Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"
C'
è chi sostiene che in fondo è un fenomeno naturale: si sa che durante i
periodi di crisi aumenta il numero di quanti si affidano alla sorte.
Sarà. Ma l' ineluttabilità di questo rapporto fra causa ed effetto può
spiegare solo in parte, e in una parte molto piccola, quello che è
successo in Italia. Fra il 2000 e il 2014, in un Paese dove il Pil
procapite crollava del 7,5 per cento, il fatturato del gioco d' azzardo è
cresciuto in termini reali del 350 (trecentocinquanta) per cento, a 84
miliardi e mezzo. Il 5 per cento del nostro prodotto nazionale.
slot machines
Per
capirci: mentre la disoccupazione galoppante distruggeva a ritmi mai
sperimentati nel secondo dopoguerra la ricchezza prodotta da ogni
italiano, le bische legalizzate ingrassavano. Succhiando oltre il 10 per
cento della cifra che gli italiani destinano ai consumi privati e
facendoci così conseguire negli ultimi quindici anni l' unico record che
possiamo vantare in Europa, per quanto niente affatto edificante.
Quello, appunto, del giro d' affari del gioco d' azzardo.
Con
alcune significative implicazioni. Per esempio, il numero dei siti
internet spuntati come funghi: trecentonovantuno. Niente male, per un
Paese che sta ancora faticosamente superando la soglia dell'
analfabetismo informatico. Per esempio, il numero delle slot machine:
sono una ogni 140 residenti nel nostro Paese, neonati compresi. Con una
diffusione pressoché doppia rispetto al resto dell' Unione europea. E
anziché diminuire, come prevede la legge, minacciano addirittura di
aumentare.
Conosciamo
le argomentazioni dei sostenitori di questo gigantesco e maleodorante
business. Se non fosse legale, sarebbe consegnato alla criminalità
organizzata, e poi lo Stato incassa un sacco di soldi che altrimenti
dovrebbe rastrellare aumentando le imposte, senza dire dei 120 mila
addetti che ci lavorano. Come se quella del gioco d' azzardo non fosse
di per sé una tassa occulta, e il sistema delle concessionarie, molte
delle quali hanno sede a Cipro, Malta o Gibilterra, oppure hanno il
capitale schermato da società fiduciarie, non contenesse elementi di
opacità.
Quanto
alla criminalità organizzata, che sia fuori dal giro è tutto da
dimostrare. E questo è il meno al confronto delle conseguenze sociali se
è vero, come sostengono alcuni studi autorevoli, che la ludopatia
colpisce ormai un italiano su 75. Una situazione che ha responsabilità
ben individuate e condivise. Da una parte lo Stato, dall' altra una
lobby assai influente, capace com' è di rispondere colpo su colpo a ogni
tentativo di ridimensionarne la sfera d' azione. Particolarmente
istruttivo quello che è successo con l' ultima legge di stabilità.
Mentre
si sta scrivendo, a ottobre, spunta nelle bozze l' ipotesi di far
aprire altri 22 mila punti gioco, con il progetto di raggranellare mezzo
miliardo. La cosa più sconcertante è che questo succede quasi nelle
stesse ore in cui il capo dello Stato Sergio Mattarella conferisce allo
studioso Maurizio Fiasco l' onorificenza di Ufficiale dell' Ordine al
Merito della Repubblica, testuale, «per la sua attività di studio e
ricerca su fenomeni quali il gioco d' azzardo e l' usura, di grave
impatto sulla dimensione individuale e sociale». Gioco d' azzardo,
precisa la nota del Quirinale, «illegale e legale».
Scoppia
una rivolta, con i grillini in prima linea, e il premier Matteo Renzi
annuncia: «Con il nostro governo saranno ridotti a quindicimila i punti
gioco. E segnatamente i bar con le macchinette verranno ridotti, da
seimila potranno essere al massimo mille. La verità è semplice: noi
stiamo riducendo i punti gioco in Italia e combattendo così l' azzardo.
Chi dice il contrario mente».
L'
offensiva prende corpo in un articolo della legge di stabilità che
stabilisce una riduzione del 30 per cento delle slot machine. Però con
una certa calma, nell' arco di quattro anni. Il 31 dicembre del 2019 non
ce ne dovrebbero essere in attività più di 265 mila: una ogni 225
italiani. Comunque una cifra, in rapporto alla popolazione, ancora ben
più elevata rispetto alla Spagna (una ogni 245 abitanti) e alla Germania
(una ogni 261 tedeschi). Sul fatto poi che quel numero sia davvero
tassativo, qualche dubbio c' è per com' è scritta la legge.
Dice
infatti che il taglio del 30 per cento dovrà essere applicato alle
macchinette in circolazione alla data del 31 luglio 2015. Già, ma quante
erano? Ed è qui che salta fuori una sorpresina. Perché alla fine dello
scorso anno, giusto nei giorni in cui la legge di stabilità vedeva la
luce, si scopre che nei magazzini ce ne sarebbero altre 82.500 rispetto
alle 342.200 in esercizio. Per un totale di 424.700, che ridotto del 30
per cento fa poco meno di 300 mila: numero ben diverso dalle 265 mila di
cui sopra.
Interessante
notare che in alcuni casi le slot rilevate in magazzino sono una
percentuale niente affatto trascurabile di quelle attive. Per la Codere,
il 35 per cento. Per la Hbg, il 39.
BERLUSCONI POKER
Per
Netwin, il 63. E per Nts le slot in magazzino sono addirittura più di
quelle funzionanti: il 113 per cento. Vedremo come andrà a finire. Di
sicuro il gioco d' azzardo continua a esercitare un fascino
irresistibile nel Palazzo. Nel governo che si propone per legge di porre
un freno al dilagare delle slot machine c' è ancora chi vorrebbe
raddoppiare il numero dei casinò, riunendoli tutti sotto una holding.
Pubblica, naturalmente.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/stato-biscazziere-2000-2014-mentre-italia-pil-119052.htm
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