Goldman nel lungo periodo. «Intendiamo mantenere un significativo investimento in Goldman Sachs, società con la quale ho effettuato la mia prima transazione oltre 50 anni or sono» ha detto l'Oracolo di Omaha.
GOLDMAN SACHS
«Ho il privilegio di aver conosciuto e ammirato la leadership dei dirigenti di Goldman dal giorno del mio primo incontro con Sidney Weinberg nel 1940». Weinberg, storico top executive di Goldman, era stato soprannominato dalla stampa americana il «Signor Wall Street». Da parte sua, l'attuale presidente e amministratore delegato di Goldman, Lloyd Blankfein, ha fatto sapere di apprezzare il continuo appoggio di Buffett. Ha indicato di essere «soddisfatto che la Berkshire Hathaway intenda rimanere un investitore di lungo periodo».
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/finanza-marcia-tutti-al-buffett-freddo-di-goldman-sachs-53131.htm
EUROPA ALLO SBANDO DI UN SISTEMA FALLITO: OGGI CIPRO, DOMANI MADRID O ROMA? Dopo Nicosia passa il principio che le banche non si salvano più, sempre e comunque, con i soldi pubblici. Se occorre, si lasciano fallire - Ma l’UE ancora non ha un sistema comune, e i singoli paesi (Italia esclusa) creano legislazioni per prepararsi a eventuali default bancari…
Marco Valerio Lo Prete per "Il Foglio"
MICHAEL SARRIS MINISTRO FINANZE CIPRO
Tra qualche ora, senza poter opporre resistenza alcuna, chiunque abbia depositato in una banca cipriota più di 100 mila euro si vedrà alleggerire i suoi risparmi di almeno il 40 per cento. Lo ha precisato ieri il ministro delle Finanze locale, Michael Sarris. E questo è solo uno degli aspetti più estremi del nuovo tipo di salvataggio bancario praticato nell'isola dell'Eurozona e che comporta il coinvolgimento di azionisti, obbligazionisti e correntisti privati - non dei contribuenti, come avvenuto finora - per cofinanziare "l'aiuto" in arrivo da Bruxelles.
CIPRO-DICE-NO-AL-PRELIEVO-SUI-DEPOSITI
Per qualcuno, vedi il ministro delle Finanze olandese e presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, questo tipo di salvataggio sarà il "modello" per tutte le crisi bancarie che verranno. Per altri, come Benoît Coeuré, governatore della Banca di Francia, Dijsselbloem "ha torto": a nessuno sarà riservato il pesante trattamento di Cipro, caso limite di paese iperfinanziarizzato.
PROTESTE A CIPRO - CIPRO NON E' IN VENDITA
Controreplica dei rigoristi finlandesi: "L'Europa dovrebbe tornare al libero mercato. Proprietari e investitori si accollano le perdite quando una banca fallisce". Gli istituti di credito, non sapendo quale sarà alla fine la visione vincente, perdono colpi in Borsa per il secondo giorno consecutivo: ieri i titoli bancari italiani hanno chiuso in rosso di 2,15 punti (Piazza Affari a meno 0,9). Nemmeno lo stato d'animo dei correntisti europei è dei più tranquilli.
PROTESTE A CIPRO JPEG
Oggi Cipro, domani Madrid o Roma? E' questa la domanda ricorrente. La Commissione Ue assicura che non sarà così, perché a Unione bancaria vigente "non ci troveremo in situazioni simili". Intanto però l'Unione bancaria non si vede, e così alcuni paesi procedono ad approvare leggi nazionali sulla risoluzione ordinata (leggi: smantellamento) degli istituti di credito in crisi. L'Italia, al momento, non pare interessata.
Anche se ieri il Fondo monetario internazionale, al termine della sua missione ad hoc a Roma, ha detto che il nostro sistema finanziario ha dimostrato una notevole robustezza, ma ha aggiunto che le banche con ampi portafogli di titoli di stato "restano esposte a perdite e a più alti costi della raccolta" se i rendimenti dei titoli torneranno a salire.
JEROEN DIJSSELBLOEM
Le banche non si salvano più, sempre e comunque, con i soldi pubblici. Se occorre, piuttosto, si lasciano fallire. "Questo principio non dev'essere però applicato in maniera emergenziale e caotica come avvenuto a Cipro, dove a un certo punto si è lasciato intendere che anche i depositi garantiti, sotto i 100 mila euro, fossero a rischio - dice al Foglio Rainer Masera, dal 1975 al 1988 direttore centrale della Banca d'Italia e poi ministro tecnico del Bilancio - Come previsto dallo studio della commissione De Larosière del 2009, è necessario introdurre a livello europeo un meccanismo di salvataggio e di risoluzione delle banche che possa intervenire anche sugli istituti in bonis, e non già in fallimento, ove ci fossero problemi di governance evidenti".
BENOIT COEURE
Per questo serve una legislazione, però, come negli Stati Uniti, non foss'altro perché gli azionisti potrebbero rivalersi contro un'azione pubblica ritenuta eccessivamente intrusiva. "Oggi la leadership europea inverte il ragionamento: finché non ci sarà supervisione unica in seno alla Bce, non ci saranno meccanismi di risoluzione o interventi di ricapitalizzazione diretta del Meccanismo europeo di stabilità Esm", dice Masera. Nel frattempo, osserva l'economista, "alcuni paesi europei stanno facendo da sé".
RAINER MASERA - COPYRIGHT PIZZI
In Germania il ministero delle Finanze ha presentato una proposta di legge per la risoluzione ordinata degli istituti di credito, nel Parlamento francese la discussione è in stato avanzato e in Olanda una legge è già vigente. A inizio 2012, proprio nel paese che ha dato i natali al contestato ministro Dijsselbloem, osserva l'economista Mario Seminerio, "Sns Reaal, quarta banca locale, è stata nazionalizzata, e i suoi obbligazionisti subordinati si sono trovati in mano carta straccia.
ANTONIO PATUELLI
Ma pur sempre all'interno di un quadro di logica prevedibile e di rispetto del diritto. Uno schema simile ci vorrebbe anche in Italia, si potrebbe stabilire in due giorni riprendendo la legislazione estera". Ai vertici dell'Associazione bancaria italiana non vogliono sentir parlare né di schemi di risoluzione né dell'ipotesi di una "bad bank". Il presidente Antonio Patuelli sostiene che a tutela dei correntisti basta la Costituzione.
"Comunque sia, se la strategia di salvataggio cipriota verrà generalizzata - conclude Seminerio, autore per Rizzoli di "La cura letale" - per le banche si alzerà il costo della raccolta, visto il rischio di rivalsa su azionisti e obbligazionisti". E allora, se anche i correntisti saranno tranquilli, ottenere credito diventerà ancora più difficile.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/europa-allo-sbando-di-un-sistema-fallito-oggi-cipro-domani-madrid-o-roma-53119.htm
È IN CORSO IL PIÙ GRANDE ATTACCO A INTERNET DELLA STORIA: INTASATA LA RETE GLOBALE - 2. UN MOVIMENTO DI ATTIVISTI ANTI-SPAM (SPAMHAUS) HA MESSO UN PROVIDER OLANDESE (CYBERBUNKER) NELLA SUA LISTA NERA. E LORO SI SONO VENDICATI SCARICANDOGLI ADDOSSO UNA “BOMBA NUCLEARE”, UN FLUSSO DI 300 MILIARDI DI BIT AL SECONDO - 3. UN PORTAVOCE DEGLI HACKER: “SAPPIAMO CHE QUESTO È UNO DEI PIÙ GRANDI ATTACCHI DDOS CHE IL MONDO ABBIA MAI VISTO. MA SPAMHAUS HA ABUSATO DELLA SUA INFLUENZA. NESSUNO GLI HA DATO IL COMPITO DI DIRE COSA VA E COSA NON VA SU INTERNET” - 4. RALLENTATI NETFLIX E CENTINAIA DI SITI. A RISCHIO I SERVIZI GLOBALI DI E-MAIL E BANKING -
Dagoreport dal "New York Times"
CYBERBUNKER JPEG
Una lite tra un gruppo di attivisti anti-spam (Spamhaus) e una compagnia olandese che offre servizi di hosting (Cyberbunker, accusata di spedire una quantità massiccia di posta indesiderata) è cresciuta fino a diventare uno dei più pesanti attacchi alla rete globale di internet, causando una forte congestione delle trasmissioni dati.
Milioni di utenti hanno registrato un rallentamento dei servizi come Netflix o non sono riusciti a entrare in numerosi siti per un breve periodo di tempo. Secondo molti ingegneri che lavorano nelle infrastrutture cruciali del Web, gli attacchi stanno aumentando e se la guerra tra Spamhaus e Cyberbunker continuasse in questa escalation nucleare, si potrebbero "inceppare" anche i servizi di e-mail e online banking.
SPAMHAUS LOGO
Il 19 marzo scorso Spamhaus ha aggiunto Cyberbunker - un provider che prende il nome dal suo quartier generale, un ex bunker della NATO di cinque piani - alla sua "blacklist" di aziende che intasano le caselle di posta con messaggi indesiderati, e da quel momento ha cominciato a essere attaccata con i DDoS (Distributed Denial of Service), cioè un numero gigantesco di richieste di accesso a un determinato sito fino a impedirne l'ingresso ai normali utenti.
Nel caso di Cyberbunker, gli attivisti hanno subito flussi di dati mai visti in nessun attacco precedente, toccando il picco di 300 miliardi di bit al secondo. "Il più grande attacco DDoS mai registrato", ha detto al "New York Times" Patrick Gilmore, responsabile delle infrastrutture di Akamai Networks, un provider americano. "Quelli di Cyberbunker sono pazzi. Sono stati beccati, e ora pensano che sia loro diritto continuare a spammare".
HACKER ONLINE
Gli attacchi sono stati segnalati pubblicamente per la prima volta da CloudFlare, un'azienda che si occupa di sicurezza online nella Silicon Valley, e che nel cercare di difendere Spamhaus dall'attacco, è diventata lei stessa un obiettivo degli hacker.
Spamhaus è considerato un "vigilante del web", composto da volontari che si occupano di scovare i "data center" che vivono e prosperano inondando internet e le caselle mondiali di posta indesiderata (un business da miliardi di dollari).
CYBERBUNKER IN OLANDA
Sven Olaf Kamphuis, un attivista che si è presentato come un portavoce degli hacker che stanno portando avanti questo attacco, ha scritto in un messaggio online che "Siamo coscienti che questo è uno dei più grandi DDoS che il mondo abbia mai visto. Ma Cyberbunker si sta vendicando contro Spamhaus, che ha abusato della sua influenza. Nessuno gli ha dato il compito di determinare cosa va bene e cosa non va su internet".
IL CENTRO DATI DI CYBERBUNKER
Un attacco del genere è praticamente inarrestabile. Bloccare un flusso di dati ai DNS (Domain Name System) vorrebbe dire chiudere tutti i server globali attraverso cui passano questi flussi, di fatto chiudendo intere porzioni della rete, così colpendo migliaia di altri siti. "L'unico modo per porvi rimedio è capire chi lo sta sferrando e fermarli".
Cyberbunker si vanta di essere stata più volte oggetto di azioni da parte della polizia e delle autorità olandesi a causa dei suoi "clienti controversi". Ma sul suo sito si legge che "non sono mai riusciti a entrare"...
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-in-corso-il-pi-grande-attacco-a-internet-della-storia-intasata-la-rete-53121.htm
STATO KILLER: FATE PRESTO, ANCHE SE È GIÀ TARDI Mentre Bruxelles sta lì a creare cavilli con Rigor Montis, molte imprese italiane sono sospese fra la vita e la morte - La non restituzione dei debiti da parte dello Stato potrebbe essere il colpo di grazia per tante aziende che già a stento erano riuscite a salvarsi dal disastroso 2012... - -
Francesco Manacorda per "La Stampa"
«Sono convinto che a metà anno molte piccole e medie imprese tireranno giù il bandone, come diciamo noi in Toscana». Dall'avamposto pistoiese del Consorzio Leonardo Servizi - 16 imprese, dalle pulizie all'impiantistica, con un fatturato aggregato che supera i 100 milioni di euro - il presidente Gino Giuntini vede la maratona per i rimborsi dei crediti della pubblica amministrazione come una gara dove molti cadranno ben prima del traguardo».
CRISI AZIENDE CHIUDONO
Andrea Bolla, presidente di Confindustria di una Verona relativamente felix: «Quello che mi dà fastidio è che ancora una volta stiamo dibattendo sul se pagare, invece di concentrarci sul come pagare. Ma che il settore pubblico non paghi i propri debiti semplicemente non è più un'opzione».
Le schermaglie euro-italiane sul pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, insomma, si infrangono contro un fronte assai composito, ma molto compatto, fatto di imprenditori piccoli e grandi. C'è chi fa le pulizie nelle scuole e si scontra contro «questi maledetti patti di stabilità degli enti locali», come dice ancora Giuntini, ma ci sono anche i costruttori edili che - spiega il presidente della loro associazione Paolo Buzzetti - «hanno avuto negli ultimi due anni 10.400 fallimenti. Siamo in una situazione che non è più compatibile con nessuna perdita di tempo».
Dopo una prima ondata di entusiasmo, mentre il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi spiegava che la ripresa dei pagamenti avrebbe portato un aumento del Pil dell'1% e 250 mila posti di lavoro in cinque anni, adesso tra le imprese pare prevalere l'ansia per quei pagamenti - settanta miliardi di euro come dice bankitalia? Oppure di più? anche il fatto che nessuno sia mai riuscito o abbia voluto censirli è significativo - che non arrivano mai all'incasso.
GIORGIO SQUINZI
Dopo che le commissioni parlamentari avranno approvato la relazione di aggiornamento del Def, toccherà al ministero dell'Economia emanare il suo decreto, che dovrebbe dare una prima indicazione sulle priorità con cui procedere al rimborso dei debiti della pubblica amministrazione. Ma in ogni caso anche al ministero ammettono che i primi soldi arriveranno dopo giugno, forse addirittura a settembre.
«E' una soluzione assolutamente insoddisfacente - attacca Franco Tumino che guida l'Anseb, l'associazione delle imprese che emettono buoni pasto - anche perché già oggi il ritardo medio per i pagamenti per noi va tra un anno e un anno e mezzo. Prendere un impegno non per tutti i debiti, ma per 20 miliardi soli, e poi rimandare i pagamenti a fine anno significa lasciare più o meno le cose come stanno».
«Se tutti andassero nella stessa direzione si potrebbe anche aspettare fino a settembre - commenta Gabriele Vitali, che si occupa del commerciale nell'emiliana Effe Gi impianti di cui il padre è uno dei soci - ma le banche dovrebbero seguire le aziende nel percorso. Invece sono troppo tirate e se il primo del mese ti chiedono di rientrare dagli affidamenti tu fallisci, anche se hai già fatto il lavoro e aspetti i soldi».
La Effe Gi, poco più di cinque milioni di fatturato nell'impiantistica, molti clienti pubblici, è un buon esempio della sfida che una fattura rappresenta per una piccola impresa: «Un anno e mezzo fa ci siamo salvati - dice Vitali - perché avevamo tenuto i soldi in azienda. I crediti verso clienti sono l'80% circa del nostro fatturato e la rotazione del nostro capitale è di 333 giorni. Insomma, i soldi li pigliamo dopo un anno».
CORRADO PASSERA
Le schermaglie, a dire il vero, sono anche italo-italiane. Il piano che permette alle imprese di scontare in banca i crediti verso la pubblica amministrazione, voluto dal ministro dell'Economia Corrado Passera è stato finora un flop. Poche centinaia i casi in cui è stato utilizzato. «Senza contare che dice ancora Tumino - scontare i crediti significa avere oneri finanziari a carico delle imprese e un peggioramento dello stato patrimoniale».
Per il ministero dello Sviluppo Economico è presto per valutare il successo o l'insuccesso dello strumento, visto che ha cominciato a funzionare solo da inizio gennaio. Inoltre la pubblica amministrazione di cui si vuole ottenere la certificazione del debito deve essere registrata in un sito apposito. E se per chi non si registra non ci sono sanzioni - si spiega - è difficile pensare che Asl e Comuni facciano la fila per iscriversi. Anche Bolla, da Verona conferma che finora i suoi associati hanno incontrato «problemi burocratici».
All'Economia, del resto, vivono con qualche insofferenza l'attivismo di Passera su questo versante e si concentrano sulla tenuta dei bilanci pubblici sui quali Bruxelles, come si è visto, non fa grandi sconti. Ma certo l'alternativa tra ripresa e rigore è sempre più evidente per gli imprenditori che a gran voce chiedono i crediti che gli spettano da tempo. «In fondo - dice ancora Giuntini - meglio pigliare un ceffone dall'Europa che finire strangolati».
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/stato-killer-fate-presto-anche-se-gi-tardi-53094.htm
martedì 26 marzo 2013
IL “MODELLO-CIPRO” È IL PROSSIMO EURO-SALASSO PER L’ITALIA Per il presidente dell'Eurogruppo, Dijsselbloem, la ristrutturazione delle banche di Cipro è “un modello per risolvere i problemi delle banche di altri paesi europei” - Tradotto: all’Italia riserveremo lo stesso trattamento, in caso di necessità - Chi ha più di 100 mila € sul conto, lo tenga a mente…
IL "MODELLO-CIPRO" È IL PROSSIMO EURO-SALASSO PER L'ITALIA
Doktor Mabuse per Dagospia
CIPRO BAILOUT LAIKI
La ristrutturazione delle banche di Cipro rappresenta un modello per risolvere i problemi delle banche di altri paesi europei. Lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Questo vuol dire che anche i risparmiatori italiani (e di tutta la zona euro) sono a rischio prelievo forzoso, limitatamente ai conti correnti superiori ai 100 mila euro, bontà loro. Ma si può definire ricco chi ha risparmiato per tutta la vita e ha messo in banca 110 mila euro?
GIU' LE MANI DA CIPRO
Comunque è chiaro che l'Italia è nel mirino, visto che la scorsa settimana uno dei capi di Commerzbank ha detto che per portare il rapporto debito pubblico/pil dell'Italia sotto il 100% - e renderlo così gestibile - basterebbe prelevare il 15% dai conti correnti e dai titoli azionari e obbligazionari degli italiani che tra l'altro, secondo una ricerca della Bundesbank, sarebbero più ricchi dei tedeschi. Se questo non è un allarme rosso. E sui siti dei giornaloni italiani non si vede traccia di tutto questo.
Ecco perché vanno in fallimento.
CIPRO - TROIKA GO HOME
2 - CRISI: DIJSSELBLOEM, SALVATAGGIO CIPRO MODELLO EUROZONA
(ANSA) - Il salvataggio di CIpro, con la partecipazione degli investitori e titolari di depositi nella ristrutturazione delle banche, rappresenta un nuovo modello su come gestire i problemi del sistema bancario in Europa. Lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, in un'intervista alla Reuters.
PROTESTE-CIPRO
3 - PIANO CIPRO MODELLO PER UE, DIJSSELBLOEM LA SPARA GROSSA
Francesca Gerosa per "Milano Finanza"
La dichiarazione del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha definito la ristrutturazione delle banche di Cipro un modello per risolvere i problemi delle banche di altri Paesi europei, spinge in ulteriore ribasso alcune borse europee. Maglia nera a Milano che cede il 2,35% a 15.663 punti con lo spread tra Btp a dieci anni e omologhi tedeschi tornato ad allargarsi a 323 punti, in netto rialzo rispetto alla chiusura di venerdì, anche per la situazione politica italiana.
JEROEN DIJSSELBLOEM
Ci sono anche "rumor di un possibile downgrade dell'Italia da parte di Moody's alla luce dell'incertezza politica", afferma un esperto interpellato dall'agenzia MF-Dowjones. Il rendimento del Btp decennale è del 4,58%. "Moody's non commenta voci di mercato", si è limitata a dire l'agenzia internazionale. Attualmente sull'Italia Moody's ha un rating Baa2 con outlook negativo, due gradini sopra la soglia junk. Mentre l'agenzia Standard & Poor's ha un rating BBB+ con outlook negativo, tre gradini sopra l'area non investment grade, e Fitch Ratings BBB+. Pesante anche Madrid, giù dell'1,64%. Resistono Francoforte, che segna -0,13%, Parigi (-0,39%) e Londra (-0,06%).
"Quello che abbiamo fatto la scorsa notte", ha detto, "è buttare indietro il rischio. Se ci sono rischi in una banca", ha aggiunto, "la nostra prima questione è: ok, cosa farete voi della banca per risolvere questo? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi da soli? Se la banca non può farlo, allora parleremo con gli azionisti e gli obbligazionisti e chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, ci rivolgeremo ai titolari di depositi non assicurati".
Già questa mattina il presidente dell'Eurogruppo aveva salutato con favore l'accordo per il salvataggio del Paese cipriota, ma sier per fortuna limitato a dire che: "mette fine alle incertezze su Cipro e sulla zona euro, evita la tassa e ristruttura profondamente il settore bancario di Nicosia". Ora queste dichiarazioni shock, mentre c'è tensione sul fronte russo con il premier, Dmitri Medvedev, che è tornato a ribadire che a Cipro "continua il saccheggio".
ITALIA CRAC BUCO
Le misure previste si limiteranno solo alle due banche maggiormente problematiche, cioè Laiki e Bank of Cyprus. In pillole il piano prevede la chiusura controllata della seconda banca del Paese, Laiki. I depositi sotto i 100.000 euro saranno trasferiti alla Bank of Cyprus, che diventerà una sorta di "good bank". I depositi sopra i 100.000 euro in entrambe le banche saranno congelati e usati per liquidare i debiti di Laiki e ricapitalizzare Bank of Ciprus, tramite una conversione in azioni. L'intervento permetterà a Cipro di raccogliere 4,2 miliardi di euro e Ue, Bce e Fmi forniranno aiuti per 10 miliardi.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/il-modello-cipro-il-prossimo-euro-salasso-per-litalia-52995.htm
lunedì 25 marzo 2013
PROCESSO ‘MORI-AMMAZZATO’: “MANCINO TENTÒ DI INQUINARE LE PROVE” Nella sua requisitoria al processo ai Ros, il pm Di Matteo cita le telefonate con cui Mancino, parlando con il consigliere di Napolitano Loris D’Ambrosio, tentò di inquinare le prove - L’ex ministro dell’Interno sollecitò il Quirinale per evitare il confronto in aula con Claudio Martelli…
Da "Corriere.it"
NICOLA MANCINO
Le intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro dell'interno Nicola Mancino e il consigliere del presidente della Repubblica Loris D'Ambrosio sono state citate dal pm palermitano Nino Di Matteo nella sua requisitoria nel processo ai militari del Ros, il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, imputati per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.
LE TELEFONATE - Le telefonate, secondo il magistrato della Procura palermitana, sarebbero state «uno dei tanti tentativi di strumentale inquinamento della prova in questo procedimento». In una delle chiamate, ha riferito in aula Di Matteo, l'ex ministro Mancino appare preoccupato che ci sia un accanimento dei pm che avevano chiesto il confronto in aula con l'ex guardasigilli Claudio Martelli.
NICOLA MANCINO E GIORGIO NAPOLITANO
«Questo è il processo nel quale Mancino ha palesato di non tenere in conto l'autonomia del vostro giudizio», ha detto il pm, «chiamando il consigliere del Presidente della Repubblica Loris D'Ambrosio, cercando conforto nelle più alte cariche dello Stato per evitare il confronto». D'Ambrosio, ex magistrato e prezioso collaboratore di Napolitano, è morto improvvisamente nel luglio dello scorso anno in seguito ad un infarto, mentre esplodeva la polemica sulle intercettazioni tra il Colle e Mancino.
LORIS D'AMBROSIO
PROVENZANO - L'ex capo del Ros Mori e il colonnello Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato in relazione alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nei primi anni '90, non avrebbero agito perché «collusi» o «per paura», ma perché «in un determinato e delicato frangente storico, obbedendo ad indirizzi di politica criminale per contrastare le stragi, hanno ritenuto di trovare un rimedio assecondando l'ala più moderata di Cosa nostra», ha sostenuto il pm Nino Di Matteo. Gli imputati, ha detto ancora il magistrato, si sarebbero mossi «per favorire la fazione riconducibile a Provenzano» e al fine di garantirne «la leadership in Cosa nostra hanno ritenuto necessario garantire il perdurare della sua latitanza».
GIORGIO NAPOLITANO E LORIS D'AMBROSIO
«PROCESSO DRAMMATICO» - Il pm ha poi invitato i giudici a non avere «pericolosi e istintivamente comprensibili pregiudizi di fronte ad accuse così imbarazzanti nei confronti di due uomini dello Stato», ma invece a valutare «con intelligenza, senza paura, che di fronte alla violazione della legge anche uomini così potenti non possono sottrarsi alle loro condotte».
MARIO MORI
Infine Di Matteo ha parlato di processo «drammatico» anche in considerazione delle «dichiarazioni rese o no, fingendo di non ricordare da parte di politici, funzionari dello Stato e alti ufficiali dei carabinieri» e si è riferito in particolare alle deposizioni del senatore Nicola Mancino, degli onorevoli Martelli e Scotti, degli appartenenti al Ros che di fronte agli stessi fatti «hanno reso dichiarazioni contraddittorie e incompatibili fra loro. Noi sappiamo», ha detto Di Matteo, «chi tra di loro abbia mentito».
BERNARDO PROVENZANO ARRESTATO
PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - Il pm Di Matteo, per la vicenda delle telefonate tra Mancino e Napolitano, intercettate durante l'inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia, e delle quali la Consulta ha ordinato la distruzione, è stato messo sotto procedimento disciplinare da parte del Pg della Cassazione.
A Di Matteo si contesta l'avere «ammesso l'esistenza delle telefonate tra l'ex ministro dell'Interno e il capo dello Stato». Al procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, invece, il Pg della Cassazione, contesta il non avere segnalato le violazioni commesse dal magistrato del suo ufficio ai titolari dell'azione disciplinare
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/processo-mori-ammazzato-mancino-tent-di-inquinare-le-prove-52975.htm
MENTRE I POLITICI SPARANO CAZZATE, ASSALTO FINALE ALLA CDP La Cassa Depositi e Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico, su cui le Fondazioni bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso sfruttando il caos post-elettorale…. - -
Giorgio Meletti per "Il Fatto Quotidiano"
GIUSEPPE GUZZETTI RESIZE
Il sonno della politica genera mostri. Come la Cassa Depositi e Prestiti, 300 miliardi di euro di denaro pubblico su cui le Fondazioni bancarie stanno definitivamente imponendo il suo controllo. Prima approfittando della sobria complicità del governo Monti. Adesso sfruttando il caos post-elettorale.
Mentre i parlamentari a 5 stelle si apprestano a contare le caramelle di Montecitorio e quelli del Pd sognano governi impossibili, un drappello di sopravvissuti di Prima e Seconda Repubblica acquisisce un potere economico paragonabile all'Iri dei tempi d'oro. L'ultimo colpaccio l'hanno messo a segno l'altro ieri. La Banca d'Italia ha ceduto al Fondo Strategico Italiano, braccio operativo della Cdp, il 4,5 per cento delle Assicurazioni Generali. Così la Cdp si trova a essere il secondo azionista del gigante europeo delle polizze.
CHIAMPARINO
Il leader e profeta di questo contro-potere è Giuseppe Guzzetti, 78 anni: presidente della Regione Lombardia dal 1979 al 1987, poi deputato Dc, è da 16 anni presidente della Fondazione Cariplo, terzo azionista della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo. Primo azionista dell'istituto milanese è un'altra fondazione, la Compagnia di San Paolo, alla cui testa è stato sistemato l'ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino.
E chi è il secondo azionista di Intesa? Le Generali di cui sopra. E chi è l'amministratore delegato della Cdp? Giovanni Gorno Tempini, ex manager di Intesa nonché pupillo del presidente della banca Giovanni Bazoli, che sta per farsi rieleggere, nonostante gli 80 anni compiuti, dai suoi fedeli azionisti: Guzzetti, Chiamparino e Generali.
Questi irriducibili stanno arpionando una ricchezza immensa. Il pacchetto delle azioni Generali completa un bouquet di partecipazioni tra le quali spiccano il controllo dell'Eni, di Terna, della Snam, della Sace, della Simest e della Fintecna, che a sua volta possiede la Fincantieri. Le partecipazioni azionarie valgono 30 miliardi, un decimo del patrimonio gestito dalla Cdp. Che infatti è una banca, l'unica in Italia ad andare bene, forse perché finora non è stata gestita dai baroni della Fondazioni, sicuramente perché esercita una sorta di strozzinaggio di Stato.
GIOVANNI GORNO TEMPINI
Raccoglie il risparmio postale che vale 233 miliardi di euro (un quarto di tutti i depositi bancari) e viene pagato dalla Cassa al tasso del 2,7 per cento al lordo delle tasse e delle spese di Poste Italiane. Cdp impiega quei soldi "a sostegno della crescita del Paese". Per circa 90 miliardi li presta agli enti pubblici, soprattutto i Comuni, per mutui su cui impone tassi attorno al 4,5 per cento. Il resto finisce in titoli e liquidità. Pagando poco i risparmiatori e imponendo interessi esosi ai Comuni la Cassa ha guadagnato l'anno scorso 3,5 miliardi. E tra pochi giorni distribuirà agli azionisti un miliardo di dividendi.
LUIGI ZINGALES
Tutti pensano che la Cdp sia statale, però ha anche azionisti privati: le Fondazioni. Due economisti di scuola bocconiana come Roberto Perotti e Luigi Zingales sostengono che le Fondazioni bancarie, create nel 1990 dall'oggi aspirante presidente della Repubblica Giuliano Amato, sono il frutto di una "perversa genialità: dopo aver sottratto soldi ai cittadini (i legittimi proprietari delle vecchie casse di risparmio pubbliche), ora si presentano come i loro benefattori", vantando le generose "erogazioni" di finanziamenti ai momenti nobili della società civile (cultura, volontariato, assistenza ai più poveri).
In realtà, spiegano i due economisti che da tempo ne propugnano la ri-nazionalizzazione, le Fondazioni si sono impadronite di denaro pubblico ribattezzandolo privato. Il loro istinto è dunque di allungare le mani anche sul denaro della Cdp. Nel 2003 l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti ebbe l'idea di far diventare "privata" la Cassa, per nasconderci un po' di debito pubblico e non farlo risultare. Aveva bisogno di soci privati e li trovò nelle Fondazioni: acquistarono per un miliardo di euro azioni privilegiate della Cdp, facendo firmare allo Stato l'impegno a garantire un dividendo del 3 per cento più l'inflazione.
Ciò che lo Stato si guarda bene dal promettere ai chi compra i suoi Bot Tremonti lo concesse alle Fondazioni, che in questi dieci anni hanno ripreso in interessi il loro miliardo, alla media del 10 per cento all'anno di rendimento. L'accordo prevedeva però che a un certo punto l'azionista di minoranza convertisse le azioni privilegiate in ordinarie, versando un conguaglio.
MUSSARI PASSERA BASSANINI
Da quando è stata "privatizzata" la Cdp ha triplicato i suoi attivi patrimoniali e quadruplicato il suo patrimonio netto, la redditività, a spese dei risparmiatori, è esplosa. Così la Deloitte, incaricata di periziare il valore attuale della ditta, ha detto che le Fondazioni dovevano versare un conguaglio di 4,5 miliardi per la conversione delle loro azioni. Apriti cielo. Guzzetti, Chiamparino e Bazoli hanno messo il muso.
Subito si è mobilitato per accontentarli il presidente della Cdp, Franco Bassanini, deputato di vari partiti per 27 anni e quando era senatore di Siena lord protettore di Giuseppe Mussari, sposato con il vicepresidente del Senato, Linda Lanzillotta. Con la silenziosa complicità di un altro amico delle Fondazioni, il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, Bassanini ha pilotato una soluzione ottima: anziché 4,5 miliardi le Fondazioni ne pagheranno solo uno, in tre comode rate annuali corrispondenti ai dividendi incassati. In più una modifica dello statuto fa sì che ai "soci di minoranza" ora spetti la nomina del presidente della Cdp. Così Bassanini, solo indicato da Guzzetti per il primo mandato, sarà da lui rinnovato in modo diretto all'assemblea del prossimo 17 aprile.
Spetterà al prossimo governo, quando e se ci sarà, dare un parere su questo modo di gestire il denaro pubblico.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/mentre-i-politici-sparano-cazzate-assalto-finale-alla-cdp-52984.htm
CIPRO, “IL FURTO CONTINUA” (MEDVEDEV) -LA PARTITA SEGRETA SUL GAS
“Il furto continua”, dice il premier russo sul salvataggio del “suo” paradiso fiscale - Ma non è solo il crac bancario: l’isolotto è geostrategico per Siria, Egitto, Libano, e soprattutto Turchia e Israele: due vicini “scomodi” che vogliono i giacimenti di gas - Unica assente dai negoziati? l’Italia…
1. CIPRO: MEDVEDEV, CON 'IL FURTO CONTINUA' RIECCHEGGIA LENIN
(ANSA) - "Il furto continua": con questo commento a caldo, il primo sul salvataggio europeo di Cipro, il premier russo Dmitri Medvedev sembra aver voluto fare del sarcasmo sull'intenzione attribuita agli europei di mettere a frutto i controversi depositi russi nell'isola, considerata un paradiso fiscale. La sua frase riecheggia quella pronunciata da Lenin nel 1918 per giustificare gli espropri bolscevichi, ossia "rubiamo quello che è stato rubato".
MEDVEDEV CON IL VECCHIO PRESIDENTE CIPRIOTA DEMETRIS CHRISTOFIAS
Mosca aveva reagito con ira la scorsa settimana alla prima versione del piano, poi bocciata dal parlamento cipriota, anche per non essere stata consultata o informata, parlando di 'espropri' e paragonando l'attitudine dell' Unione europea a quella dei Soviet. Contemporaneamente, aveva chiuso tutte le porte agli aiuti sotto forma di partecipazioni nel settore bancario ed energetico.
MEDVEDEV A CIPRO
2. IL PARADISO FISCALE DI MOSCA E LA PARTITA SEGRETA SUL GAS
Luigi Offeddu per "Il Corriere della Sera"
Comando della flotta russa, 12 giorni fa, dichiarazione del comandante in capo ammiraglio Viktor Chirkov: «Il ministero della difesa ci ha ordinato di formare una task force che opererà nel Mediterraneo su base permanente». E che avrà come «cuore» la flotta del Mar Nero, con l'appoggio di quella baltica e di quella nordica.
Nel caso-Cipro non si agitano solo i conti ragioneristici di Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco; o i vertici straordinari della Ue, che tanto straordinari non sono più perché ormai si svolgono quasi ogni settimana. Intorno alla piccola isola, ci sono grandi interessi geostrategici, e di svariate nazioni. E' certo anche a Cipro che pensa Sergei Shoigu, ministro della difesa russo, quando dice: «La nostra marina è in grado di operare in ogni mare del mondo che sia importante per i nostri interessi, e oggi il Mediterraneo è un'area di interesse per noi».
PROTESTA A CIPRO CONTRO MERKEL JPEG
Cipro è infatti un balcone affacciato sui «teatri» geopolitici più caldi del mondo: dalla Turchia (70 chilometri di distanza), a Libano e Siria (circa 100 chilometri), all'Egitto, a Israele. Ma soprattutto, Cipro è il «campo di Afrodite» (Venere, il suo nome dell'antichità): così è stato battezzato il gigantesco giacimento di gas naturale che si trova a Sud delle sue coste. E che da solo può soddisfare il 40% dei consumi di gas in tutta la Ue: 200 miliardi di metri cubi, per un valore stimato di 61 miliardi di euro, tre volte e mezzo il Pil di Nicosia.
Uno scrigno che vale diversi «salvataggi» della Ue, e che infatti è stato messo ufficiosamente sul tavolo dei negoziati, ad ogni riaccendersi della crisi: ipotetiche licenze di sfruttamento, offerte ufficiosamente da Nicosia come «garanzie collaterali» per colossali prestiti attesi dall'Eurozona, o da questo o quello Stato; con la Russia in prima fila, ma fra il pubblico dell'asta c'era e forse c'è anche la Cina.
CIPRO BAILOUT LAIKI
Niente si è mai concluso, soprattutto per la presenza di un convitato di pietra: la Turchia, naturale tutrice della minoranza turca di Cipro, sostiene da sempre che gli eventuali benefici del «campo di Afrodite» non possono andare solo al governo della maggioranza greca, l'unico riconosciuto in campo internazionale.
Poi un altro importante vicino di casa, ed è Israele, che da sempre cerca di svincolarsi dalla dipendenza dai giacimenti altrui. Secondo le norme internazionali, ogni nazione può sfruttare i propri beni naturali - come appunto petrolio e gas - fino a 200 miglia nautiche dalle proprie coste, ma Israele e Cipro stanno gomito a gomito nel mare fino a un minimo di 140 miglia: la frontiera marina, sempre secondo le norme internazionali, è idealmente tracciata alla metà di questa distanza; dunque l'esplorazione del «campo di Afrodite» può essere almeno teoricamente un argomento di discussione.
MICHAEL SARRIS MINISTRO FINANZE CIPRO
Nei prossimi mesi, che Cipro venga «salvata» o no dalla bancarotta, questo stesso Mediterraneo sarà molto più popolato di prima. Intanto, molte altre navi russe si aggiungeranno a quelle già dislocate nell'area, come la fregata Ladny, l'incrociatore Moskva, le navi da sbarco Saratov, Nikolai Filchenkov e Novocherkassk, il sommergibile Alrosa, e così via. E anche altre presenze non militari, come i miliardi di depositi russi nelle banche cipriote, possono manifestare comunque l'interesse del Cremlino (ma anche la Germania, la Francia, l'Olanda e altri Paesi, qui hanno trovato per anni i loro Bengodi finanziari).
Per esempio, l'azionista principale del maggiore istituto isolano, quella Bank of Cyprus di cui tanto si discute a Bruxelles, è un tale Dmitry Rybolovlev: tre anni fa si è comprato quasi il 10% delle azioni, il suo patrimonio è stimato il 9,5 miliardi di dollari, e la sua casa di vacanze prediletta è l'ex villa di Donald Trump in Florida, comprata per 95 milioni di dollari; a Cipro, Rybolovlev ha finanziato la costruzione della cattedrale ortodossa di Nicola.
Nei prossimi mesi, intorno all'isola, aumenteranno anche certe navi «oceanografiche» di ogni Paese che a volte hanno molte più antenne del dovuto, cioè non studiano ma spiano. La guerra civile in Siria, le nuove inquietudini in Libano, l'instabilità dell'Egitto, agiranno probabilmente da calamita sui loro timoni: Afrodite, o Venere, continua a sedurre, ma oggi ha un fastidioso «profumo» di gas naturale.
CIPRO - TROIKA GO HOME
3. IL TAVOLO DELL'EURO E QUEL SILENZIO DELL'ITALIA SULLA SCELTA
Federico Fubini per "Il Corriere della Sera"
C'è un tassello nel rompicapo cipriota che continua a mancare: l'Italia. Il governo non ha ancora detto cosa pensa, e perché. Quando ieri sera è iniziato l'Eurogruppo che di fatto doveva decidere sull'ipotesi che un Paese lasci l'euro, pochi al di fuori sapevano quel era la posizione di Roma.
GIU' LE MANI DA CIPRO
Su questo punto l'esecutivo fino a ieri sera è rimasto in silenzio. Lo ha fatto quando l'Eurogruppo nove giorni fa ha accettato che fossero sforbiciati i conti bancari ciprioti anche sotto i 100 mila euro: una scelta che l'Istitute for International Finance, il club globale delle banche, definisce illegale perché violerebbe il principio di assicurazione sui depositi. Non è ciò a cui siamo stati abituati. Monti e la sua squadra avevano fatto della capacità di incidere a Bruxelles un (comprensibile) motivo di vanto.
Non questa volta, si direbbe, benché alcuni sembrino pensare che il trattamento di Cipro interessi indirettamente anche l'Italia. Dopo l'Eurogruppo su Cipro del 15 marzo Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank (una banca tedesca a controllo pubblico), ha detto che un prelievo sui depositi del 15% sarebbe la soluzione al problema del debito anche in Italia. Cipro è certo un caso unico, ma provoca discussioni ben oltre le sue sponde. Su questo si può essere d'accordo con la linea tedesca o meno, con validi argomenti. Ma non dire niente, almeno in pubblico, è un'altra storia.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/cipro-il-furto-continua-medvedev-la-partita-segreta-sul-gas-52987.htm
domenica 24 marzo 2013
liberta di sandro pertini
“Sono per un socialismo che deve essere basato sulla libertà. Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile. Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale. Come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed educarli? Questo non è un uomo libero. Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è la libertà che intendo io”.
Sandro Pertini
Sandro Pertini: La Libertà
Pubblichiamo
Riteniamo utile per il dibattito attuale pubblicare integralmente il discorso sulla libertà dal Fascismo tenuto nel 1980 dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che contro di esso e per la libertà di tutti noi ha lottato e per questo, da quel Regime, é stato incarcerato.
Coordinamento del Forum di SocialismoeSinistra
La Libertà
Alla più perfetta delle dittature io preferirò sempre la più imperfetta delle democrazie
L'umanità è nata libera e libera deve restare.
La libertà è un bene prezioso inalienabile e deve essere custodito gelosamente e difeso costi quel che costi. Certo, la democrazia presuppone contrasti di idee, di aspirazioni, di interessi sociali, ma nel Parlamento essi hanno il loro più alto confronto. Necessaria è una maggioranza, ma è altrettanto necessaria una opposizione. Uno degli artefici dell’Unità, Camillo Benso di Cavour, rivolgendosi un giorno al suo più tenace avversario affermò: “Onorevole Valerio, io ho bisogno dell’opposizione e se essa in questo Parlamento non esistesse, sarei io a crearla”. L’opposizione controlla la maggioranza, ne è di pungolo: qui ogni contrasto sociale può placarsi in una sintesi giusta che rispecchi le ansie, le aspirazioni, gli interessi del popolo, al quale ogni membro del Parlamento deve sempre rispondere perché del popolo non è che il mandatario.
E bisogna che gli eletti ascoltino l’elettore; ascoltare bisogna chi vuol vedere risolti i suoi problemi di ogni giorno: la necessità del lavoro, di un tenore di vita dignitoso, di una casa confortevole, ove trovare il meritato riposo dopo una giornata laboriosa, il bisogno di curare la propria salute e di adornare di cultura la propria mente e di sentirsi tutti figli eguali e non discriminati dalla Patria, che non può essere madre per alcuni e matrigna per altri, ma madre premurosa con tutti. Lo Stato deve essere giusto ed incorrotto; forte ed umano: forte con i colpevoli, umano con i deboli.
Certo, ove non esiste un regime democratico questi confronti e questi contrasti non si hanno. Le democrazie a menti superficiali possono apparire disordinate; le dittature invece appaiono ordinate; nessuna protesta, nessun clamore da esse si leva: ma è l’ordine delle galere, il silenzio dei cimiteri. No, alla più perfetta delle dittature io preferirò sempre la più imperfetta delle democrazie. Noi ci siamo battuti tutta la vita, pagando alti prezzi, perché ogni cittadino sia sempre un uomo in piedi padrone dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri e non un servitore in ginocchio.
I popoli non siano tramutati in armenti, ma siano rispettati nella loro dignità di esseri pensanti, i quali attraverso competizioni e contrasti non solo inevitabili ma utili e necessari all’umano progredire, sia avviano verso un domani di libertà sicura, di vera giustizia sociale, di pace nel mondo. Difendere la libertà è un dovere di ogni cittadino.
Noi, intendiamo difendere nella nostra Patria, nei secoli tanto duramente provata, la libertà oggi minacciata dalla violenza del terrorismo. Sapremo un giorno chi vuole, organizza e dirige questa violenza, sapremo chi medita di scardinare la nostra democrazia, chi vuole far saltare questo ponte democratico che unisce l’Europa all’Africa e al Medio Oriente. Se questo per dannata ipotesi accadesse non solo sarebbe sconvolta tutta l’area mediterranea, ma sarebbe anche minacciata la pace nel mondo. Nessun uomo libero amante della pace, non importa la sua nazionalità, può rimanere indifferente dinanzi al terrorismo scatenato in Italia e alle sue possibili tragiche conseguenze.
Per quanto riguarda la mia Nazione posso affermare con sicura coscienza che oggi noi italiani sentiamo il dovere di combattere il terrorismo senza perplessità e timori, senza indulgenze: questo è il nostro fermo proposito, perché intendiamo difendere ad ogni costo la libertà, la cui riconquista a noi, tanto è costata. Intendiamo difendere la libertà per noi e per tutti, anche per i nostri avversari. Ripeto quanto ho detto l’altra sera dinanzi a Sua Maestà il Re [di Spagna]: fedeli all’antico insegnamento dico al mio avversario: “Io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi, sino al prezzo della mia vita, perché tu possa esprimere la tua idea sempre liberamente”.
Ma non consentiremo mai alla libertà di uccidere la libertà.
Sandro Pertini
(Discorso al Parlamento spagnolo, Madrid, 28 maggio 1980
http://blog.libero.it/socialismo/8240540.html
Robert Kennedy E IL P.I.L
Il nostro benessere
Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle […]. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. […] Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani.
Robert Kennedy
http://www.utopie.it/autore_della_stagione/bob_kennedy.htm
Discorso inaugurale del Presidente John Fitzgerald Kennedy
Campidoglio, Stati Uniti
Washington D.C.
20 gennaio 1961
Vice presidente Johnson, Signor Presidente, Signor Presidente della Corte Suprema, Presidente Eisenhower, Vice Presidente Nixon, Presidente Truman, reverendo Clero, concittadini:
Quella a cui assistiamo oggi non è la vittoria di un partito ma la celebrazione della libertà, che simboleggia al tempo stesso una fine e un inizio, e che significa rinnovamento e cambiamento. Perché ho pronunciato davanti a voi e davanti a Dio Onnipotente lo stesso giuramento solenne prescritto dai nostri padri poco meno di due secoli fa.
Oggi il mondo è molto diverso. L'uomo detiene nelle proprie mani mortali il potere di abolire tutte le forme di povertà umana ma anche quello di sopprimere tutte le forme di vita umana. Eppure le stesse convinzioni rivoluzionarie per le quali hanno lottato i nostri padri, vale a dire la convinzione che i diritti dell'uomo non provengono dalla generosità dello Stato ma dalla mano di Dio, sono ancora in discussione in tutto il mondo.
Non dobbiamo dimenticare che siamo gli eredi di quella prima rivoluzione. Lasciatemi dire qui e ora, agli amici come ai nemici, che la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione di americani, nata in questo secolo, temprata dalla guerra, disciplinata da una pace dura e amara, orgogliosa della nostra antica eredità, che non vuole permettere la lenta distruzione di quei diritti umani verso i quali questa nazione è da sempre impegnata e verso i quali oggi siamo impegnati in patria e nel mondo.
Che ogni nazione sappia, sia che ci auguri il bene, sia che ci auguri il male, che pagheremo qualsiasi prezzo, sopporteremo qualunque peso, affronteremo ogni difficoltà, aiuteremo qualsiasi amico, affronteremo qualunque nemico pur di assicurare la sopravvivenza e il successo della libertà.
Ci impegniamo a fare tutto questo e molto di più.
Verso i vecchi alleati, con i quali condividiamo le origini culturali e spirituali, ci impegniamo con la lealtà di amici fedeli. Uniti, in un clima di accordo e cooperazione sono poche le cose che non possiamo fare. Divisi, sono poche le cose che possiamo fare, perché non oseremmo lanciare una sfida potente alle avversità e crolleremmo rovinosamente in pezzi.
Ai nuovi Stati ai quali diamo il benvenuto nel novero dei paesi liberi, diamo la nostra parola che non abbiamo posto termine a un controllo coloniale solo perché venisse rimpiazzato da una tirannia ancora più dura. Non ci aspetteremo sempre che appoggino il nostro punto di vista. Ma speriamo di vederli sostenere sempre la loro stessa libertà e che ricordino che, in passato, coloro che cercavano stupidamente il potere cavalcando la tigre, hanno finito per esserne divorati.
Alle persone che nelle capanne e nei villaggi di mezzo mondo lottano per spezzare le catene di una miseria diffusa, promettiamo il nostro massimo sforzo per aiutarli a provvedere a se stessi, non perché i comunisti facciano altrettanto, non perché vogliamo il loro voto, ma perché è giusto. Una società libera che non è in grado di aiutare i molti che sono poveri non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi.
Alle repubbliche sorelle a sud dei nostri confini facciamo una promessa speciale, quella di trasformare le nostre parole in buone azioni, in una nuova alleanza per il progresso, di aiutare gli uomini liberi e i governi liberi a spezzare le catene della povertà. Ma questa pacifica rivoluzione della speranza non può diventare preda di potenze ostili. Che tutti i nostri vicini sappiano che ci uniremo a loro nell'opporci all'aggressione o alla sovversione in qualsiasi parte dell'America e che ogni altra potenza sappia che questo emisfero intende rimanere padrone del proprio destino.
All'assemblea di stati sovrani che costituisce le Nazioni Unite, nostra ultima grande speranza in un'era in cui gli strumenti di guerra hanno di gran lunga e rapidamente oltrepassato gli strumenti di pace, rinnoviamo il nostro impegno e il nostro appoggio a impedire che divenga unicamente una tribuna per aspre polemiche, a rafforzarla come scudo dei paesi nuovi e dei paesi deboli e ad ampliare l'area in cui la sua parola può avere valore di legge.
Infine, a quelle nazioni che potrebbero divenire nostre avversarie, offriamo non un impegno, bensì una richiesta: che entrambe le parti inizino ex novo la ricerca della pace, prima che le potenze tenebrose della distruzione scatenate dalla scienza causino l'autoannientamento, deliberato o accidentale, di tutta l'umanità.
Non dobbiamo tentarle con la nostra debolezza, perché solo quando le nostre armi saranno sufficienti potremo essere assolutamente sicuri di non doverle mai impiegare.
Ma due grandi e potenti raggruppamenti di nazioni non possono neppure accontentarsi della situazione attuale, oberati come sono entrambi dal costo delle armi moderne, entrambi giustamente allarmati dal costante diffondersi del mortale potere dell'atomo, eppure entrambi impegnati a competere per modificare quel precario equilibrio del terrore che argina lo scatenarsi dell'ultima guerra dell'umanità.
Ricominciamo, dunque, ricordando da entrambe le parti che un comportamento civile non è segno di debolezza e che la sincerità deve sempre essere provata dai fatti. Non dobbiamo mai negoziare per timore, ma non dobbiamo mai aver timore di negoziare.
Che entrambe le parti esplorino i problemi che le uniscono, anziché dibattere quelli che le dividono.
Che entrambe le parti, per la prima volta, formulino proposte serie e precise per l'ispezione e il controllo degli armamenti e pongano il potere assoluto di distruggere altre nazioni sotto il controllo assoluto di tutte le nazioni.
Che entrambe le parti cerchino di evocare i prodigi della scienza anziché i suoi orrori. Esploriamo insieme le stelle, conquistiamo insieme i deserti, debelliamo le malattie, scrutiamo le profondità degli oceani e incoraggiamo le arti e i commerci.
Che entrambe le parti si uniscano per porre in atto in ogni angolo della terra il comando di Isaia: "sciogliere i legami del giogo.... e rimandare liberi gli oppressi".
E se una testa di ponte di collaborazione potrà far arretrare la giungla del sospetto, che entrambe le parti si uniscano in una nuova impresa: nel creare non un nuovo equilibrio di potenza, bensì un nuovo mondo basato sul diritto, in cui i forti siano giusti, i deboli sicuri, e la pace sia preservata.
Tutto ciò non potrà essere portato a termine nei primi cento giorni, né nei primi mille, né nel corso di questa amministrazione, e nemmeno forse nel corso della nostra esistenza su questo pianeta. Tuttavia, mettiamoci all'opera.
Nelle vostre mani, miei concittadini, più che nelle mie, sarà posto il successo finale o il fallimento della nostra opera. Da quando questo paese è stato fondato, ogni generazione di americani è stata chiamata a dare testimonianza della propria lealtà nazionale. Le tombe dei giovani americani che hanno risposto alla chiamata a servire il paese sono sparse per il mondo.
Ora la campana ci chiama ancora una volta, non per portare le armi, anche se ne abbiamo bisogno, non per una battaglia, sebbene siamo già in battaglia, ma per portare il peso di una lunga e oscura lotta, anno dopo anno, "rallegrandoci nella speranza, pazienti nella tribolazione", una lotta contro i nemici comuni dell'uomo: la tirannia, la povertà, le malattie e la stessa guerra.
Possiamo dar vita a una grande alleanza globale, Nord e Sud, Est e Ovest contro questi nemici, in modo da poter assicurare una vita più fruttuosa a tutta l'umanità? Vi unirete a questo sforzo storico?
Nella lunga storia del mondo, solo a poche generazioni è stato garantito il ruolo di difendere la libertà nell'ora del massimo pericolo. Non mi sottraggo a questa responsabilità, anzi, le do il benvenuto. Non credo che qualcuno di noi cambierebbe il suo posto con un altro popolo o con un'altra generazione. L'energia, la fede, la dedizione che porteremo in questo sforzo illuminerà il nostro paese e chi lo serve, e la luce di questo fuoco può davvero illuminare il mondo.
Dunque, miei concittadini americani, non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese.
Concittadini del mondo, non chiedete cosa l'America può fare per voi, ma cosa possiamo fare, insieme, per la libertà dell'uomo.
Infine, che siate cittadini americani o cittadini del mondo, chiedete a noi gli stessi livelli elevati di forza e di sacrificio che noi chiediamo a voi. Con la coscienza pulita come unico premio, con la storia come giudice finale dei nostri atti, continuiamo a guidare la terra che amiamo, chiedendo a Dio la sua benedizione e il suo aiuto, ma consapevoli che qui sulla Terra il progetto di Dio deve essere anche il nostro.
http://www.jfklibrary.org/JFK/Historic-Speeches/Multilingual-Inaugural-Address/Multilingual-Inaugural-Address-in-Italian.aspx
martedì 19 marzo 2013
Frattocchie 2.0, ecco il militante virtuale Non hanno nomi ma hashtag. Si dicono «spartani», puntano tutto sulla rete delle reti: formazione, discussione, movimenti di opinione – Gioia Salvatori, L'Unità pubblicato il 20 gennaio 2013 , 1764 letture
Cinguettii di partito senza marchio ufficiale, hashtag, flussi di rete e storytelling. Nessun brand Pd per gli attivisti democratici della rete ma il progetto è in crescita. Contro la vulgata del partito vecchio, rugginoso e impalato, un manipolo di giovani democratici prende in mano il web, si raduna in convegno a Roma per una giornata di formazione sulla comunicazione on line e rilancia: si punti tutto sulla rete delle reti perché lo slogan, come dice il pubblicitario parigino Jacques Séguéla, «è importante ma non basta più».
Hanno meno di trentacinque anni e non vogliono essere chiamati nerds né giovani turchi, vengono da tutta Italia e si sono ribattezzati i «300 spartani». Fedelissimi al loro Leonida prendono ordini su eventi da seguire e hashtag da usare da un gruppo non pubblico su facebook: D-net. Il gruppo dà un input e se c'è Ballarò con Bersani, tutti a seguirlo e a twittare con il cancelletto (#) e la parola scelta per la sera. Così la sezione si fa virtuale: il militante c'è ma è in rete a fare opinione, a passare ai suoi seguaci-followers la parola del segretario. Lui non si chiama «compagno» ma chiocciola e qualcosa: @Tatonepd, @EmilianoFatello, @FiorenzaTerenzi, @Elibarrella, @Ecostagli. Lui sa come twittare, quali simboli usare e come metterli, chi linkare e cosa rilanciare. Glielo hanno insegnato a Frattocchie 2.0, iniziata la scorsa estate e proseguita ieri a Roma all'Università Gregoriana, in piazza della Pilotta. Non lo hanno scelto a caso: è stato formato perché in rete qualcuno l'ha notato come un filo-pd attento ai trend e opinion maker nei cinguettii su Bersani (e non solo).
Ora è nella carica sul web dei trecento spartani, nella stanza della 'guerra telematica', sottile e importante quanto un manifesto. Il lavoro non è poco e qualcuno è stato ingaggiato per esaminare i flussi di rete compresi i 'sentiments' cioè la qualità dei contenuti sul segretario e il partito. «Diventa tutto un archivio telematico che teniamo e analizziamo, si sedimenta, poi le reazioni si studieranno», spiega @Mammonss che viene da Rosarno, ha «l'abbronzatura da teleschermo», lo canzona un suo amico, e si è laureato l'altro ieri in scienza delle comunicazioni. Volontariato, per ora, poi un giorno magari il suo sarà un lavoro e forse con qualche migliaio di followers al seguito, chissà, una candidatura.
http://www.partitodemocratico.it/doc/248967/frattocchie-20-ecco-il-militante-virtuale.htm
A NICOSIA IL PRELIEVO COATTO SCATENA LA RABBIA IN PIAZZA: “GIÙ LE MANI DAI SOLDI”- LA COMMERZBANK “SUGGERISCE”: “UNA PATRIMONIALE DEL 15% SUI DEPOSITI ITALIANI” - LA GERMANIA NON SI FIDA PIÙ DELL’”EUROPA PERIFERICA” E SI PREPARA AL DIVORZIO PIÙ INDOLORE POSSIBILE PER BERLINO. MAGARI DOPO CHE QUALCHE GIULIANO AMATO AVRÀ TIRATO FUORI DAL CASSETTO UNA PATRIMONIALE-CHOC CHE, IN ASSENZA DI RIFORME, SERVIRÀ SOLO A RIPAGARE I DEBITI VERSO I CREDITORI STRANIERI...
A NICOSIA L'INCUBO ATENE - LA RABBIA IN PIAZZA: "GIÙ LE MANI DAI SOLDI"
Roberto Giovannini per La Stampa
BANDIERA CIPRO
Per fare un paragone, è come se in Italia si trattasse di trovare in due giorni 2000 miliardi per salvare le banche. Per tappare un buco del sistema bancario da 17 miliardi - somma pari al prodotto interno lordo del paese, che vale lo 0,2% del Pil dell'Ue - Cipro ha ottenuto un piano da 10 miliardi ai partner europei, il problema è che quasi 6 miliardi verranno prelevati dai conti correnti bancari.
Una mossa disperata che ha gettato l'isola di Afrodite nel marasma. E rischia di mettere in moto una nuova tempesta finanziaria in tutta Eurolandia. Noi italiani ci siamo già passati. Era la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1992, quando l'allora presidente del Consiglio Giuliano Amato decretò un prelievo sui conti correnti bancari del 6 per mille.
È facile immaginare lo shock che ha prodotto nella Repubblica di Cipro l'annuncio di un prelievo che arriva al 6,75% sui depositi fino a 100mila euro, e del 9,9% su quelli di consistenza superiore. In cambio, teoricamente, si riceveranno azioni delle banche salvate, a valere sui proventi futuri (ma ancora tutti da realizzare) dei giacimenti di gas da poco scoperti in mare. E già contesi dalla vicina Turchia.
La misura - il «prelievo di solidarietà» - era stata ventilata e mille volte smentita nei giorni precedenti; così pare che tra mercoledì e venerdì siano stati prelevati 4,5 miliardi dai conti bancari. E in queste ore infuria la polemica: i giornali e la rete lanciano accuse verso personaggi vicini alla Presidenza della Repubblica e al governo. Avrebbero saputo prima del provvedimento, mettendo in salvo i loro patrimoni. Non sarà vero ma è verosimile.
BANCOMAT CIPRO
Per tutti gli altri non c'è stato nulla da fare: anche se sabato e domenica in tantissimi si sono messi in fila ai bancomat per sottrarre al «prelievo di solidarietà» quanto più possibile, l'operazione si è rivelata inutile. Il governo ha fatto sapere che il prelievo sarà calcolato sulle somme depositate alla mezzanotte di venerdì. Nel weekend e ieri (giornata festiva per la fede ortodossa, primo giorno di Quaresima) banche e uffici sono rimasti chiusi, anche se i bancomat erano stati «ricaricati». Tutti attendono con il fiato sospeso la riapertura delle banche, che al momento è rinviata a giovedì.
Dopo la caduta del muro di Berlino Lefkosia (che in occidente chiamiamo Nicosia) è l'unica capitale del pianeta divisa in due. La città e l'isola di Cipro continuano a essere divise tra uno stato membro dell'Unione europea e dell'eurozona (anche se irrimediabilmente mediterraneo e in collasso finanziario) e la Repubblica turco cipriota del nord, riconosciuta solo dalla Turchia.
Per anni al Nord si stentava, vivacchiando dei magri aiuti finanziari erogati da Ankara; al Sud invece si è sviluppata una potente economia basata sulla finanza. «Merito» del collasso del Libano, che travolto dalle guerre e dalle tensioni ha ceduto a Cipro il ruolo di magnete di tutti gli affari (leciti e, soprattutto, illeciti come il riciclaggio).
IL PRESIDENTE DI CIPRO NIKI ANASTASIADES CON MARTIN SCHULZ
Dopo la fine dell'Unione Sovietica Cipro è diventata sempre più un centro dove i nuovi ricchi russi (soprattutto i possessori di ricchezze di provenienza dubbia) depositavano i loro soldi. Secondo le stime di «Forbes», sui 170 miliardi di asset e i 70 miliardi di depositi accumulati nelle banche cipriote, 19 miliardi sono di imprese russe; 12 sono risorse delle banche russe; gli investitori privati detengono dagli 8 ai 35 miliardi.
Si comprende la rabbia espressa ieri da Vladimir Putin per quella che in larga parte è una «tassa sui russi». Il guaio è che molti di questi depositi sono stati investiti dalle banche cipriote nei posti sbagliati. Come i titoli del debito greco, che hanno aperto voragini nei conti delle banche dell'isola.
Il governo conservatore di Nicos Anastasiadis, privo di maggioranza parlamentare anche se uscito vincitore dalle elezioni del 23 febbraio scorso, ha dovuto chiedere aiuto all'Europa. Che lo ha concesso. A condizioni draconiane. Aspettando la riapertura delle banche, in queste ore a Nicosia il governo cerca di trovare una maggioranza per far approvare dal Parlamento l'impopolarissimo provvedimento, che comprende anche un aumento della tassa sulle imprese, finora bassissima.
Il voto viene rinviato in continuazione nella speranza di rendere più digeribile la stangata: si parla di esentare dal prelievo i conti sotto i 20mila euro, o comunque renderlo più progressivo abbassando l'aliquota per i «meno ricchi» e alzandola per i ricchissimi. Ma c'è il timore il combinato disposto del crack bancario e del prelievo rappresenti il colpo di grazia per il fu miracolo economico cipriota.
VLADIMIR PUTIN CON LA PISTOLA JPEG
«Sono i tedeschi che, per ragioni di concorrenza, che ci hanno imposto tutto questo - dicono nei caffè del centro - come piazza finanziaria ormai siamo finiti». Si rischia la fuga dei capitali. Ma la vera paura è quella di fare la fina della vicina Grecia: sacrifici e stangate a ripetizione e sempre più drastici. Ma sempre più inutili.
2. «PATRIMONIALE DEL 15% SUI DEPOSITI ITALIANI»
COMMERZBANK «SUGGERISCE» UN SALASSO ANCHE PER I NOSTRI CORRENTISTI. SCHÄUBLE SIBILLINO: DA NOI I SOLDI SONO AL SICURO...
Ugo Bertone per "Libero"
«Se l'obiettivo era quello di alimentare un'insurrezione nel Sud Europa, si è scelta la strada più efficace». Wolfgang Munchau del Financial Times, critico feroce dalla politica di Angela Merkel (e per questo assai criticato da Mario Monti...) non ha atteso l'apertura delle Borse per cogliere il significato politico dell'affondo sui conti correnti deciso dall'Unione Europea.
CRAC CIPRO CITTADINI AGLI SPORTELLI BANKOMAT
«Il caso di Cipro - scrive ancora - dimostra che la solvibilità di un conto corrente dentro l'Unione Europea è legato alla solvibilità di uno Stato. Il che significa che un Paese con il debito pubblico dell'Italia, piuttosto che con indebitamento cumulato da famiglie e Stato, come la Spagna o il Portogallo, non può più garantire la protezione dei depositi bancari».
Sono bastate poche ore perché la minaccia evocata da Munchau trovasse conferma. A lanciare il sasso è stato Die Handelsblatt, il quotidiano economico tedesco che riporta l'opinione di Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank, cioè una banca salvata dal crac con i soldi dei contribuenti. Kraemer si rifà a una ricerca del Crédit Suisse per rilevare che il patrimonio degli italiani supera largamente il debito pubblico. Anzi, vista in questo modo, l'Italia (con un rapporto ricchezza privata/ debito pubblico pari al 173%) sta meglio della Germania (124%).
A che serve questa considerazione? Semplicemente a dimostrare che sarebbe sufficiente una tosatura del 15% al salvadanaio degli italiani (conti correnti, fondi comuni, depositi postali, azioni e pure Bot) per far scendere il debito pubblico sotto la soglia del 100%. Dunque, dopo aver raccomandato l'austerità formato Monti (coi risultati che si sono visti) la Germania suggerisce una patrimoniale choc, sufficiente a paralizzare i consumi di casa nostra per un bel po'. In altri termini, i soldi li avete, perciò usateli senza scocciare noi tedeschi. Inutile dire che l'esproprio via patrimoniale dei risparmiatori potrebbe avere enormi conseguenze sia economiche sia politiche.
VLADIMIR PUTIN DURANTE UN COMIZIO SULLA PIAZZA ROSSA
Non è un problema che tocca la Germania di oggi, più concentrata sulle elezioni di settembre che sulla tenuta della coesione dell'eurozona, un tema che a Berlino (e in buona parte del nord Europa) incontra sempre meno favori. Certo, l'opinione di Handelsblatt, seppur rilevante, non riflette per forza l'opinione della maggioranza dei tedeschi. Ma il segnale pesa, anche perché in linea con l'atteggiamento del governo.
Anzi, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, con gusto assai discutibile, ha colto l'occasione per assicurare che i conti correnti in Germania sono solidi e ben garantiti. La posta in gioco, insomma, va assai al di là di Cipro, come ha rilevato una nota di Moody's. «La decisione - si legge in un report dell'agenzia di rating - rischia di avere pesanti conseguenze per i risparmiatori non solo a Cipro ma anche per i creditori di banche in altri Paesi europei, aumentando nel contempo i rischi di una fuga di capitali da altri Paesi in difficoltà dell'Eurozona».
Anche se il prelievo forzoso resterà limitato a Cipro, aggiunge Moody's, si è verificato un salto di qualità: «Con la decisione si è avviato un passo importante per limitare, o addirittura eliminare, la tutela sistemica dei creditori bancari in tutta Europa». In questo modo, i responsabili politici europei «dimostrano di essere disponibili a rischiare turbolenze più consistenti sui mercati finanziari, nel perseguimento di obiettivi politici». Qui sta il punto. Sia per Münchau, che la Merkel la conosce bene, che per Moody's è ormai evidente che l'attuale governo tedesco, impegnato nella sua campagna elettorale, è pronto a rischiare «turbolenze consistenti» in Europa e fuori piuttosto che compiere un gesto in direzione della solidarietà.
MERKEL-MANGIA
Può darsi che il piano per Cipro subisca modifiche che rendano meno pesanti il salasso per i depositi sotto i 100 mila euro, ma il colpo inferto alla fiducia dei risparmiatori di Italia, Spagna e Portogallo è destinato a pesare. L'indicazione in arrivo dal vertice Ue sembra fatta apposta per invitare le banche tedesche a ritirare i fondi da Italia e Spagna, come già avvenuto nell'estate 2011 e 2012, quando il sistema bancario italiano si è trovato alle prese con una drammatica crisi di liquidità.
Le parole di Schäuble, al contrario, sono un invito ai depositanti italiani e spagnoli perché approfittino della libertà di movimento dei capitali all'interno dell'Unione Europea perché finanzino tasso zero (o anche meno) i Bund e le obbligazioni societarie tedesche. Intanto, lungi dallo spendere almeno una porzione dell'enorme surplus commerciale vantato verso il Sud Europa, la Germania, anche grazie al costo zero dei suoi debiti, riduce di 5 miliardi il budget. Di qui la reazione degli osservatori anglosassoni: l'Europa, scrive il Wall Street Journal, «ha varcato il Rubicone» e (parole di Morgan Stanley) «infranto un tabù».
WOLFGANG MUNCHAU
Un gesto così clamoroso che non può essere scaricato sulle spalle del governo di Cipro (nelle mani di un amico della Merkel) o della Bce, ingessata da regole imposte dal modello Bundesbank. No, si tratta di un'operazione politica consapevole e fredda, da cui emerge che la diffidenza nei confronti dell'Europa meridionale è ormai qualcosa di più profondo e radicato: la Germania non si fida più delle possibilità di recupero dell'«Europa periferica» che perde colpi.
E si prepara con metodo all'eventuale «piano B»: il divorzio più indolore possibile per la finanza di Berlino. Magari dopo che qualche erede di Giuliano Amato avrà tirato fuori dal cassetto una patrimoniale robusta che, in assenza di riforme, servirà solo a ripagare i debiti verso i creditori stranieri, che utilizzano i capitali per acquistare quel che resta di buono dalle nostre parti.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/a-nicosia-il-prelievo-coatto-scatena-la-rabbia-in-piazza-gi-le-mani-dai-52636.htm
Dizionario dell'inciucio - di Marco Travaglio
I 5 Stelle che han votato Grasso contro Schifani sapevano bene chi è Schifani e hanno scelto il meno peggio, cioè Grasso. Ma non avevano la più pallida idea di chi è Grasso, e questo è un bel problema. Specie per chi dice di informarsi sul web per sfuggire alla propaganda di regime. Se l’avessero fatto davvero, avrebbero scoperto che il dualismo Schifani-Grasso era finto. Schifani è sempre piaciuto al Pd, che infatti 5 anni fa non gli candidò nessuno contro, votò scheda bianca e mandò la Finocchiaro a baciarlo sulla guancia. Quando poi il sottoscritto raccontò in tv chi è Schifani, i primi ad attaccarmi furono Finocchiaro, Violante, Gentiloni, il direttore di Rai3 Ruffini e Repubblica. Schifani era il pontiere dell’inciucio Pdl-Pd. Così come Grasso che, per evitare attacchi politici, s’è sempre tenuto a debita distanza dalle indagini più scomode su mafia e politica, mentre altri pm pagavano e pagano prezzi indicibili per le loro indagini. Nessuno l’ha scritto, nei soffietti al nuovo presidente del Senato: ma Grasso, quando arrivò alla Procura di Palermo nel 2000, si ritrovò Schifani indagato per mafia e lo fece subito archiviare (l’indagine fu riaperta dopo la sua dipartita). Così, un colpo al cerchio e uno alla botte, divenne il cocco del Pdl (che lo impose alla Pna, estromettendo per legge Caselli), del Centro (che voleva candidarlo) e del Pd (che l’ha candidato). Ma ciò che conta in politica non è la verità, bensì la sua percezione: perciò sabato era difficile per i grilli siculi non votare un personaggio da tutti dipinto come un cavaliere senza macchia e senza paura. Anche stavolta i media di regime ce la mettono tutta per fare il gioco dei partiti, con il sapiente dosaggio di mezze verità e mezze bugie e il dizionario doppiopesista delle grandi occasioni.
Leninismo. La regola base della democrazia è che si decide a maggioranza e chi perde si adegua o esce (salvo poche questioni che interpellano la coscienza individuale). Così ha fatto M5S sui presidenti delle Camere, decidendo a maggioranza per la scheda bianca. Ma, siccome non piace al Pd, la minoranza diventa democratica e la maggioranza antidemocratica. “Leninista”, dice Bersani, senza spiegare con quale metodo democratico è passato in 48 ore dall’offerta delle due Camere a Monti e M5S, al duo Franceschini-Finocchiaro, al duo Boldrini - Grasso.
Dissenso. Da che mondo è mondo il parlamentare che approfitta del segreto dell’urna per impallinare il suo partito è un “franco tiratore”. Ma, se è di M5S, la sua è una sana manifestazione di dissenso contro la pretesa di Grillo di telecomandarlo.Indipendenza. Per vent’anni, se uno passava da destra a sinistra era un “ribaltonista”, mentre se passava da sinistra a destra era un “responsabile”. Ora, se un grillino porta acqua al Pd è un bravo ragazzo fiero della sua indipendenza; se resta fedele al suo movimento e ai suoi elettori, è un servo del dittatore Grillo.
Scouting. Quando B. avvicinava uno a uno gli oppositori per portarli con sé, era “mercato delle vacche”, “compravendita”, “voto di scambio”. Se Bersani sguinzaglia gli sherpa ad avvicinare i grillini uno a uno, è “scouting” e odora di lavanda.
Epurazione. Se Pd, Pdl, Udc, Lega espellono un dirigente che ha violato le regole, è legalità. Se lo fa M5S, è “epurazione”. Rivolta. Ci avevano raccontato che Adolf Grillo e Hermann Casaleggio lavano il cervello al popolo del web e censurano sul blog i commenti critici (un po’ incompatibili col lavaggio del cervello). Ora scopriamo che c’è la “rivolta del web” pro-dissenzienti. Ma anche, dal sondaggio di Mannheimer sul Corriere, che il 70% degli elettori M5S è contro l’inciucio col Pd. Gentili tromboni, potreste gentilmente mettervi d’accordo con voi stessi e poi farci sapere come stanno le cose, possibilmente chiamandole col loro nome?" Marco Travaglio, editoriale del Fatto Quotidiano del 19 marzo 2013
http://www.beppegrillo.it/2013/03/dizionario_dell.html
fonte : il fatto quotidiano
lunedì 18 marzo 2013
LA PROPOSTA-CHOC DEI MINISTRI DELLE FINANZE DELL'EUROZONA AL GOVERNO DI CIPRO (UN'IMPOSTA DEL 9,9% SUI DEPOSITI OLTRE 100MILA EURO E DEL 6,75% PER QUELLI DI IMPORTO INFERIORE) E’ SOLO UN AVVISO URGENTE AGLI ITALIANI: SE NON PAGATE IL VOSTRO DEBITO PUBBLICO (OLTRE DUEMILA MILIARDI) QUESTA È LA VOSTRA FINE - 2. E’ LA PRIMA VOLTA CHE, PER RECUPERARE I LORO CREDITI, LA TROIKA DELL’EURO SI COMPORTA COME UNO STROZZINO, PRELEVANDO COATTAMENTE I RISPARMI DEI CITTADINI - 3. LA DECISIONE DI TASSARE I DEPOSITI DI CIPRO PREOCCUPA SOPRATTUTTO LA RUSSIA: L'ISOLA DEL MEDITERRANEO È IL PRINCIPALE "PARADISO FISCALE" PER GLI OLIGARCHI RUSSI - 4. PUTIN E MEDVEDEV ATTACCANO: "E' INGIUSTA E PERICOLOSA: SEMBRA UNA CONFISCA” -
CIPRO, SLITTA VOTO SU PIANO SALVATAGGIO.
PUTIN ATTACCA LA TASSA: "E' PERICOLOSA"
Repubblica.it
ITALIA CRAC
Slitta a domani il voto del Parlamento cipriota (56 deputati) per dare il via libera al prelievo forzoso sui conti correnti e sui depositi nelle banche dell'isola richiesto dell'Ue in cambio di un piano di salvataggio da 10 miliardi di euro. La proposta dei ministri delle Finanze dell'Eurozona - un'imposta del 9,9% sui depositi oltre 100mila euro e del 6,75% per quelli di importo inferiore - ha provocato la rabbia dei correntisti ciprioti e degli stranieri residenti anche perché si tratta della prima volta che, per salvare l'economia di un Paese, vengono toccati i risparmi dei suoi cittadini. Ieri è quindi iniziato l'assalto a bancomat per prelevare più contanti possibili. Il governo tuttavia ha limitato a un giorno e non più a due la chiusura degli istituti di credito. In caso di via libera la Bce provvederà Cipro della liquidità necessaria.
In Europa, però, nessuno si assume la paternità della proposta. La Germania dice di essere aperta ad altre opzioni con il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che spiega: "Il prelievo sui depositi sotto 100mila euro non è stata un'idea del governo tedesco. Se si trova un'altra soluzione noi non avremmo il minimo problema".
Sulla stessa lunghezza d'onda la Bce: "Se il presidente di Cipro vuole cambiare qualcosa riguardo al prelievo sui conti bancari - ha detto il membro del board Joerg Asmussen - può farlo. Deve solo assciurare che il finanziamento sia intatto".
ITALIA TORSOLO
La mossa di Cipro, però, preoccupa gli analisti: "L'introduzione di un prelievo sui depositi bancari sembra aver rotto un altro tabù" dice Morgan Stanley secondo cui "questo va al di là del mercato e delle nostre aspettative, sollevando timori di un possibile errore politico e che potrebbe causare un rischio sostanziale di contagio" a Paesi periferici.
Il presidente cipriota Nikos Anastasiades, parlando alla nazione, ha ribadito di aver fatto la "scelta meno dolorosa" accettando l'accordo per salvare l'economia del Paese ed ha assicurato che sta ancora facendo pressione affinchè l'Ue cambi decisione "per minimizzare l'impatto" sui piccoli depositi: si lavora, infatti, a una riduzione dal 6,75 al 3% dell'imposta sui depositi inferiori ai 100mila euro contro un innalzamento dal 9,9 al 12,5% per quelli di importo superiore.
ITALIA CRAC BUCO
Le perdite dei risparmiatori, però, potrebbero essere compensate con azioni in banche commerciali garantite dai futuri introiti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti sottomarini di gas naturale scoperti di recente a Sud dell'isola.
La decisione di Cipro preoccupa soprattutto la Russia: l'isola del mediterraneo è il principale "paradiso fiscale" per gli oligarchi russi, ma anche una delle principali destinazioni degli investimenti bancari russi. Secondo gli esperti, si tratta di almeno 20 miliardi di dollari, cui si aggiungono - nel 2012 - i circa 12 miliardi di dollari delle banche russe (3 miliardi in più rispetto al 2011).
Anche per questo nel 2011 Mosca aveva accordato a Nicosia un prestito da 2,5 miliardi. E per il presidente russo, Vladimir Putin la tassa è "ingiusta, non professionale e pericolosa". Intanto, il ministro delle finanze di Cipro Michalis Sarris è atteso mercoledì a Mosca dove probabilmente discuterà la possibile ristrutturazione del prestito. Si è fatto sentire anche il premier Dmitri Medvedev: "La possibile tassazione dei depositi bancari a Cipro sembra una confisca dei soldi altrui. Non so chi sia l'autore di questa idea - ha detto Medvedev - ma tutto evoca una confisca". Il capo del governo russo ha parlato di decisione "abbastanza strana e discutibile".
ITALIA AFFONDA TITANIC JPEG
Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, invita a non drammatizzare la situazione: "Cipro è una realtà molto piccola, non credo proprio" che in Italia possa succedere una cosa del genere.
2 - I CONTI CIPRIOTI CONGELATI FINO A DOMANI
Marco Sodano per "la Stampa"
Pugnalati alle spalle, dai loro governanti e dall'Unione europea. Domenica di rabbia per i ciprioti: non riescono a digerire il fatto che il salvataggio dell'isola si farà sulla loro pelle. Salvata l'Irlanda con 67 miliardi, salvato il Portogallo (78 miliardi), salvata la Spagna (39 miliardi), salvata la Grecia (240 miliardi). Fino ad ora nessuno aveva fatto pagare il dissesto di un paese direttamente ai suoi cittadini.
Cipro invece si candida a ottenere questo sgradevole primato con la legge che imporrà, in cambio dei 10 miliardi in arrivo dall'Europa, un prelievo forzoso sui conti correnti del 9,90% per quelli sui quali ci sono più di 100 mila euro e del 6,75 su tutti gli altri.
Attenzione però: in cambio, i correntisti, riceveranno azioni dell'istituto presso il quale hanno il conto. Consolazione parziale vai a sapere nei prossimi giorni dove precipiteranno le quotazioni delle banche cipriote - che però cambia il quadro delle cose. In Italia, correva il 1992, il prelievo deciso da Amato con la tassa per l'euro fu 11 volte più basso di quello del 6,75%. Però nessuno ci ha restituito nulla.
CRACK BANCAROTTA CROLLO
I ciprioti non se ne danno per intesi: ieri è continuata la corsa ai bancomat già vista sabato, stratagemma estremo per tentare di salvare il salvabile. Tutto inutile, la stragrande maggioranza degli sportelli automatici dell'isola è già a secco, per gli altri vale il congelamento delle attività deciso ieri dal governo. Stesso discorso per le filiali bancarie: chiuse oggi per il "lunedì pulito", festività ortodossa che corrisponde al nostro mercoledì delle ceneri, lo resteranno anche domani, messe in ferie forzose dal governo che teme disordini. «Speriamo che il popolo ci capirà», ha dichiarato ieri il ministro delle Finanze. Non c'è da scommetterci.
Resta il problema di approvare la legge. Ieri il governo ha deciso di spostare la votazione ad oggi nel tentativo di trovare una maggioranza. Il presidente Nikos Anastasiades fatica a trovare i 57 voti necessari. La Banca centrale europea ha fatto pressing in tutti i modi per ottenere un voto domenicale spinta - a sentire fonti dell'Eurotower - «dal timore di un effetto domino» che potrebbe scatenarsi fin da questa mattina sui mercati finanziari e negli istituti bancari europei.
Secondo i siti web di Cipro, invece, la fretta di Francoforte nascerebbe dal timore che l'isola riesca a ottenere aiuti finanziari da altri creditori internazionali non europei. La Russia non sarà della partita: ha già fatto sapere che non intende fornire altri aiuti a Nicosia dopo il prestito di 2,5 miliardi di euro deciso nel 2011 (sul quale Mosca sarebbe però pronta a concedere un allungamento dei tempi di rimborso e un taglio del tasso di interesse). Però sempre ieri - e sempre a quanto scrivono i siti ciprioti - una delegazione di parlamentari sarebbe arrivata a Pechino per chiedere al governo cinese un prestito che consenta di non toccare i depositi bancari.
BANCAROTTA
Ultimo atto di una giornata burrascosa, infine, è arrivato il discorso alla nazione del presidente Anastasiades. L'accordo fatto in Europa, ha detto, «è una scelta dolorosa ma è l'unica che consentirà di salvare la nostra economia». Rifiutare l'offerta dell'Eurozona equivarebbe all'immediata chiusura «di una delle maggiori banche di Cipro» e l'interruzione degli aiuti della Bce agli istituti di credito dell'isola con un corollario di conseguenze terribili: migliaia di posti di lavoro perduti nelle banche stesse, il fallimento di centinaia di piccole e medie imprese locali e «l'espulsione immediata dall'eurozona, con una paurosa svalutazione della moneta cipriota».
3 - L'EUROPA HA ROTTO UN TABÙ MA AL MINOR PREZZO POSSIBILE
Marco Zatterin per "la Stampa"
Il problema non è ciò che è successo, ma quello che potrebbe accadere. Per strappare Cipro al collasso finanziario, l'Eurozona ha deciso di rompere il suo storico patto coi risparmiatori e finanziare in parte il salvataggio imponendo una "una tantum" sui conti bancari dell'isola.
BANDIERA CIPRO
Anche se metà delle vittime dello scalpo creditizio saranno stranieri, dunque non risparmiatori qualunque, i soldi destinati all'erario di Nicosia infrangono un tabù. Ora si sa che Bruxelles ha un'arma in più da utilizzare alla prossima crisi. Non è un segnale confortante, potrebbe innescare un fuga dai depositi alla prima incertezza, il che non tranquillizza i mercati, per i quali conta solo la stabilità.
NICOS ANASTASIADES
A Bruxelles ricordano che qualcuno doveva pur pagare. La tempesta è cominciata in parallelo a quella greca, quando si è scoperto che le banche cipriote vantavano un'esposizione di oltre venti miliardi di euro nei confronti dei cugini ellenici, un buon 50% dei quali sarebbe andato perso con la "partecipazione dei privati" al salvataggio: era una somma doppia del pil isolano. Il tempo ha reso il quadro sempre meno sostenibile. Posto che sull'isola mediterranea nessuno, tantomeno lo stato, aveva i mezzi per ristrutturare la barca che affondava, il conto poteva avere solo tre intestatari: i contribuenti; i creditori; l'Europa e/o il Fmi.
Al punto in cui siamo - è il quinto salvataggio dal 2009 - la strada d'un intervento all'ombra della bandiera a dodici stelle non era praticabile, per molti motivi, a partire dal fatto che in Germania - il paese che per definizione paga più degli altri - si vota in settembre.
IL PRESIDENTE DI CIPRO NIKI ANASTASIADES CON MARTIN SCHULZ
WOLFGANG SCHAEUBLE
Non si poteva fare nemmeno per "soli" 10 miliardi, somma tutto sommato piccola. Volendo evitare un aumento della pressione fiscale generalizzato in tempo di recessione, alla fine non restava che disegnare un pacchetto composito che mirasse ai correntisti, sapendo fra l'altro che fra loro ci sono parecchi stranieri, sopratutto i russi. I quali, viene rimarcato, non hanno necessariamente le carte in regole in un'isola che - stando a numerosi osservatore - è centro dinamico di riciclaggio.
Così i detentori di conti correnti pagheranno il 6,75% sotto i centomila euro e il 9,9% sopra. Una volta soltanto. Non a fondo perduto come la tassa italiana che il governo Amato impose nell'estate del 1992. Agli scotennati sarà data una quota di azioni della loro banca pari all'imposta. Limita i danni. I quali, come ha detto il presidente Anastasiades, sarebbero stati maggiori se si fosse fatto altrimenti.
DIMITRI MEDVEDEV E IL SUO IPHONE
Vero o falso? Per i ciprioti è probabilmente vero. Per ottenere i fondi necessari per ricapitalizzare le banche, il governo ha promesso di introdurre nuove imposte sulla finanza e rivedere il sistema creditizio, i cui asset sono arrivati a pesare l'850% del pil. Se non avesse tassato i correntisti avrebbe dovuto colpire i contribuenti: invece, per metà, carica l'onere su degli stranieri, magari non del tutto limpidi.
Gli effetti per l'Europa sono incerti. Appena un altro universo bancario dovesse traballare, l'una tantum cipriota consiglierebbe di cambiare aria ai depositanti, col risultato di impanicare il sistema. I mercati potrebbe non gradire, anche se i creditori obbligazionari privilegiati sono stati esclusi dalla tosatura.
PUTIN RENDE OMAGGIO A ALEKSANDR SOLZENICYN
L'ultima incertezza è tutta comunitaria: il pacchetto deve essere approvato da tutti e diciassette i parlamenti dell'Eurozona. Sarà una corsa ad ostacoli che si preannuncia faticosa e potrebbe non essere priva di incidenti. Dalle nostre parti succede spesso.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-la-proposta-choc-dei-ministri-delle-finanze-dell-eurozona-al-governo-di-cipro-52601.htm
A REGIME NEL 2016 LA PRODUZIONE DI GREGGIO IN ITALIA AUMENTERÀ DEL 40% Petrolio in Basilicata, ora entrano anche i giapponesi Total cede a Mitsui il 25% del pozzo di Tempa Rossa
Ci sono un francese, un anglo-olandese e un giapponese in Basilicata. Sembra l'inizio di una barzelletta, invece è la situazione che si è venuta a creare dopo la cessione del 25% del campo petrolifero di Tempa Rossa da parte della Total (francese) alla Mitsui E&P Italia srl (giapponese). Total conserva il 50% della concessione Gorgoglione, mentre il restante 25% è dell'anglo-olandese Shell. Lo comunica la stessa Total, precisando che la cessione dovrà essere sottoposta ad approvazione da parte delle competenti autorità italiane.
TEMPRA ROSSA - Il pozzo di Tempa Rossa, secondo un documento della Camera dei deputati del 2011, prevede l'attivazione completa e integrata entro il 2014 di cinque pozzi già perforati e sottoposti a test, la perforazione di un altro pozzo, un centro di trattamento oli, due serbatoi di stoccaggio del greggio e di un deposito nell'area industriale del Comune di Guardia Perticara (in provincia di Potenza), più le strade di accesso e servizio. Un comunicato Total (che nel progetto ha investito 1,6 miliardi di euro) afferma che quando il campo di Tempa Rossa entrerà a regime nel 2016, la produzione giornaliera sarà di 50 mila barili di petrolio, oltre a 230 mila metri cubi di gas naturale e 240 tonnellate di Gpl, e farà aumentare del 40% la produzione di petrolio italiana.
Redazione Online
18 marzo 2013 | 15:36
http://www.corriere.it/ambiente/13_marzo_18/basilicata-petrolio-total-giapponesi_12d23ece-8fbd-11e2-a149-c4a425fe1e94.shtml
STIGLITZ: BASTA TRUCCHI, DOBBIAMO NAZIONALIZZARE LE BANCHE Lunedì 18 Marzo 2013 05:47
«La notizia che la nazionalizzazione delle banche potrebbe essere necessaria anche secondo Alan Greenspan dimostra quanto la situazione sia disperata: come è evidente da tempo, l’unica soluzione è che il nostro sistema bancario sia rilevato dal governo, forse sulla falsariga di quanto fecero Norvegia e Svezia negli anni ‘90». Parola di Joseph Stiglitz, docente della Columbia University e Premio Nobel per l’economia. Nazionalizzare le banche: «Bisogna farlo, e farlo in fretta, prima che altri soldi vadano sprecati in manovre di salvataggio», dopo la catastrofe planetaria provocata da «anni di comportamenti sconsiderati, tra cui la concessione di crediti inesigibili e l’avere giocato d’azzardo con i derivati». Teoricamente, siamo già alla bancarotta: se il governo rispettasse le regole del gioco, sono moltissime le banche che uscirebbero dal mercato. Nessuno sa con certezza quanto sia grande il buco: almeno due-tremila miliardi di dollari, se non di più.
Dunque la domanda è: chi si farà carico delle perdite? «Wall Street non chiederebbe di meglio che uno stillicidio continuo del denaro dei contribuenti», scrive Stiglitz in un intervento su “The Nation” ripreso da “Megachip”. Ma l’esperienza di altri paesi suggerisce che, quando sono i mercati finanziari a comandare, i costi possono essere enormi: paesi come l’Argentina, il Cile e l’Indonesia, per salvare le proprie banche, hanno speso il 40% e oltre del loro Pil. «Se non stiamo attenti, la spesa pubblica per il salvataggio determinerà l’esclusione di altri programmi essenziali del governo, dalla previdenza sociale ai futuri investimenti in campo tecnologico». Stiglitz si appella al principio fondamentale della legge in materia di reati ambientali: chi ha inquinato, deve pagare i costi della bonifica. «Le banche americane hanno inquinato l’economia globale di rifiuti tossici». Per cui, «solo facendo sì che il settore paghi i costi delle sue azioni, recupereremo efficienza».
L’amministrazione Obama ha proposto, fra le altre cose, di comprare i bad assets e metterli in unabad bank, lasciando che sia il governo a disporne. «Naturalmente, Wall Street era entusiasta di questa idea: chi non vorrebbe scaricare la propria spazzatura sul governo a prezzi gonfiati?». Quasi tutte le varianti della proposta “cash for trash”, soldi buoni in cambio di titoli-spazzatura, si basano sull’idea di creare una sorta di discarica finanziaria, la band bank, gravata dai bad assets. «Ma le banche, anche se avessero solo gli asset “buoni”, probabilmente non disporrebbero di liquidità neanche dopo che i contribuenti avessero strapagato la spazzatura». Stiglitz boccia questa soluzione: «Io credo che la bad bank, senza nazionalizzazione, sia una cattiva idea». E’ il caso di «respingere qualunque piano di tipo “soldi in cambio di spazzatura”», perché in fondo «è un altro esempio dell’economia “voodoo” che ha segnato il settore finanziario: il tipo di alchimia che haconsentito alle banche di sminuzzare i mutui subprime, che avevano rating F, trasferendoli in titoli presunti sicuri con rating A».
Ancora peggiori, secondo Stiglitz, sono le proposte di cercare di spingere il settore privato a comprare la spazzatura: «In questo momento i prezzi che esso è disposto a pagare sono così bassi che le banche non sono interessate», anche perché, in quel modo, «la dimensione del buco nei loro bilanci verrebbe allo scoperto». Ma se il governo assicurasse gli investitori del settore privato, e concedesse loro prestiti a condizioni favorevoli, il settore privato sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto, rendendo alla fine le banche solvibili? «Questa proposta, come molte altre provenienti dagli ambienti bancari, si basa in parte sulla speranza che, se le banche renderanno le cose sufficientemente complesse e opache, nessuno noterà il regalo al settore bancario finché non sarà troppo tardi», osserva l’economista della Columbia. E se le imprese si mettono nei guai, accumulando più debiti di quanti ne possano ripagare, c’è sempre la via d’uscita della bancarotta, che «spaventa molte persone, ma non dovrebbe», perché «tutto quello che succede è che le pretese finanziarie nei confronti dell’impresa vengono ristrutturate», gli azionisti vengono spazzati via e gli obbligazionisti diventano i nuovi azionisti.
Quando la situazione è meno grave, aggiunge Stiglitz, una parte del debito viene convertita in capitale netto: «In ogni caso, senza il fardello dei pagamenti mensili del debito, l’impresa può tornare alla redditività». Le banche differiscono dalle altre imprese sotto un solo aspetto: «Il fallimento di una banca si traduce in un particolare stato di sofferenza per i correntisti e può portare a problemi più ampi sul piano economico». Ancor peggio, l’esperienza ci ha insegnato che «quando le banche rischiano di fallire, i loro dirigenti mettono in atto comportamenti che implicano il rischio di far perdere ancora più soldi ai contribuenti». Ad esempio, possono fare scommesse: se vincono si tengono il ricavato, e se perdono pazienza, tanto sarebbero “morti” comunque. «Ecco perché abbiamo leggi che dicono che, quando il capitale di una banca è poco, questa deve essere chiusa». Perciò, «non aspettiamo che la cassa sia vuota». L’amministrazione Obama sembra proporre, come via d’uscita, uno “stress sotto sforzo” cui sottoporre le banche, per testarne la solidità reale, in base a modelli matematici. Problema: «Le banche dovevano sottoporsi esse stesse a questo tipo di test regolarmente. I loro modelli dicevano che tutto andava bene. Sappiamo che quei modelli hanno fallito. Quello che non sappiamo è se i modelli che userà l’amministrazione saranno migliori».
Obama prende tempo, sostenendo che gli stress-test non sono immediati. «E mentre aspettiamo, metteremo altri soldi in istituzioni che stanno fallendo, soldi buoni in cambio di cattivi, con un debito nazionale sempre maggiore». Gradualmente l’America sta capendo che deve agire subito, con ben maggiore determinazione. Una proposta innovativa? Sostenuta anche dal finanziere George Soros e da Willem Buiter alla London School of Economics, ribalta la prospettiva della “discarica finanziaria” e prevede, al contrario, la creazione di una good bank, una “banca buona”: «Invece di riversare gli asset tossici sul governo, dovremmo estrarre quelli buoni», dice Stiglitz, «quelli a cui si può facilmente assegnare un prezzo». Se il valore delle pretese dei correntisti è minore di quello degli asset, allora il governo firmerà un assegno alla vecchia banca, la bad bank; se invece accade il contrario, sarà il governo a vantare una pretesa prioritaria nei confronti della vecchia banca.
«In tempi normali – ammette Stiglitz – sarebbe facile ricapitalizzare la banca “buona” privatamente. Ma questi non sono tempi normali, perciò il governo potrebbe dover gestire la banca per un po’ di tempo». Si dubita che il governo allochi il capitale in modo efficiente? Da che pulpito: il settore privato si è forse comportato bene? Anche lo Stato, finora, si è limitato ad assecondare le banche: «Nessun governo in tempo di pace ha sprecato tante risorse quante ne ha sprecate il sistema finanziario privato americano», accusa Stiglitz. «Gli incentivi di Wall Street erano studiati per incoraggiare un comportamento miope ed eccessivamente rischioso». Ben diverso se invece lo Stato si assume la responsabilità di una vera riforma finanziaria, assumendo il controllo diretto sulla sua gestione: «C’è ogni motivo per credere che una banca temporaneamente nazionalizzata si comporterà molto meglio – anche se la maggior parte dei dipendenti saranno comunque gli stessi – semplicemente perché avremo cambiato gli incentivi perversi».
L’esperienza maturata in altri paesi, compresi quelli scandinavi, dimostra che l’intera operazione può essere condotta bene. E quando alla fine l’economia torna alla prosperità, conclude Stiglitz, le banche in grado di fornire un utile potranno essere restituite al settore privato. «Non servono soluzioni mirabolanti». Le banche, semplicemente, «devono tornare a ciò a cui servono: prestare soldi, con prudenza, alle imprese e alle famiglie, sulla base di una valutazione buona – e non marginale – dell’utilizzo cui è destinato il prestito e della possibilità per chi lo ha ricevuto di restituirlo». Ogni fase di flessione prima o poi termina, confida l’economista Premio Nobel. «Alla fine, potremo vendere le banche ristrutturate a un buon prezzo», possibilmente «non basato sull’aspettativa esuberante e irrazionale di un’altra bolla finanziaria». A differenza dell’Eurozona “prigioniera”della Bce, l’America sembra aver capito che non si traggono benefici dalle manovre di “salvataggio”, che il settore finanziario cerca di spacciare per “investimenti”. «Almeno – conclude Stiglitz – possiamo usare i proventi della vendita finale delle banche ristrutturate per ripagare l’enorme deficit che questa débacle finanziaria avrà causato al nostro paese».
Fonte: libreidee.org
http://www.signoraggio.it/index.php/archivio-news/278-stiglitz-basta-trucchi-dobbiamo-nazionalizzare-le-banche.html
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