Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
OLIVETTI
Che storia incredibile e che rammarico! Il personal computer l'abbiamo inventato noi, cioè l'Olivetti, ma a trarne vantaggi e a rivoluzionare il mondo della comunicazione sono stati gli americani della Silicon Valley: «Quando Olivetti inventò il pc», documentario di Alessandro Bernard e Paolo Ceretto (History Channel, canale 407 di Sky, domenica, ore 23).
OLIVETTI PROGRAMMA
Era il 4 ottobre del 1965 quando New York Times, Wall Street Journal, Business Week e New York Herald Tribune titolano a piena pagina: «The first desk top computer of the world». Un team di giovani ricercatori dell'Olivetti di Ivrea, diretti dall'ingegnere Piergiorgio Perotto, aveva presentato alla fiera di New York il primo Personal computer: la Programma 101 (un curioso femminile!), un calcolatore grande come una macchina da scrivere, pensato per il singolo utente senza l'intervento di un tecnico programmatore, in un'epoca in cui i calcolatori erano enormi, complicati e inaccessibili.
LOGO OLIVETTI
ADRIANO OLIVETTI A IVREA
La Hewlett Packard ne comprò un centinaio di esemplari e poco tempo dopo lanciò un modello di computer identico alla 101. Accusata di aver violato il brevetto Olivetti, la HP sarà condannata a risarcire 900 mila dollari all'azienda di Ivrea. Ma facciamo un passo indietro: nel 1964, a causa di una dura crisi finanziaria, l'Olivetti aveva ceduto la divisione elettronica a General Electric, come condizione perché Fiat e a Mediobanca intervenissero a salvare l'azienda.
ALDO GRASSO
Adriano era morto da quattro anni, vantandosi di non aver mai fatto ricorso a una banca. Il figlio Roberto dovette invece fare il gran passo. La squadra di Perotto aveva però nascosto il progetto sotto il cappello della divisione calcolatrici rimasta a Ivrea e riuscì così a portare a termine il suo lavoro. Attraverso le interviste ad alcuni protagonisti, prende corpo una storia tanto sconosciuta quanto emozionante.
giovedì 30 giugno 2011
AVEVAMO INVENTATO IL COMPUTER! - FU L’OLIVETTI CHE, PER PRIMA NEL 1965, RIVOLUZIONÒ LA TECNOLOGIA CON IL PRIMO PC - GLI AMERICANI FIUTARONO SUBITO IL BUSINESS: “LA HEWLETT PACKARD NE COMPRÒ UN CENTINAIO DI ESEMPLARI E POCO TEMPO DOPO LANCIÒ UN MODELLO DI COMPUTER IDENTICO. ACCUSATA DI AVER VIOLATO IL BREVETTO OLIVETTI, LA HP SARÀ CONDANNATA A RISARCIRE 900 MILA DOLLARI ALL’AZIENDA DI IVREA”…
mercoledì 29 giugno 2011
SENZA SOLDI NON SI CANTA MESSA (ANCHE IN AMERICA) - VI RICORDATE LE POMPE MEDIATICHE SUI "PICCOLI DONATORI" CHE VIA INTERNET AVEVANO FINANZIATO LA CAMPAGNA ELETTORALE DA 745 MILIONI DI DOLLARI DI OBAMA? UNA MEGA-FREGNACCIA PER UNA MEGA-CIFRA - LA REALTÀ È QUELLA CHE STA VENENDO A GALLA IN QUESTI GIORNI: OBAMA SÌ È DOVUTO ATTOVAGLIARE IN 28 SERATE DI GALA CON LE LOBBY MILIARDARIE USA (IN CAMBIO DI CHE?)…
essandra Farkas per il "Corriere della Sera"
BARACK OBAMA
Il Washington Post l'ha ironicamente ribattezzata «l'offensiva dello charme nella West Wing» . È la nuova strategia messa in atto dietro le quinte da Barack Obama e dal suo entourage per riconquistare l'appoggio, ma soprattutto le donazioni, dei tre gruppi di sponsor oggi più delusi dalle sue politiche: Wall Street, gay ed ebrei. «Le loro elargizioni sono cruciali per Obama in questa prima fase della raccolta fondi- spiega il Post -, di fronte ai suoi tassi di popolarità sempre più bassi».
È una corsa a dir poco frenetica per convincere i «big donor» che è ancora dalla loro parte, dove il sacrificio personale più grande spetta allo stesso presidente. Reduce da ben 28 serate di gala coast to coast in poche settimane, Obama nei prossimi mesi è rassegnato a indossare Lo smoking quasi tutte le sere, conscio che il suo è un percorso ad ostacoli.
BARACK OBAMA IS NOT SUPERMAN
La sfida, per i suoi cosiddetti rainmaker, abilissimi a procacciarsi clienti, è corteggiare le lobby continuando a mantenere intorno ad Obama l'aureola del movimento grass-root che quattro anni fa gli consentì di superare ogni precedente record di fundraising, con ben 745 milioni di dollari raccolti via internet da piccoli donatori. «Corteggiare le lobby è un do ut des -, mette in guardia il politologo Larry Sabato -, Obama deve prepararsi a dare qualcosa in cambio a questi finanziatori».
BARACK OBAMA
Dopo essere arrivato alla Casa Bianca come il presidente della trasparenza e nemico delle lobby, Obama avrebbe addirittura riesumato la controversa tradizione clintoniana dei «weekend nella stanza di Lincoln» offerti agli «amici» . Ma i metodi per ingraziarsi i vip sono anche altri: dalle degustazioni private con lo chef della Casa Bianca Sam Kassall e serate tête-à-tête con i suoi ministri e persino a incontri con la first family.
«Il modo migliore per motivare i donatori è farli sentire dei veri insider» , teorizza Noah Shaw, 34enne avvocato di Boston nominato da Obama a capo dell'iniziativa forse più innovativa della sua corsa presidenziale 2012: la «Gen44» - vale a dire la generazione Obama, il 44esimo presidente - tesa a creare una nuova generazione di big donor tra i giovani professionisti under 40.
OBAMA CON I SUOI OSPITI DURANTE UNA CENA DI STATO
Quelli tra loro disposti a versare 100 mila dollari nelle casse di Obama acquisiscono il titolo di copresidenti di Gen44, ricevendo automaticamente accesso a big quali Lawrence Summers, Valerie Jarrett. Per «comprare» le stesse identiche entrature, gli over 40 devono raccogliere invece almeno 350 mila dollari a testa. Andando avanti di questo passo, secondo i media Obama finirà per raccogliere un miliardo di dollari. Un obiettivo che in un momento di grande austerità e crisi economica la campagna di Obama si guarda bene dal confermare.
by dagospia
BARACK OBAMA
Il Washington Post l'ha ironicamente ribattezzata «l'offensiva dello charme nella West Wing» . È la nuova strategia messa in atto dietro le quinte da Barack Obama e dal suo entourage per riconquistare l'appoggio, ma soprattutto le donazioni, dei tre gruppi di sponsor oggi più delusi dalle sue politiche: Wall Street, gay ed ebrei. «Le loro elargizioni sono cruciali per Obama in questa prima fase della raccolta fondi- spiega il Post -, di fronte ai suoi tassi di popolarità sempre più bassi».
È una corsa a dir poco frenetica per convincere i «big donor» che è ancora dalla loro parte, dove il sacrificio personale più grande spetta allo stesso presidente. Reduce da ben 28 serate di gala coast to coast in poche settimane, Obama nei prossimi mesi è rassegnato a indossare Lo smoking quasi tutte le sere, conscio che il suo è un percorso ad ostacoli.
BARACK OBAMA IS NOT SUPERMAN
La sfida, per i suoi cosiddetti rainmaker, abilissimi a procacciarsi clienti, è corteggiare le lobby continuando a mantenere intorno ad Obama l'aureola del movimento grass-root che quattro anni fa gli consentì di superare ogni precedente record di fundraising, con ben 745 milioni di dollari raccolti via internet da piccoli donatori. «Corteggiare le lobby è un do ut des -, mette in guardia il politologo Larry Sabato -, Obama deve prepararsi a dare qualcosa in cambio a questi finanziatori».
BARACK OBAMA
Dopo essere arrivato alla Casa Bianca come il presidente della trasparenza e nemico delle lobby, Obama avrebbe addirittura riesumato la controversa tradizione clintoniana dei «weekend nella stanza di Lincoln» offerti agli «amici» . Ma i metodi per ingraziarsi i vip sono anche altri: dalle degustazioni private con lo chef della Casa Bianca Sam Kassall e serate tête-à-tête con i suoi ministri e persino a incontri con la first family.
«Il modo migliore per motivare i donatori è farli sentire dei veri insider» , teorizza Noah Shaw, 34enne avvocato di Boston nominato da Obama a capo dell'iniziativa forse più innovativa della sua corsa presidenziale 2012: la «Gen44» - vale a dire la generazione Obama, il 44esimo presidente - tesa a creare una nuova generazione di big donor tra i giovani professionisti under 40.
OBAMA CON I SUOI OSPITI DURANTE UNA CENA DI STATO
Quelli tra loro disposti a versare 100 mila dollari nelle casse di Obama acquisiscono il titolo di copresidenti di Gen44, ricevendo automaticamente accesso a big quali Lawrence Summers, Valerie Jarrett. Per «comprare» le stesse identiche entrature, gli over 40 devono raccogliere invece almeno 350 mila dollari a testa. Andando avanti di questo passo, secondo i media Obama finirà per raccogliere un miliardo di dollari. Un obiettivo che in un momento di grande austerità e crisi economica la campagna di Obama si guarda bene dal confermare.
by dagospia
domenica 26 giugno 2011
LA STRAGE DI 31 ANNI FA Ustica e quei quattro aerei nascosti Gli indizi portano ai francesi, 31 anni dopo
di Andrea Purgatori
I relitti del Dc9 Itavia esploso la sera del 27 giugno 1980 La vera «bomba» della strage di Ustica sono le tracce radar di quattro aerei militari ancora formalmente «sconosciuti» - due/tre caccia e un Awacs - su cui la Nato, dopo una rogatoria avanzata un anno fa dalla Procura della Repubblica di Roma (con il sostegno operativo ma silenzioso dell'ufficio del consigliere giuridico del capo dello Stato), sta decidendo in questi giorni se apporre le bandierine d'identificazione. Tutti gli indizi portano allo stormo dell'Armée de l'air che nel 1980 operava dalla base corsa di Solenzara. Lo stesso contro cui puntò il dito pubblicamente (poi anche a verbale) Francesco Cossiga. Forse dopo aver saputo che i caccia francesi avevano lasciato le loro impronte su un tabulato del centro radar di Poggio Ballone (Grosseto), miracolosamente non risucchiato dal buco nero che dalla sera dell'esplosione del DC9 Itavia aveva ingoiato nastri, registri e persino la memoria di tanti testimoni.
La questione non è più militare ma sostanzialmente politica. E non solo perché la risposta ai magistrati italiani deve prima ottenere il benestare dei 28 paesi membri dell'Alleanza, nessuno escluso. Il fatto è che, come in un surreale gioco dell'oca, dopo trentun anni gli attori tirati in ballo nella strage (Italia, Francia, Stati Uniti) si ritrovano insieme alla casella di partenza. Alleati in una guerra (stavolta dichiarata) a Gheddafi, vittima designata oggi come allora, e al solito con posizioni tutt'altro che sovrapponibili. In più l'identificazione certa dei caccia francesi non sarebbe cosa facile da digerire nei rapporti bilaterali, visto che Parigi ha sempre negato che il 27 giugno 1980 i suoi aerei fossero in volo nel cielo di Ustica e, persino contro l'evidenza delle prove raccolte dalla magistratura italiana, ha sostenuto che nella base di Solenzara le luci furono spente alle cinque e mezza del pomeriggio. Il 2 ottobre del 1997, il segretario generale della Nato Javier Solana graziò Parigi consegnando al nostro governo la relazione di sei pagine di un team di specialisti dell'Alleanza atlantica che aveva incrociato tutte le tracce radar sopravvissute al buco nero, identificando in una tabella dodici caccia in volo quella sera (americani e britannici) ma evitando di apporre la bandierina su una portaerei e quattro aerei la cui presenza nella zona e all'ora della strage non veniva comunque messa in discussione. Un lavoro ripetuto più e più volte con i sistemi informatici in dotazione alla Difesa aerea dell'Alleanza e definito dagli stessi specialisti Nato senza alcuna possibilità di errore. Però reticente su un unico punto, cruciale: l'identificazione dei caccia francesi.
Ma il radar di Poggio Ballone (Grosseto), all'epoca uno tra i più efficienti, aveva visto che tre di quegli aerei provenivano da Solenzara e a Solenzara erano rientrati dopo l'esplosione del DC9 Itavia. E il quarto - un aereo radar Awacs - era rimasto in volo sopra l'isola d'Elba registrando tutto ciò che era accaduto nel raggio di centinaia di chilometri, quindi anche a Ustica. Sarà un caso che il registro della sala radar con cui si sarebbero potuti incrociare i dati del tabulato non fu trovato durante il sequestro ordinato dal giudice istruttore Rosario Priore e che l'Aeronautica lo consegnò cinque giorni dopo senza il foglio di servizio del 27 giugno 1980? Sarà un caso che Mario Dettori, uno dei controllori, dichiarò a moglie e cognata che si era arrivati «a un passo dalla guerra» e poi fu trovato impiccato a un albero? Sarà un caso che il capitano Maurizio Gari, responsabile del turno in sala radar e perfettamente in salute, sia morto stroncato da un infarto a soli 32 anni? Sarà un caso che i capitani Nutarelli e Naldini, morti anche loro nella disastrosa esibizione delle Frecce tricolori nel 1988 a Ramstein, con il loro TF 104 abbiano incrociato quella sera tra Siena e Firenze il DC9 sotto cui si nascondeva un aereo militare sconosciuto e siano rientrati alla base di Grosseto segnalando per tre volte e in due modi diversi l'allarme massimo come da manuale (codice 73)?
C'è grande fibrillazione intorno a questa perizia della Nato su cui molti hanno cercato inutilmente di mettere le mani, in alcuni casi negandone addirittura l'esistenza. Ma il documento, un macigno sulle parole di chi ha sostenuto che il DC9 sia esploso per una bomba in un cielo deserto, ora è tornato a galla e ha consentito ai magistrati della Procura di Roma di preparare la partita finale di quest'indagine. Cinque rogatorie che potrebbero finalmente rendere giustizia alle 81 vittime di quella strage e di un segreto ancora inconfessabile.
www.corriere.it
I relitti del Dc9 Itavia esploso la sera del 27 giugno 1980 La vera «bomba» della strage di Ustica sono le tracce radar di quattro aerei militari ancora formalmente «sconosciuti» - due/tre caccia e un Awacs - su cui la Nato, dopo una rogatoria avanzata un anno fa dalla Procura della Repubblica di Roma (con il sostegno operativo ma silenzioso dell'ufficio del consigliere giuridico del capo dello Stato), sta decidendo in questi giorni se apporre le bandierine d'identificazione. Tutti gli indizi portano allo stormo dell'Armée de l'air che nel 1980 operava dalla base corsa di Solenzara. Lo stesso contro cui puntò il dito pubblicamente (poi anche a verbale) Francesco Cossiga. Forse dopo aver saputo che i caccia francesi avevano lasciato le loro impronte su un tabulato del centro radar di Poggio Ballone (Grosseto), miracolosamente non risucchiato dal buco nero che dalla sera dell'esplosione del DC9 Itavia aveva ingoiato nastri, registri e persino la memoria di tanti testimoni.
La questione non è più militare ma sostanzialmente politica. E non solo perché la risposta ai magistrati italiani deve prima ottenere il benestare dei 28 paesi membri dell'Alleanza, nessuno escluso. Il fatto è che, come in un surreale gioco dell'oca, dopo trentun anni gli attori tirati in ballo nella strage (Italia, Francia, Stati Uniti) si ritrovano insieme alla casella di partenza. Alleati in una guerra (stavolta dichiarata) a Gheddafi, vittima designata oggi come allora, e al solito con posizioni tutt'altro che sovrapponibili. In più l'identificazione certa dei caccia francesi non sarebbe cosa facile da digerire nei rapporti bilaterali, visto che Parigi ha sempre negato che il 27 giugno 1980 i suoi aerei fossero in volo nel cielo di Ustica e, persino contro l'evidenza delle prove raccolte dalla magistratura italiana, ha sostenuto che nella base di Solenzara le luci furono spente alle cinque e mezza del pomeriggio. Il 2 ottobre del 1997, il segretario generale della Nato Javier Solana graziò Parigi consegnando al nostro governo la relazione di sei pagine di un team di specialisti dell'Alleanza atlantica che aveva incrociato tutte le tracce radar sopravvissute al buco nero, identificando in una tabella dodici caccia in volo quella sera (americani e britannici) ma evitando di apporre la bandierina su una portaerei e quattro aerei la cui presenza nella zona e all'ora della strage non veniva comunque messa in discussione. Un lavoro ripetuto più e più volte con i sistemi informatici in dotazione alla Difesa aerea dell'Alleanza e definito dagli stessi specialisti Nato senza alcuna possibilità di errore. Però reticente su un unico punto, cruciale: l'identificazione dei caccia francesi.
Ma il radar di Poggio Ballone (Grosseto), all'epoca uno tra i più efficienti, aveva visto che tre di quegli aerei provenivano da Solenzara e a Solenzara erano rientrati dopo l'esplosione del DC9 Itavia. E il quarto - un aereo radar Awacs - era rimasto in volo sopra l'isola d'Elba registrando tutto ciò che era accaduto nel raggio di centinaia di chilometri, quindi anche a Ustica. Sarà un caso che il registro della sala radar con cui si sarebbero potuti incrociare i dati del tabulato non fu trovato durante il sequestro ordinato dal giudice istruttore Rosario Priore e che l'Aeronautica lo consegnò cinque giorni dopo senza il foglio di servizio del 27 giugno 1980? Sarà un caso che Mario Dettori, uno dei controllori, dichiarò a moglie e cognata che si era arrivati «a un passo dalla guerra» e poi fu trovato impiccato a un albero? Sarà un caso che il capitano Maurizio Gari, responsabile del turno in sala radar e perfettamente in salute, sia morto stroncato da un infarto a soli 32 anni? Sarà un caso che i capitani Nutarelli e Naldini, morti anche loro nella disastrosa esibizione delle Frecce tricolori nel 1988 a Ramstein, con il loro TF 104 abbiano incrociato quella sera tra Siena e Firenze il DC9 sotto cui si nascondeva un aereo militare sconosciuto e siano rientrati alla base di Grosseto segnalando per tre volte e in due modi diversi l'allarme massimo come da manuale (codice 73)?
C'è grande fibrillazione intorno a questa perizia della Nato su cui molti hanno cercato inutilmente di mettere le mani, in alcuni casi negandone addirittura l'esistenza. Ma il documento, un macigno sulle parole di chi ha sostenuto che il DC9 sia esploso per una bomba in un cielo deserto, ora è tornato a galla e ha consentito ai magistrati della Procura di Roma di preparare la partita finale di quest'indagine. Cinque rogatorie che potrebbero finalmente rendere giustizia alle 81 vittime di quella strage e di un segreto ancora inconfessabile.
www.corriere.it
venerdì 24 giugno 2011
MORO TOP SECRET (O QUASI) - “L’HANNO PORTATO A MILANO”, DICEVANO I SERVIZI ALL’INDOMANI DEL RAPIMENTO - FRANCA RAME PEDINATA, TONI NEGRI SUPER SOSPETTATO, ERRORI, INDAGINI APPROSSIMATIVE, PISTA GIAPPONESE, TEDESCA, UNGHERESE… - LE CARTE DEGLI 007 SUL SEQUESTRO DEL LEADER DC DIVENTANO PUBBLICHE MA SVELANO SOPRATTUTTO UNA COSA: “I PRIMI FOMENTATORI DELLA DIETROLOGIA SONO STATI PROPRIO I SERVIZI, CON L´EFFICACISSIMA INTENZIONE DI ALZARE UNA CORTINA FUMOGENA SULLA LORO EFFETTIVA ATTIVITÀ”…
Alberto Custodero per "la Repubblica"
«Aldo Moro? L'hanno portato a Milano». Questo ipotizzavano i nostri servizi segreti all'indomani del sequestro dello statista dc. In quei giorni bui l'intelligence seguiva Franca Rame, sospettata di contiguità con le Brigate Rosse, pedinava l'avvocato Tina Lagostena Bassi mentre si recava in Cecoslovacchia, soprattutto era convinta che c'entrasse qualcosa Toni Negri.
I sospetti sul leader dell'Autonomia erano tali, che furono acquisitii nomi dei suoi laureati, dal 1974 al 1978, alla facoltà di scienze politiche a Padova. Sono solo alcuni dei frammenti contenuti nelle migliaia di carte sul "rapimento ed assassinio" dello statista democristiano che la Presidenza del Consiglio ha consegnato all'Archivio Centrale dello Stato.
RAPIMENTO ALDO MORO MANIFESTO
Dalla consultazione dei 56 fascicoli emerge uno spaccato sul disorientamento che colse gli 007 al momento della strage di via Fani - 16 marzo 1978 - e via via per tutta la durata del rapimento, culminato nell'uccisione di Moro, il 9 maggio successivo.
Moro? È a Milano I servizi ritengono che Moro sia sequestrato «nella zona di Milano», come rileva una nota del 17 marzo. Inseguono una pista giapponese: all'operazione «avrebbero partecipato due terroristi giapponesi Kasa Adachi e Harno Wako dell'Armata Rossa Giapponese.
ALDO MORO
Quindi s'instradano lungo «la pista tedesca», seguendo le tracce del terrorista Wilhelm Piroch, «che dal marzo 1978 si trova in Italia insieme a Gabriella Hartwig, come segnala nostro elemento che sta a Monaco». Ai primi di aprile ritengono che possa fornire spunti Silvano Maistrello, detto Kocis, un latitante al quale si propone di collaborare contattando la moglie, Luigina Chiozzotto. Maistrello tergiversa, poi accetta, la moglie lo comunica agli agenti, ma Maistrello viene ucciso durante una rapina ad una banca nel Veneziano. Due mesi dopo l'assassinio spunterà pure il filone ungherese. «All'interrogatorio di Moro avrebbe assistito un medico ungherese che lavora a Firenze», sostengono il 17 luglio 1978.
COPERTINA LEFT ALDO MORO
Il ruolo dei Palestinesi Durante i 55 giorni del rapimento attivano l'Olp: «Un esponente a Roma ha assunto la responsabilità della ricerca informativa a favore del caso Moro». I palestinesi non vengono coinvolti a caso. Il 18 febbraio 1978 il Sismi aveva archiviato questo dispaccio: «Fonte ambiente Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) ha segnalato possibilità prossimo futuro operazione terroristica notevole portata in Europa da parte di elementi europei: potrebbe coinvolgere il nostro Paese».
ALDO MORO
Ma è un tentativo infruttuoso: il 18 aprile l'Olp alza bandiera bianca. «Arafat respinge qualsiasi collusione con le Br o di recenti contatti e prega d'informare le autorità italiane».
Intanto escono le lettere di Moro. La loro pubblicazione viene bollata come «destabilizzante per il quadro politico». I servizi temono che «l'attenzione dell'opinione pubblica» si focalizzi «sull'azione condotta dal Partito socialista», favorevole alla trattativa con le Brigate Rosse.
ALDO MORO PRIGIONIERO VISTO DA TULLIO PERICOLI
Sospettano che Sereno Freato, il segretario particolare di Moro a cui la moglie dello statista aveva delegato la gestione della vicenda, fosse il postino delle missive «fatte arrivare alla stampa». Scrivono: «In taluni ambienti c'è la preoccupazione che, documenti riservati raccolti da Moro e in possesso di Freato, siano stati passati, nel corso delle trattative svolte durante la detenzione di Moro, ad alcuni elementi delle Brigate Rosse».
Curcio non c'entra Gli 007 si rompono il capo nel decifrare l'identità dei sequestratori. Sulla base della lettura dei comunicati il 27 aprile giungono alla conclusione che Renato Curcio non può essere la mente del sequestro. Stilano questo identikit: «Una persona di 35-40 anni, formazione culturale non umanistica e non cattolica, anzi radicatamente marxista, con esperienze personali o ricordi trasmessi di modelli e valori "resistenziali"».
Le misure di Cossiga Gli agenti dell'intelligence redigono il verbale della prima riunione dell'unità di crisi istituita il giorno del sequestro e presieduta dal ministro dell'Interno Cossiga. Scrivono: Cossiga «si è soffermato sulla possibilità di «reintrodurre nell'ordinamento italiano una sorta di fermo di polizia». «Valutata l'opportunità di intercettazioni foniche e telefoniche anche "di fatto" per gli ambienti carcerari». «Il direttore del Sisde propone l'interrogatorio senza difensore degli indiziati di gravi reati». Il comandante generale dei carabinieri «propone di effettuare rastrellamenti metodici con il concorso dell'Esercito.
MORO RAPIMENTO1978
«Sotto il profilo politico è stata rimarcata da parte degli intervenuti la disponibilità del Pci a sostenere congrue misure di sicurezza». Cossiga prende anche in considerazione «la possibilità di esercitare un controllo sulla divulgazione, soprattutto a mezzo radio televisivo, di notizie idonee a turbare l'opinione pubblica».
I sospetti su Toni Negri Moro è morto da nove giorni quando Francesco Mazzola, sottosegretario alla Difesa con delega ai servizi - il 18 maggio 1978 - invita il generale Santovito ad approfondire la posizione di Toni Negri, chiedendogli di acquisire gli elenchi degli studenti che hanno frequentato le lezioni del professore: il suo sospetto è che alcuni di questi siano passati in clandestinità, specie «se mancano le loro foto in segreteria». Chiede di acquisire i libri di Negri, perché lo stile potrebbero essere simile a quello dei comunicati Br e di accertare i proprietari delle aree circostanti il lago della Duchessa e quelli dell'isola di Giannutri.
FRANCA RAME E DARIO FO
Santovito gli risponde il 9 agosto 1978. Ha acquisito l'elenco dei laureati con Negri alla facoltà di scienze politiche di Padova, dal febbraio 1974 al marzo 1978.
«Non sono scomparse fotografie dalla segreteria», aggiunge.
«Non risultano studenti passati in clandestinità». Le aree attorno alla Duchessa sono dell'Istituto Zootecnico di Roma e del Demanio. Nel 1985 Mazzola avrebbe pubblicato anonimo una ricostruzione romanzata del rapimento Moro, I giorni del diluvio, nella quale sostiene il ruolo primario di Gelli.
Nessuna pista internazionale È Bettino Craxi a sollevare, quando ormai il sequestro si è concluso tragicamente, l'interrogativo su Moro «nel mirino del terrorismo internazionale». I servizi, il 18 agosto del '78, smentiscono questa ipotesi. «È scontata - scrive l'intelligence - la simbiosi ideologica tra Br, Raf, Fpp palestinese, anarchici svizzeri e tupamaros sudamericani.
Tutti si considerano «anelli della stessa catena antimperialista e rivoluzionaria».
NEGRI TONI
Ma la "solidarietà proletaria" dei vari gruppi è varia. Mentre palestinesi, tedeschi, l'Jra nipponica e i feddajn hanno come campo d'azione il mondo, quello delle Brigate Rosse si limita alla sola Italia». E sostanziano con questo dato il loro ragionamento: «Gli uomini di Curcio hanno ucciso dal '74 in poi 25 persone tutte italiane. E tutte tra Cassino e Milano».
Franca Rame e Dario Fo «Due sospetti brigatisti - si legge in una nota Sisde del 20 gennaio 1979 - Alessio Floris e Rosolino Paglia avrebbero contatti con Franca Rame per organizzare spettacoli a fini di finanziamento delle Brigate Rosse».
CRAXI BETTINO
E in un'altra velina, dell'8 maggio 1979, si legge: «Diverse emittenti libere radioe tv della sinistra rivoluzionaria di varie città, costituite come società a San Marino, godono di ingenti finanziamenti, provenienti da canali sconosciuti, che consentono loro di sopravvivere data la assoluta mancanza di altri introiti palesi.
CON26 TINA LAGOSTENA BASSI GIANCARLO PARRETTI
Sovrintenderebbero al giro, senza apparire, Dario Fo, Franca Rame, l'avvocato Tina Lagostena Bassi e il marito, esperto di tecnica bancaria».I coniugi Lagostena vengono seguiti nei loro spostamenti: «Hanno un ingente conto in banca a San Marino. Hanno compiuto un viaggio a Cracovia da dove si sarebbero spostati in Cecoslovacchia, grazie a un visto concesso dalle autorità consolari cecoslovacche in Polonia».
«Aldo Moro? L'hanno portato a Milano». Questo ipotizzavano i nostri servizi segreti all'indomani del sequestro dello statista dc. In quei giorni bui l'intelligence seguiva Franca Rame, sospettata di contiguità con le Brigate Rosse, pedinava l'avvocato Tina Lagostena Bassi mentre si recava in Cecoslovacchia, soprattutto era convinta che c'entrasse qualcosa Toni Negri.
I sospetti sul leader dell'Autonomia erano tali, che furono acquisitii nomi dei suoi laureati, dal 1974 al 1978, alla facoltà di scienze politiche a Padova. Sono solo alcuni dei frammenti contenuti nelle migliaia di carte sul "rapimento ed assassinio" dello statista democristiano che la Presidenza del Consiglio ha consegnato all'Archivio Centrale dello Stato.
RAPIMENTO ALDO MORO MANIFESTO
Dalla consultazione dei 56 fascicoli emerge uno spaccato sul disorientamento che colse gli 007 al momento della strage di via Fani - 16 marzo 1978 - e via via per tutta la durata del rapimento, culminato nell'uccisione di Moro, il 9 maggio successivo.
Moro? È a Milano I servizi ritengono che Moro sia sequestrato «nella zona di Milano», come rileva una nota del 17 marzo. Inseguono una pista giapponese: all'operazione «avrebbero partecipato due terroristi giapponesi Kasa Adachi e Harno Wako dell'Armata Rossa Giapponese.
ALDO MORO
Quindi s'instradano lungo «la pista tedesca», seguendo le tracce del terrorista Wilhelm Piroch, «che dal marzo 1978 si trova in Italia insieme a Gabriella Hartwig, come segnala nostro elemento che sta a Monaco». Ai primi di aprile ritengono che possa fornire spunti Silvano Maistrello, detto Kocis, un latitante al quale si propone di collaborare contattando la moglie, Luigina Chiozzotto. Maistrello tergiversa, poi accetta, la moglie lo comunica agli agenti, ma Maistrello viene ucciso durante una rapina ad una banca nel Veneziano. Due mesi dopo l'assassinio spunterà pure il filone ungherese. «All'interrogatorio di Moro avrebbe assistito un medico ungherese che lavora a Firenze», sostengono il 17 luglio 1978.
COPERTINA LEFT ALDO MORO
Il ruolo dei Palestinesi Durante i 55 giorni del rapimento attivano l'Olp: «Un esponente a Roma ha assunto la responsabilità della ricerca informativa a favore del caso Moro». I palestinesi non vengono coinvolti a caso. Il 18 febbraio 1978 il Sismi aveva archiviato questo dispaccio: «Fonte ambiente Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) ha segnalato possibilità prossimo futuro operazione terroristica notevole portata in Europa da parte di elementi europei: potrebbe coinvolgere il nostro Paese».
ALDO MORO
Ma è un tentativo infruttuoso: il 18 aprile l'Olp alza bandiera bianca. «Arafat respinge qualsiasi collusione con le Br o di recenti contatti e prega d'informare le autorità italiane».
Intanto escono le lettere di Moro. La loro pubblicazione viene bollata come «destabilizzante per il quadro politico». I servizi temono che «l'attenzione dell'opinione pubblica» si focalizzi «sull'azione condotta dal Partito socialista», favorevole alla trattativa con le Brigate Rosse.
ALDO MORO PRIGIONIERO VISTO DA TULLIO PERICOLI
Sospettano che Sereno Freato, il segretario particolare di Moro a cui la moglie dello statista aveva delegato la gestione della vicenda, fosse il postino delle missive «fatte arrivare alla stampa». Scrivono: «In taluni ambienti c'è la preoccupazione che, documenti riservati raccolti da Moro e in possesso di Freato, siano stati passati, nel corso delle trattative svolte durante la detenzione di Moro, ad alcuni elementi delle Brigate Rosse».
Curcio non c'entra Gli 007 si rompono il capo nel decifrare l'identità dei sequestratori. Sulla base della lettura dei comunicati il 27 aprile giungono alla conclusione che Renato Curcio non può essere la mente del sequestro. Stilano questo identikit: «Una persona di 35-40 anni, formazione culturale non umanistica e non cattolica, anzi radicatamente marxista, con esperienze personali o ricordi trasmessi di modelli e valori "resistenziali"».
Le misure di Cossiga Gli agenti dell'intelligence redigono il verbale della prima riunione dell'unità di crisi istituita il giorno del sequestro e presieduta dal ministro dell'Interno Cossiga. Scrivono: Cossiga «si è soffermato sulla possibilità di «reintrodurre nell'ordinamento italiano una sorta di fermo di polizia». «Valutata l'opportunità di intercettazioni foniche e telefoniche anche "di fatto" per gli ambienti carcerari». «Il direttore del Sisde propone l'interrogatorio senza difensore degli indiziati di gravi reati». Il comandante generale dei carabinieri «propone di effettuare rastrellamenti metodici con il concorso dell'Esercito.
MORO RAPIMENTO1978
«Sotto il profilo politico è stata rimarcata da parte degli intervenuti la disponibilità del Pci a sostenere congrue misure di sicurezza». Cossiga prende anche in considerazione «la possibilità di esercitare un controllo sulla divulgazione, soprattutto a mezzo radio televisivo, di notizie idonee a turbare l'opinione pubblica».
I sospetti su Toni Negri Moro è morto da nove giorni quando Francesco Mazzola, sottosegretario alla Difesa con delega ai servizi - il 18 maggio 1978 - invita il generale Santovito ad approfondire la posizione di Toni Negri, chiedendogli di acquisire gli elenchi degli studenti che hanno frequentato le lezioni del professore: il suo sospetto è che alcuni di questi siano passati in clandestinità, specie «se mancano le loro foto in segreteria». Chiede di acquisire i libri di Negri, perché lo stile potrebbero essere simile a quello dei comunicati Br e di accertare i proprietari delle aree circostanti il lago della Duchessa e quelli dell'isola di Giannutri.
FRANCA RAME E DARIO FO
Santovito gli risponde il 9 agosto 1978. Ha acquisito l'elenco dei laureati con Negri alla facoltà di scienze politiche di Padova, dal febbraio 1974 al marzo 1978.
«Non sono scomparse fotografie dalla segreteria», aggiunge.
«Non risultano studenti passati in clandestinità». Le aree attorno alla Duchessa sono dell'Istituto Zootecnico di Roma e del Demanio. Nel 1985 Mazzola avrebbe pubblicato anonimo una ricostruzione romanzata del rapimento Moro, I giorni del diluvio, nella quale sostiene il ruolo primario di Gelli.
Nessuna pista internazionale È Bettino Craxi a sollevare, quando ormai il sequestro si è concluso tragicamente, l'interrogativo su Moro «nel mirino del terrorismo internazionale». I servizi, il 18 agosto del '78, smentiscono questa ipotesi. «È scontata - scrive l'intelligence - la simbiosi ideologica tra Br, Raf, Fpp palestinese, anarchici svizzeri e tupamaros sudamericani.
Tutti si considerano «anelli della stessa catena antimperialista e rivoluzionaria».
NEGRI TONI
Ma la "solidarietà proletaria" dei vari gruppi è varia. Mentre palestinesi, tedeschi, l'Jra nipponica e i feddajn hanno come campo d'azione il mondo, quello delle Brigate Rosse si limita alla sola Italia». E sostanziano con questo dato il loro ragionamento: «Gli uomini di Curcio hanno ucciso dal '74 in poi 25 persone tutte italiane. E tutte tra Cassino e Milano».
Franca Rame e Dario Fo «Due sospetti brigatisti - si legge in una nota Sisde del 20 gennaio 1979 - Alessio Floris e Rosolino Paglia avrebbero contatti con Franca Rame per organizzare spettacoli a fini di finanziamento delle Brigate Rosse».
CRAXI BETTINO
E in un'altra velina, dell'8 maggio 1979, si legge: «Diverse emittenti libere radioe tv della sinistra rivoluzionaria di varie città, costituite come società a San Marino, godono di ingenti finanziamenti, provenienti da canali sconosciuti, che consentono loro di sopravvivere data la assoluta mancanza di altri introiti palesi.
CON26 TINA LAGOSTENA BASSI GIANCARLO PARRETTI
Sovrintenderebbero al giro, senza apparire, Dario Fo, Franca Rame, l'avvocato Tina Lagostena Bassi e il marito, esperto di tecnica bancaria».I coniugi Lagostena vengono seguiti nei loro spostamenti: «Hanno un ingente conto in banca a San Marino. Hanno compiuto un viaggio a Cracovia da dove si sarebbero spostati in Cecoslovacchia, grazie a un visto concesso dalle autorità consolari cecoslovacche in Polonia».
PARTITI FANTASMA, MA QUANTO MAGNANO - FORMAZIONI POLITICHE INSIGNIFICANTI, PARTITI MORTI E SEPOLTI, MA ANCHE FORZA ITALIA, AN, DS E MARGHERITA, TUTTI MOVIMENTI CHE NON COMPAIONO PIÙ SULLE SCHEDE ELETTORALI, CI COSTANO ANCORA 500 MLN € - UN COMMA DEL MILLE PROROGHE 2006 CONSENTE DI SPARTIRE LA TORTA ANCHE SE LA LEGISLATURA È FINITA - LEGA E RIFONDAZIONE HANNO RICEVUTO PIÙ SOLDI DI QUELLI SPESI PER LE ELEZIONI…
Alberto Custodero e Enrico Del Mercato per "la Repubblica"
SILVIO BERLUSCONI
Di alcuni non è rimasto che il simbolo, assemblee di ex che vengono convocate di tanto in tanto e, forse, il ricordo di qualche elettore nostalgico. Altri, invece, hanno sedi, strutture, impiegati, ma da anni non hanno nessun rappresentante in parlamento. Eppure, i "partiti fantasma" continuano ad incassare soldi dallo Stato.
L´ultima rata, relativa ai rimborsi per le elezioni regionali del 2007 in Molise, arriverà prima della fine di quest´anno. E così, la cifra incamerata dai partiti che non ci sono più, toccherà la vertiginosa quota di 500 milioni di euro. Spicciolo più, spicciolo meno.
Per intendersi, è una somma pari allo stanziamento del governo per Roma capitale quella che è finita in questi anni nella pancia di sigle che si supponevano scomparse dalla scena della politica, come Forza Italia, Alleanza nazionale, Democratici di Sinistra, Margherita, oppure di partiti che gli elettori hanno cancellato dal parlamento e che sono stati smontati e rimontati da scissioni e nuove aggregazioni come Rifondazione comunista, i Verdi, perfino l´Udeur di Mastella o un partito personale come "Nuova Sicilia" il cui dominus è Bartolo Pellegrino - un ex deputato dell´assemblea regionale siciliana recentemente assolto dall´accusa di concorso esterno in associazione mafiosa - che fino allo scorso anno ha percepito circa centomila euro di rimborso elettorale.
APR08 CAMERA40 GIANFRANCO FINI
Nulla, se confrontato a quanto ha potuto iscrivere nei propri bilanci il più ricco dei "partiti fantasma", Forza Italia. Quella che fu la creatura di Silvio Berlusconi, nata nel 1994 e sacrificata nel 2007 per fare posto al Pdl, ha continuato ad incamerare i rimborsi elettorali fino ad arrivare, nel 2010, alla cifra monstre di 96 milioni di euro.
Molto staccati, in questa classifica, i Democratici di sinistra che hanno potuto iscrivere in bilancio 74 milioni di euro e spiccioli. Soldi che - per ammissione del tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti - sono stati rapidamente pignorati dalle banche ed adoperati per chiudere la partita di debiti ereditata dal vecchio Pci. Alla Margherita, altro partito formalmente cancellato, invece, è andata meglio. I 42 milioni di euro di rimborsi incassati, ad onta della scomparsa dalla scena politica, sono tutti lì.
E, anzi, intorno a quella eredità si è accesa una disputa alla quale partecipano pure parlamentari che, nel frattempo, hanno preso altre direzioni, accasandosi in altri partiti o inaugurandone di nuovi. Ma come è stato possibile che partiti scomparsi dalla scena o bocciati dagli elettori abbiano continuato ad incassare soldi pubblici a titolo di rimborso elettorale? Quanto hanno pesato i rimborsi ai "partiti fantasma" sulle tasche dei cittadini? E, soprattutto, che fine hanno fatto quei soldi?
LA GRANDE ABBUFFATA
La chiave di tutto è nel comma di un articolo accuratamente nascosto nelle pieghe della legge mille proroghe che viene discussa e approvata in parlamento il 2 febbraio del 2006. In quella norma sta scritto che il rimborso elettorale (che la legge numero 157 del 1999 fissa in un euro per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali da dividere percentualmente in base ai voti ricevuti) spetta ai partiti anche in caso di chiusura anticipata della legislatura.
Dunque, lo Stato continua a versare i soldi ai partiti per tutti e cinque gli anni, anche se il parlamento è stato sciolto. Adesso, la legge è stata corretta, ma le nuove regole varranno solo a partire dalle prossime elezioni. Comunque, una settimana dopo quel blitz del febbraio 2006, guarda caso, la legislatura si chiude. Si torna al voto. Vince l´Unione di Prodi per una manciata di preferenze e il leader del centrosinistra governa, sul filo di lana, per meno di due anni. Poi, cade e il Paese torna alle urne.
PIER LUIGI BERSANI
Nel frattempo, però, nella politica italiana va in scena l´ennesima rivoluzione. Spariscono partiti (Forza Italia, An, i Ds, La Margherita), ne nascono di nuovi (il Pd e il Pdl) e, nelle urne, gli italiani polarizzano i loro consensi sulle formazioni maggiori lasciando fuori dalle aule parlamentari forze politiche come Rifondazione comunista, i Verdi, l´Udeur. Una semplificazione dalla quale dovrebbe derivare anche un risparmio in termini di rimborsi elettorali.
Nulla di tutto ciò, dal momento che - grazie a quel comma approvato in fretta e furia nel febbraio del 2006 alla vigilia dello scioglimento delle Camere - i partiti che non esistono più continuano ad incassare i rimborsi elettorali. Non si tratta di bruscolini dal momento che il totale per il periodo 2006-2011 ammonta a 499,6 milioni di euro. Una somma che viene divisa tra i partiti che sono sopravvissuti alla rivoluzione e quelli che non esistono più o che non sono più rappresentati in parlamento.
Come se non bastasse, a quella cifra vanno aggiunti i rimborsi che spettano per la legislatura in corso e quelli relativi alle regionali e alle europee del 2004, del 2005 e del 2006. L´anno d´oro, per i partiti italiani, è senza dubbio il 2008. In quella stagione - come accertato dalla Corte dei conti - nella casse della formazioni politiche, quelle in vita e quelle "defunte", finiscono - nell´ordine - la terza rata del rimborso per le politiche del 2006 che vale 99,9 milioni di euro, la prima rata del rimborso per le politiche del 2008 che ammonta a 100,6 milioni di euro, i 41,6 milioni di euro della quarta rata del contributo dovuto per le regionali del 2005 e la quinta rata del rimborso per le europee del 2004 che vale 49,4 milioni di euro. In tutto, fanno 291,5 milioni di euro.
ARTURO PARISI - COPYRIGHT PIZZI
Ce n´è abbastanza per dedurne - come fa l´ex ministro della Difesa Arturo Parisi - che «la volontà dei cittadini espressa attraverso il referendum che aboliva il finanziamento pubblico ai partiti è stata raggirata». Dice Parisi: «Siccome la legge prevede che il contributo assuma la forma di rimborso elettorale ciò obbliga l´amministratore del partito a non potervi rinunciare. Dal momento che, se vi rinunciasse, potrebbe essere denunciato per cattiva amministrazione. Ecco come è stato aggirato il referendum che vietava qualsiasi finanziamento ai partiti da parte dello Stato».
L´EREDITA´ CONTESA
Eppure, Arturo Parisi gode di un osservatorio privilegiato in tema di soldi versati dallo Stato ai "partiti fantasma". L´ex ministro, infatti, fa parte dell´assemblea della Margherita partito confluito nel Pd ma che ha continuato ad incassare rimborsi elettorali. «Di solito le riunioni dell´assemblea per discutere i bilanci - ironizza Parisi - vengono convocate in orari come quello del matrimonio di Renzo e Lucia».
L´ultima volta è successo lunedì e, alla fine, l´assemblea dei "superstiti" della Margherita non è riuscita a decidere nulla sul bilancio ed ha deciso di riaggiornarsi. Ovvio, dal momento che la Margherita, tra i "partiti fantasma", è quello con le maggiori disponibilità. Quasi nessun debito pregresso, il personale ormai tutto trasferito nei ranghi del Pd. A parte le spese sostenute per tenere in vita il quotidiano Europa, i rimborsi elettorali incassati in questi anni sono in gran parte ancora lì.
L´ultimo bilancio consultabile, quello del 2009, racconta di una disponibilità liquida di 24 milioni e 636 mila euro. Ma, per ammissione del tesoriere Luigi Lusi, la somma rimasta in pancia al partito che dovrebbe chiudere i battenti è ancora superiore. Cosa farne di quei soldi? Lo decideranno gli organismi superstiti del partito che non c´è più. Il fatto è che dell´organismo chiamato a decidere sull´eredità milionaria della Margherita, fanno parte anche parlamentari che, nel frattempo, si sono accasati altrove. Per esempio, a presiedere la Margherita è Francesco Rutelli, oggi leader dell´Api.
FORZA ITALIA
E, di quella assemblea, fa parte anche Enzo Carra che oggi milita nell´Udc. Carra è uno che nella sua lunghissima carriera politica ne ha viste tante, eppure qualche settimana fa si è stupito nell´apprendere i farraginosi meccanismi studiati per decidere chi debba avere accesso all´assemblea della Margherita. Racconta Carra: «Ho incrociato un collega in Transantlantico e gli ho chiesto: "scusa ma perché io e Lusetti non siamo stati invitati alla assemblea della Margherita visto che facciamo parte dell´organismo?" Quello per tutta risposta mi ha detto: "vuoi decidere anche tu su come dividere il rimborso elettorale?".
Ora, a parte che ne ho il diritto ho appreso che saranno ammessi all´assemblea tutti quelli che militano in partiti che stanno all´opposizione dell´attuale maggioranza. Dunque, noi dovremmo esserci». In ogni caso, Carra, Lusetti e altri hanno allo studio un´azione legale. Evidentemente l´eredità della Margherita fa gola a tanti. Anche a quelli che sono andati via.
MATRIMONIO DI INTERESSE
Che i "partiti fantasma" siano destinati ad aggirarsi ancora per un po´ sulla scena della politica italiana, lo si capisce leggendo la relazione al bilancio 2009 di Forza Italia firmata dal tesoriere Sandro Bondi. Scrive Bondi: «Il movimento (Forza Italia ndr) resterà in attività almeno fino a tutto il 2012 anche per consentire la presentazione dei propri rendiconti annuali, a norma di legge indispensabili per completare l´incasso dei residui rimborsi spese elettorali rimasti di propria diretta pertinenza e per permettere la percezione da parte dell´istituto di credito interessato dei crediti elettorali ad esso ceduti nel 2007, le cui erogazioni in caso diverso sarebbero sospese».
In pratica, a partire dal 2006, Forza Italia ha incassato non solo i rimborsi elettorali riconosciuti per la legislatura che si è interrotta in anticipo, ma anche una quota di quelli spettanti al Pdl per il periodo 2008-2013. Dietro il matrimonio tra Forza Italia e An che ha portato alla nascita del Pdl, infatti, c´è un accordo da fare invidia ai patti da osservare in caso di divorzio sottoscritti da star del cinema e regnanti.
In base a quel contratto il Pdl ha ceduto a una banca l´intero ammontare del rimborso elettorale che gli spetta per il periodo 2008-2013 (si tratta di circa 40 milioni di euro l´anno) facendosi liquidare in anticipo l´importo e dividendone il cinquanta per cento tra An e Forza Italia. Come dire, lo Stato paga il rimborso elettorale a un partito che ha partecipato alle elezioni, ma quei soldi vanno, in gran parte, a partiti che non esistono più. E che useranno quei soldi per prolungare la loro presenza da "fantasmi".
DS
È il caso di Alleanza nazionale che, per gli elettori ha chiuso i battenti all´inizio del 2008, ma che ha ancora una sede, un comitato di gestione e, soprattutto, ha continuato ad incassare i soldi del rimborso elettorale. Al punto da chiudere il bilancio del 2009 con un attivo di 75 milioni di euro. Che fine faranno quei soldi? Serviranno a mettere in piedi la fondazione Alleanza nazionale che avrà come obiettivo - si legge nella relazione al bilancio - quello di «determinare l´affermazione, la diffusione e la comunicazione dei modelli sociali, culturali e politici legati alla sua tradizione».
Il tutto anche grazie al denaro pubblico che doveva servire solo a coprire le spese elettorali sostenute nel 2006. Ma, intorno al fiume di denaro che inonda le casse dei partiti, si addensano altri interrogativi. Come viene determinato l´ammontare dei rimborsi? E quanto spendono davvero i partiti per le campagne elettorali?
IL PASSO D´ADDIO
Ecco, appunto. Le spese elettorali e la loro copertura. A guardare bene, i soldi che i partiti hanno ricevuto a titolo di rimborso sono molti di più di quelli che hanno tirato fuori per stampare manifesti e volantini o per organizzare comizi. La Corte dei conti è andata a spulciare tra le fatture e ha scoperto, per esempio, che per le politiche del 2008 la Lega Nord ha dichiarato spese elettorali per 2 milioni e 940 mila euro e ha incassato, come rimborsi, la bellezza di 41 milioni e 385 mila euro.
LAMARGHERITA
Tanto per spostarsi sull´altro fronte dello schieramento, Rifondazione comunista per le elezioni del 2006 ha dichiarato spese per un milione e 636 mila euro. Sapete quanto ha avuto di rimborso? Sei milioni e 987 mila euro. Che tra l´altro sono stati versati nelle casse del partito fino allo scorso anno nonostante in parlamento non sedesse più da anni neppure un rappresentante del partito.
Adesso, però, il rubinetto dei rimborsi per la legislatura finita in anticipo si è chiuso. E per Rifondazione, si annunciano tempi davvero duri. Nella relazione al bilancio, il tesoriere lo dice senza mezzi termini: «Rischiamo di chiudere bottega».
SILVIO BERLUSCONI
Di alcuni non è rimasto che il simbolo, assemblee di ex che vengono convocate di tanto in tanto e, forse, il ricordo di qualche elettore nostalgico. Altri, invece, hanno sedi, strutture, impiegati, ma da anni non hanno nessun rappresentante in parlamento. Eppure, i "partiti fantasma" continuano ad incassare soldi dallo Stato.
L´ultima rata, relativa ai rimborsi per le elezioni regionali del 2007 in Molise, arriverà prima della fine di quest´anno. E così, la cifra incamerata dai partiti che non ci sono più, toccherà la vertiginosa quota di 500 milioni di euro. Spicciolo più, spicciolo meno.
Per intendersi, è una somma pari allo stanziamento del governo per Roma capitale quella che è finita in questi anni nella pancia di sigle che si supponevano scomparse dalla scena della politica, come Forza Italia, Alleanza nazionale, Democratici di Sinistra, Margherita, oppure di partiti che gli elettori hanno cancellato dal parlamento e che sono stati smontati e rimontati da scissioni e nuove aggregazioni come Rifondazione comunista, i Verdi, perfino l´Udeur di Mastella o un partito personale come "Nuova Sicilia" il cui dominus è Bartolo Pellegrino - un ex deputato dell´assemblea regionale siciliana recentemente assolto dall´accusa di concorso esterno in associazione mafiosa - che fino allo scorso anno ha percepito circa centomila euro di rimborso elettorale.
APR08 CAMERA40 GIANFRANCO FINI
Nulla, se confrontato a quanto ha potuto iscrivere nei propri bilanci il più ricco dei "partiti fantasma", Forza Italia. Quella che fu la creatura di Silvio Berlusconi, nata nel 1994 e sacrificata nel 2007 per fare posto al Pdl, ha continuato ad incamerare i rimborsi elettorali fino ad arrivare, nel 2010, alla cifra monstre di 96 milioni di euro.
Molto staccati, in questa classifica, i Democratici di sinistra che hanno potuto iscrivere in bilancio 74 milioni di euro e spiccioli. Soldi che - per ammissione del tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti - sono stati rapidamente pignorati dalle banche ed adoperati per chiudere la partita di debiti ereditata dal vecchio Pci. Alla Margherita, altro partito formalmente cancellato, invece, è andata meglio. I 42 milioni di euro di rimborsi incassati, ad onta della scomparsa dalla scena politica, sono tutti lì.
E, anzi, intorno a quella eredità si è accesa una disputa alla quale partecipano pure parlamentari che, nel frattempo, hanno preso altre direzioni, accasandosi in altri partiti o inaugurandone di nuovi. Ma come è stato possibile che partiti scomparsi dalla scena o bocciati dagli elettori abbiano continuato ad incassare soldi pubblici a titolo di rimborso elettorale? Quanto hanno pesato i rimborsi ai "partiti fantasma" sulle tasche dei cittadini? E, soprattutto, che fine hanno fatto quei soldi?
LA GRANDE ABBUFFATA
La chiave di tutto è nel comma di un articolo accuratamente nascosto nelle pieghe della legge mille proroghe che viene discussa e approvata in parlamento il 2 febbraio del 2006. In quella norma sta scritto che il rimborso elettorale (che la legge numero 157 del 1999 fissa in un euro per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali da dividere percentualmente in base ai voti ricevuti) spetta ai partiti anche in caso di chiusura anticipata della legislatura.
Dunque, lo Stato continua a versare i soldi ai partiti per tutti e cinque gli anni, anche se il parlamento è stato sciolto. Adesso, la legge è stata corretta, ma le nuove regole varranno solo a partire dalle prossime elezioni. Comunque, una settimana dopo quel blitz del febbraio 2006, guarda caso, la legislatura si chiude. Si torna al voto. Vince l´Unione di Prodi per una manciata di preferenze e il leader del centrosinistra governa, sul filo di lana, per meno di due anni. Poi, cade e il Paese torna alle urne.
PIER LUIGI BERSANI
Nel frattempo, però, nella politica italiana va in scena l´ennesima rivoluzione. Spariscono partiti (Forza Italia, An, i Ds, La Margherita), ne nascono di nuovi (il Pd e il Pdl) e, nelle urne, gli italiani polarizzano i loro consensi sulle formazioni maggiori lasciando fuori dalle aule parlamentari forze politiche come Rifondazione comunista, i Verdi, l´Udeur. Una semplificazione dalla quale dovrebbe derivare anche un risparmio in termini di rimborsi elettorali.
Nulla di tutto ciò, dal momento che - grazie a quel comma approvato in fretta e furia nel febbraio del 2006 alla vigilia dello scioglimento delle Camere - i partiti che non esistono più continuano ad incassare i rimborsi elettorali. Non si tratta di bruscolini dal momento che il totale per il periodo 2006-2011 ammonta a 499,6 milioni di euro. Una somma che viene divisa tra i partiti che sono sopravvissuti alla rivoluzione e quelli che non esistono più o che non sono più rappresentati in parlamento.
Come se non bastasse, a quella cifra vanno aggiunti i rimborsi che spettano per la legislatura in corso e quelli relativi alle regionali e alle europee del 2004, del 2005 e del 2006. L´anno d´oro, per i partiti italiani, è senza dubbio il 2008. In quella stagione - come accertato dalla Corte dei conti - nella casse della formazioni politiche, quelle in vita e quelle "defunte", finiscono - nell´ordine - la terza rata del rimborso per le politiche del 2006 che vale 99,9 milioni di euro, la prima rata del rimborso per le politiche del 2008 che ammonta a 100,6 milioni di euro, i 41,6 milioni di euro della quarta rata del contributo dovuto per le regionali del 2005 e la quinta rata del rimborso per le europee del 2004 che vale 49,4 milioni di euro. In tutto, fanno 291,5 milioni di euro.
ARTURO PARISI - COPYRIGHT PIZZI
Ce n´è abbastanza per dedurne - come fa l´ex ministro della Difesa Arturo Parisi - che «la volontà dei cittadini espressa attraverso il referendum che aboliva il finanziamento pubblico ai partiti è stata raggirata». Dice Parisi: «Siccome la legge prevede che il contributo assuma la forma di rimborso elettorale ciò obbliga l´amministratore del partito a non potervi rinunciare. Dal momento che, se vi rinunciasse, potrebbe essere denunciato per cattiva amministrazione. Ecco come è stato aggirato il referendum che vietava qualsiasi finanziamento ai partiti da parte dello Stato».
L´EREDITA´ CONTESA
Eppure, Arturo Parisi gode di un osservatorio privilegiato in tema di soldi versati dallo Stato ai "partiti fantasma". L´ex ministro, infatti, fa parte dell´assemblea della Margherita partito confluito nel Pd ma che ha continuato ad incassare rimborsi elettorali. «Di solito le riunioni dell´assemblea per discutere i bilanci - ironizza Parisi - vengono convocate in orari come quello del matrimonio di Renzo e Lucia».
L´ultima volta è successo lunedì e, alla fine, l´assemblea dei "superstiti" della Margherita non è riuscita a decidere nulla sul bilancio ed ha deciso di riaggiornarsi. Ovvio, dal momento che la Margherita, tra i "partiti fantasma", è quello con le maggiori disponibilità. Quasi nessun debito pregresso, il personale ormai tutto trasferito nei ranghi del Pd. A parte le spese sostenute per tenere in vita il quotidiano Europa, i rimborsi elettorali incassati in questi anni sono in gran parte ancora lì.
L´ultimo bilancio consultabile, quello del 2009, racconta di una disponibilità liquida di 24 milioni e 636 mila euro. Ma, per ammissione del tesoriere Luigi Lusi, la somma rimasta in pancia al partito che dovrebbe chiudere i battenti è ancora superiore. Cosa farne di quei soldi? Lo decideranno gli organismi superstiti del partito che non c´è più. Il fatto è che dell´organismo chiamato a decidere sull´eredità milionaria della Margherita, fanno parte anche parlamentari che, nel frattempo, si sono accasati altrove. Per esempio, a presiedere la Margherita è Francesco Rutelli, oggi leader dell´Api.
FORZA ITALIA
E, di quella assemblea, fa parte anche Enzo Carra che oggi milita nell´Udc. Carra è uno che nella sua lunghissima carriera politica ne ha viste tante, eppure qualche settimana fa si è stupito nell´apprendere i farraginosi meccanismi studiati per decidere chi debba avere accesso all´assemblea della Margherita. Racconta Carra: «Ho incrociato un collega in Transantlantico e gli ho chiesto: "scusa ma perché io e Lusetti non siamo stati invitati alla assemblea della Margherita visto che facciamo parte dell´organismo?" Quello per tutta risposta mi ha detto: "vuoi decidere anche tu su come dividere il rimborso elettorale?".
Ora, a parte che ne ho il diritto ho appreso che saranno ammessi all´assemblea tutti quelli che militano in partiti che stanno all´opposizione dell´attuale maggioranza. Dunque, noi dovremmo esserci». In ogni caso, Carra, Lusetti e altri hanno allo studio un´azione legale. Evidentemente l´eredità della Margherita fa gola a tanti. Anche a quelli che sono andati via.
MATRIMONIO DI INTERESSE
Che i "partiti fantasma" siano destinati ad aggirarsi ancora per un po´ sulla scena della politica italiana, lo si capisce leggendo la relazione al bilancio 2009 di Forza Italia firmata dal tesoriere Sandro Bondi. Scrive Bondi: «Il movimento (Forza Italia ndr) resterà in attività almeno fino a tutto il 2012 anche per consentire la presentazione dei propri rendiconti annuali, a norma di legge indispensabili per completare l´incasso dei residui rimborsi spese elettorali rimasti di propria diretta pertinenza e per permettere la percezione da parte dell´istituto di credito interessato dei crediti elettorali ad esso ceduti nel 2007, le cui erogazioni in caso diverso sarebbero sospese».
In pratica, a partire dal 2006, Forza Italia ha incassato non solo i rimborsi elettorali riconosciuti per la legislatura che si è interrotta in anticipo, ma anche una quota di quelli spettanti al Pdl per il periodo 2008-2013. Dietro il matrimonio tra Forza Italia e An che ha portato alla nascita del Pdl, infatti, c´è un accordo da fare invidia ai patti da osservare in caso di divorzio sottoscritti da star del cinema e regnanti.
In base a quel contratto il Pdl ha ceduto a una banca l´intero ammontare del rimborso elettorale che gli spetta per il periodo 2008-2013 (si tratta di circa 40 milioni di euro l´anno) facendosi liquidare in anticipo l´importo e dividendone il cinquanta per cento tra An e Forza Italia. Come dire, lo Stato paga il rimborso elettorale a un partito che ha partecipato alle elezioni, ma quei soldi vanno, in gran parte, a partiti che non esistono più. E che useranno quei soldi per prolungare la loro presenza da "fantasmi".
DS
È il caso di Alleanza nazionale che, per gli elettori ha chiuso i battenti all´inizio del 2008, ma che ha ancora una sede, un comitato di gestione e, soprattutto, ha continuato ad incassare i soldi del rimborso elettorale. Al punto da chiudere il bilancio del 2009 con un attivo di 75 milioni di euro. Che fine faranno quei soldi? Serviranno a mettere in piedi la fondazione Alleanza nazionale che avrà come obiettivo - si legge nella relazione al bilancio - quello di «determinare l´affermazione, la diffusione e la comunicazione dei modelli sociali, culturali e politici legati alla sua tradizione».
Il tutto anche grazie al denaro pubblico che doveva servire solo a coprire le spese elettorali sostenute nel 2006. Ma, intorno al fiume di denaro che inonda le casse dei partiti, si addensano altri interrogativi. Come viene determinato l´ammontare dei rimborsi? E quanto spendono davvero i partiti per le campagne elettorali?
IL PASSO D´ADDIO
Ecco, appunto. Le spese elettorali e la loro copertura. A guardare bene, i soldi che i partiti hanno ricevuto a titolo di rimborso sono molti di più di quelli che hanno tirato fuori per stampare manifesti e volantini o per organizzare comizi. La Corte dei conti è andata a spulciare tra le fatture e ha scoperto, per esempio, che per le politiche del 2008 la Lega Nord ha dichiarato spese elettorali per 2 milioni e 940 mila euro e ha incassato, come rimborsi, la bellezza di 41 milioni e 385 mila euro.
LAMARGHERITA
Tanto per spostarsi sull´altro fronte dello schieramento, Rifondazione comunista per le elezioni del 2006 ha dichiarato spese per un milione e 636 mila euro. Sapete quanto ha avuto di rimborso? Sei milioni e 987 mila euro. Che tra l´altro sono stati versati nelle casse del partito fino allo scorso anno nonostante in parlamento non sedesse più da anni neppure un rappresentante del partito.
Adesso, però, il rubinetto dei rimborsi per la legislatura finita in anticipo si è chiuso. E per Rifondazione, si annunciano tempi davvero duri. Nella relazione al bilancio, il tesoriere lo dice senza mezzi termini: «Rischiamo di chiudere bottega».
LA CASTA DI MONTECIT’ORO - SI BLATERA DI TAGLIARE I COSTI DELLA POLITICA MA POI PERCHÉ NESSUNO METTE MANO ALLE SPESE FOLLI DELLA CAMERA CHE SFONDANO IL MILIARDO DI EURO? - LE SPESE PER GLI AFFITTI SONO SCHIZZATE A 54 MLN €, QUELLE DI SEGRETERIA A 27 MLN - LO STATO MANTIENE 1813 PERSONE (TRA DEPUTATI IN PENSIONE E FAMILIARI CON LA REVERSIBILITÀ) CON OLTRE 6MILA EURO AL MESE A TESTA - CAMERA DEL LAVORO (NERO): NONOSTANTE GLI STIPENDI DORATI, SU 630 DEPUTATI SOLO 260 HANNO STIPULATO CONTRATTI REGOLARI CON I LORO PORTABORSE…
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
La Camera costerà nel 2011 un miliardo e non riuscirà ad abbassare questo tetto siderale né nel 2012 né nel 2013. Anzi, tra due anni, alla fine naturale della legislatura (sempre che ci si arrivi) costerà 74 milioni in più passando dalla previsione del 2011 di 1.070.994.520,57 a 1.114.219.354 di euro. A quella data è destinato a pesare in bilancio soprattutto l´aumento dell´iperbolica cifra stanziata per i vitalizi dei parlamentari.
MONTECITORIO FUSO IL NOCCIOLO VINCINO DAL CORRIERE
Molti lasceranno il Transatlantico e non lo faranno a mani vuote. Lo stanziamento previdenziale passerà dagli attuali 138.200.000 a 143.200.000. Oggi i deputati che prendono la pensione sono 1329 e 484 i familiari che godono della reversibilità. In totale 1813 persone che in media portano a casa 6352 euro mensili a testa.
Tutti parlano di tagli ai costi della politica. I vitalizi sono nel mirino dei partiti. A parole. La controprova è a portata di mano. Montecitorio discuterà e voterà il bilancio il 4 e 5 luglio. Il dibattito in aula era stato fissato per lunedì prossimo. Ieri la conferenza capigruppo ha preso ancora un po´ di tempo. Si aspetta Tremonti e il varo della sua manovra: il ministro ha promesso sforbiciate alle voci della politica. In quel caso il bilancio verrà rimodulato.
Dal ministro può arrivare un primo segnale.
TABELLONE MONTECITORIO BERLUSCONI
Dopo i proclami sarà difficile sottrarsi. Anche per le forze politiche. Stavolta non saranno solo Idv e Radicali a presentare virtuosi ordini del giorno per ridurre il budget e scendere finalmente sotto quota un miliardo. Ne stanno discutendo il Pd (con qualche mugugno interno perché parlare dei costi della politica è «demagogia»), la Lega (ma ieri è saltata la loro conferenza stampa sulle spese del Palazzo), persino il Pdl. «Per la prima volta dal dopoguerra restituiremo 20 milioni allo Stato. E lo faremo anche nel 2012 e nel 2013», annuncia il questore Gabriele Albonetti (Pd) che tiene la cassa insieme con Mazzocchi (Pdl) e Colucci (Pdl). Eppure le uscite della Camera continuano a essere incontenibili.
MONTECITORIO
Le spese per gli affitti, anche nel 2011, raggiungono la cifra record di 35milioni 625 mila. Con l´aggiunta degli oneri accessori fanno 54 milioni. Un taglio è previsto dal 2012 quando sarà rescisso il contratto che lega Montecitorio all´imprenditore Sergio Scarpellini, proprietario dell´immobile dove stanno gli uffici dei deputati. Ma la Camera lascerà solo una parte di Palazzo Marini, gravato da ben quattro contratti di affitto. La deputata radicale Rita Bernardini chiede di mettere in mora anche gli altri tre accordi.
RITA BERNARDINI
Anche perché la previsione per il 2013 è di un aumento delle spese per gli immobili (36 milioni 695 mila euro) e non una drastica riduzione. Dagli affitti d´oro agli affitti di platino.
I questori fanno notare che rispetto al 2010 il preventivo del 2011, varato dall´ufficio di presidenza il 30 marzo, cresce solo dell´1.09 per cento, al di sotto dell´inflazione programmata. Ma secondo la Bernardini si può fare di più. Il presidio medico interno costa 1 milione e 615 mila euro l´anno.
Le spese di segreteria degli onorevoli (che costeranno nel 2011 27.900.000) restano una voce con molti punti interrogativi. Hanno subito un taglio di 500 euro al mese passando da 4190 euro a 3690 ma su questa cifra non c´è nessun controllo. E su 630 deputati solo 260 risultano aver stipulato contratti regolari con i loro portaborse.
SERGIO SCARPELLINI CON BELLA SIGNORA
La parte del leone nei costi la fanno gli stipendi del personale (235 milioni) e le loro pensioni: 209 milioni (+ 6,4 per cento). Albonetti precisa: «I dipendenti sono calati di 300 unità». Ma sono i deputati a godere dell´indennità (tagliata di altri 500 euro) e dei servizi costosi ed efficienti di Montecitorio. Un esempio per tutti: i servizi di ristorazione e la spesa al mercato costano in tutto 6 milioni di euro. Con un rientro per la Camera che nelle partite di giro viene iscritto a bilancio per appena 440 mila euro.
ENRICO LETTA
Adesso tutto cambierà, a sentire gli annunci dei leader. Di una riduzione dei costi della politica hanno parlato Bersani, Enrico Letta, Bossi, Di Pietro, Casini. La Bernardini cercherà di farli venire allo scoperto. Preparando una sfilza di ordini del giorno. «Oggi la ritenuta per la pensione è automatica - spiega -. Chiederò invece l´obbligo di firma. Così il deputato che presenta la mozione per cancellare il vitalizio ma sa già che sarà respinta potrà rinunciare autonomamente».
In caso di fine anticipata della legislatura l´onorevole che non ha maturato la pensione può ritirare i suoi contributi. «Un precario invece non lo può fare. Deve lasciarli all´Inps. Presenterò una proposta per dare ai precari lo stesso potere dei deputati», dice la Bernardini. Sarà una lenzuolata quella che il Partito radicale presenterà all´inizio di luglio. Ma anche gli altri partiti, tra dieci giorni, hanno la possibilità, come direbbe il Senatur, di passare dalle parole ai fatti.
La Camera costerà nel 2011 un miliardo e non riuscirà ad abbassare questo tetto siderale né nel 2012 né nel 2013. Anzi, tra due anni, alla fine naturale della legislatura (sempre che ci si arrivi) costerà 74 milioni in più passando dalla previsione del 2011 di 1.070.994.520,57 a 1.114.219.354 di euro. A quella data è destinato a pesare in bilancio soprattutto l´aumento dell´iperbolica cifra stanziata per i vitalizi dei parlamentari.
MONTECITORIO FUSO IL NOCCIOLO VINCINO DAL CORRIERE
Molti lasceranno il Transatlantico e non lo faranno a mani vuote. Lo stanziamento previdenziale passerà dagli attuali 138.200.000 a 143.200.000. Oggi i deputati che prendono la pensione sono 1329 e 484 i familiari che godono della reversibilità. In totale 1813 persone che in media portano a casa 6352 euro mensili a testa.
Tutti parlano di tagli ai costi della politica. I vitalizi sono nel mirino dei partiti. A parole. La controprova è a portata di mano. Montecitorio discuterà e voterà il bilancio il 4 e 5 luglio. Il dibattito in aula era stato fissato per lunedì prossimo. Ieri la conferenza capigruppo ha preso ancora un po´ di tempo. Si aspetta Tremonti e il varo della sua manovra: il ministro ha promesso sforbiciate alle voci della politica. In quel caso il bilancio verrà rimodulato.
Dal ministro può arrivare un primo segnale.
TABELLONE MONTECITORIO BERLUSCONI
Dopo i proclami sarà difficile sottrarsi. Anche per le forze politiche. Stavolta non saranno solo Idv e Radicali a presentare virtuosi ordini del giorno per ridurre il budget e scendere finalmente sotto quota un miliardo. Ne stanno discutendo il Pd (con qualche mugugno interno perché parlare dei costi della politica è «demagogia»), la Lega (ma ieri è saltata la loro conferenza stampa sulle spese del Palazzo), persino il Pdl. «Per la prima volta dal dopoguerra restituiremo 20 milioni allo Stato. E lo faremo anche nel 2012 e nel 2013», annuncia il questore Gabriele Albonetti (Pd) che tiene la cassa insieme con Mazzocchi (Pdl) e Colucci (Pdl). Eppure le uscite della Camera continuano a essere incontenibili.
MONTECITORIO
Le spese per gli affitti, anche nel 2011, raggiungono la cifra record di 35milioni 625 mila. Con l´aggiunta degli oneri accessori fanno 54 milioni. Un taglio è previsto dal 2012 quando sarà rescisso il contratto che lega Montecitorio all´imprenditore Sergio Scarpellini, proprietario dell´immobile dove stanno gli uffici dei deputati. Ma la Camera lascerà solo una parte di Palazzo Marini, gravato da ben quattro contratti di affitto. La deputata radicale Rita Bernardini chiede di mettere in mora anche gli altri tre accordi.
RITA BERNARDINI
Anche perché la previsione per il 2013 è di un aumento delle spese per gli immobili (36 milioni 695 mila euro) e non una drastica riduzione. Dagli affitti d´oro agli affitti di platino.
I questori fanno notare che rispetto al 2010 il preventivo del 2011, varato dall´ufficio di presidenza il 30 marzo, cresce solo dell´1.09 per cento, al di sotto dell´inflazione programmata. Ma secondo la Bernardini si può fare di più. Il presidio medico interno costa 1 milione e 615 mila euro l´anno.
Le spese di segreteria degli onorevoli (che costeranno nel 2011 27.900.000) restano una voce con molti punti interrogativi. Hanno subito un taglio di 500 euro al mese passando da 4190 euro a 3690 ma su questa cifra non c´è nessun controllo. E su 630 deputati solo 260 risultano aver stipulato contratti regolari con i loro portaborse.
SERGIO SCARPELLINI CON BELLA SIGNORA
La parte del leone nei costi la fanno gli stipendi del personale (235 milioni) e le loro pensioni: 209 milioni (+ 6,4 per cento). Albonetti precisa: «I dipendenti sono calati di 300 unità». Ma sono i deputati a godere dell´indennità (tagliata di altri 500 euro) e dei servizi costosi ed efficienti di Montecitorio. Un esempio per tutti: i servizi di ristorazione e la spesa al mercato costano in tutto 6 milioni di euro. Con un rientro per la Camera che nelle partite di giro viene iscritto a bilancio per appena 440 mila euro.
ENRICO LETTA
Adesso tutto cambierà, a sentire gli annunci dei leader. Di una riduzione dei costi della politica hanno parlato Bersani, Enrico Letta, Bossi, Di Pietro, Casini. La Bernardini cercherà di farli venire allo scoperto. Preparando una sfilza di ordini del giorno. «Oggi la ritenuta per la pensione è automatica - spiega -. Chiederò invece l´obbligo di firma. Così il deputato che presenta la mozione per cancellare il vitalizio ma sa già che sarà respinta potrà rinunciare autonomamente».
In caso di fine anticipata della legislatura l´onorevole che non ha maturato la pensione può ritirare i suoi contributi. «Un precario invece non lo può fare. Deve lasciarli all´Inps. Presenterò una proposta per dare ai precari lo stesso potere dei deputati», dice la Bernardini. Sarà una lenzuolata quella che il Partito radicale presenterà all´inizio di luglio. Ma anche gli altri partiti, tra dieci giorni, hanno la possibilità, come direbbe il Senatur, di passare dalle parole ai fatti.
martedì 21 giugno 2011
BILDERBERG CORRE SUL WEB - LA LISTA INTEGRALE DEI POTENTONI CHE HANNO PARTECIPATO ALL’ULTIMA RIUNIONE SVIZZERA DEL RISERVATISSIMO GRUPPO: GLI ITALIANI SONO BERNABÈ, ELKANN, MARIO MONTI, SCARONI E TREMONTI - DIRETTAMENTE DALLA CINA IL VICE MINISTRO DEGLI ESTERI FU YING, E A RECITARE IL DE PROFUNDIS PER LA GRECIA IL MINISTRO DELLE FINANZE (POI TROMBATO) PAPACONSTANTINOU - LA DELEGAZIONE PIÙ NUTRITA RESTA QUELLA AMERICANA...
Tratto da http://www.infowars.com/bilderberg-2011-full-official-attendee-list
BELGIUM
Coene, Luc, Governor, National Bank of Belgium
Davignon, Etienne, Minister of State and chairman of the board of directors, Brussels Airlines
Leysen, Thomas, Chairman, Umicore
CLUB BILDERBERG 001
CHINA
Fu, Ying, Vice Minister of Foreign Affairs
Huang, Yiping, Professor of Economics, China Center for Economic Research, Peking University
DENMARK
Eldrup, Anders, CEO, DONG Energy
Federspiel, Ulrik, Vice President, Global Affairs, Haldor Topsøe A/S
Schütze, Peter, Member of the Executive Management, Nordea Bank AB
GERMANY
Ackermann, Josef, Chairman of the Management Board and the Group Executive Committee, Deutsche Bank
Enders, Thomas, CEO, Airbus SAS
Löscher, Peter, President and CEO, Siemens AG
Nass, Matthias, Chief International Correspondent, Die Zeit
Steinbrück, Peer, Member of the Bundestag; Former Minister of Finance
FRANCO BERNABE
FINLAND
Apunen, Matti, Director, Finnish Business and Policy Forum EVA
Johansson, Ole, Chairman, Confederation of the Finnish Industries EK
Ollila, Jorma, Chairman, Royal Dutch Shell
Pentikäinen, Mikael, Publisher and Senior Editor-in-Chief, Helsingin Sanomat
FRANCE
Baverez, Nicolas, Partner, Gibson, Dunn & Crutcher LLP
Bazire, Nicolas, Managing Director, Groupe Arnault /LVMH
Castries, Henri de, Chairman and CEO, AXA
Lévy, Maurice, Chairman and CEO, Publicis Groupe S.A.
Montbrial, Thierry de, President, French Institute for International Relations
Roy, Olivier, Professor of Social and Political Theory, European University Institute
GREAT BRITAIN
Agius, Marcus, Chairman, Barclays PLC
Flint, Douglas J., Group Chairman, HSBC Holdings
Kerr, John, Member, House of Lords; Deputy Chairman, Royal Dutch Shell
Lambert, Richard, Independent Non-Executive Director, Ernst & Young
Mandelson, Peter, Member, House of Lords; Chairman, Global Counsel
Micklethwait, John, Editor-in-Chief, The Economist
Osborne, George, Chancellor of the Exchequer
Stewart, Rory, Member of Parliament
Taylor, J. Martin, Chairman, Syngenta International AG
JOHN ELKANN
GREECE
David, George A., Chairman, Coca-Cola H.B.C. S.A.
Hardouvelis, Gikas A., Chief Economist and Head of Research, Eurobank EFG
Papaconstantinou, George, Minister of Finance
Tsoukalis, Loukas, President, ELIAMEP Grisons
INTERNATIONAL ORGANIZATIONS
Almunia, Joaquín, Vice President, European Commission
Daele, Frans van, Chief of Staff to the President of the European Council
Kroes, Neelie, Vice President, European Commission; Commissioner for Digital Agenda
Lamy, Pascal, Director General, World Trade Organization
Rompuy, Herman van, President, European Council
Sheeran, Josette, Executive Director, United Nations World Food Programme
Solana Madariaga, Javier, President, ESADEgeo Center for Global Economy and Geopolitics
Trichet, Jean-Claude, President, European Central Bank
Zoellick, Robert B., President, The World Bank Group
IRELAND
Gallagher, Paul, Senior Counsel; Former Attorney General
McDowell, Michael, Senior Counsel, Law Library; Former Deputy Prime Minister
Sutherland, Peter D., Chairman, Goldman Sachs International
ITALY
Bernabè, Franco, CEO, Telecom Italia SpA
Elkann, John, Chairman, Fiat S.p.A.
Monti, Mario, President, Università Commerciale Luigi Bocconi
Scaroni, Paolo, CEO, Eni S.p.A.
Tremonti, Giulio, Minister of Economy and Finance
PAOLO SCARONI
CANADA
Carney, Mark J., Governor, Bank of Canada
Clark, Edmund, President and CEO, TD Bank Financial Group
McKenna, Frank, Deputy Chair, TD Bank Financial Group
Orbinksi, James, Professor of Medicine and Political Science, University of Toronto
Prichard, J. Robert S., Chair, Torys LLP
Reisman, Heather, Chair and CEO, Indigo Books & Music Inc. Center, Brookings Institution
NETHERLANDS
Bolland, Marc J., Chief Executive, Marks and Spencer Group plc
Chavannes, Marc E., Political Columnist, NRC Handelsblad; Professor of Journalism
Halberstadt, Victor, Professor of Economics, Leiden University; Former Honorary Secretary General of Bilderberg Meetings
H.M. the Queen of the Netherlands
Rosenthal, Uri, Minister of Foreign Affairs
Winter, Jaap W., Partner, De Brauw Blackstone Westbroek
MARIO MONTI
NORWAY
Myklebust, Egil, Former Chairman of the Board of Directors SAS, sk Hydro ASA
H.R.H. Crown Prince Haakon of Norway
Ottersen, Ole Petter, Rector, University of Oslo
Solberg, Erna, Leader of the Conservative Party
AUSTRIA
Bronner, Oscar, CEO and Publisher, Standard Medien AG
Faymann, Werner, Federal Chancellor
Rothensteiner, Walter, Chairman of the Board, Raiffeisen Zentralbank Österreich AG
Scholten, Rudolf, Member of the Board of Executive Directors, Oesterreichische Kontrollbank AG
PORTUGAL
Balsemão, Francisco Pinto, Chairman and CEO, IMPRESA, S.G.P.S.; Former Prime Minister
Ferreira Alves, Clara, CEO, Claref LDA; writer
Nogueira Leite, António, Member of the Board, José de Mello Investimentos, SGPS, SA
SWEDEN
Mordashov, Alexey A., CEO, Severstal
Schweden
Bildt, Carl, Minister of Foreign Affairs
Björling, Ewa, Minister for Trade
Wallenberg, Jacob, Chairman, Investor AB
GIULIO TREMONTI
SWITZERLAND
Brabeck-Letmathe, Peter, Chairman, Nestlé S.A.
Groth, Hans, Senior Director, Healthcare Policy & Market Access, Oncology Business Unit, Pfizer Europe
Janom Steiner, Barbara, Head of the Department of Justice, Security and Health, Canton
Kudelski, André, Chairman and CEO, Kudelski Group SA
Leuthard, Doris, Federal Councillor
Schmid, Martin, President, Government of the Canton Grisons
Schweiger, Rolf, Ständerat
Soiron, Rolf, Chairman of the Board, Holcim Ltd., Lonza Ltd.
Vasella, Daniel L., Chairman, Novartis AG
Witmer, Jürg, Chairman, Givaudan SA and Clariant AG
SPAIN
Cebrián, Juan Luis, CEO, PRISA
Cospedal, María Dolores de, Secretary General, Partido Popular
León Gross, Bernardino, Secretary General of the Spanish Presidency
Nin Génova, Juan María, President and CEO, La Caixa
H.M. Queen Sofia of Spain
JEFF BEZOS DI AMAZON
TURKEY
Ciliv, Süreyya, CEO, Turkcell Iletisim Hizmetleri A.S.
Gülek Domac, Tayyibe, Former Minister of State
Koç, Mustafa V., Chairman, Koç Holding A.S.
Pekin, Sefika, Founding Partner, Pekin & Bayar Law Firm
HENRY KISSINGER 01 LAP
USA
Alexander, Keith B., Commander, USCYBERCOM; Director, National Security Agency
Altman, Roger C., Chairman, Evercore Partners Inc.
Bezos, Jeff, Founder and CEO, Amazon.com
Collins, Timothy C., CEO, Ripplewood Holdings, LLC
Feldstein, Martin S., George F. Baker Professor of Economics, Harvard University
Hoffman, Reid, Co-founder and Executive Chairman, LinkedIn
Hughes, Chris R., Co-founder, Facebook
Jacobs, Kenneth M., Chairman & CEO, Lazard
TRICHET
Johnson, James A., Vice Chairman, Perseus, LLC
Jordan, Jr., Vernon E., Senior Managing Director, Lazard Frères & Co. LLC
Keane, John M., Senior Partner, SCP Partners; General, US Army, Retired
Kissinger, Henry A., Chairman, Kissinger Associates, Inc.
Kleinfeld, Klaus, Chairman and CEO, Alcoa
Kravis, Henry R., Co-Chairman and co-CEO, Kohlberg Kravis, Roberts & Co.
Kravis, Marie-Josée, Senior Fellow, Hudson Institute, Inc.
Li, Cheng, Senior Fellow and Director of Research, John L. Thornton China Center, Brookings Institution
Mundie, Craig J., Chief Research and Strategy Officer, Microsoft Corporation
Orszag, Peter R., Vice Chairman, Citigroup Global Markets, Inc.
Perle, Richard N., Resident Fellow, American Enterprise Institute for Public Policy Research
Rockefeller, David, Former Chairman, Chase Manhattan Bank
Rose, Charlie, Executive Editor and Anchor, Charlie Rose
Rubin, Robert E., Co-Chairman, Council on Foreign Relations; Former Secretary of the Treasury
ERIC SCHMIDT
Schmidt, Eric, Executive Chairman, Google Inc.
Steinberg, James B., Deputy Secretary of State
Thiel, Peter A., President, Clarium Capital Management, LLC
Varney, Christine A., Assistant Attorney General for Antitrust
Vaupel, James W., Founding Director, Max Planck Institute for Demographic Research
Warsh, Kevin, Former Governor, Federal Reserve Board
Wolfensohn, James D., Chairman, Wolfensohn & Company, LLC
BELGIUM
Coene, Luc, Governor, National Bank of Belgium
Davignon, Etienne, Minister of State and chairman of the board of directors, Brussels Airlines
Leysen, Thomas, Chairman, Umicore
CLUB BILDERBERG 001
CHINA
Fu, Ying, Vice Minister of Foreign Affairs
Huang, Yiping, Professor of Economics, China Center for Economic Research, Peking University
DENMARK
Eldrup, Anders, CEO, DONG Energy
Federspiel, Ulrik, Vice President, Global Affairs, Haldor Topsøe A/S
Schütze, Peter, Member of the Executive Management, Nordea Bank AB
GERMANY
Ackermann, Josef, Chairman of the Management Board and the Group Executive Committee, Deutsche Bank
Enders, Thomas, CEO, Airbus SAS
Löscher, Peter, President and CEO, Siemens AG
Nass, Matthias, Chief International Correspondent, Die Zeit
Steinbrück, Peer, Member of the Bundestag; Former Minister of Finance
FRANCO BERNABE
FINLAND
Apunen, Matti, Director, Finnish Business and Policy Forum EVA
Johansson, Ole, Chairman, Confederation of the Finnish Industries EK
Ollila, Jorma, Chairman, Royal Dutch Shell
Pentikäinen, Mikael, Publisher and Senior Editor-in-Chief, Helsingin Sanomat
FRANCE
Baverez, Nicolas, Partner, Gibson, Dunn & Crutcher LLP
Bazire, Nicolas, Managing Director, Groupe Arnault /LVMH
Castries, Henri de, Chairman and CEO, AXA
Lévy, Maurice, Chairman and CEO, Publicis Groupe S.A.
Montbrial, Thierry de, President, French Institute for International Relations
Roy, Olivier, Professor of Social and Political Theory, European University Institute
GREAT BRITAIN
Agius, Marcus, Chairman, Barclays PLC
Flint, Douglas J., Group Chairman, HSBC Holdings
Kerr, John, Member, House of Lords; Deputy Chairman, Royal Dutch Shell
Lambert, Richard, Independent Non-Executive Director, Ernst & Young
Mandelson, Peter, Member, House of Lords; Chairman, Global Counsel
Micklethwait, John, Editor-in-Chief, The Economist
Osborne, George, Chancellor of the Exchequer
Stewart, Rory, Member of Parliament
Taylor, J. Martin, Chairman, Syngenta International AG
JOHN ELKANN
GREECE
David, George A., Chairman, Coca-Cola H.B.C. S.A.
Hardouvelis, Gikas A., Chief Economist and Head of Research, Eurobank EFG
Papaconstantinou, George, Minister of Finance
Tsoukalis, Loukas, President, ELIAMEP Grisons
INTERNATIONAL ORGANIZATIONS
Almunia, Joaquín, Vice President, European Commission
Daele, Frans van, Chief of Staff to the President of the European Council
Kroes, Neelie, Vice President, European Commission; Commissioner for Digital Agenda
Lamy, Pascal, Director General, World Trade Organization
Rompuy, Herman van, President, European Council
Sheeran, Josette, Executive Director, United Nations World Food Programme
Solana Madariaga, Javier, President, ESADEgeo Center for Global Economy and Geopolitics
Trichet, Jean-Claude, President, European Central Bank
Zoellick, Robert B., President, The World Bank Group
IRELAND
Gallagher, Paul, Senior Counsel; Former Attorney General
McDowell, Michael, Senior Counsel, Law Library; Former Deputy Prime Minister
Sutherland, Peter D., Chairman, Goldman Sachs International
ITALY
Bernabè, Franco, CEO, Telecom Italia SpA
Elkann, John, Chairman, Fiat S.p.A.
Monti, Mario, President, Università Commerciale Luigi Bocconi
Scaroni, Paolo, CEO, Eni S.p.A.
Tremonti, Giulio, Minister of Economy and Finance
PAOLO SCARONI
CANADA
Carney, Mark J., Governor, Bank of Canada
Clark, Edmund, President and CEO, TD Bank Financial Group
McKenna, Frank, Deputy Chair, TD Bank Financial Group
Orbinksi, James, Professor of Medicine and Political Science, University of Toronto
Prichard, J. Robert S., Chair, Torys LLP
Reisman, Heather, Chair and CEO, Indigo Books & Music Inc. Center, Brookings Institution
NETHERLANDS
Bolland, Marc J., Chief Executive, Marks and Spencer Group plc
Chavannes, Marc E., Political Columnist, NRC Handelsblad; Professor of Journalism
Halberstadt, Victor, Professor of Economics, Leiden University; Former Honorary Secretary General of Bilderberg Meetings
H.M. the Queen of the Netherlands
Rosenthal, Uri, Minister of Foreign Affairs
Winter, Jaap W., Partner, De Brauw Blackstone Westbroek
MARIO MONTI
NORWAY
Myklebust, Egil, Former Chairman of the Board of Directors SAS, sk Hydro ASA
H.R.H. Crown Prince Haakon of Norway
Ottersen, Ole Petter, Rector, University of Oslo
Solberg, Erna, Leader of the Conservative Party
AUSTRIA
Bronner, Oscar, CEO and Publisher, Standard Medien AG
Faymann, Werner, Federal Chancellor
Rothensteiner, Walter, Chairman of the Board, Raiffeisen Zentralbank Österreich AG
Scholten, Rudolf, Member of the Board of Executive Directors, Oesterreichische Kontrollbank AG
PORTUGAL
Balsemão, Francisco Pinto, Chairman and CEO, IMPRESA, S.G.P.S.; Former Prime Minister
Ferreira Alves, Clara, CEO, Claref LDA; writer
Nogueira Leite, António, Member of the Board, José de Mello Investimentos, SGPS, SA
SWEDEN
Mordashov, Alexey A., CEO, Severstal
Schweden
Bildt, Carl, Minister of Foreign Affairs
Björling, Ewa, Minister for Trade
Wallenberg, Jacob, Chairman, Investor AB
GIULIO TREMONTI
SWITZERLAND
Brabeck-Letmathe, Peter, Chairman, Nestlé S.A.
Groth, Hans, Senior Director, Healthcare Policy & Market Access, Oncology Business Unit, Pfizer Europe
Janom Steiner, Barbara, Head of the Department of Justice, Security and Health, Canton
Kudelski, André, Chairman and CEO, Kudelski Group SA
Leuthard, Doris, Federal Councillor
Schmid, Martin, President, Government of the Canton Grisons
Schweiger, Rolf, Ständerat
Soiron, Rolf, Chairman of the Board, Holcim Ltd., Lonza Ltd.
Vasella, Daniel L., Chairman, Novartis AG
Witmer, Jürg, Chairman, Givaudan SA and Clariant AG
SPAIN
Cebrián, Juan Luis, CEO, PRISA
Cospedal, María Dolores de, Secretary General, Partido Popular
León Gross, Bernardino, Secretary General of the Spanish Presidency
Nin Génova, Juan María, President and CEO, La Caixa
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USA
Alexander, Keith B., Commander, USCYBERCOM; Director, National Security Agency
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Feldstein, Martin S., George F. Baker Professor of Economics, Harvard University
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TRICHET
Johnson, James A., Vice Chairman, Perseus, LLC
Jordan, Jr., Vernon E., Senior Managing Director, Lazard Frères & Co. LLC
Keane, John M., Senior Partner, SCP Partners; General, US Army, Retired
Kissinger, Henry A., Chairman, Kissinger Associates, Inc.
Kleinfeld, Klaus, Chairman and CEO, Alcoa
Kravis, Henry R., Co-Chairman and co-CEO, Kohlberg Kravis, Roberts & Co.
Kravis, Marie-Josée, Senior Fellow, Hudson Institute, Inc.
Li, Cheng, Senior Fellow and Director of Research, John L. Thornton China Center, Brookings Institution
Mundie, Craig J., Chief Research and Strategy Officer, Microsoft Corporation
Orszag, Peter R., Vice Chairman, Citigroup Global Markets, Inc.
Perle, Richard N., Resident Fellow, American Enterprise Institute for Public Policy Research
Rockefeller, David, Former Chairman, Chase Manhattan Bank
Rose, Charlie, Executive Editor and Anchor, Charlie Rose
Rubin, Robert E., Co-Chairman, Council on Foreign Relations; Former Secretary of the Treasury
ERIC SCHMIDT
Schmidt, Eric, Executive Chairman, Google Inc.
Steinberg, James B., Deputy Secretary of State
Thiel, Peter A., President, Clarium Capital Management, LLC
Varney, Christine A., Assistant Attorney General for Antitrust
Vaupel, James W., Founding Director, Max Planck Institute for Demographic Research
Warsh, Kevin, Former Governor, Federal Reserve Board
Wolfensohn, James D., Chairman, Wolfensohn & Company, LLC
AGNELLI SOLO DI NOME - NEL SUO LIBRO SUI SEGRETI DELL’EREDITÀ, EMANUELE GAMNA, L’EX LEGALE DELLA SVALVOLATA MARGHERITA, RACCONTA DI UN MINACCIOSO COLLOQUIO COL MARITO DELLA RAMPOLLA - NOVEMBRE 2007: “ABBIAMO UN DOSSIER FORMIDABILE. JOHN ELKANN LA PAGHERÀ CARA, MA TU DEVI AIUTARCI PERCHÉ IL TRIBUNALE DI TORINO È IN MANO AI NOSTRI NEMICI E LE PROVE POTREBBERO NON BASTARE”…
Da "Libero"
Estratto del libro "M, l'importanza di chiamarsi Agnelli" scritto da Emanule Gamna (ex legale di Margherita Agnelli, M nel testo) pubblicato da Milano Finanza
L IMPORTANZA DI CHIAMARSI AGNELLI
Novembre 2007, un sabato, tarda mattinata. Villa Sole è una delle proprietà dell'Avvocato sulla collina torinese e, come tutte le altre, ora appartiene a M. L'Avvocato l'ha abitata per un poco, nelle more dei lavori di Frescot che sarebbe diventata la residenza ufficiale a Torino, dopo l'abbandono di Corso Matteotti. C'è una bella fotografia di famiglia, padre, madre e due figli, fine Anni 60, davanti a un camino da designer americano.
La casa è brutta, ma interessante, un tentativo dell'Avvocato di avvicinarsi all'architettura contemporanea, poi rientrato con le tradizionalissime scelte a venire. Rifilata a Edoardo con l'obiettivo di non stargli troppo col fiato sul collo e di sorvegliarlo senza parere, in realtà la casa era abitata solo in parte e abbastanza trascurata.
Edoardo abitava la portineria; l'avevo visitata anni prima con M, dopo il suicidio del povero fratello. Un modesto edificio, composto da stanzette piccolo borghese; ho un ricordo di candele accese, immagini sacre orientaleggianti del genere che si trova nei mercatini rionali, un arredo dozzinale e uno squallore marcato e consapevolmente coltivato da quell'ex ragazzo instabile e inconcludente, forse a significare che la sua strada, funambolica e già senza sbocco, non avrebbe incontrato mai quella, costruita e complessa, imboccata dai genitori.
MARGHERITA AGNELLI
Chissà se mai l'Avvocato ci ha messo piede. Villa Sole, M l'ha ereditata quasi senza saperlo, e, per un puntiglio, l'aveva negata al figlio Lapo che voleva riattarla. Per M aveva la funzione di mausoleo, serviva a divinizzare (senza grande sforzo) il fratello che lei amava pensare, più o meno al pari di lei, una vittima del sistema di Torino, dell'onnivoro Gabetti e di quei genitori distanti e insofferenti alle debolezze altrui. Quelle tetre stanzette della portineria assolvevano alla funzione di tempio votivo alla memoria.
RICORDI SU EDOARDO
Nel 2005 M aveva deciso di consacrare la casa a un fine sociale, iniziativa benemerita e solo atto di generosità visibile che io ricordi (oltre alla donazione al Faro). M, a modo suo, aveva amato il fratello, pigramente e senza impegno fisico. Edoardo, d'altronde, era dipinto dalla stampa come un individuo irrequieto, discontinuo ed esibizionista, in definitiva poco intelligente.
Mi raccontò M che Edoardo, a differenza di lei, rifiutò a fine anni Novanta la donazione di cento milioni di euro decisa a suo favore da suo padre in qualche paradiso fiscale e della quota nella Dicembre: forse un moto di gelosia per le designazioni (prima di Giovannino e poi di Jaki) che lo escludevano dal ponte di comando. La gelosia, acuita dallo stato di abbandono nel quale (volutamente?) viveva, era sfociata in una masochistica determinazione all'estraniazione e a condurre una piatta esistenza controcorrente; protesta disarticolata, funzionale ad attirare l'attenzione parentale che l'inettitudine gli precludeva.
GIANNI E MARGHERITA AGNELLI IL GIORNO DELLE NOZZE CON JOHN ELKANN
Dedicare quella casa per qualche anno ad attività benefiche (con il contributo tangibile del Comune di Torino), forse era un modo per contestare l'autorità costituita, quella familiare; dell'iniziativa me ne ero occupato brevemente qualche tempo addietro, insieme a lei. Per questo, M dice al telefono che mi vorrebbe presente, in quel giorno di inaugurazione.
Quel mattino, nell'ultima metà di novembre, è glaciale e terso. Il piazzale della chiesa di San Vito in collina, ben poco accogliente. Son stupito perché non c'è la stampa.
Curioso: c'è Gabriele Galateri, unico esponente di un establishment un tempo legato alla Famiglia, Franz e Silvia Rivetti, che sono vecchi amici comuni, l'Ambasciatore Migone con la moglie Annina, alcuni dipendenti di casa e addetti a Villa Sole, e poi Marellina Caracciolo.
Forte disagio. Non arriva nessun familiare. M ritarda, forse questi quattro gatti non sono ciò che si attendeva. Quando giunge, avvolta in un immenso cappotto, è tesissima senza sorriso. Mi viene in mente la Regina di Narnia del cartoon che vedo con la piccola Matilde. L'inevitabile marito e qualche figlia al seguito. Saluta in fretta, quasi infastidita di trovarci lì. Una messa senza pathos; in fondo, penso, a nessuno dei presenti importa granché di Edoardo, o di M, o di Villa Sole. Ognuno è lì per motivi disparati che nulla hanno a che fare con la ricorrenza. Io non faccio eccezione.
EDOARDO GIANNI AGNELLI
ARRIVA SERGE
All'ingresso della casa ci raggiunge Serge che è tutto l'opposto: garrulo e gentile, ci invita, come i vecchi amici di un tempo, a San Pietroburgo a Natale, nella casa dove aveva gentilmente ospitato nostra figlia Ottavia l'inverno precedente, mi prefigura un programma di sogno con musei aperti per noi fuori orario. Idilliaco. Quasi mi pare sincero e la cosa mi sgomenta.
La colazione che segue è sconclusionata, schizofrenica, tutti che fingono interesse per la ristrutturazione della casa in educandato, nessuno che davvero si parla. Mi decido a non perdere altro tempo e chiedo a Serge di scambiare una parola in tête- à-tête: dalla reazione mi rendo conto che non attendeva altro, che questa, anche per lui, è la ragione della mia presenza.
Saliamo al piano di sopra, sloggiamo Marellina da una stanza e Marellina non pare sorpresa di quest'incursione. Vado subito al nocciolo della questione: "Che cosa volete da me e da Patry (l'altro ex legale di Margherita, ndr)? Perché questo attacco, chiaramente ricattatorio? Di chi è l'idea?" Serge ora ha cambiato faccia, ora è il russo delle periferie, con la mascella dura e pronto a colpire. È però estremamente calmo; segno, mi dico, che è tutto preparato da tempo.
EDOARDO E GIANNI AGNELLI
"Margherita si aspettava che l'accordo di quattro anni fa portasse la pace e così non è stato", mi dice stentoreo. "Margherita è scontenta, non ti ha coinvolto perché tu sei amico di Gabetti anche se non contestiamo affatto il risultato del 2004. Ma ti sia chiaro che ora vogliamo ben altro".
Tocco subito l'argomento che mi sta a cuore: "Serge, tu sai benissimo come le cose sono andate, quando, come e perché tua moglie ha pagato ben volentieri il compenso del mio lavoro. Il ricatto di oggi è uno schifo, un vero schifo. Poi sai altrettanto bene che un problema tira l'altro e M non ha di che stare tranquilla con il tesoro ricevuto da suo padre, mai denunciato al fisco".
Non uso mezzi termini, vorrei spaventarlo e Serge reagisce malamente. "È inutile che tu dica che noi abbiamo un problema fiscale, è una fandonia. I nostri commercialisti l'hanno categoricamente escluso, non ti crediamo". Vado al sodo, dato che non si apre alcuna strada e Serge è volutamente minaccioso e aggressivo : "Che volete da me, allora?"
"Che tu faccia quel che ci serve. Noi abbiamo ormai un dossier formidabile contro Gabetti e abbiamo le prove che il patrimonio dell'avvocato era pari a non meno di 10 miliardi di dollari (sic) nascosti all'estero. John Elkann la pagherà cara, ma tu devi darci una mano perché il Tribunale di Torino è in mano ai nostri nemici e le nostre prove potrebbero non bastare".
GABETTI GRANDE STEVENS
POCHE DOMANDE
È curioso, tuttavia, che né Serge né sua moglie si chiedano, qualora davvero esistesse tanto denaro nascosto dall'Avvocato, quale possa essere l'origine, né si pongano l'ovvio quesito sulla liceità della provenienza, sul perchè della macroscopica discrepanza con le fortune incomparabilmente più contenute degli altri membri della Famiglia; il tema (non da oggi) non li appassiona affatto. È tutto assurdo, mi dico, ma almeno è tutto chiaro. Dato che il dialogo si snocciola su questa falsariga, gli chiedo ancora se lui e sua moglie vogliono denaro anche da me.
GABRIELE GALATERI DI GENOLA
La risposta è sibillina: "Il denaro per noi è importante, ma lo è di più per Poncet e comunque ti confermo che tutto ciò che lui ti ha scritto è pienamente condiviso da noi. Certo Poncet è un po' aggressivo, ma Margherita ha deciso che è di questo tipo di professionisti di cui ora ha bisogno. Del denaro possiamo parlare, anzi ne parlo a Margherita e poi ti facciamo sapere. Penso proprio che il denaro ci serva perché abbiamo avuto tante spese". Sì, dice proprio così. "Tante spese". Sono allibito. (...)
MARELLINA CARACCIOLO
Teso, scendo al piano terra. M mi viene incontro dopo dieci minuti, quando decido di andarmene. È sorridente, per la prima volta oggi. Mi dice che Serge l'ha informata e che mi farà sapere in merito alla mia richiesta e che conta molto sul mio aiuto. Dice letteralmente "aiuto". Certo, in realtà le richieste sono tutte loro, ma che senso ha puntualizzare?
Estratto del libro "M, l'importanza di chiamarsi Agnelli" scritto da Emanule Gamna (ex legale di Margherita Agnelli, M nel testo) pubblicato da Milano Finanza
L IMPORTANZA DI CHIAMARSI AGNELLI
Novembre 2007, un sabato, tarda mattinata. Villa Sole è una delle proprietà dell'Avvocato sulla collina torinese e, come tutte le altre, ora appartiene a M. L'Avvocato l'ha abitata per un poco, nelle more dei lavori di Frescot che sarebbe diventata la residenza ufficiale a Torino, dopo l'abbandono di Corso Matteotti. C'è una bella fotografia di famiglia, padre, madre e due figli, fine Anni 60, davanti a un camino da designer americano.
La casa è brutta, ma interessante, un tentativo dell'Avvocato di avvicinarsi all'architettura contemporanea, poi rientrato con le tradizionalissime scelte a venire. Rifilata a Edoardo con l'obiettivo di non stargli troppo col fiato sul collo e di sorvegliarlo senza parere, in realtà la casa era abitata solo in parte e abbastanza trascurata.
Edoardo abitava la portineria; l'avevo visitata anni prima con M, dopo il suicidio del povero fratello. Un modesto edificio, composto da stanzette piccolo borghese; ho un ricordo di candele accese, immagini sacre orientaleggianti del genere che si trova nei mercatini rionali, un arredo dozzinale e uno squallore marcato e consapevolmente coltivato da quell'ex ragazzo instabile e inconcludente, forse a significare che la sua strada, funambolica e già senza sbocco, non avrebbe incontrato mai quella, costruita e complessa, imboccata dai genitori.
MARGHERITA AGNELLI
Chissà se mai l'Avvocato ci ha messo piede. Villa Sole, M l'ha ereditata quasi senza saperlo, e, per un puntiglio, l'aveva negata al figlio Lapo che voleva riattarla. Per M aveva la funzione di mausoleo, serviva a divinizzare (senza grande sforzo) il fratello che lei amava pensare, più o meno al pari di lei, una vittima del sistema di Torino, dell'onnivoro Gabetti e di quei genitori distanti e insofferenti alle debolezze altrui. Quelle tetre stanzette della portineria assolvevano alla funzione di tempio votivo alla memoria.
RICORDI SU EDOARDO
Nel 2005 M aveva deciso di consacrare la casa a un fine sociale, iniziativa benemerita e solo atto di generosità visibile che io ricordi (oltre alla donazione al Faro). M, a modo suo, aveva amato il fratello, pigramente e senza impegno fisico. Edoardo, d'altronde, era dipinto dalla stampa come un individuo irrequieto, discontinuo ed esibizionista, in definitiva poco intelligente.
Mi raccontò M che Edoardo, a differenza di lei, rifiutò a fine anni Novanta la donazione di cento milioni di euro decisa a suo favore da suo padre in qualche paradiso fiscale e della quota nella Dicembre: forse un moto di gelosia per le designazioni (prima di Giovannino e poi di Jaki) che lo escludevano dal ponte di comando. La gelosia, acuita dallo stato di abbandono nel quale (volutamente?) viveva, era sfociata in una masochistica determinazione all'estraniazione e a condurre una piatta esistenza controcorrente; protesta disarticolata, funzionale ad attirare l'attenzione parentale che l'inettitudine gli precludeva.
GIANNI E MARGHERITA AGNELLI IL GIORNO DELLE NOZZE CON JOHN ELKANN
Dedicare quella casa per qualche anno ad attività benefiche (con il contributo tangibile del Comune di Torino), forse era un modo per contestare l'autorità costituita, quella familiare; dell'iniziativa me ne ero occupato brevemente qualche tempo addietro, insieme a lei. Per questo, M dice al telefono che mi vorrebbe presente, in quel giorno di inaugurazione.
Quel mattino, nell'ultima metà di novembre, è glaciale e terso. Il piazzale della chiesa di San Vito in collina, ben poco accogliente. Son stupito perché non c'è la stampa.
Curioso: c'è Gabriele Galateri, unico esponente di un establishment un tempo legato alla Famiglia, Franz e Silvia Rivetti, che sono vecchi amici comuni, l'Ambasciatore Migone con la moglie Annina, alcuni dipendenti di casa e addetti a Villa Sole, e poi Marellina Caracciolo.
Forte disagio. Non arriva nessun familiare. M ritarda, forse questi quattro gatti non sono ciò che si attendeva. Quando giunge, avvolta in un immenso cappotto, è tesissima senza sorriso. Mi viene in mente la Regina di Narnia del cartoon che vedo con la piccola Matilde. L'inevitabile marito e qualche figlia al seguito. Saluta in fretta, quasi infastidita di trovarci lì. Una messa senza pathos; in fondo, penso, a nessuno dei presenti importa granché di Edoardo, o di M, o di Villa Sole. Ognuno è lì per motivi disparati che nulla hanno a che fare con la ricorrenza. Io non faccio eccezione.
EDOARDO GIANNI AGNELLI
ARRIVA SERGE
All'ingresso della casa ci raggiunge Serge che è tutto l'opposto: garrulo e gentile, ci invita, come i vecchi amici di un tempo, a San Pietroburgo a Natale, nella casa dove aveva gentilmente ospitato nostra figlia Ottavia l'inverno precedente, mi prefigura un programma di sogno con musei aperti per noi fuori orario. Idilliaco. Quasi mi pare sincero e la cosa mi sgomenta.
La colazione che segue è sconclusionata, schizofrenica, tutti che fingono interesse per la ristrutturazione della casa in educandato, nessuno che davvero si parla. Mi decido a non perdere altro tempo e chiedo a Serge di scambiare una parola in tête- à-tête: dalla reazione mi rendo conto che non attendeva altro, che questa, anche per lui, è la ragione della mia presenza.
Saliamo al piano di sopra, sloggiamo Marellina da una stanza e Marellina non pare sorpresa di quest'incursione. Vado subito al nocciolo della questione: "Che cosa volete da me e da Patry (l'altro ex legale di Margherita, ndr)? Perché questo attacco, chiaramente ricattatorio? Di chi è l'idea?" Serge ora ha cambiato faccia, ora è il russo delle periferie, con la mascella dura e pronto a colpire. È però estremamente calmo; segno, mi dico, che è tutto preparato da tempo.
EDOARDO E GIANNI AGNELLI
"Margherita si aspettava che l'accordo di quattro anni fa portasse la pace e così non è stato", mi dice stentoreo. "Margherita è scontenta, non ti ha coinvolto perché tu sei amico di Gabetti anche se non contestiamo affatto il risultato del 2004. Ma ti sia chiaro che ora vogliamo ben altro".
Tocco subito l'argomento che mi sta a cuore: "Serge, tu sai benissimo come le cose sono andate, quando, come e perché tua moglie ha pagato ben volentieri il compenso del mio lavoro. Il ricatto di oggi è uno schifo, un vero schifo. Poi sai altrettanto bene che un problema tira l'altro e M non ha di che stare tranquilla con il tesoro ricevuto da suo padre, mai denunciato al fisco".
Non uso mezzi termini, vorrei spaventarlo e Serge reagisce malamente. "È inutile che tu dica che noi abbiamo un problema fiscale, è una fandonia. I nostri commercialisti l'hanno categoricamente escluso, non ti crediamo". Vado al sodo, dato che non si apre alcuna strada e Serge è volutamente minaccioso e aggressivo : "Che volete da me, allora?"
"Che tu faccia quel che ci serve. Noi abbiamo ormai un dossier formidabile contro Gabetti e abbiamo le prove che il patrimonio dell'avvocato era pari a non meno di 10 miliardi di dollari (sic) nascosti all'estero. John Elkann la pagherà cara, ma tu devi darci una mano perché il Tribunale di Torino è in mano ai nostri nemici e le nostre prove potrebbero non bastare".
GABETTI GRANDE STEVENS
POCHE DOMANDE
È curioso, tuttavia, che né Serge né sua moglie si chiedano, qualora davvero esistesse tanto denaro nascosto dall'Avvocato, quale possa essere l'origine, né si pongano l'ovvio quesito sulla liceità della provenienza, sul perchè della macroscopica discrepanza con le fortune incomparabilmente più contenute degli altri membri della Famiglia; il tema (non da oggi) non li appassiona affatto. È tutto assurdo, mi dico, ma almeno è tutto chiaro. Dato che il dialogo si snocciola su questa falsariga, gli chiedo ancora se lui e sua moglie vogliono denaro anche da me.
GABRIELE GALATERI DI GENOLA
La risposta è sibillina: "Il denaro per noi è importante, ma lo è di più per Poncet e comunque ti confermo che tutto ciò che lui ti ha scritto è pienamente condiviso da noi. Certo Poncet è un po' aggressivo, ma Margherita ha deciso che è di questo tipo di professionisti di cui ora ha bisogno. Del denaro possiamo parlare, anzi ne parlo a Margherita e poi ti facciamo sapere. Penso proprio che il denaro ci serva perché abbiamo avuto tante spese". Sì, dice proprio così. "Tante spese". Sono allibito. (...)
MARELLINA CARACCIOLO
Teso, scendo al piano terra. M mi viene incontro dopo dieci minuti, quando decido di andarmene. È sorridente, per la prima volta oggi. Mi dice che Serge l'ha informata e che mi farà sapere in merito alla mia richiesta e che conta molto sul mio aiuto. Dice letteralmente "aiuto". Certo, in realtà le richieste sono tutte loro, ma che senso ha puntualizzare?
venerdì 10 giugno 2011
borghezio pestato dal club segreto bildelberg
Il leghista voleva partecipare al summit del Club Bildelberg. «Sangue dal naso»
Mario Borghezio MILANO - Ha cercato di assistere ai lavori del Gruppo Bildelberg, un incontro annuale per inviti e non ufficiale, ma è stato bloccato e «malmenato». Protagonista della brutta avventura l'europarlamentare della Lega Mario Borghezio. Il politico piemontese avrebbe voluto assistere ai lavori del club esclusivo e invece al bureau d'ingresso dell'Hotel Suretta di St. Moritz, nonostante si fosse presentato e avesse mostrato il tesserino dell'Europarlamento è stato fermato dagli uomini del servizio di sicurezza dell'organismo. «Ci hanno letteralmente presi a spintoni», racconta Borghezio che era accompagnato dal suo assistente parlamentare. «Mi hanno dato anche un colpo sul naso che ora è sanguinante: è stata un'aggressione violentissima, mi hanno portato fuori di peso e per un miracolo non sono caduto».
FERMATO - Dopo l'incidente, il parlamentare è stato fermato dalla polizia svizzera. «Nulla da eccepire sul loro comportamento, sono stati gentilissimi, ma non riesco a capire perché se la siano presa con noi: ci hanno portato via come malviventi, perquisendo anche la nostra macchina , dove ovviamente no è stato trovato nulla». Borghezio è convinto che l'accaduto smascheri «la reale natura di questa consorteria: il club di Bildelber è una società segreta e non un gruppo di persone che si riuniscono in modo riservato. Chiediamo che chi decide sui destini del mondo lo faccia in modo trasparente», attacca l'europarlamentare, dicendosi pronto a presentare denuncia. «E voglio aggiungere che non mi sarebbe dispiaciuto che, in una tale situazione, avessi ricevuto una telefonata delle autorità italiane».
IL CLUB - Il Club Bilderberg, detto anche Conferenza Bilderberg o Gruppo Bilderberg, è un incontro annuale per inviti, non ufficiale, di circa 130 partecipanti, la maggior parte dei quali sono personalità influenti in campo economico, politico e bancario. I partecipanti trattano una grande varietà di temi globali, economici, militari e politici.
Redazione online
10 giugno 2011
www.corriere.it
Mario Borghezio MILANO - Ha cercato di assistere ai lavori del Gruppo Bildelberg, un incontro annuale per inviti e non ufficiale, ma è stato bloccato e «malmenato». Protagonista della brutta avventura l'europarlamentare della Lega Mario Borghezio. Il politico piemontese avrebbe voluto assistere ai lavori del club esclusivo e invece al bureau d'ingresso dell'Hotel Suretta di St. Moritz, nonostante si fosse presentato e avesse mostrato il tesserino dell'Europarlamento è stato fermato dagli uomini del servizio di sicurezza dell'organismo. «Ci hanno letteralmente presi a spintoni», racconta Borghezio che era accompagnato dal suo assistente parlamentare. «Mi hanno dato anche un colpo sul naso che ora è sanguinante: è stata un'aggressione violentissima, mi hanno portato fuori di peso e per un miracolo non sono caduto».
FERMATO - Dopo l'incidente, il parlamentare è stato fermato dalla polizia svizzera. «Nulla da eccepire sul loro comportamento, sono stati gentilissimi, ma non riesco a capire perché se la siano presa con noi: ci hanno portato via come malviventi, perquisendo anche la nostra macchina , dove ovviamente no è stato trovato nulla». Borghezio è convinto che l'accaduto smascheri «la reale natura di questa consorteria: il club di Bildelber è una società segreta e non un gruppo di persone che si riuniscono in modo riservato. Chiediamo che chi decide sui destini del mondo lo faccia in modo trasparente», attacca l'europarlamentare, dicendosi pronto a presentare denuncia. «E voglio aggiungere che non mi sarebbe dispiaciuto che, in una tale situazione, avessi ricevuto una telefonata delle autorità italiane».
IL CLUB - Il Club Bilderberg, detto anche Conferenza Bilderberg o Gruppo Bilderberg, è un incontro annuale per inviti, non ufficiale, di circa 130 partecipanti, la maggior parte dei quali sono personalità influenti in campo economico, politico e bancario. I partecipanti trattano una grande varietà di temi globali, economici, militari e politici.
Redazione online
10 giugno 2011
www.corriere.it
mercoledì 8 giugno 2011
PIÙ SOLDI PER TUTTI! - DA NON PERDERE (ANCHE SE LA CAMERA LA NASCONDE) LA LISTA DEI FINANZIATORI DEI PARTITI - DAI BANCHIERI MPS CHE STACCANO ASSEGNI PER IL PD DI SIENA ALLE AZIENDE MEZZAROMA (MR. CARFAGNA) CHE FORAGGIANO IL PDL, DAI CALTAGIRONE CHE FINANZIANO L’UDC DI PIER-CALTA ALLA GENERAZIONE ITALIA DI BOCCHINO CHE TIENE IN PIEDI IL FLI DI FINI - IL TOP A MILANO: GIANMARCO MORATTI SCUCE 4 MILIONI PER LA CAMPAGNA (PERDENTE) DELLA MOGLIE LETIZIA - DOMANDA: CHI SPENDE COSÌ TANTO PER UNA SEMPLICE ELEZIONE AMMINISTRATIVA COSA SPERA DI RICAVARE IN FUTURO…?
Paolo Bracalini per "Il Giornale"
Quattro milioni di euro in tre soluzioni a distanza di un mese. Ricevente il «Comitato Letizia Moratti per Milano», erogante Gianmarco Moratti, petroliere marito dell'ex sindaco del Pdl. Sulla sponsorizzazione milionaria di Letizia Moratti si è favoleggiato molto, le cifre precise invece si trovano nell'ultima «Dichiarazione ex art. 4 L. 659/81 relative ai contributi erogati nel 2011» appena registrato dagli uffici della Camera. Lì si trovano le tre donazioni fatte da Gianmarco Moratti, la prima del 4 aprile 2011, per 400mila euro, le seconde due un mese esatto dopo, il 4 maggio, con 600mila euro e 3 milioni di euro.
ITALO BOCCHINO
Per la prima volta la tesoreria di Montecitorio registra anche la voce Futuro e libertà tra i soggetti beneficiari di erogazioni «liberali» (cioè private), perché fino agli ultimi due mesi del 2010 Fli non esisteva formalmente. E dalle dichiarazioni si ha quasi la conferma contabile che il partito sia in mano alla creatura di Italo Bocchino, Generazione Italia, unico soggetto (tra quelli registrati finora) ad aver contribuito a Fli, nel 2011, con tre pagamenti rispettivamente di 90mila euro (26 gennaio), 60mila euro (8 febbraio) e 40mila euro (18 maggio).
AZZURRA CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI
Il documento riporta anche un versamento di 365mila euro fatto dal gruppo alla Camera della Lega nord al partito Lega nord, 74.760 euro dati dal Mpa di Raffaele Lombardo a Nuova Sicilia, un partito locale, e poi 70mila euro staccati da Marco Pannella a favore della Lista Marco Pannella (31 maggio 2011).
Sul fronte Pd si nota un importante elargizione da parte dei vertici di Monte dei Paschi di Siena. Da una parte Giuseppe Mussari, chairman di Mps e presidente dell'Abi (Associazione Bancaria Italiana), che nel gennaio 2011 ha donato 100mila euro al Pd di Siena, dall'altra Ernesto Rabizzi, vicepresidente di Banca Mps protocollato il 21 gennaio 2011 per l'erogazione di 75mila euro sempre al partito di Bersani (sezione di Siena).
FRANCESCO E ALESSANDRO CALTAGIRONE
Lapalissiano il contributo (20mila euro) della Cesd srl (cioè la Cepu) a Federalismo Democratico Umbro, il movimento politico di Francesco Polidori, padre per l'appunto del Cepu. Molto attivi i costruttori nel finanziamento ai partiti, specie al Pdl. La Italiana Costruzioni spa ha regalato 75mila euro al partito di Berlusconi nel 2010, la Impreme Spa, società del gruppo Mezzaroma, il cui rampollo sposerà la Carfagna, altri 50mila, come anche la Mezzaroma ingegneria (50mila euro), la Master Immobiliare (80mila euro), la Società Appalti Costruzioni Spa (50mila euro), e altre società di edilizia hanno contribuito con qualche milione al Pdl.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE
Il gruppo Mezzaroma finanzia il Pdl ma nelle erogazioni per Maria Rosaria Carfagna non c'è, almeno nel 2010. Ci sono invece Air Italy spa di Gallarate (10mila euro), e poi una serie di aziende napoletane, dalla Diarad snc (10mila euro), alla Nuova Domiziana Napoli (4mila euro) settore cliniche private, alla Marnavi spa Napoli trasporti marittimi (10mila euro), alla Servizi avanzati srl napoli (2mila), più due contribuzioni personali. Se invece si guarda in casa Udc si trovano ricche contribuzioni tutte targate Caltagirone, imprenditore a capo dell'omonimo impero e padre della moglie di Pier Ferdinando Casini, leader Udc.
GIUSEPPE MUSSARI
Nel 2010 sono arrivati alla tesoreria dei centristi 100mila euro da Alessandro Caltagirone, 100mila euro da Francesco Caltagirone, 100mila euro da Francesco Gaetano Caltagirone, 100mila euro da Gaetano Caltagirone, 100mila euro dalla Porto Torre spa Roma (gruppo Caltagirone) e 100mila euro da WXII/IE Srl Roma (gruppo Caltagirone). I documenti della Camera con le contribuzioni ai partiti sono pubblici, ma per averli bisogna chiederli e non è così semplice. Su questo stanno facendo una battaglia i Radicali, che già hanno ottenuto una mole di informazioni sulle spese del Parlamento, pubblicate sul sito (dentro radicali.it)
Parlamento Wikileaks.
MARCO MEZZAROMA MARA CARFAGNA
Ma Rita Bernardini, già segretaria dei Radicali e ora deputata eletta col Pd, vuole fare chiarezza anche sui soldi privati ai partiti: «Abbiamo già chiesto che vengano messi sul sito della Camera, ma non lo fanno - spiega la Bernardini -. Saremo costretti ancora una volta a renderli pubblici noi, così che i cittadini possano vedere come si finanziano i partiti. Tenendo presente che questi sono i finanziamenti pubblici, anche se non pubblicati, poi ci sono quelli in nero, che forse sono la parte più cospicua...».
by dagospia
Quattro milioni di euro in tre soluzioni a distanza di un mese. Ricevente il «Comitato Letizia Moratti per Milano», erogante Gianmarco Moratti, petroliere marito dell'ex sindaco del Pdl. Sulla sponsorizzazione milionaria di Letizia Moratti si è favoleggiato molto, le cifre precise invece si trovano nell'ultima «Dichiarazione ex art. 4 L. 659/81 relative ai contributi erogati nel 2011» appena registrato dagli uffici della Camera. Lì si trovano le tre donazioni fatte da Gianmarco Moratti, la prima del 4 aprile 2011, per 400mila euro, le seconde due un mese esatto dopo, il 4 maggio, con 600mila euro e 3 milioni di euro.
ITALO BOCCHINO
Per la prima volta la tesoreria di Montecitorio registra anche la voce Futuro e libertà tra i soggetti beneficiari di erogazioni «liberali» (cioè private), perché fino agli ultimi due mesi del 2010 Fli non esisteva formalmente. E dalle dichiarazioni si ha quasi la conferma contabile che il partito sia in mano alla creatura di Italo Bocchino, Generazione Italia, unico soggetto (tra quelli registrati finora) ad aver contribuito a Fli, nel 2011, con tre pagamenti rispettivamente di 90mila euro (26 gennaio), 60mila euro (8 febbraio) e 40mila euro (18 maggio).
AZZURRA CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI
Il documento riporta anche un versamento di 365mila euro fatto dal gruppo alla Camera della Lega nord al partito Lega nord, 74.760 euro dati dal Mpa di Raffaele Lombardo a Nuova Sicilia, un partito locale, e poi 70mila euro staccati da Marco Pannella a favore della Lista Marco Pannella (31 maggio 2011).
Sul fronte Pd si nota un importante elargizione da parte dei vertici di Monte dei Paschi di Siena. Da una parte Giuseppe Mussari, chairman di Mps e presidente dell'Abi (Associazione Bancaria Italiana), che nel gennaio 2011 ha donato 100mila euro al Pd di Siena, dall'altra Ernesto Rabizzi, vicepresidente di Banca Mps protocollato il 21 gennaio 2011 per l'erogazione di 75mila euro sempre al partito di Bersani (sezione di Siena).
FRANCESCO E ALESSANDRO CALTAGIRONE
Lapalissiano il contributo (20mila euro) della Cesd srl (cioè la Cepu) a Federalismo Democratico Umbro, il movimento politico di Francesco Polidori, padre per l'appunto del Cepu. Molto attivi i costruttori nel finanziamento ai partiti, specie al Pdl. La Italiana Costruzioni spa ha regalato 75mila euro al partito di Berlusconi nel 2010, la Impreme Spa, società del gruppo Mezzaroma, il cui rampollo sposerà la Carfagna, altri 50mila, come anche la Mezzaroma ingegneria (50mila euro), la Master Immobiliare (80mila euro), la Società Appalti Costruzioni Spa (50mila euro), e altre società di edilizia hanno contribuito con qualche milione al Pdl.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE
Il gruppo Mezzaroma finanzia il Pdl ma nelle erogazioni per Maria Rosaria Carfagna non c'è, almeno nel 2010. Ci sono invece Air Italy spa di Gallarate (10mila euro), e poi una serie di aziende napoletane, dalla Diarad snc (10mila euro), alla Nuova Domiziana Napoli (4mila euro) settore cliniche private, alla Marnavi spa Napoli trasporti marittimi (10mila euro), alla Servizi avanzati srl napoli (2mila), più due contribuzioni personali. Se invece si guarda in casa Udc si trovano ricche contribuzioni tutte targate Caltagirone, imprenditore a capo dell'omonimo impero e padre della moglie di Pier Ferdinando Casini, leader Udc.
GIUSEPPE MUSSARI
Nel 2010 sono arrivati alla tesoreria dei centristi 100mila euro da Alessandro Caltagirone, 100mila euro da Francesco Caltagirone, 100mila euro da Francesco Gaetano Caltagirone, 100mila euro da Gaetano Caltagirone, 100mila euro dalla Porto Torre spa Roma (gruppo Caltagirone) e 100mila euro da WXII/IE Srl Roma (gruppo Caltagirone). I documenti della Camera con le contribuzioni ai partiti sono pubblici, ma per averli bisogna chiederli e non è così semplice. Su questo stanno facendo una battaglia i Radicali, che già hanno ottenuto una mole di informazioni sulle spese del Parlamento, pubblicate sul sito (dentro radicali.it)
Parlamento Wikileaks.
MARCO MEZZAROMA MARA CARFAGNA
Ma Rita Bernardini, già segretaria dei Radicali e ora deputata eletta col Pd, vuole fare chiarezza anche sui soldi privati ai partiti: «Abbiamo già chiesto che vengano messi sul sito della Camera, ma non lo fanno - spiega la Bernardini -. Saremo costretti ancora una volta a renderli pubblici noi, così che i cittadini possano vedere come si finanziano i partiti. Tenendo presente che questi sono i finanziamenti pubblici, anche se non pubblicati, poi ci sono quelli in nero, che forse sono la parte più cospicua...».
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