Maurizio Ricci per “la Repubblica”
Un
accordo entro venerdì, dicono a Bruxelles. Non si poteva scegliere
giorno peggiore per alimentare cattivi presentimenti. Perché venerdì
chiudono i mercati. E il weekend, con Borse e, soprattutto, banche
chiuse, è il momento in cui, storicamente, si annunciano default,
fallimenti, bancarotte. Finirà così, senza un accordo?
Siamo
al Grexit, nome fin troppo accattivante per l’uscita della Grecia
dall’euro, un evento che tutti i protagonisti e il grosso degli
osservatori definiscono, invece, “devastante”? Se il dialogo salta,
infatti, meglio allacciarsi le cinture, perché nelle prossime settimane,
si ballerà parecchio.
ateniesi pro governo contro austerita non siamo colonia di merkel
Cominciando
dal tardo pomeriggio di venerdì. Atene dirà che la Grecia non intende
rimborsare i suoi debiti e, di conseguenza, abbandona l’euro. I passi
successivi sono obbligati. Il governo greco instaurerà dei controlli per
bloccare la fuga dei capitali all’estero. E farà spegnere i bancomat.
Due misure tanto ovvie, da essere scontate. É il caso in cui la stalla
viene chiusa dopo che i buoi sono scappati.
Chi
può ha già svuotato, da tempo, il proprio conto in banca e ha ammassato
gli euro sotto il materasso o, se ha capito come si fa, in un conto
all’estero. Solo a dicembre sono usciti 4,6 miliardi di euro dai
depositi nelle banche greche e Syriza non aveva ancora vinto le
elezioni. Da lunedì, comunque (se quello è lo scenario), i greci
cominceranno la loro nuova vita senza euro e con le dracme.
Stipendi
e pensioni saranno pagati nella nuova moneta, ad un tasso di
conversione con l’euro, stabilito dal governo. Non sono qui, però, per
il momento, i problemi. La miccia accesa è in campo finanziario. Tutti i
debiti e le obbligazioni, entro i confini nazionali, saranno
ridenominati in dracme. Sono una montagna di soldi: le banche greche
hanno in giro prestiti per 227 miliardi di euro. In più hanno in cassa
12 miliardi e mezzo di buoni del Tesoro che il governo non intende
ripagare e 25-50 miliardi di obbligazioni private, sempre in euro. Tutti
questi crediti, in euro, adesso sono in dracme.
Invece,
i debiti delle stesse banche verso l’estero restano in euro.
Schiacciate nella tenaglia (attivi in dracme, passivi in euro) le banche
faranno crac. Dovrà intervenire la Banca centrale a salvarle. Ma la
Banca centrale deve fronteggiare anche altre emergenze. La Grecia
importa buona parte del suo fabbisogno, petrolio in testa. Pochi saranno
disposti a vendere ai greci, finché non si sarà capito quanto valgono
le dracme con cui i greci stessi vogliono pagare.
l'esultanza degli elettori di tsipras in grecia, 4643b013068e9a5fb4f3ac9283b220ef
La
Banca centrale dovrà intervenire a colmare il buco, probabilmente
vendendo l’oro delle riserve. Almeno finché il cambio della dracma non
si sarà stabilizzato, probabilmente ad un livello assai inferiore a
quello con cui era partito, lunedì 23 febbraio, il governo. Ma questa
svalutazione ha conseguenze importanti, innescando una corsa verso
l’alto dei prezzi, in un’inflazione galoppante.
Gli
stipendi e le pensioni in dracme saranno rapidamente svuotati di valore
reale. Salvini e Grillo possono pensare che uscire dall’euro sia una
passeggiata, ma, c’è chi teme, per la Grecia, una vera e propria crisi
umanitaria. Il dramma, peraltro, potrebbe essere relativamente breve.
Altri paesi, come l’Argentina, sono passati attraverso un default, senza
essere rasi al suolo. La Grecia, però, al contrario dell’Argentina, non
ha un robusto portafoglio di esportazioni, tipo carne e soia. Ha solo
il turismo, l’olio e lo yogurt. Risalire non sarà facile.
PROTESTE IN GRECIA
Ma
anche l’Europa avrà contraccolpi pesanti. I 250 miliardi di crediti
verso la Grecia delle diverse istituzioni europee svaniranno nel nulla.
La Bce, che si vede sottrarre crediti per 27 miliardi di euro, potrebbe
essere costretta a chiedere una ricapitalizzazione, che scatenerebbe
polemiche violentissime a Bruxelles e nelle capitali dell’eurozona. Il
buco aperto dal default greco, comunque, non si ferma qui.
Nell’Eurosistema
— la rete di rapporti fra le banche centrali dell’eurozona — la Banca
nazionale greca ha debiti per oltre 49 miliardi che, a questo punto, si
guarderà bene dal rimborsare. Poi, ci sono le banche greche con quasi 70
miliardi di euro di esposizione, di cui 54 verso altre banche europee.
L’Europa si troverà a leccarsi le ferite, anche se non si innescasse la
reazione a catena che è il vero timore di Bruxelles e Francoforte di
fronte alla crisi greca: se la Grecia è costretta ad uscire dall’euro,
potrebbe capitare lo stesso alla Spagna o all’Italia. Un invito alla
speculazione ad andare all’assalto.
Il
disastro non è inevitabile. Nella consolidata tradizione europea, molti
pensano ad un accordo all’ultimo minuto. In fondo, lo scontro fra Atene
e Bruxelles è, soprattutto, di principio e semantico. In ballo, c’è il
rispetto delle regole già fissate e delle riforme già concordate: altri
paesi, come il Portogallo o l’Irlanda, hanno rispettato quelle regole.
Tuttavia, non è impossibile pensare ad un accordo che ribadisca le
regole, ma impegni anche le parti a cambiarle al più presto.
Esiste
anche uno scenario intermedio, fra accordo e default. Una soluzione
che, in perfetto stile Bruxelles, consenta di andare avanti senza traumi
per un po’, basta chiudere un occhio. L’accordo con il trucco. Più di
un economista ha proposto che la Grecia, di fronte al ritiro dei crediti
europei e alla carenza di euro, si crei liquidità, senza uscire dalla
moneta unica, ma emettendo una sorta di moneta parallela, dei “pagherò”
del governo, da utilizzare per pensioni, stipendi pubblici e
ricapitalizzazione delle banche.
GRECIA
Atene
giustificherebbe i pagherò come anticipazione di future entrate
fiscali. Secondo altri economisti, però, questo piano B non sta in
piedi: al valore scritto sul fronte dei pagherò non crederebbe nessuno e
si innescherebbe una veloce deriva inflazionistica.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/prove-tecniche-fallimento-se-entro-venerd-non-si-trova-accordo-94734.htm
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