giovedì 28 novembre 2013

La lobby delle slot machine si salverà anche dal condono (Valeria Pacelli). 19/09/2013 di triskel182

UNA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO “PREMIA” LA BPBLUS DI CORALLO: ADESSO È ANCORA MENO PROBABILE CHE IL GOVERNO LETTA RIESCA A INCASSARE I 600 MILIONI DI EURO PREVISTI.
Il governo Letta ci aveva sperato: incassare dai concessionari delle slot machine 600 milioni di euro. Nel decreto approvato pochi giorni fa che abolisce l’Imu sulla prima casa, c’era infatti una norma che riguardava i colossi del gioco d’azzardo: i concessionari che in passato hanno ricevuto una multa (più precisamente una penale per violazione del contratto con i Monopoli di Stato) di 2 miliardi e mezzo, possono sanare la propria posizione pagando il 25 per cento della quota da versare entro il 15 novembre. Un condono che doveva fornire parte delle coperture necessarie per cancellare la prima rata dell’Imu da due miliardi di euro. 
I ministri però non hanno tenuto conto né delle difficoltà dei concessionari a pagare – pochi infatti si potranno permettere di sanare la propria posizione – né della situazione particolare della BPlus, ex Atlantis World Group of Companies, società gestita un tempo dall’ex latitante Francesco Corallo, accusato di associazione a delinquere dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sui prestiti elargiti dalla Banca popolare di Milano quando alla guida c’era Massimo Ponzellini. Pochi giorni fa, infatti, la posizione della BPlus è cambiata: con una sentenza del consiglio di Stato il colosso del gioco d’azzardo potrà non rispettare i requisiti richiesti dalle nuove norme inserite per le concessioni, come previsto dalla legge 220 del 2010, e potrà persino evitare di pagare 9 milioni di euro che avrebbero dovuto versare.
LE QUOTE della Bplus che un tempo deteneva Francesco Corallo (figlio di Gaetano, che era amico del boss mafioso Nitto Santapaola, e che è stato condannato per fatti degli anni 80 per associazione a delinquere nel processo per la scalata dei catanesi ai casinò del nord Italia, con il quale Francesco sostiene di non avere nulla a che fare da decenni), sono finite in un blind trust, un fondo guidato da un fiduciario, l’avvocato olandese Jeroen Veen, gradito alla proprietà. Il 4 settembre scorso però il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza che favorisce molto la concessionaria. Davanti al Cds era aperto un contenzioso che riguardava le concessioni. Con una legge del 2010 sono stati stabiliti i nuovi requisiti per concedere le concessioni in ambito slot (era già scoppiato il caso Corallo). La BPlus non vuole perdere la fruttuosa concessione quindi presenta ricorso prima al Tar, che lo respinge, poi al Consiglio di Stato che invece emette un parere favorevole. I giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che BPlus può continuare ad operare sul mercato italiano degli apparecchi senza adeguarsi alle nuove convenzioni, in virtù della concessione acquisita nel 2004. Questo creerà non pochi problemi nei rapporti tra i diversi soggetti attivi nel settore del gioco, perché ci sono altri nove concessionari che invece hanno rispettato la legge 220/2010 che prevede requisiti molto più stringenti.
TRA GLI OBBLIGHI rispettati dai vecchi operatori per partecipare a un bando c’era il pagamento una tantum di 100 euro per ognuna delle 350 mila slot all’epoca attive sul territorio: dopo la sentenza lo Stato dovrà rassegnarsi a non incassare i circa 9 milioni di euro previsti per le 90 mila macchinette collegate a BPlus. E ora si vedrà cosa faranno gli altri, perchè a questo punto tutte le società potrebbe tentare il ricorso.
INSOMMA, sembra che il governo Letta in tema di slot abbia fatto male i conti. Per non parlare poi delle difficoltà nel sanare la propria posizione da parte di molti concessionari. BPlus, pagando entro il 15 novembre, potrebbe versare allo Stato 200 milioni di euro. Una bella cifra che però i pretendenti pronti a comprare la società di Corallo (valutata 450 milioni circa) sborserebbero volentieri per chiudere ogni contenzioso. Incontreranno maggiore difficoltà a pagare le penali, nonostante lo sconto dei tre quarti, le altre società.
La Sisal Slot, dell’omonimo gruppo quotato in borsa, potrebbe sanare la propria posizione pagando 61,2 milioni di euro. Altre concessionarie che dovranno pagare penali simili non possono contare su grandi gruppi alle spalle. La piccola Gamenet dovrebbe dare allo Stato 58, 7 milioni di euro, la HBG deve 50 milioni e anche la Snai, quotata in borsa, incontrerebbe difficoltà a pagare 52 milioni di euro. Il presidente di Confindustria sistema gioco Italia, Massimo Passamonti ha infatti dichiarato che il condono è destinato al flop:“Preferiamo aspettare il giudizio d’appello, siamo sicuri che ci darà ragione”. La ma-xi-multa da 2,5 miliardi potrebbe essere cancellata in appello. Perché pagare subito il condono?
Se questa copertura del decreto Imu dovesse svanire, scatterebbe la cosiddetta clausola di salvaguardia, con un aumento degli acconti di Ires, Irap e accise. O pagano le concessionarie delle slot,o pagano tutti gli italiani con le tasse.
Da Il fatto Quotidiano del 19/09/2013.

I dieci padroni del gioco d'azzardo la terza industria dopo Eni e Fiat Chi lo gestisce in modo legale si spartisce una torta che a fine 2011 arriverà a quota 80 miliardi di euro. Sedici volte il business annuo di Las Vegas. Lo Stato incassa il 10%. In alcuni casi è arduo stabilire proprietari e intrecci societari. Il ruolo dei Monopoli. E i dubbi della Corte dei conti, dell'Antimafia e di alcuni parlamentari di ALBERTO CUSTODERO

SONO i padroni del gioco d'azzardo legale in Italia. Si spartiscono una torta che a fine 2011 arriverà a quota 80 miliardi di euro. Come dire, 16 volte il business annuo di Las Vegas o quanto basterebbe a sei o sette manovre finanziarie. Su questa cifra imponente lo Stato incassa il dieci per cento. E il settore ha 120 mila addetti, di fatto la terza industria italiana dopo Eni e Fiat. Le big del mercato delle new slot, delle lotterie e delle scommesse sportive in Italia sono dieci e rappresentano metà di quel fatturato. Dietro a loro ci sono altri 1.500 concessionari-gestori che si spartiscono l'altra metà. Alcune made in Italy sono perfettamente trasparenti - per esempio Lottomatica e Snai - mentre per altre con sedi all'estero è arduo stabilire proprietari e intrecci societari. 

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Dubbi e sospetti sono stati sollevati nelle ultime settimane dalla Corte dei conti, dalla Direzione nazionale antimafia, dalla commissione parlamentare Antimafia e persino da una quarantina di parlamentari di tutti gli schieramenti politici che hanno presentato interrogazioni molto circostanziate. Il fatto è che sulle concessioni stanno per riaprirsi i giochi, visto che i contratti scadono il 16 maggio e che i requisiti di partecipazione diventano via via più rigidi. L'ultima legge di stabilità, a esempio, ha reso obbligatoria la "tracciabilità" di tutta la catena societaria di ogni 
singolo operatore. C'è insomma chi rischia di non vedersi rinnovare la concessione. E qualcuno comincia a chiedersi come mai l'Aams - cioè l'amministrazione autonoma dei Monopoli - abbia permesso che lo Stato italiano diventasse partner di gruppi così poco trasparenti e abbia agito, come scrive la Dna guidata dal procuratore Pietro Grasso, "con grande superficialità" e "senza un approfondito esame dei soggetti che avevano presentato domanda". 

Ma chi c'è in realtà dietro quelle società sotto i riflettori dell'antimafia? Perché i Monopoli hanno accolto aziende con proprietà a dir poco oscure, a cui di fatto viene affidato il ruolo di esattore fiscale? Come funziona il sistema di scatole cinesi delle imprese che operano in Italia con azionisti esteri e con finanziarie in paesi come Svizzera, Lussemburgo o Antille olandesi? Come finirà la partita del rinnovo delle concessioni?

IL GRANDE BUSINESS

Mentre sono in calo sale Bingo e scommesse tradizionali, il gioco online è in pieno boom. Tutto è cominciato nel 2004. Quando i Monopoli di Stato hanno affidato alle dieci concessionarie la gestione delle macchinette elettroniche: new slot nei bar e tabaccherie, e videolottery di nuova generazione in sale dedicate. Ecco com'è costituita in Italia la filiera, o "rete" del gioco legale, delle macchinette. Alle dieci concessionarie spetta la conduzione della rete telematica con l'obbligo di assicurarne l'operatività. Sono queste società a incaricare i gestori di installare gli apparecchi - attualmente 400 mila - poi affidati agli esercenti, i locali pubblici dove gli utenti giocano. Le concessionarie, come si è detto, hanno il delicato compito di esattori per conto dello Stato, in quanto oltre a incassare il proprio utile, incamerano anche il "Preu", prelievo erariale unico, che poi versano ai Monopoli. Il fatturato è appunto in continua crescita: dall'inizio della crisi del 2008, in due anni - secondo i dati di Agipronews - il volume d'affari del gioco d'azzardo di Stato (slot machine, videopoker, lotterie e scommesse sportive) è aumentato di 13 miliardi, passando dai 47,5 miliardi del 2008 ai 61,5 del 2010, il 3,7 per cento del Pil. E la raccolta del primo trimestre di quest'anno (18 miliardi di euro) conferma un trend positivio (più 17 per cento), rispetto allo stesso periodo del 2010. L'anno potrebbe dunque chiudersi con il record di 80 miliardi. Tanto più che nel Def - come ha denunciato qualche giorno fa il senatore Idv Luigi Li Gotti - il ministero dell'economia ha incrementato l'offerta dei giochi e ha previsto su questo fronte un aumento delle entrate erariali. E sempre pochi giorni fa un membro della commissione Antimafia, il senatore Raffaele Lauro del Pdl - ex commissario antiracket e antiusura - ha proposto una commissione parlamentare d'inchiesta sul gioco d'azzardo e ha presentato un disegno di legge per vietare ai minori di 18 anni di incassare vincite in denaro. 

Ma vediamo quali sono le concessionarie. In prima fila Lottomatica e Snai, le uniche totalmente made in Italy. La prima è al 60 per cento della De Agostini Spa controllata a sua volta dalla B&D di Marco Drago e C, holding della storica famiglia Boroli. La Snai ha avuto un azionariato più diffuso e dopo gli ultimi cambiamenti di asset è controllata da due fondi di private equity che fanno capo uno alla famiglia Bonomi, l'altro a istituti bancari e assicurativi italiani. Sulla Snai c'è in corso un'Opa. Le altre otto, invece, presentano azionariati in parte o del tutto protetti da sedi estere. La Cogetech è di proprietà della Cogemat, Spa di proprietà al 71 per cento della OI Games 2 con sede a Lussemburgo. Gamenet è al 42 per cento (quota di maggioranza) della Tcp Eurinvest, sede Lussemburgo. Hbg è al 99 per cento di proprietà della lussembrughese Karal: solo l'1 per cento è di proprietà di un italiano, Antonio Porsia (che è anche l'ad), imprenditore definito dalla stampa finanziaria il nuovo numero uno delle sale da gioco. Il gruppo delle "lussemburghesi" è chiuso dalla Sisal, al 97 per cento della Sisal Holding finanziaria, Spa al 100 per cento della Gaming Invest, sede nel granducato. 

Ci sono poi le società spagnole: Codere, al 100 per cento del gruppo Codere Internacional, e Cirsa di Cirsa international Gaming Corporation. Le altre due concessionarie sono G. Matica - al 95 per cento della Telcos, una srl con 126 mila euro di utile che è controllata per il 52 per cento dalla Almaviva Technologies (altra srl della famiglia Tripi) e per il 37 per cento della Interfines Ag, sede legale Zurigo - e Atlantis, oggi sostituita da B Plus Giocolegale limited, che ha la sede principale a Londra con 68 dipendenti e una "sede secondaria" a Roma. 

ATLANTIS STORY
Proprio la ex Atlantis - che controlla il 30 per cento del mercato dello slot machine - è al centro di dubbi e polemiche. A rappresentarla in Italia - sede in via della Maglianella 65 a Roma - con la qualifica di "preposto", figura il trentunenne catanese Alessandro La Monica. Prima di diventare parlamentare del Pdl in quota An, il rappresentante legale della Atlantis era Amedeo Laboccetta. A questa concessionaria la Direzione nazionale antimafia ha dedicato un intero capitolo. La Atlantis - si legge nell'ultimo rapporto della Direzione antimafia - con sede a Saint Martin nelle Antille Olandesi, è stata successivamente sostituita, in seguito a sollecitazione da parte dei Monopoli, dalla Società Atlantis Giocolegale con sede in Italia. "Gli amministratori - scrivono i magistrati antimafia - sono Francesco e Carmelo Maurizio Corallo, entrambi figli di Gaetano. La storia di quest'ultimo è abbastanza nota essendo stato già condannato per vari reati ed essendo notoria la sua vicinanza a Nitto Santapaola". "Si deve infatti rammentare che, come riferito da alcuni collaboratori, la famiglia Santapaola gestisce proprio nelle Antille Olandesi, e proprio a Saint Martin, un casinò presso il quale Gaetano Corallo fin dagli anni 80 svolgeva l'attività di procacciatore di clienti. Lo stesso aveva poi proseguito la sua collaborazione in altri casinò in varie zone dell'America, sempre riconducibili alla famiglia Santapaola". Raccontano i giudici che i fratelli Corallo hanno smentito di avere rapporti di affari con il padre Gaetano rivendicando la loro autonomia di imprenditori, e gli accertamenti espletati non hanno fatto emergere contatti sospetti, né con il padre, né con il direttore o altri funzionari dei Monopoli. "Proprio su questi aspetti - si legge ancora nella relazione - la Dda di Roma ha indagato Giorgio Tino (ex direttore dei Monopoli), nonché alcuni esponenti della famiglia mafiosa dei Corallo". La Direzione distrettuale antimafia romana ha scritto infatti: "Si appurava che lo svolgimento della gara e l'individuazione dei concessionari erano avvenute sulla base di criteri assolutamente formali, attenendosi unicamente alle conformità degli assetti societari dichiarati. Un esame più attento faceva però emergere sospetti di concentrazione occulta tra alcuni concessionari (formalmente distinti, ma che mostravano collegamenti sia di persone fisiche sia di sedi)". 

A proposito dei rilievi della Dna alla Atlantis/Bplus, va registrata la replica dei Monopoli resa alla commissione Antimafia: "Atlantis sottoscrisse all'origine la concessione in qualità di mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese costituito anche da Plp. srl, Bit media srl e Consorzio Saparnet. Successivamente è subentrata a unico titolo nella gestione della concessione come Bplus. Abbiamo verificato i requisiti di tutti i soggetti per i quali risultassero posizioni di rappresentatività nell'ambito dell'azienda. La forma di controllo più importante è il certificato antimafia rivolte alle prefetture competenti". Resta da capire quali controlli antimafia, e attraverso quali prefetture, siano stati fatti per accertare la trasparenza degli azionisti "protetti" presso la sede legale di Londra. 

MONOPOLI SOTTO ACCUSA

La relazione della Dna, nel capitolo intitolato "infiltrazioni della criminalità organizzato nel gioco (anche) lecito", solleva appunto dubbi sui criteri con cui quale sono state scelte le concessionarie. E sull'atteggiamento "inerte dei Monopoli nei confronti di concessionarie di rete rimaste per lungo tempo inadempienti per molti degli obblighi assunti. E comunque indebitate in modo abnorme verso l'Aams per il mancato pagamento del Preu". Nel corso dell'inchiesta dei magistrati è risultato - caso Atlantis a parte - che alcune delle società concessionarie "avevano sede principale all'estero e oltretutto in Paesi caratterizzati da un'opacità fiscale, ma soprattutto mostravano collegamenti con persone fisiche oggetto di procedimenti penali". Pur se gli elementi indiziari raccolti non sono stati ritenuti sufficienti a concretizzare l'esercizio dell'azione penale, l'attività di indagine ha fatto emergere come le concessioni, in un settore di altissima valenza economica e a grave rischio di infiltrazione mafiose, "furono affidate con grande superficialità, senza alcun approfondito esame dei soggetti che avevano presentato domanda. E che la complessiva gestione dei Monopoli fu a dir poco disattenta tanto da provocare l'elevazione si sanzioni da parte della Corte dei conti". Quest'ultimo è un riferimento all'indagine dei giudici contabili del Lazio che nel 2007 avevano contestato a tutte le dieci concessionarie un danno erariale di 98 miliardi di euro provocato dal mancato collegamento delle slot machine alla rete telematica di proprietà dello Stato e gestita dalla Sogei. Il mancato collegamento ha impedito secondo i giudici la registrazione delle giocate e di conseguenza c'è stato il mancato pagamento dei tributi. Si tratta di un danno erariale, ancora oggetto di ricorsi, di 4 volte superiore alla manovra estiva varata dal governo la scorsa estate. 

Ma come replicano i Monopoli a quelle critiche? L'Aams, va detto, è ben consapevole del rischio criminalità nel settore gioco. I suoi vertici alla commissione Antimafia hanno infatti dichiarato che "le più recenti indagini della gdf hanno mostrato che le mafie, in conseguenza della crescente e rapida diffusione di centri di scommesse del tutto legali sotto il profilo formale, intervengono in forma occulta o proponendosi come soci, investendo nel settore legale i proventi derivanti dal mercato nero". Una maggiore trasparenza nelle procedure di rilascio delle autorizzazioni, hanno ammesso i Monopoli, avverrà quando sarà attuata la legge di stabilità del 2011 le cui norme consentiranno infatti un maggior controllo "rispetto a organismi societari di residenza estera". 

RIVOLUZIONE ANNUNCIATA 
Le concessioni sarebbero dovute scadere nel maggio nel 2010: dopo la proroga di un anno, decadranno definitivamente a metà maggio. Cosa faranno i Monopoli: apriranno il mercato a nuovi gestori con criteri di maggiore trasparenza e con maggiore attenzione, come richiesto dalla Dna e dalla Corte dei Conti, oppure rinnoveranno i contratti alle attuali concessionarie dei cui azionariati esteri si sa poco o nulla? Alcune delle società concessionarie invocano griglie d'accesso più rigide. Controllare solamente i rappresentanti legali in Italia, dicono, non basta. Occore ricostruire il quadro completo degli azionisti, individuare chi c'è dietro le imprese e valutarne i requisiti. Dice Maurizio Ughi, amministratore delegato della Snai: "La nostra società è quotata in Borsa e ha una totale trasparenza sulla catena degli azionisti. Delle altre società ovviamente non posso parlare. Ma ora il "patto di stabilità" obbliga le concessionarie ad avere azionisti riconoscibili. Pertanto la situazione è semplice: chi si adegua alla legge, e svela tutti i proprietari che stanno dietro alle società, potrà avere il rinnovo della licenza. Gli altri dovranno restituirla". Per evitare che ci siano privilegi - aggiunge Ughi - e per rispettare le normative europee che prevedono l'apertura del mercato del gioco a nuovi operatori, l'Aams sta preparando dei bandi per affidare ad altre concessionarie la gestione delle slot machine. Comunque sia nei giorni scorsi, proprio alla vigilia della scadenza delle concessioni, e sotto la pressione di parte del mondo politico che chiede da più parti maggior trasparenza, i Monopoli hanno già deciso di inasprire le regole obbligando tutta la filiera, concessionari, gestori, produttori ed esercenti, ad esibire il certificato antimafia. In altre parole, una fedina penale limpida. È un inizio. 

Ma il mondo politico, alla vigilia del rinnovo delle licenze e dell'apertura del settore e nuovi operatori, è in fermento. Proprio nei giorni scorsi nella VI commissione Finanze della Camera il deputato idv Francesco Barbato ha presentato una risoluzione (primo firmatario Antonio Di Pietro), "per impegnare il governo a vietare la partecipazione alle gare di appalto alle società i cui soggetti partecipanti o controllanti siano residente in "paradisi fiscali" o al di fuori della Ue". Nella sua risoluzione, Barbato chiede anche che il governo "si attivi per contrastare più efficacemente il preoccupante fenomeno del gioco minorile". Mentre si riapre la partita dei padroni del gioco d'azzardo, infatti, il fenomeno diventa sempre più preoccupante. I casi di ludopatia accertati sono già 100 mila. E l'incremento della spesa media procapite annua per le scommesse legali è arrivata in Italia a 906 euro. Il triplo degli Stati Uniti. Alla faccia dei casinò di Las Vegas.
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/05/08/news/inchiesta_azzardo-15935482/

Il Fisco premia con 285 milioni di euro le concessionarie delle slot machine Mentre lo Stato carica sulla benzina i costi della ricostruzione post terremoto in Emilia, due decreti del governo Berlusconi fanno piovere cifre da capogiro sulle società che gestiscono le "macchinette" dell'azzardo. Motivo, un "premio produttività" per il 2011 e il "raggiungimento del livello di servizio". Massima beneficiaria la Bplus di Corallo, latitante per associazione a delinquere di Marco Lillo | 2 giugno 2012

Ci sono 285 milioni di euro che potrebbero essere destinati alla ricostruzione dell’Emilia. Sono lì nelle casse del governo, e potrebbero essere usati per aiutare le popolazioni colpite dal doppio sisma di martedì scorso e del 20 maggio. E invece il tesoretto sarà distribuito ai concessionaridelle slot machine mentre il conto del terremoto sarà pagato dai soliti grazie all’aumento delleaccise sui carburanti.
Il primo tesoretto da 62 milioni. Proprio il giorno dopo la prima scossa in Emilia, l’associazione di categoria delle imprese del settore slot, l’Assotrattenimento, ha emesso un comunicato entusiasta sintetizzato così dalle agenzie di stampa: “I gestori delle slot machine avranno un rimborso da 133 milioni di euro, grazie agli oltre 29,7 miliardi di euro raccolti dalle ‘macchinette’ nel 2011”. Il decreto anti-crisi del governo Berlusconi del novembre 2008 prevede, infatti , un meccanismo diabolico che riduce l’aliquota delle tasse sugli introiti delle slot machine, quando la raccolta aumenta. Il tesoretto deriva quindi dalla riduzione dell’aliquota dal 12,6 per cento al 12,15 della raccolta grazie al boom del gettito del 2011, più 8,3 miliardi rispetto al dato di riferimento del 2008.
In realtà, secondo i calcoli dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato, il rimborso per i gestori sarebbe pari alla metà. Il direttore dell’Aams, Raffaele Ferrara, è in partenza. Per lui è pronta la poltrona di amministratore di Fintecna Immobiliare. Ma i tecnici dell’Aams raggiunti dal Fatto in questo clima di smobilitazione, spiegano che “la differenza tra gli acconti versati finora e quella dovuta sulla base dell’aliquota ridotta non è di 133 milioni ma solo di 61 milioni e 922 mila”. Una montagna di soldi comunque che dovrà essere girata dai concessionari delle slot alle imprese dei gestori che installano le slot nei bar e raccolgono le monetine. Ma non c’è alcuna ragione logica per attribuire i benefici della crescita delle giocate a chi già ha guadagnato tanto in questi anni grazie al boom del gioco mentre le conseguenze negative sul piano sociale ricadono sulla comunità.
Il secondo tesoretto da 233 milioni di euro. Sempre dall’Aams però fanno notare che ai 62 milioni bisogna aggiungere un secondo tesoretto ben più consistente che sta per essere restituito proprio ai concessionari delle slot: 223 milioni di euro (poco meno dei danni strutturali in Emilia della prima scossa del 20 maggio) che lo Stato pagherà per il raggiungimento dei livelli di servizio da parte dei concessionari . La somma è attribuita grazie a un decreto del precedente governo Berlusconi del dicembre 2005 che premiava con lo 0,5 per cento della raccolta le concessionarie che investivano sulla rete telematica attraverso la quale devono controllare le slot sparse nei bar della penisola. Grazie a questa norma, modificata nel 2008, sempre da Berlusconi, in seguito alle rimostranze dell’Unione europea, se le slot sono collegate correttamente alla rete dei concessionari e trasmettono i dati al cervellone della Sogei, cioè se fanno semplicemente il loro dovere rispettando gli obblighi della convenzione con i Monopoli, ai concessionari spetta un premio pari fino allo allo 0,5% della raccolta dell’anno. Questa somma per l’anno 2011 dovrebbe essere pari a 223 milioni.
Entrambi i tesoretti dovranno essere divisi tra i concessionari pro quota: alla BPlus di Francesco Corallo andrà il 24,3 per cento delle somme; a Lottomatica il 15 per cento; alla Hbg il 9,6 per cento; alla Gamenet il 12,8 per cento; alla Cogetech il 9,6 per cento; alla Snai il 7,1 per cento. Alla Gmatica il 5,3 per cento; a Codere il 2,6 per cento.
La condanna da 2,5 miliardi. Il paradosso è che la Corte dei conti nel febbraio scorso ha condannato i medesimi concessionari a pagare 2,5 miliardi perché molte slot non hanno trasmesso i dati alla rete controllata dalla Sogei per mesi, talvolta per anni, impedendo il controllo di legalità sulle giocate dalla fine del 2004 fino al 2006. Il leader del mercato delle slot, la Bplus di Francesco Corallo, inseguito da un mandato di cattura emesso lunedì scorso dal Gip di Milano per associazione a delinquere, è stata condannata in primo grado a pagare 845 milioni di euro. La sentenza è stata impugnata e la sua efficacia è sospesa, ma un’eventuale conferma del verdetto in via definitiva porterebbe probabilmente al dissesto di Bplus e di molti concessionari. Per la Corte dei conti, Cogetech deve 255 milioni; Sisal 245 milioni; Gamenet 23 milioni; Snai 210 milioni; Hbg 200milioni; Gmatica 150 milioni; Cirsa 120 milioni; Codere 115 milioni e Lottomatica 100 milioni.
Le stesse dieci concessionarie che incasseranno tra breve dall’Aams 223 milioni per l’assolvimento dei livelli di servizio nel 2011 devono ancora pagare – per i giudici contabili di primo grado – una somma dieci volte maggiore per l’inadempimento del periodo 2004-2006. Per fare un esempio, Bplus ha già incassato un centinaio di milioni di euro per il riconoscimento da parte di Aams dei livelli di servizio negli anni passati (secondo i bilanci, 51 milioni per il 2007-2008 e 37 milioni per il solo 2009) e potrebbe incassare altri 55 milioni di euro per il 2011 mentre – per la Corte dei conti – deve pagare 845 milioni per i suoi inadempimenti passati.
Compensazione per le slot. Il governo Monti – dopo aver fatto propria l’idea di Angelino Alfanodella compensazione dei crediti tra Stato e imprese a favore delle imprese – potrebbe proporre ai concessionari una compensazione a favore stavolta dell’erario e quindi dei terremotati. Per chiudere la vertenza sulle maxi-multe che si trascina da cinque anni (la Procura chiedeva inizialmente 90 miliardi di euro) i re delle slot dovrebbero rinunciare ai loro crediti verso l’Aams destinando i 223 milioni di euro dei livelli di servizio all’aiuto dei terremotati. In cambio lo Stato rinuncerebbe alla sua pretesa sui 2,5 miliardi. D’altro canto, proprio con la scusa del reperimento di somme in occasione del terremoto in Abruzzo i concessionari delle slot machine hanno ottenuto il via libera al grande affare delle videolottery, le slot, simili a quelle dei casinò, che permettono di vincere fino a 500 mila euro con una giocata. E in Abruzzo stanno ancora aspettando i soldi promessi per la ricostruzione.
rimborsi e i premi dati in euro:
hbg 27,4 milioni    snai 20,4 milioni
sisal24,5 milioni    codere 7,6 milioni
cirsa 13,9 milioni  gmatica 15,1 milioni
lottomatica 42,6 milioni  bplus 69,3
cogetech27,6 milioni  gamenet 36,4 


da Il Fatto Quotidiano del 2 giugno 2012

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Lobby > Monsignor Scara... Monsignor Scarano rivela: “Così la banca romana Finnat faceva aggiotaggio” L'interrogatorio fa luce su come l'istituto della potente famiglia Nattino guadagnava in Borsa grazie alla complicità dei dirigenti APSA. E su come venivano truccati gli appalti in favore del costruttore Angelo Proietti di Marco Lillo | 5 ottobre 2013

Ci sono i nomi dei fratelli Agnelli, quelli di Mastella, Bertinotti e Di Pietro. E poi il banchiereGianpiero Nattino per finire con Angelo Proietti, l’imprenditore che aveva affittato la casa dove viveva Giulio Tremonti. Tira in ballo tante persone nel suo interrogatorio del 24 luglio scorso monsignor Nunzio Scarano, in carcere dal 28 giugno scorso con l’accusa di corruzione per la strampalata operazione di rimpatrio dalla Svizzera di venti milioni di euro, organizzata con la complicità di un agente dei servizi segreti italiani, Giovanni Maria Zito, e di un broker: Giovanni Carenzio.
Scarano era un semplice contabile dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolicaeppure conosceva tante persone. Per dimostrare di voler collaborare con i pm Nello Rossi, Stefano Fava e Stefano Pesci, che hanno chiesto il suo arresto, non si è risparmiato. Molte rivelazioni sono irrilevanti penalmente anche se disegnano aneddoti gustosi. Scarano sembra uscito dalla ‘Grande Bellezza’ di Sorrentino. Di Fausto Bertinotti il monsignore salernitano racconta “ho avuto uno scontro con lui durante un pranzo a casa del banchiere Mario D’Urso. A me fu versato del vino e lui dice ‘no, ti prego, ti prego, io bevo soltanto champagne’ considerato che la moglie aveva una spilla … non lo so di che valore, di Bulgari, credo, ma infinitamente di valore, al che io l’ho guardata in faccia e gli ho detto: ‘chiedo scusa, mi cade il bicchiere dalla mano’. Lei allora dice ‘che succede?’. Dico: ‘no, sono semplicemente scandalizzato perché ho detto ‘tu sei una persona, sei un Onorevole Comunista e poi mi dici che bevi solo champagne’. Sono senza parole riguardo a questo episodio, quindi io chiedo scusa, Mario (D’Urso, ndr) ma mi alzo e me ne vado”.
Una predica che, se anche fosse vera, non sarebbe poi arrivata dal pulpito migliore. Clemente Mastella e Antonio Di Pietro, invece, secondo Scarano, sarebbero stati in passato amici di Giovanni Carenzio, il broker in passato ricchissimo al punto che aveva a disposizione una suite al Minerva di Roma e un aereo privato e ora inseguito da molti investitori ai quali avrebbe truffato milioni di euro alle isole Canarie, dove viveva con la moglie imparentata con i reali di Spagna. Secondo Scarano: “Carenzio avevano rapporti di grande amicizia con Mastella e aveva pagato le spese del matrimonio del figlio di Mastella. La moglie di Giovanni Carenzio, mi disse ‘sai, abbiamo dovuto pagare anche tutte le spese degli abiti che non è stato poco. Carenzio era anche intimo a livello di Tesoreria del Partito dell’Udeur”. Su Di Pietro, Scarano ricorda: “Carenzio mi telefonò un giorno e mi disse ‘casomai se vuoi questa sera ti vengo a casa, a salutare con l’Onorevole Di Pietro’ io ho detto ‘ti ringrazio, però io quella persona a casa mia non la voglio’”.
A parte il gossip però le accuse di Scarano sono rivolte a due soggetti imprenditoriali: la Finnatdella famiglia Nattino e il costruttore Angelo Proietti. Scarano accusa Nattino di avere effettuato con la complicità dei dirigenti APSA un’operazione di aggiotaggio. “Nattino avrà fatto passare il titolo (Finnat, ndr) sul mercato, lo avrà fatto poi riacquistare tramite Apsa”. In pratica Nattino avrebbe comprato al ribasso e venduto guadagnando i titoli della sua stessa banca, approfittando dello schermo dell’Apsa. Dice Scarano che non si tratta di un’eccezione: “esistono tanti altri conti cifrati dentro una bella cassaforte con i documenti. Quei documenti dovranno andare nelle mani del Papa”. I pm cercano di capire cosa sia un numero trovato nei suoi appunti e Scarano dice che è il conto interno di Giampiero Nattino all’Apsa: “esatto il numero è 649 321 456 372 154”. E probabilmente su questo numero è stata fatta la richiesta di rogatoria nei confronti dello StatoVaticano da parte dei pm romani.
Poi Scarano parla di un conto dell’Apsa presso Banca Finnat e spiega l’emorragia, svelata dalFatto, dei 240 milioni di euro spariti dai conti Apsa presso le banche italiane e finiti in gran parte in Gran Bretagna. “Si trattava – secondo Scarano – di comprare un piccolo immobile molto importante nel centro di Londra”. Scarano ha puntato il dito anche verso l’ex direttore amministrativo dell’APSA, Pietro Menchini: “riusciva a portare fuori i lavori del Vaticano presso l’Angelo Proietti e si dividevano gli utili. Menchini e il dottor Giorgio Stoppa turbavano gli appalti sempre in favore di Proietti”. Angelo Proietti replica: “Stoppa e Menchini erano nella sezione straordinaria dell’Apsa e quindi non gestivano gli immobili. Abbiamo lavorato con Apsa, ma non ci sono mai state gare fino almeno al 2007. Nessuna società né partecipazione agli utili di Menchini o altri. È una fantasia di un semplice ragioniere”.
Scarano ha parzialmente confermato le rivelazioni del suo amico Massimiliano Marcianò che ai pm aveva raccontato di avere visto con il monsignore furgoni pieni di borse straboccanti di lingotti d’oro che spuntavano tra gli ortaggi nel piazzale della Città del Vaticano. Mentre ha sminuito i suoi rapporti con la famiglia Agnelli. Marcianò aveva raccontato di avere ricevuto confidenze di Scarano su “rimpatri di denaro per gli Agnelli con il sistema dei plichi diplomatici”. Ma il monsignore ha negato: “Mai. E’ vero solo che ho conosciuto Umberto Agnelli nel 1979 a Milano e Gianni Agnelli tramite l’armatore Antonio D’Amico. Ma le sembra mai possibile che la famiglia Agnelli avesse bisogno di me per fare qualsiasi operazione?”. Difficile dargli torto.
da Il Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2013

Chi c'è dietro il Social Housing di via Longo? Chi è il Banchiere Nattino? Tracce di Massoneria? 1 maggio 2012 di Giancarlo Falconi

Un'operazione da oltre 40 milioni di euro.  Il progetto di via Longo è un viaggio attraverso il fondo Housing Sociale dell'Italia Centrale. Questa è la storia. Seguiteci perchè scoprirete cose molto interessanti. Ringrazio i veri siti di informazione, i blogger, i giornalisti, Gianluigi Paragone e il tanto ma tanto materiale. Leonardo Codirenzi per il solito acume e pazienza.
Si parte con uno stretto giro di Fondazioni. Fate attenzione ai nomi.

Fondazione Pescarabruzzo (Pescara), la Fondazione Carisap (Ascoli Piceno), la Fondazione Tercas (Teramo) e dalla Fondazione Varrone (Rieti), con la partecipazione della Fondazione Housing Sociale e di Sinloc Spa, e gestito da Investire Immobiliare SGR, società del Gruppo Banca Finnat. Non dimenticatevi Investire Immobiliare SGR e Banca Finnat. 

Fondazione Pescarabruzzo.
La Fondazione Pescarabruzzo rappresenta la continuazione storica della Cassa di Risparmio e di Credito Agrario istituita in Loreto Aprutino con R.D. 1° ottobre 1871, n. 141, mediante inversione dei fondi del locale Monte Frumentario.
Formalmente, la Fondazione nasce nel 1992, a seguito dell’applicazione della Legge n. 218/90 (c.d. Legge Amato) con il contestuale conferimento dell’attività bancaria nella Caripe - Cassa di Risparmio di Pescara e di Loreto Aprutino Spa, attualmente denominata Banca Caripe Spa.

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI ASCOLI PICENO
La Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno è la continuazione storica e giuridica della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, fondata da privati nel 1842 ed istituita con Rescritto Pontificio del 25 aprile 1842, dalla quale è stata scorporata e conferita, ai sensi della legge 30 luglio 1990 n. 218, l’azienda bancaria.

FONDAZIONE TERCAS FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DELLA PROVINCIA DI TERAMO
La Fondazione Tercas nasce con decreto del Ministro del Tesoro del 24 giugno 1992, in applicazione della legge 218/1990 e dei relativi decreti attuativi, dalla trasformazione dell’allora Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo (costituita con Regio Decreto del 12 ottobre 1939 dalla fusione delle Casse di Risparmio di Atri e Nereto) in due enti: la società conferitaria Banca Tercas SpA per lo svolgimento dell’attività creditizia e l’Ente Conferente Fondazione Tercas con il compito di proseguire e sostenere le attività sociali del territorio nei settori di intervento indicati dalla legge. La Fondazione Tercas persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio della Provincia di Teramo nell’ambito dei settori di intervento individuati con cadenza triennale tra quelli individuati dal D.lgs. 159/99.

FONDAZIONE VARRONE (Rieti)
La Fondazione Varrone è oggi una realtà dinamica per lo sviluppo della provincia reatina nel campo della formazione, dell'arte, del volontariato e della sanità.
Ormai presente in maniera radicata nel territorio, si pone tra i suoi obiettivi quello di diventare un volano economico e culturale a tutela del prezioso patrimonio storico, architettonico, culturale e sociale della provincia. Nell’ambito culturale è ormai diventata un punto di riferimento per tante iniziative che mirano alla crescita del territorio, un interlocutore privilegiato delle Istituzioni con le quali collabora in sinergia.

FONDO HOUSING SOCIALE ITALIA CENTRALE
Società di Gestione - Investire Immobiliare SGR.
Durata - 27 anni.
Scopo del Fondo e principi etici - Incrementare la dotazione di alloggi sociali come definiti nel D.M. 22 aprile 2008, coniugando contenuti sociali e obiettivi di redditività volti a realizzare condizioni di interesse, non solo economico, per potenziali investitori istituzionali che si prefiggono finalità etiche. Nel perseguimento di questo scopo, il Fondo investirà nelle Regioni del Centro Italia e - in tale ambito - prevalentemente nei territori di riferimento dei propri Sottoscrittori con la finalità ulteriore di favorirne la crescita e l’economia, operando altresì con gli operatori locali.
L’ACRI - ASSOCIAZIONE DI FONDAZIONI E DI CASSE DI RISPARMIO SPA
ORIGINE E SCOPO

Costituita nel 1912, l’Acri è l’organizzazione che rappresenta le Casse di Risparmio Spa e le Fondazioni di origine bancaria. Le Casse di Risparmio, sorte agli inizi dell’Ottocento, erano enti nei quali convivevano due anime: quella dell’esercizio del credito e quella filantropica, entrambe rivolte prevalentemente verso le comunità di riferimento. Negli anni novanta sono state oggetto di profondi cambiamenti giuridici che le hanno trasformate in società commerciali private, analogamente alle altre banche. Al contempo la loro attività filantropica è stata ereditata da nuovi soggetti: le Fondazioni, dette bancarie proprio per la loro origine.

SGR Investire Immobiliare SPA
"In un momento di importante riassetto del patrimonio immobiliare in Italia dovuto alle alienazioni da parte dei principali proprietari privati e pubblici (enti pubblici, Stato, assicurazioni, banche, imprese, ecc.), legato al risanamento dei bilanci ed alla razionalizzazione del processo amministrativo e produttivo, la Banca FINNAT EURAMERICA, nell'ambito della propria strategia mirata a fornire alla propria clientela una sempre maggior offerta di servizi e strumenti finanziari evoluti, ha costituito una Società di Gestione del Risparmio (SGR) di fondi immobiliari denominata "Investire Immobiliare SGR S.p.A.".
Investire Immobiliare - Società di Gestione del Risparmio S.p.A. è stata costituita in data 4 febbraio 2002 - con sede legale a Roma in Piazza del Gesù, 49.- per essere poi iscritta all'apposito Albo delle Società di Gestione istituito presso la Banca d'Italia al n. 144 in data 9 maggio 2002. La durata della Società è stata fissata sino al 2050 e l'esercizio sociale si chiude al 31 dicembre di ogni anno.
La SGR è una Società per Azioni (capitale sociale di 8,6 milioni di euro interamente versato).
Banca Finnat Euramerica
La Banca Finnat Euramerica SpA è una banca fondata nel 1898 dalla Famiglia Nattino, dalla quale la banca prende il nome. Dapprima Finanziaria, poi Commissionaria di Borsa successivamente SIM nel 1998 diventa Banca. Oggi Banca Finnat è quotata al segmento STAR della Borsa Italiana (Borsa Italiana:BFE ).ll suo capitale sociale è di 72.576.000 €. Angelo Nattino ricopre la carica di vicepresidente, Giampietro Nattino ricopre la carica di presidente.
Amministratore delegato del Gruppo è Arturo Nattino. Il Direttore Generale è Andrea Crovetto, Vice-Direttore Generale è Paolo Collettini.
Giampietro Nattino, Stefano Ricucci, Francesco G.Caltagirone
Interrogato dai Magistrati, Stefano Ricucci rispondeva così:
Ricucci: E che, lo chiede a me? Lei non deve parlare con me di questi argentini.
Magistrato:Conosce Caltagirone?
Ricucci: Lo convochi.
Magistrato:Conosce Bonsignore?
Ricucci: Lo chiami.
Magistrato: Sa chi è Catini?
Ricucci: No. Chiami anche lui... Chiami anche la Banca Finnat e Giampietro Nattino. Chiami Vincenzo De Bustis.
Ricucci: Sa che cos’è la Banca Finnat? Chi è Nattino?».
Il magistrato scuote la testa e chiede: «E che fa questo Nattino?». A questo punto Ricucci esplode: «Ma lei vuole che a me mi uccidono stasera qui dentro. Lei forse non si rende conto di chi sta a toccare lei... Mi faccia la cortesia, lasci perdere questo, dottore... Io lo dico per me; poi, se lei vuole andare avanti, lo faccia. Lei ci ha 600 persone che la proteggono, ma a me chi mi protegge? Nessuno, su ’sta robba...».
"La famiglia Nattino (www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/nattino.html) ha sempre controllato il business, con un solo socio di rilievo, il Banco di Sicilia, che ha poi passato la sua partecipazione alla Banca di Roma. Erano gli anni della Prima Repubblica e Giampietro Nattino era considerato molto vicino al potere andreottiano. Nel suo salotto finanziario s’incontravano i costruttori e gli immobiliaristi romani, i Caltagirone, i fratelli Toti, ma anche gli eredi della nobiltà nera capitolina che si facevano amministrare il patrimonio e i prelati del Vaticano che avevano da far girare i soldi della Chiesa. Tra le cariche di Nattino anche alcuni ruoli istituzionali: e' vice presidente dell' Assosim, l' associazione nazionale degli intermediari mobiliari, e' vice presidente del Fondo nazionale di Garanzia, e' consigliere del Censis, e' consigliere della Borsa Italiana spa e dell' Assobat, l' associazione operatori bancari in titoli. Con soli sessanta dipendenti, la Banca Finnat (si e' trasformata da sim in banca a febbraio dell' anno scorso) e' un vero gioiellino. Secondo i dati dell' ultima semestrale, l' utile prima delle imposte e' salito a 18,8 miliardi di lire, e l' utile netto pari a 10,7 miliardi. La raccolta totale supera i 1.600 miliardi. Mentre i volumi negoziati sono passati da 79 mila miliardi del primo semestre dell' anno scorso agli attuali 97 mila miliardi (di cui 15 mila riferiti al solo mercato azionario). Negli utlimi tre anni ha partecipato a importanti operazioni di collocamento, tra le quali: due tranche Eni, il San Paolo, Aem, Erg, Banca nazionale del lavoro, Banca di Roma e la Telecom. (articolo Nicola Porro).
I primi, i palazzinari, usavano la Finnat Fiduciaria come la cassaforte dove custodire i loro segreti più segreti. I cardinali invece chiedevano consigli per gli investimenti. Monsignor Sergio Sebastiani deve essere rimasto contento dei suggerimenti ricevuti, perché ha chiamato il patriarca della famiglia Nattino tra i consultori della Prefettura vaticana per gli affari economici. Erano gli anni di Paul Marcinkus e delle chiacchiere secondo cui la massoneria aveva messo radici in Vaticano"
.
La Gran Loggia d'Italia degli ALAM (Antichi Liberi Accettati Muratori) è nata in Italia nel 1910, con la denominazione di Serenissima Gran Loggia d'Italia. È un'obbedienza massonica fondata da un gruppo di appartenenti al Rito scozzese antico e accettato, usciti dal Grande Oriente d'Italia nel 1908. Per questo è appunto il 1908 ad essere considerato come anno di nascita dell'obbedienza. La sua sede storica fu in Piazza del Gesù 47, a Roma; attualmente ha sede in Roma a Palazzo Vitelleschi, Via San Nicola de' Cesarini 3. La SGR Investire Immobiliare Spa, controllata dalla Banca Finnat di Giampietro Nattino, attualmente ha la sede in Via Del Gesù n. 48 – 49.
La sgr investire immobiliare ha un fondo investimento che si chiama OBELISCO....Uno dei simboli più potenti. In terra massonica, questa simbologia egizia cara agli eredi dei templari ha sempre una vistosa collocazione: l'obelisco di Luxor, costruito 3.200 anni fa, campeggia in Place de la Concorde a Parigi, vicino all'obelisco moderno della Tour Eiffel (Eiffel era massone, per inciso); a Washington, nella città dedicata all'omonimo presidente massone, campeggia un gigantesco obelisco.
Oltretutto il logo della SGR investimenti immobiliari è un tempio composto da triangolo più colonne...per i Massoni, il nome delle Colonne coincide con la fonte biblica e con quella erodotea: Jachin per la Colonna destra e Boaz per la Colonna sinistra: la maggior parte degli studiosi concorda che i due nomi significano “Dio stabilirà / nella forza”.
Caro Nattini, benvenuto a Teramo, si troverà molto bene. Quasi in famiglia...per quanto ci riguarda, noi continueremo a scrivere di lei....e non finisce qui...






 

NON CI SALVEREMO PIU’ DALLA BOLLA SPECULATIVA

Tradizionalmente le funzioni del denaro sono quattro:
1) Misura del valore,
2) Intermediario nello scambio,
3) Mezzo di pagamento,
4) Deposito di ricchezza.
Poco da dire sulle prime tre. Ma togliamoci dalla testa che il denaro sia ricchezza o
che la rappresenti. Preso nel suo complesso il denaro non è nulla, un puro nulla. Se
ne accorsero gli spagnoli agli albori del XVII secolo quando, dopo aver rapinato agli
indios d’America tutto quanto potevano d’oro e argento (la moneta dei tempi, in
Europa) si trovarono più poveri di prima. Nel suo Memorial Gonzalez de Cellorigo
scrive con icastica lucidità: “Se la Spagna è povera è perché è ricca”.
E Pedro De Valencia nel 1608: “Il male è venuto dall’abbondanza di oro, argento e
moneta, che è stato sempre il veleno distruttore delle città e delle repubbliche.
Si pensa che il denaro è quello che assicura la sussistenza e non è così. Le terre
lavorate di generazione in generazione, le greggi, la pesca, ecco quello che
garantisce la sussistenza…
Ciascuno dovrebbe coltivare la sua porzione di terra e quelli che vivono oggi della
rendita e del denaro sono gente inutile e oziosa che mangia quello che gli altri
seminano”.
Ecco un buon argomento per la Camusso e anche per la sinistra se, dopo aver
accettato tutto, il denaro, il mercato, la globalizzazione (l’industrializzazione, il
marcio di tutti i marci, ce l’aveva, marxianamente, nel sangue) fosse ancora
capace di fare qualcosa di sinistra.
Come hanno reagito le leadership mondiali alla crisi dei ‘subprime’ del 2008, che
seguiva la bancarotta del Messico del 1996, il crac delle ‘piccole tigri’ del 1997, il
default dell’Argentina del 1999 ? Immettendo nel sistema, per usare le parole di
Valencia, altro veleno, cioè altro denaro, creando così una gigantesca bolla
speculativa che prima o poi ci ricadrà addosso con effetti planetari e devastanti.
Il popolo finché ha avuto la testa, cioè prima di essere influenzato dai giornali, ha
sempre avuto in gran sospetto il denaro subodorando nei truffoni. Ma non solo il
popolo. Aristotele, che nell’Etica Nicomachea è stato il primo a occuparsi
scientificamente di Economia e sosteneva che il denaro essendo astratto, e quindi,
sterile Non poteva figliare altro denaro.
Si sbagliava. Ma fino a un certo punto. È stato anche grazie all’ipse dixit tradotto
dalla Scolastica in un argomento più sottile oltre che religioso (il tempo è di Dio, e
quindi di tutti, e non può essere perciò oggetto di mercato) che la Chiesa nel
Medioevo è riuscita a condurre una generosa, e spesso vittoriosa, battaglia non solo
contro l’usura, come pudicamente sempre si dice, ma contro l’interesse.
Ma alla fine ha prevalso il mercante (oggi chiamato imprenditore) con la logica
dell’investimento. È qui che cambia tutto. Al quieto e circolare presente si
sostituisce il dinamico e imperscrutabile futuro che dopo una travolgente cavalcata
durata due secoli e mezzo ci ha portati alla situazione attuale, un teorema
insolubile: dobbiamo crescere ma non possiamo più crescere. L’Illuminismo ci ha
illuso di essere degli animali intelligenti. Ma Nietzsche, che vedeva lontano, molto
lontano, scrive: “In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso
infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la
conoscenza. Fu il minuto più tracotante e menzognero della ‘storia del mondo’. Ma
tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e
gli ‘animali intelligenti’ dovettero morire… Vi furono eternità in cui l’intelletto umano
non esisteva, quando per lui tutto sarà nuovamente finito, non sarà avvenuto nulla di
notevole”.
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it

http://www.signoraggio.it/non-ci-salveremo-piu-dalla-bolla-speculativa/

Wall Street Jurnal: La stabilità del governo Letta potrebbe essere quella di un cimitero.

Non è uno dei tanti strali lanciati dal blog di Beppe Grillo, ma l’analisi che fa il Wall
Street Journal in un lungo articolo sulla la situazione del nostro Paese alla vigilia
dell’approvazione della manovra economica e dei mutamenti degli equilibri politici,
con Matteo Renzi prossimo segretario del Partito democratico e principale
sostenitore del governo delle ormai “già larghe intese” che si restringeranno
inevitabilmente con il passaggio all’opposizione di Forza Italia. Secondo il WSJ
l’Italia nonostante abbia fatto più di ogni altro paese progressi per ripianare il proprio
bilancio, avrebbe ora bisogno di riforme che non riesce a portare avanti perché
“l’attuale governo appare paralizzato”. Il WSJ ipotizza tre scenari: il primo è quello di
un governo “senza catene” dopo l’uscita di Forza Italia e la presumibile decadenza
di Berlusconi, in grado di aprire e lanciare una stagione riforme, il secondo è che
Matteo Renzi vincitore delle primarie del Pd metta pressione al governo Letta per
indurlo “ad accettare nuove elezioni per arrivare ad un governo di maggioranza” più
autonomo nell’azione decisionale; il terzo è che Renzi non riesca a “scalzare” Letta,
che ha “il sostegno parlamentare del proprio partito e del capo dello Stato Giorgio
Napolitano”, e che questa rivalità porti di fatti il governo ad un nuovo stallo politico.
Quest’ultima ipotesi è la più temuta dal WSJ “prospettiva seriamente allarmante”:
quella di un governo Letta che duri fino al 2015 e che potrebbe avere come unico
obiettivo la stabilità e l’equilibrio dei conti: “Non sorprende che molti italiani temano
che la stabilità che offre Letta si scopra essere quella di un cimitero. E molti tra i
maggiori imprenditori sono convinti che le larghe intese abbiano tentato poco e
ottenuto ancora meno”.
Fonte: libero quotidiano.it
http://www.signoraggio.it/wall-street-jurnal-la-stabilita-del-governo-letta-potrebbe-essere-quella-di-un-cimitero/

INVENTA IL SISTEMA PER RISPARMIARE CARBURANTE MA IN ITALIA LA SUA IDEA NON INTERESSA


Il meccanico Leonardo Grieco ha messo a punto il Kinetic Drive System, che
permette alle auto di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni e
allungare la vita del motore. Scartato dalle grandi case automobilistiche, viene
montato in alcune carrozzerie svizzere
Si chiama Kinetic Drive System (Kds) e promette di dimezzare i consumi di
carburante, abbattere le emissioni del 60 per cento e allungare la vita del motore
dell’80 per cento. L’invenzione porta la firma di Leonardo Grieco, un meccanico di
lungo corso di Saltrio (Varese), uno di quelli che si è “guadagnato i galloni in officina
– come dice lui stesso – in anni di lavoro”, sporcandosi le mani oltre ad usare la
testa.
Oggi il suo Kds, dopo essere stato brevettato, ha ottenuto dalla motorizzazione
svizzera l’autorizzazione ad essere montato sui veicoli e in un’officina del Canton
Ticino è già possibile farselo installare per poco meno di 2 mila euro. Per un non
addetto ai lavori non è semplice intuirne il funzionamento, ma in buona sostanza il
Kds è composto da una centralina che interviene sul meccanismo della frizione.
“Una volta accelerata la massa – spiega l’inventore – la macchina resta su un
numero di giri ottimale e ad ogni cambio di marcia, grazie a questo sistema si
risparmiano 700 giri motore. Infatti, mentre normalmente si scende al minimo di giri,
qui si utilizza il motore soltanto quando dà la coppia migliore, fra i 1700 e i 2300 giri.
Praticamente a parte lo spunto iniziale, la macchina viaggia quasi sempre a basso
regime, basta dare un colpo di gas ogni tanto e ci si mantiene a velocità di crociera.
Il pedale della frizione non c’è e per cambiare si usa solo la mano”.
Il signor Grieco ha montato il sistema su una vecchia Skoda 1900 turbo diesel: “Ho
già fatto 50 mila chilometri con questa macchina e i risultati sono sorprendenti.
Questa auto, che oggi ha 290 mila chilometri, fa abitualmente attorno ai 500
chilometri con un pieno, da quando ho montato il sistema Kds sono stabilmente
sopra i mille”. Al signor Grieco dobbiamo credere sulla parola. Oltre ad aver visto la
centralina montata e ad aver percepito il suo vibrante entusiasmo, non abbiamo
infatti a disposizione elementi empirici sufficienti ad avvalorare la sua scoperta, se
non un breve viaggio di prova da cui effettivamente abbiamo potuto constatare che il
pedale dell’acceleratore viene usato davvero poco.Se quanto promesso fosse vero
si tratterebbe di una innovazione sensazionale. Con macchine capaci di percorrere
normalmente 50 km con un litro. Di questa vicenda colpisce anche un’altra cosa:
“Questa scoperta potrebbe valere metà del combustibile mondiale – dice Grieco – ci
ho speso dieci anni di lavoro e tentativi. Soldi, tempo e impegno. Nessuno ha però
voluto darci retta. Nessuno ha voluto vederlo e capirne il funzionamento. Abbiamo
scritto alle case automobilistiche di tutto il pianeta: a Marchionne, a Montezemolo,
negli Stati Uniti, in Corea, dappertutto.Abbiamo speso un capitale in lettere e
raccomandate. Le risposte che ci sono arrivate sono tutte uguali. Hanno tutte lo
stesso desolante tenore, ne ho un cassetto pieno”.
Insomma, Grieco ha scritto e presentato il suo Kds alle principali case
automobilistiche che hanno sempre risposto alla stessa maniera: “Ci dispiace tanto,
ma la sua invenzione non ci interessa”. Ma l’inventore del Kds non ci sta: “Questi
signori dovrebbero scendere dalle loro scrivanie e toccare con mano, sedersi sulla
macchina e provarla prima di dire che non gli interessa. Prima provi, studi, poi mi
dici che non funziona. Una bocciatura motivata la posso anche accettare. Ma una
chiusura a priori no. Nelle cose, per capirle, bisogna metterci il naso”. Dal momento
che nessuna casa automobilistica ha creduto nel progetto, Grieco ha stretto un
accordo con un’officina elvetica che ha accettato di montare il sistema sulle auto
svizzere: “Siamo andati alla motorizzazione del Canton Ticino, hanno provato il
sistema, hanno verificato le caste e dopo dieci giorni avevamo in tasca
l’autorizzazione a montarla. Una cosa simile in Italia, con tutta la burocrazia,
sarebbe impossibile”.hanno provato il sistema, hanno verificato le caste e dopo dieci
giorni avevamo in tasca l’autorizzazione a montarla. Una cosa simile in Italia, con
tutta la burocrazia, sarebbe impossibile”.
Fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/04/inventa-sistema-risparmiarecarburantema-
italia-idea-interessa/189060/
Ercole
http://www.signoraggio.it/inventa-il-sistema-per-risparmiare-carburante-ma-in-italia-la-sua-idea-non-interessa/

UN BISCIONE DI GUAI - IL PARTITO-AZIENDA TEME LA SVOLTA MOVIMENTISTA E CON IL CAV FUORI DAL PARLAMENTO ANCHE LE SOCIETÀ DEL GRUPPO RISCHIANO… Ieri la Borsa ha promosso l’impero Fininvest ma Farsa Italia teme la leggina sugli affollamenti pubblicitari che potrebbe mettere in seria difficoltà Mediaset – Sparito dai radar Gianni Letta e senza Quagliarello e Alfano chi farà da amabasciatore degli interessi aziendali? Paolo Romani?

Il cerchio magico fa quadrato. I figli e gli amici della prima ora, quei fedelissimi che da decenni regnano nelle aziende del Cavaliere, condannano con una sola voce la decadenza dal Senato. Ma dietro la solidarietà, che nessuno si sognerebbe nemmeno di mettere in discussione, il partito-azienda è assai preoccupato. La svolta obbligata che mette Berlusconi fuori dal Parlamento potrebbe esporre a più di un rischio le società del gruppo. E anche se ieri la Borsa ha promosso l'impero Fininvest - meglio dell'indice Mediaset a +1,38%, +0,98% Mondadori, invariata Mediolanum - c'è chi vede un futuro minaccioso. confalonieri berlusconi letta CONFALONIERI BERLUSCONI LETTA Sono naturalmente accorate le dichiarazione di Marina, Barbara e Pier Silvio, ieri sera riuniti ad Arcore con il padre. Per la presidente di Fininvest «mio padre decade da senatore, ma non sarà certo il voto di oggi a intaccare la sua leadership e il suo impegno. Questo Paese e questa democrazia devono vergognarsi per quello che sta subendo». Anche Barbara, la cadetta che sta conquistando le scene con la scalata al Milan, usa toni forti: «Con la violenta estromissione di mio padre dal Parlamento, avvenuta attraverso norme incostituzionali e palesi violazioni regolamentari, gli avversari politici si illudono di avere la strada spianata verso il potere. Ma è un'operazione politica che si ritorcerà contro chi l'ha messa in atto, nel momento in cui gli italiani torneranno a pronunciarsi con il loro libero voto». confalonieri con marina e piersilvio berlusconi CONFALONIERI CON MARINA E PIERSILVIO BERLUSCONI Più pacati i toni del vicepresidente Mediaset: «Come figlio, l'amarezza è profonda perché so quello che mio padre è davvero... Come cittadino, provo un forte senso di ingiustizia». E ancora, dice Pier Silvio: «Mi auguro per il futuro dell'Italia che abusi del genere non vengano mai più messi in pratica contro nessun parlamentare di qualsiasi parte politica». Anche dall'entourage più stretto, le parole sono gravi. Adriano Galliani, l'ad del Milan che pare pure lui avviato verso la decadenza dal suo ruolo, dice che «è stata presa una decisione ingiusta, deformando norme e regolamenti». Ed Ennio Doris, il numero uno di Mediolanum dove è socio del Cavaliere, ha la voce mesta, anche se non attacca parlamento e giudici: «Sono davvero dispiaciuto per quello che è successo a un uomo estremamente giusto e generoso, di cui sono amico da oltre 30 anni». Che farà ora? «Credo che seguirà se stesso». LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI GIANNI LETTA LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI GIANNI LETTA Dietro alle dichiarazioni ci sono anche i timori per l'impero del Cavaliere, che si colgono più che altro in casa Mediaset. Non è un mistero che Fedele Confalonieri, presidente della società televisiva, assieme a Doris abbia consigliato a Berlusconi, anche negli ultimi tempi, di esercitare la virtù della prudenza. Ma mentre il patron di Mediolanum non teme leggi «contra personam» per la sua attività bancaria e assicurativa e gode inoltre di una posizione di forza perché è l'unico nel gruppo che continua a sfornare utili, a Cologno Monzese il discorso è diverso. Con Forza Italia fuori dalla maggioranza il rischio di una leggina sugli affollamenti pubblicitari, che potrebbe mettere in seria difficoltà Mediaset, fa più paura. E soprattutto la svolta movimentista di Silvio significa anche che quegli ambasciatori sui quali il partito-azienda poteva contare non ci sono più. SILVIO BERLUSCONI ROMANA LIUZZO GIANNI LETTA SILVIO BERLUSCONI ROMANA LIUZZO GIANNI LETTA Sparito per ora dai radar il gran mediatore Gianni Letta, uscite di casa figure moderate come quelle di Angelino Alfano e Gaetano Quagliarello, chi potrebbe andare adesso a rappresentare gli interessi aziendali all'Antitrust o presso altre istituzioni? Un vuoto che fa paura, tanto che alcuni colgono come un segnale preciso l'arrivo di Paolo Romani - forse l'uomo che nel partito è più vicino a Confalonieri - a capogruppo di Forza Italia al Senato. DECADENZA BERLUSCONI IL BACIO DI PAOLO ROMANI ALLA BERNINI DECADENZA BERLUSCONI IL BACIO DI PAOLO ROMANI ALLA BERNINI Quel che è certo, intanto, è che il Cavaliere non tornerà alle aziende, ma nemmeno farà mosse inconsulte che le danneggino troppo. L'ipotesi che ripari all'estero, ad esempio, ha una precisa controindicazione, ossia il rischio - che ovviamente non si può correre - di un sequestro di pacchetti azionari. Una mossa cautelare, che non trova però conferme, potrebbe essere quella riferita da un'agenzia di stampa secondo cui due settimane fa avrebbe dato ai due figli maggiori la procura su tutti i conti. Urso Mazza e Quagliariello URSO MAZZA E QUAGLIARIELLO Tra partito e azienda anche il tema della successione dinastica, con Barbara in irruenta ascesa, resta in qualche misura aperto. È vero che rispetto alle ripetute chiamate - sempre respinte - a Marina perché prendesse il posto del padre la situazione appare ora più chiara: il possibile pretendente Alfano è ormai fuori dal partito e Berlusconi stesso ha fatto capire di voler restare saldamente in sella. Ma in caso di elezioni anticipate con l'ex-senatore incandidabile, o peggio ancora di catastrofi giudiziarie, nessuno può assicurare che alla Dottoressa - come la chiamano in Fininvest - non verrà chiesto ancora di trasformarsi in Cavaliera.
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