venerdì 20 gennaio 2012

Dollaro contro Euro

di Marco Giaconi In un documento del 2009 la Commissione Europea prevedeva che tutta l’area dell’Unione raggiungesse il rapporto debito/PIL oltre il 100% entro il 2014. Ovvero, l’attacco ai titoli del debito sovrano europeo avrebbe depauperato tutti i finanziamenti per la riconversione industriale in atto, generato una maggiore necessità di spesa sociale per i poveri, nuovi o vecchi, reso impossibile il rifinanziamento dei debiti industriali. Una riedizione del vecchio Piano Morgenthau USA per la Germania appena denazificata: “un grande pascolo per le greggi, con qualche azienda locale”. Meno male ci fu la “guerra fredda” a salvare l’economia germanica. La guerra fra potenze, soprattutto tra quelle formalmente alleate, è fatta per la conquista pacifica ma non meno feroce di una guerra guerreggiata del mercato-mondo, e gli italiani, incapaci di capire la durezza soffusa e ovattata dello scontro in atto, sono i meno adatti a gestirla. Nel nostro paese di “camerieri e baristi”, secondo il detto di Filippo Tommaso Marinetti, si va da un’adorazione degli States come di coloro “che hanno portato la democrazia” (come se l’infausta invenzione ateniese viaggiasse come una Madonna Pellegrina), all’odio residuo per i tedeschi, cattivissimi come sempre. In effetti, la questione è ancora più semplice: gli USA hanno stampato, e lo chiamano con un eufemismo quantitative easing (visto che la Federal Reserve di Washington ha già speso una quantità di carta moneta tale da sostenere 2.045 trilioni di titoli di stato USA), una massa di dollari tale da far paura anche a Goldfinger, il criminale che voleva irraggiare con l’uranio l’oro di Fort Knox, nel celebre film di 007. La sequenza nell’area Euro è ben nota: i governi della UE, senza capire che la crisi greca è etero-diretta, concedono 110 miliardi per sostenere la finanze pubbliche di Atene, ma la speculazione contro l’Euro prosegue con l’attacco alle risorse, soprattutto private, detenute all’estero da Spagna e Portogallo; la UE, ancora, prevede la creazione di una Financial Stability Authority con una “potenza di fuoco” da 440 miliardi di Euro, alla quale si aggiungono 60 miliardi di Euro da parte della Commissione Europea e 250 miliardi da parte del Fondo Monetario Internazionale. Il problema è “politico” (come dicevano i capetti del sessantotto nelle assemblee studentesche). Gli USA non vogliono assolutamente un Euro che faccia concorrenza al Dollaro come “prestatore di ultima istanza”. Perché per rendere credibile l’uscita del loro paese dalla crisi del 2008, con tutta la carta moneta stampata a cavolo, hanno necessità di collocare una massa di denaro immensa nel mercato-mondo, e quindi vogliono ridurre il peso e l’area dell’Euro nel mercato-mondo. È iniziata la battaglia finale tra il dollaro (che non può non essere la moneta base del mercato universale, a pena di rendere l’economia USA una struttura periferica) e l’Euro, che Washington ha accettato come pegno per l’unione europea e quella germanica, la fine della guerra fredda nella penisola eurasiatica, e che per gli USA non può non essere una “moneta veicolo” del Dollaro. Alcune fonti narrano che Gheddafi abbia inconsapevolmente firmato il suo certificato di morte quando ha affermato che voleva creare un dinaro-oro panafricano, garantito dalla Libia, per pagare il petrolio estratto, l’Iran ha già, da anni, una “borsa” petrolifera, sull’isola del Golfo Persico di Kish, che tratta barili di greggio in Euro. Insomma, la battaglia è chiara: se l’Euro (senza eccessivi quantitative easing) copre il mercato per il dollaro inflazionato che gira dopo la crisi del 2008, allora la situazione per la moneta di Washington diventa molto triste, e l’Euro si trova ad ereditare, senza averne peraltro le palle politiche e strategiche, il ruolo di prestatore di ultima istanza. Quindi, o la UE si prende il rischio di una politica estera, di difesa e sicurezza oltre che finanziaria, del tutto autonoma dagli USA, con una diversa azione verso Pechino, una autonoma linea di intervento sull’India, e una autonoma visione sulla “democratizzazione” del Maghreb, voluta spesso dagli apparati di Washington in correlazione con i Servizi e i vecchi regimi dell’area, oppure diventiamo quelli che scontano i titoli in eccesso degli USA, in attesa che ci aiutino ancora. Il riflesso condizionato della “guerra fredda”. La Germania, come è probabile, ballerà da sola, secondo il Piano N-Euro definito dalla “Università Helmut Schmidt” delle Forze Armate tedesche. Viene in mente la strigliata che il cancelliere socialdemocratico di Amburgo propinò agli americani nel 1979, quando li accusò di rovesciare i loro petrobonds nella speculazione senza costrutto destinata a distruggere le economie latino-americane. Oggi la questione è passata da questa parte dell’Atlantico. Il programma del BND prevede: chiusura delle banche tedesche, timbraggio dei biglietti euro provenienti dall’estero, una settimana per permettere alle banche locali di ridenominare i conti nella nuova valuta “echt deutsch” (magari con l’Olanda), apprezzamento probabile almeno del 22% della nuova valuta sull’Euro, inizio del cambio con il vecchio Euro agli sportelli. Il costo non sarebbe irrilevante: 230 miliardi, ma il problema non è il costo della nuova moneta inserita overnight, come i ladri del Vangelo. Se la quota di presenza stabile dell’export tedesco in Cina, India, e in Africa permetterà questo apprezzamento della nuova valuta, Berlino lascerà l’Euro ai paesi del sud-Europa. La questione vera è quanto Berlino pensa di spendere nel salvataggio delle aree euro disastrate, e quanto pensa di guadagnare, in termini di export, dalla caduta dell’Euro che potrebbe favorire le sue industrie esportatrici: quando il punto di equivalenza tra le due spese sarà raggiunto, i tedeschi molleranno la moneta unica europea, impostagli loro dalla Thatcher e da Mitterrand, e voleranno verso il loro Neues-Neues Deutsche Mark, senza il peso di dover comprare i titoli di Stato di economie UE che gli fanno concorrenza. Quando gli USA capiranno che è meglio avere Berlino dalla loro parte, in una divisione internazionale dell’export, invece che costringere la Germania Unita a tenersi il fardello dei poveri mediterranei, allora l’Euro sarà definitivamente morto. A poco vale la visione a breve periodo di certi “professori” che dicono che una nuova divisa tedesca, o un Euro del Nord, chiuderebbe i mercati all’export di Berlino perché naturalmente “forte”. Berlino calcolerà i vantaggi e gli svantaggi, tra i quali vi sono quelli di una contrazione temporanea delle esportazioni per evitare il carico, probabilmente più che decennale, dei debiti dei “mediterranei” sulle loro finanze pubbliche, il che potrebbe distruggere la formula economica attuale di Berlino, e favorire l’area del Dollaro. Ma ormai la Seconda Guerra Mondiale è davvero finita, e la Germania vuole vincere, nell’economia, come è accaduto al Giappone negli anni ’70, quella guerra contro il “lender of last resort” (“prestatore di ultima istanza”) che ha perso con le armi. Se la svalutazione dell’Euro andrà avanti allegramente, come si prevede adesso, allora il dollaro starà fermo e coprirà, con l’inaffidabilità della moneta unica europea, la propria irrilevanza, se invece l’Euro dovesse mantenere un tasso vicino a quello della divisa di Washington, sarà guerra aperta, e senza quartiere. Le guerre moderne si combattono così, non occorre un carpet bombing per impoverire un paese-bersaglio, basta gestire globalmente i suoi cambi monetari. http://www.alleo.it/content/dollaro-contro-euro

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