domenica 15 novembre 2015

CINQUANTA ANNI FA IL MONITO DI EISENHOWER di Daniela Zini

Ogni cannone costruito, ogni nave da guerra varata, ogni missile sparato rappresenta, infine, un furto verso coloro che hanno fame e non sono sfamati, verso coloro che hanno freddo e non hanno di che coprirsi. Questo mondo non spende per le armi solo denaro, ma spende il sudore dei suoi operai, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi figli. (…)
Questo non è un modo di vivere nel vero senso della parola. Sotto le nubi della guerra vi è l’umanità appesa a una croce di ferro.”
Dwight David Eisenhower (1890-1969), discorso del 16 aprile 1953 (1)
Tre giorni prima di lasciare la Casa Bianca, dopo due mandati, Dwight David Eisenhower (2), trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti, ammoniva la popolazione del suo paese di fare attenzione al complesso industriale–militare, che non era affatto interessato alla pace e avrebbe tentato, per mantenersi in vita e potenziarsi, di portare il paese nuovamente in guerra.
Accadeva cinquanta anni fa, più precisamente, il 17 gennaio 1961.
Ripropongo qui uno dei passaggi più significativi del discorso di commiato (3) alla nazione:
 “(…) Ora questa combinazione tra un grande apparato militare e una vasta industria bellica è un fatto nuovo nell'esperienza americana. La totale influenza – economica, politica, perfino spirituale – viene sentita in ogni città, in ogni organismo statale, in ogni ufficio del governo federale. Riconosciamo il bisogno ineluttabile di questo sviluppo, ma non dobbiamo esimerci dal comprendere le sue gravi implicazioni. Ne sono, inevitabilmente, coinvolti il nostro lavoro, le nostre risorse e il nostro stile di vita. La stessa struttura portante della nostra società.
Nei consigli di governo, dobbiamo vigilare per impedire il conseguimento di un’influenza ingiustificata, più o meno ricercata, da parte del complesso industriale-militare. L’eventualità dell'ascesa disastrosa di un potere mal riposto esiste e persisterà.
Non dobbiamo mai permettere che la pressione di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o i nostri processi democratici. Non dobbiamo dare nulla per scontato. Solo una cittadinanza vigile e accorta è in grado di esigere una corretta integrazione della gigantesca macchina industriale-militare di difesa con i nostri metodi e obiettivi pacifici in modo tale che la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme. (…)”
Prima di divenire presidente e di fare il suo ingresso alla Casa Bianca, il 20 gennaio 1953, Eisenhower aveva condotto una brillante carriera militare, che aveva fatto di lui il soldato di più alto grado nella gerarchia militare americana (generale a cinque stelle). La posizione centrale, che occupava in questa gerarchia, faceva di lui un osservatore privilegiato delle pratiche poco ortodosse del complesso industriale-militare. E gli otto anni passati alla Casa Bianca avevano finito per convincerlo della pericolosità di questa potente lobby, che, senza la presenza di una “cittadinanza vigile e accorta”, rischiava di fare man bassa dei meccanismi decisionali della strategia militare e della politica estera degli Stati Uniti.
Il monito di Eisenhower è stato ignorato, perché non vi è stata negli Stati Uniti questa “cittadinanza vigile e accorta” a impedire le derive militari e politiche che, da decenni, non cessano di minare lo statuto, la reputazione e le finanze della superpotenza americana.
Trattandosi di grandi scelte di strategia militare e di politica estera del paese, la cittadinanza americana, nella sua maggioranza, non è né “vigile”“accorta” nel senso auspicato da Eisenhower, vale a dire nel senso di una forza capace di controllare, strettamente, le decisioni governative e di opporvisi, eventualmente, se queste vadano contro l’interesse generale. La sua assoluta indifferenza a quanto accade fuori delle sue frontiere la predispone a fare affidamento nei propri leaders e a prendere per oro colato tutto quello che questi dicono.
L’esempio più sbalorditivo è la convergenza della maggioranza degli americani con l’ex-presidente George W. Bush. Non è un segreto per nessuno che questi sia stato la marionetta comune del complesso industriale-militare e della lobby petrolifera, che lo hanno utilizzato e manipolato a volontà. Per servire gli interessi dei fabbricanti di armi e delle compagnie petrolifere, Bush e il suo staff hanno manipolato, a loro volta, il popolo americano, facendogli ingoiare la menzogna delle armi di distruzione di massa e del pericolo rappresentato da Saddam Hussein per il mondo, in generale, e per gli Stati Uniti, in particolare.
E nonostante la menzogna di Bush venisse alla luce, nonostante la sua invasione dell’Iraq volgesse al disastro, i cittadini americani lo rieleggevano, nel novembre del 2004, per un secondo mandato.
Una così grande mancanza di vigilanza e di coscienza farebbe rivoltare Eisenhower nella tomba!
Il popolo americano, che conta 300 milioni di individui e rappresenta meno del 5% della popolazione mondiale, non si è mai posto la domanda perché si spenda per il suo esercito e per la sua sicurezza quanto se non di più del resto del mondo. Ironia della storia, il cinquantesimo anniversario del celebre monito di Eisenhower coincide con l’adozione da parte dei rappresentanti del popolo americano di un budget militare record: 735 miliardi di dollari, il cui principale beneficiario non è altri che il complesso industriale-militare. Se si aggiungono a questo budget del Pentagono quelli dei dipartimenti della sicurezza interna, dell’energia e quello dei veterani delle guerre americane, il budget totale per la difesa e la sicurezza sale a 861 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2011, superando di gran lunga quello che spende il resto dell’umanità in questi settori.
Il popolo americano, che conta 300 milioni di individui e rappresenta meno del 5% della popolazione mondiale, non si è neppure mai posto la domanda perché occorrano 800 basi militari, disseminate in una quarantina di paesi, dal momento che l’America è il paese meglio protetto del mondo, e non solo da un potente esercito e da una competitiva difesa antiaerea, ma soprattutto da due immensi oceani, capaci di scoraggiare, da soli, qualsiasi nemico tentasse di attraversarli per invaderlo. Anche in questo caso, il principale beneficiario della disseminazione e della moltiplicazione delle basi americane attraverso il mondo è il complesso industriale-militare, da cui aveva messo in guardia Eisenhower, mezzo secolo fa.
La corsa all’armamento nucleare e convenzionale, imposto dagli Stati Uniti ai loro rivali della Guerra Fredda, le politiche aggressive condotte da Washington in Vietnam e in diversi paesi del Medio Oriente e in America Latina e la “guerra globale contro il terrorismo” possono essere comprese solo attraverso l’“influenza ingiustificata” del complesso industriale-militare, il cui unico interesse si limita al numero di contratti ottenuti e al calcolo della percentuale relativa all’incremento annuale del numero di affari.
Fino a quando continuerà?
Fino all’emersione di quella “cittadinanza vigile e accorta”.
Se mai emergerà un giorno!

 http://www.ildialogo.org/storia/Analisi_1295386907.htm

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