Francesco Guerrera per “la Stampa”
«È
come se, improvvisamente, mi fossi preso il diritto di vivere il
presente». La soave voce di Giorgio Gaber ne «L’Illogica Allegria»
sembra aleggiare sui mercati internazionali. Dalle Borse europee al
Nikkei di Tokyo, dall’Hang Seng di Hong Kong al Composite di Shanghai,
gli investitori stanno mandando le azioni alle stelle. Uno degli
indici-guida europei ha toccato un nuovo record giovedì, il Nikkei è ai
livelli più alti degli ultimi 15 anni, mentre Hong Kong e la Cina sono
saliti di quasi l’8% in due settimane.
Vista dall’America, che i suoi record di mercato li ha già raggiunti, la dicotomia è lampante: le economie di Paesi emergenti e Paesi emersi stanno male ma i mercati sguazzano nel mare di denaro stampato dalle banche centrali. E’ come se, improvvisamente, i mercati mondiali si siano presi il diritto di vivere un presente dominato dallo stimolo monetario e d’ignorare l’incerto futuro economico.
mario draghi 4 Vista dall’America, che i suoi record di mercato li ha già raggiunti, la dicotomia è lampante: le economie di Paesi emergenti e Paesi emersi stanno male ma i mercati sguazzano nel mare di denaro stampato dalle banche centrali. E’ come se, improvvisamente, i mercati mondiali si siano presi il diritto di vivere un presente dominato dallo stimolo monetario e d’ignorare l’incerto futuro economico.
Presente
e futuro sono lo yin e lo yang degli investitori, i due poli che
determinano la sorte dei mercati e fanno la differenza tra ricchezze e
rovina. Per capire la psiche dei mercati, bisogna divinare se stanno
pensando al presente o al futuro. Fu una lezione che imparai nella Long
Room, il famigerato bar nelle viscere della Borsa di Londra quando ero
apprendista-giornalista. Me la spiegò Hugh, un veterano della finanza
inglese, mentre sorseggiava il primo dei due gin tonic quotidiani.
In
teoria – mi disse nel suo inglese curato ma un po’ cockney - i prezzi
delle azioni riflettono gli utili futuri delle società quotate in Borsa.
In pratica, però, i mercati rispondono a istinti più forti della
matematica. Se gli investitori si «sentono bene» e sono presi
dall’ottimismo, i mercati salgono anche se il futuro non è chiaro.
Un
commentatore più famoso – e più sobrio – di Hugh, il vecchio banchiere
centrale americano Alan Greenspan, chiamò questo sentimento «esuberanza
irrazionale». Il rovescio della medaglia sono quei momenti bui in cui il
presente sembra così tremendo – crisi finanziarie, terremoti economici,
esplosioni geopolitiche – che gli investitori ignorano completamente il
futuro: la loro unica preoccupazione è vendere, vendere, vendere.
A
cosa dobbiamo il momento d’oro attuale? Non certo alla crescita
economica che in Europa è moribonda, in Giappone è già morta e persino
in Cina non si sente tanto bene. E nemmeno alla calma sul fronte
internazionale. Tra Putin, il terrorismo mediorientale e tragedie quasi
quotidiane dal Kenya alla South Carolina, gli investitori non possono
certo dormire sonni tranquilli.
No,
questo periodo di grazia per l’Europa e il Giappone (la Cina è diversa,
come vedremo dopo) proviene da una fonte sola: lo stimolo delle banche
centrali. La Banca Centrale Europea e quella giapponese stanno seguendo
il sentiero aperto dagli Stati Uniti, con politiche monetarie mirate a
tenere i tassi d’interesse bassi. Il problema è che si sa dove questo
sentiero inizia ma non si sa dove finisce.
BERNANKE YELLEN OBAMA
L’idea
è semplice: se i tassi d’interesse sono già a zero, l’unica cosa che un
povero banchiere centrale può fare è inondare il mercato con soldi a
poco prezzo per persuadere le aziende a investire e i comuni mortali a
spendere.
Ma la prassi, come direbbe Hugh, è più complicata. Visto che le banche centrali non possono gettare soldi dagli elicotteri, li distribuiscono ai mercati comprando obbligazioni governative.
Ma la prassi, come direbbe Hugh, è più complicata. Visto che le banche centrali non possono gettare soldi dagli elicotteri, li distribuiscono ai mercati comprando obbligazioni governative.
Il
risultato è che i prezzi dei vari Bot, Btp e compagnia salgono,
mandando giù i tassi che pagano agli investitori. Giovedì, proprio
mentre i mercati europei erano a livelli record, i tassi sulle
obbligazioni tedesche che maturano in dieci anni sono crollati al
livello più basso della storia: 0,14%.
Se
il debito non rende praticamente nulla, gli investitori sono costretti a
buttarsi sulle azioni per fare qualche soldo. La legge della domanda e
dell’ offerta dice che se migliaia, forse milioni di investitori,
vogliono la stessa cosa, il prezzo di quella cosa salirà: è quello che
successe alle Borse americane dopo la crisi finanziaria e si sta
ripetendo ora in Europa e Giappone.
BORSA DI FRANCOFORTE
In
Cina la situazione è leggermente diversa. Lì il governo sta tentando di
mettere fine alla vendita di prodotti finanziari rischiosissimi che le
banche hanno pompato nelle tasche di sprovveduti risparmiatori. Il giro
di vite ha spinto gli investitori locali verso il mercato azionario di
Shanghai, che è salito moltissimo quest’anno. Hong Kong, la vecchia
colonia inglese sospesa tra l’Est e l’Ovest, sta godendo di luce
riflessa perché è l’unica Borsa «cinese» completamente aperta agli
stranieri.
La politica del «carpe diem» va bene per ora, ma il futuro è abbastanza cupo. Per sostenere questi rialzi, i mercati hanno bisogno della crescita economica. In Europa, ci sono segnali incoraggianti, soprattutto perché il calo dell’ euro – altro effetto collaterale dei tassi bassi - sta aiutando economie importanti quali la Germania e, si spera, l’Italia. Ma i problemi del vecchio continente sono talmente ardui che ci vorrà più di una moneta debole per curarli.
In Giappone, invece, l’elettrocardiogramma dell’economia è piattissimo mentre in Cina molto dipenderà da come il governo gestirà il rallentamento di settori-chiave come il manifatturiero e le esportazioni.
La cartina di tornasole è l’America, che è stata la prima ad iniziare le politiche di stimolo, la prima a finirle e si sta preparando ad alzare i tassi.
I risultati dello stimolo made in Usa, purtroppo, non sono chiarissimi: la ripresa c’è, ma non è robusta. Settori importanti come i consumi e il mercato immobiliare sono ancora anemici e la crescita del dollaro - spinto dall’aspettativa di tassi più alti – sta mettendo in difficoltà le aziende esportatrici.
Quello che è certo è i mercati si sono goduti le straordinarie misure di aiuto della Fed. Come i loro cugini europei, giapponesi e cinesi, le Borse americane sono passate da record a record nel dopo-crisi.
Non si sa ancora quanto stampare soldi aiuti l’economia. Quello che è certo è che aiuta i mercati. Forse l’allegria degli investitori non è poi tanto illogica.
Francesco Guerrera è caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York. francesco.guerrera@wsj.com
su Twitter: @guerreraf72.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/bolla-col-trucco-borse-europee-paesi-emergenti-sono-98385.htm
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