La propaganda nella guerra in Vietnam
Raymond McGovern. Sono stato a Washington per 52 anni, nel corso dei quali ho visto molti cambiamenti. Ma il più importante è questo: a tutti gli effetti non abbiamo più dei media liberi. Una volta chiesero a Thomas Jefferson (padre fondatore degli Stati Uniti d’America): “Se lei avesse la possibilità di scegliere fra un governo e una stampa libera, cosa sceglierebbe?” E lui rispose: “Una stampa libera, naturalmente, perché senza una stampa libera avremmo una dittatura“.La prima volta che entrai in contatto con la corruzione o, per meglio dire, con la prostituzione dei servizi segreti, risale alla guerra del Vietnam. Alcuni colleghi ritenevano che ci fossero mezzo milione di soldati vietnamiti comunisti armati nel sud del Vietnam. Ma il generale Westmoreland si rifiutò categoricamente di accettare cifre più alte di 299.000 soldati vietnamiti. Così, chiesi al mio amico Sam Adams, che era il responsabile in questo ambito: “Sam, ciò non ha alcun senso! I generali solitamente hanno bisogno di esagerare l’immagine della minaccia nemica. Perché invece il Gen. Westmoreland sta facendo esattamente l’opposto?“, e lui mi rispose: “Ray, questa scelta è legata al numero delle uccisioni. Ogni settimana ne uccidiamo a centinaia, a volte anche in un solo giorno, e… sai com’è: la stampa a Saigon, pur non essendo particolarmente intelligente, è comunque in grado di contare, conosce l’aritmetica. Quindi, se ora gli diciamo che ci sono più di 299.000 Viet Cong…”
Il generale Abrams, che era un eccellente tankcommander (ndr: comandante di carrarmati) sotto al comando di Patton, in Italia, durante la seconda guerra mondiale, il 20 Agosto 1967 scrisse un telegramma, in merito alla non accettazione dei reali numeri della minaccia nemica: “Stiamo progettando un’immagine di successo per questa guerra, e non possiamo dissuadere in nessun modo la stampa dal giungere a una deduzione errata ed opprimente“. Punto, fine! Giaceva là, nero su bianco. Gli avversari in Vietnam erano presenti in numero doppio rispetto a quello dichiarato ufficialmente, ma i generali cercavano di occultarlo continuando a dire che ce ne fossero solo la metà. Perché? Perché altrimenti non avrebbero potuto “costruire un’immagine di successo in questa guerra”.
La propaganda nella guerra in Iraq
Elizabeth Murray. Prima e durante l’attacco statunitense all’Iraq (marzo 2003), io ero sul posto ed ero responsabile nell’ambito “Analisi mediatica per l’Iraq” del servizio centrale di intelligence, che sorvegliava e monitorava tutti i media. Seguivamo tutti i discorsi pubblici di Saddam Hussein e monitoravamo la stampa irachena. L’ultima settimana prima della guerra il mio ufficio ricevette una chiamata direttamente dall’ufficio del vicesegretario della difesa, Paul Wolfowitz, e la richiesta che ricevemmo fu quella di ricercare a tutti i costi, nei media e nella stampa irachena, dei collegamenti tra Al-Qaida e il governo di Saddam Hussein. Immediatamente dopo aver ricevuto la chiamata ci dovemmo trasferire nel nostro ufficio ad Amman, in Giordania, dal quale avremmo dovuto monitorare i media iracheni, oltre ad altri media medio-orientali. Cercammo senza sosta e in ogni dove prove del collegamento tra il governo di Saddam e Al-Qaida e non ne trovammo alcuna! Così tornai dal vicesegretario della difesa Wolfowitz e dissi: “No, non abbiamo trovato né indizi né prove“. Pensavo che la storia sarebbe finita lì. Invece, circa due settimane più tardi, il nostro ufficio ricevette una nuova chiamata che ci rifece esattamente la stessa richiesta: “Trovateci delle prove o degli indizi del collegamento tra il governo di Saddam e Al-Qaida“. Allora ricominciammo a passare al setaccio tutti i discorsi del presidente iracheno, registrandoli e riascoltandoli. Ce la mettemmo davvero tutta, ma alla fine il risultato fu il medesimo e così ripetemmo al vicesegretario: “No, non abbiamo trovato nessun tipo di prova o indizio a sostegno dell’ipotesi di connessione tra il governo di Saddam Hussein e Al-Qaida“. Stranamente, continuammo a ricevere ininterrottamente la richiesta di trovare un nesso tra Saddam ed Al-Qaida. Così, ad un certo punto compresi: il motivo per cui la nostra risposta non andava bene era la sua “incorrettezza”. Alla fine consigliai al mio superiore di rimandarmi all’ufficio del Sig. Wolfowitz, in modo tale da poter chiedere direttamente a lui, o a chi di dovere, quale fosse la fonte, l’origine di questa richiesta, di questa idea, perché il nostro lavoro di ricerca sarebbe stato facilitato se l’avessero reso noto anche a noi. Ma, com’era da immaginarsi, l’ufficio di Paul Wolfowitz non rispose mai. E questo è soltanto un piccolo esempio delle pressioni politiche a cui gli analisti della CIA e gli agenti dei servizi segreti erano sottoposti nel periodo che precedette lo scoppio della guerra.Hans Blix, che all’epoca era il direttore dell’Organizzazione dell’Energia Atomica, commentò in questo modo: “È senz’altro molto interessante notare come siano assolutamente certi della presenza delle armi di distruzione di massa, ma non abbiano la benché minima idea di dove queste si trovino“.
Come si fa carriera nell’intelligence
Raymond McGovern. Settimane prima che la National Security Agency (NSA) iniziasse un’operazione di intercettazione massiva negli Stati Uniti sui cellulari della Verizon, il direttore nella National Intelligence James Clapper disse al Congresso che l’agenzia non conduceva alcuna azione di intelligence sui cittadini americani. Nel video in cima a questo post si può vedere un membro della Commissione del Senato sull’Intelligence, il senatore Ron Wyden, avere il seguente scambio con Clapper.Wyden: “La ringrazio Signora Presidente. Rivolgo ora una domanda a lei, direttore Clapper, ancora sul fronte della sorveglianza. Spero che mi possa rispondere con un semplice sì o no. L’estate scorsa, durante una conferenza, al direttore dell’NSA venne posta una domanda circa la sorveglianza degli americani da parte dell’NSA stessa. La sua risposta fu, testualmente: ‘La storia che siamo in possesso di milioni o centinaia di milioni di dossier sulla gente è totalmente falsa’. La ragione per cui le pongo questa domanda è che, avendo prestato servizio nel Comitato per dodici anni, non capisco cosa sia esattamente un dossier in questo contesto. Quindi, ciò che vorrei cercare di capire – e la prego di rispondermi semplicemente con un sì o con un no, è: l’NSA ha mai raccolto i dati di milioni o centinaia di milioni di americani?“.
Clapper: “Nossignore. Non intenzionalmente. Forse ci sono stati dei casi in cui dei dati sono stati raccolti inavvertitamente, ma non intenzionalmente“.
Non intenzionalmente! Però noi adesso conosciamo la verità, e dobbiamo ringraziare l’agente Edward Snowden per questo”. Ora voi penserete che, dopo avere mentito sotto giuramento, Clapper sia stato licenziato, giusto? Sbagliato! Clapper adesso è il nuovo capo di tutti i servizi segreti di Intelligence degli Stati Uniti. Quindi CIA, NSA e servizi segreti del dipartimento di Stato e della Difesa messi assieme! È il direttore dei servizi segreti di intelligence nazionali! Ora, dove voglio arrivare dicendovi queste cose? Semplice, vorrei cercare di farvi capire che i vostri servizi segreti e il vostro governo ricevono informazioni da un mucchio di delinquenti bugiardi! E questa è purtroppo una lezione molto importante. Il Presidente degli Stati Uniti d’America non è un uomo libero quando si tratta dei servizi segreti d’intelligence. Lui li teme. Io credo che le sue preoccupazioni siano più che legittime, ma non ritengo che una persona così avrebbe dovuto ricoprire l’incarico di Presidente degli USA, se intimorita così tanto dai servizi segreti.
La propaganda con l’Iran
Raymond McGovern. Dopo l’Iraq e la debacle concernente i servizi segreti, e dopo la distruzione del paese stesso, la gente a Washington cominciò a pensare: “Ops, adesso Bush e Cheney hanno preso di mira l’Iran. Ma forse stavolta, prima di intraprendere un’azione di qualsiasi tipo, sarebbe saggio far elaborare ai servizi segreti di intelligence una precisa stima in merito all’avvicinamento di questo paese all’arma nucleare“. Qualcuno poi disse: “Beh, non possiamo certamente ripetere gli stessi errori fatti con l’Iraq, quindi per questo nuovo lavoro incarichiamo qualcuno di onesto in grado di fare una stima precisa e veritiera e lo mettiamo a capo di un team che si occupi di questo“. Andarono al Dipartimento di Stato e cercarono una persona onesta. E così trovarono un uomo onesto, con molta esperienza e molto intelligente di nome Tom Fingar, che tra l’altro ha vinto il “Premio Sam Adams” per l’integrità dei servizi segreti. Ci venne a trovare con un paio di suoi colleghi analisti molto onesti e capaci e nel 2007 lavorò alla stesura di un rapporto ufficiale contenente una stima precisa del piano nucleare iraniano, ma lo fece in segreto.Nel novembre 2007 tutte le agenzie di intelligence del nostro governo (ce ne sono ben 16, quando ero ancora in servizio io ce n’erano solamente 12) consegnarono quindi all’unisono una valutazione ufficiale che recitava alla lettera: “Possiamo affermare con estrema certezza che l’Iran interruppe il suo programma di sviluppo dell’arma nucleare alla fine del 2003 e da allora non l’ha più riavviato“. Questo rapporto venne studiato, rivalutato e riconfermato ufficialmente ogni anno dal 2007 – anno in cui uscì – fino a oggi.
In questa occasione venne fatto un ottimo lavoro e questo riuscì ad evitare un’altra guerra che Cheney e Bush avevano tutte le intenzioni di far scoppiare. E infatti ci riprovarono, per fortuna senza riuscirci, finché lasciarono il loro ufficio nel 2008.
La propaganda con la Siria
Raymond McGovern. Vi ricordate della Siria e della storia dell’attacco con armi chimiche del 21 agosto appena fuori Damasco? Obama aveva stabilito che l’utilizzo di armi chimiche da parte di Bashar al-Assad avrebbe rappresentato il superamento della linea rossa. E indovinate un po’ cos’è accaduto? Vennero utilizzate armi chimiche, ma sapete cosa ci disse un nostro collega? Ci disse che analizzando il Sarin, il gas nervino presumibilmente utilizzato dal governo di Assad, si capiva chiaramente che non proveniva dal governo siriano, ma era fatto in casa. L’ennesima menzogna per tendere una trappola al Presidente Obama! Volevano semplicemente spingerlo ad intervenire apertamente nel conflitto siriano, facendo leva sul suo discorso in merito al superamento della linea rossa e quindi incolpare Bashar al-Assad, facendolo passare per un feroce dittatore, come fece John Kerry per 35 volte prima di una conferenza stampa tenutasi al Dipartimento di Stato il 30 agosto 2013.La propaganda in Ucraina
Raymond McGovern. Chi è in possesso della scatola nera dell’MH17 malesiano? Gli inglesi! Come mai ce l’hanno loro? La cosa puzza davvero di bruciato. I nostri colleghi non furono in grado di impedire che John Kerry dichiarasse ufficialmente: “Ho in mano un’analisi ufficiale elaborata dai servizi segreti di intelligence che dimostra chiaramente come l’aereo in questione sia stato abbattuto dai russi, o comunque dai ribelli filo-russi“. In questo caso abbiamo avuto “un’analisi ufficiale di governo“, che rappresenta una nuova specie animale, in quanto elaborata e pubblicata direttamente dalla Casa Bianca, non dai servizi segreti di intelligence!Il giorno seguente Obama partecipò a un summit che si tenne a San Pietroburgo e, lo stesso giorno, il Presidente Putin si sentì in dovere di commentare le parole di Kerry in questo modo: “Mente sapendo di mentire e questo è davvero triste“. Non avevo mai sentito un presidente o un segretario generale sovietico accusare il nostro ministro degli esteri di essere un bugiardo, ma Putin lo fece perchè, avendo le prove, conosceva la verità e probabilmente pensava che anche Obama lo sapesse, conoscendo Kerry e la sua tendenza ad “esagerare” la realtà dei fatti.
Credetemi, ci sono moltissimi analisti onesti anche all’interno dei servizi segreti di intelligence della Difesa, che riferiscono solo ciò che vedono sul campo in relazione all’ISIS e spediscono i loro rapporti ai generali, ma poi quando li vedono pubblicati, si accorgono che sono stati modificati!
La buona notizia è che questi analisti esistono e dicono apertamente ciò che pensano. La cattiva notizia, invece, è che i media mainstream sono talmente corrotti, che si fanno dettare i testi dal Portavoce della Casa Bianca e il giorno dopo lo pubblicano nel NewYork Times. Ed è per questo che i cittadini statunitensi sono totalmente disinformati. Solo qualche giorno fa un signore molto colto e sveglio mi chiese: “Perchè i russi hanno abbattuto l’aereo malesiano?“. E purtroppo, come questo signore, il 90% degli americani ritiene che i russi siano i responsabili dell’abbattimento, perché è ciò che è stato ripetuto ininterrottamente dai media.
Perché le élite pianificano guerre e attacchi? It’s all business!
Elizabeth Murray. Nel novembre del 2002, ovvero pochissimi mesi prima che gli Stati Uniti lanciassero il loro attacco contro l’Iraq, fui invitata in quanto analista per il Medio Oriente a partecipare a dei “giochi di guerra” della durata di alcuni giorni, sponsorizzati dallo US Army War College a Carlisle in Pensylvania. L’obiettivo di questi giochi di guerra era quello di immaginare i diversi scenari che si sarebbero venuti a creare nel dopoguerra in Iraq: quali sarebbero state le conseguenze in termini politico-economici e cose di questo genere.L’ultimo giorno di questi giochi di guerra mi sedetti vicino a un uomo di origini irachene, che aveva la cittadinanza statunitense ed era sposato con una donna statunitense. Anche lui aveva presenziato ai giochi di guerra in quanto marito di una professoressa americana presente anch’essa. Durante le battute finali mi accorsi che stava piangendo, così mi girai verso di lui e gli chiesi: “Cosa c’è che non va, la posso aiutare?“. E lui mi rispose: “Vede, in questi giochi di guerra si discute delle ripercussioni politiche, strategiche e militari di una possibile guerra in Iraq, ma nessuno qui parla delle conseguenze umanitarie. Nessuno qui parla delle centinaia di migliaia, se non addirittura milioni di iracheni, del mio popolo, che perderanno la vita“. Ascoltando quelle parole cercai di pensare in che modo consolarlo, ma non mi venne in mente nulla e anzi rimasi in silenzio.
In quel preciso istante provai una profonda sensazione di vergogna, per il solo fatto di aver preso parte a quei giochi di guerra. Perché quell’uomo aveva assolutamente ragione. Nessuno parlava degli aspetti umanitari della guerra, come se questa non avrebbe provocato perdite in termini di vite umane. E questo è il tipo di mentalità psicopatica che caratterizza la gente a Washington, dove delle élites pianificano queste guerre e questi attacchi ragionando solo in termini politici e militari, in termini di guadagni economici derivanti dalla vendita di armi e dove l’aspetto umano e umanitario è completamente rimosso dall’equazione.
Nessun commento:
Posta un commento