venerdì 3 aprile 2015

LA LEHMAN NON DOVEVA FALLIRE - LA BANCA CHE HA SCATENATO LA CRISI DEL 2008 NON ERA MESSA COSÌ MALE, IN EUROPA ERA SOLIDA. SI POTEVA SPEZZETTARE, EVITANDO VENTI MILIONI DI DISOCCUPATI - PRIMA DEL CRAC, STAVA PER COMPRARSI MPS - FU UNA VITTIMA SACRIFICALE? Dopo 7 anni, si sta per chiudere la liquidazione della Lehman Brothers, che fu "lasciata fallire" il 15 settembre 2008. All'epoca i suoi derivati valevano 12 cent per ogni dollaro, oggi in Europa ha rimborsato integralmente i suoi creditori, garantendo l'8% di interessi e un miliardo l'anno solo di parcelle...

LEHMAN - LA BANCA CHE NON DOVEVA FALLIRE
Federico Fubini per “la Repubblica

Mirja Cartia era appena rientrata dalla maternità e si accorse che molti dei suoi colleghi presentavano richieste per una sola autorizzazione: volevano comprare azioni della loro stessa società. La signora Cartia era avvocato di Lehman Brothers a Milano. Era l’inizio di settembre del 2008 e il valore del titolo, in picchiata da mesi sulla Borsa di New York, sembrava l’occasione del secolo. Che potesse fallire una banca d’affari di Wall Street restava fuori dal radar mentale dei dipendenti.

Lehman Brothers Lehman Brothers
Venerdì 11 settembre, al pomeriggio, si riunirono per brindare al salvataggio che — si disse — era ormai imminente. Domenica 13 dopo pranzo furono richiamati in ufficio per comunicazioni. Ciò che sarebbe seguito ha cambiato la storia di una generazione: una bancarotta da 613 miliardi, un collasso dell’economia mondiale più grave che nel ‘29, venti milioni di disoccupati in Occidente, la crisi dell’euro, il Movimento 5 Stelle al 25% nel 2013 in Italia, la Grecia di Alexis Tsipras.

Da allora Mirja Cartia è rimasta a Lehman, e non solo con i suoi ricordi. Lavora con i curatori fallimentari di Pwc, l’ultimo rapporto dei quali contiene due informazioni che la interessano particolarmente. La prima è che fra tra tre o quattro mesi verrà chiusa (almeno in Europa) la liquidazione del più grande disastro finanziario della storia contemporanea, e sarà come dismettere un lutto.

richard fuld, lehman brothers 2008 richard fuld, lehman brothers 2008
La seconda invece non è fatta per lenire i disordini da stress post-traumatico di chi visse quei giorni: Lehman Brothers non è fallita. O, più esattamente, forse non era un caso disperato come si ritenne quando il governo americano, la Federal Reserve, Jp Morgan Chase, Barclays, Morgan Stanley, Goldman Sachs e molti altri decisero che era tempo di staccarle la spina. Magari, amputata, la banca poteva vivere. O poteva essere spinta verso una lenta uscita di scena durante la quale alcune sue parti potevano rinascere sotto altre insegne.

I numeri della liquidazione, ora che è quasi ultimata, suggeriscono che Lehman non era insolvente. Lo assicurano per la parte europea, lo fanno sospettare per la parte americana. La sola certezza è che oggi Lehman sta rimborsando i suoi creditori con molto più denaro liquido di quanto si ritenesse concepibile la notte del 15 settembre 2008 in cui fu lasciata andare al suo destino.
lehman brothers 2008 lehman brothers 2008

Quei dati sollevano domande difficili su ciò che significa per una, più banche o aziende — forse anche per un Paese — apparire insolvente, cioè finanziariamente morto, a un certo punto nel tempo. Sono domande fin troppo attuali su cosa sia dettato dalla realtà, cosa dalla percezione umana o dalle condizioni generali dell’economia globale in momenti diversi della storia.

A fine settembre 2008, al portafoglio di derivati di Lehman fu valutato a 12 centesimi sul dollaro: carta straccia, appena più di un decimo del suo valore teorico. Il più recente rapporto del liquidatore europeo di Lehman, Pwc, riferisce invece di aver «portato il dividendo a 100 pence sulla sterlina». Significa che sulle molte decine di miliardi di euro o dollari in attività e debiti legati a Lehman Brothers International Europe, gli indennizzi ai creditori sono stati (in media) integrali.

lehman brothers lehman brothers
In più è stato versato loro ogni anno un tasso d’interesse dell’8%, e dopo resterà ancora nei conti bancari del liquidatore un surplus di cassa fra 4,96 e 7,39 miliardi di sterline (fino a 10 miliardi di euro), di nuovo da spartire fra i creditori. È un caso che un addetto ai lavori definisce «più unico che raro nelle procedure fallimentari». In totale “Lehman Brothers International Europe in Administration”, il nome dell’entità oggi in mano a Pwc, è già sicura di ripagare 43,3 miliardi di sterline (59,6 miliardi di euro). Non esiste più, ma è tornata immacolata.

Non è mai un processo indolore. Dopo la guerra, gli abitanti di Dresda, bombardata al fosforo, raccolsero le pietre della cattedrale distrutta, le pulirono e numerarono una ad una, per poter ricostruire in futuro. I curatori fallimentari hanno fatto con Lehman qualcosa di simile eppure diverso: hanno raccolto i milioni di pezzi, nell’idea di pulirli, numerarli, ma poi venderli per ripagare i creditori.

È un avanzamento passo dopo passo dopo la catastrofe. Lehman Brothers Holdings, la capogruppo americana oggi affidata allo studio newyorkese Alvarez and Marsal, ha per esempio venduto una catena di hotel presente da Assisi a Da Nang, nel Vietnam centrale; ha incassato 144 miliardi di dollari di dividendi dalla Formula Uno, di cui è azionista; ha ricevuto rimborsi per 176 milioni di dollari da un prestito a Endemol, la società che produce format tivù come «Il grande fratello » o «Che tempo che fa».
JAMES WOODS E' IL CEO DELLA LEHMAN BROTHERS IN _TOO BIG TO FAIL_ JAMES WOODS E' IL CEO DELLA LEHMAN BROTHERS IN _TOO BIG TO FAIL_

In Italia, questo lavoro fra le macerie è toccato a Mirja Cartia. All’inizio gli ex dipendenti la aspettavano sotto casa per sapere del loro bonus o della liquidazione, ma poteva anche andarle peggio. È stata questione di pochi giorni.

Subito prima del fallimento, Lehman era pronta a passare all’azione entro poche ore ed eseguire quello che in segreto aveva battezzato “Project Palio”: comprare una quota estremamente rilevante del Monte dei Paschi di Siena, con opzioni a salire ancora di più nel capitale in un secondo tempo. Una banca che stava per fallire stava per comprare un’altra banca che di lì a poco sarebbe stata sull’orlo del fallimento.

Dipanare la matassa a quel punto sarebbe diventato impossibile, la perdita molto più alta. Invece pian piano sono andate sul mercato a ottimi prezzi le quote in mano a Lehman della Sator di Matteo Arpe, del fondo semi-pubblico F2i o di partecipazioni immobiliari in Prelios, Aedes, Beni Stabili e Cordea Savills. Con quei proventi, creditori come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Unipol o la stessa Mps sono stati rimborsati nel del tutto, ma per quote sostanziali. Si stima che la parte italiana di Lehman Europe oggi sia indennizzata all’85%.

2008-Il fallimento Lehman trascina nel baratro l\'economia mondiale 2008-Il fallimento Lehman trascina nel baratro l\'economia mondiale
Una prima occhiata agli Stati Uniti mostra che lì tutto è più difficile. La banca commissariata avrebbe attività nominalmente da circa 240 miliardi, ma ha tirato fuori denaro solo per 94 e stima ulteriori proventi per altri 13. In più ha aperti contenziosi per altre decine di miliardi di dollari, di cui uno per 15 miliardi su un pacchetto di derivati con Jp Morgan Chase. Dietro la contabilità c’è però il trauma di quello che un ex addetto Lehman di New York definisce «uno squalo che sanguinava nell’acqua e gli altri predatori volevano divorare».

Poiché il Tesoro Usa e la Fed le rifiutavano un finanziamento-ponte, nelle settimane subito prima del fallimento la banca ha dovuto svendere titoli in bilancio per una quantità imprecisata di miliardi. La sola certezza è che, con l’America in ripresa, quelle posizioni un tempo di Lehman ora valgono molto di più. Ci sono poi i derivati della banca, un colossale libro da 39 mila miliardi di dollari di valore teorico: Alvarez and Marsal stima che il caos della morte traumatica dell’istituto abbia causato perdite da 50 miliardi, altri le ritengono da 80. Quel colosso di Wall Street ha commesso errori, fu accecato dalla sua arroganza e forse non meritava di vivere.

Lehman Brothers Lehman Brothers
Altrettanto certo è che la sua fine ha generato un’industria di avvocati e consulenti che stanno ancora banchettando sulla carcassa: fino a un paio di anni fa le parcelle dei liquidatori a New York erano di un miliardo l’anno, mille dollari l’ora, mentre la parte europea costa ancora mezzo miliardo di euro l’anno. L’industria delle pompe funebri non va mai in recessione, e chi non lo capisce perde occasioni preziose. Giorni dopo l’insolvenza del 2008, sotto shock, Mirja Cartia salì su un taxi a Milano. «Ma non mi paghi con i buoni della Lecman — la avvertì il conducente — Quelli non valgono più nulla».


2. MASSINI: FU UNA VITTIMA SACRIFICALE NELLA LOTTA DEL CAPITALISMO GLOBALE
Anna Bandettini per “la Repubblica

FOTO CRISI - TUTTI CONTRO FULD (EX LEHMAN BROTHERS) FOTO CRISI - TUTTI CONTRO FULD (EX LEHMAN BROTHERS)
Il “caso Lehman” verrà ricordato anche come l’evento culturale dell’anno: in scena in diverse edizioni in Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Belgio, Grecia, Austria, Svizzera, Ungheria, Canada... è stato applaudito in Italia da 28mila spettatori in due mesi di repliche al Piccolo (che lo riprenderà in maggio) e non solo perché è l’ultima regia teatrale di Luca Ronconi e perché ha una compagnia di attori straordinari — Massimo Popolizio, Fabrizio Gifuni, Massimo De Francovich, Paolo Pierobon... — ma perché in cinque ore di spettacolo Lehman Trilogy, la storia dei tre fratelli ebrei-tedeschi americanizzati, dal primo commercio di cotone al fallimento finanziario nel 2008, restituisce l’immagine della vulnerabilità del capitalismo che regola i paesi del mondo ricco, lo specchio in cui riflettere paure e preoccupazioni collettive.

GRAFICO LEHMAN GRAFICO LEHMAN
«Quando Ronconi lesse il testo mi disse che era colpito da quanto fosse contemporanea la storia dei Lehman: fino a un certo punto radicata in una passione etica poi sempre più fredda, cinica, caotica, scollegata da principi morali e reali dice Stefano Massini, il trentacinquenne autore di Lehman Trilogy (Einaudi), tradotto in più di otto lingue, ora richiesto da diversi paesi europei per farne anche un film, due anni di ricerche e studi economici per realizzarlo.

Licenziato Lehman Licenziato Lehman
Massini, il successo del suo testo indica che quel fallimento è ancora qualcosa di simbolico per noi tutti? «Lo è sicuramente. L’etica del lavoro e del denaro è un elemento identitario della nostra società. Conosciamo una persona e subito chiediamo che lavoro fa: sapere cosa fai e cosa guadagni è una forma di riconoscimento di quello che sei. Il crollo della Lehman è dunque simbolicamente una paura in cui ci riflettiamo, la prova che il sistema è fallibile e a quel punto, tutto può accadere. Non a caso le borse di tutto il mondo sono fortemente condizionate dall’emotività».

Sì, ma ora viene fuori che l’insolvenza della Lehman non c’era, che il fallimento si poteva evitare.
«Tra le tante cose che ho letto per la preparazione del testo c’è questa: due giorni prima di quel famoso 15 settembre 2008, giorno del fallimento, la Lehman chiese ad altre banche di acquistare il suo debito, istituti della Corea, del Giappone e di Singapore. Rifiutarono tutti. Sono in molti a sostenere che il crollo di una grande banca statunitense sia stato voluto dai veri padroni dell’economia mondiale di oggi, gli orientali, per dimostrare il cambio di baricentro del capitalismo globale. É una tesi, ma riconosciuta. Sarà un caso, ma il giorno in cui abbiamo debuttato a Milano con Lehman trilogy poco distante dal Piccolo si è aperta la prima filiale di una banca cinese. La Lehman è stata la vittima sacrificale, anche per quello che rappresentava ».

Cosa rappresentava?
Lehman Brothers Lehman Brothers
«La Lehman ha sostenuto l’economia americana in ogni momento della sua storia, nel bene e nel male. C’era nel cotone, nel petrolio, nel caffè. I tre fratelli hanno finanziato le ferrovie, la corsa all’oro, le corse alla presidenza di svariati candidati. Hanno finanziato Via col vento e King Kong i due film più identitari per l’America, hanno sostenuto le carriere di Marlon Brando e altri divi, i teatri di Broadway, la PanAm e la bomba H. Ecco perché la sua caduta è stata fragorosa ».

Ci si chiede: ma non è che anche il fallimento di cui si parla tanto della Grecia si può evitare?
«Per quel che so la vicenda Lehman era legata alla crisi dei mutui subprime, sulla Grecia pesa un debito sovrano che è un’altra cosa. Ma forse è simile l’elemento simbolico. Al di là della hybris che caratterizza la storia della Lehman c’è qualcosa di omerico nella sua vicenda: la necessità di un’epoca di immolare qualcuno per segnare un momento di passaggio».

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/lehman-non-doveva-fallire-banca-che-ha-scatenato-crisi-2008-97816.htm

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