I pm di Milano: occultati all'estero beni di Gianni Agnelli
di Alessandra Ricciardi
Un nuovo capitolo nella saga
dell'eredità Agnelli. Un capitolo che lascia ancora aperta la porta ai
dubbi relativi alla reale consistenza e dislocazione del patrimonio
dell'Avvocato, deceduto nel 2003. Questi i fatti: ieri la procura di
Milano ha chiesto l'archiviazione per Margherita Agnelli e per
l'avvocato Charles Poncet, indagati per tentata estorsione ai danni
dell'avvocato Emanuele Gamna accusato, a sua volta, di falso in
scrittura privata.
Stando
ad una prima ricostruzione della procura, la figlia di Agnelli e Poncet
avrebbero fatto pressioni su Gamna, minacciando una denuncia per
evasione, perché firmasse un documento in cui riconosceva di aver
lavorato non per Margherita, ma a favore di Gianluigi Gabetti e Franz
Grande Stevens per pilotare i fondi neri dell'eredità Agnelli verso il
figlio di Margherita, John Elkann, oggi a capo dell'impero di famiglia.
Chiusa l'indagine, la procura ha chiesto l'archiviazione per Margherita e
i due legali. Nell'ambito dell'inchiesta sarebbe emerso un vero
tesoretto gestito e custodito all'estero e finora sfuggito alla
rendicontazione del patrimonio di Gianni Agnelli: nel novero, due
società offshore e una finanziaria riconducibili all'Avvocato. Su cui la
magistratura italiana però, a quanto si apprende, non è stata in grado
di fare ulteriori accertamenti per la mancata collaborazione, è
l'argomentazione addotta, delle autorità locali del Liechstein e della
Svizzera. Ma pure in assenza di prove processualmente definite, i pm
ritengono «verosimile» l'esistenza di un patrimonio immenso in capo al
defunto Agnelli, che al momento non è possibile individuare e
quantificare, ma che sarebbe comunque più ampio di quello ad oggi
conosciuto ai fini dei passaggi ereditari. Così stando le cose,
«l'iniziativa giudiziaria promossa da Margherita Agnelli» per ottenere
una fetta maggiore di eredità paterna, «non può essere liquidata come
una pretesa avventata», scrivono i magistrati, «e non possono
escludersi, in linea teorica, accordi tra le persone coinvolte per
marginalizzare Margherita Agnelli sul piano economico». I primi indizi
conducono gli inquirenti alla Morgan Stanley di Zurigo, su cui
graverebbe un conto non inserito nella dichiarazione dei redditi di
Agnelli per gli anni di imposta 2002 e 2003 e che ammonterebbe a un
miliardo. Altri indizi hanno condotto i pm a Vaduz, dove avrebbero sede
fondazioni e società offshore riconducibili sempre all'Avvocato. Dalle
indagini sarebbero spuntati anche tre moli sulla costa Azzurra. Insomma,
ci sarebbero beni sfuggiti all'eredità ufficiale, tanto da poter far
escludere a carico della figlia dell'Avvocato il reato di tentata
estorsione. Il procedimento è nato nel 2004, quando la stessa Margherita
impugnò l'eredità contestando l'esistenza di altri beni mobili e
immobili rispetto a quelli censiti. La madre di John Elkann puntava il
dito contro Grande Stevens, Gabetti e Sigrifid Maron, colpevoli, a suo
dire, di volerla escludere delle attività del gruppo. Intanto, sempre
ieri Gabetti e Grande Stevens sono stati condannati a un anno e quattro
mesi nel processo d'appello, a Torino, per l'equity swap di Ifil-Exor,
l'operazione finanziaria che nel 2005 permise a Ifil di restare
l'azionista di riferimento della Fiat.
Per Gabetti e Grande
Stevens, a cui è stata concessa la sospensione condizionale, c'è anche
la pena accessoria dell'interdizione per un anno dai pubblici uffici,
alla quale si aggiunge, per Grande Stevens, l'interdizione
dall'esercizio dell'avvocatura. Su questo filone, come su l'altro
dell'eredità, tutti sono pronti a scommettere che non è affatto finita.
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