lunedì 3 aprile 2017

La disfatta della CIA di Robert Baer

C'era una volta la CIA ... questo dovrebbe essere il sottotitolo del libro. Che racconta i quasi 25 anni di attività, nella più famosa agenzia di spionaggio, dell'autore.
Robert Baer entrò nella CIA, quasi per gioco, a fine anni 70, per uscirne poi nel 1997, nauseato dal clima "politico" che si era venuto a creare all'interno dell'azienda, negli anni 90. Le operazioni, i luoghi, le date e i posti sono dunque frutto delle sue memorie, della sua esperienza sul “campo”. Solo ad alcuni personaggi (che nel computo della storia hanno un ruolo delicato, come gli informatori) è stato dato un nome di comodo.
Ma tutto il resto è incredibilmente vero: se volete sapere come vive, come si comporta, come viene addestrato una spia, questo è il libro che fa per voi.
Sembra di essere in un libro di Clancy, con la differenza che qui i pericoli, le morti, le bombe e le pallottole sono reali.

Il libro è stato sottoposto alla “sola” censura della CIA stessa, che ha messo delle striscette nere su alcuni passaggi compromettenti, che ha voluto nascondere al pubblico (ogni agente della CIA firma un documento che lo costringere a sottoporre all'agenzia tutti i suoi scritti).

Dall'addestramento, sia di tipo militare sia come agente in territorio nemico, cui Baer venne sottoposto nei primi mesi (“perchè lo spionaggio lo imparavi sul campo, non da un libro o una lezione”), alla prima missione come agente operativo in India. E poi in giro per il mondo: Madras, Nuova Delhi, gli anni a Beirut dopo la guerra civile che aveva distrutto il paese, nel 1983-85. Cipro, poi ancora Beirut, cui tornò per scoprire gli attentatori all'ambasciata americana del 1983, dall'87 all'88. Poi a Dushambe, in Tagikistan: in tempo per assistere allo sfacelo dell'impero sovietico, nel 1992, quando col crollo della “cortina di ferro”, l'ex nemico di ieri era diventato poi un ambiguo alleato da tenere d'occhio. Un paese, la Russia, vittima della corruzione, della burocrazia.
Stretto tra i nazionalisti da una parte e dai gruppi secessionistici, nelle repubbliche ai confini del paese, che volevano staccarsi dalla madre patria: come la Cecenia e le altre repubbliche del Caucaso, dove la vicinanza coi paesi arabi (e coi terroristi), creava delle situazioni di tensione pericolosa, un terreno fertile dove quest'ultimi poteva reclutare volontari per la loro guerra contro l'occidente e gli Stati Uniti.

L'epilogo della sua carriera, come agente operativo, avvenne nel 1995 in Iraq: qui Baer rivela aspetti poco conosciuti del tentato colpo di stato che doveva far cadere Saddam. E del ruolo che l'America (non) ebbe in questa storia.
Baer poté assistere, nel corso degli anni e delle sue missioni, alla crescita dei gruppi terroristici, spesso solo delle sigle, dietro cui si nascondevano esponenti di paesi apparentemente democratici, che non potevano sporcarsi le mani con le bombe, come l'Iran dei “pasdaran”.
Ma soprattutto al cambiamento di rotta della politica nei loro confronti di Washington: nessun nuovo agente veniva mandato in questi paesi per capire come cambiava il vento, quali gruppi si creavano e con quali obiettivi. Si distoglieva l'attenzione dei fondamentalisti in Afghanistn e in Arabia Saudita. Sembrava che il medio oriente non interessasse più.
“Ero entrato nella CIA sperando di arrivare a una fetta di verità non disponibile a tutti. C'ero anche riuscito, in un certo senso. Nei miei ultimi mesi all'agenzia, avevo sbrogliato il mistero dell'ambasciata a Beirut, almeno per soddisfazione personale [....] Lungo la strada, ero giunto a vedere le debolezze di una superpotenza sul punto di crollare, e avevo trascorso i miei giorni e troppe notti con un gruppo di personaggi che nessun romanziere avrebbe saputo creare. Malgrado i suoi alti e bassi, era stata una bella esperienza, e adesso era tempo di lasciare. Sapevo anche di aver esaurito la mia riserva di buona volontà. La CIA che avevo servito per ventun anni stava cambiando troppo in fretta perchè potessi adattarmi.”
I nuovi direttori della CIA, il governo, responsabili della sicurezza, si accontentavano di quanto veniva fornito dai nuovi strumenti della tecnologia: intercettazioni, le fotografie di un satellite. Ma, come sottolinea lo stesso autore “dobbiamo riprendere ad ascoltare le persone, per quanto spiacevole possa sembrare il messaggio. La CIA non ha altra scelta se non quella di ricominciare ad uscire e parlare con la gente, con colore che sono in grado di andare là dove noi non possiamo andare, vedere ciò che noi non possiamo vedere e sentire ciò che noi non possiamo sentire. Questa era la CIA in cui entrai nel 1976, non un'istituzione innamorata della tecnologia satellitare e spaventata dalla sua stessa ombra. [...]”

E riguardo alla lotta al terrorismo:
“C'è una guerra in atto in America e in tutto il mondo occidentale, una guerra contro un nemico che non possiede infrastrutture da attaccare, aeroplani da abbattere, navi da affondare per divertire gli spettatori della CNN. Un simile nemico si sconfigge solo raccogliendo le informazioni, scoprendo in anticipo i suoi piani e tenendosi pronti quando arriva. E per avere queste informazioni ci vuole la volontà politica di permettere a chi sa come ottenerle di svolgere il proprio lavoro, per quanto difficile sia il compito”.
Il governo americano invece era passato, dalla caccia ai nemici, ad un “facciamo finta di nulla”. I memo che arrivavano dal medio oriente e che parlavano di possibili cellule terroristiche, venivano classificate come “rogne” da evitare, che potevano bloccare la carriera politica dei funzionari. Non a caso il primo libro di Baer si intitoli "Dormire con il diavolo. Come gli Stati Uniti abbiano venduto l'anima per il petrolio". Il petrolio, i lobbisti della Casa Bianca, che ricevevano finanziamenti dai petrolieri stessi, i quali non nascondevano pericoli legami con movimenti estremisti ... Nel libro si parla di un petroliere del Causaso, Roger Tamraz.

E allora la linea era finta di non vedere il crescere dell'odio nei confronti dell'america, evitare di combattere i paesi che, con una mano stringevano accordi (per il petrolio, per le armi) con l'america (l'Iran prima di tutti), con l'altra aiutavano i gruppi che mettevano bombe, uccidevano e rapivano esponenti politici che si opponevano alla loro politica estremista.

Il libro ha ispirato il film “Syriana”, con George Clooney: rispetto al libro enfatizza i legami tra i signori del petrolio e i lobbisti della Casa Bianca. Il film si pone la domanda "Quanto è il prezzo del petrolio? Che prezzo ha deciso di pagare l'america, in termine di sicurezza internazionale, di giustizia?"

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