Geronimo (alias Paolo Cirino Pomicino) per "Libero"
Paolo Cirino Pomicino
Per cultura antica non siamo abituati a discutere su cose che non si conoscono nel dettaglio e men che meno su quelle finanziarie motivo per il quale non correremo dietro le tante anticipazioni di stampa sui contenuti della prossima manovra correttiva. Su di una cosa, però, si può e si deve discutere prima della decisione del consiglio dei ministri e cioè quale profilo debba avere l'ennesima manovra di finanza pubblica che da due anni a questa parte registra interventi correttivi quasi ogni trimestre con i più svariati provvedimenti.
Il profilo che la manovra deve avere, a nostro giudizio, è dato da tre requisiti:
1) l'effettività della correzione;
2) il minor impatto recessivo possibile coniugando i tagli con provvedimenti che aiutino la ripresa della crescita;
TREMONTI
3) la distribuzione la più equa possibile dei sacrifici che il Paese deve sopportare.
Vediamoli uno per uno.
Sinora l'effettività della correzione dell'andamento dei conti pubblici è stata pressoché nulla tant'è che nonostante i cortigiani elogi quotidiani sulla loro tenuta l'Istat ci spiega che la spesa pubblica corrente al netto degli interessi in valore assoluto è aumentato nel 2008 del 4,5% sul 2007 (da 607,965 miliardi a 635,107 miliardi di euro) e nel 2009 sul 2008 del 4,2% (da 635,107 miliardi di euro a 661,796 miliardi).
La riduzione nominale, dunque, è stata del solo 0,3% mentre in rapporto al Pil la spesa pubblica corrente, sempre al netto degli interessi, è passata dal 40,5% del 2008 al 43,5% nel 2009. Quella finanziaria del giugno 2008, insomma, ha partorito un insignificante topolino in termini di correzione della spesa pubblica che ha visto salire, peraltro, il debito al 117% del Pil mentre ha dato una spinta ulteriore alla recessione che in Italia era già cominciata nella primavera del 2008.
Di qui, dunque, la ossessiva sottolineatura che noi facciamo da due anni a questa parte sull'esigenza di riprendere a crescere ritenendola una priorità assoluta anche come strumento per il risanamento dei conti pubblici. Può sembrare una contraddizione quella che chiediamo e cioè di coniugare una politica di bilancio restrittiva con una politica economica espansiva ma non lo è se si abbandona il folle criterio del taglio lineare.
PAOLO CIRINO POMICINO - Copyright Pizzi
La politica, mai come ora, deve saper scegliere. E ci spieghiamo con un solo esempio. Se per tre anni bloccassimo tutti i pensionamenti non incideremmo sulla domanda interna di consumi ma risparmieremmo circa tre miliardi. Se blocchiamo, invece, gli aumenti automatici contenuti nei contratti riduciamo il potere di acquisto delle famiglie che a loro volta consumeranno di meno, le imprese soffriranno e il risparmio sarà di gran lunga minore (circa un miliardo di euro).
Bisogna, dunque, aiutare le imprese che stanno facendo ogni sforzo per aumentare le proprie esportazioni con una domanda interna complessiva (consumi + investimenti pubblici e privati) tale da recuperare quel tasso di crescita significativa che agli occhi del mercato è l'indice di più alto gradimento nel valutare la solvibilità del Paese.
Terzo elemento del profilo della manovra deve essere la distribuzione la più equa possibile dei sacrifici. Anche qui un esempio per spiegarci meglio. Se dobbiamo chiedere a tutti sacrifici ipotizzando anche violazioni degli obblighi contrattuali nei riguardi dei dipendenti pubblici perché non potremmo chiedere a quanti hanno fatto rientrare 100 miliardi di euro frutto di evasione sui quali avrebbero pagato aliquote tra il 27% e il 43% un'addizionale pari ad un altro 5% che porterebbe così l'imposta complessiva sui capitali scudati appena al 10%?
Sarebbero ben 5 miliardi di nuove entrate. Che risposta il governo potrà avere dal paese nel suo complesso se dovesse, invece, in un quadro di emergenza internazionale lasciare da parte chi ha evaso e commesso reati importanti mentre mette ticket e taglia stipendi? Piuttosto che accapigliarci oggi sui contenuti della manovra prima ancora che essi siano definiti, le forze sociali a cominciare dalla Confindustria, e quelle politiche di maggioranza e di opposizione devono spingere a che la manovra stessa abbia quel profilo di equità descritto e quello di saper coniugare tagli e input di crescita.
TREMONTI
Diversamente non risaneremmo i conti pubblici, non riprenderemmo a crescere avvitando sempre più l'Italia in un circuito perverso e sarebbe sempre più difficile controllare episodi di ribellismo che avrebbero a questo punto anche basi ragionevoli per esplodere.
LA STRONCATURA DEL FINANCIAL TIMES: «IL MERIDIONE È LA GRECIA D'ITALIA»...
Da "Libero"
Deficit di bilancio e spese "pazze": le Regioni del Sud rischiano di diventare per l'Italia quello che è la Grecia per l'Europa. A stabilire il paragone è il Financial Times che, in un lungo articolo, si sofferma, in particolare, sulla situazione critica di Lazio, Campania e Calabria. «Come Bruxelles sta lavorando per imporre disciplina fiscale alla lontana Atene, così il governo centrale italiano sta lottando per controllare i conti della sue Regioni capricciose coperte di debiti», si legge nel pezzo firmato da Guy Dinmore.
L'articolo si sofferma sui buchi di bilancio delle tre Regioni e sui provvedimenti in esame, dalla manovra finanziaria attesa in settimana, al federalismo fiscale che darà più poteri di gestione alle realtà locali. «Si prevedono tagli ai generosi stipendi di ministri e parlamentari - si prosegue - tutti i funzionari pubblici potrebbero dover affrontare un congelamento dei loro stipendi, e alcune amministrazioni regionali saranno costrette ad alzare le tasse locali sui redditi personali e sulle imprese per sanare i loro deficit».
«Per Silvio Berlusconi, il premier di centro-destra che nella campagna elettorale del 2008 aveva promesso tagli alle tasse e non aumenti - si commenta -, questo è un tema particolarmente delicato». Dinmore fa infine notare che Lazio, Campania e Calabria sono governate dal centro-destra (soffiate alla sinistra nelle ultime elezioni).
by dagospia
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