sabato 30 gennaio 2016

DUE PERICOLOSI POPULISTI ATTACCANO UNIONE EUROPEA E GERMANIA PER LA SCELLERATA GESTIONE DELLA CRISI E DELLE BANCHE. SALVINI E LE PEN? NO, IGNAZIO E VINCENZO VISCO! 2. IL CAPO DI BANKITALIA: 'AVEVAMO DETTO ALL'UE CHE L'ADOZIONE RETROATTIVA DEL BAIL-IN SAREBBE STATA TRAUMATICA. NON CI HANNO ASCOLTATO. ORA LE REGOLE VANNO CAMBIATE' 3. L'EX MINISTRO: 'LA LEADERSHIP TEDESCA HA IMPOSTO UNA TERAPIA INSENSATA, ISPIRATA AGLI INTERESSI DELLA GERMANIA E DANNOSA PER TUTTI GLI ALTRI, SOPRATTUTTO I PIÙ DEBOLI' 4. ANCORA: 'LA PERVICACIA CON CUI SCHAEUBLE E LA BUNDESBANK CONTINUANO A PORTARE AVANTI LA LORO LINEA INCURANTI DELLE MACERIE MATERIALI E MORALI CHE ESSA HA PROVOCATO FA TEMERE CHE I GRUPPI DIRIGENTI TEDESCHI (O UNA LORO PARTE) ABBIANO GIÀ DECISO DI CONSIDERARE CHIUSA L’ESPERIENZA DELL’EURO SE NON DELLA STESSA UNIONE'

IGNAZIO VISCO: BANCHE ITALIANE BEN PATRIMONIALIZZATE. RIVEDERE IL «BAIL-IN»
Maximilian Cellino per www.ilsole24ore.com
ignazio visco ignazio visco

Le banche italiane sono ben patrimonializzate e non occorrono ulteriori aumenti di capitale, ma qualcosa nel meccanismo di prevenzione delle crisi del sistema finanziario non ha funzionato a dovere e occorre rivedere alcune delle nuove norme sul “bail in” adottate a livello europeo Ha soprattutto due temi a cuore il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco: la solidità del sistema del credito italiano e la possibile correzione di meccanismi che lo stanno penalizzando oltre i demeriti. E li sottolinea a chiare lettere nel consueto intervento al Congresso Assiom Forex.
ignazio visco mario draghi ignazio visco mario draghi

Guardare avanti e ridurre i costi di struttura delle banche
«Le banche italiane sono ben patrimonializzate», ha affermato Visco questa mattina a Torino, sottolineando i meriti della «azione prudente e pressante della Vigilanza italiana e, da più di un anno, di quella europea». I crediti deteriorati sono infatti «ampiamente coperti da svalutazioni e garanzie», sostiene il Governatore, lasciando intendere che non sono necessari ulteriori aumenti di capitale agli istituti italiani e che occorre quindi guardare avanti, anche perché «la congiuntura favorisce la ripresa della redditività». «È il momento di affrontare e ridurre con decisione i costi di struttura, di porre le basi per una crescita robusta, che andrà a vantaggio delle banche stesse e del sistema economico nel suo complesso».

FAZIO E IGNAZIO VISCO FAZIO E IGNAZIO VISCO
Ma è rivolta soprattutto a Bruxelles, e ai rappresentanti italiani che siedono nelle sedi istituzionali dell’Unione europea l’appello forse più importante lanciato da Visco. Le nuove norme sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi bancarie (Bank recovery and resolution directive, Brrd) contengono «una clausola, da avviare entro giugno 2018», che secondo Visco «è auspicabile che questa occasione sia ora sfruttata, facendo tesoro dell’esperienza, per meglio allineare la disciplina europea», aggiunge Visco. Il riferimento va chiaramente alle norme note come «bail in», appena entrate in vigore, che hanno anche in parte contribuito alle turbolenze sui mercati di gennaio.

JUNCKER RENZI JUNCKER RENZI
Visco ricorda infatti come non si sia tenuto conto, a differenza di quanto sottolineato a più riprese da Bankitalia e Mef, del fatto che un'applicazione immediata e retroattiva dei meccanismi di salvataggio «avrebbe potuto comportare, oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all'economia, anche rischi per la stabilità finanziaria», anche in relazione con il «trattamento dei creditori in possesso di passività bancarie sottoscritto anni addietro».

Dombrovskis Dombrovskis
«Sarebbe stato preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario», ha ammesso Visco, ricordando che «un approccio mirato, con l'applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni».

Sulle 4 banche «abbiamo agito con tempestività»
piercarlo padoan margrethe vestager piercarlo padoan margrethe vestager
Non manca, nel discorso al Forex, una difesa a tutto campo dell’operato di Bankitalia nella vicenda delle banche in difficoltà recentemente salvate: nel caso di Banca Etruria, Carichieti, Banca Marche e Cariferrara, come in tutti gli altri casi di crisi bancaria affrontati dalla Vigilanza (circa 100 negli ultimi 15 anni), si è agito «con attenzione e tempestività nel rispetto delle norme esistenti».

Non c’erano quindi soluzioni alternative, secondo Visco, «data l’irreversibilità del dissesto e l’emergere di insostenibili tensioni di liquidità». La valutazione particolarmente conservativa delle sofferenze delle banche in questione corrisponde invece «all’approssimazione del valore teorico che avrebbero assunto, in media, nell’ipotesi di una loro immediata cessione sul mercato».

Gli istituti non sono stati salvati con «risorse pubbliche»
PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI PADOAN VISCO GUZZETTI PATUELLI
I costi del salvataggio «sono stati sopportati, oltre che dai detentori di azioni e obbligazioni subordinate, per la maggior parte dal sistema bancario attraverso il neo-costituito Fondo di Risoluzione» , ha aggiunto il Governatore, tenendo a sottolineare in modo particolare che «non vi sono stati trasferimenti di risorse pubbliche».

RENZI PADOAN RENZI PADOAN
A questo proposito, Visco ha aggiunto che «tra le iniziative che il sistema bancario italiano deve considerare per contenere i costi di una crisi per i risparmiatori rientra la predisposizione di meccanismi volontari di intervento, aggiuntivi rispetto ai sistemi obbligatori di garanzia dei depositanti». Ilcosto di quest’ultimo meccanismo, che non figurerebbe un aiuto di Stato, sarebbe a carico quindi del sistema bancario, e «sarebbe compensato dai benefici che ne trarrebbero tutti gli intermediari, grazie alla rafforzata fiducia e all’accresciuta stabilità del sistema».


2. UNA UE CHE NON HA PIÙ CERTEZZE
Vincenzo Visco per ''Il Sole 24 Ore''

vincenzo visco vincenzo visco
Il 2016 si prospetta come un anno molto complicato per l’Europa che può vedere compromessa la sua stessa esistenza. Le difficoltà economiche permangono e la crescita risulta debole e a rischio; le crisi bancarie in Portogallo, ma soprattutto in Italia, possono far precipitare l’Unione in una crisi anche più grave che nel 2011. Il fatto che si esiti ad affrontarle con misure adeguate alimenta gli istinti speculativi dei mercati. Da questo punto di vista la decisione della Commissione di bloccare la bad bank italiana è semplicemente irresponsabile.
vincenzo visco vincenzo visco

Il rischio che il referendum britannico sulla permanenza nella Comunità possa avere un esito negativo è reale e, al momento attuale, crescente. La eventuale uscita del Regno Unito potrebbe determinare un effetto domino micidiale: la Scozia potrebbe ribadire la sua volontà di restare nella Comunità e quindi dichiarare la propria indipendenza; uscita l’Inghilterra, anche i Paesi del nord avrebbero minori ragioni per una loro permanenza. Le spinte secessionistiche in altri Paesi (Spagna, ma non solo) potrebbero rafforzarsi. Ila Brexit inoltre diventerebbe più probabile se si prospettasse un’altra crisi greca, evento del tutto possibile dal momento che il programma imposto al Paese è apparso fin dall’inizio di difficilissima, se non impossibile, realizzazione e di improbabile successo.

schaeuble merkel nel 1999 schaeuble merkel nel 1999
A questa situazione va ancora aggiunta la violazione di fondamentali regole democratiche da parte di alcuni Paesi europei: l’Ungheria di Orban (ormai da diversi anni, senza nessuna reazione da parte della Commissione e dei Paesi leader), e più recentemente la Polonia di Kaczynski, nei confronti della quale le reazioni sembrano esserci e saranno fonte di conflitto. Ambedue i governi, comunque, sono fortemente euroscettici.
MERKEL E SCHAEUBLE MERKEL E SCHAEUBLE

Altri Paesi come l’Austria e la Danimarca sono stati indotti dalla pressione delle opinioni pubbliche ad assumere posizioni radicali nella gestione del problema della immigrazione.

In sostanza l’Europa appare sempre più balcanizzata, percorsa da spinte nazionalistiche sempre più forti, e incapace di ogni reazione.

I partiti più radicali di destra e di sinistra conquistano spazio in tutti i Paesi: dalla Francia, dove solo un sistema elettorale che consente di escludere il 25 o più per cento del corpo elettorale, e che comincia giustamente ad essere posto in discussione, ha evitato che si materializzasse il successo del Fronte popolare, alla Spagna (ancora in cerca di un governo), al Portogallo.

weidmann schaeuble weidmann schaeuble
All’origine di questo disastro vi sono due fattori principali: la crisi economica e il fenomeno dell’immigrazione. La crisi del 2007 ha avuto dimensioni epocali e, come quella del 1929, rischia di avere conseguenze politiche devastanti in Europa dove la leadership tedesca ha imposto una terapia insensata, ispirata agli interessi di breve periodo della Germania, ma assolutamente iatrogena per tutti gli altri, che ha spinto le economie del continente a divergere sempri di più e a scaricare sui ceti più deboli tutto il costo dell’aggiustamento, creando insicurezza, paura e risentimento, e anche mettendo a rischio la ripresa mondiale affidata solo agli sforzi degli Stati Uniti.

weidmann draghi weidmann draghi
La pervicacia con cui il ministero delle Finanze tedesco e la Bundesbank continuano a portare avanti la loro linea incuranti delle macerie materiali e morali che essa ha provocato fa temere che in verità i gruppi dirigenti tedeschi (o una loro parte) abbiano già deciso di considerare chiusa l’esperienza dell’euro se non della stessa Unione.

Jens Weidmann e Angela Merkel Jens Weidmann e Angela Merkel
Per quanto riguarda l’immigrazione la minaccia di una vera e propria invasione dal sud è reale, così come sono fondate le preoccupazioni delle popolazioni europee. Tuttavia il problema non è gestibile con recinzioni e respingimenti. Si tratta infatti di oltre 20 milioni di potenziali migranti, di disperati che dal Medioriente e dall’Africa fuggono da guerre, carestie, desertificazioni, collasso degli Stati, violenze gratuite. Solo un intervento coordinato, non solo dell’Europa, ma della comunità internazionale, orientato sia a ristabilire la pace, sia a fornire generose erogazioni tipo piano Marshall, possono darci la speranza di non essere invasi e travolti in un modo o nell’altro, in tempi non brevissimi.

Stando così le cose, è evidente che ciò che manca è la politica. Sarebbe necessaria una iniziativa di alto livello e ad ampio ragio che fosse in grado di affrontare sia la questione economica che quella dell’immigrazione. È anche evidente che la guida dell’iniziativa non potrebbe che essere degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite, ma gran parte dei costi dovrebbe essere affrontata dall’Europa che sarebbe il beneficiario principale dell’operazione.

jaroslaw kaczynski jaroslaw kaczynski
Sarebbe quindi opportuno che questi problemi venissero per lo meno posti formalmente sul tappeto nella loro interezza ed esplicitandone il collegamento. Nella situazione attuale le polemiche, le punture di spillo che si scambiano i protagonisti della politica europea servono veramente a poco.

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/due-pericolosi-populisti-attaccano-unione-europea-germania-117610.htm

giovedì 28 gennaio 2016

L'ASCESA E LA CADUTA DEI LIGRESTI NEL DIARIO DI GIULIA, CHE RICOSTRUISCE LA FINE DI FONSAI. L'ADVISOR DI FAMIGLIA DICEVA: ''NON SOLO PER NAGEL SIETE GIÀ MORTI, MA VI HA GIÀ FATTO IL FUNERALE CON UNIPOL'' - LA FAMIGLIA HA SPOLPATO LA SOCIETÀ, MA È STATA MEDIOBANCA, PAGATA DA UNIPOL, AD AFFOSSARLA - ISVAP, CONSOB, ADVISOR: I RUOLI OPACHI La realtà è stata ben diversa dal ''papello'' con le garanzie di Nagel ai Ligresti: famiglia ''diluita'' col doppio aumento di capitale prima della 'fusione' con Unipol. Travolgendo i piccoli investitori, che dopo la prima iniezione di fondi avevano finito le risorse. Un «danno collaterale» della guerra fra titani finanziari...

Claudio Laugeri per www.lastampa.it

MEMORIALE DI GIULIA LIGRESTI MEMORIALE DI GIULIA LIGRESTI
Stile asciutto, asettico, poco più di una cronologia, come la stessa autrice indica nel frontespizio. È il diario di Giulia Ligresti, dove la figlia del più noto immobiliarista Salvatore ricostruisce gli ultimi due anni di Fonsai. Ascesa e caduta finanziaria di una famiglia tra le più chiacchierate d’Italia. Papà Salvatore e l’altra figlia Jonella sono imputati a Torino in un processo per reati che vanno dal falso in bilancio, alle false comunicazioni sociali, all’aggiotaggio. Il pm Marco Gianoglio ha ricostruito tutta la vicenda, compreso il «diario di Giulia». Il 9 febbraio concluderà la requisitoria, con le richieste di condanna.

SENZA VELI 
JONELLA LIGRESTI JONELLA LIGRESTI
Giulia cerca materiale. Scava nella memoria. Annota date. Resoconta riunioni riservate. Ricorda retroscena, telefonate, chiacchierate nei corridoi. Assembla il puzzle dei movimenti bancari, delle offerte per risollevare il gruppo assicurativo. Cita anche i rilievi Isvap e Consob, che hanno spinto sull’acceleratore del rinnovamento.

GERONZI PONZELLINI E LIGRESTI GERONZI PONZELLINI E LIGRESTI
Trentasette pagine dove Giulia parla di sé in terza persona, come per dare oggettività alle proprie parole. Poche volte si lascia andare a considerazioni, come quando evidenzia i comportamento degli avvocati che assistevano la famiglia nel momento della ricapitalizzazione. Il momento più difficile, quello dove la famiglia rischiava di perdere tutto. È il nodo della questione.

COPERTINA DE IL MONDO CON SALVATORE LIGRESTI COPERTINA DE IL MONDO CON SALVATORE LIGRESTI
La gestione Ligresti di Fonsai è stata un colabrodo, come tenere aperto un rubinetto su una vasca bucata. Alla fine, Consob arriva a ipotizzare una ricapitalizzazione da un miliardo e 100 milioni. Papà Salvatore cerca in tutti i modi contenere la ricapitalizzazione, punta a fermare la bilancia sui 790 milioni. Niente da fare.

Le nomine 
ligresti big ligresti big
Il diario di Giulia parte dal 4 marzo 2011, con la «risposta di Consob al quesito Groupama su esenzione Opa: parere negativo.L’operazione avrebbe reso indipendente Fonsai da Mediobanca». E via via con «Unicredit che impone 3 consiglieri (il 2 agosto) e 2 manager». Pochi giorni dopo, proprio da uno di questi manager arriva il suggerimento per un aumento di capitale. L’inizio della fine (finanziaria) dei Ligresti.

LIGRESTI CON LE FIGLIE LIGRESTI CON LE FIGLIE
Più che una sensazione. E’ un advisor di Premafin a parlare ai «4L» (la famiglia Ligresti): «Non solo per Nagel (Alberto, manager Mediobanca, ndr) siete già morti, ma vi ha già fatto il funerale con Unipol». Una profezia, a giudicare da com’è andata due anni dopo, con un ulteriore aumento di capitale e la diluizione delle quote Ligresti, assieme al ridimensionamento del loro patrimonio immobiliare.
Giulia Ligresti Giulia Ligresti

Attribuisce alla «memoria di Jonella Ligresti, qualche mese prima, Isvap aveva informalmente concesso due anni a Erbetta (amministratore Fonsai, ndr) per il ripristino delle Riserve. Poi invece pone delle scadenze ravvicinate...». Il racconto riporta anche le speranze dei Ligresti di risollevare le sorti aziendali e familiari. Come quando in una riunione Salvatore «si alza esce e scompare, probabilmente dopo aver fatto o ricevuto una telefonata. Poi, dopo circa 2 ore, telefona ai figli dicendo che era felicissimo e li aveva salvati. SL convoca quindi i 3 figli e comunica» un incontro in Mediobanca che gli era parso risolutivo. Sbagliava.
CUCCIA LIGRESTI CUCCIA LIGRESTI

Le manovre 
Ma l’imbonimento dei Ligresti sarebbe andato avanti ancora a lungo. Passando dal «papello» più volte citato dalla famiglia: «garantiscono ai 4L i medesimi risultati economici netti di cui al contratto del 1211, come integrato dall’accordo con Unicredit del medesimo 12/1, e pertanto anche il salvataggio di Imco e Sinergia.

IL PAPELLO TRA NAGEL E LIGRESTI IL PAPELLO TRA NAGEL E LIGRESTI
Nel dettaglio: i 45 mln sarebbero arrivati dal recesso e da un eventuale ulteriore intervento di Mediobanca o Unipol e comunque venivano loro garantiti. Per J (Jonella, ndr) il quantum relativo al patto di non concorrenza del contratto del 12/1 e un posto in CDA della società risultante dalla fusione. Per Giulia una consulenza nella Compagnie Monegasque de Banque e per Paolo la conferma della dirigenza nella società svizzera Srp del gruppo Fonsai.

Per SL (Salvatore Ligresti, ndr) una consulenza da Hines Italia, pagata da Unicredit. Ognuno di tali corrispettivi avrebbe avuto una durata di 5 anni per un valore di 3,5 mln per ogni componente della famiglia. Inoltre, garantivano ai 4L per cinque anni il mantenimento degli uffici occupati fino ad allora, foresterie di Milano e Roma, segreterie, autovetture, autisti». 

ALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTI ALBERTO NAGEL E SALVATORE LIGRESTI
La realtà è stata ben diversa: partecipazione di Ligresti «diluita» dal doppio aumento di capitale in previsione della fusione con Unipol. Travolgendo i piccoli investitori, che dopo la prima iniezione di fondi avevano finito le risorse. Un «danno collaterale» della guerra fra titani finanziari. Con l’Isvap (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) che ha aperto gli occhi troppo tardi. «Perché l’Isvap ha attaccato subito la “governance”? E perché il verbale di contestazioni a Fonsai è arrivato soltanto dopo il primo aumento di capitale? Che cosa sarebbe accaduto se Isvap fosse intervenuto prima?» ha chiesto il pm Gianoglio in aula.

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/ascesa-caduta-ligresti-diario-giulia-che-ricostruisce-117510.htm

BANCHE MOLTO CATTIVE: MILANO A PICCO (-3,5%) CON GLI OPERATORI CHE HANNO CAPITO CHE LA 'BAD BANK' È UNA BUFALA - LA PROVA CHE NON È IL PETROLIO A DECIDERE LA CADUTA DI PIAZZA AFFARI, MA I TITOLI BANCARI: OGGI IL GREGGIO BALZA DEL 7% SULLA NOTIZIA CHE L'ARABIA SAUDITA VUOLE TAGLIARE LA PRODUZIONE OPEC E NON-OPEC Strada spianata per la fusione tra Bpm e il Banco Popolare, Castagna non vuole l'orgia con Ubi e Mps - A Siena registrano un utile di 390 milioni grazie alla chiusura del derivato Alexandria (senza, un risultato negativo da 110 mln) - Malissimo Fiat (-7,2%)...

BORSA: TORNA LA BUFERA SUI MERCATI, MILANO (-3,49%) CROLLA CON LE BANCHE
piercarlo padoan margrethe vestager piercarlo padoan margrethe vestager
Radiocor - Tornano le vendite sulle Borse europee, in particolare su Milano che chiude in rosso del 3,49% travolta dal crollo del comparto bancario, con gli operatori poco convinti dall'intesa sulla bad bank, e di Fca (-7,2%). I listini, nel primo pomeriggio, avevano recuperato terreno insieme al petrolio (ora +3,2% a 33,3 dollari al barile) sui rumors di un possibile accordo Russia-Arabia per tagliare la produzione di greggio, poi tuttavia sono tornate le vendite con Piazza Affari che ha anche toccato -4,2%.

A Milano le peggiori sono Bpm (-9,8%), Bper (-7,5%) e Mps (-7,8%) mentre gli unici titoli positivi sono quelli del comparto petrolifero con Eni (+0,2%), Tenaris (+0,3%), Saipem (+3%) e i diritti per l'aumento Saipem che vivono la prima seduta davvero in rialzo (+9,6%) dall'avvio dell'operazione. Sul mercato valutario l'euro passa di mano a 1,095 dollari (ieri a 1,0866) e 129,91 yen (129), mentre il dollaro-yen e' quasi sta bile a 1 18,6 (118,74).

ali al naimi ministro saudita del petrolio ali al naimi ministro saudita del petrolio
2.PETROLIO: MINISTRO RUSSO, ARABIA SAUDITA PROPONE TAGLIO 5%, WTI A +7%
Radiocor - Un taglio delle estrazioni quotidiane di petrolio pari al 5% dei volumi per ogni paese produttore. E' quanto ha proposto l'Arabia Saudita secondo quanto dichiarato dal ministro russo dell'Energia Alexander Novak. Parlando con la stampa, il ministro ha spiegato che vi e' sul tavolo anche la proposta di un incontro fra paesi Opec e non-Opec a livello di ministri dell'energia e che la Russia da parte sua e' pronta a partecipare. Su questa notizia il Brent con consegna a marzo sale del 6,5% a 35,24 dollari mentre il Wti guadagna il 7,21% a 34,63 dollari.

3.BPM: STRADA SPIANATA PER IL BANCO DOPO ULTIMI CONFRONTI CON AUTORITA'
Radiocor - Strada spianata per la fusione tra Bpm e il Banco Popolare. Per le nozze tra i due istituti, da mesi considerate le piu' probabili e le piu' imminenti nell'ambito dell'atteso consolidamento del settore bancario, secondo quanto risulta a Radiocor, e' ormai praticamente solo questione di tempo. Salvo colpi di scena dell'ultimo minuto, infatti, la via sembra ormai imboccata con la benedizione di tutte le autorita' coinvolte.
giuseppe castagna giuseppe castagna

A partire dal Tesoro, dove dopo l'incontro di ieri tra il ministro Pier Carlo Padoan, il consigliere delegato di Bpm Giuseppe Castagna e il numero uno di Ubi Banca Victor Massiah, si sarebbero convinti che insistere sull'opzione alternativa (una fusione a tre fra Bpm, Ubi e il Monte dei Paschi di Siena) avrebbe rischiato di complicare ulteriormente le cose e rallentato l'intero riassetto del comparto. Da qui l'indirizzo preso da Bpm, lasciata libera di accelerare sull a stra da per Verona.

VICTOR MASSIAH UBI BANCA VICTOR MASSIAH UBI BANCA
Segnali positivi sarebbero arrivati anche dalla Bce, con cui Castagna in queste ore ha mantenuto contatti serrati, che avrebbe tranquillizzato sulle necessita' patrimoniali dell'aggregato post-fusione, placando almeno in parte i timori del fronte milanese sul peso delle sofferenze in pancia al Banco.

Resta da vedere se nei prossimi giorni si riuscira' ad arrivare all'annuncio ufficiale di trattative tra le due banche o se, al contrario, insorgeranno nuove difficolta'. Il prossimo consiglio di gestione di Bpm e' convocato per martedi' 9 febbraio con all'ordine l'esame dei conti 2015. La stessa settimana e' previsto inoltre il cda del Banco, ma in entrambi i casi naturalmente se sara' necessario i consigli potranno essere convocati d'urgenza in via straordinaria.

4.MPS: UTILE NETTO 2015 A 390 MILIONI CON EFFETTO ALEXANDRIA
FABRIZIO VIOLA MONTEPASCHI FABRIZIO VIOLA MONTEPASCHI
Radiocor - Utile netto di circa 390 milioni per il Monte dei Paschi nel 2015 tenendo conto della contabilizzazione a saldi chiusi dell'operazione Alexandria come richiesto dalla Consob. Al netto dell'effetto Alexandria il risultato dell'anno e' negativo per 110 milioni anche a seguito di poste straordinarie come la chiusura proprio dell'operazione Alexandria e il contributo al Fondo di risoluzione. Cosi' la banca in una nota sui risultati di preconsuntivo esaminati dal cda. Il risultato operativo e' in crescita del 27%. La banca segnala un calo dei crediti deteriorati nel quarto trimestre.


 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/banche-molto-cattive-milano-picco-3-operatori-che-hanno-117522.htm

martedì 19 gennaio 2016

CASO MORO, MISTERO D’ITALIA - 12 ORE PRIMA DEL RAPIMENTO, ALDO MORO CHIESE ALLA POLIZIA UN RAFFORZAMENTO DELLE MISURE DI SICUREZZA: TEMEVA UN ATTENTATO AI SUOI DANNI? - LA “SEGNALAZIONE” ARRIVATA DAL MEDIORIENTE La Commissione ha rinvenuto negli archivi della Polizia una relazione di Domenico Spinella, dirigente della Digos, nella quale si dà conto di un incontro riservatissimo svoltosi nello studio di Aldo Moro la sera del 15 marzo 1978 e in quella occasione il presidente della Dc fece sapere di ritenere urgente l'attivazione di “un servizio di vigilanza”… -

MISTERI D’ITALIA

ALDO MORO CON LA FIGLIA AGNESE ALDO MORO CON LA FIGLIA AGNESE
Più si scava sul caso Moro, più aumentano le scoperte spiazzanti, quelle capaci di riscrivere interi capitoli di una delle storie più misteriose della Repubblica. Trentotto anni dopo il rapimento del leader democristiano da parte delle Brigate rosse, la apposita Commissione parlamentare di inchiesta sta svolgendo un lavoro al "ralenti" su singoli segmenti, per ingrandire ogni dettaglio.

Come dimostrano anche i tempi di "lavorazione": dopo un anno di indagine sono state passate al setaccio le prime due ore del rapimento, oltre ai tanti segnali che lo precedettero. Un metodo pragmatico che ha consento diverse scoperte, alcune clamorose e ora accessibili grazie ad una prima relazione, completata nei giorni scorsi.
ALDO MORO CON LA FIGLIA AGNESE ALDO MORO CON LA FIGLIA AGNESE

Scoperte favorite dal clima nel quale ha lavorato la Commissione, «senza la volontà di riscrivere la storia, senza tesi precostituite, senza clamori», dice il presidente Giuseppe Fioroni. E senza la pressione di alcuni protagonisti di quella vicenda, ormai scomparsi e anche senza i partiti allora più "implicati": la Dc e il Pci.

Uno sforzo corale, come dimostra la prima relazione, approvata all' unanimità da un arco di forze che va dai Cinque Stelle agli ex missini di Fratelli d' Italia. Il caso Moro, vicenda piena di enigmi e depistaggi, lungi dall' essere compresa fino in fondo. Come dimostra una novità: su alcuni filoni scoperti dalla Commissione si sono riaccesi i riflettori della Procura di Roma.

ALDO MORO IL COVO BR DI VIA GRADOLI ALDO MORO IL COVO BR DI VIA GRADOLI
2 - 12 ORE PRIMA DEL RAPIMENTO MORO CHIESE AIUTO ALLA POLIZIA
Fabio Martini per “la Stampa”

ALLARME, 25 GIORNI PRIMA
Da decenni l'enigma resta senza risposte chiare: è mai possibile che non scattò nessun allarme preventivo nelle settimane che precedettero l' assalto a Moro e alla sua scorta? La Commissione di indagine ha compiuto diverse scoperte.

L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
La prima è un documento, rimasto secretato per 37 anni. Il 18 febbraio 1978 (l' azione Br scatterà 25 giorni più tardi, il 16 marzo) un agente dei Servizi di stanza a Beirut scrive un cablogramma ai superiori di Roma, nel quale riferisce quanto appreso da un suo «abituale interlocutore» del Fronte per la liberazione della Palestina Habbash: «Organizzazioni terroristiche europee» si sono riunite per pianificare «una operazione terroristica di notevole portata che potrebbe coinvolgere» l' Italia.

Scrive nel suo rapporto, la Commissione: «E' evidente che se fosse accertata una relazione con il sequestro Moro, il documento aprirebbe prospettive allo stato imprevedibili», a partire dal fatto che occorrerebbe «riconoscere che si era in presenza di un quadro di elevata allerta, i cui segnali furono probabilmente percepiti dallo stesso Moro».

L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO
Perché alla Commissione ritengono che l' autore del cablogramma possa essere stato Stefano Giovannone, l'uomo di Moro in Medio Oriente. Che evidentemente avvisò, oltre ai superiori, il suo leader di riferimento. I superiori "sottovalutarono". E Moro?

MORO CHIEDE AIUTO
E qui scatta la seconda scoperta. La Commissione ha rinvenuto negli archivi della Polizia una relazione di Domenico Spinella, dirigente della Digos, nella quale si dà conto di un incontro riservatissimo svoltosi nello studio di Aldo Moro la sera del 15 marzo 1978 (mancano 12 ore all' azione brigatista) e in quella occasione il presidente della Dc fece sapere di ritenere urgente l' attivazione di «un servizio di vigilanza a tutela dell' ufficio di via Savoia».
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MORO

Ma la relazione del dottor Spinella al Questore - ecco un altro punto oscuro - è datata 22 febbraio 1979, ben undici mesi dopo l' attentato e oggi se ne capisce la ragione: è stata scritta d' urgenza, dopo un articolo uscito quel giorno sul "Secolo XIX" e relativo ad un generico timore di Moro per un attentato. Sostiene il presidente della Commissione Fioroni: «Trentasette anni dopo abbiamo scoperto questa relazione "post-datata", dalla quale apprendiamo con certezza che Moro, poche ore prima di essere colpito, aveva chiesto tutela.

Nella relazione è scritto che non avrebbe chiesto aiuto per sé e per la sua scorta ma per il suo ufficio. Ma oramai sappiamo che Moro era preoccupato per sé e non per le sue carte.
MORO MORO
Come confermato da altri dati: per esempio abbiamo appreso che in quei giorni il maresciallo Leonardi chiese improvvisamente più caricatori e altri particolari emergeranno prossimamente». Per esempio che la mattina del 16 marzo Aldo Moro non volle portare con sé il nipotino, come faceva quasi sempre?

LO "SCATTO" DELLA DIGOS
La Commissione ha scoperto che una "Alfasud" presente in via Fani dopo l' attentato e della quale per decenni non si era individuata la proprietà, apparteneva allo stesso dirigente della Digos che il giorno prima aveva raccolto l' allarme di Moro. La Commissione ha scoperto che la mattina del 16 marzo il dottor Spinella fu tra i primi ad arrivare in via Fani.
ALDO MORO E GIULIO ANDREOTTI ALDO MORO E GIULIO ANDREOTTI

Ma con qualche probabilità (anche se non con certezza), l' arrivo tempestivo sulla scena dell' attentato è determinato da quella che viene definita «una partenza "anticipata"». L' attentato scatta in via Fani alle 9,03, ma come ha raccontato alla Commissione Emilio Biancone, che allora svolgeva il compito di autista, l' Alfasud della Digos parte dalla Questura alle 8,30, più di mezzora prima dell' assalto brigatista. Perché tanto presto? Ansia? Senso di colpa? Consapevolezza di una sottovalutazione?

IL BAR OLIVETTI
IL CORPO DI ALDO MORO FOTO ANSA IL CORPO DI ALDO MORO FOTO ANSA
Le indagini della Commissione hanno scoperto che il bar Olivetti, davanti al quale si svolse l' assalto a Moro, era un luogo ricco di "ambiguità". Scrive la Commissione: «Suscita sconcerto la totale assenza di indagini sul bar e sul suo amministratore Tullio Olivetti», «noto agli atti della polizia di prevenzione per essere stato coinvolto in una complessa vicenda di traffico internazionale di armi», «nonché citato in una corrispondenza con la questura di Bologna relativa alla presenza nei giorni antecedenti la strage alla stazione del 2 agosto 1980».

E «la gravità di simile omissione non risulterebbe attenuata anche se si dovesse accertare che nessun legame esiste tra il caso Moro e il complesso intreccio di interessi, tra intelligence, criminalità organizzata, ambienti dell' eversione, massoneria e terrorismo internazionale che ruotava attorno alla figura di Olivetti e alle sue frequentazioni».
Aldo Moro Aldo Moro

Alla luce di questo quadro assume una luce diversa quanto disse al telefono, il primo maggio 1978, il deputato dc Benito Cazora: «Dalla Calabria mi hanno telefonato per informarmi che in una foto presa sul posto quella mattina, si individua un personaggio a loro noto». E «loro» sarebbero personaggi legati alla 'ndrangheta.

FOTO E TESTIMONI RIMOSSI
E sarebbero state preziose per gli inquirenti anche tutte le foto che furono scattate sul luogo dell' attacco, ma la Commissione denuncia che diversi rullini «sono scomparsi». In particolare quello consegnato ad uno dei magistrati inquirenti, che secondo una testimone tagliò cinque negativi e restituì il resto, senza «redarre verbale». E ancora: «Numerosi testimoni oculari sono stati del tutto ignorati dagli inquirenti dell' epoca e le loro dichiarazioni sono state messe a verbale per la prima volta dalla Commissione».

Aldo Moro Aldo Moro

 http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/caso-moro-mistero-italia-12-ore-prima-rapimento-aldo-moro-chiese-116910.htm

giovedì 14 gennaio 2016

''HITLER ED EVA BRAUN NON SONO MORTI NEL '45'' - A RISVEGLIARE LA LEGGENDA È L'EX AGENTE DELLA CIA BOB BAER, CHE HA ANALIZZATO 700 DOCUMENTI DELL'FBI DECLASSIFICATI DI RECENTE: 'SONO VOLATI A TENERIFE, E DA LÌ IN ARGENTINA' - I FILMINI AMATORIALI DI EVA BRAUN 2. HITLER E LA BRAUN SAREBBERO FUGGITI A PIEDI ATTRAVERSO LA FITTA RETE DI TUNNEL SOTTERRANEI CHE COLLEGAVANO LA SUA CANCELLERIA CON L’AEROPORTO BERLINESE DI TEMPELHOF E, DA QUI, SAREBBERO VOLATI IN SPAGNA, NELL’ISOLA DI TENERIFE. QUI RIMASERO QUALCHE TEMPO PER POI TRASFERIRISI IN PATAGONIA, ARGENTINA. LE ULTIME SCOPERTE...

VIDEO - I FILMINI A COLORI DI HITLER E EVA BRAUN



"HITLER E LA BRAUN NON SONO MORTI: SONO SCAPPATI IN ARGENTINA"
Paolo Manzo per www.ilgiornale.it
robert bob baer robert bob baer

Adolf Hitler non sarebbe morto nel bunker di Berlino il 30 aprile del 1945 ma, al suo posto, sarebbero stati uccisi due sosia, uno suo ed uno di Eva Braun, la sua compagna sposata qualche ora prima della fuga e non, come sostenuto dalla storiografia ufficiale sino ad oggi, del duplice suicidio.

A sostenerlo un ex agente della CIA, Bob Baer, che ha pubblicato pochi giorni fa una sua analisi di 700 documenti FBI declassificati di recente. Hitler e la Braun sarebbero fuggiti a piedi attraverso la fitta rete di tunnel sotterranei che collegavano la sua cancelleria con l’aeroporto berlinese di Tempelhof e, da qui, sarebbero volati in Spagna, nell’isola di Tenerife. Qui rimasero qualche tempo per poi lasciare l’Europa alla volta della Patagonia argentina.
hitler hitler

L’ipotesi di Baer - alcuni stralci della sua ricerca sui documenti inediti della FBI sono stati pubblicati dal quotidiano britannico The Mirror – è confermata da Abel Basti, giornalista investigativo argentino che lo scorso anno, alla Fiera del Libro di Torino, ha presentato “Sulle tracce di Hitler” per i tipi di Eden Edizioni, con documenti inediti che avvalorano la fuga dell’ex dittatore nazista nella regione patagonica a sud di Bariloche. Una tesi confermata anche dall’ex investigatore dell’ONU John Cencich, intervistato da History Channel per una serie sullo scottante argomento degli ultimi giorni del Fuhrer.
hitler eva braun hitler eva braun robert bob baer robert bob baer hitler eva braun hitler eva braun eva braun nel filmino amatoriale eva braun nel filmino amatoriale

Insomma, quella che sino a pochi anni fa era considerata solo una “leggenda metropolitana” – ovvero la fuga di Hitler in Sudamerica –raccoglie sempre più consensi. Soprattutto dal 2009, quando il cranio conservato per 50 anni al Museo della Guerra di Mosca che si credeva fosse del Fuhrer fu sottoposto al test del DNA da un’equipe di medici legali dell’università del Connecticut: risultò appartenere ad una donna con meno di 40 anni.

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/hitler-ed-eva-braun-non-sono-morti-45-risvegliare-leggenda-116667.htm