mercoledì 23 novembre 2011
Commissione Trilaterale
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La Commissione Trilaterale, o, ellitticamente, la Trilaterale (in inglese, Trilateral Commission), è un gruppo di studio (think tank) non governativo e non partitico fondato il 23 giugno 1973 per iniziativa di David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e di altri dirigenti e notabili, tra cui Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. La Trilaterale conta come membri più di trecento privati cittadini (uomini d'affari, politici, intellettuali) provenienti dall'Europa, dal Giappone e dall'America Settentrionale, e ha l'obiettivo di promuovere una cooperazione più stretta tra queste tre aree (di qui il nome). Ha la sua sede sociale a New York.
Quest'organizzazione fu fondata a motivo del declino, in quegli anni, dell'influenza del Council on Foreign Relations, un gruppo di studio (think tank) americano di politica estera, le cui posizioni sulla guerra del Vietnam erano divenute impopolari.
L'atto costitutivo spiega: «Sulla base dell’analisi delle principali questioni che interessano l'America e il Giappone, la Commissione si sforza di sviluppare proposte pratiche per un'azione congiunta. I membri della Commissione comprendono più di duecento cittadini insigni, impegnati in settori diversi e provenienti dalle tre regioni».
La lista dei membri è pubblicata ogni anno.
Indice [nascondi]
1 Composizione
2 Teorie del complotto e critiche
3 Note
4 Collegamenti esterni
Composizione [modifica]
Il numero dei membri provenienti da ciascuna delle tre zone geopolitiche (Europa, Giappone e America Settentrionale) è tale che la rappresentanza di tali zone è, in proporzione, sempre la stessa. I membri che ottengono una posizione nel governo del loro paese lasciano la Commissione.
Il Nord America è rappresentato da 120 membri, l'Europa è rappresentata da 120 membri (di questi 20 sono tedeschi, 18 italiani, francesi e britannici, 12 spagnoli mentre i restanti Stati hanno tra 1 e 6 rappresentanti). L'area del pacifico è rappresentata da 117 membri.[1]
Tra i membri italiani si annoverano:
Mario Monti, presidente del consiglio dei ministri italiano nonché senatore a vita e presidente dell'Università Bocconi.[2]
John Elkann, presidente di Fiat SpA, Exor e della Giovanni Agnelli e C.[2]
Pier Francesco Guarguaglini, presidente di Finmeccanica.[2]
Enrico Letta, politico italiano e attuale vicesegretario del Partito Democratico.[2]
Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi.[2]
Luigi Ramponi, ex Comandante Generale della Guardia di Finanza e direttore del SISMI.[2]
Gianfelice Rocca, presidente del Gruppo Techint, vicepresidente di Confindustria.[2]
Carlo Secchi, economista e politico italiano.[2]
Maurizio Sella, presidente del gruppo Banca Sella.[2]
Marco Tronchetti Provera, imprenditore e dirigente d'azienda italiano.[2]
Teorie del complotto e critiche [modifica]
Sebbene la Commissione trilaterale sia soltanto uno tra i tanti gruppi di discussione di destra e di sinistra, essa è presente in molte teorie del complotto.
Lo scrittore francese Jacques Bordiot affermò, riguardo ai membri della commissione, che "il solo criterio che si esige per la loro ammissione, è che essi siano giudicati in grado di comprendere il grande disegno mondiale dell'organizzazione e di lavorare utilmente alla sua realizzazione" e che "il vero obiettivo della Trilaterale è di esercitare una pressione politica concertata sui governi delle nazioni industrializzate, per portarle a sottomettersi alla loro strategia globale".("Présent", 28 e 29 gennaio 1985). Non sono però specificate le fonti su cui il Bordiot avrebbe basato le sue opinioni.
Per altri la Trilaterale è semplicemente l'espressione di una classe privilegiata di tecnocrati: «La cittadella trilaterale è un luogo protetto dove la téchne è legge e dove sentinelle, dalle torri di guardia, vegliano e sorvegliano. Ricorrere alla competenza non è affatto un lusso, ma offre la possibilità di mettere la società di fronte a sé stessa. Il maggiore benessere deriva solo dai migliori che, nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso» (Gilbert Larochelle, «L'imaginaire technocratique» Montreal, 1990, p.279).
Note [modifica]
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