Steve Pieczenik, l’ex analista dell’antiterrorismo Usa coinvolto nell’omicidio del presidente della Dc Aldo Moro, ha pubblicato sul suo sito i documenti che confermano l’incriminazione, di cui Lettera35 ha riferito nei giorni scorsi, formulata nei suoi confronti dalla giustizia americana, dopo la rogatoria che la magistratura italiana ha promosso per sentirlo in qualità di testimone.
Dai toni e dalle parole usati nell’intervista rilasciata ad Alex Jones
il 2 giugno, traspariva la contrarietà di Pieczenik verso Obama e la
sua attuale politica estera, ponendo a confronto questa con l’ordine da
lui eseguito, proveniente dall’allora amministrazione Carter, come
inviato per risolvere il caso Moro. Con la sua tardiva ammissione del
2008 al giornalista francese Emmanuel Amara, nel libro Abbiamo ucciso Aldo Moro,
Pieczenik affermò di essere stato parte dell’omicidio, rivelando, così,
una notizia di reato. E proprio quanto contenuto nel libro avrebbe
spinto il pm della Procura di Roma Luca Palamara,
titolare di un filone d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio dello
statista democristiano, ad avviare degli accertamenti e a recarsi negli
Stati Uniti per sentire Pieczenik.
La pubblicazione dei documenti sembra essere in linea con
l’atteggiamento dell’indagato. Ciò non toglie che questi, identificati
da un numero d’ufficio (case No. 14-21380-MC-Altonaga) e provvisti di
note a penna presumibilmente dello stesso Pieczenik, siano autentici. I documenti pubblicati sono in tutto due: il primo [leggi], datato 17 aprile 2014, proviene direttamente dal giudice distrettuale della Florida, Cecilia Altonaga,
ed ha per oggetto la “Richiesta della Repubblica italiana (il termine
Repubblica manca per un refuso ma è presente nel secondo documento con
lo stesso oggetto di comunicazione, ndr) rispondente al
trattato fra gli Stati Unti d’America e la Repubblica italiana in
materia di mutua assistenza su questioni criminali riguardanti Aldo
Moro”. Il secondo [leggi], datato 22 aprile 2014, proviene dal dirigente della procura della Florida Brian K. Frazier, che intima a Piecznik di comparire nel suo ufficio il 27 maggio.
La dicitura presente nell’oggetto della prima richiesta, quella
proveniente dal giudice distrettuale, non ha una precisa sintassi perché
deriva chiaramente da un formato standard: “in the Matter of unknown” (ossia relativamente a… sconosciuto), al quale viene poi aggiunto tra parentesi il nome di Aldo Moro.
Nella richiesta del procuratore distrettuale Frazier invece l’oggetto è
più esplicito e si riferisce propriamente al caso Moro.
Il primo documento è di fatto l’autorizzazione a procedere e la nomina di Brian Frazier ad emettere il mandato di comparizione
nei confronti di Pieczenik, chiamato a fornire testimonianza in merito a
presunte violazioni criminali riguardanti il caso Moro, come prevede il
patto di mutua assistenza in materia criminale fra Stati Uniti e
Italia. La comunicazione che Frazier invia a Pieczenik si conclude con
l’ammonimento a non negare la sua disponibilità a testimoniare, cosa che
comporterebbe conseguenze penali.
Certo la richiesta della procura italiana appare rivolta solo ad individuare ulteriori notizie di reato
provenienti da Pieczenik. Per questo anche la giustizia americana si
dimostra cauta e utilizza il termine “presunte” (alleged) nella
definizione delle accuse formulate. Tuttavia è davvero possibile che la
magistratura italiana continui a definire Pieczenik un semplice testimone dei fatti?
http://www.lettera35.it/moro-documenti-incriminazione-piecznik/
martedì 19 agosto 2014
Caso Moro, i documenti americani confermano l’incriminazione di Pieczenik La corte della Florida si appella al trattato di mutua assistenza esistente fra Italia e Stati Uniti per procedere all'interrogatorio dell’ex consigliere di Cossiga Pubblicato il 9 giugno 2014 da Simona Zecchi in Misteri italiani // Nessun commento
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