Vittorio Malagutti per Il Fatto
Vincent Bolloré, il finanziere francese, anzi bretone, che controlla un impero da 3 miliardi e più di ricavi tra finanza, trasporti, media e pubblicità, dice che non c'è niente di importante. Che lui, grande amico del presidente Nikolas Sarkozy, è un investitore tranquillo che "non ha mai dato fastidio a nessuno". Traduzione: se Bolloré compra azioni del gruppo di Salvatore Ligresti lo fa solo perché vede buone occasioni di guadagno nel lungo termine.
Vincent Bollore e Alberto Nagel foto LaPresse
ve108 geronzi mass ponzellini ligrestiChiaro, chiarissimo, ma in Borsa nessuno ha creduto a questa spiegazione minimalista. E la speculazione ha continuato a scommettere alla grande su prossime novità in casa Ligresti. Tant'è vero che mentre Bolloré parlava, ieri pomeriggio, i titoli oggetto delle sue recenti attenzioni sono partiti a razzo. Premafin è salita addirittura del 7,9 per cento e la controllata Fondiaria, la compagnia di assicurazioni che è la polpa del gruppo, ha messo a segno un progresso del 6,5 per cento.
L'unico fatto alla base di questo exploit è la notizia che Bolloré ha portato dal 2 per cento circa al 2,38 per cento la sua partecipazione nel capitale Premafin. Quest'ultima ha guadagnato in Borsa addirittura il 17,5 per cento dal 28 settembre, quando per la prima volta si è avuta notizia delle manovre del finanziere bretone. E anche Fondiaria in sole otto sedute ha recuperato il 12,6 per cento. Tutto sommato non è neppure granché se si pensa che la stessa Fondiaria un anno fa viaggiava intorno ai 14 euro e adesso, solo grazie all'exploit di questi giorni, è tornata a superare quota 8 euro.
I grandi investitori, e lo stesso Ligresti, hanno quindi tutto l'interesse a veder montare la panna delle voci, perchè quantomeno serve a rilanciare quotazioni (e quindi il valore dei loro pacchetti azionari) che sono in coma profondo ormai da molto tempo. Il motivo dei forti ribassi dei mesi scorsi è semplice: il gruppo Ligresti se la passa davvero male.
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Fondiaria perde soldi (157 milioni solo nel primo semestre di quest'anno) perchè troppo concentrata nel ramo Rc auto in grave crisi e per di più imbottita di immobili, in parte scaricati dalle società personali dello stesso Ligresti, dal rendimento deludente e difficili da vendere sul mercato del mattone ancora in affanno.
Gli indici patrimoniali che segnalano la solidità della compagnia (margine di solvibilità) forse non ancora a un livello di allarme rosso, ma certo preoccupano gli analisti. Proprio il primo di ottobre Fondiaria ha incassato la bocciatura della società di rating Standard& Poor's che abbassato la valutazione da BBB+ a BBB. E il secondo siluro nel giro di pochi mesi: a marzo il rating era A-.
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Per riportare la situazione sotto controllo ci sono due strade. Si possono cercare compratori per alcune attività (immobili, società controllate). Oppure chiedere in Borsa denaro fresco con un aumento di capitale.
Di questi tempi però vendere asset è difficile, a meno di non accontentarsi di prezzi da saldo. E l'aumento di capitale è molto improbabile per che Ligresti per andare in minoranza nel capitale della compagnia dovrebbe mettere mano al portafoglio e spendere denaro di cui al momento non dispone visto che anche le sue holding personali sono fortemente indebitate. E allora, per evitare guai peggiori, non resta che la soluzione di sistema. Funziona così: il potere finanziario che fa capo alla galassia Mediobanca-Generali farà il possibile per puntellare Ligresti. E questo per almeno due ordini di motivi.
Primo: il finanziere siciliano gioca un ruolo fondamentale nel capitale di alcune società chiave per gli assetti di potere del capitalismo nazionale: Corriere della Sera, Pirelli e la stessa Mediobanca. Secondo: se una compagnia straniera riuscisse mettere le mani su Fondiaria (la terza in Italia) gli equilibri finirebbe per mettere in pericolo la posizione delle Generali (prime in graduatoria). E così l'ingresso in scena di Bolloré viene interpretato come un segnale chiaro che sta prendendo forma la rete di protezione intorno a Ligresti.
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Il finanziere francese da quasi un decennio è ben inserito nei salotti che contano. Ad aprile è diventato vicepresidente di Generali proprio in occasione della nomina del nuovo numero uno Cesare Geronzi, a cui nell'ultimo anno si è molto avvicinato. Non bastasse, Bolloré ha anche un ruolo importante in Mediobanca dove, oltre a essere azionista con una quota del 5 per cento, guida il cosiddetto gruppo C dei soci esteri del patto di sindacato.
Quindi, si ragiona in Borsa, gli acquisti di questi giorni dalla Francia si spiegano in una logica tutta italiana. E'quindi possibile che nei prossimi mesi si reciti un copione simile a quello già andato in scena di recente.
Prima di fare le valigie da Unicredit, Profumo ha dato via libera a un'operazione con cui la banca ha rifinanziato a condizioni assai vantaggiose una delle holding personali del finanziere siciliano. Anche Geronzi si è speso per sistemare la partita su Citylife, il nuovo quartiere milanese in costruzione dove è coinvolta Generali insieme con Ligresti. E la stessa Mediobanca, esposta per oltre un miliardo su Fondiaria, ha già riconfermato pieno appoggio.
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Infine, molto più defilato come spesso gli accade, si sta muovendo anche un finanziere di lungo corso come Francesco Micheli, protagonista di innumerevoli blitz borsistici, legato a Ligresti da una lunga amicizia. È stato lui, nel 2002, a giocare un ruolo decisivo nelle manovre borsistiche che hanno portato il finanziere siciliano a prendere il controllo di Fondiaria. E da allora non ha più lasciato il suo ruolo di suggeritore-consigliere.
nicolas sarkozy vincent bollore
I BILANCI CELEBRANO LE GESTA DI GERONZI
E' durata quasi vent'anni la stagione di Cesare Geronzi in Mediobanca. Dal marzo del 1992 all'aprile di quest' anno, come ricorda l'ultimo bilancio dell'istituto (chiuso a giugno) reso pubblico ieri. Nel frattempo niente è più come prima sotto il cielo della finanza italiana. Pochissimi dei protagonisti di allora sono ancora sulla breccia. E, a parte Giovanni Bazoli di Intesa, nessuno tra i banchieri che allora dominavano la scena si trova adesso al posto di comando di un grande istituto.
Nel 1992 Geronzi varcò la soglia del tempio allora governato da Enrico Cuccia quando da poco era salito al vertice della neonata Banca di Roma. Due decenni dopo è partito dalla presidenza di Mediobanca a quella delle Generali. Un trasloco che è stato la consacrazione definitiva di un potere senza eguali sulla scena finanziaria. Gli imprenditori vanno e vengono. Si consumano grandi crack (Cirio, Parmalat) ed epiche battaglie per il potere. Ma Geronzi è sempre lì. Sempre più forte. E gli amministratori di Mediobanca, ammirati, mettono a bilancio addidittura un tributo al presidente uscente.
by dagospia
martedì 12 ottobre 2010
salvate il soldato ligresti (da una montagna di debiti) - geronzi non può permettersi di "perdere" Don Salvatore: metterebbe in pericolo la sua poltrona di presidente delle generali - ed ecco arrivare i capitali del francese bolloré - Gli imprenditori vanno e vengono. Si consumano grandi crack (Cirio, Parmalat) ed epiche battaglie per il potere. Ma Geronzi è sempre lì. Sempre più forte. E gli amministratori di Mediobanca, ammirati, mettono a bilancio addidittura un tributo al presidente uscente....
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