lunedì 22 febbraio 2016

UNO STATO BISCAZZIERE - TRA IL 2000 E IL 2014, MENTRE IN ITALIA IL PIL PROCAPITE CROLLAVA DEL 7,5%, IL FATTURATO DEL GIOCO D’AZZARDO E’ CRESCIUTO DEL 350%: SIAMO A 84,5 MILIARDI - LA “TASSA SULLA POVERTA’” ROVINA SEMPRE PIU’ DISPERATI ALLA RICERCA DEL COLPO DI FORTUNA In Italia c’è una slot machine ogni 140 residenti, il doppio della media europea. La legge di stabilità prevede un taglio del 30%, ma nell’arco di quattro anni. E con le migliaia di macchinette già pronte nei magazzini potrebbe non servire a nulla…

Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"

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C' è chi sostiene che in fondo è un fenomeno naturale: si sa che durante i periodi di crisi aumenta il numero di quanti si affidano alla sorte. Sarà. Ma l' ineluttabilità di questo rapporto fra causa ed effetto può spiegare solo in parte, e in una parte molto piccola, quello che è successo in Italia. Fra il 2000 e il 2014, in un Paese dove il Pil procapite crollava del 7,5 per cento, il fatturato del gioco d' azzardo è cresciuto in termini reali del 350 (trecentocinquanta) per cento, a 84 miliardi e mezzo. Il 5 per cento del nostro prodotto nazionale.
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Per capirci: mentre la disoccupazione galoppante distruggeva a ritmi mai sperimentati nel secondo dopoguerra la ricchezza prodotta da ogni italiano, le bische legalizzate ingrassavano. Succhiando oltre il 10 per cento della cifra che gli italiani destinano ai consumi privati e facendoci così conseguire negli ultimi quindici anni l' unico record che possiamo vantare in Europa, per quanto niente affatto edificante. Quello, appunto, del giro d' affari del gioco d' azzardo.

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Con alcune significative implicazioni. Per esempio, il numero dei siti internet spuntati come funghi: trecentonovantuno. Niente male, per un Paese che sta ancora faticosamente superando la soglia dell' analfabetismo informatico. Per esempio, il numero delle slot machine: sono una ogni 140 residenti nel nostro Paese, neonati compresi. Con una diffusione pressoché doppia rispetto al resto dell' Unione europea. E anziché diminuire, come prevede la legge, minacciano addirittura di aumentare.

Conosciamo le argomentazioni dei sostenitori di questo gigantesco e maleodorante business. Se non fosse legale, sarebbe consegnato alla criminalità organizzata, e poi lo Stato incassa un sacco di soldi che altrimenti dovrebbe rastrellare aumentando le imposte, senza dire dei 120 mila addetti che ci lavorano. Come se quella del gioco d' azzardo non fosse di per sé una tassa occulta, e il sistema delle concessionarie, molte delle quali hanno sede a Cipro, Malta o Gibilterra, oppure hanno il capitale schermato da società fiduciarie, non contenesse elementi di opacità.

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Quanto alla criminalità organizzata, che sia fuori dal giro è tutto da dimostrare. E questo è il meno al confronto delle conseguenze sociali se è vero, come sostengono alcuni studi autorevoli, che la ludopatia colpisce ormai un italiano su 75. Una situazione che ha responsabilità ben individuate e condivise. Da una parte lo Stato, dall' altra una lobby assai influente, capace com' è di rispondere colpo su colpo a ogni tentativo di ridimensionarne la sfera d' azione. Particolarmente istruttivo quello che è successo con l' ultima legge di stabilità.

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Mentre si sta scrivendo, a ottobre, spunta nelle bozze l' ipotesi di far aprire altri 22 mila punti gioco, con il progetto di raggranellare mezzo miliardo. La cosa più sconcertante è che questo succede quasi nelle stesse ore in cui il capo dello Stato Sergio Mattarella conferisce allo studioso Maurizio Fiasco l' onorificenza di Ufficiale dell' Ordine al Merito della Repubblica, testuale, «per la sua attività di studio e ricerca su fenomeni quali il gioco d' azzardo e l' usura, di grave impatto sulla dimensione individuale e sociale». Gioco d' azzardo, precisa la nota del Quirinale, «illegale e legale».

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Scoppia una rivolta, con i grillini in prima linea, e il premier Matteo Renzi annuncia: «Con il nostro governo saranno ridotti a quindicimila i punti gioco. E segnatamente i bar con le macchinette verranno ridotti, da seimila potranno essere al massimo mille. La verità è semplice: noi stiamo riducendo i punti gioco in Italia e combattendo così l' azzardo.
Chi dice il contrario mente».

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L' offensiva prende corpo in un articolo della legge di stabilità che stabilisce una riduzione del 30 per cento delle slot machine. Però con una certa calma, nell' arco di quattro anni. Il 31 dicembre del 2019 non ce ne dovrebbero essere in attività più di 265 mila: una ogni 225 italiani. Comunque una cifra, in rapporto alla popolazione, ancora ben più elevata rispetto alla Spagna (una ogni 245 abitanti) e alla Germania (una ogni 261 tedeschi). Sul fatto poi che quel numero sia davvero tassativo, qualche dubbio c' è per com' è scritta la legge.

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Dice infatti che il taglio del 30 per cento dovrà essere applicato alle macchinette in circolazione alla data del 31 luglio 2015. Già, ma quante erano? Ed è qui che salta fuori una sorpresina. Perché alla fine dello scorso anno, giusto nei giorni in cui la legge di stabilità vedeva la luce, si scopre che nei magazzini ce ne sarebbero altre 82.500 rispetto alle 342.200 in esercizio. Per un totale di 424.700, che ridotto del 30 per cento fa poco meno di 300 mila: numero ben diverso dalle 265 mila di cui sopra.

Interessante notare che in alcuni casi le slot rilevate in magazzino sono una percentuale niente affatto trascurabile di quelle attive. Per la Codere, il 35 per cento. Per la Hbg, il 39.
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Per Netwin, il 63. E per Nts le slot in magazzino sono addirittura più di quelle funzionanti: il 113 per cento. Vedremo come andrà a finire. Di sicuro il gioco d' azzardo continua a esercitare un fascino irresistibile nel Palazzo. Nel governo che si propone per legge di porre un freno al dilagare delle slot machine c' è ancora chi vorrebbe raddoppiare il numero dei casinò, riunendoli tutti sotto una holding. Pubblica, naturalmente.

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/stato-biscazziere-2000-2014-mentre-italia-pil-119052.htm

domenica 21 febbraio 2016

LA VERA, INCREDIBILE, STORIA DI ROBERTO CANESSA, UNO DEI SOPRAVVISSUTI DEL DISASTRO AEREO SULLE ANDE DA CUI FU TRATTO IL FILM ''ALIVE''. OGGI SCRIVE UN LIBRO E RACCONTA 2. ''HO SENTITO L'AEREO FINIRE IN UNA TURBOLENZA, POI UN'ALTRA. POI UN SUONO ORRENDO. ERA UN'ALA CHE SI STACCAVA DOPO AVER COLPITO LA CIMA DELLA MONTAGNA'' 3. ''12 DI NOI ERANO RIMASTI UCCISI ALL'IMPATTO. LE MIE MANI ERANO COPERTE DI SANGUE DEI MORTI E DEI MORIBONDI. MA NON POTEVAMO FARCI PRENDERE DALLA DISPERAZIONE'' 4. ''NON DIMENTICHERÒ MAI LA PRIMA INCISIONE, 9 GIORNI DOPO L'INCIDENTE. CON LAMETTE E PEZZI DI VETRO ABBIAMO TAGLIATO LA CARNE DEI NOSTRI AMICI. IL GIORNO DOPO ABBIAMO SENTITO DALLA RADIO CHE DOPO PIÙ DI 100 TENTATIVI, LE RICERCHE ERANO STATE SOSPESE''

Dago- traduzione degli estratti pubblicati dal ''Daily Mail'' del libro di Roberto Canessa e Pablo Vierci, I Had To Survive: How A Plane Crash In The Andes Inspired My Calling To Save Lives, edito dalla casa editrice Constable.

Guardo fuori dal finestrino dell'aereo, e qualcosa non va. Eravamo sicuramente troppo bassi. Le punte delle ali erano solo a pochi metri dalle frastagliate cime innevate delle Ande. Che diamine stava facendo il pilota?
roberto canessa roberto canessa

L'umore a bordo era fantastico - tutti i miei vecchi compagni della squadra di rugby riuniti per una partita in Cile. Stavamo ridendo e scherzando e cantando come ragazzini. Ma le cose avevano preso improvvisamente una piega terrificante.

Ho sentito l'aereo finire in una turbolenza. Poi un'altra. Il pilota cercava di tirarlo su e prendere quota.


Ma anche con i motori a tutta spinta, non avevamo abbastanza potenza. Un attimo dopo ci fu un suono orrendo. Era un'ala che si staccava dopo aver colpito la cima della montagna. Subito dopo un botto devastante, il suono del metallo che si accartoccia e una caduta in picchiata.

Sballottati come in un uragano. Mi sentivo stordito e provavo fortissime vertigini e mal di stomaco mentre il corpo dell'aereo toccava il lato innevato della montagna e cominciava a correre giù come una slitta (avrei poi scoperto che stavamo scivolando a 200 miglia orarie).

In quel momento ho realizzato che stavo per morire. Mi sono aggrappato al mio sedile così ferocemente che ho strappato via pezzi di tessuto con le mie mani. Chinando la testa, ho aspettato il colpo finale che mi avrebbe mandato all'altro mondo. Ma non è andata così.

Ci siamo fermati in maniera violenta. Il mio posto, cui ero ancora legato con la cintura di sicurezza, strappato via e schiacciato contro quello di fronte - una reazione a catena che non si è fermata finché tutti i posti non si erano accatastati contro la cabina di pilotaggio. Ma respiravo ancora. Ero vivo!

roberto canessa roberto canessa
Tutto intorno a me l'aria era piena di gemiti e grida dei feriti, satura dei miasmi del carburante. La fusoliera era aperta, lacerata su un lato, e la sua sezione di coda non c'era più. Dove prima c'erano parti dell'aereo, ora si vedevano solo montagne, e una bufera di neve sferzava tutto quello che ci circondava.


Come ombre dell'altro mondo, le teste e le mani cominciarono a muoversi. Qualcuno dietro di me spostò il groviglio di sedili e metallo che mi schiacciava. Mi voltai e vidi il mio vecchio amico Gustavo Zerbino - come me, uno studente di medicina.

Mi guardò come per dire: 'Sei vivo, anche tu!' Senza dire una parola, ci siamo chiesti: 'E adesso? Da dove si comincia?'

Insieme ci arrampicammo tra i rottami contorti e straziati dell'aereo. Molti avevano perso la vita. Altri erano stati orribilmente mutilati e feriti. Nella neve, ho pregato Dio affinché mi guidasse. L'istinto di darci da fare prese il sopravvento, e ci spinse a fare le prime mosse. Non c'era tempo per dubbi e domande. 'Questo è vivo... questo è morto', mormorava Gustavo mentre ci spostavamo lungo il rottame.

Il freddo era inimmaginabile. Dai 24 gradi durante il volo, ora erano 12 sotto zero. Abbiamo aperto i bagagli per prendere giacche e maglioni, e t-shirt da usare come bende. Gustavo e io abbiamo curato i feriti, sentito i battiti, consolato i sopravvissuti.

1972 il disastro aereo sulle ande 4 1972 il disastro aereo sulle ande 4
Dio, sono esausto. Perché è così difficile respirare? L'aria era così rarefatta che riuscivo a malapena a pensare. Per la prima volta mi sono chiesto: 'Dove diavolo siamo? Come può un aereo, pieno di carburante, colpire un crinale della montagna e non esplodere? '

In quel momento, l'oscurità. In pochi minuti era calata la notte, buio come la pece. Abbiamo usato un accendino per farci luce, temendo di dare fuoco al carburante che permeava l'aria.

Le mie mani erano coperte di sangue dei morti e dei moribondi.

Distrutto, mi sono rannicchiato in un angolo e ho cercato di riposare. Pensando alla sfortuna di essere coinvolto in questo orrore inimmaginabile, ho chiuso gli occhi e, per la prima volta dopo l'incidente, controllato tutti i miei sensi.

Muovendo i miei stanchi muscoli e sentendo il mio corpo rispondere a tutti i comandi del mio cervello, ho cambiato idea. Ero, per un miracolo, completamente illeso. Nessuno sulla terra era più fortunato di me. E, di questo, sono ancora grato ogni giorno.

(...)

Il giorno di quell'incidente fatidico - venerdì 13 ottobre 1972 - ero uno studente al secondo anno di medicina all'università di Montevideo, Uruguay. Ero un fanatico del rugby e il fidanzato della bella figlia di un medico, Lauri Surraco.

Fino a quel momento, i miei amici e io avevamo vissuto in un universo privilegiato e prevedibile - studiavamo per diventare avvocati, ingegneri, architetti.
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La nostra squadra di rugby - composta dagli ex alunni del nostro liceo - il Christian Brothers College - aveva affittato il turboelica da 45 posti per trasportare noi, le nostre famiglie e i tifosi ad una partita a Santiago del Cile. Eravamo giovani, sani e felici.

Ma in una frazione di secondo tutti i nostri sogni furono fatti a pezzi. Eravamo stati gettati in un limbo spaventoso.

Quella prima notte sembrò durare per sempre. Mi sono svegliato pensando che fossi nel mezzo di un incubo, solo per scoprire che era tutto vero.

Quel che era sopravvissuto della fusoliera giaceva su un fianco nella neve, con otto finestrini rivolti al cielo e cinque premuti contro il ghiaccio sottostante. Cavi e fili pendevano dal soffitto.

Fuori era un vasto anfiteatro di spazio aperto. L'Argentina, secondo i miei calcoli, si trovava a est, mentre un enorme muro impenetrabile di montagne ci accerchiava sul lato occidentale. Diverse persone non sono sopravvissute alla notte, tra cui il co-pilota. Il mio amico Nando Parrado, che il giorno prima avevamo dato per morto, giaceva in un coma profondo. Dodici tra passeggeri e membri dell'equipaggio erano rimasti uccisi al momento dell'impatto.

Ma nonostante il nostro dolore e shock, non ci siamo lasciati sopraffare. Pur non avendo alcun contatto radio o telefonico, eravamo convinti che i soccorsi sarebbero arrivati presto.

Le autorità cilene sapevano, prima che l'aereo perdesse ogni contatto, che ci trovavamo ai piedi del loro Paese, a 100 miglia dalla nostra destinazione. E l'altimetro dell'aereo segnava 7mila piedi (2,100 metri, ma abbiamo poi scoperto che si trattava di un dato sbagliato: l'ago era andato in tilt nello schianto e la nostra altitudine era di gran lunga superiore).

Abbiamo radunato tutto il cibo che c'era a bordo. Anche se era molto poco, abbiamo razionato in parti uguali, e condiviso i vestiti che erano nei bagagli.
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Il peggio è passato, ci siamo detti. Non dobbiamo farci prendere dal panico. Dobbiamo rimanere forti per quelli che sono feriti gravemente.

Abbiamo formato un'enorme croce in mezzo alla neve con le valigie vuote, e con i piedi abbiamo tracciato un SOS che potesse essere visibile dal cielo. Eppure, non è apparso nessun aereo. Al calar della notte, ci siamo trascinati di nuovo dentro la fusoliera.

La mattina dopo abbiamo sentito un jet volare alto sopra le nostre teste, seguito da un aereo ad elica più piccola. Eravamo sicuri di aver visto il primo aereo fare una strana manovra con un'ala, come a voler segnalare di averci visto. Ci siamo messi a saltare e a gridare, e abbiamo pianto dalla gioia.


Ma i soccorsi non sono arrivati quel giorno né quello dopo, né dopo ancora. Mentivamo a noi stessi: ''Non è un salvataggio facile'', ci dicevamo; avranno bisogno di elicotteri. E 'solo una questione di tempo'.

In alto, sopra di noi, vedevamo la rotta degli aerei commerciali, pezzi di un mondo che andava avanti senza di noi.

Col passare dei giorni, la cabina distrutta smise di essere il relitto di un aereo e diventò un rifugio.

Delle 45 persone a bordo, 12 erano morte nello schianto e altre sei nei giorni successivi. Eravamo rimasti in 27, rannicchiati all'interno della cabina. Ma non eravamo più di questo mondo. Eravamo diventati creature di un altro pianeta.


(...)


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Le tempeste sulle Ande ci tenevano intrappolati nella fusoliera. La nostra squadra di rugby era diventata una famiglia, ci prendevamo cura l'un l'altro incondizionatamente e imparavamo a mettere insieme le nostre idee migliori.

Il nostro obiettivo comune era quello di sopravvivere - ma quello che ci mancava era il cibo. Avevamo da tempo esaurito le magre provviste trovate a bordo, e non c'era vegetazione o animali intorno a noi. Dopo pochi giorni abbiamo cominciato a sentire che i nostri corpi stavano consumandosi da soli. In poco tempo saremmo diventati troppo deboli per sopravvivere agli effetti del digiuno.

Sapevamo la risposta, ma il solo pensiero era tremendo.

I corpi dei nostri amici e compagni di squadra, preservati dalla neve e dal ghiaccio, contenevano vitali proteine che ci avrebbero permesso di sopravvivere. Ma come avremmo potuto farlo?

Per molto tempo ci siamo lacerati. Sono uscito fuori nella neve e ho pregato Dio affinché mi guidasse. Senza il Suo consenso, mi sarei sentito di violare la memoria dei miei amici, che avrei rubato le loro anime.

Ci chiedevamo se stavamo diventando pazzi anche solo a pensare una cosa del genere. Ci eravamo trasformati in selvaggi? O era questa l'unica cosa sensata da fare? In realtà, stavamo solo spingendo i limiti della nostra paura.

Javier Methol, che con i suoi 35 anni era il più grande del gruppo, ci disse che anche lui aveva pregato per avere un aiuto dall'alto. Secondo lui, Dio gli aveva detto di pensare alla Santa Comunione. Javier recitò i versi del Nuovo Testamento: 'Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo '.

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Speravamo che un miracolo si verificasse in tempo per evitare quello che ci sembrava una trasgressione orribile. Mai il passare del tempo aveva avuto delle conseguenze così raccapriccianti.

Ma la vera fame è atroce, istintiva, primordiale, e Dio era testimone del lamento delle mie viscere. Man mano che passavano i giorni, una risposta razionale emerse per calmare i miei timori e darmi una sorta di pace interiore.

Mi sono tornate in mente le parole che molti di noi - me compreso - avevano detto ad alta voce subito dopo l'incidente: se fossimo morti, gli altri avrebbero dovuto usare i nostri corpi per sopravvivere.

Per me era un onore dire che se il mio cuore avesse smesso di battere, le mie braccia e le gambe e muscoli avrebbero potuto contribuire alla nostra missione comune, che era quella di tornare a casa, vivi.

E oggi che sono un medico, non posso che associare l'evento - usare un corpo morto per continuare a vivere - con qualcosa che sarebbe stato realizzato in tutto il mondo nei decenni successivi: il trapianto di organi e tessuti.

Siamo stati noi a rompere il tabù. Ma il mondo lo avrebbe rotto insieme a noi negli anni a venire, e ciò che una volta era impensabile, è diventato un nuovo modo di onorare i morti.

A poco a poco, ognuno di noi è arrivato alla medesima conclusione. E quando lo abbiamo fatto, è stato irreversibile. E' stato il nostro addio all'innocenza.

Non saremo mai più stati gli stessi.

Non dimenticherò mai la prima incisione, nove giorni dopo l'incidente, ogni uomo solo con la sua coscienza, lassù tra quelle montagne infinite, in una giornata più fredda e grigia di qualsiasi altra.
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Quattro di noi - Gustavo, Fito Strauch, il mio caro amico Daniel Maspons e io - con una lametta o scheggia di vetro in mano, abbiamo tagliato via i vestiti a un corpo, senza neanche riuscire a guardarne il volto. Abbiamo steso le strisce sottili di carne congelata su un pezzo di lamiera. Ciascuno ha consumato il suo pezzo nel momento in cui se l'è sentita.

Il giorno dopo, il 23 ottobre, abbiamo sentito sulla nostra piccola radio a transistor che dopo più di 100 tentativi di trovarci, le ricerche erano state sospese.


L'anticipazione del libro - la valanga, i nuovi morti, il ritrovamento della coda, i soccorsi, continua qui:


 http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/vera-incredibile-storia-roberto-canessa-sopravvissuti-119007.htm


mercoledì 17 febbraio 2016

QUANDO SAIPEM FA RIMA CON REQUIEM - DOPO L'AUMENTO DI CAPITALE DISASTROSO BY CDP, VENDUTI A POCHE MIGLIAIA DI EURO I DIRITTI PER IL 12,2% RIMASTO INOPTATO: SAREBBERO GLI STESSI HEDGE FUND CHE AVEVANO SCOMMESSO CONTRO L'EX GIOIELLINO DI ENI - I SINDACATI A MATTARELLA: FERMI LA DISTRUZIONE DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE ITALIANO Le decine di migliaia di piccoli risparmiatori che detenevano azioni Saipem, considerate 'sicure' fino a poco fa, hanno visto raso al suolo l'investimento - 22 azioni contro una, come in numerosi altri casi (Mps, Tiscali, Seat Pagine Gialle), per forzare il piccolo risparmiatore ad aderire e ridurre i costi per le banche del consorzio di collocamento...

ENI: APPELLO SINDACATI A CAPO DELLO STATO CONTRO DISMISSIONI
TITOLO SAIPEM 2012-2016 TITOLO SAIPEM 2012-2016
 (ANSA) - Un 'appello' al Presidente della Repubblica per mettere a conoscenza un'istituzione super partes delle ragioni che stanno alla base della loro mobilitazione. Così i segretari generali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, rispettivamente Emilio Miceli, Angelo Colombini e Paolo Pirani, alla vigilia dalla manifestazione dei lavoratori del gruppo Eni e Saipem, in programma venerdì, in una lettera sottoscritta dalle oltre 400 Rsu di tutti gli stabilimenti italiani di Eni e Saipem al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

SAIPEM ALGERIA SAIPEM ALGERIA
"Il 19 febbraio sarà la terza volta che effettueremo 8 ore di sciopero e saremo a Roma a piazza Santi Apostoli - scrivono i leader sindacali - per farci ascoltare e per spiegare le nostre ragioni, perché non consentiremo a nessuno di riscrivere la storia industriale del nostro paese". Le maggiori preoccupazioni per i sindacalisti sono non solo relative alla "prospettiva di vita per decine di migliaia di lavoratori di Eni e delle sue controllate, ma al rischio che un distacco progressivo di Eni dal suo paese accentuerebbe il declino dell'Italia sul piano economico, infrastrutturale e industriale".

Una lettera, quella dei sindacati al Capo dello Stato, perché "chi lavora è giusto che dialoghi con chi rappresenta le Istituzioni anche a livello più alto, attraverso un mezzo diretto e personale".


2.AUMENTO DI CAPITALE SAIPEM, CAPORETTO PER I RISPARMIATORI
Salvatore Gaziano per il “Fatto Quotidiano

SAIPEM SAIPEM
Un aumento di capitale chiuso in modo così disastroso era molto tempo che non lo si registrava a Piazza Affari. E a portare a casa questa maglia nera non è stato un titolo qualsiasi ma Saipem, acronimo di "Società Azionaria Italiana Perforazioni e Montaggi". Società del gruppo Eni specializzata in infrastrutture per la ricerca di giacimenti di idrocarburi, la perforazione e la messa in produzione di pozzi petroliferi e la costruzione di oleodotti e gasdotti.

Per chiudere l' aumento di capitale si è dovuto ricorrere ai tempi supplementari mettendo all' asta i diritti inoptati su una fetta consistente del capitale (il 12,2%); molti azionisti di Saipem hanno preferito rinunciare ad aderire piuttosto che mettere mano al portafoglio con il prezzo del titolo in Borsa che è sceso al di sotto di quello di sottoscrizione delle nuove azioni.
Come dire che la capitalizzazione di Saipem che nel 2012 era superiore ai 18 miliardi di euro è stata completamente azzerata.

Stefano Cao ad di Saipem Stefano Cao ad di Saipem
Nei prossimi giorni si conoscerà chi sono i nuovi soci che con poche migliaia di euro hanno acquisito, tramite l' aggiudicazione dei diritti, un' opzione per sottoscrivere l' aumento e rilevare il 12,2% di Saipem. Una buona notizia ora soprattutto per un bel drappello di banche internazionali del consorzio di garanzia (Goldman Sachs, J.P. Morgan, Banca Imi, Citigroup, Deutsche Bank, Mediobanca, UniCredit, Hsbc, Bnp Paribas, Abn Amro e Dnb Markets) e che rischiavano altrimenti di dover aprire il portafoglio.

Dalle ultime comunicazioni alla Consob è emerso che alcuni degli hedge fund (Susquehanna International Holdings , Jane Street Group e Marshall Wace) che avevano scommesso al ribasso su Saipem hanno ricoperto le posizioni.

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Un' operazione da manuale. Ma non per le decine di migliaia di piccoli risparmiatori che detenevano azioni Saipem. L' aumento di capitale iper diluitivo (22 nuove azioni ogni azione vecchia posseduta) è stato probabilmente studiato apposta, come in numerosi altri casi (Mps, Tiscali, Seat Pagine Gialle…), per forzare il piccolo risparmiatore ad aderire e ridurre i costi potenziali per le banche del consorzio di collocamento.
E pensare che Saipem fino a qualche anno era considerata un titolo su cui investire tranquilli.

Nel decennio 1998-2008 Saipem si era rivelata una delle migliori blue chip di Piazza Affari con un rendimento medio annuo del 24%.

Poi un crollo senza fine, cominciato con uno scandalo scoppiato nel 2012 che ha travolto gli ex vertici di Saipem per una storia di presunte tangenti (il processo è ancora in corso) di circa 200 milioni di dollari versati a faccendieri algerini per garantirsi appalti da circa 9 miliardi di euro. È iniziato così il calvario degli azionisti che hanno assistito a profit warning continui (risultati economici inferiori a quanto comunicato) mentre il debito montava. Il settore di riferimento in crisi a causa dell' andamento negativo del prezzo del petrolio si traduceva poi in un crollo degli ordini per Saipem a causa del taglio degli investimenti nelle società petrolifere. E la scorsa estate i russi di Gazprom hanno cancellato il contratto con la Saipem per la prima linea del gasdotto South Stream Transport.
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L' azionista di maggioranza Eni ha deciso di fare un passo indietro e ridimensionare la propria partecipazione anche al fine di deconsolidare il debito. Un debito complessivo di oltre 6 miliardi di euro che Saipem ha contratto soprattutto con l' Eni. Come uscirne? Con un aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro deciso in autunno che ha avuto l' effetto di massacrare il titolo nonostante l' ingresso con il 12,5% nel capitale della Cassa depositi e prestiti, attraverso il suo braccio operativo, il Fondo Strategico Italiano. Un esordio traumatico per la nuova la gestione Cdp del presidente Claudio Costamagna e dall' ad Fabio Gallia.

Per i piccoli azionisti Saipem è stato un disastro, con il titolo crollato del 60% in un mese (-70% in un anno e -93% in 4 anni). E anche per il Fondo Strategico la scelta non si è rivelata felice, almeno per ora (-65% della loro quota in tre mesi e mezzo). Rispetto al prezzo di sottoscrizione negoziato a novembre la minusvalenza teorica è già superiore ai 300 milioni di euro.

fabio gallia e signora fabio gallia e signora
Per Stefano Cao, amministratore delegato di Saipem, la chiusura dell' aumento di capitale non segna la fine della guerra ma solo di una battaglia. Le agenzie di rating Moody' s e Standard & Poor' s hanno messo sotto osservazione il debito di Saipem e un taglio di rating costringerebbe la società a rifare i conti sul costo del finanziamento da 4,7 miliardi di euro e sulle garanzie con le banche. E se il prezzo del greggio non risale, il piano industriale andrà aggiornato e rivisto al ribasso. E pensare che a ottobre la società Saipem aveva presentato il nuovo logo in cui non compariva più il nome dell' Eni né il cane a sei zampe. A rimarcare aveva affermato l' ad Cao, "l' inizio di una nuova Saipem".

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/quando-saipem-fa-rima-requiem-dopo-aumento-capitale-disastroso-by-118777.htm

lunedì 15 febbraio 2016

DEUTSCHE BANK È DAVVERO LA NUOVA LEHMAN? FORSE SÌ, E POTREBBE FAR COMODO ALL'ITALIA - COME HA FATTO LA PRINCIPALE BANCA DELLA GRANDE E MORALIZZATRICE GERMANIA A FINIRE IN TUTTI GLI SCANDALI DEGLI ULTIMI ANNI, E COI CONTI TALMENTE A PEZZI DA DOVER RASSICURARE I SUOI CLIENTI? TUTTO INIZIA NEL 1995... La Germania chiede riforme agli altri Paesi, ma sulle banche è indietro di decenni rispetto a Francia, Spagna o Italia, di anni sulla Greci - Deutsche Bank è troppo grande per fallire senza innescare una catastrofe, le sue passività sono pari al 54% del Pil tedesco. È possibile che le dure regole volute da Schaeuble sui salvataggi ora siano sospese...

A cura di Francesco Billi per il “Foglio del lunedì

Promemoria: l' ultima volta che una grossa banca ha dovuto difendere pubblicamente il suo livello di liquidità il risultato fu un disastro da migliaia di miliardi.
Deutsche Bank la scorsa settimana, con appositi comunicati, ha fatto sapere di avere i soldi per ripagare le obbligazioni in scadenza nel 2016 e 2017 e che intanto riacquisterà 5 miliardi di suoi bond già nei prossimi giorni (buy-back).

i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi
L' intento è quello di recuperare la fiducia dei mercati. Per quelli di zerohedge.com, sito che da anni coltiva dubbi sullo stato di salute del primo gruppo bancario tedesco, è invece un «brutto segno» e si chiede: «Deutsche Bank è la nuova Lehman Brothers?». La risposta non esiste, ma la domanda non è malposta [1].

Persino la paludata Frankfurter Allgemeine Zeitung c' è andata giù duro: «Cosa si deve pensare di una banca che è costretta a promettere ai clienti e agli investitori di essere in grado di ripagare i debiti? Non sono più soltanto i clienti di un paio di banche greche che si stanno facendo queste domande toste, ma i clienti di Deutsche Bank» [2].

DEUTSCHE BANK DEUTSCHE BANK
Dall' inizio dell' anno la prima banca della prima economia dell' area euro, ha perso oltre il 30% alla Borsa di Francoforte, il 45% negli ultimi 12 mesi, passando da un valore di 40 miliardi a poco più di 20. Le assicurazioni che coprono la sua insolvenza - i cds - iniziano ad avere premi esorbitanti (gli stessi che servono per assicurare il debito pubblico del Messico, per capirsi). Segnali di sfiducia si vedono anche sul mercato secondario: venerdì un' obbligazione subordinata con scadenza 2025 e rendimento al 2,75% veniva scambiata a quota 81 (era a 98 a dicembre, a 90 due settimane fa); un bond simile di Intesa (scadenza 2025 e rendimento al 2,85%) quotava 95 [3].

Mastrobuoni: «Con quegli occhi tristi e la sobrietà semi -penitenziale, John Cryan sembrava l' Enrico Bondi dei tedeschi, sette mesi fa. Approdato ai vertici di Deutsche Bank, si era messo le mani nei radi capelli e aveva cominciato a rivoltare un colosso uscito con i piedi di argilla da anni di scandali e gestioni spericolate. Ma dinanzi all' attuale ecatombe sui listini forse Cryan ha promesso "too little, too late". Troppo poco e troppo tardi» [2].

LETTERA DI JOHN CRYAN AI DIPENDENTI DEUTSCHE BANK LETTERA DI JOHN CRYAN AI DIPENDENTI DEUTSCHE BANK
Sicuramente il titolo sconta l' isteria che ha investito tutti i mercati finanziari. Ma Deutsche Bank è così esposta sui quei mercati che le basta una perdita del 7,2% sui suoi investimenti per azzerare l' intero patrimonio totale di 68,8 miliardi di euro. Perché, nel bene e nel male, questa non è un' azienda simile alle sue concorrenti italiane, francesi o spagnole. Funziona in modo diverso.

Non ha un prevalente portafoglio di prestiti a imprese fatte di macchine e mattoni, o a famiglie che comprano casa. Ha un bilancio di 1.700 miliardi di cui quasi mille in attività puramente finanziarie, di cui solo 71 «disponibili per la vendita» immediata; il resto, incluso un pacchetto da 570 miliardi di derivati, è valutato in tutto o in parte dalla banca stessa.

Non ci sono prezzi pubblici sul mercato per quelle posizioni, solo complessi «modelli interni» dell' istituto. La Bce per due volte ha esaminato Deutsche Bank con gli stress test e ha deciso che anche nei peggiori scenari aveva zero deficit di capitale; oggi il mercato pare invece dire che a quei «modelli» crede poco [4].

A partire dal 2012 Deutsche Bank ha pagato multe per 11,2 miliardi. Quella più grossa è per lo scandalo Libor, in cui la banca tedesca è stata accusata di manipolare a suo vantaggio i tassi di cambio: 1,7 miliardi per chiudere la partita in Europa, 2,1 miliardi per Washington e Londra. Al netto delle cause ancora in corso, ha già preso una multa nel 2011 sui mutui subprime (150 milioni); un' altra per aver nascosto perdite per oltre un miliardo (55 milioni) e un' altra ancora per aver operato con Paesi sotto embargo (258 milioni).

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Ci sono poi le inchieste in casa per evasione e riciclaggio; una in Svizzera per aver truccato il mercato dei metalli preziosi; indagini per riciclaggio nella sede di Mosca e una class action negli Stati Uniti per un software per truccare il mercato delle valute. Pure in Italia Deutsche è indagata per il derivato Santorini stipulato con Mps. Credit Suisse, per dire, pensa che nel 2016 arriveranno sanzioni per altri 4,7 miliardi [1].

Ma come è possibile che la principale banca del grande moralizzatore d' Europa sia finita in così tanti scandali? Per capire occorre fare un salto nel tempo fino alla metà degli anni Novanta, a Londra. A parlare è Bruno Livraghi, il più importante trader italiano della City: «Le banche d' investimento americane dominavano la scena incontrastate mentre quelle tedesche erano totalmente marginali, molto meno presenti perfino delle francesi e giapponesi, per non parlare di quelle svizzere.

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Il 1995 segna l' anno della svolta: Deutsche decide di conquistare fette di mercato e lo fa in grande stile. Inizia ad assumere decine di bankers concorrenti a suon di milioni, sembrava il Manchester City nel calcio odierno.

Una volta assunti i migliori talenti - o presunti tali - inizia a comprare spazi sul mercato, il mantra è "dobbiamo entrare in tutte le transazioni finanziarie rilevanti". E DB, forte di un rating AAA, forniva i migliori prezzi della street: come dire?, non c' era competizione, se c' era DB l' operazione era loro. Come se non bastasse, quando sul finire del secolo il gruppo approda con le stesse modalità a New York, DB entra ufficialmente nell' Olimpo dell' alta finanza» [5].

Il mantra era la conquista di fette di mercato soprattutto nel settore dei prodotti derivati.
josef ackermann deutsche bank josef ackermann deutsche bank
La convinzione si basava sull' assunto che il mercato dei derivati fosse il bacino d' estrazione più prolifico per le banche - e senz' altro lo era - quindi più che mai era valida l' equazione maggiore quota di mercato uguale maggiore profitto. Ma c' è un rovescio della medaglia. Ancora Livraghi: «DB non disdegnava nessun tipo di operazione e iniziò ad essere molto aggressiva in un contesto in cui il sistema dei controlli e il risk management erano dominati da uomini di mercato, mentre il dipartimento legale faceva buon viso a cattivo gioco.

Così, nell' arco di dieci anni, Deutsche Bank ha messo le mani anche su quasi tutte le operazioni più chiacchierate in Italia. Dai principali aumenti di capitale delle banche fino a operazioni più delicate come Parmalat, Monte dei Paschi, passando per Lodi ed Italease fino allo scandalo dei derivati delle pubbliche amministrazioni» [5].

john cryan deutsche bank john cryan deutsche bank
Nella stragrande maggioranza dei casi ne uscì indenne dal punto di vista strettamente legale, ma il problema finì per diventare di strategia, non più di compliance. Livraghi: «Pensarono che la copertura dei clienti potesse avvenire con l' innovazione finanziaria e non con la conoscenza del contesto. Insomma guardarono solo al loro prodotto e meno al mercato sottostante. Per tornare al presente, a un certo punto DB inizia ad avere enormi problemi legali, paga multe miliardarie per la sua condotta vicino al limite e ogni anno deve, ancora oggi, accantonare considerevoli somme per pagare i conti di quel periodo. La grande esposizione lorda sui derivati (si è parlato spesso della cifra iperbolica di 52mila miliardi, venti volte il Pil tedesco, ndr) le si ritorce contro e diventa un bacino di estrazione per i tribunali» [5].

Chiedersi allora perché il primo istituto di un Paese così prudente somigli a uno hedge fund significa entrare in ciò che non funziona dell' unione bancaria in Europa. Fubini: «La Germania chiede riforme agli altri Paesi, ma sulle banche è indietro di decenni rispetto a Francia, Spagna o Italia, di anni sulla Grecia. Circa il 65% del mondo del credito tedesco è in mano pubblica, fra Volksbanken (popolari), Genossenschaften (cooperative) e Landesbanken (regionali).

john cryan deutsche bank john cryan deutsche bank
Questa foresta pietrificata è intrecciata alla politica locale e coperta da garanzie pubbliche per 492 miliardi di euro, a dati Eurostat. E non è chiaro perché sia riuscita a sottrarsi alla vigilanza della Bce quando in Francia, Grecia o Italia l' 80% delle attività vi sono sottoposte. Né perché Bruxelles non prema per eliminare quelle (vecchie) garanzie, quando in altri Paesi un solo euro di nuovo aiuto pubblico fa scattare il colpo di falce sui risparmiatori.

Soprattutto, non è chiaro cosa succede ora. Deutsche Bank è troppo grande per fallire senza innescare una catastrofe, le sue passività sono pari al 54% del Pil tedesco. È possibile che le dure regole volute da Schäuble sui salvataggi ora siano sospese. Si vedrà presto se in Europa c' è un sistema bancario più uguale degli altri» [4].


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Note: [1] Carlo Di Foggia e Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 10/2; [2] Tonia Mastrobuoni, la Repubblica 12/2; [3] www.eurotlx.com; [4] Federico Fubini, Corriere della Sera 12/2; [5] Sylvia Reschke, iDiavoli.com.

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/deutsche-bank-davvero-nuova-lehman-forse-potrebbe-far-comodo-118581.htm


domenica 14 febbraio 2016

LA PROFEZI DI BISIGNANI: “OBAMA PER RILANCIARE I DEMOCRATICI IN CRISI IN USA E CONTRASTARE ZAR PUTIN AVREBBE DECISO DI BOMBARDARE LA ZONA PETROLIFERA DELLA LIBIA SOTTO IL CONTROLLO DELL'ISIS” - ORA CHE FARÀ RENZI? CAVALCHERÀ LA GUERRA O SI TIRERÀ INDIETRO PER PAURA DELLE RITORSIONI? Bisignani: “Mattarella nella sua visita negli Stati Uniti è stato informato? E Renzi come si muoverà? Il governo ha perso una grande occasione per avere un ruolo pacificatore nella vicenda libica: si è limitato a inutili proclami e non è stato d’aiuto neppure a quelle personalità locali che avevano chiesto a Roma supporto”… -

Luigi Bisignani per “Il Tempo”

luigi bisignani luigi bisignani
L'ordine  di Obama è irrevocabile: attacchiamo in tempi strettissimi la Libia. Ai comandi militari USA il compito di trovare solo il momento migliore. L'escalation decisa dopo l'abbattimento da parte dell'Isis di un altro Mig-23 di Tobruk. I bombardamenti dovrebbero avvenire in modo mirato nella zona ovest, nei pressi di Sidra, dove si trovano i principali depositi petroliferi. È qui che ha preso il controllo del territorio lo Stato Islamico, con il nuovo comandante Abu Omar al-Shishani, all’anagrafe Tarkhan Tayumurazovich Batirashvili, 30 anni, uno dei terroristi ceceni più ricercati al mondo.

OBAMA RENZI OBAMA RENZI
L'eliminazione dell'Isis e la testa di Batirashvili sono obiettivi fondamentali per il Presidente degli Stati Uniti. In politica interna perché in vista delle elezioni i Repubblicani stanno prendendo prepotentemente il largo proprio sui temi legati al terrorismo e alla sicurezza. In politica estera perché il democratico Obama sta perdendo ogni autorevolezza rispetto allo zar Vladimir Putin, soprattutto dopo il recente, sia pur fragile, accordo sulla Siria per permettere aiuti umanitari.

Per stringere i tempi ed evitare inutili mediazioni all'interno della NATO, l'attacco USA dovrebbe avvenire solo con l'appoggio della Gran Bretagna, mentre all’Italia verrebbe chiesto l'uso logistico della base militare di Sigonella per i rifornimenti. Come si comporterà l'Italia?
OBAMA COLOSSEO OBAMA COLOSSEO

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella nella sua visita negli Stati Uniti è stato informato? E il Presidente del Consiglio Matteo Renzi come si muoverà? Cavalcherà la guerra per distrarre gli italiani dalla crisi oppure si defilerà preoccupato da possibili ritorsioni? Il governo ha perso una grande occasione per avere un ruolo pacificatore nella vicenda libica: si è limitato a inutili proclami e non è stato d’aiuto neppure a quelle personalità locali che avevano chiesto a Roma supporto per combattere prima le tribù ribelli e ora i terroristi.

mattarella renzi mattarella renzi
E non ha avuto neppure l'autorevolezza per imporre all'ONU come commissario speciale, dopo l'inconcludente Bernardino León, uomini di grande esperienza in quei mondi come Massimo D'Alema, ad esempio. Inascoltati infine, i suggerimenti dei nostri servizi di sicurezza che sono i più inseriti  nel territorio, mentre le nostre aziende hanno avuto l'ordine di rimpatriare gli italiani che si trovavano  presso i giacimenti.
isis libia bengasi isis libia bengasi

ISIS BOMBARDA SIRTE IN LIBIA ISIS BOMBARDA SIRTE IN LIBIA
L'attacco americano in Libia cambierà lo scenario internazionale e anche in Italia creerà una situazione delicatissima per Renzi, soprattutto quando gli si chiederà di mandare truppe di terra per combattere. Di sicuro Papa Bergoglio si scaglierà prepotentemente contro i bombardamenti e userà tutta la sua influenza mediatica per raccogliere attorno a sé l'universo pacifista, che ne approfitterà, ma non sarà il solo, per mettere il Premier in ulteriore difficoltà.

 http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/profezi-bisignani-obama-rilanciare-democratici-crisi-usa-118518.htm

venerdì 12 febbraio 2016

DAS BANCA - DEUTSCHE BANK CHIUDE IL BILANCIO CON 6,8 MILIARDI DI PERDITE: LA PIU’ IMPORTANTE BANCA TEDESCA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI - IN UN ANNO HA BRUCIATO LA META’ DEL VALORE SUI MERCATI - RICORDIAMO A MERKEL, SCHAEUBLE E WEIDMANN LA SUA LUNGA LISTA DI SCANDALI: EVASIONE FISCALE, RICICLAGGIO E MANIPOLAZIONE DEL TASSO LIBOR Ai tedeschi che commentano con orrore le malefatte delle banche italiane bisognerebbe ricordare ogni tanto il numero di volte che l’ammiraglia del sistema creditizio tedesco è finita sulle prime pagine dei giornali...

Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica

Con quegli occhi tristi e la sobrietà semi-penitenziale, John Cryan sembrava l’Enrico Bondi dei tedeschi, sette mesi fa. Approdato d’estate ai vertici della Deutsche Bank, si era messo le mani nei radi capelli e aveva cominciato a rivoltare un colosso uscito con i piedi di argilla da anni di scandali giganteschi e gestioni spericolate.
i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi i credit default swap di deutsche bank dal 2011 a oggi

Ma dinanzi all’attuale ecatombe sui listini – metà del valore bruciato in un anno, da oltre 40 a meno di 20 miliardi di euro – forse Cryan ha promesso “too little, too late”, come amano dire gli anglosassoni. Troppo poco e troppo tardi.

Sicuramente, il titolo sconta in questi giorni un’isterìa che ha investito ormai tutti i mercati finanziari e non risparmia neanche una banca che sulla carta ha ancora un margine di serenità elevato, con riserve di liquidità che superano i 220 miliardi di euro.

Anche la patrimonializzazione, pur non essendo entusiasmante, non giustifica la pioggia di vendite cui si è assistito soprattutto da lunedì. Tuttavia, è anche vero che alcune incognite pesano sui bilanci e mettono in ombra la liquidità o i cuscinetti anti crisi.
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A fronte di un quinto del bilancio costituito da investimenti immobiliari e prestiti alle imprese tedesche, gli analisti guardano con preoccupazione a un terzo abbondante di bilancio investito in derivati e generiche “altre” esposizioni.

Inoltre, il coinvolgimento in innumerevoli scandali – dalla manipolazione del tasso Libor, a quella dell’oro e delle valute, dalle operazioni altrettanto dubbie su oro e argento al sospetto di evasione fiscale, dal riciclaggio all’aggiramento delle sanzioni in Russia – è costata già oltre 12 miliardi di euro alla banca tedesca, negli ultimi tre anni.
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E i guai giudiziari sono lunghi dall’essere finiti. Cryan ha rassicurato nei giorni scorsi i mercati sostenendo di avere accantonato abbastanza liquidità per far fronte ai contenziosi futuri. Ma ad elencarli, fanno impressione.

E ai tedeschi che commentano con orrore i tonfi e le malefatte delle banche italiane di questo periodo bisognerebbe ricordare ogni tanto il numero di volte che l’ammiraglia del sistema creditizio tedesco è finita sulle prime pagine dei giornali.

Cryan non subisce solo gli umori del momento di un quadro finanziario sovraeccitato. Paga anche, in estrema sintesi, la scelta di aver cominciato a rivoluzionare il più importante istituto di credito della Germania senza avergli ancora offerto un orizzonte chiaro.

MERKEL E SCHAEUBLE MERKEL E SCHAEUBLE
Ha promesso una seria razionalizzazione ed è stato trasparente in ogni passaggio. Ridurrà di un quarto i dipendenti, si ritirerà da dieci mercati esteri – tra cui la Russia dov’era coinvolta in vari scandali – e azzererà i dividendi per anni, finché la banca non ricomincerà a respirare.

Ma se il suo rigorosissimo programma di austerità rimpicciolisce un istituto che in questi ultimi vent’anni aveva cercato di gonfiarsi a dismisura scimmiottando i colossi americani, il manager britannico non ha offerto prospettive solide di rilancio e di redditività. Non ancora, almeno.

Per la prima volta dal 2008, Deutsche Bank ha archiviato un bilancio con una pesantissima perdita: 6,8 miliardi, Quanto il clima sia elettrico attorno a Francoforte lo dimostrano anche i cosiddetti credit default swap, le assicurazioni sui fallimenti, che martedì sono arrivati a costare quanto nei momenti più acuti della Grande crisi.
MERKEL E SCHAEUBLE MERKEL E SCHAEUBLE

Dinanzi al crollo del titolo di lunedì, poi, Cryan ha scelto una strategia che sembra aver aumentato la diffidenza degli investitori. Dopo un pesantissimo capitombolo in Borsa, l’ad ha scritto una lettera ai dipendenti definendo Deutsche Bank «solida come una roccia» e dettagliando poche ore dopo in una nota tutte le risorse a disposizione per gli impegni futuri: 4,3 miliardi per le cedole del 2017 e 350 milioni per una in scadenza ad aprile che aveva già innervosito i mercati.

Il manager starebbe addirittura pensando, secondo un’indiscrezione rimbalzata sul Financial Times, di ricomprarsi del debito per frenare l’emorragia in Borsa. Ma agli investitori in fuga dal titolo, evidentemente, non basta che Cryan fletta il bicipite. O che il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, scenda in campo sostenendo di non essere preoccupato.

anche jens weidmann ha i suoi momenti gordon gekko anche jens weidmann ha i suoi momenti gordon gekko
Ha scritto ieri la Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Cosa si deve pensare di una banca che è costretta a promettere ai clienti e agli investitori di essere in grado di ripagare i debiti? Quanto è solida una banca che ha distrutto un terzo del valore dei suoi azionisti in un mese, e metà in un anno?

Non sono più soltanto i clienti di un paio di banche greche che si stanno facendo queste domande toste, ma i clienti di Deutsche Bank». E la sfida è trovare banche greche coinvolte in altrettanti scandali.

 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/das-banca-deutsche-bank-chiude-bilancio-miliardi-perdite-118424.htm

GOLDMAN OPS! - LA PIÙ IMPORTANTE BANCA D'AFFARI AL MONDO AMMETTE DI AVER SBAGLIATO 5 DELLE 6 PREVISIONI PER IL 2016: UN BEL REGALINO PER I CLIENTI CHE HANNO SEGUITO LE SUE 'RECOMMENDATION' - DOLLARO/EURO, INFLAZIONE, E PURE I BOND ITALIANI: FLOP SU TUTTA LA LINEA - VIDEO Perse le scommesse sul dollaro forte, sui rendimenti dei titoli di Stato italiani, sull'andamento delle grandi banche statunitensi a confronto dell'S&P 500, sulle aspettative inflazionistiche e su un rilancio del peso messicano e rublo russo rispetto al rand sudafricano e al peso cileno. Ne resta solo una...

GOLDMAN SACHS AMMETTE LA SCONFITTA SU CINQUE GRANDI SCOMMESSE
Marco Valsania per www.ilsole24ore.com

goldman sachs sbaglia le previsioni 2016 da bloomberg 3 goldman sachs sbaglia le previsioni 2016 da bloomberg 3
Goldman Sachs ammette sconfitta nelle sue scommesse. La grande societa' di Wall Street ha abbandonato cinque delle sue sei principali raccomandazioni di trading per l'anno in corso, tutte almeno per il momento bruciate dalle violente turbolenze dei mercati, dal dollaro forte a futuri rendimenti dei titoli di stato italiani.

goldman sachs sbaglia le previsioni 2016 da bloomberg 2 goldman sachs sbaglia le previsioni 2016 da bloomberg 2
Sugli yield dei titoli sovrani dell'Italia la posizione chiusa da Goldman - con una perdita dello 0,5% - riguarda una scommessa su rendimenti a fronte di paragonabili obbligazioni tedesche (sui five-year/five-year forward). Nel dollaro la scommessa era di un rafforzamento nei confronti di un “paniere” che contiene euro e yen ed e' costata alla banca una perdita piu' consistente del 5 per cento.

Gli strateghi del gruppo, ha rivelato Bloomberg, hanno indicato che “ i mercati hanno cominciato la settimana con una aggressiva riduzione del rischio, apparentemente nel timore che il recente rallentamento nella crescita globale possa diventare una recessione. Gli spread sul credito si stanno impennando, soprattutto in Europa, forse segnalando un ritorno di preoccupazioni sul rischio sistemico”.

lloyd blankfein goldman sachs lloyd blankfein goldman sachs
Altre tre scommesse erano finite gia' in gennaio: sull'andamento delle grandi banche statunitensi a confronto dell'S&P 500, sulle aspettative inflazionistiche e su un rilancio del peso messicano e rublo russo rispetto al rand sudafricano e al peso cileno. La grande scommessa rimanente riguarda un paniere di 48 societa' fuori dal settore commodities contro 50 titoli di banche dei paesi emergenti.
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 http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/goldman-ops-pi-importante-banca-affari-mondo-ammette-aver-118430.htm