lunedì 4 luglio 2011

Chi ha preso l’oro di Fort Knox?

Parte dei lingotti sarebbe stata venduta in segreto per sostenere il dollaro
GLAUCO MAGGI
NEW YORK
E’ tutto oro quello che luccica a Fort Knox? Cioè: sono veramente lo zoccolo duro della ricchezza del governo americano i 137 miliardi di dollari in lingotti stipati nella cassaforte del Kentucky, la più famosa al mondo? In tempi di sfiducia galoppante sul valore reale dei titoli tossici che hanno avvelenato i bilanci delle banche di mezzo mondo, all’interno dello stesso Congresso di Washington e da un gruppo di attivisti pro-trasparenza è stato lanciato l’allarme sul fatto che l’oro conservato nei forzieri federali potrebbe non essere davvero tutto di proprietà piena degli Usa: senza ipoteche, senza essere diventato garanzia per operazioni con enti internazionali. Insomma, che sia nella totale disponibilità del governo. «Sono ormai vari decenni che l’oro conservato a Fort Knox non è stato sottoposto a una revisione condotta indipendentemente, o analizzato contabilmente in modo appropriato», ha dichiarato al Times di Londra Ron Paul, il deputato del Texas che ha depositato una proposta di legge a questo scopo.

«Il popolo americano merita di conoscere la verità». Paul è un repubblicano, della corrente libertaria che è la più diffidente verso il governo di Washington, qualunque sia il partito dominante. Alle ultime presidenziali si è candidato alle primarie, unico nel suo partito, favorevole al ritiro immediato dall’Iraq essenzialmente per motivi di spesa, in linea con l’obiettivo di un rigore fiscale nei conti pubblici che il deficit gonfiatosi già sotto Bush, ed oggi in ulteriore esplosione per gli investimenti e le spese volute da Obama, appare una chimera. Almeno, è il succo dell’indagine richiesta da Paul e dagli altri 21 parlamentari che hanno confermato la sua mozione, cominciamo con l’assicurarci che in casa abbiamo oro vero, nostro. Che il governo non abbia venduto l’argenteria. Allo stesso obiettivo di una conoscenza rassicurante sullo stato delle casseforti federali punta anche un comitato di attivisti per la trasparenza degli atti di governo chiamato Gata (Gold Anti-Trust Action), che ha incaricato gli avvocati dello studio William J. Olson, della Virginia, di sfidare Obama ad essere fedele a quanto ha promesso in campagna elettorale, quando ha detto di voler portare il governo «ad un livello di apertura mai visto in precedenza».

Tra qualche giorno i legali presenteranno una richiesta specifica in base alla legge sulla Libertà d’informazione che obbliga tutte le amministrazioni pubbliche a rivelare i documenti delle loro azioni. Nel caso di Fort Knox, «prendiamo sul serio le promesse del presidente», ha detto Chris Powell del Gata, che protesta per il fatto che nei siti del Tesoro «non esiste alcun dettaglio sulle riserve d’oro», sulla reale proprietà e sulle eventuali attività di trading. Molti investitori in oro sospettano che gli Stati Uniti abbiano utilizzato nel passato, o possano farlo in futuro, i lingotti segreti di Fort Knox per manipolare i prezzi del metallo, magari vendendolo per abbassarne il valore di mercato con il fine di sostenere il dollaro. Le quotazioni dell’oro sono fluttuanti come quelle del dollaro da quando Nixon decise di sganciare il biglietto verde dal rapporto fisso con il metallo giallo. Il Tesoro Usa ha sempre negato che le riserve d’oro siano mai state messe a rischio con transazioni speculative e il sito ufficiale del governo sostiene laconicamente che le riserve «sono di proprietà degli Stati Uniti». Sebbene sia in pratica un sinonimo di oro per il pubblico mondiale, Fort Knox non è il posto in America dove è ammassata la maggiore quantità di lingotti.

Il monumentale palazzo, chiamato «The United States Bullion Depository», costruito nel 1936 in Kentucky nella preesistente base militare dedicata al generale della guerra rivoluzionaria Henry Knox, ne conserva per 4167 tonnellate, meno delle 5000 che sono custodite nel caveau sottoterra della Federal Reserve di New York, ricavato nella roccia dura di Manhattan. La differenza fondamentale è che la Fed di New York è in pratica la cassetta di sicurezza del globo, visto che tutti i Paesi, Cina compresa, vi tengono depositate proprie riserve in oro. Fort Knox è sempre stata invece la cassaforte dell’oro americano. Prima del 1932, quando fu eletto Franklin D. Roosevelt, le monete d’oro circolavano come moneta legale, e i lingotti erano posseduti da banche e privati: come parte del New Deal, nel 1933, il Congresso votò per rimuovere l’oro dalla circolazione come moneta, e dichiarò illegale il possesso di oro, con le eccezioni delle monete da collezione e dei gioielli. Tutto l’oro fu così sequestrato, al cambio fisso di 20,67 dollari per oncia, e si creò il problema di dove metterlo. Di qui, l’idea del Bullion Depository. Seconda differenza tra i due superforzieri è che Fort Knox non è aperto ai visitatori per nessuna ragione, mai, mentre la Fed di New York organizza visite guidate ai suoi caveau. Ogni governo-cliente vi ha una propria stanza, e quando decide di vendere qualche lingotto a un altro paese, è il personale della Fed a spostare fisicamente l’oro da una camera all’altra.

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