sabato 5 giugno 2010

AYALA CI ILLUMINA SULLE STRAGI DEL ’92-’93 - IL PM al primo maxiprocesso RICORDA “FALCONE SAPEVA CHE NON ERA SOLO LA MAFIA A VOLERLO MORTO. COINVOLTI settori dei servizi segreti” - Ricordo che Paolo disse: “finché c’è il maxiprocesso in piedi la mafia non ci tocca”. Il maxi fu pendente fino al 30 gennaio ’92. A marzo poi venne ucciso Lima, a maggio Falcone e a luglio Borsellino...”

Ninni Andriolo per "l'Unità"
Strage di Capaci - Palermo

La verità sulle stragi? Si potrà conoscere se la politica ne favorirà unitariamente la ricerca". Giuseppe Ayala fece parte, assieme a Falcone e Borsellino, del pool antimafia di Palermo. Pubblico ministero al primo maxiprocesso, venne eletto deputato nel '92. Dal 2006 è rientrato in magistratura. Attualmente è consigliere presso la Corte di Appello all'Aquila.

Giancarlo De Cataldo, un suo collega, la pensa più o meno come lei e ripropone la Commissione d'inchiesta sulle stragi...

"Ho molto apprezzato un passaggio della sua intervista a "Repubblica". Ha ricordato che lui, come altri, riteneva che Falcone e Borsellino fossero dei "protagonisti" e non quei grandi magistrati che sono stati. Il fatto che lo abbia affermato pubblicamente, a differenza di molti, è segno di grande onestà intellettuale. Non so se la strada più efficace possa essere quella della commissione parlamentare, ma la politica deve dare un grande contributo alla ricerca della verità".
borsellino

Il procuratore Grasso parla di "interessi trasversali" che armarono la mafia....

"Che nelle stragi del '92 e '93 fossero coinvolti, accanto a Cosa nostra, settori dei servizi segreti, è cosa che in molti abbiamo pensato e detto. Oggi - limitatamente al fallito attentato dell'Addaura e alla strage Borsellino, che io sappia almeno - si è aperto questo capitolo anche dal punto di vista giudiziario. Ma, al momento, assegno a queste indagini una bassa percentuale di riuscita. E questo con tutto il rispetto che si deve ai colleghi di assoluta qualità che se ne stanno occupando. A cominciare dal procuratore di Caltanissetta, il mio amico Sergio Lari. Mi auguro di essere smentito, naturalmente"
Giovanni Falcone

Perché questo pessimismo?

"Perché sbattiamo contro un muro di gomma. Posso fare un esempio paradossale che rende l'idea?"

Prego...
AYALA

"Ma quanti agenti con la "faccia di mostro" ci sono nei servizi segreti italiani? E come mai i servizi non hanno ancora collaborato con l'autorità giudiziaria dando identità alla "faccia di mostro" che lavora ancora lì dentro? Sarei indotto a pensare che se non hai quelle caratteristiche non puoi fare lo 007..."

Dopo l'Addaura Falcone parlò di "menti raffinatissime"...

"Usando quella espressione non si riferiva alla mafia. A scanso di equivoci collegò quelle "menti raffinatissime", testualmente, a "centri occulti di potere capaci di orientare le scelte di Cosa nostra". Nella stessa intervista, poi, nel descrivere "lo scenario" dentro il quale tentarono di ucciderlo, fece un parallelo con l'omicidio del generale Dalla Chiesa. Io non sono depositario di verità infallibili, ma essendo Falcone un magistrato cautissimo, che si intendeva di queste cose come nessun altro, qualcuno mi deve spiegare perché mai quello "scenario" doveva cambiare nel '92 e nel '93. Stragi, tra l'altro, ancora più significative da questo punto di vista".

In che senso, consigliere?
Giuseppe Ayala

"Perché Cosa nostra nel '93, per la prima volta, esportò gli attentati fuori dalla Sicilia. E perché quelle stragi, a differenza della tradizione mafiosa, dovevano palesemente comportare vittime innocenti. Si scelsero metodi di tipo terroristico. E'come se qualcuno avesse voluto mettere la firma..."

Il messaggio a chi era rivolto?

"Il messaggio era: "abbiamo la mafia, ma ti facciamo capire che ci siamo anche noi". In questo Paese accade sempre, quando la politica vive un momento di grande debolezza e nel '92-'93 era così, che emergano per un verso gli interessi e per l'altro le logiche degli apparati. Non possiamo fare di ogni erba un fascio, però. Nei servizi la stragrande maggioranza è composta da gente fedele alle istituzioni"
Generale Dalla Chiesa

Si parla di stragi congegnate ad hoc per favorire nuovi referenti politici...

"Non ho elementi per suffragare questa tesi. Ne prendo atto con molto rispetto perché viene, tra l'altro, da Piero Grasso di cui conosco senso di responsabilità ed equilibrio. Detto questo aggiungo una notazione polemica che non vale per i magistrati. Spesso sento parlare di mafia e di stragi da gente che non ne capisce nulla. Io, purtroppo, una certa memoria storica la conservo...".

Si può far risalire all'omicidio Dalla Chiesa la trattativa tra mafia e Stato?

"C'è troppa gente che parla di trattativa. Aspetto dati concreti e non ne vedo ancora. Non che la cosa mi scandalizzerebbe. Basti pensare ad altre epoche. All'uccisione di Giuliano, per esempio".

Dopo l'Addaura nel pool antimafia avevate la sensazione di un salto di qualità senza ritorno?

"Non riferisco, naturalmente, quello che ci dicemmo in privato con Giovanni. Posso dire quello che dissi io ai colleghi. Nel 1984 ci trovavamo con Falcone e Borsellino a Rio de Janeiro. Una sera - lo chiamammo scherzando il "ragionamento di Copacabana" per via dell'albergo - il discorso cadde sulla nostra sicurezza personale. Ricordo che Paolo, in sintesi, disse: "finché c'è il maxiprocesso in piedi la mafia non ci tocca". Condividemmo questa analisi. Il maxi, come è noto, fu pendente fino al 30 gennaio '92. A marzo poi venne ucciso Lima, a maggio Falcone e a luglio Borsellino..."

Prima però venne l'Addaura..

"Sì e quel fallito attentato mi portò a fare con loro questa osservazione: "l' Addaura allora e' in contraddizione con la "polizza d'assicurazione" del maxiprocesso - così la chiamava Paolo che era sempre pronto alla battuta - ...anche questo ci deve far pensare che non si tratta solo di mafia". Falcone poi parlò di menti raffinatissime".

Dopo le stragi del '93 anche lei ha temuto un colpo di Stato?

"Ebbi nettissima questa sensazione. Nel '92 ero stato eletto alla Camera e avevo un osservatorio diverso da quello della procura di Palermo. Eravamo in molti ad essere allarmati. Pensai a una strategia terroristica che aveva una finalità politica".
by dagospia

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