mercoledì 11 maggio 2016

La verità sulle banche: chi crea i soldi? Come tassarle? Nino Galloni Pubblicato 11 maggio 2016 - 15.38 - Da Claudio Messora

Nino Galloni spiega come funziona la contabilità delle banche. Chi crea davvero il denaro? Lo crea la banca, quando eroga un prestito, oppure il cittadino, quando con il suo lavoro deposita i soldi? Quanto guadagna davvero una banca? Come tassarla per sostenere lo stato sociale? A queste e ad altre domande risponde Nino Galloni, economista ex direttore generale del Ministero del Tesoro.
Questa è un intervista realizzata grazie al supporto della rete, di cittadini come te. Per questo è libera di raccontare quello che altrove non si può dire. Aiutami a continuare: sostienimi.
Claudio Messora: Nino Galloni, bentornato su Byoblu.com!
Nino Galloni: Eccoci!
Claudio Messora: Anziché continuare a salvare le banche, perché non ci facciamo salvare dalle banche? Come si fa?

Sovranità monetaria e separazione tra banche commerciali e banche d’affari.

Nino Galloni: Prima di tutto bisogna recuperare una cosa che funzionava perfettamente e che funziona tutt’ora, per chi ce l’ha, e cioè la sovranità monetaria dello Stato. Poi, come sia questo Stato… federale, nazionale, regionale, locale… è un discorso che non riguarda le banche. La seconda cosa da fare è ripristinare la netta separazione tra chi fa il credito – che è una funzione sociale importantissima – e chi, invece, deve fare finanza – che è tutto un altro mondo, tutto un altro approccio. Purtroppo negli anni ’90, dopo sessant’anni di buon funzionamento delle leggi bancarie degli anni ’30 che avevano assicurato il sistema dalle crisi bancarie stesse, è stato ripristinato il vecchio modello di banca universale precedente rispetto alla crisi del ’29 – e che aveva anzi contribuito alla crisi del ’29 -, per consentire alle banche di vendere le proprie azioni, le proprie obbligazioni eccetera… Questo avvenne in un momento di grande boom finanziario, quale fu il periodo degli anni ’90, cominciato con la crisi del sistema monetario europeo, quindi con la riduzione dei tassi di interesse sulle obbligazioni e conseguentemente sull’ingresso dei grandi investitori istituzionali nelle borse e nelle cose finanziarie. Le banche vollero entrare in questo grandissimo business finanziario e borsistico perché c’era ilboom. Ma poi, dal 2001, questo modello finanziario è entrato in crisi ed è stato sostituito da un altro modello in cui sono le banche ad avere un ruolo importante. Allora la prima cosa è l’immediato ripristino della netta separazione tra la finanza – chi vuole fare finanza fa la finanza, la speculazione ecc… e va per la sua strada – e questa funzione sociale importante che è il credito.
Claudio Messora: Parliamo del Glass-Steagall Act, corretto?
Nino Galloni: Glass-Steagall Act si chiamava la legge del 1936. In Italia è la legge bancaria, sempre del ’36. Perché sottolineo il fatto che il credito ha un’importantissima funzione sociale? Perché noi non dobbiamo confondere, a livello di analisi, la moneta a corso legale, che è quella garantita ed emessa dallo Stato, con il credito, che invece è la moneta teoricamente non a corso legale emessa invece dalle banche. Una volta le banche emettevano biglietti propri, la cosiddetta moneta bancaria, su cui vigevano fra l’altro delle restrizioni di carattere amministrativo. Poi è rimasta una sola valuta in circolazione, la moneta a corso legale, che in Italia fino al 1981 era stampata direttamente dall’istituto di emissione a fronte delle richieste dello Stato per finanziare le sue spese, quando queste ultime superavano il gettito tributario. Però, quello che va sottolineato è che questa moneta a corso legale è sì e no il 3% del totale della moneta, che comprende anche il credito. Quindi, il 97% dell’economia della moneta di cui abbiamo bisogno è credito.
Claudio Messora: Puoi spiegare meglio?
Nino Galloni: Quello che noi chiamiamo in genere moneta – intendendo i biglietti da cinquanta, venti, dieci, cento euro eccetera…- non è che il 3% della moneta, del credito che risulta nei depositi, nei conti correnti, nei prestiti e così via. Infatti, qual è il vero pericolo per la banca quando succedono le crisi di panico, quando cioè poi chiudono gli sportelli e così via, com’è successo a un certo punto in Argentina e stava per succedere in Grecia? Il vero pericolo è quando tutti vanno a chiedere i loro soldi: semplicemente non ci sono! È una finzione, ma vedremo che questa finzione ha una funzione importante!

Cos’è davvero il credito.

Parliamo di credito, di questa grande, importante funzione sociale. Prendiamo esempio dal passato. Una banca era forte, importante, non perché aveva centomila filiali sparse per il mondo, ma perché sul territorio era radicata, perché l’artigiano, la piccola impresa, la famiglia che avevano un’esigenza, una necessità e così via, andavano lì e chiedevano un prestito. E se poi erano in difficoltà – come accadeva con le Casse di Risparmio, con le Banche di Credito Cooperativo, con le Popolari, con le Mutue eccetera -, si allungavano i tempi, cioè si abbassava la rata per aiutare i prenditori. Noi oggi invece assistiamo a due fenomeni: il primo è che le banche non danno credito a chi ne ha bisogno, cioè le piccole imprese e le famiglie, perché pensano che queste ultime abbiano un ratingbasso, quindi non si prendono la responsabilità di dare i prestiti. Questo poi non c’entra col fatto che le banche, su pressioni di amici, di amici degli amici, della politica e così via, diano grossi prestiti a chi, pur avendo un rating basso, però poi contraccambia il favore in qualche altro modo. Ma questo non va confuso con il discorso precedente, perché quella è una patologia. Infatti le cosiddette “sofferenze bancarie”, di cui poi parleremo, sono determinate all’80% non dai prestiti deteriorati delle piccole imprese, degli artigiani, delle famiglie, ma da quelle dei grandi prenditori, dei grandi ricchi, delle grandi imprese, dei grandi speculatori.Questo è importante, quando poi si chiedono i soldi a tutti per ripianare le situazioni delle banche.
Ritornando al credito, le banche ricevono quindi liquidità da parte della Banca Centrale – che dopo il 2008 è diventata prestatrice ordinaria, non più di ultima istanza -, in cambio di titoli tossici. Quindi il motivo per cui è difficile dividere la finanza dal credito – che ovviamente anche un bambino capirebbe che è una misura necessaria – è perché è questo che consente alle banche di continuare a fare derivati e titoli tossici e poi collateralizzarli: farseli garantire in qualche modo e ottenere denaro praticamente allo 0% dalla Banca Centrale. Qual’è il problema? Che questo meccanismo – cahimato anche “Bazooka” e “Superbazooka” da Mario Draghi – non ha effetti sull’economia reale perché le banche poi non prestano a chi dovrebbe fare investimenti, cioè piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e famiglie, perché appunto hanno un rating basso. Al contrario, chi ha un rating elevato, cioè le imprese forti, non investe perché c’è la crisi. Quindi, in pratica, il cielo della finanza si riempie sempre più di nuvoloni neri, ma non piove mai e il terreno dell’economia reale è sempre più arido: chi ha il rating basso non può avere il prestito (ma proprio perché ha il rating basso avrebbe bisogno di riprendersi, ma non si riprende); chi ha il rating alto non chiede credito perché non si vede la ragione dell’investimento se non avrà prospettiva di sviluppo, di ripresa, di profitto.
A questo punto cosa succede? Succede che la Banca d’Inghilterra e altri studiosi indipendenti, finalmente, abbandonano le vecchie teorie bancarie, che – a mio modo di vedere -, erano già superate quasi cento anni fa, perché il libro di Albert Hahn del 1920, edito a Tubinga, Economic Theory of Bank Credit (“la teoria economica delle banche di credito”), spiegava il funzionamento delle banche perfettamente. Quel libro è datato 1920. Per la cronaca – e questo è un aneddoto interessante che riporto nel mio libro “L’economia imperfetta” -, Hahn poi qualche anno dopo cambiò la versione del libro fino ad abiurarla nel 1928 e dire che si era sbagliato.Piccolo particolare: si mise a fare il banchiere con grande successo (Qui potete leggere “The Economics of Illusion“, dove nel 1949 attaccata il sistema Keynesiano, dopo essere emigrato in america nel 1940). Andiamo avanti. Non bisogna riferirsi più, dunque, alla vecchia teoria sbagliata che le banche prestino i loro depositi – cioè denaro vero -, né l’altra teoria superata cosiddetta del “moltiplicatore” – cioè che le banche possano moltiplicare, in base alla consistenza dei propri depositi, con i prestiti, l’ammontare degli impieghi. Queste due teorie sono superate: cancelliamole dalla nostra mente. La banca, quando fa un prestito, in realtà non dà nulla. La creazione monetaria dipende da quando il prenditore mutuatario, l’impresa e così di seguito, via via paga le rate del suo debito. Cioè la banca si incredita e indebita il prenditore. Ma in realtà non gli dà niente, se non un pezzo di carta dietro il quale – anche se è un assegno circolare – non c’è copertura. Non è vero che gli assegni circolari “hanno provvista”, perché la somma di tutti gli assegni circolari che oggi sonno stati emessi dal sistema bancario è molto di più di quel 3% di moneta che giace effettivamente nei depositi e nei conti correnti a noi intestati.
Claudio Messora: Aspetta, tu dici che quando una banca concede un prestito – facciamo 30 mila euro – non deve avere una garanzia chiesta di qualche tipo – non so – per esempio chiesta alla Banca Centrale Europea?
Nino Galloni: Non ha nessuna importanza. La banca stampa questo pezzo di carta, in cui c’è scritto 30.000 euro. Il prenditore lo mette nel proprio deposito – poi vedremo come funziona -, oppure lo dà al proprio creditore che lo mette nel proprio deposito. Siccome – come vedremo – le banche emettono al passivo i depositi e all’attivo il credito, la partita doppia consente di azzerare la dinamica e quindi è come se non risultasse niente. Ma poi ci torniamo sopra parlando di più del bilancio.
Adesso riprendiamo il discorso della teoria bancaria. Dunque dicevamo che la banca, quando fa un prestito, “incredita” sé stessa e indebita il prenditore, il quale poi creerà la moneta col proprio lavoro. E quella sarà moneta “vera” che raggiunge le banche e viene in qualche modo contabilizzata – poi vedremo, in questa contabilizzazione, dov’è il trucco-. La funzione del credito è una funzione fondamentale, perché il prenditore potrebbe essere una persona che ha un’idea geniale, che darà reddito e profitto, però non ha i famosi 30.000 Euro. Allora va dalla banca e se la banca funziona seriamente gli fa questo assegno, lui lo deposita, ci paga quello che ci deve pagare, poi produce questa attività la quale, se ha successo, gli consentirà di pagare il debito con gli interessi, e quindi entreranno denari veri. Ma in questo modo si sono creati i posti di lavoro, si è fatta ricerca, si sono fatti investimenti reali. Questa è l’importanza del credito.
Quindi, la teoria moderna della creazione monetaria si sdoppia in due filoni: un filone sono quelli che riconoscono questo meccanismo e dicono che quindi la banca dovrebbe essere tenuta a prestare unicamente nei limiti delle consistenze dei propri depositi. Quindi la teoria del 100% della riserva. Questa è una teoria, o meglio una proposta, la quale però che cosa comporta? Che non ci sarebbe più il credito, non esisterebbe più la funzione del credito. Perché se la banca può prestare solo quello che ha in cassa, allora se non c’è di più non c’è neanche più credito per tutto il sistema. Mentre invece se il meccanismo è quello che ho descritto prima, allora il nuovo imprenditore può fare il suo investimento. Il problema è che le banche, magari, non gli fanno il prestito perché dicono: “Mah! Che ne so se poi questo nuovo prodotto avrà successo, se lo venderai, se funzionerà“. Ed è su questo che dobbiamo affrontare la tematica. Cioèdobbiamo trasformare le banche in agenti per lo sviluppo sul territorio, in cui sussista un controllo anche della parte pubblica, da parte dei cittadini. Cioè, mentre oggi le banche non devono giustificare se ti negano il prestito, dovranno invece giustificarlo! Ci dovrà essere una commissione che esamina se sono andati a chiedere prestiti personaggi che dovevano farci delle cose inutili, o pericolose, o invece se è stato negato il credito a qualcuno, un gruppo di giovani che ad esempio ha un’iniziativa in cantiere che può creare posti di lavoro, benessere e futuro. Il credito è il ponte fra il futuro e il presente. Consente di avere oggi i mezzi che servono per arrivare a quel futuro dove, a regime (investimenti, iniziative, attività), l’economia potrebbe migliorare.

Come cambiare il bilancio delle banche

E adesso vediamo come funziona il bilancio. Allora: bilancio attuale – semplifico, faccio i passaggi essenziali – funziona in questo modo. Le banche hanno due bilanci: uno stato patrimoniale e un conto profitti e perdite. Nello stato patrimoniale ci sono le consistenze dei crediti, l’attivo e i passivi. Nel conto profitti e perdite, invece ci sono tutte le entrate e tutte le uscite. Al momento, nei crediti, cioè nell’attivo, ci sono i prestiti, mentre nel passivo ci sono i depositi. La prima cosa da fare è togliere i depositi dal passivo, perché in realtà la banca i depositi li gestisce. Quindiè un po’ come il gestore di un garage che non deve mettere le automobili dei clienti al passivo. Non sono sue, certamente e le deve restituire, ma non le mette al passivo a meno che – questo è il punto – non voglia nascondere i propri utili. Poi può fare un contratto con gli automobilisti e dire: “quando non serve a voi la macchina – che a voi serve di giorno -, io di notte la utilizzo per un servizio-taxi e vi pago un corrispettivo“.
Ecco come funzionano i depositi per la banca. Alla banca serve sia l’ammontare, sia soprattutto il contante, per gestire le domande di cash dei bancomat, dei clienti. Poi uno può andare lì, anche se ha 100.000 euro in banca, chiederne 10.000, 5.000, 1.000, e oltre una certa cifra – non so se vi è capitato – bisogna prenotarli, perché se vai lì in banca e gli chiedi 5.000 euro non li hanno. Glielo devi dire il giorno prima e te li fanno trovare. Allora, questi depositi vanno tolti dal passivo, perché ripeto: è come le macchine del garagista, non vanno al passivo. È un’altra cosa. All’attivo, invece, è giusto che ci siano i crediti ed è giusto – come attualmente accade – che la parte in conto capitale, quando arriva la rata da parte del debitore – che paga – questa vada in attivo e vada ad essere ridotto, perché si riduce il credito. Quindi lo stato patrimoniale non crea grandi problemi. Ovviamente avremo un attivo maggiore, un attivo netto maggiore perché non avremo più i depositi al passivo. E fino qui è tutto chiaro.
Adesso passiamo, invece, al conto profitti e perdite. Che cosa succede nel conto profitti e perdite? Qui abbiamo, dalla parte delle spese – diciamo così – o perdite, i costi della banca, abbiamo gli interessi passivi, cioè quelli che le banche pagano – o meglio pagavano – ai depositanti e ai correntisti, e i propri costi di funzionamento. Dalla parte dei profitti, invece, abbiamo gli interessi attivi, cioè gli interessi che introita la banca man mano che il prenditore paga la sua rata – non ci dimentichiamo che, nell’attuale sistema, la parte in conto capitale va invece a ridurre il credito, mentre la parte interessi va a incrementare le entrate o profitti e poi ovviamente, sempre nei profitti c’è la vendita, la vendita (a caro prezzo) dei servizi. Allora, che cosa deve cambiare? Deve cambiare che anche la componente capitale della rata, cioè tutta la rata – per la ragione che diceva in precedenza, cioè che è creazione da parte del prenditore – deve essere computata a profitto. In questo modo c’è un aumento enorme del margine operativo delle banche che alle entrate, detratti gli interessi passivi nel corso di funzionamento dell’istituzione, dovrebbe aggirarsi mediamenteintorno al 90%. Quindi, praticamente, se su questo 90% noi applicassimo un’aliquota, una tassa del 20%avremmo un gettito fiscale di circa 400 miliardi di euro, che ci consentirebbe di portare al 20/23% tutta la tassazione.

Pagheremmo la metà delle tasse!

Noi oggi paghiamo in tassazione il 46% del nostro reddito. Se invece le banche pagassero il 20%, sommando il loro 20% e il nostro 20% si avrebbe un gettito uguale a quello che oggi incamera lo Stato, che è circa 800 miliardi. In questo modo, però, pagheremmo solo il 20%. Quindi questo sarebbe uno sprone per lo sviluppo enorme. Qual è la conseguenza di questi ragionamenti? Che, praticamente, la banca non sarebbe mai in perdita, salvo nel caso estremo che non rientrassero più questi prestiti e il costo di funzionamento dell’istituzione e il saldo fra gli interessi fosse negativo. Ma sarebbe una cosa dell’altro mondo! Nella realtà che cosa succederebbe a questa attività bancaria? Che non ci sarebbero più le sofferenzenon ci sarebbero più le perdite. Casomai ci sarebbero solo i mancati arricchimenti.
Faccio un esempio: ammettiamo che la banca presti 200.000 euro a una persona e ammettiamo che questa persona, nel corso degli anni, gliene restituisca solo 100.000. Oggi viene calcolata una sofferenza del 50%. Invece qui avremmo solo un mancato arricchimento del 50%, il quale ridurrebbe il margine operativo lordo e conseguentemente, applicata l’aliquota del 20%, determinerebbe un minor gettito, ma non ci sarebbe nessuna perdita,nessuno squilibrio. Le banche non vogliono questa nuova contabilità bancaria perché temono di dover pagare tantissime tasse, ma ne avrebbero un vantaggio, oggi. E cioè quello di evitare di essere commissariate, sciolte, accorpate dalle Banche Centrali. Le quali vogliono che si uniscano perché pensano che avere 100.000 sportelli nel mondo sia più importante che avere uno sportello che funziona sul territorio. Ed è tutta un’altra visione del credito. Se si capisce la grande differenza che c’è tra una perdita e una sofferenza, un incaglio da una parte, ovvero un mancato arricchimento, si è capito più della metà di quello che sto cercando di spiegare. Però, se ci si muove verso questa nuova contabilità bancaria, in pratica, abbiamo la possibilità, attraverso appositi comitati di sorveglianza e di controllo, di favorire tutte quelle iniziative nel campo dell’ambiente, della cura delle persone, delle attività di manutenzione anche pubbliche, nel campo dell’arte, del turismo, della valorizzazione dei beni culturali e così via, che oggi servono e che oggi non si sa come finanziarle. Noi le finanziamo con tassi d’interesse negativi. Quanto possono essere spinti questi tassi d’interesse negativi? Ovviamente dev’essere frutto di un ragionamento, però è chiaro che con un tasso d’interesse negativo, che va dal 20% al 40%, noi siamo in grado di finanziare qualunque cosa. E quindi il credito ha la possibilità di non solo consentire la piena occupazione teorica, ma la piena realizzazione di tutti i progetti che la gente ha per salvare l’ambiente, per curare il territorio, per assicurare le cure ai ragazzi e agli anziani e a tutto quello che serve a una società moderna e civile che è tale non perché consuma tanti prodotti materiali, ma perché ha quelle attività di cura dell’ambiente, delle persone e dei beni esistenti che fanno la differenza, insieme con i servizi pubblici, fra un paese arretrato e un paese avanzato.
Claudio Messora: Spieghiamo meglio il passaggio del tasso di interesse negativo?
Nino Galloni: Abbiamo detto che la banca, in realtà, non dà niente quando si “incredita“: tutto quello che ottiene via via dal prenditore è tutto guadagno. Quindi se la banca fa finta di prestare 200.000 euro e poi ne riottiene 100.000, vuol dire che ha guadagnato il 50%, al lordo delle sue spese e quant’altro. Quindi, comunque la banca ottenga, da un prestito di qualunque ammontare, un’entrata di qualunque ammontare inferiore al primo, ma che sia superiore ai suoi costi di funzionamento, realizza un guadagno. Quello è il suo margine operativo lordo, su quello si abbatte l’aliquota del 20%. Quindi, in buona sostanza, qual’è il punto? Che se io ho bisogno di 200.000 euro per comprarmi l’appartamento, oppure perché devo fare un investimento, oppure perché voglio iniziare un’attività o quello che sia, quando poi via via restituisco, o meglio creo col mio lavoro una parte di questi 200.000 euro (quello che sarà possibile – ovviamente va registrata questa percentuale), che ne so, magari solo 20.000, vorrebbe dire che la banca ha avuto un mancato arricchimento del 90%. Ma ha avuto un arricchimento del 10%! Se quest’ultimo la manda in equilibrio per quanto riguarda i suoi costi di funzionamento e il saldo degli interessi è chiaro che la banca ci avrà guadagnato anche nel margine operativo lordo. Ovviamente, in questo modo si possono finanziare tutte quelle opere, quelle attività, quelle iniziative per cui oggi si dice: “Non ci sono i soldi“. I soldi eccoli qua! Ci sono i soldi! Si può fare tutto! Poi ovviamente c’è da regolarsi e non fare un disastro. Ma è possibile farlo perché la banca funziona così.
Claudio Messora: E per farlo, che cosa serve? Una legge?
Nino Galloni: Sì, serve un adeguamento della contabilità bancaria a questi criteri.
Claudio Messora: Ma questo adeguamento della contabilità bancaria può essere fatto unilateralmente da uno Stato, anche ammesso che si recuperi la sovranità monetaria, o deve essere armonizzato a livello globale?
Nino Galloni: La banca ha dei regolamenti internazionali, che è il problema, oggi chiede requisiti di capitale. Non chiede più che ci sia una percentuale minima dei depositi rispetto ai prestiti. Nel senso che, quest’ultima percentuale ormai – è stato calcolato – è l’1%. Quindi c’è una leva enorme. Però le banche sono sottoposte a dei vincoli di capitale, i quali poi a loro volta sono fortemente inficiati da tutta la gestione tossica, cioè finanziaria. Quindi è ovvio che dobbiamo ripristinare la separazione tra finanza e credito. Dobbiamo superare l’impostazione internazionale delle banche e rifare la contabilità bancaria. Su questo, ovviamente, ci può essere o un accordo dei soggetti, oppure ci può essere una legge, ma ovviamente anche la legge dovrà essere ragionata, negoziata con tutti glistake holder, cioè tutti gli interessati. Ovviamente, un singolo paese che abbia sovranità monetaria, può applicare questa nuova contabilità bancaria perché ha poi la sua contabilità bancaria: la contabilità delle sue banche sarà questa. La banca deve avere un rapporto privilegiato con il territorio, quindi con gli utenti e con lo Stato. Non deve avere necessariamente un’apertura internazionale per vendere i propri titoli che vanno in borsa e hanno un rating. Le azioni di queste banche non potranno essere quotate nelle borse dei paesi che non applicano questa stessa contabilità bancaria, perché queste banche potrebbero avere un calo di rating, ma il sistema potrebbe funzionare perfettamente sia a livello nazionale, sia a livello internazionale.
Claudio Messora: E in che rapporto è questa tua proposta con teorie più ampie, come per esempio MMT?
Nino Galloni: MMT si è occupata soprattutto della moneta statale – e concordo perfettamente con MMT -. MMT risolve una parte del problema, che è la moneta a corso legale, quella con cui si devono pagare le tasse. Però, siccome il 97% di quello di cui stiamo parlando è credito, il punto fondamentale è: “Ma allora perché lo Stato non può stampare tutta la moneta che serve al sistema?” Primo perché noi dobbiamo considerare che quando parliamo di quantità monetarie, stiamo dicendo una cosa marginale, perché ciò che conta è la velocità di circolazione dei prezzi monetari. E la seconda è che se lo Stato fornisce tutta la moneta al sistema, disincentiva le attività produttive, oltre a un certo livello. Cioè, se oggi nella situazione italiana noi introduciamo un reddito di cittadinanza di qualsiasi tipo, ovvero facciamo l’helicopter money, cioè buttiamo soldi dall’elicottero, facciamo riprendere l’economia, perché in questo momento c’è una tale aridità del suolo dell’economia reale, che questo sarebbe benefico. Ma se poi dopo tutta la moneta, alla fine, non viene recuperata, ma entra nel sistema, poi finisce per non essere più accettata dai produttori. E a quel punto c’è l’impasse. Mentre invece il credito, pur registrando questi tassi d’interesse negativo, con gli opportuni controlli potrebbe spingersi fino alla piena occupazione – diciamo – della progettualità.
Claudio Messora: Tu sostieni che la contabilità bancaria sia sfalsata e vada modificata per ottenere l’obiettivo della piena occupazione, dell’abbassamento delle tasse, del rilancio dello stato sociale eccetera. Ma dire che la contabilità bancaria è falsata, significa dire che le banche sono soggette ad arricchimento indebito.
Nino Galloni: Assolutamente sì!
Claudio Messora: E quindi… hanno ragione i “signoraggisti“?
Nino Galloni: In un certo senso sì. Loro chiamano signoraggio bancario la differenza che c’è tra il valore della moneta bancaria così emessa e il costo di funzionamento della banca.
Claudio Messora: Hai già presentato la tua proposta?
Nino Galloni: Ne sto parlando. Ne ho parlato nel libro. Ho fatto diversi convegni col Movimento 5 Stelle dove mi stanno a sentire. Però ovviamente ci sono varie teorie, come quella della riserva al 100%, come quella che debba essere lo Stato a emettere tutta la moneta, eccetera. La mia è un’altra teoria. Cioè io dico invece che, premesso che lo Stato debba recuperare la sua sovranità, però il grosso del finanziamento alle nuove iniziative ed al funzionamento di quelle esistenti deve venire dai mezzi propri e dal sistema bancario.
Claudio Messora: Per diffondere allora questa proposta, un modo è quello di acquistare il tuo libro che si chiama “L’economia imperfetta”, un altro è quello di organizzare convegni e seminari o di partecipare a quelli a cui tu partecipi. Nino Galloni, grazie di essere tornato su Byoblu.com!
Nino Galloni: Arrivederci!

http://www.byoblu.com/post/2016/05/11/la-verita-sulle-banche-chi-crea-i-soldi-come-tassarle-nino-galloni.aspx

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