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« Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi. » |
(John Maynard Keynes, Autosufficienza nazionale, 1933) |
John Maynard Keynes, 1º barone Keynes di Tilton[1] (/ˈkeɪnz/; Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946), è stato un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato il più influente tra gli economisti del XX secolo.
I suoi contributi alla teoria economica hanno dato origine alla cosiddetta "rivoluzione keynesiana". In contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico statale nell'economia con misure di politica di bilancio e monetaria, qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nella fase di crisi del ciclo economico.
Le sue idee sono state sviluppate e formalizzate nel dopoguerra dagli economisti della scuola keynesiana. A quest'ultima viene spesso contrapposta la scuola monetarista (o scuola di Chicago), che si originò nel dopoguerra dalle teorie liberiste di Milton Friedman, e la scuola austriaca (von Mises e von Hayek).
Indice
[nascondi]Biografia e carriera[modifica | modifica wikitesto]
Famiglia e studi[modifica | modifica wikitesto]
Figlio dell'economista di Cambridge John Neville Keynes e della scrittrice attivista per i diritti civili Florence Ada Brown, John Maynard Keynes (chiamato semplicemente Maynard dai famigliari, per non confonderlo con il padre, chiamato da tutti John) frequenta l'elitaria scuola di Eton, distinguendosi in ogni ambito dei suoi inusitatamente vasti interessi. Viene in seguito ammesso al King's College, presso l'Università di Cambridge, al corso di matematica; il suo interesse per la politica lo conduce però presto a passare al campo dell'economia che studia, sempre a Cambridge, sotto la guida di Alfred Marshall e Arthur Cecil Pigou.[2]
Gli anni dall'università alla conferenza di pace di Versailles[modifica | modifica wikitesto]
In cerca di una fonte di reddito, Keynes pospone la scrittura della tesi a Cambridge e partecipa al concorso per l'ammissione al civil service, qualificandosi secondo. Paradossalmente, consegue la votazione peggiore nella sezione dell'esame dedicata all'economia; commenterà in seguito questo risultato affermando che "gli esaminatori presumibilmente ne sapevano meno di me". Keynes accetta dunque un posto presso l'India Office, i cui impegni sono di entità tanto modesta che – affermò più tardi – il suo tempo si divide tra la lettura dei giornali e la corrispondenza privata.[2]
Nello stesso periodo lavora alla stesura della tesi per l'università. Questa non sarà accettata, con la conseguenza che la fellowship vitalizia per Cambridge che normalmente ne deriverebbe non gli è assicurata. Accetta comunque un posto di lettore, finanziato personalmente da Alfred Marshall; da tale posizione comincia a costruire la propria reputazione di economista.[2]
Dal 1912 è direttore dell'Economic Journal, la principale rivista accademica economica dell'epoca. Secondo una serie di aneddoti riportati da Gans e Shepherd (1994), diversi economisti che avrebbero in seguito acquisito una considerevole fama si vedono rifiutare la pubblicazione, apparentemente a causa di una valutazione troppo frettolosa dei loro contributi da parte di Keynes.[2]
È presto assegnato alla Royal Commission on Indian Currency and Finance, una posizione che gli consente di mostrare il suo considerevole talento nell'applicare la teoria economica a problemi di ordine pratico. La sua provata abilità in tal senso, con particolare riferimento alle questioni riguardanti le valute e il credito, gli consente di diventare, alla vigilia della Prima guerra mondiale, consigliere del Cancelliere dello Scacchiere e del Ministero del Tesoro per le questioni economiche e finanziarie. Tra le sue responsabilità rientra la definizione dei rapporti di credito tra la Gran Bretagna e i suoi alleati continentali durante la guerra, nonché l'acquisizione di valute rare. Il "polso e la maestria [di Keynes] divennero leggendari", nelle parole di Robert Lekachman; ad esempio in una circostanza Keynes riesce, con difficoltà, a mettere insieme un quantitativo di pesetas spagnole e a venderle tutte, con un effetto dirompente sul mercato: funziona, e le pesetas diventano meno scarse e costose. Questi successi gli fruttano un incarico che avrà un enorme impatto sullo sviluppo della sua vita e della sua carriera, quello di rappresentante economico del Tesoro alla Conferenza di pace di Versailles del 1919. Egli si dimise dall'incarico diplomatico per protesta contro il trattato, che riteneva troppo punitivo verso la Germania e portatore di future guerre (come accadrà)[2]:
« Questa è la politica di un vecchio, le cui più vivide impressioni e la cui fervida immaginazione sono del passato e non del futuro. Egli vede solo la Francia e la Germania, e non l'umanità e civiltà europea affaticantisi verso un nuovo ordine di cose. La guerra ha morso nella sua coscienza diversamente che non nella nostra, ed egli non si attende né spera che ci si trovi sulla soglia di una nuova epoca. [...] L'orologio non può essere rimesso indietro. Noi non possiamo rimettere l'Europa centrale nelle condizioni in cui era al 1870 senza provocare tale tensione nella sua struttura e senza aprire la via a tali forme umane e spirituali che, premendo oltre le frontiere e le distinzioni di razza, sopraffarebbero irresistibilmente non solo noi e le nostre garanzie, ma le nostre istituzioni e l'ordine attuale della nostra Società. » |
(Keynes su Georges Clemenceau[3]) |
Il primo dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]
È in seguito a tale esperienza che pubblica Le conseguenze economiche della pace (The economic consequences of peace, 1919), nonché Per una revisione del Trattato (A revision of the Treaty, 1922), in cui sostiene che le pesanti riparazioni imposte alla Germania dai paesi vincitori avrebbero portato alla rovina l'economia tedesca a causa degli squilibri che le avrebbero apportato. Questa previsione viene confermata durante la repubblica di Weimar: solo una piccola parte delle riparazioni viene pagata ai vincitori. Nel tentativo di rispettare gli obblighi la Germania sviluppa una potenza industriale di tutto rispetto, destinata a contribuire al successivo riarmo. Inoltre l'iperinflazione del 1923 e la dilagante disoccupazione[4] causano un forte scontento che prepara la strada all'avvento del nazismo. Queste due opere ebbero una grande diffusione (furono tradotte anche in tedesco) e accrebbero notevolmente la fama di Keynes di osservatore attento del dibattito economico.[2]
Nel 1920 pubblica il Treatise on Probability (Trattato sulla probabilità), contributo di notevole spessore per il sostegno filosofico e matematico alla teoria della probabilità. Fondamentale per la stesura di quest'opera è il saggio settecentesco di Charles François Bicquilley Du calcul des probabilités, incentrato sul lancio dei dadi, il gioco delle carte e la speranza matematica. Con il Trattato sulla riforma monetaria (A tract on monetary reform, 1923) attacca le politiche deflazioniste britanniche degli anni venti, sostenendo l'obiettivo della stabilità dei prezzi interni e proponendo tassi di cambioflessibili. Nel Trattato sulla moneta (Treatise on money, 1930), in 2 volumi, sviluppa ulteriormente la sua teoria del ciclo del credito di stampo wickselliano.[2]
Oltre ai saggi, Keynes è molto attivo nella collaborazione di quotidiani anche statunitensi, quali il New York Times, e molti altri tra cui anche - curiosamente - con la rivista Vanity Fair, dove cura uno spazio.[2]
Fino al 1936 si occupa dell'affinamento delle sue teorie per combattere la dilagante disoccupazione nel Regno Unito, discutendo con numerosi accademici e uomini politici (spesso convincendoli della validità delle proprie idee), tra cui il presidente statunitense Roosevelt (con cui ebbe un incontro privato di un'ora), e alla stesura della "Teoria generale". Tra i suoi interlocutori vi è anche Friedrich von Hayek (con cui mantiene una corrispondenza per un ventennio), uno dei maggiori esponenti della scuola austriaca, le cui teorie vengono spesso contrapposte a quelle di Keynes nel dibattito economico del secondo dopoguerra.[2]
La Teoria generale[modifica | modifica wikitesto]
(EN)
« In the long run we are all dead. »
| (IT)
« Nel lungo periodo siamo tutti morti. »
|
(John Maynard Keynes, risposta a coloro che criticavano l'applicabilità dei suoi modelli al lungo periodo.[5]) |
La sua opera principale è la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (The general theory of employment, interest and money, 1936), un volume che ha un notevole impatto sulla scienza economica, e costituisce il primo nucleo della moderna macroeconomia.[2]
In esso Keynes pone le basi per la teoria basata sul concetto di domanda aggregata, spiegando le variazioni del livello complessivo delle attività economiche così come osservate durante la Grande depressione. Il reddito nazionale sarebbe dato dalla somma di consumi e investimenti; in uno stato dunque di coesistenza di diffuse sotto-occupazione e capacità produttiva inutilizzata, sarebbe dunque possibile incrementare l'occupazione e il reddito soltanto passando tramite un aumento della spesa per consumi o con investimenti. L'ammontare complessivo di risparmio sarebbe, inoltre, determinato dal reddito nazionale. È questo infatti proprio il quadro che si prospetta negli anni centrali della Grande Depressione: una "elevata disoccupazione a fronte di una capacità produttiva inutilizzata".[2]
L'interventismo statale nel sistema capitalista[modifica | modifica wikitesto]
La sua posizione è che appunto lo Stato debba intervenire in quegli investimenti necessari affinché gli attori di mercato possano tornare ad essere efficaci per garantire la piena occupazione.[2]
Nella Teoria generale, Keynes afferma che sono giustificabili le politiche destinate a incentivare la domanda in periodi di disoccupazione, ad esempio tramite un incremento della spesa pubblica. Poiché Keynes non ha piena fiducia nella capacità del mercato lasciato a se stesso di esprimere una domanda di piena occupazione, ritiene necessario che in talune circostanze sia lo Stato a stimolare la domanda. Queste argomentazioni trovano alcune conferme nei risultati della politica del New Deal, varata negli stessi anni dal presidente Roosevelt negli Stati Uniti.
La teoria macroeconomica, con alcuni perfezionamenti negli anni successivi, giunge ad una serie di risultati di rilievo nelle politiche economiche attuali.[2]
La teoria macroeconomica, con alcuni perfezionamenti negli anni successivi, giunge ad una serie di risultati di rilievo nelle politiche economiche attuali.[2]
Gli anni quaranta e la Seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1942 Keynes, ormai celebre, ottiene il titolo di baronetto, diventando il primo barone Keynes di Tilton.[2]
Durante la Seconda guerra mondiale, Keynes sostiene con Come pagare la guerra (How to pay for the war), che lo sforzo bellico dovrebbe essere finanziato con un maggiore livello di imposizione fiscale, piuttosto che con un bilancio negativo, per evitare spinte inflazioniste.[2]
Con l'approssimarsi della vittoria alleata, Keynes è nel 1944 alla guida della delegazione inglese a Bretton Woods, negoziando l'accordo finanziario tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, nonché a capo della commissione per l'istituzione della Banca Mondiale.[2]
Non riesce tuttavia a raggiungere i suoi obiettivi. Keynes sa che il sistema di cambi fissi stabilito dagli accordi può essere mantenuto nel tempo, in presenza di economie molto diverse quanto a tassi di crescita, inflazione e saldi finanziari, solo a patto di costringere gli Stati Uniti, destinati ad avere una bilancia commerciale e finanziaria positiva, a finanziare i paesi con saldi finanziari negativi. Ma incontra l'opposizione statunitense verso la predisposizione di fondi, che Keynes avrebbe voluto essere assai ingenti, destinati a tale scopo.[2]
I fondi vengono predisposti ma sono, per volere americano e grazie all'azione del negoziatore statunitense Harry Dexter White, di dimensioni contenute. Risulteranno insufficienti a finanziare i saldi finanziari negativi dei paesi più deboli e a fronteggiare la speculazione sui cambi, che nel corso del tempo, e in particolare dopo che la crisi petrolifera degli anni settanta avrà riempito di dollari le casse dei paesi produttori di petrolio, diventa sempre più aggressiva.[2]
Il sistema di Bretton Woods resisterà fino alla prima metà degli anni settanta, quando le pressioni sulle diverse monete causeranno la fine dei cambi fissi ed il passaggio ad un regime di cambi flessibili, ad opera del presidente degli Stati Uniti d'America Richard Nixon.[2]
Tra le altre opere di Keynes, meritano di essere ricordate le raccolte Essays in biography e Essays in persuasion; nella prima, Keynes presenta ritratti di economisti e notabili; la seconda raccoglie alcune delle argomentazioni di Keynes volte a influenzare l'establishment politico ed economico negli anni della Grande depressione.[2]
Supporto all'eugenetica[modifica | modifica wikitesto]
Keynes, come molti altri studiosi e intellettuali dell'epoca, fu un fervido sostenitore delle teorie eugenetiche (da non confondere con l'eugenetica nazista, che è una derivazione particolare); fu direttore della British Eugenics Societydal 1937 al 1944. Non più tardi del 1946, prima della sua morte, Keynes dichiarò che l'eugenetica sarebbe stata «la più importante, significativa e, vorrei aggiungere, originale branca della sociologia che esista»[6].
Vita privata e ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]
Keynes era piuttosto alto, per gli standard dell'epoca (circa 1,98 m). Egli era bisessuale, e nella prima metà della sua vita ebbe diverse esperienze omosessuali: una delle prime fu con il "padre" della psicoanalisi britannica, John Strachey, traduttore di Sigmund Freud. Ebbe in seguito un'importante relazione con il pittore Duncan Grant del Bloomsbury group, di cui lo stesso Keynes era membro, tra il 1908 e il 1911;[7] Keynes avrebbe continuato ad assistere finanziariamente Grant per il resto della sua vita.
Nel 1918, Keynes fece la conoscenza della nota ballerina russa Lydia Lopokova; a dispetto del passato omosessuale di lui, i due convoleranno a nozze; sarà, secondo i principali testimoni, un matrimonio felice.[2][8]
Keynes fu inoltre un investitore di successo e riuscì a mettere insieme un ingente patrimonio, pari a circa 16,5 milioni di dollari del 2009[9], sebbene all'epoca del crollo di Wall Street avesse rischiato la rovina. Amava inoltre collezionare libri, e nel corso della sua vita collezionò e custodì numerosi lavori di Isaac Newton, tra cui numerosi manoscritti di alchimia che gli fecero coniare per lo scienziato inglese la definizione di "ultimo dei maghi".[10] Keynes fu inoltre un collezionista d'arte (comprò dipinti di Paul Cézanne, Edgar Degas, Amedeo Modigliani, Pablo Picasso e altri) filantropo e membro del Partito Liberale del Regno Unito.[11]
Era grande amico di Arthur Pigou, suo docente universitario e noto economista dell'epoca, nonché suo antagonista in campo economico, in quanto autorevole esponente della scuola "neoclassica". Sebbene i due avessero due visioni diverse, la loro amicizia non fu mai a rischio. Anzi, lo stesso Pigou finanziò Keynes durante la stesura della Teoria generale.[2]
Morì di infarto all'età di 62 anni, probabilmente a causa delle tensioni accumulate lavorando nell'ambito delle istituzioni finanziarie internazionali nel secondo dopoguerra. Dopo il funerale di Stato anglicano (benché fosse agnostico[12]) all'abbazia di Westminster, il suo corpo venne cremato e le ceneri sparse nella campagna di Tilton, la sua tenuta e residenza di campagna nei pressi di Firle.[2]
Gli sopravvissero entrambi i genitori (morti rispettivamente nel 1949 e nel 1958).[13] Suo fratello sir Geoffrey Keynes (1887-1982) fu un noto chirurgo, studioso e, come il fratello, bibliofilo. I suoi nipoti furono Richard Keynes (1919-2010), fisiologo, e Quentin Keynes (1921-2003), avventuriero e anch'egli bibliofilo come il padre e lo zio.[2]
Keynes investitore[modifica | modifica wikitesto]
I brillanti risultati di Keynes come investitore sono testimoniati dai dati, disponibili pubblicamente, su un fondo che amministrò personalmente per conto del King's College a Cambridge.
Tra il 1928 e il 1945, nonostante una caduta rovinosa durante la Crisi del 1929, il fondo amministrato da Keynes genera un rendimento medio del 13,2% annuo, contro il magro risultato del mercato britannico in generale, che negli stessi anni mostra un declino medio dello 0,5% annuo.
L'approccio generalmente adottato da Keynes nei suoi investimenti è stato riassunto brevemente come segue:
- Selezione di un numero ridotto di investimenti, con attenzione alla loro economicità in relazione al valore intrinseco effettivo probabile e potenziale, per un periodo di anni in futuro, e in rapporto a possibili investimenti alternativi;
- Mantenimento delle posizioni assunte nel tempo, anche per anni, finché esse non hanno mantenuto le loro promesse, o finché non è evidente che l'acquisto è stato un errore;
- Una posizione di investimento bilanciata: assumere, ossia, una varietà di rischi, nonostante le singole posizioni possano anche essere rilevanti, e possibilmente rischi contrapposti (ad esempio, detenere una posizione nell'oro e nelle azioni, dal momento che i corsi delle due attività possono tendere a muoversi in direzioni opposte, compensandosi, in caso di fluttuazioni del mercato).
Keynes sostiene che "È un errore pensare di limitare il rischio spalmandolo su diverse attività, delle quali si conosce poco, e nelle quali non si ha motivo di riporre alcuna fiducia... La conoscenza e l'esperienza personali sono limitate, e raramente ci sono più di due o tre imprese, in ogni istante di tempo, cui darei piena fiducia".
Secondo alcuni, il parere di Keynes sulla speculazione sarebbe che egli la ritenesse immorale:
(EN)
« The game of professional investment is intolerably boring and over-exacting to anyone who is entirely exempt from the gambling instinct; whilst he who has it must pay to this propensity the appropriate toll. »
| (IT)
« Il gioco dell'investimento professionale è noioso e defatigante in modo intollerabile per chiunque sia del tutto immune dall'istinto del gioco d'azzardo; e chi lo possiede deve pagare il giusto scotto per questa sua tendenza.[14] »
|
(John Maynard Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta) |
Rivedendo le bozze di un importante contributo sugli investimenti azionari, Keynes ebbe a commentare che "le compagnie industriali ben gestite, di regola, non distribuiscono per intero agli azionisti i propri profitti. Negli anni migliori, se non tutti gli anni, trattengono una parte di tali profitti e la reinvestono nella propria attività. C'è una sorta di interesse composto che opera a favore di un solido investimento industriale".
Autori che hanno influenzato il pensiero keynesiano[modifica | modifica wikitesto]
Dichiaratamente Keynes sviluppa il proprio lavoro sulla base, e come critica costruttiva, dell'opera degli economisti classici. Egli fu in particolare un grande estimatore del lavoro di Thomas Malthus, di cui contribuì a rivalutare l'opera e i contributi.
Gli economisti Alfred Marshall e Arthur Cecil Pigou, coi quali lavora a Cambridge, ebbero inoltre una rilevante influenza sullo sviluppo del suo pensiero, oltre a divenire l'oggetto di critiche molto severe nella sua opera maggiore, la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta.
Keynes e Marx[modifica | modifica wikitesto]
Controverso e particolare è stato il rapporto tra Keynes e Marx. Keynes giudicò sempre Marx e la sua dottrina in modo molto critico. Ne La fine del laissez-faire (1926), nel criticare il liberismo economico, Keynes osserva incidentalmente:
« Ma i principi del laissez-faire hanno avuto altri alleati oltre i manuali di economia. Va riconosciuto che tali principi hanno potuto far breccia nelle menti dei filosofi e delle masse anche grazie alla qualità scadente delle correnti alternative – da un lato il protezionismo, dall'altro il socialismo di Marx. Queste dottrine risultano in fin dei conti caratterizzate, non solo e non tanto dal fatto di contraddire la presunzione generale in favore del laissez-faire, quanto dalla loro semplice debolezza logica. Sono entrambe esempio di un pensiero povero, e dell'incapacità di analizzare un processo portandolo alle sue logiche conseguenze.[...] Il socialismo marxista deve sempre rimanere un mistero per gli storici del pensiero; come una dottrina così illogica e vuota possa aver esercitato un'influenza così potente e durevole sulle menti degli uomini e, attraverso questi, sugli eventi della storia. » |
(Keynes, 1926) |
Del disprezzo (o comunque della poca stima) nutrito da Keynes nei confronti della dottrina marxista vi è traccia anche nella sua corrispondenza. Così, come recentemente notato da Marcuzzo nel 2005, in una lettera inviata a Sraffa, che gli aveva consigliato la lettura del Capitale, Keynes scrive:
« Ho provato sinceramente a leggere i volumi di Marx, ma ti giuro che non sono proprio riuscito a capire cosa tu ci abbia trovato e cosa ti aspetti che ci trovi io! Non ho trovato neanche una sola frase che abbia un qualche interesse per un essere umano dotato di ragione. Per le prossime vacanze dovresti prestarmi una copia del libro sottolineata. » |
(John Maynard Keynes a Piero Sraffa, 5 aprile 1932; SP : 03/11:65 53) |
Nonostante il palese disprezzo di Keynes, molti autori rintracciano in Marx alcune anticipazioni del pensiero keynesiano. Così, ad esempio, la possibilità di crisi da sottoconsumo e la critica radicale della legge di Say.
Autori che sono stati influenzati da Keynes[modifica | modifica wikitesto]
Le teorie di Keynes hanno dato un nuovo impulso alla disciplina economica, creando un vero e proprio filone di studiosi "keynesiani", che nel dibattito successivo sono spesso contrapposti ai "monetaristi" e/o ai "neo-classici". Tra i primi entusiasti delle teorie keynesiane ci sono tra gli altri James Tobin e Paul Samuelson, e successivamente Franco Modigliani e Paul Krugman tra i molti. Tra gli economisti post-keynesiani si segnalano Michał Kalecki, Joan Robinson, Nicholas Kaldor, Bill Mitchell e Warren Mosler (padre della Teoria della Moneta Moderna nella sua formulazione denominata Mosler Economics).
Opere[modifica | modifica wikitesto]
- La Moneta e le Finanze dell'India (Indian Currency and Finance, 1913)
- Le conseguenze economiche della pace (The Economic Consequences of the Peace, 1919)
- Treatise on Probability (1921)
- Saggio sulla Riforma Monetaria (A Tract on Monetary Reform, 1923)
- Le Conseguenze Economiche di Winston Churchill (The Economic Consequences of Mr. Churchill), 1925
- La Fine del laissez-faire (The End of Laissez-Faire, 1926)
- Trattato sulla moneta (A Treatise on Money, 1930)
- Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (The General Theory of Employment, Interest and Money, 1936)
- Come pagare il costo della guerra (How to Pay For the War. A Radical Plan for the Chancellor of the Exchequer, 1940)
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Nicholas Jenkins, John Maynard Keynes 1st Baron Keynes (I7810), Stanford University. URL consultato il 18 maggio 2012.
- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x Andrea Terzi, John Maynard Keynes
- ^ citato in A.Gibelli, La prima guerra mondiale, Torino, Loescher, 1987, pp. 224-226
- ^ Repubblica di Weimar, enciclopedia Treccani
- ^ A Tract on Monetary Reform, capitolo 3, 1923
- ^ Opening remarks: The Galton Lecture, Eugenics Review, vol.38, num.1, anno 1946, pagine 39-40, Keynes, John Maynard
- ^ Robert Skidelsky, Keynes, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 25, ISBN 88-15-06312-9.
- ^ http://www.theguardian.com/books/2008/mar/22/dance.stage Judith Mackrell profiles legendary dancer Lydia Lopokova
- ^ John Maynard Keynes by Skidelsky (2003), pp. 520–21, p. 563 and especially p. 565
- ^ John Maynard Keynes: Newton, the Man
- ^ Skidelsky, Robert (2003). John Maynard Keynes: 1883–1946: Economist, Philosopher, Statesman. Pan MacMillan Ltd. pp. 14, 43–46, 456, 263, 834. ISBN 0-330-48867-8.
- ^ Lubenow, William C (1998). The Cambridge Apostles, 1820–1914. Cambridge University Press. ISBN 0-521-57213-4.
- ^ J. Kenneth Galbraith, Storia dell'economia, Bur Rizzoli, Torino, 2007, p. 253
- ^ John Maynard Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, a cura di Terenzio Cozzi, Torino, UTET, 2006, p. 343, ISBN 88-02-07355-4.
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- J.S. Gans e G.B. Shepherd, How Are the Mighty Fallen: Rejected Classics by Leading Economists, in Journal of Economic Perspectives 8 (1), 165-179, 1994.
- Enrico Mancuso, Politica Keynesiana. Il rilancio dell'economia tra libertà e benessere, Armando editore, Roma 2003.
- John Maynard Keynes, La fine del laissez-faire e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino 1991. ISBN 88-339-0611-6.
- John Maynard Keynes, Guido Rossi, Possibilità economiche per i nostri nipoti – Possibilità economiche per i nostri nipoti?, Adelphi, 2009.
- John Maynard Keynes, Laissez faire e comunismo, DeriveApprodi, 2010.
- (EN) Milo Keynes (a cura di), Essays on John Maynard Keynes, Cambridge, Cambridge University Press, 1979, ISBN 978-0-521-29696-0.
- (EN) R.F. Harrod, The Life of John Maynard Keynes, Londra, Macmillan, 1951.
- Cristina Marcuzzo, Piero Sraffa at the University of Cambridge, in European Journal of History of Economic Thought, 12:3, 425-452, 2005.
- Alain Minc, Diavolo di un Keynes, Utet, Torino 2008.
- (EN) Murray N. Rothbard, Keynes the Man, Auburn, Ludwig von Mises Institute, 2010, ISBN 978-1-933550-72-5. URL consultato il 20 maggio 2012.
- Robert Skidelsky, Keynes, Bologna, il Mulino, 1998, ISBN 978-88-15-06312-0.
- (EN) Robert Skidelsky, Keynes: A Very Short Introduction, Oxford, Oxford University Press, 2010, ISBN 978-0-19-959164-0.
- Robert Skidelsky, John Maynard Keynes: Speranze tradite (1883-1920), 2ª ed., Torino, Bollati Boringhieri, 1998, ISBN 88-339-0507-1.
- Robert Skidelsky, John Maynard Keynes: L'economista come salvatore (1920-1937), Torino, Bollati Boringhieri, 1996, ISBN 88-339-1001-6.
- (EN) Robert Skidelsky, John Maynard Keynes: Fighting for Freedom (1937-1946), New York, Penguin, 2001, ISBN 978-0-670-03022-4.
- (EN) Robert Skidelsky, John Maynard Keynes (1883-1946): Economist, Philosopher, Statesman, New York, Penguin, 2005, ISBN 978-0-14-303615-9.
- Yergin, D. e Stanislaw, J. The Commanding Heights: The Battle for the World Economy, New York: Simon & Schuster, 1998. ISBN 0-684-82975-4.
- Giovanni Bonifati, Fernando Vianello, “Il saggio dell'interesse come fenomeno monetario e il saggio di rendimento del capitale impiegato nella produzione”, in: N. De Vecchi, M.C. Marcuzzo (a cura di), A Cinquant'anni da Keynes. Teorie dell'occupazione, interesse e crescita, Milano, Unicopli, 1998, ISBN 978-88-400-0493-8.
- Fausto Vicarelli, Keynes, L'instabilità del capitalismo, Etas, Milano; nuova ed. Bologna, il Mulino, 1983.
- Nicholas Wapshott, "Keynes o Hayek", Milano, Feltrinelli, 2012
Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]
Britanniche[modifica | modifica wikitesto]
Compagno dell'Ordine del Bagno | |
— 1917 |
Baronetto della Corona Britannica e Barone Keynes di Tilton | |
— Conferito dal re Giorgio VI del Regno Unito nel 1942 |
Straniere[modifica | modifica wikitesto]
Ufficiale dell'Ordine di Leopoldo (Belgio) | |
— 1919 |
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Economia keynesiana
- Nuova macroeconomia keynesiana
- Economia post-keynesiana
- Ciclo economico
- Spiriti animali
- Conferenza di Bretton Woods
- Friedrich von Hayek
- Georg Friedrich Knapp
- Teoria austriaca del ciclo economico
- Liberalismo sociale
- New Deal
- Franklin Delano Roosevelt
- Liberalismo negli Stati Uniti d'America
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
- Wikiquote contiene citazioni di o su John Maynard Keynes
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su John Maynard Keynes
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- Keynes 〈kèinʃ〉, John Maynard, Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 24 agosto 2012.
- Keynes, John Maynard la voce nella Enciclopedia Sapere.it, Garzanti Linguistica. URL visitato il 24/08/2012
- La fine del lassez faire (1926), criticamente.com.
- Autarchia economica (1933), criticamente.com.
- Criticamente, sezione di scritti su Keynes ed altri economisti, criticamente.com.
- John Maynard Keynes: prima parte, sul portale RAI Economia, economia.rai.it.
- John Maynard Keynes: seconda parte, sul portale RAI Economia, economia.rai.it.
Controllo di autorità | VIAF: (EN) 29551966 · LCCN: (EN) n79004113 · ISNI: (EN) 0000 0001 2125 8885 · GND: (DE) 118561804 · BNF: (FR) cb12041754c (data) · NLA: (EN) 35268961 · BAV: ADV10211828 |
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