giovedì 28 febbraio 2013

USA, NUOVO ATTACCO A SCARONI - DOPO LA CESSIONE DI SNAM, ORA IL FONDO AMERICANO KNIGHT VINKE VUOLE STACCARE ANCHE SAIPEM DA ENI, CON LA SCUSA DELL’INCHIESTA SULLE TANGENTI ALGERINE “CHE CREA PROBLEMI REPUTAZIONALI E HA BRUCIATO 7 MLD € DI CAPITALIZZAZIONE DI ENI” - CHI È ERIC RAIMONDO KNIGHT, CAPO DEL FONDO CHE DEVE IL SUO SUCCESSO AI PARADISI FISCALI…

PER ENI MEGLIO SCORPORARE SUBITO SAIPEM» - LETTERA A SCARONI DEL FONDO USA KNIGHT VINKE Antonella Olivieri per "Il Sole 24 Ore" Eric Knight in Italia non ci è arrivato. È stato fermato all'aerporto di Zurigo da un furto che gli ha sottratto i documenti personali. Però il fondo Knight Vinke, che rappresenta e che da ormai sei anni ha investito nell'Eni con una quota vicina all'1%, si è fatto sentire. Con l'amministratore delegato del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, a cui ha inviato a una lettera e con «Il Sole-24Ore» a cui ha spiegato telefonicamente perchè l'ha scritta. Dopo la battaglia vinta su Snam, il fondo attivista - base a Manhattan, ma portafoglio di aziende strategiche europee - torna alla carica per chiedere lo spin-off di Saipem. Ma senza polemiche. «Nessuna ostilità da parte nostra», assicura. PAOLO SCARONI Nella missiva che inizia con "Dear Paolo" e si conclude con l'assicurazione di essere un "supportive" investitore di lungo termine, di sostenere cioè gli interessi del gruppo e dei suoi azionisti, Knight Vinke sollecita un rapido distacco da Eni di Saipem, che è «una bellissima società», in grado di reggersi da sola. E che però, a causa dello scandalo delle presunte tangenti in Algeria, ha perso valore. «Siamo preoccupati per la vicenda Saipem: in meno di tre settimane Eni ha bruciato 7 miliardi di capitalizzazione in Borsa, vanificando i progressi che erano stati fatti con la separazione da Snam. PAOLO SCARONI E SIGNORA Un peccato perchè Goldman Sachs, JP Morgan e anche Deutsche Bank avevano messo Eni nella lista dei titoli top in cui investire assolutamente quest'anno - sottolinea Eric Knight - Abbiamo inviato perciò una lettera al vertice del gruppo per aprire un dibattito e proporre soluzioni». «Nella configurazione attuale - spiega ancora l'investitore - Eni si assume tutti i rischi legali e reputazionali, ma non ha i vantaggi del controllo di Saipem. Una situazione che comporta rischi per l'Eni e il suo management, e che potrebbe ancora peggiorare se dovesse intervenire il Dipartimento di giustizia Usa: si è visto con il caso Bp quanto può essere pesante il contenzioso. LOGO "ENI" Eni cerca di attenuare questi rischi tenendo una relazione "lasca" con la partecipata e con una governance da società indipendente per Saipem. Ma questa situazione è comunque troppo ambigua. Da una parte Saipem, che per oltre la metà del suo giro d'affari ha clienti diversi da Eni, si presenta essa stessa come società autonoma. Dall'altra il logo dell'azionista compare ovunque, e ci sono più di 50 manager e impiegati nella società di impiantistica che arrivano dall'Eni. Lo stesso amministratore delegato viene dall'Eni». «Il management dell'Eni sostiene che con Saipem ci sono sinergie, ma - argomenta il fondo attivista - se ci sono è perchè Saipem è controllata dall'Eni e allora è più difficile sostenere nel contempo che le gestioni delle due società sono separate». SAIPEM La soluzione, insomma, è uscire dall'ambiguità e staccarsi del tutto da Saipem: sulla carta le formule tecniche sono tre, ma di fatto nella situazione attuale, secondo Knight Vinke, solo una è praticabile. La prima è cedere Saipem, ma non è il momento perchè il valore della società è crollato di un terzo. La seconda è collocare sul mercato il 43% di Saipem che è dell'Eni, ma vale il discorso di prima. La terza, che è quella sponsorizzata, è la scissione della società di impiantistica con la distribuzione delle azioni ai soci dell'Eni - compreso lo Stato, «che, a differenza del caso Snam, non sborserebbe nulla» - di modo che gli investitori siano liberi di scegliere quali titoli e quali rischi mantenere in portafoglio. Così però l'Eni dovrebbe rinunciare a una società che dallo stesso Knight Vinke è giudicata «solida e con un posizionamento di mercato eccellente», con l'unico vantaggio economico di deconsolidare 4,3 miliardi di debito (operazione che peraltro presupporrebbe il rifinanziamento dell'importo, visto che si tratta di risorse contribuite da Eni a Saipem). «L'Eni, quando vende, pensa sempre a fare cassa - osserva Eric Knight - ma su questa vicenda ha già bruciato più valore in Borsa di quanto ne abbia investito in Saipem. SAIPEM Potrebbe invece concentrarsi meglio sul core business - ha fatto degli ottimi investimenti in Mozambico che deve finanziare - e inoltre eliminerebbe l'holding discount sul titolo». Ma Saipem cosa ci guadagnerebbe? «Gli Usa hanno sviluppato una tecnologia di estrazione del gas non convenzionale (shale gas) che ha abbattuto i prezzi e consentirà agli Stati Uniti per la fine del decennio di diventare esportatore netto. Saipem è focalizzata sull'estrazione tradizionale: se fosse indipendente, potrebbe rifletterci». 2. IL GESTORE USA CHE FA L'ATTIVISTA IN EUROPA Laura Galvagni per "Il Sole 24 Ore" La madre, Ella Vinke, ha origini olandesi e discende da una nota famiglia di broker marittimi, mentre il padre, Carlo Knight, è uno scrittore napoletano con radici giamaicane,rampollo di una famiglia con ascendenze inglesi e francesi. Lui, Eric Raimondo Knight, è nato ad Amsterdam nel 1959, parla un italiano perfetto e un inglese senza inflessioni e la formazione, sulla carta, è di assoluto prestigio: una parentesi all'Eton College, una laurea in Economia a Cambridge e un MSc in Management alla Sloan School of Management del Mit. A quarantanni prende la residenza a Napoli ma in Campania ci va solo per le ferie. Preferisce, piuttosto, frequentare la Svizzera. E qui, pare, incontra Tito Tettamanti con il quale sviluppa un rapporto di «cordialità», come lui stesso riferisce in un'intervista. Una relazione che, secondo alcuni, potrebbe aver aiutato il giovane finanziare a inserirsi nello Sterling Investment group, con sede alle Isole Vergini. L'arrivo nel paradiso fiscale è infatti uno snodo cruciale per la carriera di Eric Knight. POZZI DI PETROLIO Ha modo infatti di conoscere quelli che poi saranno i suoi principali finanziatori e anche i suoi primi compagni di avventura. Con i colleghi Louis Curran e Patrick J. Dewez, entrambi oggi non più partner, fonda Knight Vinke Asset Management. È il 2003 e i denari per lanciare il fondo attivista, di tasca sua avrebbe messo 5 milioni di dollari, li riceve dal banchiere francese Edouard Stern (morto assassinato a Ginevra nel 2005) che investe 100 milioni di dollari e dal fondo pensionistico dello Stato della California (CalPers) che mette sul piatto 200 milioni di dollari. Una dotazione sufficiente, oggi probabilmente molto ma molto più rotonda ma sulla quale non è possibile far luce visto che Kvam è registrato nel Delaware e quindi non è sottoposto a obblighi informativi, per dar vita alle prime battaglie da paladino degli azionisti. Ma al di là dei denari è la presenza tra i soci del potentissimo fondo pensione a fare la differenza. Una presenza che accompagna Eric Knight in buona parte delle sue battaglie. E non sono poche. È decisamente una strana storia quella di questo fondo attivista che raccoglie i soldi dei fondi pensione nordamericani e li investe in large cap dell'energia e della finanza della Vecchia Europa, dove ha condotto con discreti successi le sue battaglie, intervenendo nella fusione tra Royal Dutch e Shell Transport, nel take-over di Electrabel da parte di Suez, nel successivo merger tra Suez e Gaz de France e nel cambio di governance e strategia di Hsbc. Oltre che, ovviamente, nella "separazione" di Eni da Snam. http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/usa-nuovo-attacco-a-scaroni-dopo-la-cessione-di-snam-ora-il-fondo-americano-51681.htm

BANANA TERRORIZZATO - SA CHE NEL CASO IN CUI CULATELLO E GRILLO TROVASSERO UN ACCORDO, CON UNA LEGGE SUL CONFLITTO D’INTERESSI E TUTTI I PROCESSI CHE SI RITROVA SUL GROPPONE, SAREBBE SPACCIATO, E CON LUI IL SUO IMPERO MEDIATICO - PERCIÒ VORREBBE AL PIÙ PRESTO VOTARE LA FIDUCIA A BERSANI, PUR DI NON FAR TORNARE I TECNICI...

Carmelo Lopapa per "La Stampa" Pronto al patto col diavolo, pur di essere in partita. Pochi giorni a disposizione per disinnescare la bomba della stretta democratici-Grillo che rischierebbe di spazzarlo fuori, ma anche quella dei processi con le sentenze in arrivo. Ecco la strategia che spinge Silvio Berlusconi a lanciare una sorta di video-ultimatum al leader Pd, dal fortino di Arcore. «Io sono disposto a votare la fiducia a Bersani premier, sia chiaro, se questo ci permetterà di dar vita a un governo politico, un governo di responsabilità, senza più tecnici» è l'uscita a sorpresa del capo al cospetto di Angelino Alfano, Denis Verdini, Paolo Bonaiuti. BERSANI, BERLUSCONI, MONTI, AL VOTO I tre raggiungono in giornata ad Arcore il Cavaliere che non ha alcuna intenzione di rientrare a Roma, per ora, «non ne ho voglia». Con Nicolò Ghedini, da giorni al suo fianco, è barricato a Villa San Martino per preparare le dichiarazioni spontanee che intende rendere domani al tribunale di Milano per il processo Mediaset. La prima di una serie di tappe decisive per i tre processi che volgono minacciosamente a sentenza. Così, ad Arcore si tiene il primo caminetto post guerra (elettorale). VIGNETTA BENNY BERSANI E BERLUSCONI INSIEME A LETTO «Non abbiamo molti giorni a disposizione» dice ai suoi giustificando quell'appello a fare in fretta («Troppi quindici giorni») lanciato nel video con consueta libreria sullo sfondo. Entro un mese, è il suo chiodo fisso, almeno Mediaset e Ruby rischiano di arrivare a sentenza. E a quel punto le porte per un'intesa di governo si chiuderebbero per sempre. GRILLO VITTORIA Svanirebbero anche le sponde interne al Pd sulle quali a fatica stanno già lavorando Gianni Letta, Gaetano Quagliariello, Fabrizio Cicchitto, tra gli altri. Il loro leader ha fretta. Da un lato, invita ancora i suoi dirigenti saliti ad Arcore a «mantenere la calma, non fare mosse azzardate, lasciare loro il pallino». Dall'altro, non nasconde tutti i suoi timori: «Non ce la faranno mai a chiudere con Grillo, vedrete che torneranno da noi, ma ci riuscissero, la prima cosa che farebbero sarebbe una legge sul conflitto di interesse per farmi fuori». È lo spettro che lo assilla, ne va non tanto del suo futuro politico, quando della tenuta dell'impero mediatico. GHEDINI Ecco perché Berlusconi si prepara alla svolta, la lotta ai «comunisti» di pochi giorni fa è già un ricordo lontano: «Sono pronto a votare la fiducia a Pier Luigi, a me non interessa, basta che non si parli di tecnici, né di Amato», figurarsi Monti, ormai ritenuto un comprimario. Una via tuttavia impervia, il Cavaliere non nasconde i rischi e li mette sul tavolo al cospetto di Verdini, Alfano, Bonaiuti. «L'unico rischio è che, con Grillo unica forza di opposizione, quando si rivota avrà il doppio dei consensi». Ma al voto il Cavaliere spera di poter andare tra un paio d'anni. E nel frattempo tanta acqua passerà sotto i ponti. In ogni caso, quando sarà, il candidato premier del centrodestra sarà di nuovo io, lo ripete già da ora: «Io non vado in pensione, non posso permettermelo». PAOLO BONAIUTI Intanto, deve evitare il conflitto d'interesse e chiudere l'accordo col Pd, prima delle sentenza. Non solo. «Dobbiamo essere in partita per l'elezione del presidente della Repubblica, non possiamo restarne fuori» è l'altra priorità rivelata ai suoi. E l'unico modo per esserlo è far parte della maggioranza. Ma per spendere quale carta? «Mi sarebbe piaciuto salire al Colle» ha ammesso in queste ore Berlusconi alla luce dell'ultimo successo, ma tornando subito alla realtà: «Ma non sono amato da tutti, purtroppo, in Italia». MADDALENA E GIANNI LETTA E allora? «Dobbiamo spendere al meglio le chances di Gianni Letta, l'unico apprezzato anche dalla sinistra». Intanto bisogna disinnescare le micce accese delle sentenze in arrivo. Il Cavaliere andrà a deporre in tutti i processi, farà anche lì la sua «campagna» davanti alle telecamere per spiegare la sua «innocenza ». Già da domani. A tutti, invece, confessa il suo rammarico per non aver fatto di testa sua alla vigilia del voto. «Se mi aveste consentito di fare i manifesti 6x3, se mi aveste consentito di spedire 15 milioni di lettere sull'Imu anziché 9, avrei recuperato quei 120 mila voti e vinto» ha rinfacciato ad Alfano e Verdini. Ma non si sogna nemmeno di mettere in discussione la regolarità dei voti. Molto meglio, in questo giro, che la patata bollente resti nelle mani di Bersani. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/banana-terrorizzato-sa-che-nel-caso-in-cui-culatello-e-grillo-trovassero-un-accordo-51702.htm

Servizi segreti: rischio scalate estere per aziende Made in Italy, mafia su grandi opere La relazione dei Dis: crisi e mancanza di credito espongono le imprese ai predatori. Capitali ambigui nelle banche, criminalità organizzata su Expo e rinnovabili

I gruppi economici esteri all'assalto delle aziende del Made in Italy. L'allarme arriva direttamente dai servizi segreti, nella loro Relazione annuale sulla politica dell'informazione per la sicurezza. L'attività informativa, segnala la Relazione, coordinata dal Dis diretto da Giampiero Massolo, "ha confermato il perdurante interesse da parte di attori esteri nei confronti del comparto produttivo nazionale, specialmente delle piccole e medie imprese, colpito dal prolungato stato di crisi che ha sensibilmente ridotto tanto lo spazio di accesso al credito quanto i margini di redditività". Il dubbio dei servizi segreti è che dietro i singoli investimenti dall'estero si nascondano speculazione e una strategia di sottrazione di know-how e svuotamento tecnologico delle imprese italiane. "Alcune manovre di acquisizione effettuate da gruppi stranieri - si legge nella Relazione -, da una parte, fanno registrare vantaggi immediati attraverso l'iniezione di capitali freschi, dall'altra sono apportatrici nel medio periodo di criticità". Il rischio maggiore, rimarca l'intelligence, riguarda le aziende del settore di tecnologie di nicchia, impiegate nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza nazionali, "come pure nella gestione di infrastrutture critiche del Paese". Scalata alle banche - Insomma, il "sistema-Italia" è a fortissimo rischio. E non solo le aziende subiscono le scalate "sterne", ma pure il sistema bancario e finanziario nazionale. I servizi sottolineano la "opacità dei capitali apportati e dei requisiti degli amministratori" riguardo ad alcuni istituti. A preoccupare è soprattutto "l’allargamento dell’azionariato con l’ingresso di nuovi soci dal profilo ambiguo e la distorta gestione del credito da parte di esponenti aziendali sleali". Una insidia "in giacca e cravatta" che si sposa a quella, ormai nota, della "infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso, sempre più pervasiva su tutto il territorio nazionale”. Mafia, appalti e politica - I gruppi criminali, si legge nel rapporto, "continuano a ricercare contatti collusivi nell'ambito dell'Amministrazione Pubblica, funzionali ad assicurarsi canali di interlocuzione privilegiati in grado di agevolare il perseguimento dei loro obiettivi economici e strategici, quali il controllo di interi settori di mercato e il condizionamento dei processi decisionali, specie a livello locale". "L'accentuata mobilità territoriale dei sodalizi - rimarcano gli 007 - consente loro di inserirsi ormai agevolmente in circuiti collusivi in grado di soffocare l'imprenditoria sana ed inquinare le iniziative di sviluppo, anche attraverso l'aggiramento della normativa antimafia sugli appalti”. Perciò “rischi in tal senso possono emergere nel quadro di progetti infrastrutturali e finanziari", in particolare su grandi opere di edilizia pubblica, specie nella riqualificazione della rete stradale/autostradale e ferroviaria, l'Expo 2015 in Lombardia, il settore delle energie rinnovabili". http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1193673/Servizi-segreti--rischio-scalate-estere-per-aziende-Made-in-Italy--mafia-su-grandi-opere--.html

mercoledì 27 febbraio 2013

. DOMANI, ALLE 8 DELLA SERA, IL PONTEFICE ‘’A TEMPO’’ SMOLLERA’ LA SANTA CROCE. MA PRIMA CHE SI RIFUGI A CASTELGANDOLO, ECCO LA VERITÀ, TUTTA LA VERITÀ, SU VATILEAKS - 2. UN GRUPPO DI PERSONE HA MONITORATO, SPIATO E DERUBATO LA CORRISPONDENZA DEL PAPA CON UN’ATTIVITÀ DI DOSSIERAGGIO DESTINATA A COLPIRE IL PAPATO DI RATZINGER - 3. PROBABILMENTE IL FATTO CHE BERTONE AVESSE COLPITO MONSIGNORE CARLO MARIA VIGANÒ, IL CANDIDATO PIÙ IMPORTANTE DI QUESTA ”CONGREGAZIONE”, SENZA FARLO ENTRARE IN CONCLAVE PER MANCATA PORPORA HA FATTO ESPLODERE PRIMA LE POLVERI - 5. COME MAI TRA TUTTI I DOCUMENTI SOTTRATTI AL PAPA SONO PROPRIO A FIRMA DI VIGANÒ? - 6. SE LA FONTE DEL LIBRO DI NUZZI È PAOLO GABRIELE, PERCHÉ VENGONO PUBBLICATI DOCUMENTI APPARTENENTI NON AL PAPA MA ALLA CORRISPONDENZA PRIVATA DI BERTONE? -

RELATIONEM È un sabato mattina di marzo, anno domini 2011, quando sul quotidiano italiano "Il Giornale" appare uno strano articolo, all'interno della inedita rubrica "Sotto La Cupola". Ad un lettore poco attento il contenuto di quel articolo diceva poco, ma leggendo attentamente quanto diceva in Vaticano provocò una scossa sismica fortissima. L'articolo raccontava la storia di un alto Prelato, senza mai citarne il nome, che stava strutturando un servizio di sicurezza informativo parallelo all'interno dei Sacri Palazzi. Nessuno avrebbe mai immaginato che da quel articolo si sarebbe arrivati fino al Corvo, ma l'agitazione che provocò nel monsignore interessato fu grande. Stranamente l'articolo non fu inserito nella rassegna stampa che giunge sul tavolo del Papa, attività monitorata da un Monsignore della Segreteria di Stato, nipote di quel monsignore Carlo Maria Viganò alto Prelato a cui si rivolgevano le accuse dell'articolo "Sotto la Cupola". Come spesso avviene in Vaticano, qualcuno portò alla conoscenza del Papa il piano di Carlo Maria Viganò, che fu spedito a Washington, e che in risposta alle accuse di dossieraggio e spionaggio interno replicò con lettere che incolpavano di ogni tipo di reato i suoi presunti accusatori in particolare il direttore delle Ville Pontificie accusato di furto, il direttore Amministrativo dei Musei Vaticani Don Paolo Nicolini colpevole di voler rubare il posto a Viganò, uomini di finanza come Pellegrino Capaldo accusati di malagestione nelle finanze vaticane e Marco Simeon, quale regista dell'operazione di siluramento. L'infuocata corrispondenza tra Viganò e Bertone non finirà mai sulla scrivania del Pontefice, nonostante non sia stata maneggiata dal Corvo Paolo Gabriele, aprirà lo scandalo di VatiLeaks. Un tribunale interno aprì nella primavera del 2011 un'inchiesta per verificare le accuse di Viganò a quelli che erano tutti gli uomini del Segretario di Stato, tribunale presieduto da un amico di Viganò. Nonostante le accuse gli imputati vennero ritenuti tutti innocenti e vittime di fatti calunniosi. È a questo punto che Viganò tenta l'ultimo appello al Papa, ormai determinato ad allontanarlo dalla Curia, e cioè invoca a sua difesa le deposizioni di tre Cardinali: Comastri, De Paoli, Sardi. Due di questi tre saranno citati dal Corvo, prima della condanna, come direttori spirituali dello stesso. Il Papa chiede consiglio al Cardinale Lajolo, il quale emette un giudizio senza appello, Viganò non sarà dichiarato degno della porpora cardinalizia e verrà allontanato definitivamente dalla Curia Romana, con un piccolo strano particolare, non lascerà mai l'appartamento nella Città del Vaticano in dispetto al papa, che non volle mai agire con la forza per farlo liberare, minacciando di possedere casse di documenti da usare. Come mai tra tutti i documenti sottratti al Papa, quelli da cui parte l'attacco a Bertone sono proprio a firma di Viganò? Se la fonte del libro scandalo di Nuzzi è Paolo Gabriele, perché vengono pubblicati documenti che mai furono sulla scrivania del Pontefice, ma appartenenti alla corrispondenza privata di Bertone? Quale è la connessione tra i due cardinali citati a difesa di Viganò ed il fatto che gli stessi porporati furono indicati da Paolo Gabriele come sue guide spirituali? Nella Relationem dei cardinali al Papa non si approfondiscono argomenti quali le divisioni della Curia, o come pubblicato da alcuni quotidiani la presenza di lobby, bensì la gestione delle informazioni ed il modo in cui furono divulgate. Gli argomenti scandalistici sono esclusivamente nel carteggio tra Viganò e Bertone. Infine c'è da fare una valutazione finale. Come è possibile che il fratello gesuita di Viganò, ridotto su una sedia a rotelle a causa di un ictus, abbia denunciato il fratello per avergli sottratto l'eredità milionaria e per aver tentato di farlo passare come incapace di intendere e di volere, accusando anche la sorella di furto? CARDINALE TARCISIO BERTONE CARLO MARIA VIGANO Risuonano ancora le dichiarazioni del fratello del Nunzio di America che afferma "non desidero che mio fratello faccia ad altri il male che ha fatto a me". Vedremo il tribunale di Milano cosa deciderà. Alla fine le conclusioni che verranno fuori saranno ben diverse da come appaiono. Un piccolo gruppo di persone stava monitorando, spiando e derubando il Pontefice per gestire la fine del Pontificato e l'elezione del successore, con un'attività di dossieraggio destinata a colpire il Papato di Ratzinger; probabilmente il fatto che qualcuno avesse colpito il candidato più importante di questa "congregazione" senza farlo entrare in Conclave ha fatto esplodere prima le polveri. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-domani-alle-8-della-sera-il-pontefice-a-tempo-smollera-la-santa-croce-51638.htm

martedì 26 febbraio 2013

PIÙ DELLA METÀ DEGLI ITALIANI HA DETTO NO ALL’EURO - CHI HA SCELTO GRILLO O BERLUSCONI HA VOTATO CONTRO LA MONETA UNICA E L’AUSTERITY - A BRUXELLES E A FRANCOFORTE TREMANO: SE L’ITALIA, CHE HA LA TERZA ECONOMIA DELLA ZONA EURO E IL TERZO DEBITO PUBBLICO AL MONDO, TORNA ALLA LIRA SALTA LA BARACCA - BRIVIDI ANCHE LA BCE: DEI 218 MLD € DI TITOLI DI STATO ACQUISTATI BEN 103 MLD ERANO IN BTP…

Francesco Manacorda per "la Stampa" BEPPE-GRILLO-CAGLIARI-FOTO BEPPE GRILLO DURANTE UN COMIZIO Più della metà degli italiani che sono andati alle urne ha votato - anche - contro l'euro. Lo ha fatto scegliendo Grillo, che ha tra i punti del suo programma un referendum (oggi impossibile) sull'uscita dalla moneta unica; o affidandosi a quel Berlusconi che in campagna elettorale (e anche prima per la verità), e pur avendo firmato il «fiscal compact» che obbliga l'Italia al rispetto di severe regole di bilancio pubblico, ha evocato l'addio all'euro come una circostanza necessaria di fronte a quello che considera lo strapotere della Germania. E più della metà degli italiani - agli elettori di Grillo e Berlusconi si possono affiancare anche quelli di Vendola e di Ingroia - ha detto no all'austerità di stampo europeo, sottoscrivendo programmi, e soprattutto promesse, elettorali semplicemente incompatibili con i vincoli di bilancio comunitari. Al tempo stesso il partito dell'ortodossia di bilancio comunitaria, impersonificato da Monti, ha subìto un secco verdetto: solo un elettore su dieci è disposto a percorrere quella strada. MARIO MONTI EUROPA Se a questo dato si affianca il sigillo dell'ingovernabilità sancito dai risultati del Senato appare ovvio che la reazione dei partner europei e degli investitori internazionali all'esito delle elezioni italiane sia di estrema preoccupazione. MERKEL E MONTI I segnali arrivati nella confusa giornata elettorale sono già di per sé assai significativi: lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi, massimo indicatore della nostra affidabilità rispetto al campione tedesco di categoria, prima scende sotto quota 260 quando sembra che ci sia una maggioranza salda per governare il Paese, poi sale oltre quota 300 e chiude infine sopra i 290 punti mentre il mercato chiude sempre meno sicuro che quella maggioranza ci sia. E un andamento simile grande ripresa e brusca discesa, mentre sfumano le certezze sulla stabilità politica - ha l'indice di Piazza Affari, mentre addirittura il Dow Jones americano perde terreno per i timori sul nostro Paese. Per oggi le previsioni prevedono tempesta sui nostri mercati. MARIO DRAGHI FIRMA LA NUOVA BANCONOTA DA 5 EURO La preoccupazione, infatti, non riguarda adesso solo la sorte dell'Italia «in coma», come l'ha dipinta nel suo documentario l'ex direttore dell'Economist Bill Emmott, ma coinvolge l'intera area dell'euro. Se l'Italia peggiora, è la diagnosi istantanea fatta ieri a Bruxelles, come a Londra e a New York, può contagiare tutta l'economia continentale e soprattutto può propagare il virus della sfiducia nei suoi titoli di Stato ai partner dell'euro. MARIO DRAGHI Dunque non è una sindrome greca, quella che rischia l'Italia. Ma è qualcosa di ben peggiore, proprio per le dimensioni della nostra economia - la terza della zona euro - e per la massa del terzo debito pubblico al mondo, è una crisi che potrebbe mettere a repentaglio l'esistenza stessa dell'euro. Proprio nei giorni scorsi, svelando per la prima volta l'ammontare dei suoi acquisti di titoli di Stato tra fine 2011 e inizio 2012, attraverso il programma Smp, la Bce ha rivelato che dei 218 miliardi di euro complessivi ben 103 miliardi, cioè quasi la metà del totale, erano in titoli italiani. BANCA CENTRALE EUROPEA EURO NELLA POZZANGHERA BANCA_CENTRALE_EUROPEA Adesso sono in molti a scommettere che Roma, magari ancora in questa fase con Monti premier, debba ricorrere al nuovo programma di riacquisto di titoli Omt per far fronte a un nuovo rialzo degli spread che viene dato quasi per certo. E proprio appesantita dal risultato italiano la moneta unica è scesa ieri sotto quota 1,32 sul dollaro, ai minimi da sei settimane. Una boccata di sollievo solo apparente, nella guerra delle valute che vede l'euro troppo forte rispetto a dollaro e yen, ma in realtà l'ennesimo segnale di sfiducia dei mercati sul futuro della moneta unica. Con un governo che - a patto che si formi - non avrà di certo la forza per proporre e attuare riforme incisive su capitoli fondamentali come spesa pubblica, produttività e lavoro, la strada dell'Italia appare tutta in salita. I partner europei, con la Germania che voterà anch'essa a settembre, non vorranno e non potranno fare sconti a Roma. E il prevedibile rialzo dei tassi dei Btp verso il 5%, lungi dall'attirare capitali in Italia, rischia di suonare come il campanello d'allarme che potrebbe innescare una nuova fuga di capitali. Al voto degli elettori, ormai cristallizzato nelle urne, si contrapporrà quello degli investitori che votano «con i piedi», uscendo da quei mercati e da quei Paesi che offrono più rischi che opportunità. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/pi-della-met-degli-italiani-ha-detto-no-alleuro-chi-ha-scelto-grillo-o-51554.htm

UN PAESE A PEZZI PERCHÉ MANCA IL LAVORO, SPAVENTATO DA TASSE, BUROCRAZIA ONNIPOTENTE, STATO CHE NON PAGA, HA SCELTO LA PROTESTA COME IL PRIMO PARTITO ITALIANO - 2. L'IRRITAZIONE DALLE PARTI DI BERSANI VERSO MONTI NON HA LIMITI: LA SUA PRESUNTUOSA SALITA IN CAMPO HA TOLTO VOTI DECISIVI AL PD SENZA COMPENSARLI CON I PROPRI - 3. LA PROTESTA SI È CATALIZZATA CONTRO UN SISTEMA DI CUI FANNO PARTE PEZZI IMPORTANTI DELLA CLASSE DIRIGENTE, GRAN PARTE DEL GIORNALISMO A COMINCIARE DALLA RAI, DAL ‘’CORRIERE E DA ‘’REPUBBLICA’’, GLI ALTI GRADI DELLA BUROCRAZIA, LA CHIESA ATTACCATA AL POTERE, LA MASSONERIA INTRECCIATA CON GLI EX COMUNISTI A SIENA, ETC. - 4. BEPPE GRILLO NON HA NESSUNA FRETTA, E' IL PRIMO O IL SECONDO PARTITO QUASI DAPPERTUTTO, VUOLE AMBIENTARSI TRA LE REGOLE DEL PARLAMENTO PERCHE’ SA BENE CHE GLI BASTA STARE FERMO PER VINCERE ANCORA. SA ANCHE BENE CHE SARANNO PER LORO DECISIVI LE PROSSIME ELEZIONI COMUNALI IN CITTÀ IMPORTANTISSIME COME ROMA -

DAGOREPORT GRILLO IN VOLO Un Paese in gravi difficoltà perché manca il lavoro, perché le aziende che non riescono ad esportare sono in crisi nera, un Paese spaventato da tasse, risparmi che evaporano, burocrazia onnipotente, Stato che non paga, ha scelto quanto segue. BEPPE GRILLO AD UN COMIZIO UNO. La protesta e' il primo enorme partito italiano: ai voti a Grillo Beppe va aggiunta l'area del non voto pari a qualche decimale meno del 25 per cento e, del tutto legittimamente, i consensi a Berlusconi Silvio che è riuscito a restare decisivo riuscendo a presentare se stesso ancora una volta come l'antipolitica che in oltre diciotto anni non è riuscita a governare perché il sistema dominante riassunto nella triade magistratura, giornali, Europa cattiva non glielo ha consentito. PIERLUIGI BERSANI DUE. Il cosiddetto sistema contro il quale si è organizzata la protesta e' sostanzialmente quello rappresentato dal Pd/Sel (anche perché quest'ultima facendo la scelta responsabile di stare con Bersani Pierluigi ha ridotto le sue potenzialità contro) e dalle truppe di Sherpa Monti che è riuscito a superare di pochi voti la soglia della morte politica alla Camera, ha sacrificato Fini/Tulliani Gianfranco e, in parte, Casini già Pierfurby. Ma la cosa più importante che la sua presuntuosa salita in campo ha generato e' aver tolto voti decisivi al Pd senza compensarli con i propri. L'irritazione dalle parti di Bersani non ha limiti e confini ora che le peggiori previsioni si sono tristemente avverate. GIANFRANCO FINI E MARIO MONTI Di questo sistema contro il quale si è catalizzata la protesta hanno fatto parte a vario titolo pezzi importanti della classe dirigente, dalla magistratura non schierata con Ingroia e Di Pietro (il primo si è rivelato totalmente inadeguato e il secondo e' finalmente arrivato al capolinea di una carriera da arruffapopolo ignorante durata purtroppo vent'anni), gran parte del giornalismo a cominciare dalla Rai, dal Corriere della Sera e da Repubblica, gli alti gradi della burocrazia sempreverde, la Chiesa attaccata al potere (copyright Papa dimissionario), la massoneria intrecciata con gli ex comunisti a Siena e dintorni, e ciascuno può aggiungere chi crede. MONTI CASINI E FINI TRE. Poiché tornare a votare e' impensabile, e tra l'altro sarebbe uno spreco di tempo, di denaro, di attese che sarebbero frustrate, di ulteriore prolungamento del coma per l'economia, e poi nemmeno si può perché il nuovo scioglimento delle Camere non rientra tra i poteri del Presidente della Repubblica uscente, va trovata una soluzione per assicurare al Paese il governo possibile nelle condizioni date. EZIO MAURO QUATTRO. Non ci saranno tecnici o uomini della Provvidenza. Chi ha avuto i voti, sia pure mutilati, di protesta, gonfiati dalla legge elettorale, ha il dovere di trovare una soluzione, di metterci la faccia, di non accampare alibi che in una situazione straordinaria, economica e civile, come questa non reggono. Altrimenti, davvero, si arrendano e lascino ordinatamente il Paese per posti dove con la loro pensione possono tranquillamente vivere meglio che in Italia. Ma devono essere posti poco frequentati da turisti italiani. Ne' vale dire dalle parti del Pd "era meglio, a questo punto, se avesse vinto il giaguaro"' perché per il Paese sarebbe stato peggio (vedi borse e dintorni di oggi). FERRUCCIO DE BORTOLI CINQUE. Soprattutto, non usino lo spauracchio/alibi dei grillini e di Grillo Beppe. Il Movimento Cinque Stelle non ha nessuna fretta, e' il primo o il secondo partito quasi dappertutto, vuole ambientarsi in Parlamento e capire le regole con calma e sa bene che gli basta stare fermo per vincere ancora. Sa anche bene che saranno per loro decisivi le prossime elezioni comunali in città importantissime come Roma. È in tali situazioni che non possono restare alla finestra e devono trovare candidati all'altezza. GUBITOSI E TARANTOLA JPEG SEI. La battaglia per la presidenza della Repubblica non può essere giocata secondo i vecchi schemi, quelli della settimana scorsa, e i vecchi candidati. Serve fantasia, responsabilità, gioco sulle ali e capacità di giocare in trasferta.

IL PD MORMORA: NON C’E’ BISOGNO DI CHIEDERE LE DIMISSIONI, ALLE 17 BERSANI MOLLA – SIBILLINO PIPPO CIVATI SUL BLOG: “BERSANI NON FARÀ PIÙ IL SEGRETARIO DEL PD, COME HA SEMPRE DETTO LUI PER PRIMO, PER ALTRO. SPERAVA PER MOTIVI DIVERSI, E LO SPERAVO ANCH’IO” – SI DIMETTERA’ PUR SENZA DIVENTARE PREMIER?.... -

- http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-pd-mormora-non-ce-bisogno-di-chiedere-le-dimissioni-alle-17-bersani-molla-51536.htm http://www.ciwati.it - Giuseppe Civati: Non c'è bisogno di chiedere le dimissioni di Bersani. Bersani non farà più il segretario del Pd, come ha sempre detto lui per primo, per altro. Sperava per motivi diversi, e lo speravo anch'io.

PER ELKANN UNA ROTTURA DI MARON! - MARGHERITA AGNELLI HA RAGIONE: UNA PARTE DEL PATRIMONIO DI SUO PADRE FU NASCOSTA ALL’ESTERO - I PM DI MILANO SCRIVONO DELLA “DISPONIBILITÀ DELLA FAMIGLIA AGNELLI DI SCHERMI ATTRAVERSO CUI DETENERE BENI CELANDONE PROVENIENZA E TITOLARITÀ” - SIGFRIED MARON ALLA MORTE DI GIANNI AGNELLI DISSE ALLA FIGLIA DELLA “CASSAFORTE” - DAL DISCHETTO COI NOMI DEGLI EVASORI ALTRI GUAI IN ARRIVO?...

Gigi Moncalvo per "Libero" Un punto sta emergendo dopo quel che ha scritto la Procura di Milano: Margherita Agnelli non ha tutti i torti quando sostiene che è stata nascosta all'estero una parte del patrimonio di suo padre. Ma questo apre altri interrogativi. Chi ha le chiavi di questa cassaforte segreta? John Elkann lo sa, ne è informato, ci crede? L'Impero sembra vacillare. C'è qualche illusoria speranza che i lupi siano sazi? Dopo ciò che hanno scritto due PM milanesi, c'è anche un giudice a Torino (oltre al pm Giancarlo Avenati Bassi e a Roberto Pallini e la sua Corte che ha condannato due "intoccabili" come Gabetti e Grande Stevens)? GIANNI AGNELLI Ora le "convinzioni" dei giudici del Tribunale Civile subalpino sia di primo grado (Brunella Rosso in Pizzetti) che di appello (Angelo Converso, Rita Garibaldi, Patrizia Dolcino), che non riconobbero le ragioni di Margherita Agnelli sulla richiesta di rendiconto del patrimonio del padre, stanno vacillando? Jaky Elkann sta cominciando a capire chi è il vero "padrone" della Fiat? Il dottor Befera e l'Agenzia delle Entrate, che fanno? I magistrati Eugenio Fusco e Gaetano Ruta, hanno scritto che esistono «molteplici indizi che portano a ritenere come verosimile l'esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti ». Notare l'aggettivo "immenso". GIANNI AGNELLI NEGLI ANNI SESSANTA Fusco e Ruta parlano anche della «disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità». Citano un conto segreto da un miliardo di euro dell'Avvocato in Svizzera, come rivelato da Paolo Revelli, ex responsabile della gestione grandi patrimoni di Morgan Stanley: "Ho sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile a Giovanni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron". Ha aggiunto: "Adolf Brunder, funzionario della banca, nel 2004 era stato licenziato per aver inviato a Maron un fax con cui gli assicurava che avrebbe tenuta nascosta agli eredi Agnelli l'esistenza dei conti". GIANNI AGNELLI IN TRIBUNA I "PROTETTORI" Siegfrid Maron è il capo del "family office" di Agnelli, il nucleo che gestiva il suo patrimonio personale. Insieme con una persona di stretta fiducia di Gabetti, Ursula Schulte. E col vero "cervello": Hans Rudolph Steiger. Maron, subito dopo la morte dell'Avvocato, consegnò alla figlia del defunto - considerandola titolata a conoscere i documenti - un documento in cui si attestava l'esisteva di "Alkyone Foundation" a Vaduz, la principale cassaforte estera personale di Agnelli. Maron venne rampognato e gli fu imposto il silenzio. Senza quel foglio Margherita non avrebbe saputo nulla di "Alkyione" né scoperto che la fiduciaria aveva tra i "protettori" proprio Gabetti, Grande Stevens e Maron. MARGHERITA AGNELLI I primi due hanno detto di "non saperne nulla", nonostante la loro firma autografa. "Alkyone" faceva riferimento a "Prokurations Anstalt" e "First Advisory Group", che conducono a Herbert Batliner, classe 1928, il "re" delle fiduciarie del Liechtenstein, "gentiluomo di Sua Santità" (la più alta onorificenza vaticano per i laici). Aveva finanziato il restauro dell'organo della Cappella Sistina (con tanto di cerimonia alla presenza di Giovanni Paolo II) e poi del Duomo di Ratisbona, davanti a Benedetto XVI. Il Santo Padre ricevette Batliner nonostante il "gentiluomo" fosse colpito da ordine di cattura della Procura di Bochum con l'accusa di aver favorito l'evasione fiscale di contribuenti tedeschi per 250 milioni di euro. Grazie alla "moral suasion" del Cardinal Bertone presso la Cancelliera tedesca, Batliner ottenne un "salvacondotto" di poche ore per recarsi a Ratisbona. Batliner, insieme all'avvocato ginevrino René Merckt, classe 1933, è una costante nei rapporti con Agnelli, Gabetti e Grande Stevens. MARGHERITA AGNELLI Un impiegato del suo studio a Vaduz, dopo aver scaricato dai computer tutta la banca dati dei clienti gestiti da Batliner, ha fornito alle autorità tedesche, per quattro milioni di euro, le prove per scoprire ingenti evasioni fiscali. Quei quattro milioni ne hanno subito fruttato 900. I governi di altri paesi hanno sdegnosamente rifiutato di acquistare quel CD. Il che certo favorirebbe il compito di Befera. PRIMA DI TANGENTOPOLI In questo CD esistono - secondo Marc Hurner, l'esperto analista finanziario che per conto di Margherita Agnelli sta dando la caccia al tesoro dell'Avvocato - anche elementi clamorosi. Pochi mesi prima di Mani Pulite, Agnelli nascose la sua titolarità della "Dicembre", la sua cassaforte personale in Italia che controlla con più del 30% l'Acco - mandita Giovanni Agnelli (la cassaforte degli altri rami famigliari). Forse temendo che magistrati troppo curiosi potessero risalire a lui, intestò la sua quota a due prestanome stranieri: Batliner e Merckt. JOHN ELKANN ALLA ALLEN CONFERENCE JPEG In quel luglio 1991 furono create tre società- ombra (Merckt & Co., Julian Stiftung, Lavinium), il capitale fu portato da 99 milioni a due miliardi, vennero firmati dei mandati fiduciari nei confronti dei prestanome. Dall'intreccio di scatole cinesi emergono quattro lettere di mandato (e una di nomina a protectors di Julian Stiftung) che portano le firme di Agnelli, Gabetti, Grande Stevens. GIANLUIGI GABETTI JPEG Firmano cinque volte, e ora dicono di "non saperne nulla". C'è un turbinio di clausole assurde sottoscritte da Agnelli (o imposte a lui?), anche a danno dei suoi beneficiari: la moglie Marella e i due figli. E' all'esistenza, struttura e composizione di queste anstalt, stiftung e fondazioni che fa riferimento John Elkann quando asserisce testualmente, così come riferito ai magistrati milanesi dall'avv. Gamna, a proposito delle richieste di Margherita, "non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"? MARRONE GABETTI E GRANDE STEVENS La Merckt & Co, cioè la società prestanome della "Dicembre" viene estinta alla fine di Tangentopoli e sciolta a ottobre 1997. Marella Sarebbe bene che il dottor Befera leggesse questi capitoli del mio più recente libro ("Agnelli segreti", Vallecchi editore) e in particolare si soffermasse su altre due fondazioni, "Gnu" e "Kalla", che forse non ci sono più ma che nascono a Vaduz dopo che Gabetti ha ospitato a Torino a Villa Sassi per qualche giorno - con tour tra "Il Cambio", le Cantine Ceretto, la Grapperia Levi e la "Contea di Neive" - Herbert Batliner e signora, con altri quattro sudditi del Principato. Befera in questi anni qualcosa ha fatto: una sanzione di 90 milioni di euro contro Marella Agnelli dato che la signora (anzi il suo commercialista) "dimenticò" di segnare nel Quadro W delle denunce dei redditi 2003 e 2004 del defunto marito, un lungo elenco di asset all'estero che rendevano moltissimo. Donna Marella sta pagando in dodici rate trimestrali. GABETTI GRANDE STEVENS E, questa volta consigliata per iscritto dal commercialista Ferrero, si è messa in regola anche con l'intestazione dei suo amati cani huskies e dei domestici - trasferendoli all'ing. Elkann - per evitare che il fisco scopra che la sua residenza in Svizzera è inferiore ai prescritti sei mesi e un giorno. Ciò allo scopo anche di non pagare interessi sul mutuo bancario che la signora ha acceso in Svizzera per la sua villa. Nel frattempo Gabetti e Grande Stevens si stanno leccando le ferite dopo la grave condanna, per aver consentito con l'equity swap ad alcuni membri della famiglia di portarsi a casa con 184 milioni il controllo di una società che vale 9 miliardi di euro. Grande parla di "onta". Ma non farebbero bene i due, visto che proclamano la loro innocenza e rivendicano le loro "doti morali", a rinunciare alla prescrizione per dimostrare la propria illibatezza manageriale? Come farà Grande a occuparsi della banca vaticana proprio in questo delicato periodo, se è sospeso dalla professione? http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/per-elkann-una-rottura-di-maron-margherita-agnelli-ha-ragione-una-parte-del-patrimonio-51493.htm

LA DITTATURA DELLA FINANZA Borsa, crollo a Piazza Affari: -4,4%. Spread su L'esito delle elezioni non piace alle Borse. Milano tracolla in apertura: -4,35%. Sospesi tutti i bancari. In volo lo spread: 328 punti

I mercati non votano. Ma giudicano. Quello che pensano del verdetto delle urne sta tutto nelle cifre. Disastrose. Crollo in Piazza Affari. La peggiore apertura dell'anno. Pochi minuti dopo l'apertura delle contrattazioni il tracollo era verticale: a Milano il paniere principale Ftse Mib perdeva il 4,39% e il complessivo All Share il 4,24 per cento. A metà mattinata la situazione restava simile: Mib giù del 4,35%, All Share il calo del 4,09 per cento. I capitali fuggono dall'Italia. La Borsa legge quanto successo nella politica: una maggioranza non c'è, un governo non ci sarà, chi ha vinto davvero alle urne è la fazione anti-euro, anti-tasse e anti-rigore. Che i mercati ce l'avrebbero fatta pagare era scontato. Il prezzo potrebbe essere carissimo. Il Vietnam è appena iniziato. Le premesse - E che l'apertura in Borsa sarebbe stata lacrime e sangue era chiaro ancor prima dell'inizio delle contrattazioni: tutti i titoli delle banche erano in asta di volatilità per eccesso di ribasso. Prima che gli istituti di credito accedessero alle contrattazioni, il Ftse Mib lasciava l'1,57%, l'All share l'1,89 per cento. Poi sono entrate in gioco le banche, che compongono la maggior fetta di capitalizzazione dei nostri listini, e lo scenario è diventato da incubo. Il pesante clima di incertezza si rifletteva sulle performance di tutti i listini, europei e mondiali. Giù gli asiatici e Wall Street, mentre in Europa, a metà mattinata, Francoforte lasciava l'1,68%, Parigi l'1,81%, Amsterdam l'1,08%, Madrid il 2,65% e Londra lasciava l'1,16 per cento. Spread in volo - Occhi puntati anche sullo spread, il famigerato differenziale tra Btp e Bund tedesco, "responsabile" dell'arrivo del governo-Monti (che, appunto, ci fu imposto a colpi di spread). Lo spread all'apertura delle contrattazioni è schizzato fino a 347 punti, per poi scendere a 337. Alla vigilia, lo spread aveva chiuso in rialzo al di sotto dei 300 punti base. Quindi - in attesa dell'asta dei Bot del Tesoro, su cui tutti gli occhi sono puntati - un lieve calo a quota 328 punti base (il tasso di rendimento si attestava al 4,75 per cento). http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/1191896/Borsa--crollo-a-Piazza-Affari---4-4---Spread-su.html

sabato 23 febbraio 2013

LO SMEMORATO DI BARI – PRIMA VERSIONE: “NON RICORDO DI AVERLA MAI CONOSCIUTA” – SECONDA VERSIONE: DOPO LA FOTO DI PANORAMA.IT, CHE LO RITRAE CON LA GIP CHE LO HA ASSOLTO, È NASCOSTA NELLE PAGINE BARESI DEL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO: “NON CONOSCEVO QUASI NESSUNO A QUEL TAVOLO” – IL GOVERNATORE DEL “QUASI” PROMETTE QUERELA…

VENDOLA E LA GIUDICE LA FOTO DI PANORAMA ACCENDE LA POLEMICA Francesco Strippoli per il "Corriere del Mezzogiorno - Bari" VENDOLA A PRANZO CON LA GIUDICE CHE LO HA ASSOLTO L'ordigno è scoppiato a poche ore dall'apertura delle urne. Da ieri pomeriggio il sito web del settimanale «Panorama» ha messo in rete la foto preannunciata da giorni. Ritrae Nichi Vendola in compagnia (tra altre persone) della giudice Susanna De Felice, ossia il magistrato che lo scorso 31 ottobre, in funzione monocratica, lo ha assolto dall'accusa di concorso in abuso d'ufficio. VENDOLA A PRANZO CON LA GIUDICE CHE LO HA ASSOLTO «Il fatto non sussiste» stabilì la sentenza. La vicenda era relativa alla riapertura di un bando dell'Asl Bari (diretta da Lea Cosentino, anch'ella assolta) per l'individuazione del primario di Chirurgia toracica all'ospedale San Paolo di Bari. Un'assoluzione seguita da una coda velenosa. In una lettera riservata (venuta a conoscenza dei giornali) i pubblici ministeri del processo scrissero al procuratore generale e al procuratore segnalando la presunta amicizia tra la giudice De Felice e Vendola, e la frequentazione di amici in comune. DESIRE DIGERONIMO La missiva suscitò molte polemiche ma nessun effetto, visto che non rientrava nelle procedure con cui poter «ricusare» il giudice. Tanto meno a posteriori. La De Felice, ad ogni modo, fece sapere di aver informato preventivamente il capo del suo ufficio: conosceva la sorella di Vendola e l'aveva incontrata a qualche cena. Si ritenne tuttavia che non vi fossero elementi formali che potessero costringerla all'astensione dal giudizio. La foto suscita molto rumore. Lo scatto risale al 2006, è la festa di compleanno di Paola Memola, cugina del governatore, in un locale sul mare di Savelletri, nel brindisino. Si vede Vendola, il suo compagno Ed Testa, più in là la giudice De Felice sorridente e a capo chino. A sinistra si riconosce seminascosto il senatore pd Gianrico Carofiglio (all'epoca pm), la moglie magistrata Francesca Pirrelli, una giornalista, varie altre persone. DESIRE DIGERONIMO «Siamo di fronte ad una piccola barbarie - commenta il governatore - Si tratta di un compleanno del 2006. Io ero tornato a Bari da un anno. Arrivo e non conosco quasi nessuno a quel tavolo. Non ne conservo neppure la memoria. Confermo di non essere amico della dottoressa De Felice. Panorama risponderà della pubblicazione di questa foto e sarà una delle ragioni per cui avrò una vecchiaia ricca e serena. È l'ennesima costruzione sciacallesca che mi coinvolge. Si continua a discutere di realtà eventuali per commentarle come qualcosa di realmente accaduto. Sparisce il fatto storico (imputazioni che hanno portato ad archiviazione o assoluzione) e si imbastisce un tormentone strumentale: io divento il contraltare delle inchieste che fotografano il degrado corruttivo del centrodestra». PATRIZIA VENDOLA SORELLA DI NICHI Da quella parte arriva una raffica di critiche. «Vendola - dice il vice coordinatore pdl di Puglia Antonio Distaso - ha sempre negato di conoscere quel giudice, ma oggi si scopre che era una bugia. Vendola ha sempre detto di non essere amico neanche del primario per cui fu riaperto il concorso. Non sarà che spunterà una foto di compleanno? Inoltre, la commistione di alcuni pm e alcuni giudici che indagano e giudicano l'operato delle pubbliche amministrazioni locali con i vertici di sinistra di quelle stesse amministrazioni, a Bari ha raggiunto livelli tali da minare profondamente la fiducia nell'imparzialità della giustizia». «Vendola spieghi le bugie - dice il senatore D'Ambrosio Lettieri - anziché minacciare querele. Quella foto non può essere liquidata come un fatto di gossip». «Non dimentichiamo - dice Fabrizio Cicchitto - le belle dichiarazioni del leader di Sel, che dichiarandosi innocente, si diceva prontissimo a farsi giudicare, promettendo anche di dimettersi in caso di condanna». «A Bari - commenta Maurizio Gasparri - ci sono molte cose da chiarire». 2 - ECCO LA FOTO CHE SBUGIARDA VENDOLA: SU PANORAMA.IT LO SCATTO CHE RITRAE IL LEADER SEL E LA GIP CHE LO HA ASSOLTO. MA LUI NON SPIEGA E MINACCIA: "QUERELO" Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica per "Il Giornale" Eccola qui, la foto. La prova che Nichi Vendola ha pranzato in compagnia insieme con il gip barese Susanna De Felice, che poi, il 31 ottobre scorso, l'ha assolto dall'accusa di aver forzato la nomina di un primario. LEA COSENTINO Nello scatto, di Nichi c'è solo un pezzetto del viso, ma il taglio dell'occhio e il caschetto alla Beatle brizzolato, nonché l'inseparabile compagno Ed Testa al fianco, sono inconfondibili. Come inconfondibile è il volto sorridente del gip De Felice, seduta tre posti più in là, sullo stesso lato del tavolo. L'immagine è di aprile 2006, e la ridente compagnia era alla «Taverna da Santos» di Savelletri, tra Bari e Brindisi, per festeggiare il compleanno della cugina del governatore, Paola Memola. Nel gruppo della foto, che Panorama ha pubblicato sul suo sito web, ci sono in tutto dodici persone. Gli altri commensali immortalati - oltre a Nichi, al compagno, alla cugina e alla gip - sono il giudice Achille Bianchi (compagno della De Felice), il senatore del Pd e scrittore Gianrico Carofiglio - all'epoca pm - e la moglie Francesca Pirrelli, pm a Bari, il pm Teresa Iodice (oggi a Lecce), il giudice tranese Emma Manzionna, l'ex funzionario della mobile di Bari (ora a Foggia) Alfredo Fabbrocini, la giornalista Carmela Formicola e il compagno Michele De Francesco, architetto. Un gruppo ristretto, eppure il governatore pugliese, una settimana fa, su Radio24, aveva tagliato corto: «Non ricordo di aver mai conosciuto la dottoressa De Felice». A conoscere il gip, aveva ammesso, era semmai sua sorella, a cui l'aveva comunque presentata «il pubblico ministero che mi ha perseguitato in questi anni», ossia Desirèe Digeronimo, che insieme al collega Francesco Bretone aveva ottenuto il rinvio a giudizio del governatore. Quanto all'esistenza dell'immagine che li ritraeva a tavola, Nichi aveva commentato, lapidario: «Vedremo queste foto». Ma nemmeno ora che le ha viste, Vendola sembra aver memoria di quel pranzo. Ieri, a un cronista che gli chiedeva conto di quell'immagine, ha replicato attaccando Panorama: «Dovrà rispondere in tribunale e sarà una delle ragioni per cui avrò una vecchiaia ricca e serena». IL GIUDICE SUSANNA DE FELICE JPEG E alla richiesta di un commento specifico sulla foto, ha minacciato, come riportato dal direttore di Panorama Giorgio Mulè su Twitter: «Non vorrei portare anche lei in tribunale, ci interrompiamo qui su questa questione, punto». Insomma, il leader di Sel non l'ha presa bene. S'indigna, non commenta, annuncia querele, parla di pm «persecutori». Eppure non si ricordano suoi interventi in difesa di Berlusconi e Alfano quando infuriò la polemica per la cena tra i due e Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, giudici della Consulta che di lì a poco doveva esprimersi sul Lodo Alfano. Che, come è noto, venne bocciato. Mentre Vendola, noto anche questo, è stato assolto dal gip immortalato a tavola con lui. Il governatore, che in caso di condanna aveva annunciato l'addio alla politica attiva, era accusato di aver spinto la nomina di un chirurgo toracico, Paolo Sardelli, a primario dell'ospedale San Paolo di Bari, riaprendo i termini del concorso. A coinvolgerlo era stata l'ex direttrice della Asl di Bari, Lea Cosentino. Vendola, dopo la sentenza, s'era concesso un «sono felice» con gli occhi lucidi, per poi commentare così l'assoluzione: «Mi fa piacere che tutti considerassero scontato l'esito. Io, anche per scaramanzia e perché viviamo tutti sotto il cielo, insomma...». A sollevare il dubbio immortalato da quella foto del 2006 furono però proprio i due pm che avevano ottenuto il rinvio a giudizio di Vendola, Digeronimo e Bretone, inviando una missiva al pg di Bari Antonio Pizzi e al procuratore Antonio Laudati. Nella lettera, i pm segnalavano l'«amicizia diretta» e la «frequentazione di amici comuni» tra De Felice e la sorella di Nichi, Patrizia. Per i due magistrati, dunque, la gip avrebbe dovuto astenersi dal processo. Seguirono polemiche. E venne fuori che la De Felice prima della sentenza avrebbe informato il capo del suo ufficio d'aver visto in un paio d'occasioni a cena la sorella del governatore, Patrizia. Quest'ultima, però, con Panorama ha ammesso di aver incontrato il gip una cinquantina di volte tra 2004 e 2009, e poi altre cinque-sei volte. Insomma, quella foto, più che minacce, richiederebbe un chiarimento. Anche se il Pdl considera l'immagine eloquente. Per il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto lo scatto di Nichi a pranzo col gip «parla da solo e non ha bisogno di nessun commento. Certo che non teme i giudici, ci va a braccetto». Caustico Maurizio Gasparri: «Vendola aveva negato contatti e conoscenze, le immagini lo smentiscono in modo clamoroso. Del resto c'è chi è passato dalla magistratura alla giunta Vendola. A Bari - conclude il capo dei senatori Pdl - ci sono molte cose da capire». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/lo-smemorato-di-bari-prima-versione-non-ricordo-di-averla-mai-conosciuta-seconda-versione-51377.htm

OSCAR VENDOLA! - GIANNINO, DOPO LE MATTANE SU LAUREE E MASTER E ZECCHINO D’ORO, HA AMMESSO I SUOI ERRORI E HA TRATTO LE CONSEGUENZE - VENDOLA SPARA BUGIE (UNA FOTO DI “PANORAMA” LO INCHIODA) MA, ANZICHE’ DIMETTERSI, CONTINUA SOLO A MINACCIARE QUERELE: ‘’UN VECCHIO METODO PER APPANNARE BUGIE E VERITÀ’’…

Da "Il Foglio" VENDOLA A PRANZO CON LA GIUDICE CHE LO HA ASSOLTO Povero Nichi Vendola. Non più tardi dell'altro ieri, in quel di Napoli, davanti ai cronisti che gli chiedevano un parere sullo scivolone di Oscar Giannino, aveva risposto con una parola secca: "Chapeau". E così dicendo, aveva elogiato la prontezza con la quale il fondatore di Fare per Fermare il declino aveva rassegnato le dimissioni: "In un paese che è stato governato dalla menzogna eletta a sistema, il peccato veniale di Oscar Giannino e come lo ha affrontato gli fa onore". VIGNETTE GIANNINO MASTER Doveva avere forse un brutto presentimento il governatore della Puglia, alleato principe di Pier Luigi Bersani alle elezioni di domenica prossima. Perché ieri, nel teatrino delle patacche e delle bugie - un teatrino che si recita nel ridotto di questa turbinosa campagna elettorale - è precipitato anche lui. Andiamo ai fatti. "Io non ricordo di avere mai conosciuto la dottoressa De Felice", aveva dichiarato Nichi il 15 febbraio scorso dopo avere letto un articolo di Panorama nel quale si faceva riferimento a una fotografia che lo ritrae a una festa, seduto accanto a Susanna De Felice, il giudice barese che il 31 ottobre dell'anno scorso lo ha prosciolto da un'accusa di abuso di ufficio. GIANRICO CAROFIGLIO E, puntualmente, aveva lasciato indendere che lo scoop di Panorama altro non era che il braccio armato della solita, insopportabile macchina del fango. Pensava di cavarsela con una bugia, con un peccato veniale, con il piccolo azzardo di una smentita. PATRIZIA VENDOLA SORELLA DI NICHI Ma i giornali hanno un'altra narrazione, parola tanto decantata dall'epica vendoliana, e difficilmente cedono al fascino della poesia o alle ragioni di una competizione elettorale. E così, ieri mattina, Nichi è stato messo davanti all'evidenza. Il sito di Panorama ha pubblicato la foto che lo inchioda: un ritratto di gruppo, una festa privata e famigliare della primavera del 2006, con le immagini nette e sorridenti di Vendola, seduto accanto al suo compagno, e subito dopo lei, la dottoressa De Felice, giudice per le indagini preliminari, venuta a brindare, assieme agli altri convitati, per i quarant'anni di Paola Memola, commercialista e cugina del governatore. Una tavolata allegra e spensierata, dove la politica si abbraccia col fior fiore della magistratura barese: oltre alla De Felice, nella foto si vede l'ex pm Gianrico Carofiglio, scrittore e senatore del Pd, con la moglie Francesca Pirrelli, pubblico ministero e amica cara di Patrizia Vendola, sorella di Nichi; c'é Emma Manzionna, giudice civile a Trani e c'é pure Teresa Iodice, anche lei pm alla procura di Bari. DESIREE DIGERONIMO JPEG Comunque una tavolata innocente, vissuta alla luce del sole. Per quale motivo Vendola vorrebbe cancellarla dalla memoria? Ai poeti, si sa, sono concesse distrazioni o leggerezze e si può perdonare di tutto, anche una caduta di stile. Ma la bugia no. Nichi, oltre a essere un poeta, è un uomo politico che, come candidato a far parte del nuovo governo, predica rigore e trasparenza. Giannino, dopo le mattane su lauree e master e Zecchino d'oro, ha ammesso i suoi errori e ha tratto le conseguenze. Il leader di Sel, invece, continua solo a minacciare querele: un vecchio metodo per appannare bugie e verità e per dimostrare che uno "chapeau" va bene, ma solo se si dimettono gli altri. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/oscar-vendola-giannino-dopo-le-mattane-su-lauree-e-master-e-zecchino-doro-ha-51391.htm

grillo vincerà................ma il vecchio sistema con l armata minestrone governerà con il consenso del euro...pa

io ve lo dico adesso forse il movimento sarà il primo partito ma non basterà berlusconi -monti -bersani si uniranno facendo la grossa coalizione per il bene del paese (questo è quello che diranno)e governeranno 4 anni con il consenso dell europa padrona. silvio ha convenienza a non vincere ma ha essere decisivo, bersani e vendola sottoscacco per via di mps e giudice amica di vendola e se silvio alza la cresta mediaset cade in borsa.............sono tutti sotto ricatto dalla dittatura economica by signoraggi...banche.....e bildenberg il mantecatore 23/02/2013

venerdì 22 febbraio 2013

Tsunami Tour dal 14.01.13 22.02.13 live

http://www.beppegrillo.it/lacosa/

ABBIAMO APPENA FINITO DI LEGGERE ARTICOLONI CELEBRATIVI PER IL DECENNALE DELLA MORTE DI GIANNI AGNELLI ED ECCO CHE TORNANO A GALLA I SUOI PECCATUCCI FISCALI - 2. FORSE TUTTO QUEL LETTO DI BAVA, CONSIDERANDO ANCHE COME HA RIDOTTO LA FIAT, ERA UN PO’ FUORI LUOGO. UN PAESE SERIO, DI FRONTE A “UN IMMENSO PATRIMONIO” NASCOSTO DA UN EX SENATORE, APRIREBBE QUANTOMENO UNA DISCUSSIONE. PER NON PARLARE DI COME È STATA GESTITA LA SUCCESSIONE EREDITARIA CON KAKY ELKANN - 3. PER I PM CI SONO “MOLTEPLICI INDIZI CHE PORTANO A RITENERE COME VEROSIMILE L'ESISTENZA DI UN PATRIMONIO IMMENSO IN CAPO AL DEFUNTO GIOVANNI AGNELLI, LE CUI DIMENSIONI E LA CUI DISLOCAZIONE TERRITORIALE NON SONO MAI STATI DEFINITI”

SPUNTA IL TESORO ALL'ESTERO DELL'AVVOCATO Laura Verlicchi per Il Giornale GIANNI E MARGHERITA AGNELLI IL GIORNO DELLE NOZZE CON JOHN ELKANN Lo sostiene la Procura di Milano, che ha chiesto l'archiviazione per la figlia Margherita, e per gli avvocati Charles Poncet ed Emanuele Gamna, in relazione alla complessa vicenda che ruotava attorno all'eredità di Gianni Agnelli. Margherita e il suo legale Poncet erano accusati di tentata estorsione nei confronti di Gamna, a sua volta accusato di falso. MARGHERITA E GIANNI AGNELLI Per i pm Eugenio Fusco e Gaetano Ruta ci sono dunque «molteplici indizi che portano a ritenere come verosimile l'esistenza di un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, le cui dimensioni e la cui dislocazione territoriale non sono mai stati compiutamente definiti»: per questa ragione l'iniziativa giudiziaria promossa dalla figlia Margherita «non può essere liquidata come una pretesa avventata» e «non possono escludersi in linea teorica accordi tra le persone coinvolte per marginalizzare Margherita Agnelli sul piano economico». Gli inquirenti parlano anche della «disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità». MARGHERITA GIANNI AGNELLI LAP In particolare, spunta nel documento un conto segreto da 1 miliardo di euro dell'Avvocato in Svizzera. A rivelarlo ai pm è Paolo Revelli, ex managing director di Morgan Stanley, affermando «di avere sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all'avvocato Giovanni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron», uno dei consulenti dell'Avvocato. E ancora, sin dagli anni '70 a Gianni Agnelli sarebbero stati riconducibili tre moli in Costa Azzurra, «schermati» attraverso «una finanziaria» e «due società off-shore». Nella mappatura del patrimonio dell'Avvocato i pm di Milano inseriscono anche fondazioni e trust a Vaduz. La loro esistenza - scrivono i magistrati - è riferita a Margherita Agnelli e quindi a Poncet dallo stesso Gamna. Ed è alla struttura e alla composizione di questi trust che John Elkann, figlio di Margherita, avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, così come riferito dallo stesso Gamna, «non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate». In particolare, la fondazione Alkyone aveva come protectors Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfrid Maron. IL PM EUGENIO FUSCO I tentativi di far luce sul presunto tesoro all'estero dell'Avvocato, scrivono i pm di Milano, «sono stati vanificati» sia in Liechtenstein che in Svizzera «dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria». Le rogatorie, infatti, «sono state respinte sulla base dell'assunto, non del tutto condivisibile, che le richieste avevano esclusiva finalità fiscale». Tuttavia, i dati raccolti «sono sufficienti a rendere, quantomeno in astratto, credibile l'iniziativa giudiziaria della figlia» Margherita, che ha intrapreso una battaglia giudiziaria sull'eredità del padre. E, proseguono i pm, le indagini hanno portato «a escludere» che Margherita Agnelli, con i suoi legali, tra cui Charles Poncet, «abbia perseguito, attraverso le richieste indirizzate all'avvocato Gamna, un intento estorsivo». La figlia dell'Avvocato, secondo i pm, non stava perseguendo un «profitto ingiusto» ma avanzava una «legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno una volta aperta la successione». Dal canto suo, l'avvocato Gamna «respinge con sdegno - per bocca del suo legale, Mauro Anetrini - la tesi secondo la quale avrebbe fatto un accordo per marginalizzare Margherita Agnelli dall'eredità paterna». FAMIGLIA AGNELLI 2. LA PROCURA DI MILANO CHIEDE L'ARCHIVIAZIONE PER MARGHERITA AGNELLI... Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera" La Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione della «tentata estorsione» contestata alla figlia di Gianni Agnelli, Margherita, perché la tesi di «un complotto tra suoi legali e collaboratori del padre per escluderla dal gruppo e privilegiare il ruolo di suo figlio John Elkann», pur respinta da Tribunale e Appello civile di Torino nel 2010 e 2012, «non può essere liquidata come una pretesa avventata, essendo tutt'altro che remota la possibilità che parte del patrimonio le sia stata occultata» nella divisione dell'eredità del presidente della Fiat morto il 24 gennaio 2003. In particolare i pm Eugenio Fusco (che a Busto Arsizio sta indagando su Finmeccanica) e Gaetano Ruta (occupatosi delle scalata Antonveneta e Unipol, e ora del caso Formigoni) nella richiesta di archiviazione segnalano che «l'ex managing director di Morgan Stanley nella divisione che si occupava della gestione dei grandi patrimoni, Paolo Revelli», il 21 dicembre 2009 ha testimoniato «di aver sempre saputo che presso la filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile all'avvocato Gianni Agnelli per una cifra compresa tra gli 800 milioni di euro e il miliardo di euro, fiduciariamente intestata e detenuta attraverso molteplici conti da Siegfried Maron». JOHN ELKANN ALLA ALLEN CONFERENCE JPEG Revelli ha aggiunto che «Adolf Brunder, funzionario della banca, nel 2004 era stato licenziato per aver inviato a Maron un fax con cui gli assicurava che avrebbe tenuta nascosta agli eredi Agnelli l'esistenza dei conti». I pm si fermano qui, perché «la rogatoria è stata respinta sulla base dell'assunto, non del tutto condivisibile, che la richiesta avesse esclusiva finalità fiscale»: attestano però che i 109 milioni a Margherita Agnelli in base all'accordo del 2004 sull'eredità (in tutto 1 miliardo e 166 milioni tra case, oggetti d'arte e altri attivi) «furono pagati da un conto della filiale di Zurigo di Morgan Stanley sicuramente sconosciuto al Fisco», in quanto «non inserito nella dichiarazione dei redditi 2002-2003 di Gianni Agnelli». GIANLUIGI GABETTI JPEG La Procura lamenta poi la mancata assistenza del Liechtenstein sul secondo indizio di «un patrimonio immenso in capo al defunto Giovanni Agnelli, di dimensioni e dislocazione territoriale mai compiutamente definite», e cioè sulla fondazione «Alkyone» a Vaduz. Ne aveva parlato Emanuele Gamna, ex legale di Margherita poi denunciato dal nuovo avvocato di lei (Charles Poncet), e sinora condannato in primo e secondo grado per l'evasione fiscale di 13,5 dei 15 milioni di parcella. A suo dire, parte dei soldi dati dagli Agnelli a Margherita arrivavano da una somma derivata «dalla liquidazione dei trust nel tempo confluiti in Alkyone». E sempre come riferito da Gamna al pm il 27 marzo 2010, «è alla struttura e alla composizione di questi trust» che «John Elkann avrebbe fatto riferimento, asserendo testualmente: "Non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"». FIAT08 FRANZO GRANDE STEVENS LAP Anche qui i pm, senza risposte alla rogatoria, non riescono ad andare oltre: salvo scoprire, con una perquisizione nell'ex studio del nuovo civilista di Margherita, Abbatescianni, «un regolamento supplementare dello statuto di "Alkyone" recante in particolare i nominativi dei "Protectors" della fondazione: Giovanni Agnelli, Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron». LIECHTENSTEIN Nella richiesta di archiviazione (anche di Poncet, Gamna, Maron e del giornalista de Il Mondo Fabio Sottocornola), per i pm un terzo indizio di patrimoni offshore è infine ricavabile dal fatto che tre moli nel porto francese di Beaulieu, «notoriamente in uso a Giovanni Agnelli», siano risultati uno «schermato dalla "Triaria Investments Ltd" a Jersey, peraltro intestataria di uno dei conti presso Morgan Stanley di Zurigo», e due «riconducibili alle società offshore "Delphburn Ltd" nell'Isola di Man e "Celestrina Company Ltd" a Jersey». 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giovedì 21 febbraio 2013

“PANORAMA” PUBBLICA LA FOTO DI VENDOLA ATTOVAGLIATO CON IL GIUDICE CHE L’HA ASSOLTO - NELL’ALLEGRA TAVOLATA, RIUNITA IN OCCASIONE DELLA FESTA PER I 40 ANNI DELLA CUGINA PAOLA MEMOLA, SI RICONOSCONO I VOLTI SORRIDENTI NON SOLO DEL BEL NICHI CON IL COMPAGNO, MA ANCHE DI UN POLIZIOTTO, DI UNA GIORNALISTA, DI DUE DESIGNER E DI BEN SEI MAGISTRATI, FRA CUI PROPRIO IL GIUDICE SUSANNA DE FELICE…

Giacomo Amadori per "Panorama.it" Dieci persone sedute e due in piedi. Sei magistrati (eletto poi parlamentare), un poliziotto, una commercialista, una giornalista, due designer e Nichi Vendola. Ecco, dopo giorni di conferme e smentite, la foto della festa privata a cui parteciparono sia il governatore della Puglia sia il giudice, Susanna De Felice, che lo ha assolto il 31 ottobre scorso da un'accusa di abuso di ufficio. VENDOLA A PRANZO CON LA GIUDICE CHE LO HA ASSOLTO L'occasione, nell'aprile 2006, è il party per i quarant'anni di Paola Memola, cugina commercialista del presidente della Puglia. Vendola, il primo a destra nell'inquadratura, siede vicino al compagno Ed Testa, designer canadese. Due posti più in là (li separa il capo della Squadra mobile di Foggia Alfredo Fabbrocini) si riconosce il volto sorridente del giudice De Felice. In piedi dietro di lei, bionda e occhiali da sole, la festeggiata, Memola. A sinistra di De Felice, il compagno Achille Bianchi, all'epoca pm a Trani. Posto di capotavola per Teresa Iodice, altro sostituto procuratore barese. Alla sua destra Michele De Francesco, architetto e designer, accompagnato dalla compagna Carmela Formicola, nella foto con grandi orecchini rotondi, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno. Dietro di lei, sempre con gli occhiali da sole, Emma Manzionna, giudice del tribunale civile di Trani. VENDOLA A PRANZO CON LA GIUDICE CHE LO HA ASSOLTO Infine, a sinistra dell'immagine, Gianrico Carofiglio, oggi senatore Pd, all'epoca pm, insieme con la moglie Francesca Pirrelli, sostituto procuratore presso la procura di Bari, entrambi grandi amici della coppia De Felice-Bianchi. 2 - VENDOLA COL GUP CHE LO ASSOLSE SPUNTA LA FOTO CHE LI INCHIODA Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica per "il Giornale" Ora spunta anche la foto tra la gip che ha assolto Nichi Vendola dall'accusa di aver favorito la nomina di un primario e lo stesso governatore pugliese. Il giudice Susanna De Felice e il futuro imputato attovagliati alla stessa tavola, insieme alla cugina di Nichi, al suo compagno Ed, a sua sorella Patrizia, allo scrittore-pm-senatore Pd Gianrico Carofiglio e alla di lui moglie Francesca Pirrelli, pm in servizio a Bari che indaga sulla pubblica amministrazione, al pm barese Teresa Iodice e al giudice tranese Emma Manzionna. L'incontro risalirebbe all'aprile del 2006, l'occasione era il compleanno della cugina del presidente della Regione, la location un ristorante di Savelletri, sul litorale tra Bari e Brindisi, la taverna Santos. NICHI VENDOLA Quell'istantanea tocca la questione dei pregressi rapporti tra Vendola e il gip De Felice. Sollevata dai pm baresi che avevano ottenuto il rinvio a giudizio del leader di Sel, all'indomani della sentenza che aveva «salvato» la carriera politica di Nichi ( pronto a ritirarsi in caso di condanna). I magistrati, Desirée Digeronimo e Francesco Bretone, avevano denunciato ai vertici della procura rapporti troppo ravvicinati tra giudice e politico, trait d'union la sorella di Vendola, insinuando il sospetto che la sentenza fosse «inquinata»da quel¬le relazioni. La gip per loro avrebbe dovuto astenersi. La procura di Lecce, competente a indagare sulle toghe baresi, ha aperto un fascicolo sulla gip De Felice, e ha interrogato la sorella di Vendola. Patrizia ha ammesso di conoscere il giudice che ha assolto il fratello fin dal 2004, di averla frequentata almeno una volta al mese fino al 2009, dopodiché l'avrebbe vista «al massimo cinque o sei volte». VENDOLA Nichi c'era?Patrizia a Panorama ha snocciolato tre occasioni nelle quali, a sua memoria, Susanna e Nichi potrebbero essere stati immortalati insieme. Una festa in discoteca a Bisceglie, un'altra in masseria a Monopoli. E infine, il comple¬anno della cugina Paola «in un lido di Savelletri nel 2006». Lì, spiega la sorella del presidente, «eravamo una quindicina di persone, e uno scatto con Nichi e De Felice non posso escluderlo». E infatti lo scatto tra i due era incluso nel pranzo. Chi ne ha copia lo ha mostrato al settimanale, che lo descrive minuziosamente, anche se non lo pubblica perché il «testimone» non vuol vederlo pubblicato sotto elezioni. Ma alcuni dei presenti a quel compleanno (immortalati nelle foto) contattati dal Giornale si trincerano dietro imbarazzati «no comment ». Un poliziotto, Alfredo Fabbrocini, spiega: «Sì, so di questa storia, ma la cosa non mi riguarda, o meglio, non intendo commentare, non smentisco e non confermo». VENDOLA CON ED EDDY TESTA Il senatore Carofiglio dribbla la domanda secca: lei c'era a tavola con Nichi e la gip? «Parlo volentieri con i giornalisti, ma non volentieri al telefono, perché la consapevolezza di essere registrato toglie spontaneità alla conversazione ». Insistiamo (ovviamente registrando): ma lei c'era o non c'era? «Se passate da Bari ho piacere a prendermi un caffè con voi. Arrivederci». Tentiamo con Carmela Formicola, firma della Gazzetta del Mezzogiorno , anche lei quel giorno tra gli invitati secondo Panorama . Ricorda quell'incontro? Magari ha visto questo scatto, domandiamo. «Non ne so assolutamente niente, ma proprio nulla, ho fatto tanti di quei pranzi e di quelle cene che io questa qui proprio non me la ricordo. Foto ne ho tantissime, ma di duemila pranzi e duemila cene». Ma conosce la cugina di Nichi, Paola? Possibile che lei non fosse lì quel giorno? «Ma sì, sarò certamente stata tra gli invitati, lei era al mio compleanno, io al suo... ma veramente non mi ricordo. Mi ricordo a molti pranzi e cene la Digeronimo ( la pm che accusava Vendola, ndr), pensate, quella me la ricordo ». Non va meglio con il proprietario del ristorante, Fabrizio Santorsola: «No, questo compleanno con Vendola e De Felice non lo ricordo. Lei è una cara amica. Ricordo che lui è venuto sicuramente qui in occasione di un matrimonio. Voleva salutare e scappare via, ma restò a ballare fino alla fine». http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/panorama-pubblica-la-foto-di-vendola-attovagliato-con-il-giudice-che-lha-assolto-nellallegra-51294.htm

mercoledì 20 febbraio 2013

FUOCO DI PUGLIA - A PROPOSITO DI TOGHE ROSSE, CI SAREBBE UNA FOTO CHE RITRAE VENDOLA NEL 2006 ATTOVAGLIATO CON IL FIOR FIORE DEI GIUDICI BARESI, FRA CUI SUSANNA DE FELICE, COLEI CHE IL 31 OTTOBRE 2012 LO HA ASSOLTO DALL’ACCUSA DI ABUSO D’UFFICIO - PECCATO CHE LA TESTIMONE CHE HA MOSTRATO LO SCATTO A “PANORAMA” NON HA VOLUTO CEDERLO PERCHÉ, “A POCHI GIORNI DALLE ELEZIONI, SAREBBE DIROMPENTE”...

Esiste la foto di Nichi Vendola seduto allo stesso tavolo del giudice barese che l'ha assolto. NIKI VENDOLA Lo rivela il settimanale Panorama, in un articolo nel numero in edicola da domani 21 febbraio. A mostrare la foto a Panorama è stata una degli invitati al party, una ventina in tutto. NICHI VENDOLA La donna ha spiegato che la fotografia risale all'aprile 2006 ed è stata scattata in occasione di un pranzo organizzato per festeggiare i 40 anni di Paola Memola, commercialista barese, cugina di Vendola e sua amica. La festa si svolse al Santos, un ristorante sul mare di Savelletri (Brindisi). Nella foto si vede una tavolata. A destra, in primo piano, spicca Nichi Vendola, vicino al compagno Ed Testa. Seduta un posto più in là c'è Susanna De Felice, il giudice che il 31 ottobre 2012 ha assolto il governatore pugliese da un'accusa di abuso di ufficio. Al tavolo sono presenti altri magistrati: Gianrico Carofiglio, ex pubblico ministero barese e oggi parlamentare del Pd; sua moglie Francesca Pirrelli, anche lei pm a Bari; il pm barese Teresa Iodice e il giudice del Tribunale civile di Trani Emma Manzionna. GIANRICO CAROFIGLIO IL GIUDICE SUSANNA DE FELICE JPEG La testimone non ha voluto cedere lo scatto a Panorama e ha motivato così la sua decisione: «Pubblicarlo adesso, a pochi giorni dalle elezioni, sarebbe dirompente: è un'immagine dove si vede un'amicizia, una familiarità. Non posso renderla pubblica per ragioni affettive e ideologiche. Sono molto amica di Vendola e sono andata a votare per lui anche alle primarie». Esiste la foto di Nichi Vendola seduto allo stesso tavolo del giudice barese che l'ha assolto. NIKI VENDOLA Lo rivela il settimanale Panorama, in un articolo nel numero in edicola da domani 21 febbraio. A mostrare la foto a Panorama è stata una degli invitati al party, una ventina in tutto. NICHI VENDOLA La donna ha spiegato che la fotografia risale all'aprile 2006 ed è stata scattata in occasione di un pranzo organizzato per festeggiare i 40 anni di Paola Memola, commercialista barese, cugina di Vendola e sua amica. La festa si svolse al Santos, un ristorante sul mare di Savelletri (Brindisi). Nella foto si vede una tavolata. A destra, in primo piano, spicca Nichi Vendola, vicino al compagno Ed Testa. Seduta un posto più in là c'è Susanna De Felice, il giudice che il 31 ottobre 2012 ha assolto il governatore pugliese da un'accusa di abuso di ufficio. Al tavolo sono presenti altri magistrati: Gianrico Carofiglio, ex pubblico ministero barese e oggi parlamentare del Pd; sua moglie Francesca Pirrelli, anche lei pm a Bari; il pm barese Teresa Iodice e il giudice del Tribunale civile di Trani Emma Manzionna. GIANRICO CAROFIGLIO IL GIUDICE SUSANNA DE FELICE JPEG La testimone non ha voluto cedere lo scatto a Panorama e ha motivato così la sua decisione: «Pubblicarlo adesso, a pochi giorni dalle elezioni, sarebbe dirompente: è un'immagine dove si vede un'amicizia, una familiarità. Non posso renderla pubblica per ragioni affettive e ideologiche. Sono molto amica di Vendola e sono andata a votare per lui anche alle primarie». by dagospia

Sciopero anti austerità, la Grecia si ferma

Stop di 24 ore in tutto il Paese. Cortei ad Atene: 3mila poliziotti schierati. Nella capitale scontri e violenze Il corteo di protesta ad Atene (Afp) Nuova giornata di sciopero nazionale in Grecia contro i tagli agli stipendi e l'aumento delle tasse. Sessantamila persone sono scese in piazza ad Atene al grido: «Ladri, ladri!». E proprio nella capitale ci sono stati scontri con le forze dell'ordine. Gli agenti, più di tremila, hanno lanciato lacrimogeni per disperdere la folla vicino a piazza Syntagma. I manifestanti hanno risposto con un fitto lancio di pietre. Il clima è molto teso. I media ellenici raccontano di un pestaggio a un uomo perché scambiato per un militante di Alba Dorata, il partito neonazista che siede in Parlamento. L'uomo è stato soccorso e portato in ospedale. LA MOBILITAZIONE - I due principali sindacati ellenici hanno deciso il blocco di gran parte del Paese con un'astensione dal lavoro di 24 ore contro la politica di austerità che, denunciano, ha solo aggravato le condizioni di vita dei greci alle prese con il più alto tasso di disoccupazione europeo (al 27%) ma che nel 2013 è previsto in crescita al 30% nel 2013. LE RISPOSTE DEL GOVERNO - Il governo di coalizione guidato da Antonis Samaras, al potere da otto mesi, è al lavoro per varere le riforme promesse. In cambio Unione europea e Fondo monetario internazionale hanno concesso ad Atene due pacchetti di aiuti finanziari per oltre 200 miliardi di euro. Il governo ha anche deciso la linea dura verso gli scioperanti e, per due volte quest'anno, ha invocato le leggi d'emergenza precettando i lavoratori del trasporto marittimo e del trasporto pubblico locale dopo alcune proteste che hanno paralizzato Atene e fatto scarseggiare i prodotti alimentari sulle isole greche. Redazione Online 20 febbraio 2013 | 15:53 http://www.corriere.it/esteri/13_febbraio_20/grecia-sciopero-antiausterita-_a7dc019c-7b42-11e2-ba69-3fd719869bcf.shtml

domenica 17 febbraio 2013

Nessuno come l’Italia ci guadagnerebbe, lasciando l’euro

16:59 | Pubblicato da admin | Un aglosassone fuori dal coro: mentre “Financial Times” e “Wall Street Journal” hanno fatto un endorsement per un Monti-Bis, Ambrose Evans-Pritchard la pensa all’opposto. E spiega perché dovremmo applicare una terapia opposta a quella, suicida, di Monti. In termini pro capite, l’Italia è una nazione più ricca della Germania , con circa 9 trilioni (9.000 miliardi) di ricchezza privata. Abbiamo il più grande avanzo primario di bilancio del blocco G7, mentre il nostro debito “combinato”, quello che si ottiene facendo la media tra debito pubblico ed esposizione privata, ammonta al 265% del Pil ed è quindi inferiore a quello di Francia, Olanda, Gran Bretagna, Usa e Giappone. Per l’indice del Fmi, il punteggio dell’Italia è il migliore per “sostenibilità a lungo termine del debito” tra i principali paesi industrializzati. «Hanno un vivace settore delle esportazioni, e un avanzo primario», dice Andrew Roberts di “Rbs”. «Se c’è un paese dell’Eurozona che potrebbe trarre beneficio dall’abbandonare l’euro e ripristinare la competitività, è ovviamente l’Italia». «I numeri parlano da soli», aggiunge Roberts. «Pensiamo che nel 2013, non si tratterà di sapere quali paesi saranno costretti a lasciare l’euro, ma chi sceglierà di andarsene». Uno studio basato sulla “teoria dei giochi” e condotto da Bank of America ha concluso che l’Italia, sganciandosi e ripristinando il controllo sovrano sulle sue leve politiche, guadagnerebbe più di altri membri dell’unione monetaria. La nostra posizione patrimoniale sull’estero è vicina all’equilibrio, in netto contrasto con Spagna e Portogallo, entrambi in deficit per oltre 90% del Pil. L’avanzo primario, aggiunge Evans-Pritchard in un intervento sul “Telegraph” ripreso dal blog “Informare per Resistere”, implica che l’Italia «può lasciare l’Eurozona in qualsiasi momento lo desideri, senza dover affrontare una crisi di finanziamento». Un tasso di risparmio elevato, aggiunge il grande esperto economico inglese, significa che qualsiasi shock del tasso di interesse dopo il ritorno alla lira rifluirebbe nell’economiaattraverso maggiori pagamenti a obbligazionisti italiani: spesso ci si dimentica che in Italia i tassi reali erano molto più bassi sotto la Banca d’Italia. «Roma possiede una serie di carte vincenti», sostiene Evans-Pritchard. «Il grande ostacolo è il premier Mario Monti, installato a capo di una squadra di tecnocrati grazie al golpe del novembre del 2011 voluto dal cancelliere tedesco Angela Merkel e dalla Banca Centrale Europea, tra gli applausi dei media e della classe politicaeuropea». Monti «potrebbe essere uno dei grandi gentlemen d’Europa», ma sfortuna vuole che sia anche «un sommo sacerdote del progetto Ue» e, in Italia, «un promotore decisivo dell’adesione all’euro». Per cui: «Prima se ne va, prima l’Italia può fermare la diapositiva in depressione cronica». I “mercati” sono ovviamente inorriditi all’idea che si dimetta una volta approvata la legge di bilancio 2013, visto che i rendimenti sul debito italiano sono cresciuti. «L’armistizio è durato 13 mesi. Ora la guerra continua. Il mondo ci guarda con incredulità», scrive il “Corriere della Sera”. Il rischio immediato per gli investitori obbligazionari sta nel Parlamento fratturato, sostiene Evans-Pritchard, con almeno il 25% dei seggi attributi a «forze euroscettiche», cioèBerlusconi, la Lega Nord e lo stesso Grillo, quotato attorno al 18% . «Siamo condannati, se non vi sarà chiara maggioranza in Parlamento», avverte il professor Giuseppe Ragusa dell’università Luiss Guido Carli di Roma. «Qualsiasi risultato del genere – ammette Evans-Pritchard – lascerebbe i mercati obbligazionari palesemente esposti, come lo erano nel luglio scorso, durante l’ultimo spasimo della crisi del debito in Europa. Roma avrebbe ancora meno probabilità di richiedere un salvataggio e firmare un “Memorandum” rinunciando alla sovranità fiscale», che poi è la pre-condizione già prevista dal Fiscal Compact affinché entri in azione la Bce per tenere a bada i rendimenti dei titoli italiani. Tutti quegli investitori che si sono esposti sul debito italiano (e quello spagnolo) dopo la promessa di Mario Draghi che la Bce avrebbe fatto tutto il possibile per salvare l’Eurozona ora potrebbero scoprire che Draghi non è in grado di tener fede alla sua promessa, perché ha le mani legate dallapolitica. I detentori dei titoli italiani sono preoccupati, «ma gli interessi della democrazia italiana e quelli dei creditori stranieri non sono più allineati», dice Evans-Pritchard. «Le politiche deflazionistiche stile anni ’30 imposte da Berlino e Bruxelles hanno spinto il paese in un vortice greco». Confindustria ha detto che la nazione è ridotta in macerie, e gli ultimi dati confermano che la produzione industriale in Italia è in caduta libera, giù del 6,2% rispetto all’ottobre dell’anno prima. «Abbiamo visto, negli ultimi 12 mesi, un crollo completo del settore privato», conferma Dario Perkins, del Lombard Street Research. «La fiducia delle imprese è tornata ai livelli dei momenti più bui della crisi finanziaria. La fiducia dei consumatori è la più bassa di sempre. Berlusconi ha ragione a dire che l’austerità è stata un completo disastro». I consumi sono è scesi del 4,8% anche a causa della stretta fiscale. «Questi numeri non hanno precedenti: il rischio per il 2013 è che la caduta sarà ancora peggiore», avverte la Confcommercio. Le origini di questa crisi, per Evans-Pritchard, risalgono a metà degli anni ’90, quando il marco e la lira sono stati inchiodati per sempre ad un tasso di cambio fisso. L’Italia, che aveva la “scala mobile” salariale ed era abituata all’inflazione, ha così perduto progressivamante dal 30% al 40% di competitività del lavoro rispetto alla Germania. E il surplus commerciale storico con la Germania è diventato un grande deficit strutturale. «Il danno ormai è fatto: non è possibile riportare indietro le lancette dell’orologio. Eppure – insiste Evans-Pritchard – questo è esattamente ciò che le élite politiche dell’Ue stanno cercando di fare con l’austerità e la drastica “svalutazione interna”». Una simile politica può funzionare in una piccola economia aperta come quella irlandese, con alti ingranaggi commerciali, mentre in Italia «significa replicare l’esperienza della Gran Bretagna dopo che Winston Churchill fece tornare la sterlina all’ancoraggio all’oro, tornando così al tasso sopravvalutato del 1925». Come Keynes disse acidamente, i salari sono condannati a scendere. Difatti, gli inglesi pagarono con gli stenti i cinque anni successivi. «L’effetto principale di questa politica è quello di portare alle stelle il tasso di disoccupazione», che per i giovani italiani ha superato il 36% e va aumentando ancora. «Il commissario Monti, con la stretta fiscale, si è mangiato quest’anno il 3,2% del Pil, tre volte la dose terapeutica». Eppure, non c’era alcuna ragione economica per farlo: «L’Italia ha avuto un budget vicino al saldo primario nel corso degli ultimi sei anni. È stata, sotto Berlusconi, un raro esempio di rettitudine». L’avanzo primario raggiungerà quest’anno il 3,6% del Pil, per poi passare addirittura al 4,9% l’anno prossimo. «Non si potrebbe essere più virtuosi, eppure il dolore è stato più dannoso che inutile». L’inasprimento fiscale, aggiunge Evans-Pritchard, ha spinto in zona-pericolo il debito pubblico italiano, che era in equilibrio stabile. Il Fmi conferma: il nostro debito sta crescendo molto più velocemente di prima, saltando dal 120% dello scorso anno al 126% di quest’anno per salire al 128% nel 2013. E l’economia? Ha subito una contrazione per cinque trimestri consecutivi: secondo Citigroup, l’economia italiana non si riprenderà fino al 2017. «Sarebbe straordinario se gli elettori italiani tollerassero questa débacle per lungo tempo», dice Evans-Pritcahrd, anche se Bersani – come pare probabile – vincerà le elezioni con un centrosinistra pro-euro. Gli ultimi sondaggi rivelano che ormai solo il 30% della popolazione pensa ancora che l’euro sia “una cosa buona”. «Il coro in favore dell’uscita dell’Eurozona è stato silenziato dopo la promessa di salvezza di Draghi». E ora, cinque mesi dopo, «è chiaro che la crisi è più profonda è ancora purulenta». Berlusconi «gioca maliziosamente con il tema»: un giorno accenna alla sua “pazza idea” di autorizzare Bankitalia a stampare euro con aria di sfida, aggiungendo che «non è una bestemmia dire di lasciare l’euro». Poi, gli affondi più recenti: l’Italia «sull’orlo del baratro», la «spirale senza fine» della recessione. In un anno, un vero e proprio crollo: milioni di disoccupati, debito alle stelle, imprese che chiudono, industrie ko come quella dell’auto. «Non possiamo continuare ad andare avanti in questo modo», dice il bellicoso Berlusconielettorale, prima dell’ennesimo folle dietrofront pro-Monti. Impossibile continuare così? «Infatti: non si può», conferma Evans-Pritchard. Che invita l’Italia a svegliarsi, e scrollarsi di dosso il parassita che la sta dissanguando: l’euro e la setta finanziaria che l’ha imposto, azzoppando un paese dall’economia solida e dalla ricchezza ragguardevole. Fonte: http://www.libreidee.org/2012/12/nessuno-come-litalia-ci-guadagnerebbe-lasciando-leuro/ http://www.nocensura.com/2013/01/nessuno-come-litalia-ci-guadagnerebbe.html

sabato 16 febbraio 2013

AH, FINALMENTE GOLDMAN MONTI GODE: “E’ DI NUOVO TANGENTOPOLI” (ED IO VI SALVERO’) - 2. INDIVIDUATO IN BERLUSCONI L’EREDE DI ‘BOTTINO’ CRAXI, SECONDO CUI LE TANGENTI ALL'ESTERO NON DEVONO SCANDALIZZARE PERCHÉ SONO COMMISSIONI PAGATE PER OTTENERE COMMESSE, IL LOBBYSTA MONTI MARIO SI SPARA IL SANTO PISTOLOTTO SULLA “CORRUZIONE ANCHE A LIVELLO INTERNAZIONALE" ED INTANTO HOLLANDE SUBITO NE APPROFITTA PER SCAPICOLLARSI IN INDIA PER UNA VISITA DI DUE GIORNI DECISAMENTE IMPRONTATA AGLI AFFARI - 3. MENTRE FINMECCANICA È SOTTO SCHIAFFO PER L'ARRESTO DI GIUSEPPE ORSI, LA MINACCIA DI NUOVA DELHI DI SOSPENDERE IL CONTRATTO PER I 12 ELICOTTERI AGUSTA WESTLAND AW 101 E BANDIRE IL GRUPPO ITALIANO DALLE COMMESSE, LA DELEGAZIONE FRANCESE VEDE AL SEGUITO DEL PRESIDENTE FRANCESE HOLLANDE BEN CINQUE MINISTRI E 60 RAPPRESENTANTI DI AZIENDE IMPEGNATE SUI SETTORI STRATEGICI DI ENERGIA E DIFESA

AH, FINALMENTE GOLDMAN MONTI GODE: "E' DI NUOVO TANGENTOPOLI" (ED IO VI SALVERO') Repubblica.it SILVIO BERLUSCONI AND FRANCESCA PASCALE ARTICLE C DC X "Purtroppo sì, siamo di fronte a qualcosa di molto simile a Tangentopoli, l'evidenza è molto simile la speranza è minore. Nel 1992 si pensava che il fenomeno delle tangenti era alla fine, invece siamo qui di nuovo". Lo ha detto il presidente del consiglio e leader di Scelta Civica, Mario Monti, ad Agorà su Rai Tre, commentando le recenti vicende giudiziarie che riguardano politica e finanza. MONTI E FASSINA DALLA ANNUNZIATA "Nel '92 e '93 c'è stata come un'azione liberatoria", ha proseguito il premier. "Ma la coscienza dei politici si è molto seduta e siamo qui di nuovo. Speriamo che venga meno un sistema di potere se genera queste cose". Secondo Monti le ultime vicende giudiziarie dimostrano che si è passati "dalla partitocrazia alla partitorazzia".

Commentando le parole di Berlusconi, secondo cui le tangenti all'estero non devono scandalizzare perché sono commissioni pagate per ottenere commesse, Monti ha detto: "Che le tangenti esistano in molti paesi è la realtà ma che sia inevitabile lo rifiuto. Un Paese deve agire sul piano internazionale, mentre vedo nel dibattito in corso un certo provincialismo: uno che ha governato l'Italia come Berlusconi deve rendersi conto che un paese come l'Italia, che è nel G8, ha il dovere di combattere la corruzione anche a livello internazionale".

Ma l'attacco al Cavaliere è a largo raggio. "Se vincesse il centrodestra, l'Italia tornerebbe a rischio come nel novembre 2011 e si fermerebbero le riforme in grado di far crescere il Paese". "Se vincesse il Pd con Vendola, invece, i conti sarebbero più al sicuro, ma non si proseguirebbe sulla strada delle riforme strutturali". E ancora: "Sono molto più ferito quando dei cialtroni dicono aver lasciato l'italia bene nel 2011 e poi io l'ho mandata a male, che non inorgoglito se Obama dice che l'italia oggi va bene". HOLLANDE SINGH INDIA LAPRESSE TF 2. FINMECCANICA NEI GUAI, HOLLANDE IN INDIA A FIRMARE CONTRATTI di Gianandrea Gaiani per il Sole 24 Ore Mentre Finmeccanica è sotto pressione per l'arresto di Giuseppe Orsi, la minaccia di Nuova Delhi di sospendere il contratto per i 12 elicotteri Agusta Westland AW 101 e bandire il gruppo italiano dalle commesse, il presidente francese François Hollande è arrivato in India per una visita di due giorni decisamente improntata agli affari. La delegazione francese vede al seguito del presidente ben cinque ministri e 60 rappresentanti di aziende impegnate a rafforzare un interscambio che nel 2012 è stato di 9 miliardi di euro puntando soprattutto sui settori strategici di energia e difesa. GIUSEPPE ORSI In agenda la definizione di un contratto miliardario per fornire all'India reattori nucleari di nuova generazione (EPR) per l'impianto di Jaitapur. Un accordo sul quale sono in corso da tempo complessi negoziati riguardanti i tempi di consegna, la ricaduta tecnologica per l'India e il costo. Gli stessi capitoli che finora hanno ritardato la firma dell'accordo per la vendita di 126 cacciabombardieri Dassault Rafale (che potrebbero salire a 189) nell'ambito del programma dell'aeronautica indiana noto come Medium Multi-Role Combat Aircraft (MMRCA). Il jet francese ha sconfitto "in finale" l'Eurofighter Typhoon prodotto dal consorzio che include Finmeccanica, ma il contratto valutato una dozzina di miliardi di euro non è stato ancora definito. FRANCOIS HOLLANDE E MARIO MONTI JPEG Il premier indiano, Manmohan Singh ha fatto sapere oggi che il negoziato esclusivo con la Francia per la vendita di 126 jet da combattimento Rafale «progredisce bene». Un ottimismo condiviso dall'amministratore delegato di Dassault, Eric Trappier, il quale la settimana scorsa si era detto certo che l'affare possa essere concluso quest'anno, forse già entro luglio. Per l'India, principale importatore mondiale di armi e tecnologia militare, l'ammodernamento delle forze armate resta un imperativo ma le aziende francesi del settore stanno concludendo buoni affari anche nel settore civile come dimostra il contratto siglato oggi a Nuova Delhi da Eurocpter (Gruppo EADS) per fornire 7 elicotteri EC-135 all'operatore Aviators India che sta istituendo il primo servizio nazionale di elisoccorso. FRANCOIS HOLLANDE E MARIO MONTI JPEG L'accordo firmato oggi ha un valore di 40 milioni di euro ma il portavoce di Eurocopter ha affermato che un nuovo contratto potrebbe venire siglato già entro quest'anno tenuto conto che l'esigenza indiana è di 50 elicotteri. L'accordo potrebbe facilitare Eurocopter, diretta concorrente di Agusta Westland, ad aggiudicarsi anche la commessa militare per 197 elicotteri da ricognizione anche se l'India potrebbe puntare su un velivolo di produzione nazionale. Ad avvantaggiare le aziende francesi sul mercato indiano contribuisce senza dubbio l'impegno assunto oggi da Hollande a sostenere la candidatura dell'India per un seggio permanente presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «Abbiamo posizioni politiche da difendere in tutte le sedi internazionali: la pace, la democrazia, la libertà, la lotta contro il riscaldamento globale, la diversità culturale - ha detto Hollande in una conferenza stampa con il primo ministro indiano Manmohan Singh - e mi auguro che l'India possa difendere questi principi in seno al Consiglio di Sicurezza come membro permanente». FRANCOIS HOLLANDE E MARIO MONTI JPEG SEDE FINMECCANICA Il presidente Hollande ha aggiunto che questi principi includono «la partecipazione dell'India nelle operazioni per il mantenimento della pace», includendo questioni che riguardano «l'energia nucleare civile». Il supporto diretto che Parigi assicura alle proprie aziende è stato evidenziato negli ambienti industriali italiani dove, per restare nel settore aerospazio e Difesa, si lamenta l'assenza totale di ministri e sottosegretari all'ultimo Salone Aero India, che si è tenuto a Delhi tra il 6 e il 10 febbraio. Un'assenza "fragorosa" ma politicamente da mettere in relazione alla vicenda ancora irrisolta che vede i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone costretti a restare in India in attesa di un processo da tenersi presso un tribunale speciale ancora da istituire. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-ah-finalmente-goldman-monti-gode-e-di-nuovo-tangentopoli-ed-io-vi-salvero2-50968.htm

OBAMA SCIVOLA SUL PETROLIO - BOB KENNEDY JR E L’ATTRICE DARYL HANNAH SI FANNO ARRESTARE DAVANTI ALLA CASA BIANCA PER PROTESTA CONTRO UN MEGA-OLEODOTTO - IL PROGETTO KEYSTONE PORTERÀ L’ORO NERO DAL CANADA FINO AL GOLFO DEL MESSICO, DOVE GLI USA HANNO LE RAFFINERIE - PER GLI AMBIENTALISTI, È UN DANNO AGLI ECOSISTEMI E UN TRADIMENTO DELLE PROMESSE “GREEN” DI BARACK - MA TRA “FRACKING” E PETROLIO CANADESE, OBAMA SI AVVICINA ALL’INDIPENDENZA ENERGETICA DAL MEDIORIENTE…

Federico Rampini per "la Repubblica" Che retata. Due rampolli del clan dei Kennedy, più l'attrice Daryl Hannah ("Blade Runner"). La polizia di Washington ha ammanettato un parterre di vip proprio davanti ai cancelli della Casa Bianca. Gli arrestati erano tutti impegnati nella protesta ambientalista contro l'oleodotto "extra-large" che deve collegare Canada e Stati Uniti. Prima dell'intervento della polizia 47 manifestanti si erano incatenati ai cancelli del palazzo presidenziale. BARACK OBAMA BASKET JPEG Tra loro Robert F. Kennedy Jr., figlio del leader democratico assassinato nella campagna presidenziale del 1968, e suo figlio Conor, ancora più celebre nelle cronache rosa per un suo passato legame con la cantante country Taylor Swift. OBAMA SCACCIA UNA MOSCA FASTIDIOSA TAYLOR SWIFT CONOR KENNEDY Ma il più clamoroso degli arresti è un altro: quello di Michael Brune, direttore del Sierra Club. Con 120 anni di storia e 1,4 milioni di aderenti, il Sierra Club è la più antica e influente organizzazione ambientalista degli Stati Uniti. Mai prima di ieri aveva fatto ricorso a forme di protesta così radicali. La scesa in campo del Sierra Club in una manifestazione di disubbidienza civile, dà la misura della controversia scatenata dal progetto Keystone, l'oleodotto Xl (dalle iniziali di "extra-large"). Il gigantesco pipeline deve trasportare petrolio non raffinato dal Canada fino al Golfo del Messico dove gli Stati Uniti concentrano il grosso delle loro raffinerie petrolchimiche. Il tracciato percorre trasversalmente gli Usa ed è contestato dagli ambientalisti fin dalle sue origini. ROBERT KENNEDY JR ARRESTATO La manifestazione di ieri voleva servire a richiamare Barack Obama alla coerenza. Ancora martedì nel discorso sullo Stato dell'Unione il presidente ha sottolineato l'importanza della lotta al cambiamento climatico e ha messo le energie rinnovabili tra le sue priorità. «Non si può affermare da una parte che bisogna ridurre le emissioni carboniche, e dall'altra approvare il più inquinante progetto petrolifero», ha dichiarato ieri Burne dopo essere stato rilasciato dalla polizia. L OLEODOTTO KEYSTONE Obama finora ha evitato di prendere una posizione univoca. Un anno fa la sua Amministrazione bloccò un tratto della costruzione dell'oleodotto, che avrebbe attraversato degli ecosistemi fragili nello Stato del Nebraska. Un altro pezzo del pipeline, il tratto meridionale dall'Oklahoma al Texas, ha ottenuto invece il nulla osta federale e procede verso la costruzione. La parola finale spetterà formalmente al Dipartimento di Stato, per le implicazioni internazionali di un progetto a cui il Canada tiene molto. Sulla politica energetica Obama ha dovuto tenere conto di una campagna martellante: la lobby petrolifera, quella del carbone, altre organizzazioni confindustriali lo hanno accusato di frenare la creazione di nuovi posti di lavoro con un eccesso di regolamentazioni ambientaliste. DARYL HANNAH ARRESTATA Di fatto gli Stati Uniti sotto l'Amministrazione Obama si stanno avvicinando a grandi passi all'indipendenza energetica, ma ci arrivano sfruttando tutte le fonti: dalle più inquinanti come petrolio e carbone, fino alle rinnovabili. Il Nebraska è uno degli Stati inondati da improvviso benessere, per lo sfruttamento di nuovi giacimenti. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/obama-scivola-sul-petrolio-bob-kennedy-jr-e-lattrice-daryl-hannah-si-fanno-arrestare-50980.htm

VIETATO FAR VEDERE LA GRECIA CHE BRUCIA - L’ITALIA DEVE ANDARE AL VOTO SENZA AVERE NOTIZIE DELLA “GUERRA DEL PANE” DI ATENE: PERCHE’? - ASSALTI AGLI SCAFFALI PER DISTRIBUIRE VIVERI IN PIAZZA, RAPINE IN BANCA PER RESTITUIRE QUALCHE SOLDO ALLA POPOLAZIONE, DIMOSTRANTI PICCHIATI IN CELLA - L’EUROPA FRANCO-TEDESCA HA DISTRUTTO UNA NAZIONE E RIDOTTO ALLA FAME UN INTERO POPOLO - LA RIBELLIONE DEGLI AGRICOLTORI…

Da www.abruzzo24ore.tv SCONTRI AD ATENE Riceviamo e pubblichiamo dall'associazione Articolotre: "La Grecia è crollata sotto il peso dei debiti contratti con la Bce , ma in Italia nessuno ne parla perche' siamo in campagna elettorale, l'attenzione dei media e' stata spostata sulle dimissioni del Papa,mentre l'Europa brucia! Stanno assaltando i supermercati. Ma non si tratta di banditi armati. Si tratta di gente inviperita e affamata, che non impugna neanche una pistola, con la complicità dei commessi che dicono loro "prendete quello che volete, noi facciamo finta di niente". SCONTRI AD ATENE Si tratta della rivolta di 150 imprenditori agricoli, produttori di agrumi, che si sono rifiutati categoricamente di distruggere tonnellate di arance e limoni per calmierare i prezzi, come richiesto dall'Unione Europea. Hanno preso la frutta, l'hanno caricata sui camion e sono andati nelle piazze della città con il megafono, regalandola alla gente, raccontando come stanno le cose. CRISI GRECIA MANIFESTANTE ACCANTO ALLA POLIZIA SCHIERATA Si tratta di 200 produttori agricoli, ex proprietari di caseifici, che da padroni della propria azienda sono diventati impiegati della multinazionale bavarese Muller che si è appropriata delle loro aziende indebitate, acquistandole per pochi euro sorretta dal credito agevolato bancario, quelli hanno preso i loro prodotti della settimana, circa 40.000 vasetti di yogurt (l'eccellenza del made in Greece, il più buon yogurt del mondo da sempre) li hanno caricati sui camion e invece di portarli al Pireo per imbarcarli verso il mercato continentale della grande distribuzione, li hanno regalati alla popolazione andandoli a distribuire davanti alle scuole e agli ospedali. GRECIA CRACK Si tratta anche di due movimenti anarchici locali, che si sono organizzati e sono passati alle vie di fatto: basta cortei e proteste, si va a rapinare le banche: nelle ultime cinque settimane le rapine sono aumentate del 600% rispetto a un anno fa. Rubano ciò che possono e poi lo dividono con la gente che va a fare la spesa. La polizia è riuscita ad arrestarne quattro, rei confessi, ma una volta in cella li hanno massacrati di botte senza consentire loro di farsi rappresentare dai legali. Lo si è saputo perché c'è stata la confessione del poliziotto scrivano addetto alla mansione di ritoccare con il Photoshop le fotografie dei quattro arrestati, due dei quali ricoverati in ospedale con gravi lesioni. GRECIA JPEG E così, è piombata la sezione europea di Amnesty International, con i loro bravi ispettori svedesi, olandesi e tedeschi, che hanno realizzato una inchiesta, raccolto documentazione e hanno denunciato ufficialmente la polizia locale, il ministero degli interni greco e l'intero governo alla commissione diritti e giustizia dell'Unione Europea a Bruxelles, chiedendo l'immediato intervento dell'intera comunità continentale per intervenire subito ed evitare che la situazione peggiori. GRECIA Siamo venuti così a sapere che il più importante economista tedesco, il prof. Hans Werner Sinn, (consigliere personale di Frau Angela Merkel) sorretto da altri 50 economisti, avvalendosi addirittura dell'appoggio di un rappresentante doc del sistema bancario europeo, Sir Moorald Choudry (il vice-presidente della Royal Bank of Sctoland, la quarta banca al mondo) hanno presentato un rapporto urgente sia al Consiglio d'Europa che alla presidenza della BCE che all'ufficio centrale della commissione bilancio e tesoro dell'Unione Europea, sostenendo che "la Grecia deve uscire, subito, temporaneamente dall'euro, svalutando la loro moneta del 20/ 30%, pena la definitiva distruzione dell'economia, arrivata a un tale punto di degrado da poter essere considerata come "tragedia umanitaria" e quindi cominciare anche a ventilare l'ipotesi di chiedere l'intervento dell'Onu" http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/vietato-far-vedere-la-grecia-che-brucia-litalia-deve-andare-al-voto-senza-avere-50987.htm

NON SIAMO MICA GLI AMERICANI – L’EX CONSIGLIERE DELLA WORLD TRADE ORGANIZATION JAGDISH BHAGWATI DEVE ESSERE UN FAN DEL BANANA: “QUANDO LA PRATICANO GLI AMERICANI, SI CHIAMA LOBBY; QUANDO LA FANNO GLI ALTRI, DIVENTA CORRUZIONE” - “TUTTI LO FANNO MA POI GLI AMERICANI ACCUSANO I FRANCESI, CHE ACCUSANO GLI INGLESI, CHE ACCUSANO I TEDESCHI, CHE ACCUSANO GLI ITALIANI” - NELLA RETE DEI PROCURATORI FINISCONO I PESCI PICCOLI…

Paolo Mastrolilli per "la Stampa" JAGDISH BHAGWATI «Quando la praticano gli americani, si chiama lobby; quando la fanno gli altri, diventa corruzione». Ride, Jagdish Bhagwati, mentre fa questa battuta velenosa, ma in realtà sta scherzando solo un po'. Bhagwati, professore alla Columbia University di New York e studioso del Council on Foreign Relations, è un'autorità mondiale nello studio e nella pratica dei commerci internazionali. Basti pensare che è stato consigliere tanto del direttore generale della World Trade Organization, quanto di quello del General Agreement on Tariffs and Trade. JAGDISH BHAGWATI Che prove ha per sostanziare la sua battuta? «Tante. A esempio questa. Durante l'amministrazione Clinton, fui invitato a viaggiare con una delegazione ufficiale che andava in Cina con il segretario al Commercio Ron Brown. Entrati nella sala dell'incontro principale con le autorità politiche e la comunità del business, Brown parlò con grande schiettezza: finora - disse - ho fatto l'avvocato lobbista a Washington, e quindi potevo aiutare solo i miei clienti a trovare commesse; oggi sono ministro del Commercio, e quindi posso venire qui a ottenere contratti per tutte le aziende americane». SEDE FINMECCANICA Non era lecito? «Certo. C'è anche chi sostiene che il lobbismo è democrazia. Altri, però, lo considerano la legalizzazione della corruzione. Tutti lo fanno, ma poi gli americani accusano i francesi, che accusano gli inglesi, che accusano i tedeschi, che accusano gli italiani, e così via». La corruzione è il sistema con cui funzionano i mercati internazionali? «Sostanzialmente sì. Ma bisogna saper distinguere, perché ci sono diversi livelli. Supponiamo che un paese importante mandi una delegazione in India guidata dal capo del governo, e prometta alle autorità di Nuova Delhi di aiutarle in Kashmir, in cambio di una grande commessa a cui tiene. Non si spostano soldi, non ci sono tangenti, ma arriva sostegno politico a livello internazionale e magari qualche fornitura di armi. Come la chiamate, questa? FINMECCANICA Oppure si costruiscono scuole, ospedali, strade, in cambio dello sfruttamento di un giacimento. I più sofisticati si comportano così e sono inattaccabili, quasi generosi. Gli altri, un livello più sotto, pagano le tangenti, e finiscono nel mirino dei procuratori. Poi c'è la corruzione di livello più basilare, quella che serve a far funzionare il sistema a livello locale, che esiste a Nuova Delhi come a New York». Il suo collega Kaushik Basu, capo economista della Banca Mondiale, sostiene addirittura che bisognerebbe legalizzare parzialmente questo genere di corruzione, considerando reato solo l'accettazione delle tangenti e non la consegna. «Non arrivo a tanto, ma è chiaro che almeno la corruzione basilare è endemica. Senza di lei non si muove nulla, in Oriente come in Occidente». GIUSEPPE ORSI Cosa bisognerebbe fare, per evitare quella più sofisticata? «Esistono già delle regole condivise a livello Oecd ma chiaramente non bastano. Io penso che l'unica misura efficace sarebbe quella di separare la politica dal business, vietando le delegazioni che uniscono gli uomini di governo con quelli degli affari. E' molto difficile che questo avvenga, ma quanto meno bisognerebbe cominciare a discuterne, se crediamo che la competizione onesta sul mercato sia lo strumento più efficace per allocare le risorse». http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/non-siamo-mica-gli-americani-lex-consigliere-della-world-trade-organization-jagdish-bhagwati-deve-51009.htm

MA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ ANDARE DAL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI A TESSERE LE LODI DI UNO DEI CANDIDATI PREMIER IN CORSA ALLE ELEZIONI POLITICHE, IL CANDIDATO CHE A MALAPENA, FORSE, RACCOGLIERÀ I VOTI NECESSARI AD ENTRARE CON LA SUA COALIZIONE DI CARINI DA UNA PARTE E DI IMPRESENTABILI DALL'ALTRA IN PARLAMENTO? - 2. E' COME SE NAPOLITANO AVESSE DETTO A LOR SIGNORI CHE BERSANI E' INADATTO A GOVERNARE E CHE BISOGNA AFFIDARSI ALL'UOMO DEI POTERI FORTI ANCHE SE NON HA VOTI - 3. ANCORA: CON LA SUA UMANA, TROPPO UMANA, VOGLIA DI AVERE IL SIGILLO DELL'ALLEATO AMERICANO AL SUO SETTENNATO, HA FINITO ANCHE PER DIMENTICARE GLI INTERESSI INTERNAZIONALI CHE VOGLIONO ANNULLARE LA CONCORRENZA DI ENI, ENEL E FINMECCANICA NELLE GARE INTERNAZIONALI (MAGARI AIUTATI DAL DISONESTO ITALIANO DI TURNO)? COME SI FA A NON VEDERE COME SI E' MOSSO IN QUESTI GIORNI HOLLANDE IN INDIA? -

DAGOREPORT MONTI CASINI Ma il presidente della Repubblica può andare dal Presidente degli Stati Uniti a tessere le lodi di uno dei candidati premier in corsa tra 10 giorni alle elezioni politiche generali, il candidato più debole, quello che a malapena, forse, raccoglierà i voti necessari ad entrare con la sua coalizione di carini da una parte e di impresentabili dall'altra in Parlamento? BERSANI_NAPOLITANO Il Pdl ha levato qualche protesta di routine, ma in realtà la vera incazzatura contro Giorgio Napolitano e' quella del Pd. Bersani Pierluigi e' furibondo, e furibonda e' la base del partito contro uno di loro che, dicono, per difendere la scelta di fine 2011 di nominare un tecnico al governo e di non andare alle elezioni finisce per difendere il Monti di oggi, politico improbabile e aspirante Ghino di Tacco proprio nei confronti del Pd. MONTI BERSANI NAPOLITANO CASINI ALFANO Non sono teneri al quartier generali del Pd verso il compagno Giorgio, la giudicano un'ingerenza pesantissima: una cosa e' difendere se stessi e la scelta di tentare di sottrarre il paese alle fiamme dello spread, altra cosa e' entrare a gamba tesa nella campagna elettorale, ingenerando confusione tra il Monti tecnico (sul quale oltretutto il giudizio e' pesantemente negativo) e il Monti politico che vorrebbe continuare a governare a spese del Pd. NAPOLITANO E BARACK OBAMA Dove e' finito, dicono sempre dalle parti del Pd, il rispetto che la nostra Costituzione impone a tutti gli organi, poteri e ordini per la libera determinazione del popolo italiano alla vigilia di delicatissime elezioni politiche generali? E cosa deve pensare il cittadino se anche l'arbitro supremo che siede sul Colle più alto finisce per entrare in campo contro la sua stessa parte politica di provenienza, spogliandosi del ruolo super partes che la Costituzione gli assegna? Si vuole davvero far stravincere Grillo, il quale al dunque risulterà essere molto più affine con Berlusconi Silvio che con chiunque altro? BARACK OBAMA E GIORGIO NAPOLITANO ALLA CASA BIANCA Ancora: Napolitano Giorgio, per il Pd ex Re Giorgio, con la sua umana, troppo umana, voglia di avere il sigillo dell'alleato americano e dell'uomo più potente del globo al suo settennato, ha finito anche per dimenticare gli interessi internazionali che vogliono limitare il più possibile la libera espressione della volontà popolare, marginalizzandone il ruolo, per lucrare vantaggi nella concorrenza economica. NAPOLITANO HA INCONTRATO ANCHE BERSANI E CASINI Come si fa, nel caso italiano, infatti a non ricordarsi che gli interessi americani, tedeschi e francesi sono quelli di annullare la concorrenza di Eni, Enel e Finmeccanica nelle gare internazionali (magari aiutati dal disonesto italiano di turno)? Come si fa a non vedere come si e' mosso in questi giorni Hollande in India? MONTI CASINI FINI Mettendo insieme l'aspetto strettamente politico, quello di essere super partes, e le implicazioni economiche internazionali, e' come se Napolitano avesse detto che Bersani Pierluigi e' inadatto a governare e che bisogna affidarsi all'uomo dei poteri forti anche se non ha voti. Un po' troppo, anche per i nervi controllati del marito della farmacista di Bettola. http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-ma-il-presidente-della-repubblica-pu-andare-dal-presidente-degli-stati-uniti-a-51037.htm