domenica 14 settembre 2014

Le “deviazioni” dei servizi segreti e il doppio livello Le “deviazioni” dei servizi segreti e il doppio livello Nel 1949 viene istituito il primo servizio segreto della neonata Repubblic



Servizi segreti deviati
“Far prendere una via diversa, volgere in altra direzione”. Così il dizionario Treccani spiega il termine“deviare”, un vocabolo forse troppo abusato nella dialettica della storia repubblicana. Cosa s’intende infatti per “deviazione dei servizi segreti” o “servizi segreti deviati”?
Stando alla definizione, i servizi d’intelligence italiani – nelle loro mille sfaccettature – hanno, più o meno, preso una via diversa o volto verso in un’altra direzione. In realtà, però, la storia non sarebbe questa. Basta volgere lo sguardo indietro, al dopo guerra, per poter comprendere quanto il termine “ deviazione” sia improprio. Come è nata, infatti, la nostra intelligence?
Il Sifar – servizio informazioni forze armate – nasce nel 1949, solo dopo l’entrata dell’Italia nel patto atlantico e sotto la direzione dei servizi segreti statunitensi. Gli anni precedenti alla fine del conflitto e alla ricostituzione della repubblica italiana, sono trascorsi senza che la neo-nata nazione repubblicana avesse un proprio servizio d’intelligence. Il freno a mano alla sua costituzione l’avevano tirato, non a caso, gli americani che volevano essere sicuri dell’entrata dell’ Italia nell’alleanza. Solo dopo la firma diedero il via libera e si prodigarono per le nomine di vertici dichiaratamente anti-comunisti. I servizi statunitensi non fecero altro che prendere gli ex vertici militari del periodo fascista e porli ai vertici del neonato servizio segreto, con una clausola, piccola ma importante, che prevedeva il passaggio di qualsiasi informazione ai servizi statunitensi.
Ciò poteva avvenire, però, solo in una direzione. Non era un rapporto di “collaborazione” ma di vera e propria sottomissione poiché il Sifar doveva, si, inviare qualsiasi informazione in suo possesso alla Cia ma senza che quest’ultima ricambiasse inviando le informazioni in suo possesso.
Dunque lo spionaggio italiano nasce con una logica anti-comunista, totalmente sottomesso all’intelligence americana e diretta da generali provenienti dall’entourage del fascismo. La prima esperienza del servizio segreto italiano sembra nascere nel peggiore dei modi e si allinea agli assetti mondiali derivati dalla fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Non “devia” bensì segue la scia del nuovo assetto mondiale e delle logiche della guerra fredda.
Uno, solo e categorico era infatti il verbo impartito dagli americani all’alleanza: impedire l’avanzata dei comunisti. E ciò non era assolutamente detto che dovesse essere perseguito con metodi “democratici”. I generali, infatti, non giuravano soltanto alla Repubblica ma anche all’Alleanza, ponendosi nella difficile condizione del doppio giuramento. Cariche di esplosivo, armi e munizioni – i c.d. “nasco” – venivano nascoste, con il timbro della Nato, nelle terre del Veneto e del Friuli, pronte all’uso in caso di avanzata o invasione comunista. Ma non solo: nascevano in questo periodo cellule militari preposte all’addestramento della “guerra non ortodossa” – o anche detta “ guerra psicologica” – combattuta, appunto, con metodi non convenzionali.
Il concetto di “guerra psicologica” è estremamente interessante per capire le dinamiche degli sviluppi futuri. Questo tipo di conflitto – maturato nel gelo della guerra fredda – prevede infatti un combattimento sul piano della tensione e della paura emotiva e psicologica, con l’obiettivo di allontanare qualsiasi avvicinamento dei comunisti al governo del Paese o avanzate di movimenti affini. Prima della guerra non ortodossa, l’esigenza di tali azioni viene preceduta da tentativi “golpisti”. E’ il caso – ad esempio – del “piano solo” – chiamato in questo modo perché doveva essere attuato “solo” dai carabinieri – che si prefiggeva come obiettivo un colpo di Stato, capeggiato dall’allora capo del Sifar generale Giovanni De Lorenzo, conosciuto per aver schedato e spiato centinaia di attivisti politici comunisti nel corso degli anni ‘50. Lo smascheramento del golpe e il conseguente allontanamento dal servizio segreto di De Lorenzo, portarono, nel 1966, allariforma dell’intelligence che, di fatto, rappresentava un semplice cambio di sigladal Sifar, infatti, si passava al Sid, servizio informazioni difesa. La situazione non cambiava, la logica di appartenenza alla NATO restava immutata, come immutata restava l’ambigua condizione di doppio giuramento.
Anzi, alla già citata anomalia se n’era aggiunta un’altra: le sovrapposizioni di competenze e gli intralci reciproci con l’ufficio all’interno del ministero dell’interno con deleghe formali agli affari riservati “interni”, erano diventati sempre più palesi con l’avanzare delle forze extraparlamentari. Il Sid – che si occupava anche di questioni interne, ma pur sempre in un’ottica militare e geopolitica – si scontrava con l’ufficio affari riservati – che si occupava solo di questioni interne, con un occhio particolare alle questioni di polizia politica – proprio sulla gestione delle forze politiche. L’ambiguità di competenze dei due servizi diventava equivoca e induceva spesso a scontri frontali.
Le due forze di intelligence erano servizi ufficiali della Repubblica italiana. Ma nell’universo dello spionaggio ruotavano altre strutture riservate e non ufficiali, con compiti delicati e riservati. Si è avuto modo di parlare dell’Anello, una struttura segreta e parallela scoperta dallo storico Aldo Giannuli e ri-elaborata dalla giornalista Stefania Limiti ( L’anello della repubblica, Chiarelettere, 2009). L’Anello (o “noto servizio”) veniva utilizzato per questioni delicate che richiedevano maggiore discrezione di quanto ne potessero offrire i servizi segreti ufficiali (come, ad esempio, la fuga del generale nazista Keppler nda). Sempre nell’ottica della guerra fredda, l’Anello faceva da collante tra i servizi segreti e la società civile e intraprendeva azioni volte a non lasciare tracce. A capo di questa struttura segreta ci sarebbe stato un ex maggiore dell’aeronautica militare, Adalberto Titta che ricompare in alcune delle vicende più calde della storia repubblicana e scompare proprio nel momento in cui il noto servizio non trova più ragione di esistere.
Oppure è possibile parlare di Ordine nuovo, organizzazione veneta di estrema destra, come servizio segreto “clandestino”. Capeggiata dall’avvocato padovano Franco Freda, ON era in contatto con il Sid sin dalla sua nascita. Anello di congiunzione era il giornalista Guido Giannettini, che nell’aprile del 1968 aveva portato in “ vacanza studio” circa 60 studenti neo-fascisti dai colonnelli greci. Giannettini era un agente segreto (“agente z”) del Sid dal 1965, messo in connessione dai giudici con la strage di Piazza Fontana (1969). Ordine nuovo aveva infatti infiltrato – come un vero e proprio servizio segreto – diversi uomini nelle fila degli anarchici e della sinistra extra parlamentare, mettendo bombe sui treni e facendo ricadere la colpa sui movimenti anarchici. Ed è sempre ON che farà scoppiare la bomba a Piazza Fontana.
Secondo il giornalista Paolo Cucchiarelli – autore di una voluminosa e importante inchiesta su Piazza Fontana (Il segreto di Piazza Fontana, Ponte delle Grazie, 2012) – le bombe all’interno della banca dell’agricoltura erano due: una posta da Valpreda e l’altra posta da qualche uomo di Stato (conteneva tritolo, esplosivo all’epoca a disposizione delle sole forze militari). Due esplosivi che attestano due livelli di strage. Ed è proprio il “doppio livello” la chiave di lettura per capire le stragi e le deviazioni dei servizi segreti.
Stefania Limiti (Doppio livello, Chiarelettere, 2013) l’ha usato come chiave di volta per spiegare un’intera stagione passata alle cronache come “periodo della strategia della tensione”. La guerra non ortodossa è proprio figlia del doppio livello: lo Stato che si serve della criminalità  (mafiosi, terroristi, bande criminali) per sistemare, mutare, mantenere lo status quo e riportarlo a ciò che la geopolitica richiede nell’inquadramento dell’Italia nello scacchiere mondiale. Ed ecco che la strage, proprio per l’impatto psicologico e metaforico che suscita, rappresenta il più politico dei reati.
Ed ecco perché i servizi segreti non sono “deviati” bensì “deviano”, ed è un ruolo diverso.

http://www.lettera35.it/deviazioni-servizi-segreti-doppio-livello/

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