Nato a Pescara il 6 Gennaio del 1914, si laurea in Scienze Politiche nel 1936 presso l’Università di Roma. Nel 1949 diviene libero docente di Politica Economica e finanziaria ed assistente incaricato alla cattedra di Scienza delle Finanze di cui era titolare Gustavo Del Vecchio.
Federico Caffè, nel 1954 è stato professore straordinario di Scienze delle Finanze a Messina, per poi passare all’insegnamento di Economia Politica a Bologna. Nel 1959 è chiamato a Roma come professore ordinario di Politica Economica e Finanziaria presso la Facoltà di Economia e Commercio.
Nel 1970 è socio corrispondente dell’Accademia dei Licei (di cui poi diverrà socio nazionale) mentre nel 1984 gli viene conferita la medaglia d’oro, per i meriti acquisiti nell’ambito scolastico, artistico e culturale.
Federico Caffè ha parte attiva anche nella vita pubblica. Sarà capo di gabinetto del Ministro Della Ricostruzione Meuccio Ruini (durante il governo Parri).
Nel 1937 è funzionario del Servizio Studi della Banca d’Italia, per cui sarà consulente nel 1954 e fino al 1969.
Dal 1965 e sino al 1975 dirige l’Ente Einaudi per gli Studi Monetari Bancari e cura la raccolta di opere di F. Ferrara, S. Nitti Luigi Einaudi.
Durante il periodo fascista, si distingue per il suo impegno democratico e per la sua vicinanza alle forze partigiane e di liberazione.
Era noto per il suo carattere elegante, mite e garbato ma anche per la severità con cui sosteneva le sue tesi ed interpretava l’evoluzione del pensiero economico. Sapeva discutere con il filosofo ma anche con l’uomo comune.
Era adorato e stimato dai suoi studenti, che lo consideravano un punto di riferimento sotto il profilo umano e professionale.
La mattina del 15 Aprile 1987 (alle prime luci dell’alba), Federico Caffè esce fuori dalla sua casa romana (al civico 42 di Via Cadolo).
Lascia sul comodino gli occhiali (che indossa sempre per leggere) ed i suoi documenti d’identità.
Da quel momento, di lui non si sà più nulla si perde ogni traccia. Sembra quasi sparito, volatilizzato.
Le forze dell’ordine lo cercano per tutta la città ed anche i suoi studenti si organizzano per ritrovarlo o sapere cosa sia accaduto.
Appare strano che si sia potuto allontanare da solo, perchè negli ultimi giorni era molto debole e privo di forze.
Ma le ricerche sono vane e Federico Caffè non sarà mai ritrovato.
Ancora oggi la vicenda è avvolta nel mistero. Suicidio, Omicidioo Scomparsa volontaria?
La pista dell’omicidio viene subito esclusa, perchè Caffè non aveva nemici ed anzi era molto apprezzato e stimato per la sua mitezza.
I testimoni raccontano che nell’ultimo periodo della sua vita era caduto in una depressione profonda, in seguito alla morte della madre e della tata che lo aveva cresciuto. Era rimasto molto colpito dall’assassinio di Ezio Tarantelli (morto nel 1985 per mano delle Brigate Rosse) del suo studente Franco Franciosi(morto di tumore).
Confessa agli amici di non riuscire più ad insegnare ed a scrivere e di soffrire di vuoti di memoria.
Appena quattro giorni prima della sua scomparsa, Caffè era rimasto sconvolto dalla morte di Primo Levi, ma ne aveva criticato le modalità del suicidio, troppo plateale e straziante.
Questi sottili particolari possono fare pensare ad un suicidio appartato e “pensato” nell’intimità di un uomo che non era abituato ai vivere (meno che mai a morire) sotto i riflettori.
Probabilmente, desiderava che della sua morte non restasse alcuna traccia e che il suo corpo, ormai dimesso, non venisse mai trovato.
Ermanno Rea, autore di una biografia di Federico Caffè è convinto che qualcuno sappia e non voglia parlare ed aggiunge che: “Poco importa se sia finito suicida o in un convento: resta solo la natura oscura ch’egli ha voluto imprimere al suo distacco“.
Resta anche aperta la tesi che Caffè abbia deciso di finire i suoi giorni in un convento, approfondendo la feconda spiritualità che lo aveva accompagnato per tutta la vita.
http://mistero.me/misteri/personaggi-misteri/federico-caffe-mistero-scomparsa/
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