Federico Rampini per “la Repubblica”
Obama infastidito dalla mosca durante il discorso alla Casa Bianca
Un
intruso penetra indisturbato nella Casa Bianca, arriva a pochi metri
dalla sua camera da letto. Un altro spara e colpisce le finestre del suo
appartamento. Un pregiudicato armato prende l’ascensore insieme a lui.
Il Secret Service nella bufera, la sua capa Julia Pierson è costretta a
dimettersi dopo che il Congresso l’ha accusata di negligenza grave,
incompetenza, quasi alto tradimento.
E al centro
c’è Lui, il “corpo mistico” del presidente, oggetto di una protezione
che si presumeva straordinaria, circondata a sua volta di leggende,
miti. E paure inconfessabili. In questo scandalo che distrugge la
reputazione del Secret Service e decapita il suo vertice c’è un
non-detto, il tema che aleggia negli infuocati dibattiti parlamentari,
nell’attenzione quasi morbosa dell’opinione pubblica e dei media.
washington dc casa bianca
È
l’assassinio di Barack Obama. L’uccisione del primo presidente nero
nella storia degli Stati Uniti. Peggio che John Kennedy a Dallas nel
1963? Un evento simile forse ricorderebbe Abraham Lincoln,
precipiterebbe in un baratro quest’America che non ha davvero superato
le ferite razziali (vedi Ferguson). Solo un deputato di destra, il
repubblicano Jason Chaffetz dello Utah (lo Stato dei mormoni e di Mitt
Romney), ha evocato il tabù.
Chaffetz, che
presiede la commissione di vigilanza sul Secret Service alla Camera, ha
detto durante le audizioni sullo scandalo: «Le parole non sono
abbastanza forti per esprimere l’indignazione che sento, verso la
sicurezza minacciata del presidente e della sua famiglia. La sua vita
era in pericolo. Questa nazione sarebbe molto diversa oggi, se
quell’uomo avesse usato la sua arma». Si riferiva all’incidente
dell’ascensore. Avvenuto, ironia della sorte, mentre Obama andava a fare
il punto sulle strategie di prevenzione per salvare gli americani dal
contagio del virus Ebola, al Center for Disease Control di Atlanta.
intruso alla casa bianca aumenta la sicurezza 8
Il
presidente sale su un ascensore circondato dagli uomini della scorta.
Ma c’è anche uno sconosciuto. Che usa il cellulare. I bodyguard gli
chiedono di spegnerlo, in base al “protocollo” di sicurezza nelle
vicinanze del presidente. È solo perché l’energumeno si rifiuta di fare
un gesto così banale, che lo fermano e lo interrogano: era armato e
pregiudicato. Erano passati solo pochi giorni dall’altro incidente,
l’intruso penetrato molto addentro alla Casa Bianca, e ormai tutta
l’America ne conosce a memoria il percorso.
intruso alla casa bianca aumenta la sicurezza 6
Come
se fosse la profanazione di un luogo magico, leggendario, protetto
(credevamo) da un’aureola di sacralità. L’intruso non fa acrobazie alla
Tom Cruise in Mission Impossible, non è l’Uomo Ragno che scala in
verticale i muri. No, entra dall’ingresso principale come fosse un capo
di Stato straniero: North Portico. Supera la Entrance Hall, poi la Cross
Hall, i saloni di rappresentanza. Punta dritto verso l’area più
privata, la residenza della First Family.
Arriva
alla East Room, ormai in vista delle tre stanze da letto dove dormono i
coniugi Barack e Michelle, le figlie (i quali a onor del vero non sono
lì in quel momento). Un agente comincia a rincorrerlo solo nel corridoio
della Cross Hall, ci mette un po’ prima di bloccarlo. Ormai quel
percorso a ostacoli, come in un videogame, lo conosciamo tutti, dopo
centinaia di simulazioni proiettate da tutte le tv d’America.
intruso alla casa bianca aumenta la sicurezza 5
Anche
noi, in qualche modo, abbiamo profanato il santuario. Colpisce la
discrezione di Obama, il meno loquace di tutti i politici, avaro di
commenti sulla débacle del Secret Service anche dopo avere accettato le
dimissioni della Pierson, ringraziandola in una telefonata personale.
Parlare del proprio “corpo mistico” è imbarazzante?
Anche
prima che arrivasse Obama, cioè il presidente più vulnerabile della
storia (lo dicono i dati raccolti dall’intelligence Usa sulle minacce di
morte ritenute credibili), la sicurezza dell’inquilino della Casa
Bianca era circondata da un alone di leggenda. Perfino il nome della sua
scorta, lo dice. Secret Service. In qualsiasi altro paese si traduce in
“servizio segreto”, che qui è l’intelligence e cioè la Cia o la
National Security Agency.
MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE IN UN MONASTERO SULLE WICKLOW MOUNTAINS
Il
Secret Service non è segreto, è quanto di più visibile ci sia: per
molti, giornalisti compresi, è proprio l’apparizione di questi Rambo a
segnalarci che il presidente si trova nelle vicinanze. Le loro “uniformi
di lavoro” — le giacche tutte uguali stile Brooks Brothers, gli
occhiali neri, gli auricolari — così come la posizione obbligatoria
negli eventi pubblici — spalle verso il presidente, occhi mobili che
scrutano gli astanti — hanno ispirato i Men in Black di Hollywood e
tutte le scorte armate di tutti gli altri leader del pianeta.
MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO
Il
Secret Service nasce in realtà per proteggere un altro “corpo mistico”
del presidente numero uno, e cioè l’effigie di George Washington.
Quest’agenzia federale viene creata nel 1865 alle dipendenze del Tesoro,
con l’obiettivo di contrastare i falsari e combattere la contraffazione
delle banconote. Solo in seguito le viene affidata la responsabilità di
proteggere presidenti e familiari, nonché vicepresidenti, ex
presidenti, più di recente anche le ambasciate americane all’estero.
MICHELLE OBAMA E LE FIGLIE A BERLINO
Dal
2003 è sotto la Homeland Security, il superministero degli Interni
creato da George W. Bush dopo l’11 settembre. Ha quasi settemila
dipendenti, ma i veri Men in Black, che fanno giuramento (“sworn
member”) sono 4.400. Troppo pochi, così come insufficienti sarebbero
anche i fondi del budget annuo (1,8 miliardi di dollari). Così sosteneva
prima di dimettersi Julia Pierson. Troppi tagli — voluti proprio dalla
destra repubblicana — avrebbero logorato il corpo di élite, che ormai
stenta perfino a riempire i posti vacanti.
ABRAHAM LINCOLN
L’episodio
della sparatoria (2011), quando dall’esterno furono prese di mira le
finestre della Casa Bianca, non venne scoperto per diversi giorni. E non
fu il Secret Service, ma la donna delle pulizie insospettita da quel
vetro infranto… La Pierson era stata promossa ai vertici del Secret
Service anche in seguito a scandali di altra natura: le “escort della
scorta”, in un hotel di Cartagena (Colombia) se la spassavano mentre
Obama arrivava a un vertice di capi di Stato; il Man in Black ubriaco
fradicio raccolto sul pavimento di un bar di Amsterdam. A questi era
affidato il corpo mistico del presidente.
L’autorevole
rivista Foreign Affairs , prima che scoppiasse lo scandalo del Secret
Service, era uscita con una copertina che raffigura Capitol Hill (il
Congresso) come un rudere pericolante, e il titolo: “See America. Land
of Decay and Dysfunction”. Abituati a considerarsi una nazione
eccezionale, leader e all’avanguardia quasi su tutto, gli americani
scoprono che “decadenza e inefficienza” imperversano ovunque, al punto
che la protezione del primo fra loro non è garantita.
omicidio kennedy
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/killing-obama-dopo-disastri-sicurezza-silurata-capa-secret-85658.htm