Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, l’interrogatorio del pm Luca Palamara - titolare del filone d’inchiesta riguardante il presunto ruolo che gli Stati Uniti avrebbero avuto nel caso Moro - all’ex consigliere americano di Francesco Cossiga, Steve Pieczenik,
avvenuto in Florida a maggio, avrebbe fatto emergere la totale marcia
indietro rispetto alle passate e costanti dichiarazioni dell’ ex
psichiatra ed esperto di sequestri americano.
Dichiarazioni avvenute fino allo scorso 2 giugno, quando Pieczenik aveva confermato al giornalista investigativo Alex Jones
la sua partecipazione e la conseguente influenza del suo ruolo
sull’epilogo finale del sequestro Moro. Dichiarazioni sciorinate meglio
in un libro di anni fa con il giornalista francese Emmanuel Amara dal titolo inequivocabile Abbiamo ucciso Moro.
A leggere la sintesi dell’interrogatorio riportata sul Corriere,
sembra di trovarsi di fronte a un quadro ben preciso: da una parte, la
conferma che la decisione cosiddetta della fermezza del governo fosse
giusta: «se cedi l’intero sistema cade a pezzi», stigmatizza Pieczenik
durante l’interrogatorio; dall’altra, l’assoluto diniego sul ruolo che
lo Stato avrebbe avuto. Palamara, infatti, avrebbe domandato se è vero
che lo Stato italiano lasciò morire il presidente Dc e Pieczenik
risponde: «No, l’incompetenza dell’intero sistema ha permesso la morte
di Aldo Moro (…) Tutte le istituzioni erano insufficienti e assenti».
Dunque, cinque processi e quattro Commissioni parlamentari d’inchiesta, inclusa quella che si appresta ad avviare i lavori,
con tante novità recentemente emerse e dipanate in diversi filoni
aperti dalla magistratura, sarebbero stati una perdita di tempo, perché
il presidente della Dc non si salvò per sola incompetenza delle
istituzioni. Pieczenik sostiene, inoltre, di essersi limitato a leggere i
comunicati delle Brigate Rosse, aver constatato che il
governo italiano non era in grado di fare nulla e di essere ripartito.
Valutazioni che sarebbero emerse durante la sua segretissima e
protettissima presenza a Roma vissuta, dichiara Pieczenik, in stato di
terrore e con una pistola, affidatagli da Cossiga, nella cintola.
A onor del vero, un particolare riferito dell’interrogatorio ed emerso sul Corriere,
contrasta totalmente rispetto a quanto dichiarato in precedenza da
Pieczenik, riguardo l’obiettivo dietro la sua funzione specifica:
«Costringere le Br a limitare le richieste in modo che avessero una sola
cosa possibile da fare, rilasciare Moro», avrebbe
dichiarato a Palamara l’esperto di sequestri americano. Quando invece da
sempre l’ex consigliere di Cossiga aveva dichiarato: «I brigatisti non
si aspettavano di trovarsi di fronte ad un altro terrorista che li
utilizzava e li manipolava psicologicamente con lo scopo di prenderli in
trappola. Avrebbero potuto venirne fuori facilmente, ma erano stati
ingannati. Ormai non potevano fare altro che uccidere Moro».
Due scopi e due finalità opposte: da una parte, opporsi alle trattative
tout court fino al rilascio dello statista; dall’altra, quella da lui
sempre riferita, seppur ambiguamente, quella di evitare che fosse
rilasciato.
La sintesi dell’interrogatorio è tuttavia troppo breve e scevra di
ulteriori dettagli per capire cosa avrebbe contestato il pm Palamara a
Pieczenik e cosa questi avrebbe avuto da dire a sua “discolpa”, rispetto
a quanto già dichiarato e pubblicato, disinformazione a parte. Troppo
poco anche rispetto alle novità appunto emerse che riguarderebbero
invece il ruolo dello Stato, linea della fermezza sempre a parte. In
attesa che si aprano i lavori della Commissione d’inchiesta, fortemente voluta e ottenuta dal vice presidente dei deputati del Partito democratico, Gero Grassi, aspettiamo anche di vedere l’effetto che avranno le nuove dichiarazioni sull’inchiesta in corso.
«Le avevamo già sentite le parole dell’esperto Usa Steve Pieczenick,
ripetute, finalmente, davanti a una magistrato italiano: “Non dovevamo
salvare Moro ma stabilizzare il vostro Paese”. Pieczenick conferma che
dietro al caso Moro ci fu un vero e proprio golpe». Afferma Grassi
commentando l’artico del Corriere della Sera. «Sono così tanti i
fatti non spiegati – aggiunge il vice presidente dei deputati del Pd –
che abbiamo voluto dotarci di uno strumento per una nuova inchiesta
perché l’Italia ha bisogno della verità su un delitto politico che ha
deviato il corso degli eventi nel nostro paese. Siamo in attesa che
tutti i gruppi parlamentari indichino ai presidenti Boldrini e Grasso i
nomi dei propri componenti: occorre fare presto, in modo che la
Commissione possa diventare operativa».
http://www.lettera35.it/interrogatorio-pieczenik-caso-moro-istituzioni-incompetenti/
giovedì 14 agosto 2014
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